martedì 22 marzo 2022

MARTEDÌ DELLA TERZA SETTIMANA DI QUARESIMA

 Missale Romanum

Dom Prosper GuérangerL’anno liturgico

 

MARTEDÌ DELLA TERZA SETTIMANA DI QUARESIMA

 

La Stazione è alla chiesa di S. Pudenziana, costruita sopra una casa del II secolo, fra il 384 e il 402 e restaurata da Adriano I e quindi da san Gregorio VII ed Innocenzo III.

 

lezione (4Re 4, i-7). - In quei giorni: Una donna si raccomandava al profeta Eliseo, dicendo: Il tuo servo, mio marito, è morto, e tu sai che il tuo servo temeva il Signore. Or ecco è venuto un creditore a prendere i miei due figli per farli suoi servi. Eliseo le disse: Che vuoi che ti faccia? Dimmi, che hai in casa tua? Essa rispose: Io, tua serva, in casa mia non ho niente, eccetto un po' d'olio per ungermi. Egli le disse: Va' a chiedere in prestito dai tuoi vicini dei vasi vuoti, e non pochi; poi, rientrata che sarai chiudi la tua porta, e stando dentro coi tuoi figli, versa quell'olio in tutti quei vasi, e quelli pieni mettili da parte. La donna se ne andò, e chiuse la porta dietro a sé e ai suoi figli: essi presentavano i vasi, ed essa versava. Quando i vasi furono pieni, disse ad uno dei suoi figli: Portami un altro vaso. Ma quello rispose: Non ce n'è più. E l'olio si fermò. Allora essa andò a riferire il fatto all'uomo di Dio, il quale disse: Va' a vendere l'olio e paga il tuo creditore, e tu e i tuoi figli vivete dell'olio che rimarrà ancora.

 

Le opere di misericordia.

È facile cogliere il mistero di questa lettura. Il creditore dell'uomo è Satana, al quale i nostri peccati hanno concesso immensi diritti sopra di noi. Il solo mezzo per liberarsene è la misericordia, simboleggiata dall'olio per la sua soavità: "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia" (Mt 5,7). In questi giorni di salute, prepariamo dunque la nostra riconciliazione, con l'essere premurosi nel sollevare i nostri fratelli, aggiungendo l'elemosina al digiuno e praticando le opere di misericordia. 

Con tal mezzo inteneriremo il cuore di Dio, salderemo a lui il nostro debito e ritorceremo su Satana il titolo che voleva far valere contro di noi. Seguiamo perciò l'esempio di questa donna della Scrittura, la quale, schiva dagli sguardi umani, riempie i vasi dell'olio misterioso; anche noi, quando vogliamo fare del bene, chiudiamo la porta, e "non sappia la sinistra quel che fa la destra" (Mt 6, 3). Inoltre osserviamo: l'olio non si ferma, finché ci sono vasi da riempire; altrettanto la nostra misericordia verso il prossimo dev'essere proporzionata alla misura dei nostri mezzi d'azione; Dio li conosce, e non vuole che rimaniamo al di qua di quel che possiamo fare. Siamo larghi in questo santo tempo, e proponiamo d'esserlo sempre. Se poi non abbiamo risorse materiali, siamo almeno misericordiosi nei desideri, con le istanze presso gli uomini e le preghiere presso Dio.

 

VANGELO (Mt 18,15-32). - In quel tempo: Gesù disse ai suoi discepoli: Se tuo fratello ha peccato contro di te, va' e correggilo fra te e lui solo; se t'ascolta, hai guadagnato il tuo fratello. E se non t'ascolta, prendi con te uno o due, affinché per bocca di due o tre testimoni si stabilisca ogni cosa. E se non ne fa caso, fallo sapere alla Chiesa; se poi non ascolta nemmeno la Chiesa, consideralo come un gentile e un pubblicano. In verità vi dico: Qualunque cosa legherete sulla terra, sarà legata anche nel cielo; e qualunque cosa scioglierete sulla terra sarà sciolta anche nel cielo. Ancora vi dico: Se due di voi s'accorderanno sulla terra a domandare qualsiasi cosa, sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Perché dove sono due o tre radunati in nome mio ci sono io in mezzo a loro. Allora Pietro, accostatesi a lui, disse: Signore, fino a quante volte, se il mio fratello pecca contro di me, gli dovrò perdonare? Fino a sette? Gesù gli rispose: Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

 

Il perdono delle ingiurie.

La misericordia che il Signore vuole risplenda in noi, non consiste solamente nel profondere l'elemosina corporale e spirituale agli infelici, ma abbraccia anche il perdono e la dimenticanza delle offese. È qui che Dio vuol provare la sincerità della nostra conversione. "Sarà a voi rimisurata con la stessa misura con la quale avrete misurato" (Lc 6,38). Se perdoneremo di cuore ai nostri nemici, anche il Padre celeste ci perdonerà senza restrizione. In questi giorni di riconciliazione, sforziamoci di guadagnare i nostri fratelli, come dice il Signore, e perdoniamo, anche se occorresse farlo settanta volte sette. I nostri litigi d'una volta, lungo il cammino dell'eternità, non devono impedirci di raggiungere la mèta del viaggio. Perdoniamo dunque i torti e le ingiurie, imitando la stessa condotta che Dio usa a nostro riguardo.

 

Il Sacramento della Penitenza.

Inoltre ci devono rimanere impresse le parole del Vangelo, che sono il fondamento della nostra speranza e devono risuonare nell'intimo dei nostri cuori riconoscenti: Qualunque cosa scioglierete sulla terra sarà sciolta anche nel cielo. Quale immenso numero di peccatori sta per fare l'esperienza di questa promessa! Confessando i loro peccati, essi offriranno a Dio l'ossequio d'un cuore contrito ed umiliato; e nell'istante che il Sacerdote li assolverà sulla terra, la mano di Dio, in cielo, li scioglierà dai lacci che li tenevano incatenati agli eterni supplizi.

Finalmente non dimentichiamo l'altra parola legata alla precedente: Se qualcuno non ascolta la Chiesa, consideralo come un gentile e un pubblicano. Qual è dunque la Chiesa di cui si parla, se non gli uomini ai quali Gesù Cristo disse: Chi ascolta voi ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me? Sono uomini dalla cui bocca arriva alle orecchie del Cristiano la verità che sola può salvare. Uomini che soltanto loro hanno il potere sulla terra di riconciliare il peccatore con Dio, chiudergli le porte dell'inferno ed aprirgli quelle del cielo. Dunque ci meraviglieremo se il Salvatore, che li volle costituire mediatori fra lui e gli uomini, minaccia di considerare come un pagano, o uno senza battesimo, chi non riconosce la loro autorità? Non c'è verità rivelata, fuori del loro insegnamento; nessuna salvezza, all'infuori dei Sacramenti ch'essi amministrano ; nessuna speranza in Gesù Cristo, se non nella sottomissione alle leggi spirituali ch'essi prescrivono.

 

PREGHIAMO

Difendici, o Signore, con la tua protezione e preservaci sempre da ogni iniquità.

 http://www.unavoce-ve.it/gueranger.htm#QUAR


AMDG et DVM 

venerdì 18 marzo 2022

Le nozze di Maria santissima col santo e castissimo Giuseppe.

 


CAPITOLO 22

 

Si celebrano le nozze di Maria santissima col santo e castissimo Giuseppe.

 

752. Nel giorno in cui la nostra principessa Maria compiva quattordici anni, si radunarono gli uomini della tribù di Giuda e della stirpe di Davide, da cui discendeva la celeste Signora, i quali si trovavano allora in Gerusalemme. Fra gli altri fu chiamato Giuseppe nativo di Nazaret, che soggiornava nella stessa città santa, perché era uno di quelli della stirpe regale di Davide. Aveva trentatré anni, una bella figura e un aspetto attraente, ma di incomparabile modestia e serietà; dotato di santissime inclinazioni, era soprattutto castissimo nelle opere e nei pensieri e, fin dal dodicesimo anno d'età, aveva fatto voto di castità. Era parente della vergine Maria; in terzo grado, e di vita purissima, santa ed irreprensibile agli occhi di Dio e degli uomini.

753. Dopo essersi riuniti nel tempio, quegli uomini non sposati pregarono il Signore insieme con i sacerdoti, perché tutti fossero guidati dal suo divino Spirito in ciò che dovevano fare. A quel punto, l'Altissimo ispirò al cuore del sommo sacerdote di far si che a ciascuno dei giovani ivi raccolti si ponesse una verga secca nelle mani e che tutti poi domandassero con viva fede a sua Maestà di rivelare con tale mezzo chi aveva scelto come sposo di Maria. Siccome il buon odore della virtù ed onestà di questa vergine, nonché la fama della sua bellezza, dei suoi beni e della sua condizione sociale, come pure il fatto che fosse la figlia primogenita e unica nella sua casa, era già manifesto a tutti, ciascuno ambiva la buona sorte di averla come sposa. Solo l'umile e rettissimo Giuseppe, tra i presenti, si reputava indegno di un bene così grande; ricordandosi del voto di castità che egli aveva fatto e riproponendosene in cuor suo la perpetua osservanza, si rassegnò alla divina volontà, rimettendosi a ciò che volesse disporre di lui, nutrendo tuttavia venerazione e stima per l'onestissima giovane vergine Maria più di chiunque altro.

754. Mentre facevano questa orazione, tutti quelli là radunati videro fiorire solo la verga in mano a Giuseppe. Nello stesso tempo, una colomba candidissima, scendendo dall'alto circonfusa di ammirabile splendore, si posò sopra il capo del santo. Contemporaneamente Dio gli parlò nell'intimo con queste parole: «Giuseppe, servo mio, Maria sarà la tua sposa: accettala con attenzione e rispetto, perché ella è gradita ai miei occhi, giusta e purissima d'anima e di corpo, e tu farai tutto quello che ti dirà». Essendosi il cielo dichiarato con quel segno, i sacerdoti diedero alla vergine Maria san Giuseppe, come sposo eletto da Dio. Chiamandola per celebrare le nozze, la prescelta uscì fuori come il sole, più bella della luna. Alla presenza di tutti, il suo aspetto apparve superiore a quello di un angelo, di incomparabile bellezza, onestà e grazia, e i sacerdoti la sposarono con il più casto e santo degli uomini, Giuseppe.

755. La divina Principessa, più pura delle stelle del firmamento, in lacrime e seria come una regina, con umiltà ma anche con maestà - poiché Maria riuniva in sé tutte queste perfezioni - prese congedo dai sacerdoti, domandando loro la benedizione, come anche alla maestra, e perdono alle compagne, ringraziando tutti per i benefici ricevuti da loro nel tempio. Fece tutto ciò con la più profonda umiltà, misurando con molta prudenza le parole, perché in tutte le occasioni parlava poco e con molta sapienza. Si allontanò così dal tempio, non senza grande dispiacere di lasciarlo contro la propria intenzione e il proprio desiderio. In compagnia di alcuni dei ministri che tervivano nel tempio nelle cose temporali - laici dei più autorevoli - col suo sposo Giuseppe si avviò a Nazaret città ale della felicissima coppia. Sebbene san Giuseppe fosse nato in quel luogo, seguendo quanto l'Altissimo aveva disposto per mezzo di alcune vicende, era andato a vivere qualche tempo a Gerusalemme, per migliorare la sua condizione come infatti avvenne, divenendo sposo di colei che era stata scelta da Dio stesso per essere sua madre.

756. Arrivati a Nazaret, dove la Principessa del cielo aveva i suoi beni e le case dei suoi fortunati genitori, furono ricevuti e visitati da tutti gli amici e i parenti con grida di giubilo e applausi, come si usa fare in tali occasioni. Avendo santamente adempito all'obbligo naturale dei contatti e delle relazioni, i due santissimi sposi Giuseppe e Maria, liberi da impegni, restarono a casa loro. Secondo l'usanza introdotta fra gli Ebrei, nei primi giorni del matrimonio era previsto che gli sposi si prendessero un po di tempo per verificare, nella convivenza, le abitudini e l'indole di entrambi, in modo da potersi conformare meglio l'uno all'altra.

757. In tali giorni il santo Giuseppe disse alla sua sposa Maria: «Sposa e signora mia, io rendo grazie all'altissimo Dio per il favore di avermi destinato senza merito ad essere vostro sposo, mentre mi giudicavo indegno della vostra compagnia; ma sua Maestà, che quando vuole può sollevare il povero, mi ha usato questa misericordia. Quindi io desidero che voi mi aiutiate, come spero dalla vostra discrezione e virtù, a dargli il contraccambio che gli devo, servendolo con rettitudine di cuore. A tal fine mi riterrete vostro servo, e col vero affetto con cui vi stimo, vi chiedo che vogliate supplire a molta parte del capitale e di altre doti che mi mancano, le quali mi sarebbero utili per essere vostro sposo; ditemi, signora, qual è la vostra volontà perché io l'adempia».

758. La divina sposa ascoltò questo discorso con cuore umile ed affabile severità nel volto, e rispose al santo: «Signor mio, io sono lieta che l'Altissimo, per mettermi in questa condizione, si sia degnato di assegnarmi voi per sposo e signore, e che il servire voi mi sia stato confermato dalla manifestazione della sua divina volontà. Però, se me lo permettete, vi dirò le intenzioni e i pensieri, che a tal fine desidero comunicarvi». L'Altissimo intanto disponeva con la sua grazia il cuore retto e sincero di san Giuseppe e, per mezzo delle parole di Maria santissima, lo infiammò di nuovo di divino amore. Egli così le rispose: «Parlate, signora, il vostro servo vi ascolta». In questa occasione la Signora del mondo era assistita dai mille angeli della sua custodia in forma visibile, come aveva loro richiesto. Ciò era dovuto al fatto che l'Altissimo, affinché la purissima vergine operasse in tutto con maggior grazia e merito, permise che ella sentisse il rispetto e la considerazione con cui doveva parlare al suo sposo, pur lasciandola nella sua naturale ritrosia ed esitazione che sempre aveva avuto a parlare con gli uomini da sola, cosa che fino allora non aveva mai fatto, se non casualmente qualche volta col sommo sacerdote.

759. Gli angeli santi ubbidirono alla loro Regina e l'assistettero, manifestandosi solo alla sua vista. In loro compagnia parlò al suo sposo san Giuseppe, dicendo: «Signore e sposo mio, è giusto che diamo lode e gloria con ogni devozione al nostro Dio e creatore, infinito nella sua bontà e incomprensibile nei suoi giudizi, che con noi poveri ha manifestato la sua grandezza e misericordia, scegliendoci per essere al suo servizio. Io mi considero, fra tutte, la creatura più debitrice a sua Altezza e, anzi, lo sono più di tutte insieme, perché, meritando meno, ho ricevuto dalla sua liberalissima mano più di loro. Nella mia tenera età, costretta dalla forza di questa verità che la luce divina mi comunicò rivelandomi il disinganno di tutto il visibile, mi consacrai a Dio con voto perpetuo d'essere casta nell'anima e nel corpo. Sono sua, e lo riconosco mio sposo e Signore, con volontà immutabile di mantenere la mia promessa di castità. Per adempiere ciò, signor mio, desidero che mi aiutiate, perché nel resto io sarò vostra serva fedele, ed avrò cura della vostra vita quanto durerà la mia. Accettate, signore e sposo mio, questa santa determinazione e confermatela con la vostra, perché come offerta gradita al nostro Dio eterno, egli ci riceva entrambi quale sacrificio di soave odore, e ci conceda di giungere insieme ai beni eterni che speriamo».

760. Il castissimo sposo Giuseppe, pieno d'intimo giubilo per le parole della sua divina sposa, le rispose: «Signora mia, dichiarandomi i vostri pensieri e casti propositi, avete aperto e sollevato il mio cuore, che io non volli manifestarvi prima di conoscere il vostro. Anch'io mi considero, fra gli uomini, debitore al Signore più di tutte le altre creature, perché da molto tempo mi ha chiamato con la sua vera luce, affinché l'amassi con rettitudine di cuore. Voglio, signora, che sappiate che a dodici anni anch'io ho fatto promessa di servire l'Altissimo in castità perpetua. Così ora torno a confermare il medesimo voto, per non invalidare il vostro; anzi, alla presenza di sua Altezza, vi prometto di aiutarvi, per quanto dipende da me, perché in tutta purezza lo serviate e lo amiate secondo il vostro desiderio. Io sarò, con il concorso della grazia, vostro fedelissimo servo e compagno, e vi supplico che accettiate il mio casto affetto e mi riteniate vostro fratello, senza mai dar luogo ad altro lecito amore, fuorché quello che dovete a Dio e poi a me». In questo colloquio l'Altissimo riconfermò nel cuore di san Giuseppe la virtù della castità e l'amore santo e puro che doveva alla sua santissima sposa Maria. Così il santo gliene portava in grado eminentissimo, e la stessa Signora con il suo prudentissimo conversare glielo aumentava dolcemente, elevandogli il cuore.

761. Con la virtù divina con cui il braccio dell'Onnipotente operava nei due santissimi e castissimi sposi, sentirono entrambi incomparabile giubilo e consolazione. La divina Principessa offrì a san Giuseppe di corrispondere al suo desiderio, come colei che era signora delle virtù e, senza difficoltà, praticava in tutto ciò che esse hanno di più sublime ed eccellente. Inoltre l'Altissimo diede a san Giuseppe rinnovata castità e padronanza sulla natura e sulle sue passioni, perché, senza ribellione né istigazione ma con ammirabile e nuova grazia, servisse la sua sposa Maria e, in lei, la volontà e il beneplacito del Signore. Subito distribuirono i beni ereditati da san Gioacchino e da sant'Anna, genitori della santissima Signora. Ella ne offrì una parte al tempio dove era stata, l'altra la distribuì ai poveri e la terza l'assegnò al santo sposo Giuseppe, perché l'amministrasse. Per sé la nostra Regina si riservò solo la cura di servirlo e di lavorare in casa, perché, quanto agli scambi con l'esterno e alla gestione dei beni, degli acquisti o delle vendite, la vergine prudentissima se ne esentò sempre.

762. Nei suoi primi anni, san Giuseppe aveva appreso il mestiere di falegname, come il più onesto e adatto per guadagnarsi da vivere, essendo povero di beni di fortuna. Perciò domandò alla sua santissima sposa se aveva piacere che egli esercitasse quel mestiere per servirla e per guadagnare qualcosa per i poveri, poiché era necessario lavorare senza vivere nell'ozio. La Vergine prudentissima diede a san Giuseppe la sua approvazione, avvertendolo che il Signore non li voleva ricchi, bensì poveri e amanti dei poveri, e che fossero loro rifugio fin dove il loro capitale lo permettesse. Fra i due santi sposi nacque presto una santa contesa, riguardo a chi dei due dovesse prestare ubbidienza all'altro come a superiore. Ma Maria santissima, che fra gli umili era umilissima, vinse in umiltà, né consenù che, essendo l'uomo il capo, si pervertisse l'ordine della natura. Così volle ubbidire in tutto al suo sposo Giuseppe, chiedendogli solamente il consenso per fare l'elemosina ai poveri del Signore; e il santo le diede il permesso di farla.

763. In questi giorni il santo Giuseppe, riconoscendo con nuova luce del cielo le doti della sua sposa Maria, la sua rara prudenza, umiltà, purezza e tutte le sue virtù superiori ad ogni suo pensare ed immaginare, ne restò nuovamente stupito e, con gran giubilo del suo spirito, non cessava con ardenti affetti di lodare il Signore, rendendo-gli ancor più grazie per avergli data tale compagnia e tale sposa superiore ad ogni suo merito. Perché poi quest'opera risultasse in tutto perfettissima, l'Altissimo fece si che la Principessa del cielo infondesse con la sua presenza, nel cuore del suo sposo, un timore ed un rispetto così grande che non è assolutamente possibile spiegare a parole. A provocare ciò in Giuseppe era un certo splendore, come raggi di luce divina, che emanava dal volto della nostra Regina, dal quale traspariva anche una maestà ineffabile che sempre la accompagnava. Le succedeva infatti come a Mosè quando scese dal monte, ma con tanta maggiore intensità, perché si intratteneva con Dio più a lungo e più intimamente.

764. Subito Maria santissima ebbe una visione divina dal Signore, in cui sua Maestà le disse: «Sposa mia dilettissima ed eletta, vedi come io sono fedele nelle mie parole con quelli che mi amano e mi temono. Corrispondi dunque ora alla mia fedeltà, osservando la legge come mia sposa, in santità, purezza e in tutta perfezione. In ciò ti aiuterà la compagnia del mio servo Giuseppe che io ti ho dato. Ubbidisci a lui come devi ed attendi alla sua consolazione, perché tale è la mia volontà». Maria santissima rispose: «Altissimo Signore, io vi lodo e magnifico per i vostri ammirabili consigli e per la vostra provvidenza verso di me, indegna e povera creatura. Il mio desiderio è di ubbidirvi e compiacervi come vostra serva più debitrice a voi di ogni altra creatura. Concedetemi dunque, Signor mio, il vostro favore divino, perché in tutto mi assista e mi governi secondo il vostro maggior compiacimento, affinché, come vostra serva, attenda anche agli obblighi dello stato in cui mi ponete, senza mai vagare fuori dai vostri ordini e dal vostro volere. Datemi la vostra approvazione e benedizione; con essa riuscirò a ubbidire al vostro servo Giuseppe e a servirlo come mi comandate voi, mio creatore e mio Signore».

765. Su questi divini appoggi si fondò la casa e il matrimonio di Maria santissima e di Giuseppe. Dall'8 settembre, data delle nozze, fino al 25 marzo dell'anno seguente, giorno in cui avvenne l'incarnazione del Verbo, i due santi sposi vissero nel modo in cui l'Altissimo li andava rispettivamente predisponendo all'opera per cui li aveva scelti. La divina Signora ordinò poi gli oggetti personali e quelli della sua casa come dirò nei capitoli seguenti.

766. A questo punto però, non posso còntenere oltre il mio affetto senza congratularmi per la fortuna del più felice degli uomini, san Giuseppe. Da dove vi è venuta, o uomo di Dio, tanta beatitudine e tale buona sorte che ha fatto sì che solo di voi, tra i figli di Adamo, si potesse dire che Dio stesso fosse vostro e così solamente vostro da essere ritenuto vostro unico figlio? L'eterno Padre vi dona sua figlia; il divin Figlio vi dona la sua vera Madre e lo Spirito Santo vi consegna e vi affida la sua sposa, ponendovi in sua vece. In tal modo tutta la santissima Trinità vi concede e vi dà in custodia per vostra legittima consorte la sua diletta, unica e fulgida come il sole. Conoscete voi, mio santo, la vostra dignità ed eccellenza? Comprendete che la vostra sposa è la Regina e signora del cielo e della terra, e voi siete depositario dei tesori inestimabili di Dio? Considerate, o uomo divino, il vostro impegno e sappiate che, se gli angeli e i serafini non sono invidiosi, sono però meravigliati ed estatici per la vostra sorte e per il mistero racchiuso nel vostro matrimonio. Ricevete dunque le congratulazioni per tanta felicità in nome di tutto il genere umano. In un certo senso, voi siete l'archivio contenente il registro delle divine misericordie, signore e sposo di colei di cui solo Dio è maggiore, per cui vi ritroverete, fra gli uomini e fra gli stessi ricco e nella prosperità. Ricordatevi però della nostra povertà e miseria, e di me, il più vile verme della terra, che desidero essere vostra fedele devota, beneficata e favorita dalla vostra potente intercessione.

 

Insegnamento della Regina del cielo

 

767. Figlia mia, dalla mia esemplare condotta nello stato del matrimonio in cui l'Altissimo mi pose, tu vedi condannati i pretesti che adducono, non essendo perfette, le anime che condividono tale condizione nel mondo. Niente è impossibile a Dio, né a chi con viva fede spera in lui e si rimette in tutto alla sua divina disposizione. Io vivevo in casa del mio sposo con la stessa perfezione con cui servivo nel tempio, perché cambiando stato non mutai l'affetto, né il desiderio e la premura di amare e servire Dio, ma anzi l'aumentai, perché niente mi trattenesse dai miei obblighi di sposa. Fu per questo che ebbi maggiore assistenza dal favore divino che, con la sua mano onnipotente, dispose ed aggiustò tutte le cose in sintonia con i miei desideri. Altrettanto farebbe il Signore con tutte le creature, se da parte loro corrispondessero adeguatamente. Esse invece incolpano lo stato del matrimonio ingannando così se stesse, perché l'impedimento a non essere perfette e sante non è dato dallo stato, ma dai pensieri e dalla sollecitudine vana ed eccessiva a cui si abbandonano, non cercando di piacere al Signore, ma preferendo il loro compiacimento.

768. Se nel mondo non vi è scusa per sottrarsi al dovere di attendere alla perfezione delle virtù, meno ve ne sarà nello stato religioso per gli uffici e i servizi che in esso si svolgono. Non ti pensare mai ostacolata dal tuo ufficio di superiora, perché Dio ti ha posto in tale stato per mezzo dell'obbedienza e non devi mai diffidare della sua assistenza e della sua protezione. Infatti quel giorno egli si fece carico di darti forze ed aiuti, perché tu potessi attendere nello stesso tempo all'obbligo di superiora e a quello particolare della perfezione con cui devi amare il tuo Dio e Signore. Fa' in modo dunque di vincolarlo col sacrificio della tua volontà, umiliandoti con pazienza in tutto ciò che ordina la sua divina Provvidenza. Se non glielo impedirai, io ti assicuro la sua protezione e che, per esperienza, conoscerai sempre la potenza del suo braccio nel guidarti e nel dirigere perfettamente tutte le tue azioni.

https://rosarioonline.altervista.org/libri/la%20mistica%20citta%20di%20Dio/index.php?dn=2-22


AMDG et DVM

MESSA DEL CORPO MISTICO

 


MESSA DEL CORPO MISTICO 

La celebrazione della S. Messa non è un rito privato o una devozione privata, ma è una cerimonia di tutta la Chiesa, compiuta da tutta la Chiesa, a beneficio di tutta la Chiesa, anche se ciò avviene mediante alcuni suoi ministri. 

Gesù, come in ogni Sacramento, nell'Eucaristia non viene mai a contatto solo con il singolo individuo, ma con tutta la Chiesa; così l'individuo che riceve l'Eucaristia, non viene a contatto soltanto con Cristo, ma anche con tutta la Sua Chiesa. Questo perché Gesù offre al Padre non soltanto Se stesso, ma anche la sua Chiesa, cioè tutto Se stesso: Lui e la Sua Chiesa, Lui e noi, Lui e tutta l'umanità. 

La ragione profonda, dogmatica di questa doppia offerta (Gesù - Chiesa) è che la Chiesa è in Gesù "un'unica persona mistica". Ad ogni istante Gesù s'immola e si offre al Padre, la Chiesa con Lui, purificata, santificata, divenuta "conmateria del Sacrificio". 

Pur avendo soddisfatto per ogni singolo uomo, Gesù presentò al Padre la Sua soddisfazione per la redenzione dell'umanità. I singoli uomini sono stati redenti, salvati da Cristo, come parte di un solo organismo. Quindi non ci si deve sentire salvati solo personalmente, ma salvati nell'insieme, come una cosa sola. 

Anche se un solo fedele assiste alla S. Messa, in lui vi è tutta la parrocchia, tutta la Chiesa, tutta l'umanità. Di conseguenza, non ci si deve sentire soli nella Messa, non si deve guardare soltanto in alto, ma anche attorno. Unirsi ai fratelli presenti e assenti per essere accolti insieme dal Padre comune. 

Unirsi ai fratelli anche con spirito di sostituzione e di supplenza per presentarli con noi al Padre. Si deve cooperare con Cristo, affinché possa offrire al Padre tutto il Suo corpo che siamo noi, che sono tutti gli uomini. Non privarlo dell'intima consolazione di presentare al Padre un'offerta completa. 

Proprio per attirare tutti gli uomini a Sé, Egli rinnova in ogni luogo e in ogni tempo il Suo sacrificio eucaristico. Corrispondiamo a questo amore, a questa attesa di Gesù. 

Sappiamo vedere sull'altare non soltanto il Suo Corpo naturale - immolato e glorioso -, ma anche il Suo Corpo Mistico e cerchiamo di renderlo completo, perfetto il più possibile, portando in noi tanti 4 fratelli: familiari, parenti, conoscenti..., coloro che soffrono, che fanno soffrire..., coloro che svolgono i lavori domestici..., coloro che si trovano negli uffici, nelle fabbriche..., coloro che fanno del male..., coloro che stanno morendo... 

Sentiamoli tutti in noi, per celebrare insieme la Messa, per presentarci insieme al Padre, per cibarci insieme del Corpo di Cristo, per far circolare in noi e fra noi il medesimo amore di Cristo. Ricordiamo che Gesù non potrà offrirsi totalmente al Padre finché c'è un solo membro del Suo Corpo che rifiuta di offrirsi con Lui. 


LA MIA PARTECIPAZIONE 

La Messa, mistero della fede, riattualizza l'atto salvifico dell'amore di Cristo. Mistero d'amore, così poco conosciuto, per cui tanto trascurato. Siamo chiamati a riparare anche questa ignoranza sulla Messa con una partecipazione attiva e con una testimonianza sincera. Potrebbe esserci di aiuto la seguente riflessione. 

1 - Unirsi a Cristo Ogni Messa rende presente la suprema offerta che Cristo fa di Sé stesso al Padre. Però sull'altare non è più solo, non è più il Cristo del Cenacolo e del Calvario, bensì è il Cristo Risorto, il Capo del Corpo Mistico, che richiede la presenza di tutti i suoi membri. 

Il pane che il celebrante depone sulla patena, il vino che versa nel calice, non è solo preparazione all'offerta di Cristo, ma è anche un invito ai fedeli di rendersi presenti in quel pane e in quel vino. E noi ci rendiamo presenti in essi nella misura in cui vi inseriamo la nostra vita, la vita delle persone care, la vita della Chiesa, della società, del mondo intero. 

Comprendiamo l'importanza di questo atto, se vogliamo partecipare alla Messa e non rimanere semplici spettatori. 


2 - Immolarsi con Cristo Nel momento culminante della Messa in cui il Celebrante pronuncia le parole della consacrazione, ricordiamoci che in quel pane, in quel vino ci siamo anche noi. Come il pane e il vino si lasciano trasformare nel Corpo e nel Sangue di Cristo, riattualizzando la sua immolazione, così anche noi dobbiamo permettere allo Spirito Santo di agire su ognuno di noi, se vogliamo partecipare all'immolazione di Cristo. 

L'immolazione di Cristo consiste essenzialmente nel fare la volontà del Padre, una volontà salvifica che L'ha condotto alla morte in croce e che Lo conduce continuamente a riattualizzare la sua passione e morte su ogni altare. Per cui anche noi dobbiamo prendere questa nostra volontà e deporla sull'altare, perché illuminata, trasformata, fortificata dallo Spirito Santo, possiamo con libertà accettare la situazione in cui ci troviamo a dire con sincerità: "Padre, sia fatta la tua volontà". 


3 - Donarsi con Cristo Uniti a Cristo, immolati con Cristo, dobbiamo donarci come Lui si dona. Lui si lascia mangiare, anche noi dobbiamo lasciarci mangiare, divenire con Lui un pane offerto, spezzato, mangiato. Potrebbero sembrare delle belle frasi, ma lontane della realtà; eppure esprimono una verità. Soltanto non ce ne rendiamo conto. 

Infatti, nel momento della Consacrazione, nelle parole di Gesù: "Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo... Prendete e bevete questo è il mio Sangue... ", vi è anche la parola di ognuno di noi, membri del suo Corpo Mistico. 5 In Gesù diciamo vicendevolmente: "Prendete e mangiate questo è il mio corpo..., prendete e bevete, questo è il mio sangue". Una donazione dell'uno all'altro che abbraccia tutta la vastissima gamma della carità


giovedì 17 marzo 2022

O Maria, tu sei tutta bella

O Maria, tu sei tutta bella 

<< O Regina degli Angeli, come il cielo vi ha fatta bella, perfetta! Voi siete così bella, così piena di grazia che le vostre attrattive divine rapiscono tutti i cuori. Quando vi si contempla tutto sembra brutto e deforme, ogni beltà si eclissa, ogni grazia scompare, come scompariscono le stelle all’apparire del sole. Bellezza della natura, fiore e perla di tutte le creature, incanto, ornamento di tutta la creazione, immagine e specchio di Dio, voi avete la bocca di Sara, il cui sorriso rallegra il cielo e la terra;  il dolce e tenero sguardo della feconda Lia, col quale voi ferite il Cuore di Dio; lo splendore del viso della bella Rachele, che eclissa i raggi del sole; le grazie e gli incanti della discreta Abigail, coi quali calmate la collera di Dio corrucciato dai nostri peccati; la vivacità e la forza della valorosa Giuditta,  che vi fanno trionfare dei cuori più ostinati.

     Augusta Sovrana, dall’oceano immenso della vostra bellezza sgorgano i fiumi di bellezza e di grazia per tutte le creature. E’ imitando l’oro dei vostri bei capelli, i cui riccioli scendono con ammirevole  negligenza sul vostro collo e sulle vostre spalle d’avorio, che il mare ha imparato a iridare così splendidamente i suoi flutti e far brillare il cristallo delle sue onde. L’inalterabile serenità della vostra fronte, la calma e la pace che regnano sul vostro viso, hanno insegnato alle nostre trasparenti fontane a restare ferme e tranquille nelle loro vasche profonde. Per brillare con più luce le sue linee radiose, per sfumare i suoi vari colori, per arcuarsi con più grazia, l’arcobaleno s’è sforzato di imitare il profilo elegante della vostra persona.

     La brillante stella del mattino e quella della sera sono scintille dei vostri occhi. Il giglio d’argento e la rosa porporina  hanno rubato i colori delle vostre guance. La porpora e il corallo sospirano gelosi l’incarnato delle vostre labbra. Il latte più dolce, il miele più squisito stillano dalla vostra bocca. L’odorante gelsomino e la profumata rosa di Damasco hanno preso i loro dolci colori dal vostro fiato. In una parola, o mia Regina, ogni bellezza creata è l’ombra e l’immagine della vostra beltà. Il cielo e la terra si mettono ai vostri piedi: sono così piccoli e voi così grande, che voi li arricchite toccandoli. La stella d’argento si stima felice di servirti da marciapiede e il raggio di sole diviene più abbagliante quando Vi avvolge nei suoi raggi come un mantello.

   O Bel cielo, cielo puro e sereno, che avete chiuso l’immensità  di Colui, che l’universo adora senza poterLo contenere! O begli occhi che rapiscono i cuori! O labbra porporine che fan schiave le anime!  O mani piene di fiori e di grazie!  O  Maria, creatura Divina dall’Eternità  io adoro Te, Figlia diletta del Padre, Madre diletta del Figlio, Sposa diletta dello Spirito Santo:  Grazie per esserci Madre e Mamma sì amabile e ammirabile, Vergine fedele e Perfetta,  Corredentrice e Regina del Mondo e dell’Universo:  “Nostra Signora di Guadalupe”:  radunaci Tutti, Figli e Figlie, sotto il Tuo Manto di Stelle.>>  (da un antico libro di devozione)uando vi si contemplaQQ




 

mercoledì 16 marzo 2022

CON GLI ANGELI E I SANTI

 


CON GLI ANGELI E I SANTI 

Nella celebrazione della S. Messa si riattualizza il sacrificio che Gesù ha compiuto sul Calvario e reso perenne in Cielo. Non sono due liturgie che si svolgono in due luoghi distinti, ma Cielo e terra si uniscono in una sola identica liturgia. 

Per cui ad ogni Messa: 
- è presente il Padre per donarci il Figlio e riaverlo immolato e offerto da noi; 
- è presente il Figlio per offrirsi al Padre con noi e per noi; 
- è presente lo Spirito Santo per trasformare il pane e il vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo; 
- sono presenti gli angeli e i santi, riuniti e adoranti attorno al trono di Dio; 
- sono presenti le anime del Purgatorio, avide di essere purificate per essere ammesse alla presenza del Padre. 
Sappiamo entrare in questa liturgia, e sentirci in compagnia degli angeli e dei santi. La Chiesa "terrestre", già fin dall'inizio di ogni Messa, ci viene in aiuto facendoci vedere, nella recita del "Confiteor", circondati dalla Vergine Maria, dagli angeli e dai santi, e ci invita a supplicarli per una intercessione di purificazione. Introdotti in questa celestiale compagnia, avanziamo nella celebrazione eucaristica, sentendola più vicina, più intima in certi momenti particolari. 

Quando si avvicina il momento solenne del Sacrificio, rendiamocene più consapevoli per associarci al coro degli angeli e cantare anche noi il loro inno di lode: Santo, santo, santo...  

Durante la Consacrazione, prostriamoci con tutta la corte celeste davanti all'Agnello immolato, con sentimenti di stupore, di ammirazione, di adorazione, di gratitudine... 

Quando alcuni angeli e santi, come rappresentanti di tutta la schiera dei beati, vengono chiamati per nome, affidiamoci alla loro intercessione. 

Nella recita del "Padre nostro", prendiamoli come nostri modelli nel lodare il nome del Signore, nell'instaurare il regno di Dio, nel compiere la sua volontà: "Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra". 

Nell'atto di offerta, che il celebrante compie innalzando il Corpo e il Sangue di Cristo, uniamo la nostra voce a quella di miriadi di angeli per ripetere con loro: "A Colui che siede sul trono e all'Agnello lode, onore e gloria nei secoli dei secoli" (Ap. 5,12). 

Nel fare la Comunione vediamoli meravigliati, stupiti, per la condiscendenza del loro Signore verso noi, povere creature. Una Messa così partecipata e vissuta ci dà il vero senso della vita, facendoci vivere fin da questa vita con i beati del Cielo, trasformando il nostro vivere umano in un vivere divino. 


***

LA MESSA INVISIBILE

La Chiesa, anche se ha tre diverse collocazioni, anche se ha tre diversi gradi di formazione - militante, purgante, trionfante - è sempre una sola, quella che è nata con Cristo, quella che è sempre con Cristo.

Ha il suo punto di convergenza nella celebrazione della Messa, che costituisce la gioia dei beati del Cielo, il tesoro dei fedeli in terra, la speranza delle anime del Purgatorio.

Partecipare alla Messa è mettersi al centro di questi due mondi: quello celeste e quello terrestre, quello angelico e quello umano, dove Cristo è altare, vittima e sacerdote.

In Cielo la liturgia si svolge intorno al mistico Agnello dell'Apocalisse, immolato per la nostra salvezza, sempre in atto di intercedere per noi presso il Padre (Ebr. 7,25).

La nostra Messa non è un riflesso di questa liturgia celeste, ma è addirittura la stessa liturgia del Cielo portata in terra.

Ora, se la Messa è un tutt'uno con l'offerta che Gesù fa di sé in Cielo, si deve ammettere che essa viene celebrata alla presenza di tutta la corte celeste.


La Chiesa, "pellegrina sulla terra", non invita gli angeli e i santi a scendere in terra, ma ordina ai fedeli di salire nel mondo angelico: "Sursum corda! In alto i nostri cuori!" E il punto di congiungimento avviene nella recita, nel canto del "Sanctus". 

"Per questo mistero di salvezza il cielo e la terra si uniscono in un cantico nuovo di adorazione e di lode, e noi con tutti gli angeli del Cielo proclamiamo senza fine la tua gloria: Santo, santo santo... " (Pref. della SS. Eucaristia). 

Vengono superate le barriere del tempo e dello spazio; terra e cielo si congiungono; corte celeste e povera umanità si uniscono; Chiesa trionfante e Chiesa militante si fondono, per assistere e partecipare all'offerta perenne che Gesù, l'Agnello immolato, fa di sé stesso per mezzo dello Spirito Santo al Padre, a beneficio di tutta la creazione. 

"Perciò quando celebriamo il sacrificio eucaristico ci uniamo in sommo grado al culto della Chiesa celeste, comunicando con essa e venerando la memoria soprattutto della gloriosa sempre vergine Maria, ma anche del beato Giuseppe e dei beati apostoli e martiri e di tutti i santi... " (Lumen Gentium, 50). 

Quindi cielo e terra formano una cosa sola, per cui quando si celebra la Messa noi siamo già in Cielo davanti al trono della Maestà divina, concittadini degli angeli e dei santi, e familiari di Dio. "Voi vi siete accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all'adunanza festosa e all'assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti..., al Mediatore della Nuova Alleanza... " (Ebr, 12,22-24). 

Allora "rifletti con chi ti trovi accanto e con chi stai per invocare Dio: con i Cherubini. Immaginati in quali cori stai per entrare. Che nessuno si unisca con negligenza a questi inni sacri e mistici. Che nessuno conservi un pensiero terreno, ma liberatosi da tutto ciò che è terreno e trasportatosi interamente in Cielo..., canti l'inno santissimo del Dio della gloria e della maestà... " (S. Giovanni Crisostomo).

AMDG et DVM