sabato 12 novembre 2022

Con il Papa Giovanni Paolo I

 


  • Da formule che sembravano aride, una fiammante santità
    «Stiamo uniti nell’insegnare le stesse cose: non opinioni più o meno rispettabili, ma ciò che il Magistero della Chiesa propone... Il criterio del catechizzare è dunque il depositum custodi di san Paolo, non l’altro, talora usato: “Che cosa piace? che cosa è oggi alla moda? che cosa mi farà apparire aggiornato e brillante?”...
    Con il Papa, esorto a non nutrire troppi pregiudizi contro l’uso sapiente e moderato sia delle formule che della memorizzazione. D’accordo, sapere a memoria non è sapere... Tuttavia una formula capita e ricordata a memoria è come un attaccapanni al quale, nonostante il passare degli anni, restano appese le cognizioni religiose più importanti.
    Certe formule di chimica e di algebra, alcuni articoli fondamentali del codice, perché esigono precisione, sono appresi a memoria al liceo e all’università. Ora, c’è codice più impegnativo delle verità religiose e dei precetti morali? Sono aride, si dice, le formule. Anche il cerino sembra arido ma, strofinato, si fa fiamma. Qui nel Veneto, noi abbiamo il caso di santa Bertilla Boscardin, che conobbe quasi soltanto il catechismo a formule. Gliel’aveva dato il parroco, quand’era fanciulla; se l’è portato in convento; lo leggeva e rileggeva continuamente; lo trovarono nella tasca della sua veste dopo la morte. Era quasi consunto, ma la santa da quelle formule, che sembravano aride, aveva saputo far scaturire una fiammante santità».

    (Omelia ai catechisti, Venezia, 29 ottobre 1977)


    Marco sembra aver visto
    «San Marco, come sintassi, vocabolario, costruzione e tornitura di periodo, è un povero scrittore. Ma è vivace, è pittoresco: per questo piace. Solo Marco riporta tali e quali, in aramaico, certe frasi pronunciate da Gesù. Questa per esempio: “Talitha qoum”, “Figliolina, alzati su!”. Quest’altra: “Eloi, lama sabacthani?”, “Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Tutto ciò aiuta a vedere e sentire l’ambiente palestinese. Più che insegnare, Marco descrive: sembra aver visto».
    (Omelia per la festa di san Marco, Venezia, 25 aprile 1974)



  • Caterina63
     
     
     
     
     
     
     
    00 25/08/2012 16:17  
    L’evidenza dei fatti
    «Dice san Paolo: “Fu seppellito... risuscitò il terzo giorno... apparve a Cefa, quindi ai Dodici, poi apparve in una volta sola a più di cinquecento fratelli, dei quali i più rimangono sino ad oggi... Inoltre apparve a Giacomo, poi a tutti gli apostoli; ultimo fra tutti apparve anche a me” (1 Cor 15, 4-9). Quattro volte qui Paolo adopera il verbo apparve, insistendo sulla percezione visiva; ora, l’occhio non vede qualcosa di interno, ma di esterno a noi, una realtà distinta da noi, che ci si impone dal di fuori.
    Ciò allontana la tesi di un’allucinazione, di cui, del resto, gli apostoli furono i primi ad aver paura. Essi pensarono infatti dapprima di vedere uno spirito, non il vero Gesù, tanto che questi li dovette rassicurare: “Perché siete sconvolti? Guardate le mie mani e i miei piedi, ché sono proprio io.
    Toccatemi e guardate, poiché uno spirito non ha carne e ossa, come vedete che ho io!” (
    Lc 24, 38). Essi non credevano ancora e Gesù disse loro: “‘Avete qui qualcosa da mangiare?’. Gli misero davanti un pezzo di pesce arrostito.
    E davanti ai loro occhi lo prese e lo mangiò” (
    Lc 24, 41-43). L’incredulità iniziale, dunque, non fu del solo Tommaso, ma di tutti gli apostoli, gente sana, robusta, realista, allergica a ogni fenomeno di allucinazione, che s’è arresa solo davanti all’evidenza dei fatti.

    Con un materiale umano siffatto era anche improbabilissimo il passare dall’idea di un Cristo meritevole di rivivere spiritualmente nei cuori all’idea di una risurrezione corporale a forza di riflessione e di entusiasmo.
    Tra l’altro, al posto dell’entusiasmo, dopo la morte di Cristo, c’era negli apostoli solo sconforto e delusione. Mancò poi il tempo: non è in quindici giorni che un forte gruppo di persone, non abituate a speculare, cambia in blocco mentalità senza il sostegno di solide prove!».

    (Omelia per la veglia pasquale, Venezia, 21 aprile 1973)


     Di vecchia gnosi si tratta

    «“Teologia nuova?”. Ben venga! A volte, però, ci si illude: non di nuova teologia si tratta, ma di vecchia gnosi. Riemerge, infatti, spesso, la mentalità presuntuosa degli antichi gnostici: “Noi diamo spiegazioni a livello di altissima scienza; noi ce le mangiamo le povere, viete e superate spiegazioni del Magistero!”. Ritorna anche il metodo della gnosi: prendere cioè i temi ed i termini della fede cattolica, ma solo parzialmente, arrogandosi il diritto di setacciarli e selezionarli, di intenderli a modo proprio, di mescolarli a ideologie estranee e di fondare l’adesione alla fede non più sull’autorità divina, ma su motivi umani; per esempio, su questa o quella opzione filosofica, sul combaciare di un dato tema con determinate scelte politiche abbracciate in antecedenza».
    (Omelia su Cristo liberatore, Venezia, 7 marzo 1973)
  • Caterina63
     
     
     
     
     
     
     
    00 25/08/2012 16:18  
    Quietismo e pelagianesimo
    «...non ho nessun desiderio di fare l’eresiologo; a volte, tuttavia, è forte in me la tentazione di segnalare tracce di quietismo e di semiquietismo, di pelagianesimo e di semipelagianesimo in scritti e discorsi, che o descrivono il lavoro pastorale come tutto dipendesse dagli uomini o dalle tecniche sociologiche, o parlano di noi poveri uomini come non avessimo più nulla a che vedere con il peccato».
    (Invito al clero per gli esercizi spirituali, Venezia, 5 agosto 1974)


    [SM=g1740717] L’amore alla Tradizione
    «Lo studio e la lettura devota (che non è studio) della Bibbia non occorre raccomandarli oggi: per fortuna, l’uno e l’altra sono entrati nei cuori dopo il Concilio. Vi raccomando invece l’amore alla Tradizione: non siate di coloro che, abbagliati e accecati, più che illuminati, da qualche lampo, pensano che ora soltanto è nato il sole e vogliono tutto rovesciare e cambiare».
    (Inizio d’anno del seminario, Venezia, 20 settembre 1977)


    Solo Dio può toccare il cuore
    «Uno dei più brillanti vescovi è stato san Paolo apostolo, il quale diceva della propria predicazione fatta a Corinto: “Io ho gettato il seme, ma nulla sarebbe successo se Dio non l’avesse sviluppato e fatto sbocciare”. Non è questione di correre; è questione soltanto di misericordia e di delicatezza di Dio. Io vescovo e i miei sacerdoti possiamo istruire, illuminare, convincere anche, ma non di più; solo Dio può toccare il cuore e convertirvi».
    (Prima omelia in Cattedrale, Vittorio Veneto, 11 gennaio 1959)


  • Caterina63
     
     
     
     
     
     
     
    00 25/08/2012 16:21  

    Il peccato commesso diventa quasi un gioiello
    «A Pasqua, Dio aspetta. Un disperso che ritorna gli procura più consolazione che novantanove rimasti fedeli; data la sua infinita misericordia, mentre un peccato ancora da commettere va evitato a costo di qualunque sacrificio, il peccato già commesso diventa nelle nostre mani quasi un gioiello, che gli possiamo regalare, per procurarGli la consolazione di perdonare. Proviamo! Si fa i signori. Quando si regalano i gioielli».
    (Lettera ai fedeli di Vittorio Veneto, 7 febbraio 1959)


    Il conclave
    «Uno scritto di san Bernardo venne utilizzato una volta in un modo ben curioso. Avvenne durante un conclave per l’elezione del papa e i cardinali erano molto indecisi sulla scelta. Uno di essi domandò la parola e fece la seguente riflessione: “Cari colleghi, il criterio da usare in questo momento venne esposto già con chiarezza e limpidezza da san Bernardo nella lettera tale e tale. Vi si legge: ‘Se qualcuno è sapiente, ci dia buone lezioni; se ha pietà, preghi per noi; se è prudente, questi ci governi’. Inchiniamoci dunque davanti a quelli che tra noi sono sapienti e hanno pietà, ma eleggiamo colui che è dotato di prudenza”».
    (Elogio della prudenza. Discorso all’Università Federale di Santa Maria, in Brasile, novembre 1975).


    Roma e i poveri
    «Alcune delle sue parole [del sindaco di Roma] m’hanno fatto venire in mente una delle preghiere che, fanciullo, recitavo con la mamma. Suonava così: “I peccati, che gridano vendetta al cospetto di Dio, sono... opprimere i poveri, defraudare la giusta mercede agli operai”. A sua volta, il parroco mi interrogava alla scuola di catechismo: “I peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, perché sono dei più gravi e funesti?”.
    Ed io rispondevo col catechismo di san Pio X: “... perché direttamente contrari al bene dell’umanità e odiosissimi, tanto che provocano, più degli altri, i castighi di Dio”.
    Roma sarà una vera comunità cristiana, se Dio vi sarà onorato non solo con l’affluenza dei fedeli alle chiese, non solo con la vita privata vissuta morigeratamente, ma anche con l’amore ai poveri. Questi – diceva il diacono romano Lorenzo – sono i veri tesori della Chiesa; vanno, pertanto, aiutati da chi può, ad avere e ad essere di più senza venire umiliati ed offesi con ricchezze ostentate, con denaro sperperato in cose futili e non investito – quando possibile – in imprese di comune vantaggio».

    (Basilica di San Giovanni in Laterano, 23 settembre 1978)


  • Caterina63
     
     
     
     
     
     
       

    Un discorso di Albino Luciani patriarca di Venezia


    Un discorso di Albino Luciani, patriarca di Venezia, ai Focolarini nel 1978: «Ma tornando alla gerarchia, m’è piaciuto che Pietro sia stato presentato coi difetti. E questo è stato voluto dal Signore. Sì “pietra”, capo della Chiesa, ma povero peccatore anche lui, a indicare che anche in seguito avremmo avuto dei papi, dei vescovi, dei sacerdoti che avrebbero mancato, e che tuttavia bisogna compatire»


     


    Il cardinale Albino Luciani “supera” l’acqua alta in piazza San Marco a Venezia

    Il cardinale Albino Luciani “supera” l’acqua alta in piazza San Marco a Venezia

    Abbiamo sentito parlare della Chiesa: è continuazione di Cristo. Chiesa vuol dire “Cristo continuato”. San Paolo l’ha sentito, quando è stato folgorato sulla via di Damasco; la cosa che più l’ha colpito è stata questa: «Paolo perché mi perseguiti?». «Io? Perseguito mica lui, perseguito i cristiani!». Allora ha capito che Cristo e i cristiani sono la stessa cosa.
    Quindi vedere nella Chiesa la continuazione di Cristo: nella Chiesa, non soltanto nella gerarchia. Siamo noi che continuiamo Cristo, noi siamo il corpo, lui è la testa, noi continuiamo lui: una grandissima dignità.

    Al Concilio abbiamo dedicato il quarto capitolo della Lumen gentium al sacerdozio dei laici. Un laico, per il solo fatto che è battezzato, ha una dignità enorme. Quando ho visto le suore qui, ho detto: «Sì, brave suore, che avete fatto la professione; ma guardate che è molto più importante il battesimo che avete ricevuto, che non la vostra consacrazione. Nella consacrazione voi vi siete consacrate, ma nel battesimo è Gesù che vi ha consacrate». Una grandissima dignità, quindi, sentirci veramente gente importante che continua Cristo.


    È stato accennato a Pietro, alla gerarchia. A me ha fatto piacere specialmente che Chiara Lubich abbia sottolineato che Pietro è stato un povero peccatore. Io predico sempre alla povera gente: guardate che il centro del cristianesimo è Dio che ci ama. Chi non ha capito questo, non capisce il cristianesimo. E – aggiungo – è un amore non solo vivissimo, è intramontabile; non si scoraggia mai, l’amore del Signore; anche se io faccio dei peccati, se scappo da lui, lui mi corre dietro... Questo bisogna sentirlo ad ogni costo, altrimenti non capiamo il cristianesimo.
    Gesù è uno che ci ama. Ha detto uno di voi, del Portogallo, che a questo amore bisogna dare una risposta; e lei ha dato una risposta generosa (nella verginità). Ma anche se si è sposati bisogna dare una risposta, perché al Concilio abbiamo detto anche questo: in tutti gli stati, anche il matrimonio non è un ostacolo alla santità, è uno scalino alla santità.

    La Filotea
    Certo che chi va in convento, chi fa la professione, ha un aiuto dalla comunità, più aiuti; però abbiamo tanti santi anche tra gli sposati.

    Io sono qui a Belluno, avevo una mamma buona, educata dalle suore. Uno dei primi libri che m’ha regalato è stato la Filotea di san Francesco di Sales. Io amo san Francesco di Sales fin dall’infanzia. L’ho letta, l’ho riletta, m’è piaciuta; dice che i laici devono farsi santi.
    Quando sono stato prete ho comprato tutte le opere in edizione francese. Ho riletto la Filotea. Caspita! Ma un certo brano, in quella regalatami da mia madre, non c’era: su quella edizione, purgata perché ero un ragazzo, mancavano due capitoli, uno dei quali si intitolava “Come santificare il letto matrimoniale”. Un santo che ha capito che il matrimonio può essere veramente stimolo di santità.
    Ma tornando alla gerarchia, m’è piaciuto – dicevo – che Pietro sia stato presentato coi difetti. E questo è stato voluto dal Signore. Sì «pietra», capo della Chiesa, ma povero peccatore anche lui, a indicare che anche in seguito avremmo avuto dei papi, dei vescovi, dei sacerdoti che avrebbero mancato, e che tuttavia bisogna compatire.
    Ci sono tante colpe nella Chiesa, colpe storiche, ma noi dobbiamo amarla lo stesso.

    Il momento e l’eternità
    Di Chiara io ho ammirato specialmente la passione per la Chiesa.

    Ora guardate, questa passione per la Chiesa io la trovo in tanti santi e anche in grandi scrittori. Bernanos, un grande scrittore francese, ha scritto: «Io la amo questa Chiesa, così com’è.
    Se per caso domani mi trovassi fuori dalla Chiesa non ci starei neanche cinque minuti, a costo di trascinarmi in ginocchio, carponi, ma io farei di tutto per rientrarci».
    Clérissac, grande scrittore domenicano, ha detto che quando si tratta di Chiesa, bisogna essere disposti non solo a soffrire «per» la Chiesa, ma anche «dalla» Chiesa.
    Ricordo quello che ha scritto don Primo Mazzolari. Io ero ancora ragazzo... Mazzolari aveva il periodico Adesso. Il cardinal Schuster disse: Adesso non si stampa. Il Sant’Uffizio vuole che non si stampi. Mazzolari, che amava la Chiesa, rispose: Adesso è un momento, la Chiesa è l’eternità. Vada anche Adesso, ma resti l’eternità.
    Questi sono sentimenti di veri cristiani.

    Albino Luciani
    Dal discorso tenuto nel palazzetto dello sport di Belluno.
    Tratto da Papa Luciani, n. 3, luglio 1999, bollettino del centro “Papa Luciani” di Santa Giustina (Belluno)

Santa BRIGIDA. - Preghiere

 

PREGHIERA INIZIALE
O Gesù, desidero rivolgere al Padre questa tua orazione unendomi all'Amore con cui la santificasti nel tuo Cuore. Portala dalle mie labbra nel tuo Cuore. Migliorala e completala in modo perfetto così che possa portare alla Santissima Trinità tutto l'onore e la gioia che Tu Le tributasti quando elevasti questa orazione sulla terra; possano l'onore e la gioia scorrere sulla tua Sacra Umanità in glorificazione delle tue dolorosissime Piaghe e del Preziosissimo Sangue che da esse sgorgò.

1. LA CIRCONCISIONE DI GESU'
Eterno Padre, per le mani purissime di Maria e per il Cuore Divino di Gesù, Ti offro le prime ferite, i primi dolori e il primo sangue che Egli ha versato in espiazione di tutti i giovani, quale protezione contro il primo peccato mortale, in particolare dei miei consanguinei. Pater...Ave...

2. LE SOFFERENZE DI GESU' SUL MONTE DEGLI ULIVI
Eterno Padre, per le mani purissime di Maria e per il Cuore Divino di Gesù, Ti offro le terribili sofferenze del Cuore Divino di Gesù sul Monte degli Ulivi e Ti offro ogni goccia del suo sudore di Sangue in espiazione di tutti i miei peccati del cuore e di tutti quelli dell'umanità, quale protezione contro tali peccati e per la diffusione dell'Amore divino e fraterno. Pater...Ave...

3. LA FLAGELLAZIONE DI GESU'
Eterno Padre, per le mani purissime di Maria e per il Cuore Divino di Gesù, Ti offro i mille e mille colpi, i dolori atroci e il Prezioso Sangue della Flagellazione in espiazione di tutti i miei peccati della carne e di tutti quelli dell'umanità, quale protezione contro di essi e per la salvaguardia dell'innocenza, in particolare tra i miei consanguinei. Pater... Ave...

4. LA CORONAZIONE DI SPINE DI GESU'
Eterno Padre, per le mani purissime di Maria e per il Cuore Divino di Gesù, Ti offro le ferite, i dolori e il Preziosissimo Sangue sceso dal Capo di Gesù quando fu coronato di spine, in espiazione dei miei peccati dello spirito e di quelli di tutta l'umanità, quale protezione contro di essi e per la costruzione del Regno di Dio su questa terra. Pater... Ave...

5. LA SALITA DI GESU' SOTTO IL PESO DELLA CROCE
Eterno Padre, per le mani purissime di Maria e per il Cuore Divino di Gesù, Ti offro le sofferenze patite da Gesù lungo la salita al monte Calvario e, in particolare, la Santa Piaga della Spalla e il Prezioso Sangue che da essa uscì, in espiazione dei miei ed altrui peccati di ribellione alla croce, di rifiuto dei tuoi santi disegni e di ogni altro peccato della lingua, quale protezione contro di essi e per un amore autentico alla Santa Croce. Pater... Ave...

6. LA CROCIFISSIONE DI GESU'
Eterno Padre, per le mani purissime di Maria e per il Cuore Divino di Gesù, Ti offro tuo Figlio inchiodato sulla Croce e innalzato su di essa, le sue ferite alle mani e ai piedi e il Prezioso Sangue che da essa uscì per noi, i suoi terribili tormenti del Corpo e dello Spirito, la sua preziosa Morte e l'incruento suo rinnovarsi in tutte le Sante Messe celebrate sulla Terra. Ti offro tutto questo in espiazione di tutte le mancanze fatte ai voti e alle regole negli Ordini religiosi, in riparazione di tutti i miei e altrui peccati, per i malati e i moribondi, per i sacerdoti e per i laici, per le intenzioni del Santo Padre riguardanti la ricostruzione della famiglia cristiana, il rafforzamento della Fede, il nostro Paese, l'unità in Cristo fra le nazioni e all'interno della sua Chiesa, e per la Diaspora. Pater... Ave...

7. LA FERITA DEL COSTATO DI GESU'
Eterno Padre, accetta, per le necessità della Santa Chiesa e in espiazione dei peccati di tutta l'umanità, l'Acqua e il Sangue Preziosissimi usciti dalla ferita inflitta al Cuore Divino di Gesù e gli infiniti meriti che essi effondono. Ti supplichiamo, sii buono e misericordioso verso di noi! Sangue di Cristo, ultimo prezioso contenuto del Sacro Cuore di Gesù, purificami e purifica tutti i fratelli da ogni colpa! Acqua di Cristo, liberami da ogni pena meritata per i miei peccati e spegni le fiamme del Purgatorio per me e per tutte le anime purganti. Amen.
Pater... Ave... Angelo di Dio... Gloria al Padre...

ORAZIONE DA DIRSI ALLA PIAGA DELLA SPALLA DI NOSTRO SIGNORE
Dilettissimo Signore Gesù Cristo, mansuetissimo Agnello di Dio, io povero peccatore, adoro e venero la Santissima Tua Piaga che ricevesti sulla Spalla nel portare la pesantissima Croce al Calvario nella quale restarono scoperte tre sacratissime Ossa, tollerando in essa un immenso dolore: Ti supplico, in virtù e meriti di detta Piaga ad avere di me misericordia col perdonarmi tutti i miei peccati sia mortali che veniali e ad assistermi nell'ora della morte, e di condurmi nel Tuo Regno beato. Amen.

Tre Pater, Ave, Gloria

PREGHIERA RIPARATRICE
Eterno padre, per le mani di Maria Addolorata, ti offro il S. Cuore di Gesù con tutto il suo amore, con tutte le sue sofferenze e con tutti i suoi meriti:

         per espiare tutti i peccati che ho commesso quest'oggi e durante tutta la mia vita. GLORIA AL PADRE.

         per purificare il bene che ho mal fatto quest'oggi e durante tutta la mia vita. GLORIA AL PADRE.

         per supplire al bene che devo fare e ho trascurato di fare quest'oggi e durante tutta la mia vita. GLORIA AL PADRE.

AVE MARIA PURISSIMA!

venerdì 11 novembre 2022

FILOCALIA




14. È detto: Vi annunzio una grande gioia, che sarà per tutto il popolo,

non per «parte» del popolo; e: Tutta la terra ti adori e salmeggi a te; non

deve farlo infatti solo una parte della terra. E il salmeggiare non è per quelli

che gemono ma per quelli che stanno di buon animo. Se dunque così stanno

le cose, non perdiamo mai la speranza, ma attraversiamo di buon animo la

presente vita con il pensiero di questa gioia e di questa letizia. Soltanto,

temperiamo l’allegrezza con il divino timore, come è detto: Esultate nel

Signore con timore. E infatti quelle che erano con Maria corsero via dalla

tomba con timore e gioia grande: forse un giorno anche noi ci slanceremo

fuori della nostra tomba spirituale con spavento e gioia. Sarei stupito infatti

se avvenisse senza timore, perché nessuno è esente da peccato, fosse anche

Mosè o Pietro Apostolo: in chi è simile a loro tuttavia il divino amore vince

e caccia fuori il timore al momento dell’esodo.


15. Se, mentre sei ancora nelle passioni, per aver creduto con tutto il

cuore, umilmente, ricevi il carisma della impassibilità, hai la testimonianza

della scrittura: Oggi - dice infatti - sarai con me nel Paradiso; e: La tua fede

ti ha salvato, va’ in pace, nella pace della beatissima impassibilità, e altre

cose di questo genere, come: L’uva matura al tempo della semina, e: Vi

avvenga secondo la vostra fede.


16. Quando, penosamente orientati alle passioni, siamo più

violentemente tormentati dai demoni con turpi pensieri, allora ancor più

rafforziamo la nostra fede nel Signore, e rinsaldiamo la speranza nei beni

eterni promessi. I nemici per la loro invidia si danno da fare perché noi

veniamo privati di questi beni ed estraniati da essi: se infatti non fossero

grandemente eccellenti, i demoni non brucerebbero di una tale invidia nei

nostri confronti da saettarci di continuo con i pensieri sordidi. Con questo

credono di soddisfare la loro follia, pensano di trascinarci alla disperazione

con questo insostenibile, lungo tormento.


17. Alcuni definiscono l’azione come veracissima conoscenza.

Studiatevi dunque di mostrare fede e conoscenza piuttosto con le opere: chi

infatti si è accecato affidandosi alla conoscenza soltanto, udrà la parola:

Confessano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con le opere.


18. Il più delle volte, al tempo delle feste, delle sante sinassi e

soprattutto quando uno sta per accostarsi alla Mensa mistica, proprio allora

i demoni cercano di contaminare l’asceta con turpi fantasmi e col flusso del

seme: ma neppure così possano ferire o snervare chi è abituato a portare

tutto con costanza e generosità. E non si vantino contro di noi i gobbi quasi

fossero dritti.

FILOCALIA 368...

SAN MARTINO

San Martino di Tours

11 Novembre
Vescovo

BIOGRAFIA

Nacque in Pannonia verso il 316 da genitori pagani. Ricevuto il battesimo ed abbandonato il servizio militare, fondò un monastero presso Ligugé in Francia, dove condusse vita monastica sotto la guida di sant'Ilario. Fu quindi ordinato sacerdote e in seguito eletto vescovo di Tours. Fu buon pastore del suo popolo, fondò altri monasteri, curò l'istruzione del clero ed evangelizzò i poveri. Morì nel 397. E' il primo santo non martire, ricordato nella liturgia.

MARTIROLOGIO

Memoria di san Martino, vescovo, nel giorno della sua deposizione: nato da genitori pagani in Pannonia, nel territorio dell'odierna Ungheria, e chiamato al servizio militare in Francia, quando era ancora catecumeno coprì con il suo mantello Cristo stesso celato nelle sembianze di un povero. Ricevuto il battesimo, lasciò le armi e condusse presso Ligugé vita monastica in un cenobio da lui stesso fondato, sotto la guida di sant'Ilario di Poitiers. Ordinato infine sacerdote ed eletto vescovo di Tours, manifestò in sé il modello del buon pastore, fondando altri monasteri e parrocchie nei villaggi, istruendo e riconciliando il clero ed evangelizzando i contadini, finché a Candes fece ritorno al Signore.

DAGLI SCRITTI...

San Martino lascia la cavalleria.

Dalle «Lettere» di Sulpicio Severo
Martino povero e umile

Martino previde molto tempo prima il giorno della sua morte. Avvertì quindi i fratelli che ben presto avrebbe cessato di vivere. Nel frattempo un caso di particolare gravità lo chiamò a visitare la diocesi di Candes. I chierici di quella chiesa non andavano d'accordo tra loro e Martino, ben sapendo che ben poco gli restava da vivere, desiderando di ristabilire la pace, non ricusò di mettersi in viaggio per una così nobile causa. Pensava infatti che se fosse riuscito a rimettere l'armonia in quella chiesa avrebbe degnamente coronato la sua vita tutta orientata sulla via del bene. Si trattenne quindi per qualche tempo in quel villaggio o chiesa dove si era recato finché la pace non fu ristabilita. Ma quando già pensava di far ritorno al monastero, sentì improvvisamente che le forze del corpo, lo abbandonavano. Chiamati perciò a sé i fratelli, li avvertì della morte ormai imminente. Tutti si rattristarono allora grandemente, e tra le lacrime, come se fosse uno solo a parlare, dicevano: «Perché, o Padre, ci abbandoni? A chi ci lasci, desolati come siamo? 

  
Lupi rapaci assaliranno il tuo gregge e chi ci difenderà dai loro morsi, una volta colpito il pastore? Sappiamo bene che tu desideri di essere con cristo; ma il tuo premio é al sicuro. Se sarà rimandato non diminuirà. Muoviti piuttosto a compassione di coloro che lasci quaggiù». Commosso da queste lacrime, egli che, ricco dello spirito di Dio, si muoveva sempre facilmente a compassione, si associò al loro pianto e, rivolgendosi al Signore, così parlò dinanzi a quelli che piangevano: Signore, se sono ancora necessario al tuo popolo, non ricuso la fatica: sia fatta la tua volontà.


O uomo grande oltre ogni dire, invito nella fatica, invincibile di fronte alla morte! Egli non fece alcuna scelta per sé. Non ebbe paura di morire e non si rifiutò di vivere. Intanto sempre rivolto con gli occhi e con le mani al cielo, non rallentava l'intensità della sua preghiera. I sacerdoti che erano accorsi intorno a lui, lo pregavano di sollevare un poco il suo povero corpo mettendosi di fianco. Egli però rispose: Lasciate, fratelli, lasciate che io guardi il cielo, piuttosto che la terra, perché il mio spirito, che sta per salire al Signore, si trovi già sul retto cammino. Detto questo si accorse che il diavolo gli stava vicino. Gli disse allora: Che fai qui, bestia sanguinaria? Non troverai nulla in me, sciagurato! Il seno di Abramo mi accoglie. Nel dire queste parole rese la sua anima a Dio. Martino sale felicemente verso Abramo. Martino povero e umile entra ricco in paradiso.(Lett. 3, 6. 9-10. 11. 14-17. 21; Sc 133, 336-343)

Il vangelo del santo

Mt 25, 31-40
Dal Vangelo secondo Matteo.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?
Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me».

Il santo di oggi

San Martino è uno dei santi più importanti nell'Ordine benedettino. Il vangelo della messa del santo, oltre che ricordarci che saremo giudicati sull'amore a Dio e al nostro prossimo, ci parla del Santo stesso, ne riassume in modo essenziale la vita. La liturgia della parola lo annovera tra coloro che hanno saputo riconoscere Cristo nei poveri e nei sofferenti. Sicuramente egli è tra coloro ai quali il Signore ha rivolto l'invito finale: Venite, benedetti dal Padre mio. San Martino, con la sua carità operosa, ha ricevuto in eredità il Regno preparato per lui fin dalla fondazione del mondo, è stato annoverato nella schiera dei beati. Lo stesso Cristo gli ha poi scandito le motivazioni del premio finale: Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.


Esulterà di gioia indicibile Martino, nel ricordare che con il suo mantello ha avuto l'onore, non solo di coprire i riscaldare un povero infreddolito, incontrato nelle strade del mondo, ma di aver ricoperto di amore e dato calore al corpo stesso di Cristo, che si nascondeva sotto le spoglie di quel povero. È la sorte che toccherà anche a noi se sapremo con la stessa fede, con la stessa generosità riconoscere Cristo negli ultimi e nei poveri e soccorrerli dando loro qualcosa di nostro. Viene da pensare quanto grande è la generosità di Dio verso di noi: noi diamo a Lui le povere cose del mondo, un po' di cibo o di bevanda, un mantello, una visita, un soccorso e Lui ci ripaga con un premio eterno. Dovremmo, anche per convenienza, aprire il nostro cuore all'amore fraterno nella ferma convinzione che aprendoci al nostro prossimo facciamo spazio a Dio. Egli ci ripete: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Non ci mancano certo le occasioni di incontrare e soccorrere i poveri: occorre solo aprire occhi e cuore, poi anche le nostre mani si muoveranno.

NOTA DAL MESSALE

Martino (Sabaria, attuale Szombathely, Ungheria, 316/317 - Candes-Saint-Martin, Francia, 8 novembre 397), figlio di un militare pagano, venne a sua volta avviato alle armi. Divenuto cristiano, abbandonò l’esercito ed entrò in contatto con il vescovo Ilario di Poitiers. Si dedicò quindi alla vita eremitica, prima sull’isola di Gallinara (Savona), poi a Ligugé, nei pressi di Poitiers. Eletto, contro la sua volontà, vescovo di Tours, mantenne il suo stile di vita e fondò nei pressi della città il monastero di Marmoutier. Contribuì notevolmente alla diffusione del cristianesimo nelle campagne e anche per questo il suo culto divenne molto popolare, soprattutto in ambito rurale. La memoria liturgica corrisponde al giorno della sepoltura, avvenuta l’11 novembre a Tours e ricordata nel Martirologio geronimiano (sec. V-VI).