giovedì 18 novembre 2021

VITA DI MARIA, la Figlia d' Israele


 

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La figlia d’Israele, Maria

 

“Il nome del bel fiore ch’io sempre invoco

E  mane e sera”

Dante III, 23, 88

 

La Madonna è figura di primissimo piano nella storia della salvezza. Di Lei abbiamo tante notizie quante bastano per comprendere l’essenziale. In verità osserva San Tommaso da Villanova - “alla sua piena storia basta ciò che è scritto nel tema: Da Lei è nato Gesù. Che cerchi di più?”

È la Palestina la regione fortunata dove la Vergine nacque e visse. È come un posto-cerniera per eccellenza tra i continenti decisivi per la storia umana: Asia, Europa ed Africa.

Oggi è denominata Stato d’Israele o Israele, e si collega storicamente al regno ebraico fondato da David undici secoli avanti Cristo. La sua è una storia tra le più affascinanti e misteriose, con periodi di esilio e con molteplici dominazioni da parte dei persiani, greci, egiziani e romani. Questi ultimi, nel 63 avanti Cristo la assoggettarono imponendole poco dopo un re idumeo, Erode, detto il grande, forse per la smisurata ambizione e astuzia, oppure per gli straordinari lavori fatti alla città di Gerusalemme e al suo tempio.

Fu allora che su questa terra santa, che aveva visto l’arcobaleno di Dio, sbocciò il fiore più bello del popolo di Israele. Con questo fiore divino tutte le promesse di Dio ad Abramo, Isacco e Giacobbe cominciarono a realizzarsi nella loro pienezza.

La storia meravigliosa di Maria Santissima si inquadra tutta in questa piccola cornice storico-geografica.

Resta da dire che tra le città di Nazareth e Gerusalemme che si disputano l’onore di aver dato i natali alla Madre di Dio, la preferenza — per tradizione assodata va alla cittadina della Galilea al nord della Palestina, Nazareth, che significa “fiore di Galilea” o “sentinella”, città fin allora mai celebrata nella Bibbia, anzi disprezzata da tutti.

Definire con precisione la data della sua nascita non ci è possibile. In verità, dopo molte discussioni sull’argomento, ben poco è stato concluso. Esiste un documento, il cosiddetto Chronicon Paschale, che asserisce: “Maria è nata da Gioacchino ed Anna, sotto i consoli di Roma, Domizio Enobarbo e Cornelio Scipione”. Ma quale valore dare a questo documento?


Non ci resta che contentarci di una data approssimativa: stabilendo la nascita di Cristo nel 748 (anno più probabile) si viene a concludere che la Vergine sua Madre, data la consuetudine delle fanciulle ebree di sposarsi all’età di circa 12- 14 anni, sia nata intorno agli anni 728-733 di Roma.

I genitori di Maria ci sono noti attraverso la fonte della tradizione. I loro nomi sono Gioacchino, che significa “Il Signore eleva”, ed Anna, che vuol dire “grazia, compassione”. La pia tradizione narra che essi ripartirono i loro beni in tre porzioni: una al Tempio, una per i poveri e una per il proprio sostentamento. La Chiesa cattolica, come anche quella orientale, li venera entrambi il 26 luglio.

Certamente tra gli antenati della Madonna ci sono stati dei peccatori. Però quanto più la linea genealogica si avvicinava a Maria tanto più si purificava. Ci piace pensare che questo continuo processo di purificazione culminò nei due da cui doveva procedere “l’Aurora fulgida, splendida come il sole, più della luna, candida!” Dio rivestì la Madre sua di ogni nobiltà, non solo di quella che deriva dalla sua altissima perfezione morale, bensì anche della nobiltà del sangue e della carne, essendo discendente dalla dinastia dei re di Giuda e quindi della regale famiglia davidica.

 

Se poi consideriamo che la sua parente (cugina) Elisabetta era una delle figlie di Aronne della stirpe sacerdotale (cfr Lc 1, 5.36) ci accorgiamo ancor più dell’altissima nobiltà delle sue origini.

Pensando a tutto ciò San Bernardino esclama in un suo sermone: “Quale fu la più nobile donna che formasse mai Iddio? La Vergine Maria! Leggi San Matteo nel capitolo primo dove dice: tale generò tale; e tale tale. E troverai essere discesa: prima per 14 patriarchi, e poi per 14 duci, e poi per 14 re. Se tu trovi mai femmina discesa da tali uomini, io vò essere arso.. Indi viene che, secondo la natura, Maria fu la più nobile Duchessa che fusse mai nell’universo; e la più nobile Reina, e la pin nobile Imperadrice!”

 

La tradizione ci dice anche che la Vergine fu concepita quando i genitori Gioacchino ed Anna avevano raggiunto un’età molto avanzata e ormai vivevano nel dolore di non aver avuto alcun figlio.

Più in particolare si riferisce che Gioacchino, offrendo un giorno doni al tempio, sia stato respinto dal sacerdote perché non avendo figli era un maledetto da Dio. Il povero vecchio, piangente, si ritirò col suo gregge in solitudine dove restò sei mesi supplicando il Signore e digiunando, fino a quando un angelo lo consolò con la promessa di un figlio. L’umile insistenza dei santi coniugi aveva ottenuto l’impossibile. La loro pazienza vinse il tempo e la sofferenza si mutò in gioia immensa.

Dio donò loro Maria bambina.

Ed essi divennero i genitori, e poi i nonni, più felici e più fecondi e più grandi del mondo: “Rallegratevi e giubilate, Gioacchino ed Anna!

                           Questa vostra  figlia, un giorno, conservando intatta la verginità, vi darà per             nipote lo stesso Dio!” È il caso di dire che Dio “dono più grande ad altri non diè”, perché nel seno di Anna si operò il più grande prodigio che abbia visto il Cielo, si formò il tesoro più grande, che ci preparò all’incontro con Gesù Redentore.


La santa Chiesa ci insegna che questa Bambina, pur concepita dai genitori secondo le leggi comuni e quindi normalmente soggetta a contrarre le conseguenze del peccato d’origine che investe tutta la natura umana da Adamo all’ultimo uomo, per 1’onnipotenza di Dio questa divina Bambina ebbe il privilegio di essere preservata e immune da ogni contagio di colpa originale e da ogni altra macchia per sempre, in previsione dei meriti di Cristo Gesù. L’anima di questa Bimba, nell’atto di unirsi al corpo che Dio le dava attraverso la madre Anna, non contrasse peccato alcuno, e quindi nemmeno per un istante fu priva di grazia; anzi la ricevé questa  Grazia in una pienezza tale che è incomprensibile   a  umana  creatura.

La santa Chiesa ha sempre creduto all’Immacolata Concezione di Maria Vergine. Tutti gli Ordini religiosi, in particolare i Francescani — con a capo il beato Giovanni Duns Scoto (1265-1308) chiamato Dottore del Verbo Incarnato, Dottore Sottile, Dottore estatico, ma soprattutto Dottore Mariano - hanno diffuso e difeso dappertutto questo privilegio della Madre di Dio. Fu il Sommo Pontefice Beato Pio IX a definire solennemente come dogma di fede cattolica l’immunità di Maria Santissima dal peccato originale. Era 1’8 dicembre 1854. Quattro anni dopo la proclamazione la Vergine stessa venne a Lourdes per dire quello che aveva detto Pio IX: “IO SONO L’IMMACOLATA CONCEZIONE”; come  per dire che il Papa aveva ragione.

Tutti i genitori hanno il sacro dovere di istruire i figli perché quanto prima si orientino verso l’ultimo fine e non già alle puerilità cui la natura si inclina. Se a tempo e con diligenza i genitori, in armonia, adempissero questo loro dovere, in seguito i figli si troverebbero più abili per servire il Signore.

 

Certo la santa madre Anna, in nome della creatura che portava in seno (il cui stato sublime le era nascosto), adorò il Creatore e lo ringraziò per il dono della vita, supplicandolo che la custodisse, difendesse e guidasse a lieto fine. E una lezione per i genitori perché raccomandino alla divina Provvidenza il frutto del loro amore, chiedendo che i bimbi ricevano quanto prima il santo battesimo per essere liberi dal peccato originale e chiamarsi figli di Dio.

 

Ognuno immagini la trepidazione di Gioacchino e più ancora di Anna dur- ante quei nove mesi di attesa del parto beato. Tradizionalmente per tale evento è fissata la data dell’8 settembre [ma molto probabilmente la  data di questa festa sarà il 5 agosto] . Il Natale di questa Bambina diffuse su tutte le cose una luce e una gioia ineffabili; fu — come poeticamente canta la Chiesa — un messaggio di gioia per il mondo intero: “Nativitas tua, Virgo Maria, gaudium annuntiavit in universo mundo”.

E finalmente cielo e terra, terra e santi Padri nel seno di Abramo, ebbero la


notizia tanto sospirata: “È nata Colei che sarà la Madre del Messia promesso!”

“L’apparizione della Madonna nel mondo è come l’arrivo dell’aurora che precede la luce della salvezza, Cristo Gesù ... Maria è l’annuncio, Maria è il preludio, Maria è l’aurora, Maria è la vigilia, Maria è la preparazione immediata, che corona e mette termine al secolare svolgimento del piano divino della redenzione; è il traguardo della profezia, è la chiave di intelligenza dei misteriosi messaggi messianici” (Paolo VI).

Sessanta giorni dopo il felice parto, Anna, puntuale, umile e fedele compì tutti i riti della Legge (cf Lv 12, 5-6): salì con la santa Bambina al tempio e supplicò preghiere per sé e la figlia; a Dio non restava che premiare l’umiltà d’ambedue che, santissime, si presentavano peccatrici.

Alla santa Bambina, secondo le più pure tradizioni giudaiche, alla presenza dei parenti e del sacerdote fu imposto il nome. Un nome che certamente fu ispirato da Dio ai santi genitori. Il nome di questa Bambina fu Maria.

Ogni nome indica sempre una missione specifica. Mariologi ed esegeti gareggiano nel darci l’interpretazione giusta del santo nome di Maria.

C’è chi ritiene che Maria derivi dalla parola Mara, che letteralmente significa pingue (il che per gli orientali equivale a bella); però tale termine si usava solo con le cose e quindi non tutti accettano questo significato, anche se Maria non solo è bella, ma è la bellezza.

Altri difendono l’interpretazione di perla amara o mare amaro, come fa il Minocchi e il dottor serafico San Buonaventura da Bagnoregio che testualmente dice: “Sta scritto.. Ecco una nuvoletta sale dal mare . .. e subito la pioggia cadde a dirotto” (1 Re 18, 44), ossia Cristo, figlio di Maria, che significa mare amaro, e che fecondò tutta la Chiesa con la pioggia della grazia.

È chiaro il riferimento alla missione di Corredentrice che Maria esercitò nella sua vita dolorosa. Tale significato ci sembra il meno contestato e uno dei più aderenti alla persona di Maria. Ciò è avvalorato anche dalla storia d’Israele: alla sorella di Mosè fu imposto il nome di Maria molto probabilmente per le circostanze drammatiche in cui si trovavano gli ebrei in Egitto.

C’è anche chi lo fa derivare dal verbo marah merì, cioè ribellione. Maria sarebbe la ribellione personificata contro satana e il suo regno nel mondo. In certo senso questo significato si riaggancia al precedente.

È seducente l’interpretazione proposta dal P. Zorell. Il nome Maria sarebbe composto da due parole, una egiziana e l’altra ebraica; myr o myrt, ovvero amata; Sam è Jahvèh, ovvero Dio. Myrjam o Maria significa quindi: amata da Dio!”

Sembra questo il significato più attendibile, filologicamente e storicamente.


La sorella di Mosè era stata l’unica ad avere questo nome essendo nata e cresciuta in Egitto, e quindi molto probabilmente anche il nome della Vergine sarebbe di origine egiziana. In Egitto non mancavano nomi composti che iniziavano con la parola myr e terminavano con il nome di qualche divinità.

E logico pensare che gli ebrei alla falsa divinità sostituirono il nome del vero Dio. Anche con la storia questa interpretazione è in perfetta armonia. Ma- ria è stata veramente “l’Amata da Dio!”; Ella più di qualunque altra creatura ha goduto del1’Amore di Dio “il quale creerebbe un secondo Paradiso perché Lei avesse raddoppiate lodi!”

 

Possiamo dire che il nome di Maria racchiude tutto l’Amore di Dio. Perciò  è dolcissimo come il nome di Gesù. Quanti con devoto affetto l’invocano  ricevono copiosissime grazie, sono consolati e vivificati, in esso trovano  medicina ai loro mali, tesori per arricchirsi e luce che li guida alla vita eterna.


Maria è nome terribile contro l’inferno; esso solo basta a schiacciare la testa di satana e dà la vittoria su tutti i nemici. Maria è la Vincitrice. E satana La teme, più degli angeli e degli uomini e dello stesso potere divino. Il Nome di Maria gli fa ribrezzo più del nome di Gesù e della sua santa Croce. E perché? Ecco: l’umiltà della Piccola Serva del Signore lo umilia più della divina onnipotenza. E come non ricordare il canto di San Bernardo su questo nome divino?


“Se soffiano i venti delle tentazioni, se t’imbatti negli scogli del dolore, guarda la stella, invoca Maria! Se ti senti flagellato dalle onde dell’orgoglio, dell’ambizione, della calunnia, dell’invidia, guarda la stella, invoca Maria!

“Se la tua fragile imbarcazione è minacciata dall’ira, dalla superbia, dall’impurità,  guarda Maria!

“Se oppresso dai tuoi peccati, scoraggiato dai rimorsi della coscienza e tri- ste al ricordo del giudizio di Dio, stai per cedere all’avvilimento e alla disperazione, ricordati di Maria!

“Nei pericoli, nelle prove, nei dubbi, pensa a Maria, invoca Maria!

“Che Maria non s’allontani mai dalle tue labbra dal tuo cuore! E per meritare la sua protezione sforzati di imitare i suoi esempi”.

La storia contiene molteplici prove di protezione ottenute nel nome di Maria. Una per tutte: esattamente il 12 settembre 1683, alle porte di Vienna, l’esercito polacco di Giovanni III Sobieski, in collaborazione con le forze alleate tedesche e austriache, piegava e annientava l’armata turca di Kara Mustafà

Il re Giovanni III, capo supremo degli eserciti cristiani valutò questa vittoria da credente comunicando al papa Innocenzo XI il grandioso avvenimento: “Venimmo, vedemmo e Dio vinse!” La storia narra che tutta Roma per ordine del papa       si  vestì a festa: illuminazioni, canti di ringraziamento, scampanii a

non finire, salve di cannone, speciale commemorazione dei caduti. Per la vittoria Innocenzo XI istituì per tutta la Chiesa la festa del Santissimo Nome di Maria da celebrarsi nella prima domenica dopo la Natività della Madonna, e ordinò di coniare una medaglia commemorativa con l’iscrizione: “La tua destra, o Signore, ha colpito il nemico” (Es 15,6). A Roma, sempre per ordine del Papa, sorse anche la basilica votiva del Santissimo Nome di Maria, al Foro Traiano, dove il 12 settembre di ogni anno ha luogo una funzione religiosa speciale. Simile a questa fu l’anteriore vittoria di Lepanto del 7 ottobre 1571 ottenuta con la preghiera del SS. Rosario.

Se ci siamo soffermati un po’ su queste memorie, l’abbiamo fatto perché si trattò di un evento determinante per la storia d’Europa, ed eloquentissimo per la gloria del Santissimo nome di Maria.

Per questo Nome, scudo e difesa nostra, musica del cielo, gioia della Trinità Santissima, nome di cui Gesù si circondò nella vita e nell’ora della morte, dobbiamo tutti ringraziare il Signore.  E con questo nome, sulle labbra e nel cuore, dobbiamo essere pronti ad ardue imprese per la gloria divina.


I privilegi che adornarono Maria Santissima sin dal primo istante della Sua esistenza debbono farci pensare all’infinita predilezione che il Signore, nella sua liberalità ha voluto avere per Lei. Con Dio è tutto il Paradiso che benedice Maria, capolavoro della creazione universale e della Misericordia Divina. Al celeste incessante canto dobbiamo unire il nostro, pieni di fiducia perché Colei che Dio ha fatto così grande è la Mamma nostra, che ci segue uno ad uno con ogni cura.

Più sarà stretta l’unione con queste divine realtà e più perfettamente adempiremo il divino precetto di amare Dio e servire il prossimo. Con Maria, uniti a Lei, anche noi avremo tutte le compiacenze di Dio, che dice: “Io ti farò mia sposa per sempre, e ti farò mia sposa nella giustizia e nel giudizio, nella misericordia e nelle tenerezza. Ti farò mia sposa nella fedeltà” (Os 2, 19-20).

Grande onore dunque alla Vergine Maria e fiducia nella sua potenza. Basta soltanto l’eco del Suo Nome Santissimo a mettere in fuga il demonio. Se il   mondo sapesse chiamare Maria, sarebbe salvo.

Se il fango della corruzione ferisce e imbratta l’uomo, purché in lui ci sia il desiderio di purificarsi e guarire, allora anche la sola visione di Maria l’eleva nell’azzurro e lo prepara a sentire tutta la dolcezza del rimanere in Dio che è amore. Dove c’è Maria non vi può sussistere nulla che abbia neppure la più  lontana parentela con l’impuro. L’Immacolata è bellezza. Per questo Lei non solo ci libera dai massi (peccati mortali) che uccidono, ma anche dalla polvere (peccati veniali e imperfezioni) che abbrutisce.

L’amore che1’Immacolata ci dona diventa forza per vivere in carità e purezza.





AVE! MARIA PURISSIMA!

mercoledì 17 novembre 2021

Cornelio a Lapide ci parla di san Paolo sicuro in ogni frangente

Naufragio a Malta di san Paolo

Quarta virtù

Invitta speranza e confidenza in Dio

16. I. Paolo credette e sperò nella speranza e contro la speranza, quando

intraprese molte cose superiori alle forze umane e naturali, e con

l’invocazione e l’aiuto di Dio le condusse a termine. Infatti, come egli

stesso dice (Romani 8, 24): «Sperare quel che si vede non è più speranza.

E come sperare quel che già si vede?». E (Romani 8, 26): «Lo stesso

Spirito chiede per noi con gemiti inenarrabili».

17. II. Paolo, con questa speranza, superò non soltanto tutte le difficoltà,

ma anche tutte le impossibilità della natura. Infatti come lui dice (Romani 8, 31): «Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?»

 Di tali uomini scrive con verità san Bernardo (46): «Essi osano grandi

cose, poiché sono uomini grandi; e ciò che osano, ottengono. Giacché una

grande fede merita cose grandi, e fin dove sarai progredito col piede della

fiducia nei beni del Signore, altrettanti ne possederai. A tali spiriti grandi

occorre uno sposo grande, e magnificherà l’operare con essi».

 Il medesimo (47): «La sola speranza, soggiunge, presso di te (o Signore)

tiene il posto della compassione; non poni l’olio della misericordia, se non nel vaso della fiducia».

 18. III. Paolo, per questa speranza, si gloriava nelle persecuzioni: «Ci

gloriamo, scrive, nelle tribolazioni, sapendo come la tribolazione produce

la pazienza, la pazienza l’esperienza, l’esperienza la speranza. Or la

speranza non ci lascerà confusi» (Romani 5, 3-5). Speranza onnipotente


19. IV. Paolo, non solo per sé, ma anche per i suoi fedeli, sperò, in ogni

afflizione, e con la speranza ottenne da Dio aiuto, forza e vittoria. Volendo

ispirare questa speranza ai Corinti, scrive (2 Corinti l, 6 s.): «(La speranza

che in voi) opera la tolleranza delle stesse sofferenze che anche noi

soffriamo, affinché la nostra speranza sia ferma per voi, sapendo noi che,

come siete compagni delle nostre sofferenze, sarete pure compagni nella

consolazione».

Splendidamente osserva San Cipriano (48): «Nelle persecuzioni nessuno

pensi al pericolo che ci procura il demonio, ma consideri l’aiuto che darà

Dio; né la mente resti stordita dall’infestazione umana, anzi resti la fede

corroborata dalla protezione divina; poiché ciascuno, secondo le promesse

divine, e secondo i meriti della sua fede, tanto riceve di aiuto da Dio,

quanto crede riceverne. Non vi è cosa che l’Onnipotente non possa

concedere se non l’impedisce la deficienza e caducità della fede di chi

deve ricevere».

20. V. Paolo, reso dalla continua esperienza edotto dell’aiuto divino,

rimaneva sicuro in ogni frangente, riguardo al prospero esito eventuale di

ogni cosa. «Ma noi, scrive, abbiamo avuto dentro noi stessi risposta di

morte, affinché non confidiamo in noi, ma in Dio che risuscita i morti.

Egli ci ha liberati e tolti da tanti pericoli e speriamo che ci libererà

ancora» (2 Corinti l, 9 s.).

S. Cipriano (49) segue Paolo, quando scrive a Demetriano, giudice e

nemico, dei cristiani: «Vige presso di noi la forza della speranza e la

fermezza della fede. Tra le stesse rovine del crollante secolo, la mente

resta eretta, immobile la virtù, mai cessa di essere lieta la pazienza;

l’anima è sempre fidente nel suo Dio, come lo Spirito Santo ci ammonisce

ed esorta per bocca del Profeta, il quale corrobora, con celeste voce, la

fermezza della nostra fede e della nostra speranza: Io godrò nel Signore,

ed esulterò in Dio mio Salvatore. I cristiani esultano sempre nel Signore, e

si allietano e godono nel loro Dio, e sopportano con fortezza i mali e le

avversità del mondo, mentre mirano al premio ed alla felicità futura».

Così fecero i Santi, come Giobbe (Giobbe 13, 15): «Anche se mi

ammazzasse, disse, spererò in Lui». E Geremia (Geremia 17, 7):

«Benedetto l’uomo che confida nel Signore, e di cui Dio sarà sua fiducia».

«La mia porzione è il Signore − ha detto l’anima mia − per questo lo

aspetterò. Il Signore è buono per chi spera in lui, per l’anima che lo cerca» (Lamentazioni 3, 24 s.).

Si legga pure la dissertazione che fa Paolo su questa forza della speranza,

come di àncora, parlando agli Ebrei (Ebrei 6. 17; 10, 23. 35 s.).

Con verità il Salmista diceva (Salmo 31, 10): «Colui che spera nel Signore è avvolto dalla misericordia». E sant’Agostino (50) scrisse: «Mortale è veramente la vita, immortale è la speranza della vita». 

S. Bernardo (51) soggiunge: «Se sorgeranno guerre contro di me, se inferocirà il mondo, se fremerà il maligno, se la stessa carne si rivolterà contro lo spirito, io spererò in te».

21. VI. Paolo con questa speranza assalì audacemente ogni pericolo della

vita. Così, nel tumulto sollevato contro di lui ad Efeso, volle salire al

teatro, pur sapendo che volevano soltanto lui e la sua testa (Cfr.: Atti 19,

30). Così andò a Gerusalemme, nonostante che ovunque i Profeti gli

avessero predetto le catene. Ad essi rispose: «Perché piangete e mi

spezzate il cuore? Quanto a me son pronto non solo ad essere legato, ma

anche a morire... per il nome del Signore Gesù» (Atti 21, 13).


Per questa speranza, superò tutti i pericoli suoi, e di quelli che erano con

lui. Nel naufragio gli apparve un angelo, che promise la liberazione e la

salvezza non solo a lui, ma, in vista di lui, a tutti i naviganti: 

«Non temere, Paolo, disse l’angelo, tu devi comparire davanti a Cesare, ed ecco Dio ti ha fatto dono di tutti quelli che navigano con te» 

(Atti 27, 24).

22. VII. Paolo, con certa speranza, si appropriava la gloria e la corona

celeste: «So bene in chi credetti, scrive, e son certo che Egli è sì potente

da conservare il mio deposito sino a quel giorno» (2 Timoteo l, 12). E:

“Ho combattuto la buona battaglia, ho finito la mia corsa, ho conservato la fede, e non mi resta che ricevere la corona di giustizia, che mi darà in quel giorno il Signore, giusto giudice» (2 Timoteo 4, 7 s.).


AMDG et DVM


Prima cinquantina: DIAMANTE - RUBINO - PERLA - DIASPRO - ZAFFIRO

 


PRIMA CINQUANTINA

da offrire in dono (alla Vergine Maria): 

I) il Diamante della Purezza; II) il Rubino della

Sapienza; III) la Perla della Grazia; IV) il

Diaspro della Perfezione; V) lo Zaffiro del

Potere.

Carissimi amici e discepoli della

Vergine Maria, nell’Incarnazione Purissima

del Figlio di Dio, il Verbo si fece carne

nell’umanità della Vergine Maria, Maestra e

Regina di Purezza.

La prima Gemma preziosa da offrire a

Maria, estratta dalla prima Miniera della

Rupe Angelica, è il Diamante.

Questa Gemma è chiamata Pietra della

Purezza, e si offre alla Vergine Maria,

quando devotamente si dice “Ave”.

Secondo Sant’Agostino, infatti, l’Ave

 segna la fine dei guai della

maledizione e della colpa,

e proclama meravigliosamente la Purezza di Maria.

Secondo Sant’Isidoro poi, il Diamante,

nessun’altra pietra potrà mai scheggiarlo o

spezzarlo, sporcarlo, mescolarlo.

Eppure la forza (delle corna) del capro

riesce ad infrangerlo.

Esso è anche la Gemma più

desiderata, e il demonio la fugge.

C’è chi chiama il Diamante: “Due

amanti”, proprio come l’amore che dona

stabilità e prospettiva.

Secondo Sant’Anselmo, l’Amorevole e

Gloriosa Vergine Maria splende di così

grande Purezza, e, al di sopra di Lei, vi è

solo Dio.

Perciò nel Cantico dei Cantici è

scritto: “Tutta bella sei Amica Mia, e in Te

non c’è alcuna macchia”.

Tutti devono venerare Maria, e le

devono offrire devotamente tale Gemma, dal

momento che la Purezza di Maria si diffonde

sul mondo, e contagia e influenza il diritto

divino naturale e positivo.

   Riguardo alla Vergine Maria, scrisse

Sant’Ambrogio nel Sermone sull’Assunzione:

“La maggior lode che va tributata alla

Vergine Maria è quello di essere Purissima,

perché per Lei la Purezza scomparsa è stata

riacquistata e risuscitata.

Tu sei allora l’Albero della Vita, fuori

dal quale tutti i rami sono senza frutto e

dissecchi”.

Così egli scrisse.

Alcuni di voi, forse, diranno: “Ma

quanto vale questo Diamante detto Ave?”

1. Rispondo che esso vale più di tutte

le gemme preziose che, nel deserto, i figli

d’Israele offrirono per Tabernacolo, per

quanto fosse incantevole.

2. Vale più delle gemme preziose che

Salomone offrì al Tempio di Gerusalemme, e

che ebbe nei suoi tesori, per quanto fossero

immensi.

3. Vale più di tutte le gemme preziose,

che ebbero il Bretone Re Artù, Carlo Magno,

Davide, Cisquaso, i tre Re dei Bretoni, e

qualunque altro cristiano abbia mai

posseduto, e che abbiano offerto per Chiese

e Reliquiari di Santi.

   E, se nuovamente domandate:

“Quant’è grande questo Diamante Ave, per

superare tutte le gemme preziose dette in

precedenza?"

Rispondo che esso è tanto più grande,

quanto tutto il cielo è più grande di una sola

stella.

Secondo Sant’Agostino, infatti, la più

piccola delle realtà celesti, supera la

totalità delle realtà terrene.

Voi tutti, figli devoti della Vergine

Maria, ascoltate e rispondete a questa mia

domanda: se io un giorno vi regalassi

centocinquanta Diamanti, anche se foste

miei nemici, non vi rappacifichereste con

me, e non esaudireste i miei desideri?

Non mi vorreste più bene di prima,

smettendo ogni offesa, e dimostrandomi in

ogni modo la vostra riconoscenza?

Se è così, forse che, allora, la Vergine

Maria, non vi donerà beni maggiori per

ciascun Rosario che devotamente le

offrirete?

Questo è il Diamante dell’Amicizia, che

annienta gli artifici del demonio, essendo il

frutto del Sangue di Cristo, Agnello

Immacolato, quando la spada della

sofferenza umana gli tolse la vita.

Senza dubbio, dal più piccolo al più

grande, direte certamente di sì.

Sta scritto, infatti: “Date e vi sarà

dato”.

Scrisse Origene che chi donerà le cose

di questo mondo, riceverà il centuplo; chi

donerà la propria vita riceverà mille volte

tanto; chi donerà la propria anima, riceverà

diecimila volte tanto, al momento della

morte riceverà centomila volte tanto, e dopo

la morte, un milione di volte tanto.

Se, dunque, volete arricchirvi, e

ricevere presto la Purezza: fate felice Maria,

e riceverete l’incantevole Regno della

Grazia, in questo mondo, e quello della

Gloria, nel futuro.

Avvicinatevi alla Rupe dell’Ave Maria,

offrendo alla Vergine Gloriosa, ogni giorno,

per cinquanta volte, il Diamante

dell’Innocenza, ossia l’Ave Maria.

Con questa offerta, saluterete

l’Imperatrice del Cielo, che ama tantissimo i

peccatori, ma, infinitamente di più, coloro

che la saluteranno: assai più di quanto

qualsiasi Imperatrice o Regina, abbia mai

amato un proprio suddito, molto di più di

quanto tutte le Imperatrici di questo mondo

riuscirebbero ad amare.

E questo perché, secondo

Sant’Agostino, la Carità della Vergine

Gloriosa sorpassa l’amore terreno di questo

mondo: e sorpassa non solo l’amore umano,

ma anche quello angelico.

Voi tutti, dunque, dal più piccolo al più

grande, per liberarvi dai guai, offrite ogni

giorno a Maria i Diamanti.

Dio, infatti, trasforma la roccia in

laghi, per la potenza di queste Gemme

preziose.

La Sacra Scrittura, poi, amatissimi figli

della Vergine Maria, fa un secondo elogio di

Maria: la Sapienza del come avvenne

l’unione tra la natura umana e la natura

divina, ci insegna come si debba offrire

alla Vergine Maria, Imperatrice di Sapienza,

la seconda Gemma preziosa della seconda

Miniera della Rupe dell’Ave Maria, ossia il

Rubino, quando si dice: “Maria”.

Infatti, la Gloriosa Vergine ci darà la

Sapienza e ci otterrà l’illuminazione, se le

offriremo questo Rubino, non certo se le

donassimo tutta la vana sapienza di questo

mondo.

Infatti, scrisse San Bernardo, la più

piccola preghiera devota detta a Maria nel

più sperduto romitorio, vale più della

sapienza filosofica di questo mondo, e

riceverà un compenso maggiore.

Maria dona la Sapienza, secondo San

Remigio e San Girolamo, perché Ella è

chiamata l’Illuminatrice, ovvero l’Illuminata,

che è un attributo della Sapienza.

Il Rubino, infatti, secondo Sant’Isidoro

ed il Lapidario, nell’acqua risplende, di

notte, come un carbone acceso, scintilla:

scaccia le paure immaginarie; consiglia le

cose da fare; porta a sicura decisione la

mente dubbiosa.

Ecco perché i Re considerano questa

Gemma, di incomparabile valore.

Anche la Gloriosa Vergine Maria

possiede in pienezza le proprietà del

Rubino.

Infatti, scrisse San Bernardo, Ella ha

generato l’Eterna Sapienza, donando al

mondo cieco, la luce della Sapienza

Celeste: una Sapienza che supera

infinitamente la sapienza di Abigail, moglie

di Nabal del Carmelo.

Una Sapienza che si diffonde sul

mondo ogni qualvolta si recita il Rosario.

Ciascuno possiede già una grande

saggezza, che li guida, li mantiene e li

accompagna in questo mondo, e tale

saggezza è degna di onore, scrisse Seneca.

Tuttavia, secondo San Bernardo, la

Sapienza che dona la Beata Vergine Maria è

ben altra: “Io sono la Madre del Bell’Amore,

del Timore, della Conoscenza e della Santa

Speranza” (Eccl., 24,24).

Se, dunque, volete possedere la Luce

della Sapienza, salutate sempre Maria. 

Ella, infatti, scrisse Sant’Ambrogio, è

la Stella che illumina le menti dei fedeli, con

una luce superiore a quella del sole.

Riceverete il centuplo nella vita

presente, dal momento che la più minuscola

devota preghiera, scrisse Sant’Anselmo,

vale più di tutte le onorificenze terrene e

dell’umana prudenza.

Qualcuno di voi domanderà: Ma quanto

vale il Rubino Maria?

Rispondo solo: vale più che se tu

offrissi alla Vergine Gloriosa, al posto dei

Rubini Maria, altrettanti Rubini, grandi

quanto le stelle che sono nel firmamento del

cielo; secondo Sant’Agostino, il più piccolo

barlume della Grazia supera l’intera

luminosità dell’universo.

Anche il più piccolo Rubino Maria vale

più di tutti quei grandiosi rubini, quanto

tutto il mondo rispetto al più piccolo rubino

di questo mondo.

Allora, figli benedetti di Maria,

ascoltate bene e rispondetemi: Se ciascuno

di voi, ogni giorno, desse centocinquanta

Rubini (Maria) ad una cara Regina, non vi

amerebbe ella come il proprio Figlio

prediletto?

E non sperate che la Regina (Maria) sia

(ancor più) benevola e amabile verso di voi?

Certamente direte di sì.

Poiché, dunque, la Gloriosa Vergine,

quando le offrite i Rubini, vi ama più che se

tutte le creature del mondo si

trasformassero in Regine amorevoli: per

quanto vi amino di vero cuore, mai

supereranno l’Amore di Maria.

Infatti, secondo Alberto Magno, una

scintilla d’Amore di Maria supera tutto

l’amore del mondo e la totalità delle

amicizie terrene.

Credete fermamente che la Vergine

Sapientissima vi amerà molto di più, e

riceverete la Grazia della Sapienza.

E, davanti all’Amore di Maria,

scomparirebbero il diritto naturale, il diritto

di mutua carità, e il diritto della giustizia

divina, per la legge del più piccolo,

assorbito dal più grande.

Infatti, scrisse Boezio, se chi ama di

meno, riesce a donare tante cose buone, chi

ama di più, allora, donerà beni maggiori.

Sarete coronati centocinquanta volte

nella vita presente, e nella Vita futura

riceverete la corona dei Rubini della

Sapienza: nel Rosario, ogni giorno, salutate

Maria.

Infatti, per la potenza di queste

quindici Gemme preziose, Dio muta la

roccia in laghi.

La terza Lode della Teologia è,

reverendissimi Rettori e Maestri del

luminoso astro di quest’Alma Facoltà, la

Grazia Santificante della Vergine Maria e di

Cristo; essa è descritta nella terza

distinzione del terzo libro delle Sentenze, e

insegna al mondo ad offrire alla Vergine

Piena di grazia, la terza Pietra della terza

Miniera, della Rupe dell’Ave Maria.

Essa è una preziosissima Perla, che

corrisponde alla parola: “Gratia”.

Secondo Sant’Isidoro la Perla è una

candida Gemma, che una straordinaria

rugiada produce in una conchiglia marina,

senza alcuna dipendenza dal corpuscolo

che l’ha generata: essa combatte numerose

malattie e resiste ai fulmini ed ai tuoni.

   Infatti se la conchiglia è colpita da un

fulmine, essa non viene meno, e quando è

*danneggiata dai tuoni, genera ugualmente

la Gemma, anche se non compiutamente.

Così scrisse Bartolomeo nel “Libro

della Natura”.

Questo si può dire anche della

Gloriosissima Vergine Maria.

Secondo San Girolamo, infatti, è Lei la

Conchiglia che ha generato, non da seme

umano ma dallo Spirito Santo Glorioso di

Dio, ha generato la Perla di Cristo, che ha

curato le nostre infermità, e ci difende dai

tuoni delle tentazioni e dai fulmini delle

tribolazioni, come scrisse San Bernardo.

Tutti lodino Maria, e le offrano

devotamente la Perla, che corrisponde alla

parola: “Gratia”.

I. In Maria, infatti, risiede la pienezza

della Grazia, che si diffonde sul mondo

intero, che protegge e migliora, secondo

Sant’Alberto.

II. Chi offre Gemme a Maria, riceverà il

centuplo, e se chi le offre tutti i giorni,

diventerà immensamente ricco.

III. Egli, offrendo le Gemme preziose,

si guadagnerà il Regno dei Cieli, perché una

di esse vale più di un intero Regno in terra,

come si legge nella Vita di San Tommaso

Apostolo.

Ancora forse non ti è chiaro, e

timorosamente chiedi: Quanto vale la Perla

Grazia?

Rispondo brevemente, davanti a tutto

il mondo: la Perla Grazia vale molto più del

Paradiso Terrestre; così come il Paradiso

Terrestre valeva assai più del pomo rubato

da Eva.

Ancor di più, secondo San Basilio, una

particella del Regno di Cristo vale più

dell’intero Paradiso Terrestre, dal momento

che il Regno di Cristo porta verso Cielo,

invece il Paradiso Terrestre condusse

all’Inferno.

Forse, carissimi, la Gloriosa Vergine

non sarà felicissima per il dono di così tante

Gemme?

Scrisse San Girolamo che, se ad un

lupo, o ad un leone, o ad un orso dessimo

tutti i giorni da mangiare, ci diverrebbero

certo affezionati.

E non ci amerà assai più di essi, la

Vergine Maria, se le offriamo tutti i giorni il

Rosario?

O forse la Vergine Maria è più

insensibile ed impietosa degli animali più

feroci?

Risponderete tutti di sì, dal più piccolo

al più grande.

Maria, infatti, ama ogni Suo

Rosariante, più di quanto se tutti i padri e le

madri amassero il medesimo figlio unico;

più di quanto mai una madre abbia amato di

amore naturale il proprio figlio.

Osservate con attenzione queste cose,

e per ottenere le Grazie, lodate Maria nel

Rosario.

Coloro che lodano Maria, infatti, sono

salvati, dal più piccolo al più grande, come

si legge nella Vita della Martire Santa

Caterina.

La quarta lode della Sacra Teologia129,

carissimi Servi della Vergine Maria, ossia lo

Spirito Santo che porta a compimento nel

Grembo della Vergine Maria l’Incarnazione

di Gesù Cristo, ci insegna a scavare la

Quarta Miniera preziosissima della Rupe

dell’Ave Maria, dalla quale si estrae la

Gemma Diaspro, per offrirla alla Vergine

Maria, corrispondente alla parola “Plena”.

Infatti, secondo Sant’Isidoro, il

Diaspro, è una Gemma color verde, che

colpisce gli occhi per la sua bellezza, che ha

tante virtù, quante striature possiede.

Secondo Sant’Alberto Magno, il

Diaspro allontana dal corpo la tristezza e gli

trasmette contentezza, amabilità e

sicurezza.

Così pure la Beatissima Vergine Maria,

ricolma della pienezza di Grazia, conquistò

la Santissima Trinità ed il Coro degli Angeli.

   Secondo Sant’Alberto Magno, nel Suo

Corpo risplendeva ogni Bellezza, la Vergine

Maria era infatti la più Bella tra tutte le

donne: molto più di Giuditta, di Ester o di

Sara: (così) le sue Virtù sono smisurate, al

pari della Sua Sovranità, e dei Miracoli che

Ella compie.

   Secondo San Bernardo, Ella tiene

abbastanza lontane tutte le scelleratezze

del mondo; e, secondo Sant’Agostino, Ella

porta la gioia senza fine ai figli della

dannazione.

A ragione, la Vergine Maria è, a

somiglianza del Diaspro, la Piena di Grazia

nella Bellezza, e non solo spirituale, ma

anche corporale.

E giustamente si desume che la

Vergine Maria da tutti debba essere lodata

nel Rosario.

  Anzitutto perché, come diceva Seneca,

le cose più belle sono da lodare.

   In secondo luogo (come scrisse

Sant’Agostino nel Sermone della Natività

della Vergine Maria), se le cose che

possiedono una grandiosa Bellezza, sono da

tutti amate e lodate, allora quanto più la

Vergine Maria è da amare e venerare.

   In terzo luogo, se la Sacra Scrittura

loda donne bellissime, come Ester, Sara e

Rebecca, allora, quanto più si deve lodare la

Vergine Maria.

Secondo Sant’Agostino, infatti, le altre

donne possedevano in parte la bellezza,

invece solo Maria possiede la Bellezza

Piena.

Ma forse, nonostante l’ammirazione e

la gioia, chiedete: “Quanto vale il Diaspro,

Plena, se lo si offre devotamente?”.

Rispondo senza esitazione davanti a

tutta la Chiesa: vale più di tutte le opere

della creazione di Dio dei primi sette giorni.

Così pure, vale più di tutti i nove Cori

degli Angeli, e più del mondo fisico.

   Se, dunque, afferma il Maestro nel

secondo libro delle Sentenze, il Diaspro,

Plena, è degno del Dio della Gloria, non lo

sarà di più la Vergine Maria?

Ascoltate, vi prego, quello che sto per

dire!

Se è così, perché siete pigri, e non

volete arricchirvi di tanti beni?

Non è da ritenere un insensato, chi

rimarrà nell’indolenza?

Prestate ascolto ancora un pochino!

Se dessi un solo ducato al giorno a un

Turco, o ad un Sultano, certo mi

ringrazierebbero con ogni ossequio!

E io, che dono infinitamente di più alla

Vergine Maria, quando nel suo Rosario le

offro questo Diaspro, Plena, Ella sarà più

riconoscente, o più ingrata del Turco? 

E’ da insensati pensare che Colei, che

la Chiesa, nel Salve Regina, esalta come la

Madre di Misericordia, non ci darà la Sua

Grazia!

Ella ama un Suo Rosariante, più di

quanto ogni sorella possa amare il proprio

fratello, più di quanti sono i granelli di

sabbia del mare: ammettendo pure che

qualcuna ami il proprio fratello, quanto

Tamar amò suo fratello Assalonne, il quale

uccise (Ammon) che l’aveva violentata.

Eppure, secondo San Gregorio

Nazianzeno, un briciolo di felicità che

proviene dalla Gloria di Dio, supera la più

grande felicità dei beni creati.

E questo perché, secondo il Santo

Maestro Gregorio, quella felicità discende

dalla Gloria di Dio, mentre quella felicità

proviene dalla vita quotidiana.

Dal momento che, dunque, la ragione,

il sentimento, la conoscenza, gli esempi, i

miracoli, l’esperienza e il desiderio del bene

vi incoraggiano a lodare Maria, perché,

allora, non sempre la salutate nel Rosario,

per avere la pienezza della Gloria?

La quinta lode della Teologia, esimi

appassionati della Sapienza, figli della

Vergine Maria, eccelsa Madre Buona del

mondo intero, è il Vincolo Santissimo

dell’Unione (Ipostatica) in Cristo145, che ci

invita a cercare nella quinta miniera della

Rupe della Teologia, ossia dell’Ave Maria, la

quinta Gemma dello Zaffiro, la gemma della

Nobiltà e della Sovranità, e ad offrirla alla

Suprema Regina Maria, quando diciamo nel

porgerLa: “Dominus Tecum”.

Questo perché lo Zaffiro, secondo

Sant’Alberto Magno, San Bartolomeo ed il

Lapidario, è una gemma di colore celeste,

che i Re incastonano sui loro anelli, perché

un tempo, mediante questa gemma, (gli

oracoli) davano i responsi degli dei, e

svelavano gli arcani.

Secondo il Lapidario, questa gemma

dona coraggio e ardimento a chi la porta.

Secondo Sant’Ambrogio, tuttavia, solo

Maria Vergine possiede il Sommo Grado

della Nobiltà.

Infatti, Ella è la Madre del Signore dei

signori.

Allora, tutti i fedeli di Cristo La

chiameranno Regina del mondo.

Grazie a Lei, infatti, che è la Gemma

incastonata sull’Anello della Fede Cristiana,

è stata rivelata la Redenzione del mondo, e

sono stati svelati gli arcani delle realtà

future.

Ella sola, secondo Sant’Agostino,

rende gli animi degli uomini così sicuri,

audaci e forti, da non temere più nulla.

Allora, proprio in quanto è la Regina

Altissima del mondo intero, le si deve offrire

lo Zaffiro “Dominus Tecum”.

E questo, attentissimi auditori, dal

momento che Ella, è anzitutto la Madre del

Signore dei signori, e del Re dei re.

Poi, perché abbiamo il grande

privilegio di essere Suoi Servi.

In terzo luogo, perché se i Sudditi

devono giustamente onorare le Regine della

terra, quanto più noi dobbiamo venerare

l’Altissima Regina Maria, poiché è l’Eccelsa

Regina Madre, al di sopra di ogni raffronto,

come scrisse Sant’Alberto.

Ma se per caso, pieno di meraviglia,

provassi a domandare: “Ma quanto vale la

Gemma dello Zaffiro, “Dominus Tecum”?

Io rispondo senza esitare: essa ha

tanto valore e preziosità, ed è così degna di

essere offerta alla Vergine Maria, a Gloria

della Santissima Trinità e a vantaggio della

Chiesa terrena e celeste, più che se tu

offrissi alla Gloriosa Vergine tante miniere

di zaffiri, estese quanto la Città di Parigi, e

se Le offrissi i sassolini d’ogni specie che vi

sono al mondo.

Ancora di più, è meglio offrire questo

Zaffiro alla Vergine Maria, che offrirLe

nuovamente l’Arca di Noè con gli animali da

salvare: l’antica Arca, infatti, insieme a tutti

gli animali che vi salirono, andarono in

rovina, invece lo Zaffiro della Regalità non si

deteriora mai, e, mediante Esso, anche i

Servi della Vergine Maria, in Cielo,

regneranno in eterno.

E questo (avviene), perché essi hanno

offerto alla Vergine Maria, ogni giorno, per

centocinquanta volte, il titolo di Regina:

così riceveranno il centuplo nell’eternità,

dal momento che, scriveva San Gregorio:

Servire Dio, è regnare con lui.

Date e vi sarà dato.

E questo perché la Regina Maria ama il

più piccolo Servo del suo Rosario, più di

quanto qualunque Nobile Duchessa o

Contessa o Baronessa abbia mai amato un

suo servo, e lo amasse fino alla sua morte.

E ancora, metti caso che, tutti i fili

d’erba e tutte le foglie degli alberi si

mutassero, per intervento divino, in Regine

che ti amassero, questo elevato amore non

è minimamente paragonabile alla tenerezza

infinita con la quale la Vergine Maria ti ama

ogni qualvolta La servi nel Suo Rosario.

Allora, se le cose stanno così:

1. perché tu non ami Colei che ti ama

con così grande tenerezza, e hai invece

tanto trasporto d’affetto per una semplice

(nobil)donna? E ancora:

2. Perché non hai fiducia di questa

grande Regina, e ti affidi totalmente ad una

delle predette Regine?

3. Se tu dessi una sola gemma

preziosa ad un carnefice o ad un giudice o

ad uno dei loro ausiliari, potresti stare

sicuro che, se mai fossi arrestato, essi ti

rimetterebbero in libertà.

E anzi, ti eviterebbero le sevizie e ogni

violenza.

Dal momento che, dunque, la Vergine

Madre di Dio ti è all’infinito più amica e più

grata per i favori, certamente puoi sperare

la salvezza per mezzo dell’Ave Maria.

Non crederai forse (non sia mai!), che

Ella sia più ingrata dei carnefici?

Secondo San Bernardo infatti, Maria è

la Piena di Grazia, ed ama i peccatori più

di quanto essi amano se stessi, poiché Lei è

ripiena di un Amore infinito, secondo il

Santo Maestro.

II. CINQUANTINA. Da offrire in dono (alla Vergine Maria): I. il Calcedonio della Misericordia; II. lo Smeraldo dello Sposalizio; III. il Sardonico del buon Nome; IV. la Sardonice della Prosperità; V. il Crisolito della Salute. 


http://www.beatoalano.it/pdf/BAdR_vol4_ita.pdf

AVE MARIA GRATIA PLENA!

Santa Giovanna d'Arco



 Non scordiamo santa Giovanna d'Arco