venerdì 25 agosto 2023

TESTAMENTO DI SAN LUDOVICO

 Dal «Testamento spirituale al figlio» 

di san Ludovico RE DI FRANCIA

(Acta Sanctorum Augusti 5 [1868], 546)
Un re giusto rende prospera la terra
   <<  Figlio carissimo, prima di tutto ti esorto ad amare il Signore Dio tuo con tutto il cuore e con tutte le tue forze. Senza di questo non c’è salvezza. Figlio, devi tenerti lontano da tutto ciò che può dispiacere a Dio, cioè da ogni peccato mortale. È preferibile che tu sia tormentato da ogni genere di martirio, piuttosto che commettere un peccato mortale.
   Inoltre, se il Signore permetterà che tu abbia qualche tribolazione, devi ringraziarlo, e sopportarla volentieri, pensando che concorre al tuo bene e che forse te la sei ben meritata.
   Se poi il Signore ti darà qualche prosperità, non solo lo dovrai umilmente ringraziare, ma bada bene a non diventar peggiore per vanagloria o in qualunque altro modo, bada cioè a non entrare in contrasto con Dio o offenderlo con i suoi doni stessi.
   Partecipa devotamente e volentieri alle celebrazioni della Chiesa. Non guardare distrattamente in giro e non abbandonarti alle chiacchiere, ma prega il Signore con raccoglimento, sia con la bocca che con il cuore.
   Abbi un cuore pietoso verso i poveri, i miserabili e gli afflitti. Per quanto sta in te, soccorrili e consolali. Ringrazia Dio di tutti i benefici che ti ha elargiti, perché tu possa renderti degno di riceverne dei maggiori. Verso i tuoi sudditi compòrtati con rettitudine, in modo tale da essere sempre sul sentiero della giustizia, senza declinare né a destra né a sinistra. Sta’ sempre piuttosto dalla parte del povero anziché del ricco, fino a tanto che non sei certo della verità.
   Abbi premurosa cura che tutti i tuoi sudditi si mantengano nella giustizia e nella pace, specialmente le persone ecclesiastiche e religiose. Sii devoto e obbediente alla Chiesa Romana, madre nostra, e al Sommo Pontefice come a padre spirituale. Procura che venga allontanato dal tuo territorio ogni peccato, e specialmente la bestemmia e le eresie.
   Figlio carissimo, ti do infine tutte quelle benedizioni che un buon padre può dare al figlio. La Trinità e tutti i santi ti custodiscano da ogni male. Il Signore ti dia la grazia di fare la sua volontà, perché riceva onore e gloria per mezzo tuo e, dopo questa vita, conceda a tutti noi di giungere insieme a vederlo, amarlo e lodarlo senza fine. Amen.  >>
AMDG et D.V. MARIAE

martedì 22 agosto 2023

I messaggi che ricevette Teresa Musco all’età di 8 anni



 “Sappi, figlia, che satana regna nei più alti posti. Quando satana giungerà alla sommità della Chiesa,sappiate che allora riuscirà a sedurre gli spiriti dei grandi scienziati e quello sarà il momento che essi intervengono con armi potentissime che è possibile distruggere gran parte dell’umanità. E neanche ora piangono i loro sbagli, perché la preghiera per molti non esiste più, e Dio Padre allora mostrerà ancora una volta la Potenza del suo grande Castigo, ma non lo farà ancora, aspetta che loro chiedano realmente perdono. Le spine che vedi attorno al Mio Cuore sono per riparare tanti gravi colpe che si scagliano di continuo verso il Cuore di Mio Figlio. Figlia Mia, chiedo a te d’offrirti per amore di Gesù e per riparare le colpe dei peccatori”.

I messaggi che ricevette Teresa Musco all’età di 8 anni

Teresa Musco ricevette questo messaggio all’età di 8 anni. Maria le disse che dal 1972 sarebbe cominciato il tempo di satana e il tempo delle grandi prove. “Figlia, si è in un momento molto delicato, i cardinali si opporranno ai cardinali, i vescovi ai vescovi; fra di loro non c’é amore e tanti figli prediletti si trovano senza amore e sono sbandati, non sanno più come prendere le anime ma non arrivano alla preghiera”, furono alcune parole della Vergine, che risuonano oggi più forte che mai.

“Voglio dirti che il mondo è così cattivo. Sono apparsa nel Portogallo dando messaggi, e nessuno mi ha ascoltato, e a Lourdes, alla Salette, ma pochi cuori duri si sono ravveduti. Anche a te voglio dire tante cose che affliggono il Mio Cuore. Voglio parlarti del terzo segreto di Fatima che diedi a Lucia e ti dico che da tempo è stato letto ma nessuno si è pronunciato”, affermò la Vergine infine il 3 Gennaio 1951, predicendo il pellegrinaggio di Paolo VI a Fatima, dove Montini invitò tutto il mondo alla preghiera ed alla penitenza. Aggiungendo però che non avrebbe parlato del Terzo Segreto.

“Il mondo cammina verso una grande rovina […] il popolo si sbizzarrisce sempre di più […] Fuoco e fumo sconvolgerà il mondo, le acque degli oceani diventeranno fuoco e vapore, la schiuma si innalzerà, sconvolgendo l’Europa, e affonderà tutto in una lava di fuoco, e milioni di uomini e bambini periranno nel fuoco, e i pochi eletti rimasti invidieranno i morti, perché da qualunque parte si volgerà lo sguardo, non si vedrà altro che sangue e morti e rovine in tutto il mondo”, sono altre parole che la Madonna consegnò alla donna, che poi riportò attentamente nel suo diario (Diario, pag. 370).

AMDG et D.V. MARIAE



LA PROFEZIA DI RATZINGER SULLA "CHIESA della Fede"

 


L’attacco a Ratzinger e la sua profezia del 1969 su una «Chiesa della Fede» e «un piccolo gregge di credenti»

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·         by Aldo Maria Valli

di The Wanderer

La settimana scorsa abbiamo assistito al processo di lapidazione di papa Benedetto XVI, da parte non solo dei media ma anche, e questa è la cosa più triste, dei vescovi tedeschi, con il consenso del Vaticano e il silenzio della stragrande maggioranza dei vescovi del mondo. Non gli hanno mai perdonato che lui, il teologo più brillante che la Germania ha dato nel XX secolo, sia stato un conservatore, abbia criticato la riforma liturgica e sia stato un uomo pio e di fede cattolica. Avrebbero preferito Rahner, Küng o Lehmann, ma chi ha brillato è stato Ratzinger e ora che è vecchio e malato gliela fanno pagare. Un buon riassunto di ciò che è accaduto è in questo rapporto di padre Santiago Martín.

Ciò che ha catturato potentemente la mia attenzione è la particolare virulenza della stampa contro papa Benedetto, da Google, che non lo chiama più “papa emerito” ma piuttosto “ex-papa”, fino alle reti televisive presumibilmente più serie. Un buon esempio lo si può vedere in questo breve report preparato da Deutsche Welle. Forse è la mia immaginazione, ma l’odio che c’è dietro non è umano; è un odio più profondo e ancestrale. In modo sfacciato, questi rappresentanti di Mordor si mettono al servizio del cardinale Marx – quasi un nuovo Saruman – che esige un cambiamento profondo nelle strutture della Chiesa, un cambiamento rispetto al quale Benedetto XVI – quasi un altro Gandalf – nonostante i suoi anni costituisce ancora la principale diga di contenimento.

Ho l’impressione che siamo alla vigilia di una fortissima persecuzione della Chiesa, in cui le sue istituzioni soffriranno molto, e molte di esse sicuramente scompariranno. La Chiesa come istituzione, così come l’abbiamo conosciuta e come è esistita per molto più di un millennio, è in un processo di dissoluzione e non passerà molto tempo prima che si riduca quasi al nulla. Certamente la Chiesa rimarrà come corpo mistico di Cristo; rimarranno anche i credenti che riusciranno a mantenere la fede e che non vorranno mai vedere distrutta la loro speranza da coloro il cui compito sarebbe stato di alimentarla.

È opportuno tornare sulla profezia pronunciata nel 1969, in cinque lezioni radiofoniche, dal dottor Joseph Ratzinger, professore all’Università di Ratisbona, città nella quale lui e tutti i suoi nemici credevano che i suoi giorni sarebbero finiti:

 *

Non abbiamo bisogno di una Chiesa che celebra il culto dell’azione nelle preghiere politiche. È del tutto superfluo. E quindi si distruggerà. Ciò che rimarrà sarà la Chiesa di Gesù Cristo, la Chiesa che crede nel Dio che è diventato uomo e ci promette la vita dopo la morte. Il tipo di sacerdote che non è altro che un operatore sociale può essere sostituito dallo psicoterapeuta e da altri specialisti, ma il sacerdote che non è uno specialista, che non sta sugli spalti a guardare il gioco, a dare consigli ufficiali, ma si mette in nome di Dio a disposizione dell’uomo, che lo accompagna nei suoi dolori, nelle sue gioie, nelle sue speranze e nelle sue paure, un sacerdote di questo tipo sarà sicuramente necessario in futuro.

Facciamo un altro passo. Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. In contrasto con un periodo precedente, verrà vista molto di più come una società volontaria, in cui si entra solo per libera decisione. In quanto piccola società, avanzerà richieste molto superiori su iniziativa dei suoi membri individuali.

Scoprirà senza dubbio nuove forme di ministero e ordinerà al sacerdozio cristiani che svolgono qualche professione. In molte congregazioni più piccole o in gruppi sociali autosufficienti, l’assistenza pastorale verrà normalmente fornita in questo modo. Accanto a questo, il ministero sacerdotale a tempo pieno sarà indispensabile come in precedenza. Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si possono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica.

Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso, perché dovranno essere eliminate la ristrettezza di vedute settaria e la caparbietà pomposa. Si potrebbe predire che tutto questo richiederà tempo.

Il processo sarà lungo e faticoso, come lo è stata la strada dal falso progressismo alla vigilia della Rivoluzione francese – quando un vescovo poteva essere ritenuto furbo se si prendeva gioco dei dogmi e insinuava addirittura che l’esistenza di Dio non fosse affatto certa – al rinnovamento del XIX secolo. Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza. Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Ed essi scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto.

A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, che è già morto, ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte.


AMDG et D.V.MARIAE

 

"Tutto può essere"

 

I MISTERI DEL 

"DE GLORIA OLIVAE"

 

 




Nel recente libro di Peter Seewald su Benedetto XVI è presente una domanda curiosa al papa emerito che ha a che fare con la profezia dei papi di S. Malachia.

“Lei conosce la profezia di Malachia, che nel medioevo compilò una lista di futuri pontefici, prevedendo anche la fine del mondo, o almeno la fine della Chiesa. Secondo tale lista il papato terminerebbe con il suo pontificato. E se lei fosse effettivamente l’ultimo a rappresentare la figura del papa come l’abbiamo conosciuto finora?”.

“Tutto può essere” risponde Ratzinger “Probabilmente questa profezia è nata nei circoli intorno a Filippo Neri. A quell’epoca i protestanti sostenevano che il papato fosse finito e lui voleva solo dimostrare con una lista lunghissima che non era così. Non per questo però si deve dedurre che finirà davvero”

A parte il fatto che la domanda contiene di per se un errore in quanto il motto De Gloria Olivae non annuncia la fine del papato, è invece interessante la risposta del papa emerito che è allo stesso tempo seria ed ironica. San Filippo Neri era un santo romano famoso per predicare ai giovani e per aver istituito gli oratori. Per quale motivo avrebbe dovuto dedicarsi alla composizione di un simile testo?

Non si capisce bene se Ratzinger creda o meno a questa profezia, tuttavia non è la prima volta che nel suo entourage viene fuori il tema.

Già a Luglio infatti, in un’intervista concessa da Mons. Gaenswein ad EWTN, l’intervistatore chiese cosa ne pensasse della profezia di S. Malachia (la attribuì anche lui a S. Filippo Neri) e al fatto che Francesco risulterebbe essere l’ultimo papa.

Anche in questo caso c’è un errore di fondo. Dopo il De Gloria Olivae c’è infatti una predizione generale che descrive la tribolazione della Chiesa, sul cui trono siederà un Romano Pietro, ma senza specificare quanto tempo comprenderà e se ci saranno più papi che vivranno questa tribolazione.

Già in passato ho avuto modo di affrontare il tema e di mettere in relazione l’ultimo motto latino sia con la predizione dei 4 papi di Garabandal (prima dell’inizio del tempo delle profezie) sia con la visione di Fatima del vescovo vestito di bianco. Tutte e tre le profezie (Fatima, Garabandal e Malachia) infatti sembrano concordare sull’inizio della tribolazione o della via crucis con la fine del pontificato di Benedetto XVI. E visto come tale fine è avvenuta c’è da credere che sia proprio così. Come Mons. Gaenswein ha più volte detto, il Cielo stesso ha testimoniato i tempi con il pauroso fulmine sulla cupola di S. Pietro.

La risposta del segretario di Benedetto XVI è stata comunque più diretta:

“Guardando alla profezia e considerando come questa abbia sempre avuto dei riferimenti ai papi storici ammetto onestamente che mi da i brividi. Tuttavia non è parte del Libro della Rivelazione e a nessuno è richiesto di crederle. Ma da una prospettiva storica si dovrebbe dire: beh è una chiamata a stare all’erta.”

In precedenti articoli ho cercato di dimostrare come sia probabile che l’estensore di questa profezia sia stato lo stesso Nostradamus, contemporaneo di S. Filippo Neri. A differenza del Santo di Roma il veggente francese ha spesso concentrato la sua attenzione sulla Chiesa e la successione dei papi (basta vedere il Vaticinia Nostradami). In più, almeno con un papa (Pio IV), ha avuto una corrispondenza “profetica”.

Riflettendo nei giorni scorsi sull’ultimo motto latino, il De Gloria Olivae, oltre a tutto quanto ho già esposto in precedenza, mi sono soffermato a considerare ulteriori aspetti. L’attribuzione classica è quella con l’ordine di S. Benedetto tramite il ramo degli Olivetani. Mi chiedevo se per caso non si nascondesse nell’ordine Olivetano qualche altro riferimento al pontificato di Benedetto XVI.

Con mia grande sorpresa ho trovato interessanti coincidenze.

–          I monaci Olivetani a differenza dei Benedettini classici indossano un abito bianco.

–          Prendono il nome dal principale monastero, quello della Vergine di Monte Oliveto. Questo monte ricorda il Monte degli Ulivi, dove cominciò la passione di Gesù Cristo. Nella visione di Fatima il vescovo vestito di bianco (Benedetto XVI) comincia la Via Crucis della Chiesa.

–          L’Ordine raggiunse la massima diffusione nel ‘500, al tempo di Nostradamus.

–          L’Ordine si espanse soprattutto in Italia e in Francia.

–          Ma la cosa più importante è che l’Ordine Olivetano era l’unico ad avere l’Abate “a tempo” e non eletto a vita. Curioso davvero alla luce di un papa eletto a vita e che invece sceglie di far posto ad un successore.

Nelle quartine Nostradamus gioca a volte con la parola “monaco” in riferimento a Benedetto XVI (San Benedetto monaco e Monaco di Baviera dove Ratzinger è stato vescovo). Ma nella quartina 812 compare anche “l’abate di Foix” che potrebbe avere un riferimento con il papa emerito. Un abate di Foix, Paolo, frequentava la corte di Caterina de’ Medici al tempo di Nostradamus. Visse fino al tempo in cui l’abazia fu distrutta dai protestanti nelle guerre di religione, nel 1580. Nella 812 Nostradamus descrive un abate di Foix che fugge travestito da popolano. Potrebbe trattarsi di una duplice profezia: la prima riferita all’abate Paolo (forse si travestì per fuggire), la seconda ad un papa che allo stesso modo dovrà fuggire nel nascondimento.

Potrebbe essere il papa emerito o anche un suo successore identificabile con la parola “abate”.

Di certo il motto malachiano De Gloria Olivae mostra sorprendenti nuove corrispondenze con Benedetto XVI.

 Remox Andrè


MITI E LEGGENDE NELLA STORIA DELL’ULIVO

Di seguito ti parliamo dell’Ulivo e dei suoi 6.000 anni di storia

La storia dell’ulivo e delle sue caratteristiche è profondamente legata a quella dell’umanità; nelle origini di questo prezioso liquido dorato, l’olio extravergine d’oliva, storia e mitologia si intrecciano strettamente, fino a confondersi.

Comparsa per la prima volta probabilmente nell’Asia occidentale, la pianta dell’ulivo si diffuse in tutta l’area mediterranea, dove il suo culto fu consacrato da tutte le religioni.

Fin dai tempi più remoti l’ulivo fu considerato un simbolo trascendente di spiritualità e sacralità. Sinonimo di fertilità e rinascita, di resistenza alle ingiurie del tempo e delle guerre, simbolo di pace e valore, l’olivo rappresentava nella mitologia, come nella religione, un elemento naturale di forza e di purificazione.
E’ ormai accertato che la coltivazione dell’ulivo ha origini ad almeno 6.000 anni fa: ne fanno fede racconti tradizionali, testi religiosi e rinvenimenti archeologici.
Probabilmente la pianta ebbe il suo habitat originario in Siria ed i primi che pensarono a trasformare una pianta selvatica in una specie domestica furono senza dubbio popoli che parlavano una lingua semitica.


Dalla Siria facile fu il suo trapianto in Grecia dove trovò una inaspettata fortuna e applicazione che la resero, poi, indispensabile ai popoli antichi del Mediterraneo.

A conferma della millenaria storia dell’ulivo ricordiamo come la tradizione pone di fronte all’antica Gerusalemme il “Monte degli Ulivi”, o come la bellezza di questa pianta sia cantata spesso nell’ “Antico Testamento” (v. libro del profeta Osea dove il Dio d’Israele è paragonato alla magnificenza dell’olivo). Sono circa settanta le citazioni che se ne fanno nella bibbia.
D’altra parte che questo fosse un simbolo è chiarito anche dall’episodio della colomba che torna all’arca di Noè tenendo nel becco un rametto d’olivo. Lo stesso nome di Gesù, christos, vuol dire semplicemente unto. La Bibbia racconta che fu un Angelo a dare a Seth, il figlio di Adamo, tre semi da mettere fra le labbra del padre dopo la sua morte. Dalle ceneri di Adamo germogliarono così un cedro, un cipresso e un olivo.


Nella tradizione cristiana, da secoli, viene usato olio d’oliva per la celebrazione di alcuni Sacramenti, Cresima, ordinamento sacerdotale, Estrema Unzione. Ed è un rametto di olivo benedetto che viene distribuito a tutti i fedeli la Domenica delle Palme, in ricordo della resurrezione e come simbolo pace.
Nell’antica Grecia agli Ateniesi vincitori venivano offerti una corona di ulivo ed un’ampolla d’olio; mentre gli antichi Romani intrecciavano ramoscelli di ulivo per farne corone con le quali premiare i cittadini più valorosi.
Sappiamo che ad Atene fu sacro alla dea Athena e costituisce fatto indubbiamente interessante che esso sia stato considerato sacro da molte popolazioni e forse non soltanto per il suo apporto calorico, ma per la sua stessa natura di pianta resistente e longeva.
L’olio spremuto dalle olive non era soltanto, nell’antichità, una risorsa alimentare; era usato anche come cosmetico e come coadiuvante nei massaggi.
Inoltre, gli atleti, in particolare coloro che si dedicavano alla lotta, usavano cospargere i muscoli di purissimo olio, sia per il riscaldamento degli stessi, sia per contrastare la presa degli avversari.

I Romani, che coltivarono l’olivo a partire dal 580 A.C., ne fecero un uso che si potrebbe qualificare smodato; Gaio Plinio Secondo afferma che esistono quindici specie di olivo, e ne elenca i pregi, oggi si denominano i vari cultivar con nomi diversi, come taggiasca, casalina, nebiot, gargnan, trillo, carpellese, punteruolo, augellina, cellina del Nardò, colombino, ciccinella, moraiola, leccina, monopolese, ogliarolo del Gargano e tante altre che spesso prendono il nome dalla località in cui crescono.

Nelle culture occidentali la parola olio può sicuramente essere ricondotta alla parola latina oleum e alla greca elaion, sin ancora all’antica semitica ulu.

In un pur breve excursus storico non possiamo dimenticare che la cultura dell’olio di oliva è giunta sino a noi, attraverso il Medioevo, per opera di alcuni Ordini religiosi, fra cui in particolare i Benedettini ed i Cistercensi.


Benedettini, devoti al credo della preghiera e del lavoro, persuadevano contadini ed operai agricoli a non abbandonare le terre ma a dedicarsi a colture redditizie quali l’olivo.

Il grande animatore dei Cistercensi fu Bernardo Chiaravalle, detto: “l’ultimo dei padri della Chiesa”. I suoi monaci insegnarono ai contadini, delusi dallo stato di semi-schiavitù in cui si trovavano, a dissodare i campi, a piantare colture da reddito, a rendersi indipendenti come fattori di produzione.
Non si videro forse mai tanti oliveti e vigne come dal Mille al Quattrocento, gli anni d’oro dei monaci Benedettini e Cistercensi



AMDG et DVM

 

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