martedì 2 luglio 2019

Per quanti amano il potere.

Dentro e fuori della Chiesa

8 — Alcuni bramano il potere e si appropriano di una affermazione dell’Apostolo ai fini della propria concupiscenza Per lo più coloro che bramano il potere si appropriano della parola con cui l’Apostolo dice: Se qualcuno desidera l’episcopato desidera un buon ufficio (1 Tim. 3, 1), e l’adoperano ai fini della propria concupiscenza. 

Egli tuttavia pur lodando il desiderio volge subito in motivo di timore ciò che ha lodato, perché immediatamente aggiunge: Occorre però che il vescovo sia irreprensibile (1 Tim. 3, 2); e continuando poi a enumerare le virtù necessarie, chiarisce in che cosa consiste questa irreprensibilità. Incoraggia quanto al desiderio, ma incute timore col precetto come se dicesse apertamente: Lodo ciò che voi cercate, ma prima imparate bene che cos’è che cercate, perché se trascurate di misurare voi stessi, la vostra consapevolezza non appaia tanto più disonorevole, in quanto ha fretta di mostrarsi a tutti rivestita della dignità episcopale. 

Così, colui che fu grande maestro del ministero pastorale, da un lato spinge i suoi ascoltatori e incoraggia, dall’altro li trattiene col timore, per difenderli dalla superbia, con la descrizione della perfetta irreprensibilità, e per disporli alla vita che li attende lodando l’ufficio da loro richiesto. 

È da notare però che egli parlava così in un tempo in cui chiunque fosse a capo del popolo veniva condotto per primo ai supplizi del martirio. Allora sì era cosa lodevole aspirare all’episcopato, quando si sapeva con certezza che attraverso di esso si sarebbe giunti alle più gravi torture. Anche per questo il ministero dell’episcopato viene definito con l’espressione buon ufficio, quando è detto: Se qualcuno desidera l’episcopato, desidera un buon ufficio (1 Tim. 3, 1). 

Pertanto, colui che cerca l’episcopato per la gloria di quell’onore e non per il buon ufficio di questo ministero, testimonia da sé, per se stesso, che non è l’episcopato ciò a cui egli aspira. In effetti, non solo egli non ama affatto l’ufficio sacro, ma non sa neppure che cosa sia, lui che anelando alla massima dignità del governo pastorale, nei pensieri nascosti della sua mente si pasce della sottomissione altrui, gode della lode rivolta a sé, esalta il suo cuore al pensiero dell’onore, esulta per l’abbondanza dei beni affluenti da ogni parte. 

Così si cerca il guadagno del mondo, proprio sotto l’apparenza di quella dignità attraverso la quale i guadagni del mondo si sarebbero dovuti distruggere. E quando la mente medita di impadronirsi del sommo grado dell’umiltà avendo di mira la propria esaltazione, muta e deforma nell’intimo ciò a cui aspira esteriormente.  
San Gregorio Magno: Regola Pastorale

MARIA, ROSA MYSTICA A MONTICHIARI – FONTANELLE


PRIMA APPARIZIONE DELLA MADONNA CON TRE ROSE SUL PETTO 
13 LUGLIO 1947



Dal diario di Pierina con omissioni:

"Erano pressappoco le ore quattro del mattino del giorno 13 luglio (nel­la camera all'ospedale di Montichiari). Ero già in preghiera essendo già
stata avvertita per tempo dalla Beata Suor Maria Crocifissa, che sarebbe venuta la Madonna. Assieme con me avevo qualche suora.

In questo frattempo venne la Beata la quale mi invitò a recitare l'atto di dolore, poi dopo un po' di silenzio, volse il capo verso destra in segno di attesa come aspettasse qualcuno. Ed ecco ad un tratto di nuovo quel leg­gero fruscio, che non so a che cosa paragonarlo, come a un delicato vento che viene verso la persona, il quale per se stesso dà già un senso di gioia senza rendersi conto del perché.

Dopo questo dolce avvertimento, vidi una bellissima luce, brillantissima, che si divise in mezzo come una nube che lascia trasparire i raggi del sole. Ecco, in mezzo a questa luce vidi apparire una bellissima Signora, vestita di bianco, come di un raso finissimo, che nello stesso splendore della candida veste aveva riflessi di luce argentei.

Un manto pure bianco, fissato sotto la gola come da un gancio, le scen­deva dal capo ai piedi, lasciando intravedere sulla fronte qualche ciuf­fetto di capelli ondulati di color castano chiaro. Sia il manto che il ve­stito erano uguali di candore e il bordo leggermente ricamato in oro. Di­co ricamato, perché era la formazione di un ricamo, ma formato da un'altra trasparenza di luce color d'oro, che formava come un ricamo.
Appena la vidi non mi vergognai di trovarmi alla sua presenza piena di peccati, anzi il suo sguardo così pieno di bontà m'infuse nell'animo tan­ta gioia, che non potei fare a meno di esclamare:

"Oh! Com'è bella!" Mi figuravo di avvicinarmi a Lei, affinché mi portas­se con sé in Paradiso (...) Dal suo sguardo capii che il mio desiderio di andare con Lei non era accettato. Allora fui io la prima a rivolgere la parola. Nonostante avessi la certezza che fosse la Madonna, volli chie­dere:
'Ditemi in canta, chi siete voi?". Che sorriso di compiacenza mi fece! Col suo atteggiamento così maestoso invitava alla confidenza e con grande dolcezza mi rispose:

"Io sono la Madre di Gesù e la Madre di tutti voi" (...) Quale volto para­disiaco era quello della Madonna! Tante persone che ho visto, mai nes­suno l'ho trovato uguale. Era tanto bello, con lineamenti molto fini, d'un colorito roseo e occhi scuri. Mi è impossibile capire la sua età. L 'aspetto della persona non era di giovinetta; il suo delicato viso era si giovane, ma dalla maestà personale si potrebbe giudicare di 20-25 e anche 30 anni.

(...) Così dicendo la Madonna aprì le braccia che fino allora teneva con­giunte. Nell'aprire le braccia e con esse il manto mi mostrava che le tre
spade, che l'altra volta aveva puntate sul cuore, ora non vi erano più. Infatti al posto di esse spiccavano tre bellissime rose: bianca, rossa e l'al­tra gialla con riflessi oro.
Mi venne spontaneo di abbassare gli occhi e vidi tre spade ai piedi del­la Madonna, in mezzo a tante rose del medesimo colore di quelle che aveva sul petto.

Alzando nuovamente gli occhi vidi che le rose si erano diramate e avevano formato come una nicchia e la Madonna si trovava dentro a que­sto bellissimo roseto, mentre prima l'avevo vista solo con la luce attorno.

Di quanta gioia fui invasa nel vedere che la Madonna non aveva più le tre spade conficcate nel cuore.
(...) Riprese a dirmi con un tono di voce "autorevole" con cui trasmetteva un comando che Essa aveva ricevuto dal Signore:
“Nostro Signore mi manda per portare una nuova Devozione Mariana in tutti gli Istituti e Congregazioni religiose, maschili e femminili, e an­che ai sacerdoti secolari” 

(...) Quando io le chiesi la spiegazione dei sa­cerdoti secolari (perché a dire il vero io credevo che Frati e Preti fossero una sola cosa), subito la Madonna mi fece un sorriso che ispirava mag­gior confidenza (...) e mi rispose:
"Essi sono coloro che vivono nelle loro case, pur essendo Ministri di Dio, mentre gli altri vivono nei Monasteri o Congregazioni".

Qui il suo sguardo si alzò, lo diffuse come abbracciasse una cosa lonta­na e sempre con il sorriso continuò a dire: "Prometto a quegli Istituti re­ligiosi o Congregazioni che più mi onoreranno: che saranno da me pro­tetti, e avranno maggior fioritura di vocazioni e meno vocazioni tradite, meno anime che offendono il Signore col peccato grave, e grande santità nei Ministri di Dio".

(...) Come dissi, il suo sguardo non era diretto solo verso di me, ma era come parlasse a tante persone, e disse:

“Desidero che il giorno 13 di ogni mese sia la Giornata Mariana, alla quale siano premesse preghiere speciali di preparazione per 12 giorni”.
Qui cambiò la sua espressione, diventò triste: "Tale giornata deve essere di riparazione per le offese commesse contro Nostro Signore dalle anime consacrate che con le loro colpe fanno penetrare nel mio cuore e nel cuore del mio Divin Figlio tre pungenti spade".

(...) Riprese il suo delicato sorriso e continuò a dire: "In tal giorno farò
scendere sugli Istituti o Congregazioni religiose che mi avranno onorata abbondanza di grazia e santità di vocazioni.

Tale giorno sia santificato con particolari preghiere, quali la S. Messa, la S. Comunione, il Rosario, l'Ora di Adorazione.

Desidero che il giorno 13 luglio di ogni anno sia festeggiato da ogni Istituto che in ogni Congregazione o Istituto religioso ci siano anime che vivono con grande spirito di preghiera, per ottenere che nessuna vocazio­ne venga tradita" (Qui pareva che la rosa bianca che era sul petto spic­casse di più per dimostrare questo significato).

Dopo un momento di pausa, sempre ferma nel suo atteggiamento e con le mani giunte continuò:
“Desidero pure che vi siano altre anime che vivano di generosità ed amore ai sacrifici, alle prove, alle umiliazioni, per riparare le offese che riceve Nostro Signore dalle anime consacrate che vivono in peccato mor­tale”. (Qui la rosa rossa che era puntata sul petto della Madonna, pare­va che spiccasse di più e dimostrasse il suo significato).
Poi la Madonna fece ancora un attimo di pausa e riprendendo disse:
“Desidero ancora che altre anime immolino totalmente la loro vita per riparare i tradimenti che riceve Nostro Signore dai sacerdoti Giuda” (Qui pure la rosa giallo-oro dava viva espressione di sé stessa).


(...) Dopo un po' di pausa la Madonna continuò, sempre con tanta de­licatezza e dolcezza, a dire:
"L'immolazione di queste anime otterrà dal mio materno Cuore la san­tificazione di questi Ministri di Dio e abbondanza di grazie sulle loro Congregazioni.
Desidero che questa mia nuova devozione sia estesa a tutti gli Istituti re­ligiosi".
Qui la Madonna stette un po' silenziosa. Poi con un sorriso di compia­cenza e con lo sguardo verso la Beata Suor Maria Crocifissa disse:

"Ho scelto questo Istituto per primo, perché la Fondatrice di esso è la 'Di Rosa" la quale ha infuso nelle sue Figlie lo spirito di carità, così che que­ste sono come tante roselline, simbolo di carità". Qui fece un sorriso di gioia: "Ecco perché mi presento circondata da un roseto".

Allora io a nome della Madre Superiora domandai alla Madonna un miracolo esterno in testimonianza della sua venuta.

La Madonna mi rispose con mestizia:
“Io non farò alcun miracolo esterno. il miracolo più evidente avverrà quando queste anime consacrate che da tempo e specie nel periodo del­la guerra si sono rilassate nello spirito, così da tradire la loro vocazione e attirare con le loro gravi colpe castighi e persecuzioni, come avviene attualmente contro la Chiesa, cesseranno di offendere gravemente No­stro Signore e torneranno a rivivere il primitivo spirito dei santi Fonda­tori".

La Madonna rimase in silenzio e lasciò la parola alla Beata Suor M. Crocifissa e le fece cenno di parlare con un gesto tanto delicato.
(...) Mentre la Beata Suor M. Crocifissa parlava e faceva le ultime rac­comandazioni, la Madonna ancora più sorridente e tanto umile pareva palesare che il suo compito di Messaggera era terminato, ma ci indica­va con leggero accenno, di fare ciò che la Di Rosa ci veniva a racco­mandare (...).

Adagio, adagio la luce si affievolì e la bella figura della Madonna e di Suor M. Crocifissa si tolsero ai miei occhi".


Maria, Rosa Mystica, Mater Ecclesiae
ORA PRO NOBIS

lunedì 1 luglio 2019

Magnificat (5)

<< Quia respexit humilitatem ancillae suae >>
Per ben comprendere questo versetto, bisogna unirlo al precedente di cui è il seguito, in questo modo: «Il mio spirito è tutto rapito e trasportato di gioia in Dio mio Salvatore, perché egli ha guardato l’umiltà della sua serva; poiché ecco che tutte le generazioni mi diranno beata».
Questo versetto contiene due cose principali, di cui la prima è espressa in queste parole: «Ha guardato l’umiltà della sua serva». Qual è quest’u­miltà di cui la Vergine parla qui? Le opinioni dei santi Dottori sono divise a questo proposito. Qualcuno dice che tra tutte le virtù, l’umiltà è la sola che non si considera e non conosce affatto se stessa, poiché Colui che si crede umile è superbo, ragion per cui, quando la Beata Vergine dice che Dio ha guardato la sua umiltà, Ella parla non della virtù dell’umiltà, ma della sua bassezza e della sua abiezione.

Ma gli altri dicono che l’umiltà di un’anima non consiste nell’ignorare le grazie che Dio le ha fatto e le virtù che le ha donato, ma nel ricondurre a Lui questi doni, senza attribuire a sé nulla se non il peccato, e che lo Spirito Santo, parlando per bocca di questa Divina Vergine, ci vuol far comprendere che, tra tutte le virtù, Egli ha guardato, amato e si è compiaciuto principalmen­te della sua umiltà, perché, essendosi abbassata al di sotto di tutto, quest’umiltà ha portato la Divina Maestà ad elevarla al di sopra di tutte le cre­ature, rendendola Madre del Creatore. 
«Oh vera umiltà - esclama sant’Ago­stino-, che ha generato Dio agli uomini e che ha donato la vita ai mortali. L’umiltà di Maria è la scala del Cielo per la quale Dio è disceso in terra. Perché che cosa vuol dire, respexit, se non approbabit, ossia: ha approvato? Ve ne erano molti che sembravano umili di fronte agli uomini, ma la loro umiltà non è considerata da Dio, poiché, se essi fossero veramente umili, non si compiacerebbero delle lodi degli uomini, e il loro spirito non si ralle­grerebbe affatto negli applausi di questo mondo, ma soltanto in Dio» (Sermone 2 sull'Assunzione).

«Vi sono due specie di umiltà - dice san Bernardo -. La prima è figlia della verità, e questa è fredda e priva di calore. La seconda è figlia della cari­tà, e questa ci infiamma. La prima consiste nella conoscenza, la seconda nell’affetto. Attraverso la prima conosciamo di essere nulla ed impariamo ciò da noi stessi e dalla nostra propria miseria ed infermità. Attraverso la seconda calpestiamo la gloria del mondo, e lo impariamo da Colui che ha an­nientato se stesso, il quale è fuggito allorquando l’hanno cercato per elevarlo alla gloria della regalità e che, invece di fùggire, si è offerto volontariamente quando l’hanno cercato per crocifiggerlo e per immergerlo in un abisso di obbrobri e di ignominie» (Sermo 42 super Cantica).

La Beata Vergine ha posseduto in sommo grado questi due tipi di umil­tà, specialmente la seconda. Sant’Agostino, san Bernardo, sant’Alberto Ma­gno, san Bonaventura, san Tommaso e tanti altri, ritengono che le parole che lo Spirito Santo ha pronunciato per bocca di questa Santissima Vergine: «Respexit humilitatem» si riferiscano alla vera umiltà.

Se domandate il motivo per cui Dio ha guardato all’umiltà della Santis­sima Vergine, piuttosto che alla sua purezza e alle altre virtù, visto che esse erano tutte presenti in Lei in un grado altissimo, sant’Alberto Magno vi ri­sponderà, con sant’Agostino, che Egli ha guardato piuttosto alla sua umiltà, perché essa gli era più gradita della purezza (Sant'Alberto M. Serm. 2 de Nat.Dom.)
«La verginità è molto lodevo­le - dice san Bernardo -, ma l’umiltà è necessaria. Quella consigliata, que­sta è comandata. Potete salvarvi senza la verginità, ma non vi è affatto sal­vezza senza umiltà. Senza umiltà oso dire che la verginità di Maria non sa­rebbe stata gradita a Dio. Se Maria non fosse stata umile, lo Spirito Santo non sarebbe disceso in Lei, e se non fosse disceso in Lei, Ella non sarebbe la Madre di Dio. Ella è piaciuta a Dio per la sua verginità, ma ha concepito il Figlio di Dio per la sua umiltà, per cui bisogna dedurre che la sua umiltà ha reso la sua verginità gradita alla Divina Maestà» (Omelia 1 super Missus est).

O santa umiltà, sei tu che ci hai donato l’Uomo-Dio e la Madre di Dio e, di conseguenza, sei tu che ci hai donato tutte le grazie, tutti i favori, tutte le benedizioni, tutti i privilegi e tutti i tesori che possediamo sulla terra e che speriamo di possedere un giorno in Cielo. 

Sei tu che hai distrutto tutti i mali e che sei la fonte di tutti i beni! Oh! Quanto dobbiamo stimare, amare e de­siderare questa santa virtù! Oh! Con quale fervore dobbiamo chiederla a Dio! Oh! Con quale ardore dobbiamo ricercare ed abbracciare tutti i mezzi necessari per acquistarla! 

Chi non ha l’umiltà non ha nulla e chi ha l’umiltà possiede tutte le altre virtù. Ne consegue che, sentendo parlare lo Spirito Santo per bocca della Chiesa, sembra che l' Eterno Padre non abbia inviato suo Figlio in questo mondo per incarnarsi ed essere crocifisso, se non al fine d’insegnarci l’umiltà con il suo esempio. 

È quanto dice la Santa Chiesa a Dio in questa orazione della domenica delle Palme: «Omnipotens sempiterne Deus, qui humano generis, ad imitandum humilitatis exemplum, Salvatorem nostrum carnem sumere et crucem subire fecisti». Dice, inoltre, un Santo Padre: «Quod diabolus, per superbiam dejecit, Christus per humilitatem erexit: Ciò che il demonio ha distrutto con la superbia, il Salvatore l’ha rista­bilito con l’umiltà».

Impariamo da ciò quanto è terribile e detestabile la superbia. Come l’umiltà è la fonte di tutti i beni, l’orgoglio è il principio di tutti i ma- li-.«Initium peccati» e, secondo il testo greco: «Initìum omnis peccati», o secondo la dizione siriaca: «Fons peccati superbia: L’inizio e il principio del peccato e di tutto il peccato è la superbia» (San Cesario di Arles, Omelia 18), che lo Spirito Santo chia­ma una apostasia, «apostatare a Deo» (Siracide 10,14). 
 Ne deriva che bisogna attribuire tutti i mali e tutte le disgrazie della terra alla superbia, che è la fonte del peccato. Figuratevi un numero incalcolabile di angeli che Dio aveva creato all’inizio del mondo, più belli e più splendenti del sole, mutati in tanti dia­voli orribili, cacciati dal Paradiso, precipitati nell’inferno e condannati ai supplizi eterni. Qual è la causa di questa sventura? È la superbia di questi spiriti apostati.

Considerate tutte le bestemmie che queste creature ribelli al loro Creato­re vomiteranno eternamente contro di Lui nell’inferno, con tanti milioni e miliardi di peccati che hanno fatto commettere e che faranno commettere agli uomini in tutto l’universo, fino alla fine del mondo, attraverso le loro ten­tazioni. Qual è la causa di tutti questi mali? È la superbia.

Ponetevi davanti agli occhi tanti e tanti milioni di anime che si sono perdute per l’empietà di Maometto, per l’eresia di Ario che è durata trecento anni, per quelle di Nestorio, di Pelagio, di Lutero, di Calvino e di molti altri eresiarchi. Chi ha fatto perdere tutte queste anime? È la superbia, che è la madre di tutte le eresie, dice sant’Agostino: Mater hceresum superbia. 
Infi­ne, immaginatevi tanti miliardi di anime che bruceranno eternamente nelle fiamme divoranti dell’inferno. Qual è la causa di un sì spaventoso disastro, se non la superbia del primo angelo e del primo uomo, che sono le due fonti di tutti i crimini e, di conseguenza, di tutti i mali che ne derivano? Non si è mai potuto - dice san Prospero -, non si può e non si potrà mai commettere alcun peccato senza superbia, poiché ogni peccato non è altro che il disprez­zo di Dio: «Nullum peccatum fieri potest, potuit, aut poterit, sine superbia; siquidem nihil alìud est omne peccatum, nisi contemptus Dei» (De Vita contemplativa, lib 3, capp 3 e 4).

 «Gli altri vizi - dice san Gregorio Magno - combattono soltanto le virtù che sono loro contrarie; ma la superbia, che è la radice di tutti i vizi, non si ac­contenta di distruggere una virtù, è una peste generale che le fa morir tutte» (Moral. Lib. 34,cap.18)
«Come la superbia - dice san Bernardo -, è l’origine di tutti i crimini, così è an­che la rovina di tutte le virtù». «L’ambizione - dice lo stesso Santo -, è un male sottile, un veleno segreto, una peste nascosta, un’opera d’inganno, la fonte dell’ipocrisia, la madre dell’invidia, l’origine dei vizi, il focolare dei crimini, la ruggine delle virtù, la tignola della santità, l'accecamento dei cuori, che cambia i rimedi in mali e la medicina in veleno. Quante anime sono state soffocate da questa peste? Quanti cristiani ha spogliato della veste nuziale, per gettarli nelle tenebre esteriori?» (Serm. 6, in Psal. Qui habitat).

• «Quando la superbia, - dice san Gregorio Magno -, ha preso possesso di un cuore, lo abbandona tosto al furore e al saccheggio dei sette vizi prin­cipali, che sono i capitani della sua armata» (Moral. Lib. 31, cap.31). Ma essa l’assoggetta princi­palmente alla tirannia dell’impudicizia, poiché lo Spirito Santo ci dichiara che la superbia è stata la causa delle abominazioni e della perdizione dei So­domiti: «Haec fuìt iniquìtas Sodomae [...] superbia» (Ez. 16, 49).

«Ogni superbo - dice un santo Padre - è ripieno del demonio: Quisquís superbus est, daemone plenus est» (San Cesario Arles, omelia 23). Non si distinguono più i figli di Dio dai figli del diavolo, se non per l’umiltà e per la superbia: <<Non discernitur filii Dei et filii diaboli, nisi humilitate atque superbia» ( Idem, omelia 18). Quando vedrete un su­perbo, non dubitate che sia un figlio di Satana, ma quando vedrete un uomo umile, credete sicuramente che è un Figlio di Dio: «Quemcumque superbum videris, diaboli esse filium non dubites; quemcumque humilem conspexeris, Dei esse filium confidenter credere debes».

Se, dunque, temiamo d’essere nella schiera degli schiavi di satana e se desideriamo d’essere del numero dei figli di Dio, dobbiamo avere in orrore l’ambizione, l’orgoglio, la superbia, la presunzione e la vanità; dichiariamo una guerra mortale a questi mostri d’inferno e non permettiamo che abbiano mai parte nei nostri pensieri, nei nostri sentimenti, nelle nostre parole e nelle nostre azioni, ma sforziamoci, per quanto potremo, con la grazia di Dio, di stabilirvi il regno della santissima umiltà di Gesù e di Maria.

O Gesù, Re degli umili, fateci la grazia, se così vi piace, di imparare be­ne la divina lezione che ci avete impartito attraverso queste sante parole: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore»: "Discite a Me quia mitis sum et humilis corde" (Mat. 11, 29)


O Maria, Regina degli umili, è a Voi che spetta stroncare/schiacciare la testa del serpente, che è l’orgoglio e la superbia. Schiacciatela dunque interamente nei nostri cuori e rendeteci parcecipi della vostra santa umiltà, affinché pos­siamo cantare eternamente con Voi: «Respexit humilìtatem ancillae suae»per rendere grazie alla Santissima Trinità di essersi talmente compiaciuta della vostra umiltà da rendervi, per essa, degna di essere la Madre del Salva­tore dell’universo e cooperare con Lui alla salvezza di tutti gli uomini.






"MEMENTO, DOMINA, VERBI TUI SERVO TUO

IN QUO MIHI SPEM DEDISTI"

Divinissimo Sangue...

  "Divinissimo Sangue che sgorghi per noi dalle vene del Dio umanato, scendi come rugiada di redenzione sulla terra contaminata e sulle anime che il peccato rende simili a lebbrosi. 

  Ecco, io ti accolgo, Sangue del mio Gesù, e ti spargo sulla Chiesa, sul mondo, sui peccatori, sul Purgatorio. 

 Aiuta, conforta, monda, accendi penetra e feconda, o Divinissimo Succo di Vita. Né ponga ostacolo al tuo fluire l'indifferenza e la colpa. 

  Ma anzi per i pochi che ti amano, per gli infiniti che muoiono senza di Te, accelera e diffondi su tutti questa divinissima pioggia onde a Te si venga fidenti in vita, per Te si sia perdonati in morte, con Te si venga nella gloria del tuo Regno. Così sia." 
  (Preghiera dettata da Gesù a Maria Valtorta)


domenica 30 giugno 2019

MAGNIFICAT (4)







Spiegazione del secondo versetto:


<<Et exultavit spiritus meus in Deo salutari meo>>
Queste Divine Parole pronunciate dalla sacra bocca della Madre del Salvatore, ci mostrano la gioia ineffabile e incomprensibile di cui il suo Cuore, il suo spirito e la sua anima, con tutte le sue facoltà, sono stati ricol­mi e santamente inebriati nel momento dell’Incarnazione del Figlio di Dio in Lei e mentre l’ha portato nelle sue viscere benedette, ed anche durante tutto il resto della sua vita, secondo sant’Alberto Magno e qualche altro Dottore. 

Tale gioia è stata così grande, specialmente nel momento dell’Incamazione che, poiché la sua anima santa è stata separata dal suo corpo nell’ultimo istante della sua vita, per la veemenza del suo amore verso Dio e per l’abbondanza della gioia che aveva di vedersi sul punto di andare con il Fi­glio suo in Cielo, Elia sarebbe altresì morta di gioia alla vista delle bontà inenarrabili di Dio nei suoi riguardi e nei riguardi di tutto il genere umano, se non fosse stata conservata in vita per miracolo. 

Se la storia, infatti, ci fa cre­dere che la gioia ha fatto morire molte persone, in vista di qualche vantaggio temporale che era loro capitato, è a maggior ragione credibile che anche questa Divina Vergine ne sarebbe morta, se non fosse stata sostenuta dalla virtù del divin Bambino che Ella portava nelle sue viscere verginali, visto che Ella aveva i più grandi motivi di gioia che mai vi siano stati e che saran­no mai, ossia:

1) Ella si rallegrava in Dio, in Deo, ossia del fatto che questo Dio è in­finitamente potente, sapiente, buono, giusto e misericordioso e perché ha fatto splendere in maniera sì ammirabile la sua potenza, la sua bontà e tutti gli altri divini attributi nel mistero dell’Incarnazione e della Redenzione del mondo;

2) Ella si rallegrava in Dio suo Salvatore, perché è venuto in questo mondo, per salvarla e riscattarla primariamente e principalmente, preservan­dola dal peccato originale e ricolmandola delle sue grazie e dei suoi favori, con tanta pienezza, da renderla la Mediatrice e la Cooperatrice con Lui della salvezza di tutti gli uomini;

3) Il suo Cuore era ricolmo di gioia per il fatto che Dio l’ha guardata con gli occhi della sua benignità, ossia ha amato e approvato l’umiltà della sua serva, nella quale ha provato una gioia ed una contentezza singolarissi­me. «È qui - dice sant’Agostino - il motivo della gioia di Maria, perché Egli ha guardato l’umiltà della sua serva, come se Ella dicesse: “Mi rallegro della grazia che Dio mi ha fatto, perché è da Lui che ho ricevuto il motivo di questa gioia; ed io mi rallegro in Lui, perché amo questi doni per
suo amore”»;

4)    Ella si rallegrava delle grandi cose che l'Onnipotente Bontà ha opera­to in Lei, le quali sono le più grandi meraviglie che abbia mai fatto in tutti i secoli passati e che compirà in tutti i secoli futuri, come vedremo più avanti, nella spiegazione del quarto versetto;

5)     Ella si rallegrava non soltanto dei favori che ha ricevuto da Dio, ma anche delle grazie e delle misericordie che Egli ha riversato su tutti gli uo­mini disposti a riceverle;

6)    Ella si rallegrava non solamente della bontà di Dio nei riguardi di co­loro che non vi mettono affatto impedimento, ma anche degli effetti della sua giustizia sui superbi, che disprezzano le sue generosità.

* Oltre a ciò la Beata Vergine si rallegrava di una cosa particolarissima, degna della sua bontà incomparabile. È sant’Antonino a parlarne per primo ed io la riporto in questo contesto, affinché ci sproni ad amare e servire Co­lei che ha tanto amore per noi. 
Sant’Antonino, spiegando le parole: «Et exultavit spiritus meus», dice che bisogna intenderle come quelle che Gesù ha pronunciato sulla Croce: «Pater in manus tuas commendo spiritum meum: Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito», ossia vi raccomando tutti co­loro che sono uniti a me per la fede e la carità. Colui che aderisce a Dio non è che un solo spirito con Lui: «Qui autem adhceret Domino, unus spiritus» [Cor. 6,17]
Similmente la Madre del Salvatore - è sempre sant’Antonino che parla -, essendo tutta rapita e come estasiata e trasportata in Dio, allorquando pro­nuncia queste parole: «Exultavit spiritus meus», vede in spirito la moltitudi­ne quasi innumerevole di coloro che avranno una devozione ed un affetto particolare per Lei e che saranno del numero dei predestinati, da cui Ella ri­ceve una gioia inconcepibile.

Stando così le cose, chi non si volgerà ad amare questa Madre tutta buona e tutta amabile, che ha tanto amore per coloro che l’amano, che li guarda ed ama come suo spirito, sua anima e suo Cuore? Ascoltiamo ciò che il beato Lansperge dice a ciascuno di noi, per spronarci a ciò [11] : 

«Vi esorto, mio caro figlio, ad amare la nostra Santissima Signora e la nostra Divina Pa­drona. 
Se desiderate, infatti, preservarvi da un’infinità di pericoli e di tenta­zioni di cui questa vita è piena, se desiderate trovare consolazione e non es­sere oppresso dalia tristezza nelle vostre avversità, se desiderate essere unito inseparabilmente al nostro Salvatore, abbiate una venerazione ed un affetto singolare verso la purissima, amabilissima, dolcissima, fedelissima, grazio­sissima e potentissima Madre. 
Se voi l’amate davvero, infatti, e se v’impegnate ad imitarla con attenzione, sperimenterete che Ella sarà anche per voi una Madre piena di dolcezza e di tenerezza, che Ella è così piena di bontà e di misericordia che non disprezza nessuno e che non abbandona nessuno di coloro che la invoca, non avendo più gran desiderio che di elargire a tutti i peccatori i tesori delle grazie che il Figlio suo le ha posto tra le mani. 
Chiunque ama questa Vergine immacolata è casto; chiunque l’onora è devo­to; chiunque la imita è santo. Nessuno l’ama senza avvertire gli effetti del suo amore reciproco; neppure uno di coloro che hanno una qualche devozio­ne verso di Lei può perire; neppure uno di coloro che s’impegnano ad imi­tarla può mancare di acquistare la salvezza eterna. 
Quanti ha ricevuto nel se­no della sua misericordia, da miserabili peccatori che erano, nella dispera­zione e abbandonati ad ogni sorta di vizi, e che avevano già - se così si può dire -, un piede nell'inferno, e che Ella non ha tuttavia rigettato, quando fe­cero ricorso alla sua pietà, ma che Ella ha strappato dalla gola del dragone infernale, riconciliandoli con il Figlio suo e riportandoli sulla via del Paradi­so? 
È, infatti, una grazia, un privilegio e un potere che suo Figlio le ha dato, di poter condurre a penitenza coloro che l’amano, alla grazia quelli che le sono devoti, e alla gloria del Cielo coloro che si sfoizano di imitarla».

* Se desiderate sapere ora ciò che bisogna fare per amare e lodare il Figlio e la Madre, e per rendere grazie a Dio con Lei per tutte le gioie che le ha dato, ascoltate ciò che Ella stessa disse un giorno a santa Brigida12:

«Io sono  - Ella le disse -, la Regina del12 Cielo. Voi avete premura di sa­pere in che modo mi dovete lodare. Sappiate per certo che tutte le lodi che si rendono a mio Figlio sono le mie lodi e chiunque disonora Lui, disonora me, perché io l’ho amato sì teneramente ed Egli mi ha amato sì ardentemente che Lui ed io non eravamo che un solo Cuore. Egli, poi, ha tanto onorato me, che non ero che un miserabile vaso di terra, da esaltarmi al di sopra di tutti gli angeli. 
Ecco, dunque, come dovete lodarmi, benedicendo mio Figlio.

"Benedetto siate, Voi, o mio Dio, Creatore di tutte le cose, che vi siete degnato di discendere nelle sacre viscere della Vergine Maria! 
Benedetto siate, Voi, o mio Dio, che vi siete degnato di prendere carne immacolata e senza peccato dalla Vergine Maria e che siete rimasto in Lei per nove mesi, senza causarle alcun incomodo. 
Benedetto siate, Voi, o mio Dio, che siete venuto in Maria attraverso la vostra ammirabile Incarnazione, ed essendone uscito attraverso la vostra Nascita ineffabile, l’avete ricolmata interiormente ed esternamente di una gioia incomprensibile.                    Benedetto siate, Voi, o mio Dio, che, dopo la vostra Ascensione, avete ricolmato spesso questa divina Maria, vostra Madre, delle vostre celesti consolazioni e l’avete spesso visita­ta e Voi stesso consolata! 
Benedetto siate, Voi, o mio Dio, che avete traspor­tato in Cielo il corpo e l’anima di questa gloriosa Vergine, e l’avete posta al  di sopra di tutti gli angeli, in un trono davvero sublime, vicino alla vostra Divinità! Fatemi misericordia attraverso le sue preghiere e per amor suo"».

Ecco ancora una della gioie della Regina del Cielo, indicate in queste parole: «Exultavit spiritus meus», che sorpassa infinitamente tutte le altre. 
Molti Santi Padri ed importanti Dottori scrivono che questa Vergine Madre, essendo come estasiata e trasportata in Dio nel momento dell’Incarnazione del Figlio suo in Lei, fu ricolma delle gioie inconcepibili che i Beati possie­dono in Cielo e fu rapita fino al terzo Cielo, laddove ebbe la felicità di vede­re Dio faccia a faccia e chiarissimamente. 
La prova che questi Santi Padri portano si basa su una massima indubitabile tra di loro che, cioè, tutti i privi­legi di cui il Figlio di Dio ha onorato gli altri santi, li abbia comunicati anche alla sua Divina Madre. 
Ora, sant’Agostino, san Giovanni Crisostomo, sant’Ambrogio, sant’Anseimo, san Tommaso e molti altri non fanno affatto difficoltà nel dire che san Paolo, quando era ancora quaggiù vide l’essenza di Dio, quando fu rapito al terzo Cielo. 
Chi può dubitare, dopo ciò, che la Madre di Dio, che ha sempre vissuto in una perfettissima innocenza, che l’ha amato Ella sola più di tutti i santi insieme, non abbia gioito di questo stesso favore, non una volta sola, ma molte, specialmente nel momento feli­ce della concezione del Figlio suo? È l’opinione di san Bernardo, di sant’Alberto Magno, di sant’Antonino e di molti altri.

«O Beata Maria - esclama il santo Abate Ruperto -, un diluvio di gioia, una fornace d’amore ed un torrente di delizie celesti è venuto ad abbattersi su di Voi e vi ha tutta assorbita ed inebriata, facendovi provare ciò che mai occhio umano ha visto né orecchio ha inteso né cuore umano compreso»[13].


Impariamo da ciò che i figli del secolo si trovano in un pericoloso errore e si sbagliano di grosso immaginando che non vi siano affatto gioie e con­tentezze in questo mondo, ma che non vi siano che tristezza, amarezza ed afflizione per coloro che servono Dio. Oh! Quale sbaglio insopportabile! Oh! Quale menzogna detestabile, che non può procedere che da colui che è il padre di tutti gli errori e di tutte le falsità.

 Non abbiamo forse la voce della Verità eterna che grida: «Tribolazione e angoscia a coloro che fanno il ma­le; ma gloria, onore e pace a tutti coloro che fanno il bene»[14]; e che il cuore dell’uomo è simile a un mare che è sempre agitato, turbato e sconvolto; e che il timore di Dio cambia i cuori di coloro che l’amano in un Paradiso di gioia, di allegrezza, di pace, di contentezza e di delizie inspiegabili: «Timor Domini delectabìt cor, et dabit laetitiam et gaudium»[15]; e che i veri servi di Dio possiedono una felicità più solida, più vera e più grande, persino in mezzo alle grandi tribolazioni, di tutti i piaceri di coloro che seguono il partito di Satana? Non intendete, forse san Paolo che assicura di essere ricolmo di consolazione e che naviga nella gioia in mezzo a tutte le sue tribolazioni?[16]

Volete conoscere queste verità per esperienza? «Gustate ed videte quonìam suavis est Dominus: Gustate e vedete quanto è buono il Signore»[17], pieno di bontà, di amore e di dolcezza per i suoi veri amici. 
Ma se desiderate fare questa esperienza, è necessario rinunciare ai falsi piaceri e alle ingannevoli delizie di questo mondo, per lo meno ai piaceri illeciti che dispiacciono a Dio e che sono incompatibili con la salvezza eterna; poiché lo Spirito Santo affer­ma che non possiamo bere alla coppa del Signore e alla coppa dei demoni e che è impossibile mangiare alla tavola di Dio e alla tavola dei diavoli: «Non potestis calicem Domini bibere et calicem daemoniorum, non potestis mense Domini participes esse, et mense daemoniorum»18. 
Se, dunque, desiderate mangiare alla tavola dei Re del Cielo e bere alla sua coppa, rinunciate del tutto alla tavola dell’infemo e alla coppa dei diavoli, e allora sperimenterete quanto siano vere le Divine Parole: «Inebriabuntur ab ubertate domus tuae, et torren­te voluptatis tuae potabìs eos: gli uomini [...] si saziano [Signore] all’abbondanza della ma casa e li disseti al torrente delle tue delizie»19.



O Vergine Santa, imprimete nei nostri cuori una partecipazione al di­sprezzo, all’avversione e al distacco che il vostro Cuore verginale ha sempre portato verso i falsi piaceri della terra ed otteneteci dal Figlio vo­stro la grazia di porre tutta la nostra contentezza, la nostra gioia, le nostre delizie nell’amarlo e glorificarlo, e nel servirvi ed onorarvi con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima e con tutte le nostre forze.





[7] Sup. Magnificat.
[8] Part. 4, tit. 15, cap. 2, § 29.
[9] Lc. 23,46.
[10]  Cor 6,17.
[11]   Lansperge, Epist. 23.
[12]Revel., lib. 1, cap. 9.
[13]   Ruperto,in Cant.,1.
[14]  «Tribulatio et angustia in omnem anìmam hominis operantis malum. [...] Gloria autem, et honor, et pax omni operanti bonum»(Rm 2,9-10).
[15]  Sir 1,12.
[16] «Repletus sum consolatione, superabundo gaudio in omni tribulatione nostra» (2 Cor 7,4).
[17] Sal 33,9.
(18) 1 Cor 10,20-21.
[19]Sal 35,9.


MARIA MATER GRATIAE MATER MISERICORDIAE
TU ME AB HOSTE PROTEGE
ET MORTIS HORA SUSCIPE