venerdì 19 gennaio 2018

San Fabiano, papa, e san Sebastiano




Fabiano Romano, resse la Chiesa da Massimino fino a Decio, e divise le sette regioni della città fra sette diaconi, i quali avessero cura dei poveri. 

Creò altrettanti suddiaconi i quali raccogliessero gli Atti dei Martiri scritti da sette notai. 
Stabilì pure, che ogni anno il Giovedì Santo, bruciato il vecchio, si rinnovasse il crisma. 
Infine, ricevé la corona dei martirio il 20 di Gennaio nella persecuzione di Decio, e fu sepolto nel cimitero di Callisto sulla via Appia, dopo aver governato per quindici anni e quattro giorni. 

Egli fece cinque ordinazioni nel mese di Dicembre, nelle quali creò ventidue preti, sette diaconi e undici vescovi per luoghi diversi.
*
Sebastiano, di padre Narbonese e madre Milanese, fu caro a Diocleziano per la nobiltà della sua nascita e per il suo valore. 

Capo della prima coorte, aiutava coll'opera e coi beni i Cristiani la cui fede professava segretamente; e colle sue esortazioni fortificava talmente quelli che vedeva paventare la violenza dei tormenti, che molti si offrivano spontaneamente ai carnefici per Gesù Cristo. 
Tra questi ci furono i fratelli Marco e Martelliano, ch'erano imprigionati a Roma presso Nicostrato: la cui moglie Zoe alle preghiere di Sebastiano ricuperò la voce che aveva perduta. 

Le quali cose riportate a Diocleziano, questi si fece venire Sebastiano, e, dopo averlo fortemente ripreso, si sforzò con ogni artifizio di distornarlo dalla fede di Cristo. Ma non riuscendo a nulla né colle promesse né colle minacce, fattolo legare ad un palo, ordinò che lo si trafiggesse con frecce.

Credendolo tutti morto, una santa donna, Irene, lo fece prendere di notte per dargli sepoltura; ma trovatolo vivo, lo curò in casa sua.

Pertanto riacquistata poco dopo la salute, si fece incontro a Diocleziano, e gli rimproverò ancor più liberamente la sua empietà. 
Alla sua vista dapprima questi stupì, credendolo morto; poi e per la novità della cosa e per il severo rimprovero di Sebastiano acceso di collera, comandò che venisse battuto con verghe finché rese l'anima a Dio. 
Il suo corpo venne gettato in una cloaca, ma Lucina avvertita in sogno da Sebastiano dove era e dove voleva essere inumato, lo seppellì nelle Catacombe, dove fu poi edificata una celebre Basilica sotto il nome di san Sebastiano.

AMDG et DVM

Un'anima vale tanto che Dio è pronto a dare la vita per essa

"Ti stai occupando delle cose del mondo 
volte a soddisfare la tua carne
e ti dimentichi di avere un'anima che 
va curata e guarita
poiché è ammalata gravemente e sta per morire" (26.7.04)

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--------------Pubblico un sostanzioso e coraggioso intervento cattolico del Signor Samuel Colombo in difesa della Verità conculcata durante la partita in atto tra le due squadre del Bene e del male

14.1.'18
Oggi è sicuramente un giorno di grande sofferenza per il Cuore Immacolato di Maria.
Giorno di silenzio e riflessione.
Giorno di persecuzione contro coloro che ascoltano il richiamo del Padre a custodire il gregge ormai disperso.
Oggi è un giorno di scelta di preghiera ai piedi della croce.
Cari eletti oggi un agnello si sacrifica per la Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
Dove sono i pastori che con la loro consacrazione dovevano portare nel loro ministero la verità?
Dove sono i pastori che si professano fedeli alla Chiesa Cattolica?
Hanno forse prestato giuramento al falso profeta?
Hanno forse proferito parole di sudditanza a Francesco?
Dove sono?
Ritengono questa Massoneria che si insinua nella Chiesa cattolica qualcosa che non li tocca, non li riguarda in prima persona ?!
Dove sono?
Dove sono i pastori che hanno giurato fedeltà alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana? 
Si stanno forse vendendo per poche monete?
Pensano di custodire così la loro anima?
Il grido del Padre arriverà forte e non lascerà impuniti coloro che daranno potere alla Massoneria di agire e di ultimare la falsa ‘chiesa della misericordia’ prima della manifestazione e dell’insediamento dell’anticristo.
Pastori avete paura di condanne?
Avete paura di scomuniche?
Avete paura di ripercussioni?
Allora vi chiedo.. Sarete i primi a dare l’esempio mettendo il microchip?!
Voi sarete i primi responsabili dello smarrimento delle anime!
Chi crea confusione non è colui che porta la verità, la chiarezza, la fedeltà ma il re della menzogna che si nasconde sotto false vesti dietro volti apparentemente genuini, dietro a discorsi di pura facciata.
La confusione è il mezzo di satana per convincere e indurre l’uomo all’errore.
I primi discepoli di Gesù sono morti martiri perché hanno difeso la Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
L’hanno difesa senza paura di ripercussioni.
La difesa della verità porta con sè sempre un prezzo da pagare. Il prezzo dell’agnello sacrificato.
La fedeltà al Padre scatena satana e i suoi demoni che vogliono disperdere il maggior numero di anime.
Padre Alessandro Minutella è portatore della verità, della fedeltà e sarà provato, tentato nel corpo e nello spirito e così coloro che decideranno di seguire il suo esempio senza se e senza ma.
Non si tratta di scegliere se esporsi o meno, se dichiararsi sostenitori o meno.
Si tratta di decidere se continuare a portare la Croce o nascondersi.
Si tratta di decidere se accettare la croce della fedeltà o nascondersi così da permettere al male di diffondersi.
Qual è il compito di un vero discepolo?
La fedeltà al Padre, la fedeltà al Vangelo, la fedeltà alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
La preghiera senza la fedeltà non è nulla perché la preghiera è l’atto di fiducia e abbandono al Padre.
Quando Gesù veniva condotto al macello senza dignità, spogliato di tutto.. la Madre era lì con Lui, era ai piedi della Croce. È venuta incontro a Gesù abbracciandolo sulla via del calvario.
Non ha provato vergogna, non si è nascosta per paura, non ha dato ascolto alle malelingue che professavano contro di Lui.
Era lì a difendere la verità. Era lì sorretta dalla preghiera.
La Mamma Santissima, Colei che schiaccia la testa del serpente è il primo esempio.
Si è espressa, con la Sua presenza, contro sacerdoti e falsi ministri.
Padre Alessandro Minutella è uno, ma la sua forza intimorisce perché i poteri forti e occulti non riescono a controllarlo.
Intimorisce perché non riescono a fermare la sua azione, il suo parlare.
Anche a Gesù è stata mossa l’accusa di sollevare le folle contro la legge di Mosè.
Anche Gesù secondo i sacerdoti del tempo creava confusione, disordine.
Questo è l’agire di satana.
Cari eletti rimanete uniti e non abbiate paura di difendere la verita!
Non abbiate paura di essere perseguitati!
Non abbiate paura della prigionia!

giovedì 18 gennaio 2018

UN GRANDE GIARDINO

18.1.18 A.D. del Terzo Millennio d. Conchiglia


Le parabole di Gesù
(058)
Parabola del giardino (Quaderni '43 -5/7/43)

La mia Chiesa è simile ad un grande giardino che circonda il palazzo di un grande re. Il re per motivi suoi, non esce dal palazzo e perciò dopo avere seminato i fiori e le piante più belle, ha delegato un giardiniere a tutelare la sua Chiesa. Il giardiniere, a sua volta, ha molti aiutanti che lo coadiuvano.
Nel giardino vi sono fiori e piante di tutte le specie. Dal re furono sparpagliate sulle aiuole, per renderle fertili, tutte le sostanze fertilizzanti e una volta fiorivano solo fiori e piante utili e belle. Nel centro del giardino è una fontana dalle sette bocche che manda i suoi canali per ogni dove e alimenta e ristora piante e fiori.
Ma il Maligno, nell'assenza del re, è entrato ed ha sparso a sua volta semi nocivi. Di modo che ora il giardino presenta un aspetto disordinato, per non dire desolante. Erbacce malsane, spinose, venefiche, si sono distese dove prima erano bordure, aiuole, cespugli bellissimi e li hanno soffocati e resi grami perchè hanno succhiato gli umori della terra e impedito al sole di scendere sulle pianticelle.
Il giardiniere e i suoi aiutanti si affannano a rimondare, ad estirpare, a raddrizzare pianticelle piegate sotto il peso di altre malsane. Ma se lavorano di quà, il Maligno lavora di là e così il giardino presenta sempre il suo aspetto desolato. Serpi, rospi, lumache approfittano del disordine per annidarsi. per rodere, per sbavare. Qua e là qualche pianta robusta resiste a tutto e fiorisce alta nel cielo, qualche aiuola anche, specie se di gigli e rose. Ma le belle bordure delle margheritine e delle violette sono quasi completamente cancellate.
Quando il re verrà, non conoscerà più il suo bel giardino divenuto selvaggio e con ira strapperà le erbacce, schiaccerà gli animali lubrici, coglierà i fiori rimasti e li porterà nel suo palazzo, cancellando per sempre il giardino.

AMDG et DVM

Sant'Agostino

SUL SALMO 42

(che si prega all'inizio d'ogni Santa Messa)

ESPOSIZIONE
Discorso al popolo

1. Questo salmo è breve; soddisfa gli animi degli ascoltatori, e non è molesto allo stomaco di chi è digiuno. Si nutra di questo la nostra anima, che chi canta in questo salmo, dice che è triste; triste credo per qualche digiuno che ha fatto, o meglio per la sua fame. Infatti il digiuno è volontario, mentre la fame è imposta dalla necessità. Ha fame la Chiesa, ha fame il Corpo di Cristo, e quell'Uomo che si trova ovunque, il cui Capo è in alto, mentre le membra sono in basso; dobbiamo sentire ormai nota e familiare, come fosse la nostra, la sua voce in ogni salmo, sia che canti o che gema, si allieti nella speranza oppure sospiri per qualche cosa. Non è necessario dunque trattenerci a lungo per chiarirvi chi è che qui ci parla; sia ciascuno di voi nel Corpo di Cristo, e qui parlerà.
Convivenza dei buoni con i cattivi.
2. [v 1.] Ma voi conoscete tutti coloro che progrediscono, e coloro che anelano a quella città celeste, che riconoscono il loro esilio, che non perdono la via, che hanno fissato nel desiderio di quella saldissima terra, come fosse un'ancora, la loro speranza; sapete dunque che questo genere di uomini, questo buon seme, questo frumento di Cristo in mezzo alla zizzania geme; e ciò accade finché non verrà il tempo della mietitura, cioè fino alla fine del mondo, come ci dice la Verità che non sbaglia 1

Gemendo dunque in mezzo alla zizzania, cioè in mezzo agli uomini malvagi, in mezzo agli ingannatori e ai seduttori, o agli agitati dall'ira o agli avvelenati dalle insidie, rendendosi conto di essere insieme con loro come in uno stesso campo sparso per tutto il mondo, che riceve una stessa pioggia, che ugualmente è percosso dal vento, che parimenti è nutrito in mezzo alle avversità, che ha insieme a costoro in comune gli stessi doni di Dio, ugualmente concessi ai buoni e ai malvagi da colui che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui malvagi e fa piovere su giusti ed ingiusti 2; vedendo dunque il seme di Abramo, il seme santo, avere ora in comune con i malvagi, dai quali a suo tempo sarà separato, tante cose, in quanto ugualmente nasce, riceve in sorte la stessa condizione umana, parimenti porta un corpo mortale, insieme usa della luce, delle fonti, dei frutti, delle prosperità e delle avversità del secolo, della fame, dell'abbondanza, della pace, della guerra, della salute, della peste; orbene vedendo quante cose ha in comune con i malvagi, con i quali tuttavia non ha in comune la causa, prorompe in queste parole: giudicami, Dio, e distingui la mia causa dalla gente non santa. Dice: Giudicami, Dio; non temo il giudizio perché ho conosciuto la tua misericordia. Giudicami, Dio, e distingui la mia causa dalla gente non santa. 

Per ora in questo esilio non ancora distingui il mio posto, perché vivo insieme con la zizzania fino al tempo della mietitura; non ancora distingui la mia pioggia, non ancora distingui la mia luce: ebbene distingui la mia causa. C'è distanza fra colui che crede in te e colui che non crede in te. Pari è la debolezza, ma diversa è la coscienza; pari è la fatica, ma diverso è il desiderio. Il desiderio degli empi perirà; dovremmo dubitare anche del desiderio dei giusti se non fossimo certi della promessa che ci è stata fatta. Il fine del nostro desiderio è colui stesso che ci ha fatto tale promessa. Darà se stesso, perché se stesso ha dato, darà se stesso immortale agli immortali, perché ha dato ai mortali se stesso mortale. Giudicami, Dio, e distingui la mia causa dalla gente non santa. Liberami dall'uomo ingiusto e ingannatore cioè liberami dalla gente non santa. Dall'uomo, cioè da quel certo genere di uomini: c'è uomo e uomo, e tra questi due uno sarà accolto ed uno sarà abbandonato 3.
Tristezza del peccatore e gioia dei giusti.
3. [v 2.] È necessaria dunque con pazienza sopportare fino alla mietitura una certa, se così si può dire, indivisa divisione; perché sono insieme e perciò non ancora sono divisi; ma la zizzania è zizzania, e il frumento è frumento, e perciò già sono divisi. È dunque necessaria la fortezza che dobbiamo implorare da colui che ci ha ordinato di essere forti e, se egli non ci farà forti, non saremo ciò che ci ha ordinato per mezzo di colui che ha detto: Chi avrà perseverato fino alla fine, costui sarà salvo 4

E, affinché l'anima stessa non si indebolisca arrogandosi la forza, subito aggiunge: Dato che tu sei il mio Dio, la mia forza, perché mi hai scacciato, e perché, rattristato avanzo mentre il nemico mi affligge? Egli cerca la causa della sua tristezza. Dice: Perché rattristato avanzo mentre il nemico mi affligge? Cammino rattristato, il nemico mi affligge con le sue quotidiane tentazioni, suggerendo ora un amore disordinato, ora un disordinato timore; e nell'anima, combattendo contro l'una e l'altra, anche se non ne è schiava, tuttavia corre pericolo, si rattrista e dice a Dio: Perché? Cerchi dunque da se stesso, e udrà perché. Cerca infatti nel salmo la causa della sua tristezza, dicendo: Perché mi hai scacciato, e perché rattristato cammino? Ascolti Isaia, lo soccorra quel passo, che ora è stato recitato: Lo spirito da me se ne andrà, e io ho emesso ogni soffio, a cagione del piccolo peccato io l'ho reso triste, io ho distolto la mia faccia da lui; ed è rattristato. e se ne va triste sulle sue vie 5. Che andava dunque cercando: perché mi hai scacciato, e perché rattristato cammino? Hai ascoltato perché: a cagione del peccato. 

La causa della tua tristezza è il peccato: sia la giustizia la causa della tua gioia. Volevi peccare, e non volevi portarne il peso; come se poco fosse stato per te l'essere ingiusto, avresti voluto che fosse ingiusto anche lui, dal quale non volevi essere punito. Ascolta in un altro salmo queste parole più chiare: bene è per me che tu mi abbia umiliato, affinché io apprenda le tue giustificazioni 6. Inorgoglito io avevo appreso le mie ingiustizie, apprenda umiliato le tue giustificazioni. Perché rattristato cammino, mentre il nemico mi affligge? Cerchi chi è questo nemico; egli veramente ti affligge, ma sei tu che gli hai dato l'occasione. Ed ora sai che cosa fare; prendi la tua decisione, accetta il re, respingi il tiranno.
Dio luce e verità.
4. [v 3.] Ma per far questo, stai attento a che cosa dice, che cosa supplica, che cosa prega. Prega ciò che ascolti, prega quando ascolti; e di tutti noi sia questa voce: Manda la tua luce e la tua verità; esse mi hanno sollevato e mi hanno condotto nel tuo monte santo e nella tua tenda. Parla della tua luce e della tua verità; questi sono due nomi, ma una sola è la cosa. Che altro è infatti la luce di Dio, se non la verità di Dio? E che cosa è la verità di Dio se non la luce di Dio? E ambedue queste cose sono il solo Cristo. Io sono la luce del mondo, chi crede in me non camminerà nelle tenebre 7. Io sono la via, la verità e la vita 8. Egli è la luce, egli è la verità. 

Venga dunque, e ci liberi distinguendo finalmente la nostra causa da quella della gente non santa; ci liberi dall'uomo ingiusto e ingannatore; separi il frumento dalla zizzania; perché è lui stesso che manderà i suoi angeli alla stagione della mietitura per raccogliere dal suo regno ogni scandalo e gettarli nel fuoco ardente, mentre riuniranno nel granaio il suo frumento 9. Manderà la sua luce e la sua verità; perché esse già ci hanno condotto nel suo santo monte e nella sua tenda. Abbiamo un pegno, speriamo il premio. Santo è il suo monte, santa è la sua Chiesa. Quello è il monte che da una piccolissima pietra tanto crebbe, secondo la visione di Daniele, da schiacciare i regni terreni, e a tal punto divenne grande, da riempire tutta la superficie della terra 10. In questo monte dichiara di essere esaudito colui che dice: Gridai con la mia voce al Signore, ed egli mi esaudì dal suo monte santo 11

Chiunque prega al di fuori di questo monte non speri di essere esaudito in vista della vita eterna. Molti infatti sono esauditi per molte altre cose. Non si rallegrino perché sono stati esauditi; furono esauditi anche i demoni, tanto che furono lasciati entrare nei porci 12. Aneliamo ad essere esauditi per la vita eterna, con il desiderio con cui diciamo: manda la tua luce e la tua verità. Quella luce penetra l'occhio del cuore: beati infatti i puri di cuore perché essi vedranno Dio 13. Ma ora siamo nel suo monte, cioè nella sua Chiesa, e nella sua tenda. La tenda è propria dei pellegrini, la casa è invece propria di coloro che hanno una dimora stabile; e c'è anche una tenda dei pellegrini e dei soldati. Quando odi parlare della tenda, intendi la guerra, e guardati dal nemico. Ma quale sarà la casa? Beati coloro che abitano nella tua casa, nei secoli dei secoli ti loderanno 14.
Valore della tribolazione.
5. [v 4.] Condotti ormai alla tenda e collocati sul suo santo monte, quale speranza nutriamo? Ed entrerò all'altare di Dio. C'è infatti un certo altare invisibile e sublime, al quale non si avvicina l'ingiusto. A quell'altare si avvicina soltanto colui che si accosta sicuro al suo santo monte, ivi ritroverà la sua vita colui che in questo monte distingue la sua causa. Ed entrerò all'altare di Dio. Dal suo santo monte, dalla sua tenda, dalla sua santa Chiesa entrerò all'altare sublime di Dio. Quale sacrificio vi si compie? Colui stesso che entra è assunto quale olocausto. Entrerò all'altare di Dio. Che significano le parole: all'altare di DioA Dio che allieta la mia giovinezza. Giovinezza significa novità; è come se dicesse: a Dio che rallegra la mia novità. Rallegra la mia novità, colui che rattrista la mia vecchiezza. Infatti ora, rattristato, cammino nella vecchiaia, ma allora starò in piedi, lieto nella novità. 

Ti loderò con la cetra, Dio, Dio mio. Che cosa significa lodare con la cetra e lodare con il salterio? Non sempre infatti si loda con la cetra e neppure sempre con il salterio. Questi due strumenti musicali differiscono l'uno dall'altro e la loro differenza è degna di considerazione e di essere ricordata. Ambedue si tengono con le mani e si toccano e sono l'immagine di qualche nostra opera corporale. Ambedue sono buoni, sempreché chi li usa sappia suonare il salterio o sappia suonare la cetra. Ma il salterio è così chiamato perché nella parte superiore ha la cassa armonica; si tratta di un timpano di un legno concavo in cui le corde toccate risuonano; mentre la cetra ha lo stesso legno concavo e sonoro nella parte inferiore. Dobbiamo perciò distinguere le nostre opere quando sono nel salterio e quando sono nella cetra, anche se ambedue sono gradite a Dio e dolci al suo udito. 

Quando dunque facciamo qualcosa che ci è indicata dai precetti di Dio, attenendoci ai suoi ordini ed agendo per adempiere i suoi comandamenti, e questo facciamo senza soffrire si tratta del salterio. Così si comportano infatti anche gli angeli; essi non subiscono certo alcuna sofferenza. Quando invece abbiamo qualche tribolazione, subiamo qualche tentazione o qualche scandalo in questa terra, poiché soffriamo nella nostra parte inferiore per il fatto che siamo mortali e dobbiamo le tribolazioni alla nostra prima origine, ed esse ci derivano da coloro che sono inferiori a noi, allora si tratta della cetra. Il suono soave viene infatti dalla parte inferiore; noi soffriamo e cantiamo, o meglio cantiamo e suoniamo la cetra. 

Quando l'Apostolo dichiarava che evangelizzava e predicava il Vangelo a tutto il mondo in forza del comandamento di Dio, in quanto diceva di avere ricevuto quel Vangelo non dagli uomini e neppure per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo 15, dall'alto risuonavano le corde; quando invece diceva: ci gloriamo nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione suscita la pazienza, la pazienza la prova, la prova la speranza 16, la cetra suonava nella sua parte inferiore, ma con estrema dolcezza. La pazienza è sempre gradita a Dio. Se però in tali tribolazioni sei venuto meno, allora hai spezzato la cetra. Perché dunque ora ha detto: ti loderò con la cetra? Così si è espresso perché prima aveva detto: perché tristemente cammino mentre il nemico mi affligge? Soffriva insomma qualche afflizione nella sua parte inferiore, e in ciò stesso tuttavia voleva essere gradito a Dio e si sforzava di rendere grazie a Dio, forte nelle tribolazioni; e poiché non poteva essere senza tribolazioni offriva a Dio la sua pazienza. Ti loderò con la cetra, Dio, Dio mio.
L'immagine di Dio in noi.
6. [v 5.] E di nuovo si rivolge alla sua anima, affinché essa capti il suono che echeggia da quel legno sonoro che sta nella parte inferiore: Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi? Sono nelle tribolazioni, nella tristezza, nei dolori, e perché mi turbi, o anima? Chi dice queste parole? A chi le dice? Tutti sappiamo che le dice all'anima; è evidente che questo discorso è diretto a lei. Perché sei triste anima mia e perché mi turbi? Cerchiamo chi è colui che parla. È forse la carne che parla all'anima, dato che la carne senza l'anima non parla? È più logico peraltro che sia l'anima a parlare alla carne, piuttosto che la carne a parlare all'anima. Ma allora perché non ha detto: perché sei triste, carne mia, ma ha detto: perché sei triste, anima mia? Inoltre, se fosse l'anima a parlare alla carne, probabilmente non avrebbe detto: perché sei triste: ma avrebbe detto: perché ti duoli? Il dolore dell'anima infatti è detto tristezza; il disagio che si manifesta nel corpo può esser detto dolore, ma non tristezza. 

Ma molte volte l'anima si rattrista per il dolore del corpo. Interessa quindi sapere cos'è che duole, e cos'è che rattrista. Duole la carne e l'anima è triste; e chiarissime sono queste parole: perché sei triste, anima mia? Non è dunque l'anima che parla alla carne, dato che non ha detto: perché sei triste carne mia? Ma neppure è la carne che parla all'anima, perché è assurdo che l'inferiore parli con il superiore. Ci rendiamo conto di conseguenza di possedere qualcosa ove sta l'immagine di Dio, la mente e la ragione. La mente stessa invocava la luce di Dio e la verità di Dio. È per suo mezzo che comprendiamo ciò che è giusto e ciò che è ingiusto; che distinguiamo il vero dal falso; esso si chiama intelletto, quell'intelletto di cui mancano le bestie; e chiunque trascura questo intelletto, e lo pospone alle altre cose e si muove quasi non l'avesse, ascolti il salmo: non siate come il cavallo e il mulo che non hanno intelletto 17. È dunque il nostro intelletto che parla alla nostra anima. Essa nelle tribolazioni si è snervata, stancata nelle angosce, ripiegata nelle tentazioni, ammalata nelle fatiche. La mente che comprende dall'alto la verità, solleva l'anima e le dice: perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi?
Tutto dobbiamo attenderci dal Signore.
7. Osservate un po' se questo discorso non si ritrova in quel conflitto di cui parla l'Apostolo il quale, prefigurando in sé alcuni e forse prefigurando proprio noi, dice: Amo con voi la legge di Dio secondo l'uomo interiore ma vedo un'altra legge nelle mie membra cioè i sentimenti carnali; e in questa lotta quasi disperata invoca la grazia di Dio: Me misero uomo, chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore 18Il Signore stesso si è degnato di prefigurare in sé tali forze che tra loro combattono, allorché dice: triste è l'anima mia sino alla morte 19. Egli sapeva infatti per cosa era venuto. Temeva forse la passione colui che aveva detto: Ho il potere di dare la vita mia, ed ho il potere di riprenderla di nuovo; nessuno la toglie a me, ma io stesso la do, e di nuovo la prendo 20

Ma quando dice: triste è l'anima mia sino alla morte, raffigura in se stesso le sue membra. Di solito infatti lo spirito già crede con certezza e con sicurezza sa che l'uomo sarà, secondo la sua fede, nel seno di Abramo; crede questo, e tuttavia, quando viene il momento della morte, si turba per l'abitudine che ha fatto alla vita in questo secolo; tende l'udito a quella voce interna di Dio, ascolta l'intimo e spirituale canto. Così dall'alto risuona nel silenzio qualcosa, non alle orecchie, ma alla mente; per cui chiunque ode quella melodia, prova disgusto per lo strepito del corpo, e tutta questa vita umana è per lui solo rumore assordante che gli impedisce di udire quel suono sublime, straordinariamente piacevole, incomparabile e ineffabile. E parimenti quando, colpito da qualche turbamento, l'uomo subisce violenza, lo spirito dice all'anima sua: perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi? È forse per questo che difficilmente si trova una vita purificata, quando giudica colui che sa giudicare secondo un'estrema purità e sicurezza? Per quanto la vita in mezzo agli uomini sia degna di lode in modo che gli uomini non hanno di che rimproverare con giustizia, si sviluppa il giudizio da parte del Signore, si applica la regola con una equanimità che non conosce errore, e trova nell'uomo qualcosa che Dio rimprovera, e che agli uomini non sembrava degno di rimprovero, neppure a colui che è sottoposto a giudizio. È forse temendo questo che l'anima si turba; le si rivolge allora la mente come dicendole: perché temi i peccati, dal momento che non puoi evitarli tutti? Spero nel Signore perché io a lui confesserò. 

Questo discorso risana un po', il resto è purificato dalla fedele confessione. Hai diritto di temere, se ti consideri giusto, e se non hai presenti le parole di quell'altro salmo: Non venire a giudizio con il tuo servo. Perché: non venire a giudizio con il tuo servo? La tua misericordia mi è necessaria. Se applicherai infatti il giudizio senza misericordia, dove andrò a finire? Se terrai conto delle ingiustizie, Signore, chi spererà? 21 Non venire a giudizio con il tuo servo, perché nessun vivente può giustificarsi dinanzi a te 22. Non sarà dunque giustificato al tuo cospetto alcun vivente, perché chiunque qui vive, anche se vive giustamente, guai a lui se Dio entrerà in giudizio con lui. Per mezzo del profeta il Signore così rimprovera gli arroganti e i superbi: Perché volete entrare con me in giudizio? Tutti mi avete abbandonato, dice il Signore 23

Non entrate dunque in giudizio; dàtti da fare per essere giusto; e qualunque cosa tu sia stato, confessati peccatore; sempre spera nella misericordia: e in questa umile confessione parla sicuro con la tua anima che ti turba e tumultua contro di te. Perché sei triste, anima mia, e perché mi turbi? Forse volevi sperare in te; Spera nel Signore, non in te. Cosa sei in te e cosa si può attendere da te? Egli sia la tua salvezza, lui che ha accettate le ferite per te. Spera nel Signore, perché lui confesserò. Che cosa confesserai? che egli è la salvezza del mio volto, il mio Dio. Tu sei la salvezza del mio volto, tu mi sanerai. Ti parlo da malato; riconosco il medico, non pretendo di essere sano. Che significa: riconosco il medico, e non pretendo di essere sano? Significa ciò che in un altro salmo è detto: Io dissi: Signore abbi pietà di me, risana l'anima mia, perché ho peccato contro di te 24.
Digiuno ed elemosina.

8. Questa supplica, fratelli, è sicura; ma vigilate nelle opere buone. Toccate il salterio obbedendo ai comandamenti, toccate la cetra, sopportando le passioni. Spezza il tuo pane per chi ha fame 25, ha detto Isaia; non credere che sia sufficiente il digiuno. Il digiuno ti mortifica, non soccorre gli altri. Saranno fruttuose le tue privazioni se donerai ad altri con larghezza. Ecco, hai defraudato la tua anima; a chi darai ciò che ti sei tolto? dove porrai ciò che hai negato a te stesso? Quanti poveri potrebbe saziare il pranzo che noi oggi abbiamo interrotto! Il tuo digiuno deve essere questo: mentre un altro prende cibo, godi di nutrirti della preghiera per la quale sarai esaudito. Continua infatti Isaia: mentre ancora tu parli, io ti dirò: ecco son qui; se spezzerai di buon animo il pane a chi ha fame 26; perché di solito ciò vien fatto con tristezza e brontolando, per evitare il fastidio di colui che chiede, non per ristorare le viscere di chi ha bisogno. Ma Dio ama chi dona con letizia 27. Se avrai dato il pane con tristezza, hai perduto il pane e il merito. Fa' dunque questo di buon animo; affinché colui che vede dentro mentre ancora stai parlando, ti dica: ecco son qui. Con quanta celerità sono accolte le preghiere di coloro che operano il bene! Questa è la giustizia dell'uomo in questa vita, il digiuno, l'elemosina, la preghiera. Vuoi che la tua preghiera voli fino a Dio? Donale due ali: il digiuno e l'elemosina. Così ci trovi, così tranquilli ci scopra la luce di Dio e la verità di Dio, quando verrà a liberarci dalla morte Colui che già è venuto a subire la morte per noi. Amen.

AMDG et DVM

mercoledì 17 gennaio 2018

Sant'Antonio, abate


Papa Benedetto XVI
parlò -il 20.6.2007- di san Antonio abate  quando trattò la figura del grande Padre della Chiesa Sant'Atanasio che ne scrisse la vita. Ecco le parole del Papa:

<<....
Atanasio è, infine, anche autore di testi meditativi sui Salmi, poi molto diffusi, e soprattutto di un’opera che costituisce il best seller dell’antica letteratura cristiana: la Vita di Antonio, cioè la biografia di sant’Antonio abate, scritta poco dopo la morte di questo Santo, proprio mentre il Vescovo di Alessandria, esiliato, viveva con i monaci del deserto egiziano. 

Atanasio fu amico del grande eremita, al punto da ricevere una delle due pelli di pecora lasciate da Antonio come sua eredità, insieme al mantello che lo stesso Vescovo di Alessandria gli aveva donato. 

Divenuta presto popolarissima, tradotta quasi subito in latino per due volte e poi in diverse lingue orientali, la biografia esemplare di questa figura cara alla tradizione cristiana contribuì molto alla diffusione del monachesimo, in Oriente e in Occidente. 
Non a caso la lettura di questo testo, a Treviri, è al centro di un emozionante racconto della conversione di due funzionari imperiali, che Agostino colloca nelle Confessioni (VIII,6,15) come premessa della sua stessa conversione.

Del resto, lo stesso Atanasio mostra di avere chiara coscienza dell’influsso che poteva avere sul popolo cristiano la figura esemplare di Antonio. 

Scrive infatti nella conclusione di quest’opera: 

«Che fosse dappertutto conosciuto, da tutti ammirato e desiderato, anche da quelli che non l’avevano visto, è un segno della sua virtù e della sua anima amica di Dio. Infatti non per gli scritti né per una sapienza profana né per qualche capacità è conosciuto Antonio, ma solo per la sua pietà verso Dio. E nessuno potrebbe negare che questo sia un dono di Dio. 

Come infatti si sarebbe sentito parlare in Spagna e in Gallia, a Roma e in Africa di quest’uomo, che viveva ritirato tra i monti, se non l’avesse fatto conoscere dappertutto Dio stesso, come egli fa con quanti gli appartengono, e come aveva annunciato ad Antonio fin dal principio? 

E anche se questi agiscono nel segreto e vogliono restare nascosti, il Signore li mostra a tutti come una lucerna, perché quanti sentono parlare di loro sappiano che è possibile seguire i comandamenti e prendano coraggio nel percorrere il cammino della virtù» (93,5-6).



Sì, fratelli e sorelle! Abbiamo tanti motivi di gratitudine verso sant’Atanasio. La sua vita, come quella di Antonio e di innumerevoli altri Santi, ci mostra che «chi va verso Dio non si allontana dagli uomini, ma si rende invece ad essi veramente vicino» (Deus caritas est, 42).>>

AMDG et DVM