È una campagna contro Ratzinger che mira però allo stesso Magistero
"Il Blog degli amici di Papa Benedetto XVI" - Rileggiamo questo articolo di Vittorio Messori, scritto nell'ottobre del 1985, quasi trent'anni fa. Si tratta di un documento eccezionale per due motivi: innanzitutto perche' dimostra che l'atteggiamento di certi teologi, intellettuali e giornalisti non e' affatto cambiato in questi decenni. Non ti adatti allo spirito del tempo? Osi dire verita' scomode? E noi ti attacchiamo in ogni modo utilizzando innanzitutto i mass media.
Apprendiamo che Kung usava allora la stessa strategia di oggi: scriveva un articolo che poi veniva tradotto e ripreso dai maggiori quotidiani di tutto il mondo. Non vi ricorda qualcosa? Avete presente quei commenti che nascono in tedesco per poi essere tradotti in francese su Le Monde, in italiano su Repubblica ed in spagnolo su El Pais? Per non parlare delle traduzioni in inglese...
L'articolo e' importante anche per un secondo motivo ed e' questo che ci interessa maggiormente. Esso dimostra come l'astio e gli attacchi nei confronti di Joseph Ratzinger vengano da lontano e siano espressione di contestazioni che arrivano da "sinistra" come da "destra".
Non solo! Parliamo di attacchi che non provengono dall'esterno ma dall'interno del Cattolicesimo. Vi ricorda qualcosa?
Questo post e' la "prima pietra" di uno studio che il blog intende intraprendere sulle radici dell'astio (odio?) nei confronti del teologo e del cardinale Ratzinger, tensioni che si sono acuite con l'elezione al Soglio di Pietro. Intanto leggiamo questo articolo di Messori che sembra scritto oggi e non nell'ottobre 1985. (Raffaella)
«E' una campagna contro Ratzinger che mira però allo stesso Magistero»
Vittorio Messori, Stampa Sera 07/10/1985
E' stato tradotto in italiano un intervento di Hans Kung, il prete svizzero-tedesco, da anni ridotto da docente cattolico a teologo "privato".
Oggetto del chilometrico intervento il Rapporto sulla fede, il libro intervista del cardinal Ratzinger uscito in queste settimane anche in tedesco.
L'aggressione di Kung contro l'ex collega all'università di Tubingen, con l'insolito rilievo datogli da una catena internazionale di quotidiani, non è che uno tra i tanti episodi della campagna che, a livello mondiale, è in corso contro il prefetto della Congregazione per la Fede e contro il papa stesso che si è riconosciuto nell'intervista del suo principale collaboratore.
Una vera guerra, che si dice condotta contro il Vaticano, ma che in realtà sembra mirare al magistero stesso della Chiesa e che si svolge, con manovra a tenaglia, su due fronti.
Da un lato muovono contro Roma le rumorose armate "di sinistra" (per quanto possano dirsi di sinistra uomini come un Kung, beniamino dei media dell'occidente opulento e profeta di certa borghesia tedesca). Sul fronte opposto, moltiplicano i loro attacchi gli insidiosi commandos dell'integrismo di destra.
Tra frastuono di colubrine e scariche di archibugi, qualche colpo vagante finisce addosso anche all'intervistatore, reo di aver fatto il suo mestiere di cronista andando ad ascoltare il Prefetto dell'ex Sant'Uffizio e coperto per questo di contumelie sia da Kung che da monsignor Lefebvre e accoliti.
E' certo comunque che in tutto il mondo (le traduzioni già uscite o in preparazione sono una dozzina), il Rapporto sulla fede si è rivelato come test esemplare degli umori dentro la Chiesa.
Scorrendo l'impressionante rassegna stampa internazionale colpisce subito un fatto: le reazioni più virulente non vengono dall'esterno ma dall'interno stesso del cattolicesimo.
Tanto che un commentatore ha osservato con qualche amarezza: «Il problema più grave della Chiesa d'oggi non è quello degli ex cattolici che se ne vanno ma quello degli ex cattolici che restano, dicendo che i veri credenti sono loro».
Ci sarebbe da temere che quanto sta succedendo giustifichi il lucido realismo del cardinal Ratzinger secondo il quale la Chiesa potrebbe rivelarsi ormai ingovernabile da Roma.
Come ci disse allargando le braccia dopo averci elencato per giorni guasti e pericoli: «La Chiesa è di Cristo, alla fine tocca a lui salvarla in questa tempesta, noi siamo più che mai servi inutili».
Eppure, non è affatto detto che coloro che si sono autoproclamati "portavoci della base ecclesiale", "paldini del popolo di Dio", lo siano per davvero.
Per esempio, in una recente intervista, il direttore di Fayard-Hachette, il maggior gruppo editoriale di Francia ed editore della traduzione del rapporto di Ratzinger, confidava sconcertato: «Per nessun altro libro abbiamo dovuto registrare una campagna così sapientemente orchestrata di diffamazioni, falsità, calunnie da parte della lobby che con pugno di ferro controlla da noi l'informazione religiosa».
Ma, continuava quell'editore, «a questo fuoco di sbarramento ha fatto contrasto una diffusione di massa, davvero popolare con le prime quarantamila copie esaurite in agosto, a librerie in gran parte chiuse.
Siamo sommersi da lettere e telefonate di lettori non specialisti, non teologi, non giornalisti che ci ringraziano: finalmente parole chiare e comprensibili a tutti, finalmente qualcuno si rivolge spiegando, alle maggioranze, sprezzate dagli scribi di sempre».
La stessa forbice tra accoglienza ostile della intelligentia e favore, quando non entusiasmo, tra la gente comune, è segnalata dagli altri editori del mondo, dalla Spagna agli Stati Uniti fino alla Germania.
Qui, lo sfogo di Kung non è casuale: si sa da fonte certa che, nel paese stesso di Ratzinger, l'ordine di scuderia era il silenzio.
Ma, come confessa lo stesso teologo, non era più possibile tacere, vista la simpatia popolare che anche lì aveva circondato subito il libro.
C'è qualcuno che da tempo sospetta che non sia che un mito la convinzione che i giornali rappresentino l'opinione pubblica.
Può darsi che questo sia vero in generale, è certamente vero nella Chiesa, legata a un Vangelo che qui è più che mai esplicito: «Queste cose saranno rivelate ai semplici e nascoste agli intellettuali». I quali intellettuali, i soli ad aver accesso ai media, giurano a ogni capoverso di "rappresentare la Chiesa dal basso", "di esporre la ragione degli ultimi".
C'era da diffidare di queste autoinvestiture, ciò che sta avvenendo in questi mesi conferma la diffidenza.
Chissà che chi più parla di "popolo di Dio" non sia il realtà il meno autorizzato a parlare a suo nome? Chi rappresenta chi nella Chiesa? E' forse la domanda più urgente che i cattolici dovrebbero porsi con sincerità nei loro tanti numerosi convegni e congressi.
La Stampa, 7 ottobre 1985
La fonte: "Il Blog degli amici di Papa Benedetto XVI"
AMDG et DVM