CAPITOLO 22
Si celebrano le nozze di Maria santissima col santo e castissimo Giuseppe.
752. Nel giorno in cui la nostra principessa Maria compiva quattordici anni, si radunarono gli uomini della tribù di Giuda e della stirpe di Davide, da cui discendeva la celeste Signora, i quali si trovavano allora in Gerusalemme. Fra gli altri fu chiamato Giuseppe nativo di Nazaret, che soggiornava nella stessa città santa, perché era uno di quelli della stirpe regale di Davide. Aveva trentatré anni, una bella figura e un aspetto attraente, ma di incomparabile modestia e serietà; dotato di santissime inclinazioni, era soprattutto castissimo nelle opere e nei pensieri e, fin dal dodicesimo anno d'età, aveva fatto voto di castità. Era parente della vergine Maria; in terzo grado, e di vita purissima, santa ed irreprensibile agli occhi di Dio e degli uomini.
753. Dopo essersi riuniti nel tempio, quegli uomini non sposati pregarono il Signore insieme con i sacerdoti, perché tutti fossero guidati dal suo divino Spirito in ciò che dovevano fare. A quel punto, l'Altissimo ispirò al cuore del sommo sacerdote di far si che a ciascuno dei giovani ivi raccolti si ponesse una verga secca nelle mani e che tutti poi domandassero con viva fede a sua Maestà di rivelare con tale mezzo chi aveva scelto come sposo di Maria. Siccome il buon odore della virtù ed onestà di questa vergine, nonché la fama della sua bellezza, dei suoi beni e della sua condizione sociale, come pure il fatto che fosse la figlia primogenita e unica nella sua casa, era già manifesto a tutti, ciascuno ambiva la buona sorte di averla come sposa. Solo l'umile e rettissimo Giuseppe, tra i presenti, si reputava indegno di un bene così grande; ricordandosi del voto di castità che egli aveva fatto e riproponendosene in cuor suo la perpetua osservanza, si rassegnò alla divina volontà, rimettendosi a ciò che volesse disporre di lui, nutrendo tuttavia venerazione e stima per l'onestissima giovane vergine Maria più di chiunque altro.
754. Mentre facevano questa orazione, tutti quelli là radunati videro fiorire solo la verga in mano a Giuseppe. Nello stesso tempo, una colomba candidissima, scendendo dall'alto circonfusa di ammirabile splendore, si posò sopra il capo del santo. Contemporaneamente Dio gli parlò nell'intimo con queste parole: «Giuseppe, servo mio, Maria sarà la tua sposa: accettala con attenzione e rispetto, perché ella è gradita ai miei occhi, giusta e purissima d'anima e di corpo, e tu farai tutto quello che ti dirà». Essendosi il cielo dichiarato con quel segno, i sacerdoti diedero alla vergine Maria san Giuseppe, come sposo eletto da Dio. Chiamandola per celebrare le nozze, la prescelta uscì fuori come il sole, più bella della luna. Alla presenza di tutti, il suo aspetto apparve superiore a quello di un angelo, di incomparabile bellezza, onestà e grazia, e i sacerdoti la sposarono con il più casto e santo degli uomini, Giuseppe.
755. La divina Principessa, più pura delle stelle del firmamento, in lacrime e seria come una regina, con umiltà ma anche con maestà - poiché Maria riuniva in sé tutte queste perfezioni - prese congedo dai sacerdoti, domandando loro la benedizione, come anche alla maestra, e perdono alle compagne, ringraziando tutti per i benefici ricevuti da loro nel tempio. Fece tutto ciò con la più profonda umiltà, misurando con molta prudenza le parole, perché in tutte le occasioni parlava poco e con molta sapienza. Si allontanò così dal tempio, non senza grande dispiacere di lasciarlo contro la propria intenzione e il proprio desiderio. In compagnia di alcuni dei ministri che tervivano nel tempio nelle cose temporali - laici dei più autorevoli - col suo sposo Giuseppe si avviò a Nazaret città ale della felicissima coppia. Sebbene san Giuseppe fosse nato in quel luogo, seguendo quanto l'Altissimo aveva disposto per mezzo di alcune vicende, era andato a vivere qualche tempo a Gerusalemme, per migliorare la sua condizione come infatti avvenne, divenendo sposo di colei che era stata scelta da Dio stesso per essere sua madre.
756. Arrivati a Nazaret, dove la Principessa del cielo aveva i suoi beni e le case dei suoi fortunati genitori, furono ricevuti e visitati da tutti gli amici e i parenti con grida di giubilo e applausi, come si usa fare in tali occasioni. Avendo santamente adempito all'obbligo naturale dei contatti e delle relazioni, i due santissimi sposi Giuseppe e Maria, liberi da impegni, restarono a casa loro. Secondo l'usanza introdotta fra gli Ebrei, nei primi giorni del matrimonio era previsto che gli sposi si prendessero un po di tempo per verificare, nella convivenza, le abitudini e l'indole di entrambi, in modo da potersi conformare meglio l'uno all'altra.
757. In tali giorni il santo Giuseppe disse alla sua sposa Maria: «Sposa e signora mia, io rendo grazie all'altissimo Dio per il favore di avermi destinato senza merito ad essere vostro sposo, mentre mi giudicavo indegno della vostra compagnia; ma sua Maestà, che quando vuole può sollevare il povero, mi ha usato questa misericordia. Quindi io desidero che voi mi aiutiate, come spero dalla vostra discrezione e virtù, a dargli il contraccambio che gli devo, servendolo con rettitudine di cuore. A tal fine mi riterrete vostro servo, e col vero affetto con cui vi stimo, vi chiedo che vogliate supplire a molta parte del capitale e di altre doti che mi mancano, le quali mi sarebbero utili per essere vostro sposo; ditemi, signora, qual è la vostra volontà perché io l'adempia».
758. La divina sposa ascoltò questo discorso con cuore umile ed affabile severità nel volto, e rispose al santo: «Signor mio, io sono lieta che l'Altissimo, per mettermi in questa condizione, si sia degnato di assegnarmi voi per sposo e signore, e che il servire voi mi sia stato confermato dalla manifestazione della sua divina volontà. Però, se me lo permettete, vi dirò le intenzioni e i pensieri, che a tal fine desidero comunicarvi». L'Altissimo intanto disponeva con la sua grazia il cuore retto e sincero di san Giuseppe e, per mezzo delle parole di Maria santissima, lo infiammò di nuovo di divino amore. Egli così le rispose: «Parlate, signora, il vostro servo vi ascolta». In questa occasione la Signora del mondo era assistita dai mille angeli della sua custodia in forma visibile, come aveva loro richiesto. Ciò era dovuto al fatto che l'Altissimo, affinché la purissima vergine operasse in tutto con maggior grazia e merito, permise che ella sentisse il rispetto e la considerazione con cui doveva parlare al suo sposo, pur lasciandola nella sua naturale ritrosia ed esitazione che sempre aveva avuto a parlare con gli uomini da sola, cosa che fino allora non aveva mai fatto, se non casualmente qualche volta col sommo sacerdote.
759. Gli angeli santi ubbidirono alla loro Regina e l'assistettero, manifestandosi solo alla sua vista. In loro compagnia parlò al suo sposo san Giuseppe, dicendo: «Signore e sposo mio, è giusto che diamo lode e gloria con ogni devozione al nostro Dio e creatore, infinito nella sua bontà e incomprensibile nei suoi giudizi, che con noi poveri ha manifestato la sua grandezza e misericordia, scegliendoci per essere al suo servizio. Io mi considero, fra tutte, la creatura più debitrice a sua Altezza e, anzi, lo sono più di tutte insieme, perché, meritando meno, ho ricevuto dalla sua liberalissima mano più di loro. Nella mia tenera età, costretta dalla forza di questa verità che la luce divina mi comunicò rivelandomi il disinganno di tutto il visibile, mi consacrai a Dio con voto perpetuo d'essere casta nell'anima e nel corpo. Sono sua, e lo riconosco mio sposo e Signore, con volontà immutabile di mantenere la mia promessa di castità. Per adempiere ciò, signor mio, desidero che mi aiutiate, perché nel resto io sarò vostra serva fedele, ed avrò cura della vostra vita quanto durerà la mia. Accettate, signore e sposo mio, questa santa determinazione e confermatela con la vostra, perché come offerta gradita al nostro Dio eterno, egli ci riceva entrambi quale sacrificio di soave odore, e ci conceda di giungere insieme ai beni eterni che speriamo».
760. Il castissimo sposo Giuseppe, pieno d'intimo giubilo per le parole della sua divina sposa, le rispose: «Signora mia, dichiarandomi i vostri pensieri e casti propositi, avete aperto e sollevato il mio cuore, che io non volli manifestarvi prima di conoscere il vostro. Anch'io mi considero, fra gli uomini, debitore al Signore più di tutte le altre creature, perché da molto tempo mi ha chiamato con la sua vera luce, affinché l'amassi con rettitudine di cuore. Voglio, signora, che sappiate che a dodici anni anch'io ho fatto promessa di servire l'Altissimo in castità perpetua. Così ora torno a confermare il medesimo voto, per non invalidare il vostro; anzi, alla presenza di sua Altezza, vi prometto di aiutarvi, per quanto dipende da me, perché in tutta purezza lo serviate e lo amiate secondo il vostro desiderio. Io sarò, con il concorso della grazia, vostro fedelissimo servo e compagno, e vi supplico che accettiate il mio casto affetto e mi riteniate vostro fratello, senza mai dar luogo ad altro lecito amore, fuorché quello che dovete a Dio e poi a me». In questo colloquio l'Altissimo riconfermò nel cuore di san Giuseppe la virtù della castità e l'amore santo e puro che doveva alla sua santissima sposa Maria. Così il santo gliene portava in grado eminentissimo, e la stessa Signora con il suo prudentissimo conversare glielo aumentava dolcemente, elevandogli il cuore.
761. Con la virtù divina con cui il braccio dell'Onnipotente operava nei due santissimi e castissimi sposi, sentirono entrambi incomparabile giubilo e consolazione. La divina Principessa offrì a san Giuseppe di corrispondere al suo desiderio, come colei che era signora delle virtù e, senza difficoltà, praticava in tutto ciò che esse hanno di più sublime ed eccellente. Inoltre l'Altissimo diede a san Giuseppe rinnovata castità e padronanza sulla natura e sulle sue passioni, perché, senza ribellione né istigazione ma con ammirabile e nuova grazia, servisse la sua sposa Maria e, in lei, la volontà e il beneplacito del Signore. Subito distribuirono i beni ereditati da san Gioacchino e da sant'Anna, genitori della santissima Signora. Ella ne offrì una parte al tempio dove era stata, l'altra la distribuì ai poveri e la terza l'assegnò al santo sposo Giuseppe, perché l'amministrasse. Per sé la nostra Regina si riservò solo la cura di servirlo e di lavorare in casa, perché, quanto agli scambi con l'esterno e alla gestione dei beni, degli acquisti o delle vendite, la vergine prudentissima se ne esentò sempre.
762. Nei suoi primi anni, san Giuseppe aveva appreso il mestiere di falegname, come il più onesto e adatto per guadagnarsi da vivere, essendo povero di beni di fortuna. Perciò domandò alla sua santissima sposa se aveva piacere che egli esercitasse quel mestiere per servirla e per guadagnare qualcosa per i poveri, poiché era necessario lavorare senza vivere nell'ozio. La Vergine prudentissima diede a san Giuseppe la sua approvazione, avvertendolo che il Signore non li voleva ricchi, bensì poveri e amanti dei poveri, e che fossero loro rifugio fin dove il loro capitale lo permettesse. Fra i due santi sposi nacque presto una santa contesa, riguardo a chi dei due dovesse prestare ubbidienza all'altro come a superiore. Ma Maria santissima, che fra gli umili era umilissima, vinse in umiltà, né consenù che, essendo l'uomo il capo, si pervertisse l'ordine della natura. Così volle ubbidire in tutto al suo sposo Giuseppe, chiedendogli solamente il consenso per fare l'elemosina ai poveri del Signore; e il santo le diede il permesso di farla.
763. In questi giorni il santo Giuseppe, riconoscendo con nuova luce del cielo le doti della sua sposa Maria, la sua rara prudenza, umiltà, purezza e tutte le sue virtù superiori ad ogni suo pensare ed immaginare, ne restò nuovamente stupito e, con gran giubilo del suo spirito, non cessava con ardenti affetti di lodare il Signore, rendendo-gli ancor più grazie per avergli data tale compagnia e tale sposa superiore ad ogni suo merito. Perché poi quest'opera risultasse in tutto perfettissima, l'Altissimo fece si che la Principessa del cielo infondesse con la sua presenza, nel cuore del suo sposo, un timore ed un rispetto così grande che non è assolutamente possibile spiegare a parole. A provocare ciò in Giuseppe era un certo splendore, come raggi di luce divina, che emanava dal volto della nostra Regina, dal quale traspariva anche una maestà ineffabile che sempre la accompagnava. Le succedeva infatti come a Mosè quando scese dal monte, ma con tanta maggiore intensità, perché si intratteneva con Dio più a lungo e più intimamente.
764. Subito Maria santissima ebbe una visione divina dal Signore, in cui sua Maestà le disse: «Sposa mia dilettissima ed eletta, vedi come io sono fedele nelle mie parole con quelli che mi amano e mi temono. Corrispondi dunque ora alla mia fedeltà, osservando la legge come mia sposa, in santità, purezza e in tutta perfezione. In ciò ti aiuterà la compagnia del mio servo Giuseppe che io ti ho dato. Ubbidisci a lui come devi ed attendi alla sua consolazione, perché tale è la mia volontà». Maria santissima rispose: «Altissimo Signore, io vi lodo e magnifico per i vostri ammirabili consigli e per la vostra provvidenza verso di me, indegna e povera creatura. Il mio desiderio è di ubbidirvi e compiacervi come vostra serva più debitrice a voi di ogni altra creatura. Concedetemi dunque, Signor mio, il vostro favore divino, perché in tutto mi assista e mi governi secondo il vostro maggior compiacimento, affinché, come vostra serva, attenda anche agli obblighi dello stato in cui mi ponete, senza mai vagare fuori dai vostri ordini e dal vostro volere. Datemi la vostra approvazione e benedizione; con essa riuscirò a ubbidire al vostro servo Giuseppe e a servirlo come mi comandate voi, mio creatore e mio Signore».
765. Su questi divini appoggi si fondò la casa e il matrimonio di Maria santissima e di Giuseppe. Dall'8 settembre, data delle nozze, fino al 25 marzo dell'anno seguente, giorno in cui avvenne l'incarnazione del Verbo, i due santi sposi vissero nel modo in cui l'Altissimo li andava rispettivamente predisponendo all'opera per cui li aveva scelti. La divina Signora ordinò poi gli oggetti personali e quelli della sua casa come dirò nei capitoli seguenti.
766. A questo punto però, non posso còntenere oltre il mio affetto senza congratularmi per la fortuna del più felice degli uomini, san Giuseppe. Da dove vi è venuta, o uomo di Dio, tanta beatitudine e tale buona sorte che ha fatto sì che solo di voi, tra i figli di Adamo, si potesse dire che Dio stesso fosse vostro e così solamente vostro da essere ritenuto vostro unico figlio? L'eterno Padre vi dona sua figlia; il divin Figlio vi dona la sua vera Madre e lo Spirito Santo vi consegna e vi affida la sua sposa, ponendovi in sua vece. In tal modo tutta la santissima Trinità vi concede e vi dà in custodia per vostra legittima consorte la sua diletta, unica e fulgida come il sole. Conoscete voi, mio santo, la vostra dignità ed eccellenza? Comprendete che la vostra sposa è la Regina e signora del cielo e della terra, e voi siete depositario dei tesori inestimabili di Dio? Considerate, o uomo divino, il vostro impegno e sappiate che, se gli angeli e i serafini non sono invidiosi, sono però meravigliati ed estatici per la vostra sorte e per il mistero racchiuso nel vostro matrimonio. Ricevete dunque le congratulazioni per tanta felicità in nome di tutto il genere umano. In un certo senso, voi siete l'archivio contenente il registro delle divine misericordie, signore e sposo di colei di cui solo Dio è maggiore, per cui vi ritroverete, fra gli uomini e fra gli stessi ricco e nella prosperità. Ricordatevi però della nostra povertà e miseria, e di me, il più vile verme della terra, che desidero essere vostra fedele devota, beneficata e favorita dalla vostra potente intercessione.
Insegnamento della Regina del cielo
767. Figlia mia, dalla mia esemplare condotta nello stato del matrimonio in cui l'Altissimo mi pose, tu vedi condannati i pretesti che adducono, non essendo perfette, le anime che condividono tale condizione nel mondo. Niente è impossibile a Dio, né a chi con viva fede spera in lui e si rimette in tutto alla sua divina disposizione. Io vivevo in casa del mio sposo con la stessa perfezione con cui servivo nel tempio, perché cambiando stato non mutai l'affetto, né il desiderio e la premura di amare e servire Dio, ma anzi l'aumentai, perché niente mi trattenesse dai miei obblighi di sposa. Fu per questo che ebbi maggiore assistenza dal favore divino che, con la sua mano onnipotente, dispose ed aggiustò tutte le cose in sintonia con i miei desideri. Altrettanto farebbe il Signore con tutte le creature, se da parte loro corrispondessero adeguatamente. Esse invece incolpano lo stato del matrimonio ingannando così se stesse, perché l'impedimento a non essere perfette e sante non è dato dallo stato, ma dai pensieri e dalla sollecitudine vana ed eccessiva a cui si abbandonano, non cercando di piacere al Signore, ma preferendo il loro compiacimento.
768. Se nel mondo non vi è scusa per sottrarsi al dovere di attendere alla perfezione delle virtù, meno ve ne sarà nello stato religioso per gli uffici e i servizi che in esso si svolgono. Non ti pensare mai ostacolata dal tuo ufficio di superiora, perché Dio ti ha posto in tale stato per mezzo dell'obbedienza e non devi mai diffidare della sua assistenza e della sua protezione. Infatti quel giorno egli si fece carico di darti forze ed aiuti, perché tu potessi attendere nello stesso tempo all'obbligo di superiora e a quello particolare della perfezione con cui devi amare il tuo Dio e Signore. Fa' in modo dunque di vincolarlo col sacrificio della tua volontà, umiliandoti con pazienza in tutto ciò che ordina la sua divina Provvidenza. Se non glielo impedirai, io ti assicuro la sua protezione e che, per esperienza, conoscerai sempre la potenza del suo braccio nel guidarti e nel dirigere perfettamente tutte le tue azioni.
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AMDG et DVM