martedì 27 settembre 2022

LA SAPIENZA DEL MONDO

 



ELLA è la Sapienza del Mondo. 

 

RIFLESSIONI ED ANALISI INSIEME

A GESÙ E A MARIA

 

12 giugno 2010

 

Quando fui chiamata a Sainte Anne d'Auray, in Bretagna, il Signore DIO dell'Universo mi chiese di lasciare tutto qui, in questa città dell'Isère: lasciare la mia famiglia, i miei amici, la mia casa, e partire con mio mari­to, già molto malato.

Non capivo affatto il perché di quell'appello di DIO. Ma ho obbedito, e mio marito mi ha seguita fino a Sainte Anne d’Auray.

 

Fu una vera, reale separazione dai miei cinque figli, già sposati, che mi rimproverarono di averli separati dal loro padre durante quei due anni e mezzo che gli restavano da vivere su questa terra. 

 

DIO mi ordinò, allora, di ritornare qui, vicino a loro. E qualche mese dopo, Antoine, mio marito, fu richiamato da Dio. In quel tempo di separazione, io persi la mia cara mamma, il mio tenero sposo, la mia casa e la comprensione dei miei figli i quali, non volendo comprendere, mi allontanarono dalla loro vita, rifiutandomi. Da allora, io vivo sola, malata, in una casa che non ha mai conosciuto la presenza di Antoine, mio marito. Ho accettato, lodando Dio, questa nuova vita che ha fatto di me il compimento del NOME che Gesù mi aveva dato: Io non sono niente.

 

Je ne suis rien - J. N. S. R.

 

Sono, dunque, la messaggera che fu inviata da Dio a vivere vicino a Sant'Anna, per ritrovare in quella Basilica dedicata a quella Grande Signora, la presenza del tutto nascosta della Piccola Maria. Sant'Anna, chiamata in quella regione "Madame Sainte Anne" (Signora Sant'Anna) mi aspettava nella sua superba Basilica, quella sera dell’8 dicembre 2001, dove si celebrava la Festa dell'Immacolata Concezione. 

Per seguire quella Messa così solenne, si distribuivano dei foglietti azzurri. Ne presi uno, che ho trovato, tempo fa, nella borsa che portavo quella sera; una borsetta dimenticata per quasi dieci anni. Quando l'ho aperta era come se di colpo, scoprendo quel foglietto azzurro, risentissi il canto che, sul foglio, s'intitolava L'Esultanza di Maria. Come se la Santa Nonna di Gesù Cristo mi avesse detto: Tieni, prendi questo. Ti servirà presto per onorare la Mia Santa Figlia Maria, Madre del tuo Dolce Salvatore.

 

Ella è la Sapienza del Mondo.

 

Quel testo dei Proverbi (8, 22-35) fu distribuito, meditato e cantato durante la veglia di preghiera e la Santa Messa della Festa dell’Immacolata Concezione, l’8 Dicembre 2001, nella Basilica di Sainte Anne d'Auray. È il testo biblico della Sapienza.

 

Da notare, inoltre, che durante il Concilio Vaticano II, il Cardinale Bea aveva esposto davanti ai Padri Conciliari la sua convinzione che tale testo riguardava la Vergine Maria; e quindi, Ella preesisteva nel Pensiero Divino prima della CREAZIONE. Era quanto aveva già confermato Gesù nei suoi dettati a Maria Valtorta (Vol 1° de «Il Vangelo come mi è stato rivelato»). Ed è ciò che JNSR conferma qui, in questo libro, dedicato a Maria da Gesù di Nazaret.

 

Egli dice di avere verificato tutte le Scritture e averle dettate Egli Stesso a JNSR.

È dunque così confermato che l'Umiltà della Sua Santissima Madre, non avrebbe permesso di manifestare tutto quanto il Suo DIO fece per Lei. Ella ha permesso al Figlio Suo Divino di esprimersi per Lei in questo libro. È cosi che Gesù Cristo, Suo Figlio Divino, può dire al Mondo intero, mediante questo Libro, diretto da Lui Stesso:

 

Quanto Maria ha saputo affascinare il Cuore Divino di DIO,

pronunciando il Suo Sì incomparabile,

accettando di diventare la Madre del SALVATORE !

 

Grazie a Lei si è compiuto

 

TUTTO IL PIANO DI DIO.

 

Il Piano è ora affidato alla Sua Santa Chiesa della Terra, alla quale resta il compito di portarlo a compimento.

 

È il SIGILLO che Dio apporrà sul Libro della VITA, che presto sarà aperto, dopo quest'ultima richiesta alla Sua Chiesa:

"Mia Madre è veramente nata dal Padre,

Ella è stata scelta da tutta l'Eternità

da Colui che detiene tutti i Misteri dell’Universo e

che apre e chiude tutte le Leggi che riguardano

l'Equilibrio del Mondo, ora in grande pericolo.

Egli chiede l'ultimo favore alla Sua Chiesa, chiede di obbedirgli,

designando la Madre del Suo Divin Figlio

con la Sua Vera Origine:

FIN DALLA SUA CONCEZIONE

MARIA È DIVINA!

Amen.

 

DIO in tutti i Suoi Poteri

J. N. S. R.  

 

Da: Il libro dei Proverbi, 8, 22-35:

 

La Sapienza creatrice

Il Signore mi ha creato all'inizio della sua attività,

prima di ogni sua opera, fin d'allora.

Dall'eternità sono stata costituita,

fin dal principio, dagli inizi della terra.

Quando non esistevano gli abissi, io fui generata;

quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d'acqua;

prima che fossero fissate le basi dei monti,

prima delle colline, io sono stata generata.

Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi,

né le prime zolle del mondo;

quando egli fissava i cieli, io ero là;

quando tracciava un cerchio sull'abisso;

quando condensava le nubi in alto,

quando fissava le sorgenti dell'abisso;

quando stabiliva al mare i suoi limiti,

sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia;

quando disponeva le fondamenta della terra,

allora io ero con lui come architetto

ed ero la sua delizia ogni giorno,

dilettandomi davanti a lui in ogni istante;

dilettandomi sul globo terrestre,

ponendo le mie delizie tra i figli dell'uomo.

 

Ora, figli, ascoltatemi:

beati quelli che seguono le mie vie!

Ascoltate l'esortazione e siate saggi,

non trascuratela!

Beato l'uomo che mi ascolta,

vegliando ogni giorno alle mie porte,

per custodire attentamente la soglia.

Infatti, chi trova me trova la vita,

e ottiene favore dal Signore;  -


AVE MARIA!

Testi di ascetica e mistica della chiesa orientale

 


Filocalia 1 (prima parte)


ATTENZIONE! Il testo che segue è di proprietà del curatore e dell’editore. Esso è stato reperito in Rete dall’amministratore di Terra di Nessuno e viene messo a disposizione dei lettori esclusivamente per il suo uso nella preghiera e a fini di studio. Il webmaster di Terra di Nessuno s’impegna a rimuovere immediatamente il testo qualora i legittimi proprietari ne facessero richiesta.

Giampiero Tre Re. Webmaster.

FILOCALIA 1 (PRIMA PARTE)

Testi di ascetica e mistica della chiesa orientale
a cura di Giovani Vannucci
libreria editrice fiorentina

Al P. Raffaello Taucci che nello smarrimento dei tempi ha conservato l’immagine del monaco vero

1989
Libreria Editrice Fiorentina – 50132 Firenze


INTRODUZIONE

Il libro «Relazioni di un Pellegrino» pubblicato dalla nostra casa, mise a conoscenza dei lettori il libro della Filocalia, quale guida incomparabile della preghiera ininterrotta. In questo primo volume presentiamo la traduzione di alcuni testi della Filocalia che parlano della preghiera ininterrotta in modo più generale; ci promettiamo di tradurre, in un secondo volume, quei testi che ne descrivono la tecnica.

Filocalia significa «amore della Bellezza»; non della bellezza – calia – intesa esteticamente ma religiosamente, nel significato del risveglio della coscienza nella pienezza dell’Essere. La «Bellezza» infinita di Dio si rivela al cuore dell’uomo che perviene al culmine dell’esperienza orante, come ardente pienezza dell’Essere; beatitudine armoniosa; amore e pace; annullamento dei limiti della creatura nel mistero divino; vita, gioia, libertà. «Ch’io sia ammaliato dalla tua Bellezza, ch’io sia attratto vicino a te, che l’incandescenza dell’amore puro, penetrando nella roccia del mio essere, lo trasformi in un puro rubino». (Y. Rumi).

Il fuoco centrale che guida i monaci, la cui esperienza è riportata nella Filocalia, è la ricerca del Centro Vivente, del Cuore che, unificando ed esaltando tutte le energie dell’uomo, lo pone al di fuori del disordine e dello smarrimento. Il Centro vivente, sperimentato dai monaci, nella loro realtà personale e in quella cosmica, è la Parola eterna discesa nella carne e porta un Nome, superiore ad ogni altro nome: Gesù il Signore. Nella vivente realtà di Gesù Cristo, la creatura umana, pur immersa nelle scomposte forze oscure della carne, ritrova l’ordine e la bellezza armoniosa dell’uomo creato a somiglianza di Dio. Bellezza armoniosa che, una volta raggiunta, riunisce gli elementi spirituali e carnali dell’uomo in una forma perfetta che è l’epifania della Bellezza divina. a L’uomo nella Bellezza armoniosa diviene incandescente d’amore verso l’intero creato, ama gli uomini, gli uccelli, le bestie,- i demoni. Prega per i rettili con pietà sconfinata. Pur condannato dieci volte al giorno al rogo, vive nell’amore degli altri, e non dice mai: basta!». (Isacco di Siria).

L’uomo non è soltanto terra e fango, ma cielo e luce; non solo carne e pesantezza, ma coscienza segnata dalla vocazione di un’incomparabile ascesa. «Ospitiamo in noi delle bestie selvagge; ma ogni creatura ragionevole, uomo o donna che sia, possiede la capacità di amare Dio e gli esseri» (S. Antonio).

AVE MARIA!

lunedì 26 settembre 2022

CONSIDERAZIONI SUL PRIMATO DEL SUCCESSORE DI SAN PIETRO

Il primato del successore di Pietro nel mistero della Chiesa


Considerazioni sul recente Documento della Congregazione per la dottrina della fede


del cardinale Vincenzo Fagiolo


Se dovessimo analizzare il significato dei 22 titoli con i quali Dante nella Divina Commedia, nella Monarchia, nelle Epistole definisce e qualifica il papa, finiremmo forse per complicare ancor più la questione ecumenica, che proprio nel problema sui poteri del successore di Pietro trova ancora oggi non lievi ostacoli nel cammino dell’unità. Eppure quei titoli, anche quando esaltano il romano pontefice fino a farne l’Ostiarius Regni Coelorum (Mon. III, VIII, 9) e il Claviger Regni Coelorum (Mon. III, 15) nonché Vicarius Dei (Mon. I, II, 2. Nel Medioevo, alcuni papi, per esempio Innocenzo III, si presentarono anche con questo titolo) e Prefetto del Foro Divino (Par. XXX, 142), stando al canone neotestamentario (cfr. Mt 10, 2; 14, 28-31; 16, 16-23; 19, 27-29; 26, 33-35; Mc 3, 16; Lc 6, 14; 22, 32; Gv 1, 42; 6, 67-70; 13, 36-38; 21, 15-19; At 1, 13), non sono affatto infondati. Ma, per quanto sorretti da un fondamento biblico, presi nel loro nucleo essenziale e riassunti nel titolo più comunemente usato – successore di Pietro – quei titoli storicamente, per circostanze diverse, non da tutte le comunità cristiane sono stati ugualmente interpretati. Il punto cruciale, causa reale o supposta, è stato soprattutto l’esercizio del potere del papa. Tra le cause infatti che generarono la divisione tra la Chiesa cattolica e la ortodossa, in Oriente, prima, e poi tra la stessa Chiesa cattolica e le comunità cristiane in Occidente, quella dell’interpretazione del munus petrinum, dell’ufficio concreto cioè del successore di Pietro, è stata tra le più rilevanti e tra le più ardue a essere spiegata, ancorché «quasi tutti [i cristiani] però, anche se in modo diverso, aspirano alla Chiesa di Dio una e visibile, che sia veramente universale e mandata al mondo intero, perché il mondo si converta al Vangelo e così sia salvato per la gloria di Dio» (Unitatis redintegratio 1). Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno dimostrato con documenti magisteriali e iniziative apostoliche a tutto campo, sia verso l’Oriente che verso l’Occidente, la ferma volontà di proseguire nel cammino ecumenico, che il Vaticano II ha considerato uno dei suoi principali intenti, per raggiungere «il ristabilimento dell’unità da promuoversi fra tutti i cristiani» (UR 1). In questo senso, nell’enciclica Ut unum sint (25 maggio 1995), Giovanni Paolo II ha sottolineato la singolare rilevanza che nell’attuale momento della vita della Chiesa presenta la questione del primato di Pietro e dei suoi successori. L’enciclica perciò invita i pastori e i teologi a «trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra a una situazione nuova» (n. 25). La Congregazione per la dottrina della fede non ha tardato a raccogliere il voto pontificio e nell’arco di un anno e mezzo ha preparato un simposio prettamente dottrinale su Il primato del successore di Pietro, che si è svolto in Vaticano dal 2 al 4 dicembre 1996, i cui atti sono stati pubblicati quest’anno dalla Libreria Editrice Vaticana. In appendice al volume (pp. 493-503) c’è il documento che la stessa Congregazione ha fatto pubblicare sull’Osservatore Romano (sabato 31 ottobre 1998, p. 7, che chiameremo Documento) all’evidente scopo di allargarne la conoscenza e sollecitare teologi e pastori ad approfondirne i contenuti, anche – forse soprattutto – in vista di un cammino ecumenico meno arduo, anche se, probabilmente, più lungo se fosse lasciato alla sola riflessione teologica.

Il dato storico a conferma del primato
Sappiamo che, a partire dal Concilio Vaticano II, la Chiesa, già con Giovanni XXIII e poi con Paolo VI e Giovanni Paolo II, sta percorrendo, insieme alla via dottrinale, anche quella della carità, che, come ebbe a esprimersi il patriarca Atenagora, è da preferire. Senza quindi abbandonare quella dottrinale. La storia conferma che il primato visto e stimato come presidenza e servizio di carità, attirò per secoli – i più fecondi per vitalità dottrinale e missionaria – l’affectio delle varie Chiese a quella di Roma, che aveva a vescovo il successore di Pietro. Tanto per fare qualche riferimento, lo dichiarava già, tra i Padri apostolici, sant’Ignazio, vescovo di Antiochia (dopo san Pietro ed Evodio), il quale vedeva le varie comunità ecclesiali unite dalla carità e dalla fede sotto il governo dei legittimi pastori e con il primato della Chiesa di Roma, a motivo che in Roma Pietro e Paolo hanno fissata la loro autorità, e nel nome di essi Roma insegna poi alle altre Chiese (Epist. ad Smyrn. 8, 2; 4, 3). Sono vere tutte quelle Chiese – osservava nel secondo secolo sant’Ireneo – che hanno la nota dell’apostolicità, e, atteso che «longum est ire per singulas» nominandole tutte, basta esaminarne una che tutte le ricapitola: la Chiesa di Roma, fondata dai principi degli apostoli Pietro e Paolo; e come questi apostoli erano i principes tra gli altri, così la Chiesa di Roma ha su tutte le altre una potentior principalitas, dalla quale si desume il criterio di verità circa la Chiesa e la sua costituzione, voluta da Gesù Cristo (cfr. Adv. haer. III, 4, 1).
La primitiva tradizione, attestante il primato della Chiesa di Roma, è rimasta inalterata come dato dogmatico e come fonte di produzione giuridica; essa poggia sul fondamento della rivelazione divina, che con i testi del Vangelo e degli Atti mostra «con chiarezza e semplicità che il canone neotestamentario ha recepito le parole di Cristo relative a Pietro e al suo ruolo nel gruppo dei dodici. Perciò,» leggiamo nelle considerazioni della Congregazione per la dottrina della fede «già nelle prime comunità cristiane, come più tardi in tutta la Chiesa, l’immagine di Pietro è rimasta fissata come quella dell’apostolo che, malgrado la sua debolezza umana, fu costituito espressamente da Cristo al primo posto tra i dodici e chiamato a svolgere nella Chiesa una propria specifica funzione» (Doc. n. 3). Dalla rivelazione il dogma: «Basandosi sulla testimonianza del Nuovo Testamento, la Chiesa cattolica insegna, come dottrina di fede, che il vescovo di Roma è successore di Pietro nel suo servizio primaziale nella Chiesa universale» (Doc. n. 4). È sul contenuto di quest’insegnamento che va concentrata l’attenzione, sia per non smarrirne il valore dogmatico, perciò sempre vincolante, sia per non sovraccaricarlo di elementi che non gli sono essenziali e che potrebbero rendere più difficile l’esercizio del primato e ostacolare il cammino ecumenico. La primitiva tradizione fissava l’essenzialità del primato nel carisma di Cristo dato a Pietro e in Pietro ai suoi successori, perché fossero principio e fondamento dell’unità della fede e della comunionefides et caritas. Ne segue che non sussistono dubbi, sotto il profilo biblico, teologico e giuridico sull’originefinalità e natura del primato, come ben evidenzia la prima parte del Documento della Congregazione per la dottrina della fede, corredato da numerose fonti patristiche, conciliari e del magistero pontificio.

Dal Vaticano II a Giovanni Paolo II
Il più recente magistero pontificio si è sviluppato soprattutto con l’insegnamento del Vaticano I e del Vaticano II. Il primo, dopo aver indicato nel prologo la finalità del primato, dedica il corpo del testo a esporre il contenuto o ambito della potestà inerente, iure divino, allo stesso primato. Il Vaticano II non si è soffermato sul contenuto del primato, per non ripetere quanto già aveva sostenuto il Vaticano I, di cui ha riaffermato l’intera dottrina. Proseguendo nella linea del precedente Concilio, il Vaticano II ne ha completato l’insegnamento, trattando principalmente il tema della finalità. E lo ha fatto con la particolare attenzione al mistero della Chiesa come Corpus Ecclesiarum (cfr. Lumen gentium n. 23). Sul principio teologico della Chiesa communio, il Vaticano II ha fondato le sue considerazioni, che ci consentono di rilevare con maggior chiarezza che la funzione primaziale del vescovo di Roma e la funzione degli altri vescovi si trovano, non già in contrasto, ma in «un’originaria ed essenziale armonia». E a proposito va ricordato che il principio della communio fu tanto avvertito, creduto e voluto già nei primi secoli della Chiesa che ne scaturì il relativo istituto giuridico. In base al quale non erano ritenuti e considerati a pieno titolo membri della Chiesa coloro che non fossero nella communio fidei o nella communio sacramentorum o nella communio disciplinae. Quest’ultima, certamente non della stessa entità teologica delle prime due, era però ritenuta necessaria, anche perché era a tutela di quelle ed era di guida a viverle.
Sempre con la luce di questo istituto, ci è facile anche ora comprendere le suddette considerazioni della Congregazione romana, particolarmente quando ci ricorda che «il vescovo di Roma appartiene al loro collegio [dei vescovi] ed essi sono i suoi fratelli nel ministero» (Doc. n. 5. Cfr. Ut unum sint n. 95).
Come già nell’antichità, ancora oggi è possibile concepire e valutare, anche concretamente, l’esercizio del potere. Con il principio della communio non è arduo comprendere come ogni parte del corpo, formato da membra diverse con uffici diversi, sia collegata con il capo. Esprimendo questo concetto, san Leone Magno spiegava che «fra tutte le membra privilegiate del corpo mistico, i due apostoli Pietro e Paolo hanno avuto da Dio una funzione davvero speciale. Essi sono quasi due occhi di quel capo, che è Cristo» (Sermo 82, 1, 6-7). E con il discorso (Sermo 4, 1-2) per l’anniversario della sua elezione, ricordava che «tutto il corpo della Chiesa riconosce che il carattere sacro della dignità pontificia è unico». E lo è perché, soggiungeva, non ci si deve fermare «a considerare la nostra povera persona, ma piuttosto la gloria del beato Pietro apostolo [...], colui che si trovò vicino alla sorgente stessa dei carismi e da essa ne fu riempito e come sommerso. Ecco perché molte prerogative erano esclusive della sua persona e, d’altro canto, niente è stato trasmesso ai successori che non si trovasse già in lui». Il problema però sorge dal rovescio di quest’ultima frase, che in sé è dogmaticamente fondata e da ritenere per fede: «Niente è stato trasmesso ai successori che non si trovasse in lui». Ma chiediamoci: c’è qualcosa nei successori che in Pietro non c’è stata? Con questa domanda entriamo nella seconda parte del Documento della Congregazione per la dottrina della fede concernente «l’esercizio del primato e le sue modalità» (nn. 7-15).
Stante la chiara fonte biblica o, più specificatamente, il divino mandato (cfr. Mt 16, 18; Lc 22, 32; Gv 21, 15-17), è dogmaticamente certo che Cristo ha voluto «che il collegio apostolico fosse perfettamente uno, con doppio e strettissimo vincolo. Il primo è quello interiore della fede e della carità che è stata riversata nei cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr. Rm 5, 5). L’altro è quello esterno del governo di uno solo sopra tutti. A Pietro, infatti, fu affidato il primato sugli altri apostoli come a perpetuo principio e visibile fondamento di unità (cfr. Pio XI, Ecclesiam Dei, in AAS 15, 1923, 573 ss.).
Il problema emerge in tutta la sua valenza teologica e giuridica, pastorale ed ecumenica, quando non si coglie nell’esercizio del primato o governo proprio del papa l’elemento che lo collega con il mistero salvifico di Cristo e con la specifica missione della Chiesa. Da questo collegamento si evince subito e con chiarezza che la Chiesa, anche – anzi soprattutto – al suo vertice non è una potenza che possa seguire i parametri del potere civile (classica la distinzione che spesso riecheggia nei testi patristici: Sacerdotium distinto dall’ImperiumImperatoribus palatiaSacerdotibus Ecclesiae) e che il primato «non è un ufficio di coordinamento o di presidenza, né si riduce ad un Primato d’onore, né può essere concepito come una monarchia di tipo politico» (Doc. n. 7). Non è però altrettanto immediata la conoscenza dei limiti che circoscrivono la potestas sacra in genere ed in specie quella pontificia. I limiti che il primato non può oltrepassare certamente sono quelli «che procedono dalla legge divina e dall’inviolabile costituzione divina della Chiesa contenuta nella Rivelazione» (Doc. n. 7). La Congregazione per la dottrina della fede nell’ambito della potestas petrina indica quali funzioni del vescovo di Roma anzitutto «una specifica e particolare responsabilità nella missione evangelizzatrice» (cfr. LG n. 23; CIC can. 782 § 1), che all’interno di tutta la Chiesa rappresenta ed è un ufficio magisteriale supremo ed universale (cfr. Conc. Vat. I, Pastor aeternus c. 4) e che implica anche, in certi casi, la prerogativa dell’infallibilità (cfr. LG n. 25; CIC can. 749 § 1; CCEO can. 597 § 1). Insieme alla funzione magisteriale del primato, la missione del successore di Pietro «comporta la facoltà di porre gli atti di governo ecclesiastico necessari o convenienti per promuovere e difendere l’unità della fede e di comunione» (Doc. n. 10).
Questa potestà di giurisdizione, in riferimento al suo esercizio è definita «ordinaria, suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa, potestà che [il papa] può sempre esercitare liberamente» (CIC can. 331). Se questa definizione non fa difficoltà, il problema sorge nel determinare qualiquando e se per tutta o una sola parte della Chiesa gli atti di governo siano necessari o convenienti. Questi atti sono stati diversissimi nella vita bimillenaria della Chiesa: ciò che all’inizio non rientrava, almeno di fatto, nell’ambito dell’esercizio primaziale, oggi è norma: oggi il sommo pontefice nomina i vescovi, per secoli non lo ha fatto direttamente; oggi per una parte della Chiesa li nomina e per un’altra parte conferma quelli che sono stati legittimamente eletti (cfr. CIC can. 377 § 1). Il Documento in oggetto esemplifica, indicando “ad esempio” (tra gli atti del governo primaziale «necessari o convenienti per promuovere e difendere l’unità della fede»): «Dare il mandato per l’ordinazione di nuovi vescovi; [...] emanare leggi per tutta la Chiesa, stabilire strutture pastorali a servizio di diverse Chiese particolari, dotare di forza vincolante le decisioni dei Concili particolari, approvare istituti religiosi sopradiocesani, ecc.» (n. 10). L’elenco potrebbe continuare con tutte le norme del Codice di diritto canonico che stabiliscono le riserve alla Santa Sede. Ma se facessimo un confronto non solo con gli interventi, e le modalità di essi, che i pontefici dei primi secoli (potremmo allungarci anche oltre il secolo V) esperivano come governo petrino, necessario o conveniente al bene della Chiesa, ma anche con quelli dei papi del tempo delle Decretali (Decretalium Collectiones di Gregorio IX o il Liber sextus Decretalium di Bonifacio VIII o le Constitutiones extravagantes di Clemente V), constateremmo quanto vario e differenziato sia stato il criterio di interventi pontifici “necessari o convenienti”. Le differenziazioni però vanno interpretate anche alla luce della realtà storica della Chiesa che, pellegrina con le sue istituzioni nell’età presente, porta la fugace figura di questo mondo (cfr. LG n. 48). Anche per questo – leggiamo nel Documento – l’immutabile natura del primato del successore di Pietro si è espressa storicamente attraverso modalità di esercizio adeguate alle circostanze di una Chiesa pellegrinante in questo mondo mutevole (cfr. n. 12). E la stessa Chiesa si è ravveduta quando ha constatato che la figura di questo mondo l’ha così offuscata da indurla ad atti che erano al di fuori o non necessari né convenienti alla sua missione. Comunque sotto il profilo dottrinale, sia teologico che giuridico, il criterio che ci ricorda ora il Documento non solo è valido, ma anche unico; il resto è nella saggezza e prudenza di chi avendo il potere deve esercitarlo, conformemente alla natura e alle finalità del divino mandato. E se è giusto che prima sedes a nemine iudicatur, è altrettanto giusto non far discendere da questo principio “un potere assoluto” del papa; anzi ascoltare la voce della Chiesa (e oggi è divenuta una prassi, giuridicamente anche consolidata; si vedano ad esempio i cann. 342-348 sul Sinodo dei vescovi) è un contrassegno del valore dell’unità, una conseguenza del corpo episcopale e del sensus fidei dell’intero popolo di Dio. In questa linea non entrano e non possono entrare tutte quelle istanze tendenti a vincolare giuridicamente il successore di Pietro nell’esercizio del suo ministero. Si imboccherebbe la strada svincolata dalla divina costituzione della Chiesa, che verrebbe ridotta ad una societas puramente umana se tale strada fosse seguita sino in fondo. Per non cadere in pericoli del genere, è fondamentale il discernimento circa la congruenza tra la natura del ministero petrino e le eventuali modalità del suo esercizio. Discernimento da compiersi nella Chiesa, ossia sotto l’assistenza dello Spirito Santo, con la vitalità dell’Eucaristia operante nell’interno della Chiesa, quale centro e radice di comunione ecclesiale, in dialogo fraterno del romano pontefice con gli altri vescovi. Secondo le esigenze concrete della Chiesa sarà poi il papa (o il papa con il Concilio ecumenico), quale successore di Pietro, a dover pronunciare autoritativamente il giudizio definitivo, a profitto della Chiesa universale (cfr. Doc. n. 13).
Questo richiamo al soprannaturale è parte integrante del primato e del suo esercizio. Ecco perché l’attuale movimento ecumenico – quale il Vaticano II e il conseguente magistero pontificio hanno voluto e programmato – è nato e si snoda sotto l’azione dello Spirito Santo, con il continuo e pressante invito ad ascoltare «quello che lo Spirito Santo dice alle Chiese» (Ap 1, 7). La preghiera, che il papa – e con lui oggi la Chiesa “divisa” – rivolge al Padre per mezzo del suo Figlio Gesù, è che i cristiani non resistano allo Spirito Santo che li sprona a ricomporre l’unità visibile dei cristiani.

giovedì 22 settembre 2022

Interessantissima Lettera



21 settembre 1948

   [Riportiamo qui il testo di una lettera non autografa ma dattilo scritta. Quasi certamente l'ha battuta a macchina Marta Diciotti sotto dettatura di Maria Valtorta, che alla fine vi ha apposto la data e la firma autografe, dopo aver fatto lo schizzo a penna (nello spazio rimasto vuoto al punto 4), aver corretto qualche errore e messo delle virgole. Il destinatario non può essere altri che P. Corrado M. Berti osm]. 

   Molto Reverendo Padre. 

   Per accontentarla il meglio possibile ho seguito il consiglio di copiare su carta oleata la parte di Roma che la interessa, segnando nella zona i punti che ho visti io. Lei non ha che da sovrapporre la carta oleata alla pianta di Roma che mi ha mandato e vedrà che: 
   1°) Le modifiche apportate da venti secoli nel perimetro di Roma e nelle vie Consolari. Io ho visto la Tiburtina quasi rettilinea (direzione nord-est) nelle immediate vicinanze della città. Nella sua pianta vedo che fa una curva sensibile. Ma forse io ne osservavo il tratto più vicino a Roma, che è rettilineo. 
   2°) La stessa via aveva nelle sue vicinanze un acquedotto. Qualche resto dello stesso ci dovrebbe essere ancora, almeno ridotto allo stato di rudere. 
   3°) Quella che sulla sua pianta ha nome di Porta Pia a mio modo di vedere segnava allora, nel primo secolo dell'era Cristiana, il limite della città in quel punto. Da lì usciva la Nomentana che per una plaga deserta, e in direzione nord-est, andava verso Monte Rotondo. 
   4°) Non avrei potuto vedere il Sepolcro di Cecilia Metella (punto di orientamento concessomi perché capissi in quale lato cardinale di Roma mi trovavo) se gli edifici della città di allora si fossero estesi dove sono ora. Invece io vedevo molto bene quel sepolcro e il nastro bianco dell'Appia dilungarsi per l'Agro verso sud-est, quasi costeggiato da altre vie che però facevano una specie di raggio come le stecche di un ventaglio 
   5°) Osservando la pianta vedo segnato presso la Salaria una via che ha nome Ostriana. Forse la chiamano così perché vi si suppone vicino l'Ostriano? In tal caso devo dire che quel prato in discesa, dove vidi andare S. Pietro e il suo compagno e che intuisco conducesse all'Ostriano, è molto più vicino a Via Nomentana che a Via Salaria, che io non vedevo affatto, presso S. Agnese, ma più a nord-est e lontano dall'Amene che non vedevo. 
   6°) Come Lei può notare si direbbe che S. Pietro batté col bastone e con la mano nella zona compresa fra Villa Torlonia e Villa Massimo. Forse che lì sotto ci sono diramazioni dell'Ostriano? Se sì, si potrebbe pensare che S. Pietro fu deposto lì sotto, in origine. 
   7°) Infine vedrà che, confrontando lo schizzo topografico che le ho dato l'ultima volta che ci siamo veduti, e che spero lei abbia conservato,anche se fatto male, corrisponde a quanto risulta da una pianta fatta bene nella sistemazione delle vie consolari. 
   Ma faccio notare, e raccomando quindi di tenere ben presente, perché accendendosi di eccessive speranze non si cada poi in delusioni e in conseguenti... anatemi su me che non c'entro, che io: 
   1°) Non ho avuto indicazione di dove S. Pietro è sepolto attualmente, ma di dove fu trasportato il corpo del 1° Pontefice nella notte seguente al Suo Martirio ("E VENUTA CHE FU LA NOTTE I CRISTIANI TOLSERO ILCORPO DI LÁ E LO PORTARONO NEL LUOGO DOVE PIETRO EVANGELIZZAVA IL SIGNORE, CHE ERA LO OSTRIANUM, NEL QUALE GIÀ ERANO DEPOSTI I CORPI DI QUELLI CHE AVEVANO CONFESSATO COL SANGUE LA LORO FEDE IN GESÙ CRISTO DURANTE LE PRIME PERSECUZIONI" - Parole angeliche, e l'angelo pareva che leggesse qualche cronaca cristiana contemporanea dei tempi di S. Pietro. Questa esiste ancora o si è perduta?). 
   2°) Che né S. Pietro né il suo compagno, che direi essere stato un Romano di nobile famiglia, né il mio Angelo hanno aggiunto parola a quanto io ho riferito fedelmente. 
   Né io aggiungerò parola suggerita da un mio proprio pensiero. Sarebbe certamente errata, riprovata da Dio e d'inganno agli uomini. La prima delle cose che Dio richiede a quelli che Egli ha voluto suoi strumenti, senza alcun merito da parte loro, questo è certo, è l'assoluta fedeltà nel ripetere o trasmettere ciò che vedono ed odono. Molti di essi si fanno nemico Dio col volere aggiungere qualcosa di loro, per darsi importanza e, secondo loro, per rendere più belle le cose viste o udite... Quasi che la creatura umana possa far meglio di Dio! 
   È la loro rovina, non solo come strumenti ma anche come semplici Cristiani. Perché è sempre l'antico peccato di superbia, disubbidienza e gola che ha rovinato Lucifero e Adamo e rovina tutti i superbi, disubbidienti e avidi. 
   Io, anche a costo di deludere chi spera da me più che io non possa dare, forse attribuendomi erroneamente poteri extra-naturali che non ho affatto, non mi permetto di aggiungere o levare neppure una virgola o un dettaglio insignificante a ciò che vedo e sento, e che è tutto quello che posso dare perché mi viene dato. 
   Perciò torno a dire di non lasciarsi travolgere da sogni propri, suscitati da una non giusta interpretazione di quanto io ho potuto dire, che è ancora molto parziale. Se Dio vorrà, completerà le informazioni. Per ora si è degnato di farci sapere dove fu portato dopo il Martirio il corpo di S. Pietro e la zona dove fu deposto. 
   Preghiamo molto, preghiamo tutti, chiedendo al Signore che dica dove attualmente è il sepolcro di S. Pietro. Se amorevolmente Dio accederà alla nostra richiesta, sapremo. Altrimenti... Egli è il Signore e noi i sudditi. 
   Per quanto sta a me, se mi dicesse chiaramente il luogo subito lo notificherò, ben lieta di servire il Signore, il Suo Vicario e quanti vogliono onorare l'Apostolo Pietro. 
   Ma se non fa Iddio io certo non posso fare. 
   Pretendere che io possa indicare i metri quadrati è come pretendere da me un miracolo uso moltiplicazione dei pani e dei pesci!    
   Mi è sempre stato fatto un appunto per la poca chiarezza dei miei schizzi topografici annessi all'opera, e con ragione, perché io di topografia e cartografia non so nulla. Come si può pretendere adesso che io segni il punto matematicamente esatto? 
   Dovrebbe Nostro Signore prendermi la mano e guidarla a segnare una bella croce sul punto esatto. 
   Per mio conto, se Gesù, Luce e Sapere, non mi guida, sono tenebra e ignoranza. 
   Io non ho nessuna pretesa a premio delle mie fatiche e pene, ma vorrei che quanto dico sopra fosse riferito, magari mostrando questa lettera a Sua Santità o a qualche personaggio bene orientato e molto intimo del S. Padre. E ciò allo scopo che il detto a voce da Lei e passato di bocca in bocca non giunga svisato a Sua Santità, causandogli poscia delle delusioni. 
   Non avendo altro da dire, ossequio profondamente. 

   21-9-48                                                       Maria Valtorta 

mercoledì 21 settembre 2022

IL Dragone persegue Maria

 


MONDO ANTICO e Nuova Terra 

 

 

LA SACRA BIBBIA NELL’APOCALISSE

CI PARLA DELLA NUOVA NASCITA SPIRITUALE

 

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11 maggio 2010

 

Maria non parla. Rimane nel silenzio del deserto per 1260 giorni, dove il Signore con le Sue due ali, La protegge dal Dragone rosso che ha sette teste e dieci corna, ogni testa sormontata da un diadema (uno su ogni testa). Il Dragone persegue Maria. La sua coda ha già spazzato via un terzo delle stelle del Cielo, precipitandole sulla Terra.

 

Ha fatto precipitare un terzo dei preti della Chiesa di GESÙ, ed ora si appresta a divorare i figli che Maria deve partorire, affinché siano somiglianti a Lei, alla loro Madre, che ha la stessa identità del Suo Primo Figlio, GESÙ Cristo. Ella deve donarli al Padre, a DIO Padre, che li aspetta. Sono tutti pronti a rinascere nuovamente dalla Donna concepita dallo Spirito Santo.

 

“Oh Maria, concepita senza peccato,

prega per noi che a Te ricorriamo.”

 

La Sua Concezione è Immacolata, senza peccato. I figli che Maria porta in seno, sono quelli che DIO Le ha dato, ai piedi della Santa Croce, come una eredità, prima di morire. Devono passare attraverso di Lei per ricevere il grande Battesimo dello Spirito Santo, per rinascere nuovamente dallo Spirito e dall’Acqua. Così potrà rimettere a DIO tutti i Suoi figli nati dallo Spirito Santo, del quale Maria è Sposa e Figlia, per merito della Sua Santa Nascita.

 

Quei figli possiederanno, allora, i Comandamenti di DIO e la testimonianza di GESÙ Cristo.

 

Sì, la loro Madre è Divina. È la Mia Santa Madre.

 

La Bestia, che continua a tormentare il Mio Santo Vicario, Benedetto XVI nella Mia Santa Chiesa, dovrà presto scomparire. Con le sue sette teste e i suoi sette peccati capitali coronati, si è impadronita dei Dieci Comandamenti di DIO (le dieci corna), e crede così di avere già vinta la battaglia contro DIO.

 

Solo il Mio degno Rappresentante su questa Terra, il Mio Santo Vicario Benedetto XVIpuò definire e realizzare il completamento del Dogma della Mia Santissima Madre:

 

“Io Sono la Divina Immacolata Concezione.”

 

Verità fondamentale di DIO, la sola Verità che salverà questa Umanità Straziata, facendole attraversare questo Mondo antico che sta per scomparire, per penetrare nella Nuova Terra, là, dove il Padre Glorioso aspetta tutti i Suoi figli, appena rinati dallo Spirito e dall’Acqua, mediante Maria, Nostra Madre.

 

Le persecuzioni cesseranno e la Mia Chiesa avrà il Suo Giorno di Gloria. Amen.

 

Maria, Madre di DIO e degli uomini. Amen.