Benedetto XVI lo ha definito «uno dei Padri dell’Europa» perché la vita di
san Colombano (543-615) ricorda in modo esemplare le radici cristiane del
Vecchio Continente, che lui e i suoi monaci contribuirono a plasmare
annunciando il Vangelo e incidendo profondamente sulla cultura europea
Benedetto XVI lo ha
definito «uno dei Padri dell’Europa», perché la vita di san Colombano (543-615)
ricorda in modo esemplare le radici cristiane del Vecchio Continente. Lui e i
suoi monaci annunciarono il Vangelo incidendo profondamente sulla cultura
europea, attraverso l’opera dei vari monasteri fondati in più Paesi. Cosciente
di queste radici comuni, oggi rinnegate dal relativismo dominante, il santo
irlandese fu il primo a usare l’espressione totius Europae («di
tutta l’Europa») in una lettera a san Gregorio Magno, riferendosi alla presenza
della Chiesa nel continente.
La sua vocazione
monastica lo indusse a lasciare la famiglia a 15 anni, nonostante la madre
avesse cercato di trattenerlo. «Chi ama il padre e la madre più di me non è
degno di me», le disse Colombano, già deciso a essere pellegrino per Dio. Si
formò al monastero di Cleenish Island per poi trasferirsi a quello di Bangor,
dove vigeva uno stretto ascetismo sotto la guida dell’abate Comgall: la vita
dei monaci era scandita dalla preghiera, dalle mortificazioni corporali e dal
lavoro, compreso lo studio di pergamene e codici antichi. Intorno ai
cinquant’anni, dopo aver vinto le resistenze di san Comgall che sperava di avere
in lui il proprio successore, lasciò la patria assieme ad altri 12 monaci,
tutti animati dall’ideale irlandese della peregrinatio pro Christo.
Colombano sentì
infatti l’urgenza missionaria di evangelizzare le regioni europee, in diverse delle
quali era ricomparso il paganesimo a causa delle continue migrazioni dal Nord e
dall’Est. Fondò un monastero dopo l’altro. Spesso recuperò vecchi ruderi, come
nell’odierna Luxeuil (in Francia), un’antica città termale che era caduta in
rovina e che lui e i compagni fecero ridiventare un centro vivissimo, che
ruotava attorno all’abbazia, in modo simile a quanto avvenne più tardi a
Bobbio. Quei monasteri sorsero anche per rispondere alle numerose vocazioni
attratte dall’esempio dei monaci. I fedeli vi si recavano sia per ricevere
aiuto spirituale sia per consigli pratici, per esempio su come coltivare e
arare le terre.
Negli stessi monasteri
nacquero gli scriptoria, che si specializzarono nel copiare i
manoscritti e si rivelarono perciò fondamentali nella trasmissione dei libri
religiosi e dei testi dell’antichità greca e latina. Accanto alla penitenza e
alla preghiera, la Regola di san Colombano (col tempo assimilata a quella
benedettina) prevedeva la lettura e la scrittura quotidiana come mezzi di
elevazione dello spirito, chiaro segno dello strettissimo legame tra fede e
cultura.
Diede grande
importanza al sacramento della Riconciliazione. Introdusse nel
continente la confessione privata e reiterata e la penitenza detta «tariffata»
per la proporzione stabilita tra la gravità del peccato e la penitenza ordinata
dal confessore. Il suo rigore morale gli faceva respingere il compromesso.
Rimproverò i costumi di alcuni regnanti (che lo fecero arrestare) e anche di
membri del clero. Era mosso dalla consapevolezza che solo nella fedeltà a Dio
l’anima può realizzare la felicità per sé e il prossimo: «Se l’uomo userà
rettamente di quelle facoltà che Dio ha concesso alla sua anima, allora sarà
simile a Dio. Ricordiamoci che gli dobbiamo restituire tutti quei doni che Egli
ha depositato in noi quando eravamo nella condizione originaria. Ce ne ha
insegnato il modo con i suoi comandamenti. Il primo di essi è quello di amare
il Signore con tutto il cuore, perché Egli per primo ci ha amato».
Patrono di: motociclisti
Per saperne di più:
Catechesi di Benedetto XVI su san
Colombano (udienza generale dell’11 giugno 2008)