martedì 1 novembre 2016

Il dono della Grazia e le Beatitudini

170. Secondo discorso della Montagna: 
il dono della Grazia e le beatitudini.

Gesù parla agli apostoli mettendoli ognuno al loro posto per dirigere e sorvegliare la folla, che sale fin dalle prime ore del mattino con malati portati a braccio o in barella o trascinantisi sulle grucce. Fra la gente è Stefano ed Erma. L'aria è tersa e un poco freschetta, ma il sole tempera presto questo frizzare di aria montanina che, rendendo mite il sole, se ne avvantaggia però, facendosi di una purezza fresca ma non rigida. La gente si siede sui sassi e pietroni che sono sparsi nella valletta fra le due cime, altri attendono che il sole asciughi l'erba rugiadosa per sedersi sul suolo. E’ molta la gente e di tutte le plaghe palestinesi e di tutte le condizioni. Gli apostoli si sperdono nella moltitudine ma, come api che vanno e vengono dai prati all'alveare, ogni tanto tornano presso il Maestro per riferire, per chiedere, per il piacere di essere guardati da vicino dal Maestro. Gesù sale un poco più in alto del prato che è il fondo della valletta, addossandosi alla parete, e inizia a parlare. 

«Molti mi hanno chiesto, durante un'annata di predicazione: "Ma Tu, che ti dici il Figlio di Dio, dicci cosa è il Cielo, cosa il Regno, cosa è Dio. Perché noi abbiamo idee confuse. Sappiamo che vi è il Cielo con Dio e con gli angeli. Ma nessuno è mai venuto a dirci come è, essendo chiuso ai giusti". 

Mi hanno chiesto anche cosa è il Regno e cosa è Dio. Ed Io mi sono sforzato di spiegarvi cosa è il Regno e cosa è Dio. Sforzato non perché mi fosse difficile a spiegarmi, ma perché è difficile, per un complesso di cose, farvi accettare la verità che urta, per quanto è il Regno, contro tutto un edificio di idee venute nei secoli e, per quanto è Dio, contro la sublimità della sua Natura. 
Altri ancora mi hanno chiesto: "Va bene. Questo è il Regno e questo è Dio. Ma come si conquistano questo e quello?". Anche qui Io ho cercato di spiegarvi, senza stanchezze, l'anima vera della Legge del Sinai. Chi fa sua quell'anima fa suo il Cielo. 
Ma per spiegarvi la Legge del Sinai bisogna anche far sentire il tuono forte del Legislatore e del suo Profeta, i quali, se promettono benedizioni agli osservanti, minacciano tremende pene e maledizioni ai disubbidienti. La epifania del Sinai fu tremenda e la sua terribilità si riflette in tutta la Legge, si riflette su tutti i secoli, si riflette su tutte le anime. 
Ma Dio non è solo Legislatore. Dio è Padre. E Padre di immensa bontà. Forse, e senza forse, le vostre anime, indebolite dal peccato d'origine, dalle passioni, dai peccati, da molti egoismi vostri e altrui - facendovi gli altrui un'anima irritata, i vostri un'anima chiusa - non possono elevarsi a contemplare le infinite perfezioni di Dio, meno di ogni altra la bontà, perché è la virtù che con l'amore è meno dote dei mortali. 

La bontà! Oh! dolce essere buoni, senza odio, senza invidie, senza superbie! Avere occhi che solo guardano per amare, e mani che si tendono a gesto d'amore, e labbra che non profferiscono che parole d'amore, e cuore, cuore soprattutto che colmo unicamente d'amore sforza occhi, mani e labbra ad atti d'amore! I più dotti fra voi sanno di quali doni Dio aveva fatto ricco Adamo, per sé e per i suoi discendenti. Anche i più ignoranti fra i figli d'Israele sanno che in noi vi è lo spirito. 

Solo i poveri pagani lo ignorano questo ospite regale, questo soffio vitale, questa luce celeste che santifica e vivifica il nostro corpo. Ma i più dotti sanno quali doni erano stati dati all'uomo, allo spirito dell'uomo. Non fu meno munifico allo spirito che alla carne e al sangue della creatura da Lui fatta con poco fango e col suo alito. 

E come dette i doni naturali di bellezza e integrità, di intelligenza e di volontà, di capacità di amarsi e di amare, così dette i doni morali con la soggezione del senso alla ragione, di modo che nella libertà e padronanza di sé e della propria volontà, di cui Dio aveva beneficato Adamo, non si insinuava la malvagia prigionia dei sensi e delle passioni, ma libero era l'amarsi, libero il volere, libero il godere in giustizia, senza quello che fa schiavi voi facendovi sentire il mordente di questo veleno che Satana sparse e che rigurgita, portandovi fuor dell'alveo limpido su campi fangosi, in putrefacenti stagni, dove fermentano le febbri dei sensi carnali e dei sensi morali. 

Perché sappiate che è senso anche la concupiscenza del pensiero. Ed ebbero doni soprannaturali, ossia la Grazia santificante, il destino superiore, la visione di Dio. La Grazia santificante: la vita dell'anima. Quella spiritualissima cosa deposta nella spirituale anima nostra. La Grazia che ci fa figli di Dio perché ci preserva dalla morte del peccato, e chi morto non è "vive" nella casa del Padre: il Paradiso; nel regno mio: il Cielo. 
Cosa è questa Grazia che santifica e che dà Vita e Regno? Oh! non usate molte parole! La Grazia è amore. La Grazia è, perciò, Dio. E Dio che ammirando Se stesso nella creatura creata perfetta si ama, si contempla, si desidera, si dà ciò che è suo per moltiplicare questo suo avere, per bearsi di questo moltiplicarsi, per amarsi per quanti sono altri Se stesso. Oh! figli! Non defraudate Dio di questo suo diritto! Non derubate Dio di questo suo avere! Non deludete Dio in questo suo desiderio! Pensate che Egli opera per amore. Se anche voi non foste, Egli sarebbe sempre l'Infinito, né sarebbe sminuita la sua potenza. Ma Egli, pur essendo completo nella sua misura infinita, immisurabile, vuole non per Sé e in Sé - non lo potrebbe perché è già l'Infinito - ma per il Creato, sua creatura, Egli vuole aumentare l'amore per quanto esso Creato di creature contiene, onde vi dà la Grazia: l'Amore, perché voi in voi lo portiate alla perfezione dei santi, e riversiate questo tesoro, tratto dal tesoro che Dio vi ha dato con la sua Grazia e aumentato di tutte le vostre opere sante, di tutta la vostra vita eroica di santi, nell'Oceano infinito dove Dio è: nel Cielo. Divine, divine, divine cisterne dell'Amore! 
Voi siete, né vi è data al vostro essere morte, perché siete eterne come Dio, dio essendo. 
Voi sarete, né vi sarà data al vostro essere termine, perché immortali come gli spiriti santi che vi hanno supernutrite, tornando in voi arricchiti dei propri meriti. 
Voi vivete e nutrite, voi vivete e arricchite, voi vivete e formate quella santissima cosa che è la Comunione degli spiriti, da Dio, Spirito perfettissimo, al piccolo pargolo testé nato, che poppa per la prima volta il materno seno. 
Non criticatemi in cuor vostro, o dotti! Non dite: "Costui è folle, Costui è menzognero! Perché come folle parla dicendo la Grazia in noi, privi di essa per la Colpa. Perché mente dicendoci già uni con Dio". Sì, la Colpa è; sì, la separazione è. Ma davanti al potere del Redentore, la Colpa, separazione crudele sorta fra il Padre e i figli, crollerà come muraglia scossa dal nuovo Sansone; già Io l'ho afferrata e la scrollo ed essa vacilla, e Satana trema d'ira e di impotenza non potendo nulla contro il mio potere e sentendosi strappare tanta preda e farsi più difficile il trascinare l'uomo al peccato. 
Perché quando Io vi avrò, attraverso di Me, portato al Padre mio, e nel filtrare dal mio Sangue e dal mio dolore voi sarete divenuti mondi e forti, tornerà viva, desta, potente la Grazia in voi, e voi sarete i trionfatori, se lo vorrete. Non vi violenta Iddio nel pensiero e neppure nella santificazione. Voi siete liberi. Ma vi rende la forza. Vi rende la libertà sull'impero di Satana. A voi riporvi il giogo infernale o mettere all'anima le ali angeliche. Tutto a voi, con Me a fratello per guidarvi e nutrirvi del cibo immortale.

"Come si conquista Iddio e il suo Regno attraverso altra più dolce via che non la severa del Sinai?" voi dite. Non vi è altra via. Quella è. Ma però guardiamola non attraverso il colore della minaccia, ma attraverso il colore dell'amore. Non diciamo: "Guai se non farò questo!" rimanendo tremanti in attesa di peccare, di non essere capaci di non peccare. Ma diciamo: "Beato me se farò questo!" e con slancio di soprannaturale gioia, giubilando, lanciamoci verso queste beatitudini, nate dall'osservanza della Legge come corolle di rose da un cespuglio di spine. 

1-Beato me se sarò povero di spirito perché mio allora è il Regno dei Cieli!
2-Beato me se sarò mansueto perché erediterò la Terra!
3-Beato me se sarò capace di piangere senza ribellione perché sarò consolato!
4-Beato me se più del pane e del vino per saziare la carne avrò fame e sete di giustizia. La Giustizia mi sazierà! Beato me se sarò misericordioso perché mi sarà usata divina misericordia!
5-Beato me se sarò puro di cuore perché Dio si piegherà sul mio cuore puro ed io lo vedrò!
6-Beato me se avrò spirito di pace perché sarò da Dio chiamato suo figlio, perché nella pace è l'amore, e Dio è Amore che ama chi è simile a Lui!
7-Beato me se per fedeltà alla giustizia sarò perseguitato, perché a compensarmi delle terrene persecuzioni Dio, mio Padre, mi darà il Regno dei Cieli!
8-Beato me se sarò oltraggiato e accusato bugiardamente per saper essere tuo figlio, o Dio! Non desolazione ma gioia mi deve venire da questo, perché questo mi uguaglia ai tuoi servi migliori, ai Profeti, per la stessa ragione perseguitati, e coi quali io credo fermamente di condividere la stessa ricompensa grande, eterna, nel Cielo che è mio!
 Guardiamo così la via della salute. Attraverso la gioia dei santi.
(1) Beato me se sarò povero di spirito Oh! delle ricchezze, arsura satanica, a quanti deliri tu porti! Nei ricchi, nei poveri. Il ricco che vive per il suo oro: l'idolo infame del suo spirito rovinato. Il povero che vive dell'odio al ricco perché egli ha l'oro, e se anche non fa materiale omicidio lancia i suoi anatema sul capo dei ricchi, desiderando loro male d'ogni sorta. Il male non basta non farlo, bisogna anche non desiderare di farlo. Colui che maledice augurando sciagure e morti non è molto dissimile da colui che materialmente uccide, poiché ha in lui il desiderio di veder perire colui che odia. In verità vi dico che il desiderio non è che un atto trattenuto, come un concepito da ventre già formato ma non ancora espulso. Il desiderio malvagio avvelena e guasta, poiché permane più a lungo dell'atto violento, più in profondità dell'atto stesso. Il povero di spirito se è ricco non pecca per l'oro, ma del suo oro fa la sua santificazione poiché ne fa amore. Amato e benedetto, egli è simile a quelle sorgive che salvano nei deserti e che si danno, senza avarizia, liete di potersi dare per sollevare le disperazioni. Se è povero, è lieto nella sua povertà, e mangia il suo pane dolce della ilarità del libero dall'arsione dell'oro, e dorme il suo sonno scevro da incubi, e sorge riposato al suo sereno lavoro che pare sempre leggero se viene fatto senza avidità e invidia. Le cose che fanno ricco l'uomo sono l'oro come materia, gli affetti come morale. Nell'oro sono comprese non solo le monete ma anche le case, i campi, i gioielli, i mobili, le mandre, tutto quanto insomma fa materialmente doviziosa la vita. Nelle affezioni: i legami di sangue o di coniugio, le amicizie, le dovizie intellettuali, le cariche pubbliche. Come vedete, se per la prima categoria il povero può dire: " Oh! per me! Basta che io non invidi chi ha e poi sono a posto perché io sono povero e perciò a posto per forza ", per la seconda anche il povero ha da sorvegliarsi, potendo, anche il più miserabile fra gli uomini, divenire peccaminosamente ricco di spirito. Colui che si affeziona smoderatamente ad una cosa, ecco che pecca. Voi direte: "Ma allora dobbiamo odiare il bene che Dio ci ha concesso? Ma allora perché comanda di amare il padre e la madre, la sposa, i figli, e dice: 'Amerai il tuo prossimo come te stesso? Distinguete. Amare dobbiamo il padre e la madre e la sposa e il prossimo, ma nella misura che Dio ha dato: " come noi stessi ". Mentre Dio va amato sopra ogni cosa e con tutti noi stessi. Non amare Dio come amiamo fra il prossimo i più cari, questa perché ci ha allattato, l'altra perché dorme sul nostro petto e ci procrea i figli, ma amarlo con tutti noi stessi, ossia con tutta la capacità di amare che è nell'uomo: amore di figlio, amore di sposo, amore di amico e, oh! non vi scandalizzate! e amore di padre. Sì, per l'interesse di Dio dobbiamo avere la stessa cura che un padre ha per la sua prole, per la quale con amore tutela le sostanze e le accresce, e si occupa e preoccupa della sua crescita fisica e culturale e della sua riuscita nel mondo. L'amore non è un male e non lo deve divenire. Le grazie che Dio ci concede non sono un male e non lo devono divenire. Amore sono. Per amore sono date. Occorre con amore usarne di queste ricchezze che Dio ci concede in affetti e in bene. E solo chi non se ne fa degli idoli ma dei mezzi per servire in santità Dio, mostra di non avere un attaccamento peccaminoso ad esse. Pratica allora la santa povertà dello spirito, che di tutto si spoglia per essere più libero di conquistare Iddio santo, suprema Ricchezza. Conquistare Dio, ossia avere il Regno dei Cieli.
 
(2) Beato me se sarò mansueto. Ciò può parere in contrasto con gli esempi della vita giornaliera. I non mansueti sembrano trionfare nelle famiglie, nelle città, nelle nazioni. Ma è vero trionfo? No. E’ paura che tiene apparentemente proni i soverchiati dal despota, ma che in realtà non è che velo messo sul ribollire di ribellione contro il tiranno. Non possiedono i cuori dei famigliari, né dei concittadini, né dei sudditi, coloro che sono iracondi e prepotenti. Non piegano intelletti e spiriti alle loro dottrine quei maestri del "ho detto e ho detto". Ma solo creano degli autodidatti, dei ricercatori di una chiave atta ad aprire le porte chiuse di una sapienza o di una scienza che essi sentono essere e che è opposta a quella che viene loro imposta. Non portano a Dio quei sacerdoti che non vanno alla conquista degli spiriti con la dolcezza paziente, umile, amorosa, ma sembrano guerrieri armati che si lancino ad un assalto feroce tanto marciano con irruenza e intransigenza contro le anime... Oh! povere anime! Se fossero sante non avrebbero bisogno di voi, sacerdoti, per raggiungere la Luce. L'avrebbero già in sé. Se fossero giusti non avrebbero bisogno di voi giudici per essere tenuti nel freno della giustizia, l'avrebbero già in se. Se fossero sani non avrebbero bisogno di chi cura. Siate dunque mansueti. Non mettete in fuga le anime. Attiratele con l'amore. Perché la mansuetudine è amore, così come lo è la povertà di spirito. Se tali sarete erediterete la Terra e porterete a Dio questo luogo, già prima di Satana, perché la vostra mansuetudine, che oltre che amore è umiltà, avrà vinto l'odio e la superbia uccidendo negli animi il re abbietto della superbia e dell'odio, e il mondo sarà vostro, ossia di Dio, perché voi sarete giusti che riconoscerete Dio come Padrone assoluto del creato, al Quale va dato lode e benedizione e reso tutto quanto è suo. 
(3) Beato me se saprò piangere senza ribellione. Il dolore è sulla terra. E il dolore strappa lacrime all'uomo. Il dolore non era. Ma l'uomo lo mise sulla terra e per una depravazione del suo intelletto si studia di sempre più aumentarlo, con tutti i modi. Oltre le malattie e le sventure conseguenti da fulmini, tempeste, valanghe, terremoti, ecco che l'uomo per soffrire, e per far soffrire soprattutto - perché vorremmo solo che gli altri soffrissero, e non noi, dei mezzi studiati per far soffrire - ecco che l'uomo escogita le armi micidiali sempre più tremende e le durezze morali sempre più astute. Quante lacrime l'uomo trae all'uomo per istigazione del suo segreto re che è Satana! Eppure in verità vi dico che queste lacrime non sono una menomazione ma una perfezione dell'uomo. L'uomo è uno svagato bambino, è uno spensierato superficiale, è un nato di tardivo intelletto finché il pianto non lo fa adulto, riflessivo, intelligente. Solo coloro che piangono, o che hanno pianto, sanno amare e capire. Amare i fratelli ugualmente piangenti, capirli nei loro dolori, aiutarli colla loro bontà, esperta di come fa male essere soli nel pianto. E sanno amare Dio perché hanno compreso che tutto è dolore fuorché Dio, perché hanno compreso che il dolore si placa se pianto sul cuore di Dio, perché hanno compreso che il pianto rassegnato che non spezza la fede, che non inaridisce la preghiera, che è vergine di ribellione, muta natura, e da dolore diviene consolazione. Sì. Coloro che piangono amando il Signore saranno consolati. 
(4) Beato me se avrò fame e sete di giustizia. Dal momento che nasce al momento che muore l'uomo tende avido al cibo. Apre la bocca alla nascita per afferrare il capezzolo, apre le labbra per inghiottire ristoro nelle strette dell'agonia. Lavora per nutrirsi. Fa della terra un enorme capezzolo dal quale insaziabilmente succhia, succhia per ciò che muore. Ma che è l'uomo? Un animale? No, è un figlio di Dio. In esilio per pochi o molti anni. Ma non cessa la sua vita col mutare della sua dimora. Vi è una vita nella vita così come in una noce vi è il gheriglio. Non è il guscio la noce, ma è l'interno gheriglio che è la noce. Se seminate un guscio di noce non nasce nulla, ma se seminate il guscio con la polpa nasce grande albero. Così è l'uomo. Non è la carne che diviene immortale, è l'anima. E va nutrita per portarla all'immortalità, alla quale, per amore, essa poi porterà la carne nella risurrezione beata. Nutrimento dell'anima è la Sapienza, è la Giustizia. Come liquido e cibo esse vengono aspirate e corroborano, e più se ne gusta e più cresce la santa avidità del possedere la Sapienza e di conoscere la Giustizia. Ma verrà pure un giorno in cui l'anima insaziabile di questa santa fame sarà saziata. Verrà. Dio si darà al suo nato, se lo attaccherà direttamente al seno e il nato al Paradiso si sazierà della Madre ammirabile che è Dio stesso, e non conoscerà mai più fame, ma si riposerà beato sul seno divino. Nessuna scienza umana equivale a questa divina. La curiosità della mente può essere appagata, ma la necessità dello spirito no. Anzi nella diversità del sapore lo spirito prova disgusto e torce la bocca dall'amaro capezzolo, preferendo soffrire la fame all'empirsi di un cibo che non sia venuto da Dio. Non abbiate timore, o sitibondi, o affamati di Dio! Siate fedeli e sarete saziati da Colui che vi ama. 
(5) Beato me se sarò misericordioso. Chi fra gli uomini può dire: "Io non ho bisogno di misericordia "? Nessuno. Ora se anche nell'antica Legge è detto: "Occhio per occhio e dente per dente ", perché non deve dirsi nella nuova: " Chi sarà stato misericordioso troverà misericordia"? Tutti hanno bisogno di perdono. Ebbene, non è la formula e la forma di un rito, figure esterne concesse per la opaca mentalità umana, quelle che ottengono perdono. Ma è il rito interno dell'amore, ossia ancora della misericordia. Che se fu imposto il sacrificio di un capro o di un agnello e l'offerta di qualche moneta, ciò fu fatto perché a base di ogni male ancora si trovano sempre due radici: l'avidità e la superbia. L'avidità è punita con la spesa dell'acquisto dell'offerta, la superbia con la palese confessione di quel rito: "Io celebro questo sacrificio perché ho peccato". E fatto anche per precorrere i tempi e i segni dei tempi, e nel sangue che si sparge è la figura del Sangue che sarà sparso per cancellare i peccati degli uomini. Beato dunque colui che sa essere misericordioso agli affamati, ai nudi, ai senza tetto, ai miseri delle ancor più grandi miserie che sono quelle del possedere cattivi caratteri che fanno soffrire chi li ha e chi con loro convive. Abbiate misericordia. Perdonate, compatite, soccorrete, istruite, sorreggete. Non chiudetevi in una torre di cristallo dicendo: "Io sono puro e non scendo fra i peccatori" Non dite: "Io sono ricco e felice, e non voglio udire le miserie altrui". Badate che più rapido di fumo dissipato da gran vento può dileguarsi la vostra ricchezza, la vostra salute, il vostro benessere famigliare. E ricordate che il cristallo fa da lente, e ciò che mescolandovi fra la folla sarebbe passato inosservato, mettendovi in una torre di cristallo, unici, separati, illuminati da ogni parte, non potete più tenerlo nascosto. Misericordia per compiere un segreto, continuo, santo sacrificio di espiazione e ottenere misericordia. 
(6) Beato me se sarò puro di cuore. Dio è Purezza. Il Paradiso è regno di Purezza. Niente di impuro può entrare in Cielo dove è Dio. Perciò se sarete impuri non potrete entrare nel Regno di Dio. Ma, oh! gioia! Anticipata gioia che il Padre concede ai figli! Colui che è puro ha dalla terra un principio di Cielo, perché Dio si curva sul puro e l'uomo dalla terra vede il suo Dio. Non conosce sapore di amori umani, ma gusta, fino all'estasi, il sapore dell'amore divino, e può dire: "Io sono con Te e Tu in me, onde io ti possiedo e conosco come sposo amabilissimo dell'anima mia". E, credetelo, che chi ha Dio ha inspiegabili, anche a se stesso, mutamenti sostanziali per cui diviene santo, sapiente, forte, e sul suo labbro fioriscono parole, e i suoi atti assumono potenze che non sono, no, della creatura, ma di Dio che vive in essa. Cosa è la vita di colui che vede Dio? Beatitudine. E vorreste privarvi di simile dono per fetide impurità? 
(7) Beato me se avrò spirito di pace. La pace è una delle caratteristiche di Dio. Dio non è che nella pace. Perché la pace è amore, mentre la guerra è odio. Satana è Odio. Dio è Pace. Non può uno dirsi figlio di Dio, né può Dio dire figlio suo un uomo se costui ha spirito irascibile sempre pronto a scatenare tempeste. Non solo. Ma neppure può dirsi figlio di Dio colui che, pur non essendo di proprio scatenatore delle stesse, non contribuisce con la sua grande pace a calmare le tempeste suscitate da altri. Colui che è pacifico effonde la pace anche senza parole. Padrone di sé e, oso dire, padrone di Dio, egli lo porta come una lampada porta il suo lume, come un incensiere sprigiona il suo profumo, come un otre porta il suo liquido, e si fa luce fra le nebbie fumiganti dei rancori, e si purifica l'aria dai miasmi dei livori e si calmano le onde infuriate delle liti, per quest'olio soave che è lo spirito di pace emanato dai figli di Dio. Fate che Dio e gli uomini vi possano chiamare così. 
(8) Beato me se sarò perseguitato per amore della giustizia. L'uomo è tanto insatanassato che odia il bene ovunque si trovi, che odia il buono, quasi che chi è buono, anche se tace, lo accusi e rampogni. Infatti la bontà di uno fa apparire ancor più nera la malvagità del malvagio. Infatti la fede del credente vero fa apparire ancora più viva la ipocrisia del falso credente. Infatti non può non essere odiato dagli ingiusti colui che col suo modo di vivere è un continuo testimoniare la giustizia. E allora, ecco, che si infierisce sugli amanti della giustizia. Anche qui è come per le guerre. L'uomo progredisce nell'arte satanica del perseguitare più che non progredisca nell'arte santa dell'amare. Ma non può che perseguitare ciò che ha breve vita. L'eterno che è nell'uomo sfugge all'insidia, e anzi acquista una vitalità ancor più vigorosa dalla persecuzione. La vita fugge dalle ferite che aprono le vene o per gli stenti che consumano il perseguitato. Ma il sangue fa la porpora del re futuro e gli stenti sono tanti scalini per montare sui troni che il Padre ha preparato per i suoi martiri, ai quali sono serbati i seggi regali del Regno dei Cieli. 
(9) Beato se sarò oltraggiato e calunniato. Fate solo che di voi possa essere scritto il nome nei libri celesti, là dove non sono segnati i nomi secondo le menzogne umane nel lodare i meno meritevoli di lode. Ma dove però, con giustizia e amore, sono scritte le opere dei buoni per dare ad essi il premio promesso ai benedetti da Dio. Prima di ora furono calunniati ed oltraggiati i Profeti. Ma quando si apriranno le porte dei Cieli, come imponenti re, essi entreranno nella Città di Dio, e li inchineranno gli angeli, cantando di gioia. Pure voi, pure voi, oltraggiati e calunniati per essere stati di Dio, avrete il trionfo celeste, e quando il tempo sarà finito e completo sarà il Paradiso, ecco che allora ogni lacrima vi sarà cara, perché per essa avrete conquistato questa gloria eterna che in nome del Padre Io vi prometto.

Andate. Domani vi parlerò ancora. Restino ora solo i malati acciò li soccorra nelle loro pene. La pace sia con voi e la meditazione della salvezza, attraverso all'amore, vi instradi sulla via la cui fine è il Cielo».




lunedì 31 ottobre 2016

La santità esige uno sforzo costante



CAPPELLA PAPALE PER LA SOLENNITÀ DI TUTTI I SANTI 


OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI



Basilica Vaticana
Mercoledì, 1° novembre 2006 



Il Santo Padre ha introdotto la Celebrazione e l'atto penitenziale con le seguenti parole: 



Fratelli e sorelle amatissimi, noi oggi contempliamo il mistero della comunione dei santi del cielo e della terra. Noi non siamo soli, ma siamo avvolti da una grande nuvola di testimoni: con loro formiamo il Corpo di Cristo, con loro siamo figli di Dio, con loro siamo fatti santi dello Spirito Santo. Gioia in cielo, esulti la terra! La gloriosa schiera dei santi intercede per noi presso il Signore, ci accompagna nel nostro cammino verso il Regno, ci sprona a tenere fisso lo sguardo su Gesù il Signore, che verrà nella gloria in mezzo ai suoi santi. Disponiamoci a celebrare il grande mistero della fede e dell'amore, confessandoci bisognosi della misericordia di Dio. 



Cari fratelli e sorelle,



la nostra celebrazione eucaristica si è aperta con l'esortazione "Rallegriamoci tutti nel Signore". La liturgia ci invita a condividere il gaudio celeste dei santi, ad assaporarne la gioia. I santi non sono una esigua casta di eletti, ma una folla senza numero, verso la quale la liturgia ci esorta oggi a levare lo sguardo. In tale moltitudine non vi sono soltanto i santi ufficialmente riconosciuti, ma i battezzati di ogni epoca e nazione, che hanno cercato di compiere con amore e fedeltà la volontà divina. Della gran parte di essi non conosciamo i volti e nemmeno i nomi, ma con gli occhi della fede li vediamo risplendere, come astri pieni di gloria, nel firmamento di Dio. 
Quest'oggi la Chiesa festeggia la sua dignità di "madre dei santi, immagine della città superna" (A. Manzoni), e manifesta la sua bellezza di sposa immacolata di Cristo, sorgente e modello di ogni santità. Non le mancano certo figli riottosi e addirittura ribelli, ma è nei santi che essa riconosce i suoi tratti caratteristici, e proprio in loro assapora la sua gioia più profonda. Nella prima Lettura, l'autore del libro dell'Apocalisse li descrive come "una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua" (Ap 7, 9). Questo popolo comprende i santi dell'Antico Testamento, a partire dal giusto Abele e dal fedele Patriarca Abramo, quelli del Nuovo Testamento, i numerosi martiri dell'inizio del cristianesimo e i beati e i santi dei secoli successivi, sino ai testimoni di Cristo di questa nostra epoca. Li accomuna tutti la volontà di incarnare nella loro esistenza il Vangelo, sotto l'impulso dell'eterno animatore del Popolo di Dio che è lo Spirito Santo.
Ma "a che serve la nostra lode ai santi, a che il nostro tributo di gloria, a che questa stessa nostra solennità?". Con questa domanda comincia una famosa omelia di san Bernardo per il giorno di Tutti i Santi. È domanda che ci si potrebbe porre anche oggi. E attuale è anche la risposta che il Santo ci offre: "I nostri santi - egli dice - non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene a loro dal nostro culto. Per parte mia, devo confessare che, quando penso ai santi, mi sento ardere da grandi desideri" (Disc. 2; Opera Omnia Cisterc. 5, 364ss). Ecco dunque il significato dell'odierna solennità: guardando al luminoso esempio dei santi risvegliare in noi il grande desiderio di essere come i santi: felici di vivere vicini a Dio, nella sua luce, nella grande famiglia degli amici di Dio. Essere Santo significa: vivere nella vicinanza con Dio, vivere nella sua famiglia. E questa è la vocazione di noi tutti, con vigore ribadita dal Concilio Vaticano II, ed oggi riproposta in modo solenne alla nostra attenzione. 



Ma come possiamo divenire santi, amici di Dio? All'interrogativo si può rispondere anzitutto in negativo: per essere santi non occorre compiere azioni e opere straordinarie, né possedere carismi eccezionali. Viene poi la risposta in positivo: è necessario innanzitutto ascoltare Gesù e poi seguirlo senza perdersi d'animo di fronte alle difficoltà. "Se uno mi vuol servire - Egli ci ammonisce - mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà" (Gv 12, 26). Chi si fida di Lui e lo ama con sincerità, come il chicco di grano sepolto nella terra, accetta di morire a sé stesso. Egli infatti sa che chi cerca di avere la sua vita per se stesso la perde, e chi si dà, si perde, trova proprio così la vita (Cfr Gv 12, 24-25). L'esperienza della Chiesa dimostra che ogni forma di santità, pur seguendo tracciati differenti, passa sempre per la via della croce, la via della rinuncia a se stesso. Le biografie dei santi descrivono uomini e donne che, docili ai disegni divini, hanno affrontato talvolta prove e sofferenze indescrivibili, persecuzioni e martirio. Hanno perseverato nel loro impegno, "sono passati attraverso la grande tribolazione - si legge nell'Apocalisse - e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (v. 14). I loro nomi sono scritti nel libro della vita (cfr Ap 20, 12); loro eterna dimora è il Paradiso. L'esempio dei santi è per noi un incoraggiamento a seguire le stesse orme, a sperimentare la gioia di chi si fida di Dio, perché l'unica vera causa di tristezza e di infelicità per l'uomo è vivere lontano da Lui. 



La santità esige uno sforzo costante, ma è possibile a tutti perché, più che opera dell'uomo, è anzitutto dono di Dio, tre volte Santo (cfr Is 6, 3). Nella seconda Lettura, l'apostolo Giovanni osserva: "Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" (1 Gv 3, 1). È Dio, dunque, che per primo ci ha amati e in Gesù ci ha resi suoi figli adottivi. 



Nella nostra vita tutto è dono del suo amore: come restare indifferenti dinanzi a un così grande mistero? Come non rispondere all'amore del Padre celeste con una vita da figli riconoscenti? In Cristo ci ha fatto dono di tutto se stesso, e ci chiama a una relazione personale e profonda con Lui. Quanto più pertanto imitiamo Gesù e Gli restiamo uniti, tanto più entriamo nel mistero della santità divina. Scopriamo di essere amati da Lui in modo infinito, e questo ci spinge, a nostra volta, ad amare i fratelli. Amare implica sempre un atto di rinuncia a se stessi, il "perdere se stessi", e proprio così ci rende felici.



Così siamo arrivati al Vangelo di questa festa, all'annuncio delle Beatitudini che poco fa abbiamo sentito risuonare in questa Basilica. Dice Gesù: Beati i poveri in spirito, beati gli afflitti, i miti, beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, i misericordiosi, beati i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per causa della giustizia (cfr Mt 5, 3-10). In verità, il Beato per eccellenza è solo Lui, Gesù. È Lui, infatti, il vero povero in spirito, l'afflitto, il mite, l'affamato e l'assetato di giustizia, il misericordioso, il puro di cuore, l'operatore di pace; è Lui il perseguitato a causa della giustizia. Le Beatitudini ci mostrano la fisionomia spirituale di Gesù e così esprimono il suo mistero, il mistero di Morte e Risurrezione, di Passione e di gioia della Risurrezione. Questo mistero, che è mistero della vera beatitudine, ci invita alla sequela di Gesù e così al cammino verso di essa. Nella misura in cui accogliamo la sua proposta e ci poniamo alla sua sequela - ognuno nelle sue circostanze - anche noi possiamo partecipare della sua beatitudine. Con Lui l'impossibile diventa possibile e persino un cammello passa per la cruna dell'ago (cfr Mc 10, 25); con il suo aiuto, solo con il suo aiuto ci è dato di diventare perfetti come è perfetto il Padre celeste (cfr Mt 5, 48). 



Cari fratelli e sorelle, entriamo ora nel cuore della Celebrazione eucaristica, stimolo e nutrimento di santità. Tra poco si farà presente nel modo più alto Cristo, vera Vite, a cui, come tralci, sono uniti i fedeli che sono sulla terra ed i santi del cielo. Più stretta pertanto sarà la comunione della Chiesa pellegrinante nel mondo con la Chiesa trionfante nella gloria. Nel Prefazio proclameremo che i santi sono per noi amici e modelli di vita. Invochiamoli perché ci aiutino ad imitarli e impegniamoci a rispondere con generosità, come hanno fatto loro, alla divina chiamata. Invochiamo specialmente Maria, Madre del Signore e specchio di ogni santità. Lei, la Tutta Santa, ci faccia fedeli discepoli del suo figlio Gesù Cristo! Amen. 

© Copyright 2006 - Libreria Editrice Vaticana 

IL DIACONATO: importante ministero nella Chiesa universale


Dalle risposte di Benedetto XVI nell’incontro con i parroci ed il clero della diocesi di Roma del 7/2/2008

Vorrei anch'io esprimere la mia gioia e la mia gratitudine al Concilio, perché ha restaurato questo importante ministero nella Chiesa universale. Devo dire che quando ero arcivescovo di Monaco non ho trovato forse più di tre o quattro diaconi e ho favorito molto questo ministero, perché mi sembra che appartenga alla ricchezza del ministero sacramentale nella ChiesaNello stesso tempo, può essere anche un collegamento tra il mondo laico, il mondo professionale, e il mondo del ministero sacerdotale. Perché molti diaconi continuano a svolgere le loro professioni e mantengono le loro posizioni, importanti o anche di vita semplice, mentre il sabato e la domenica lavorano nella Chiesa. Così testimoniano nel mondo di oggi, anche nel mondo del lavoro, la presenza della fede, il ministero sacramentale e la dimensione diaconale del sacramento dell'Ordine. Questo mi sembra molto importante: la visibilità della dimensione diaconale.

Naturalmente anche ogni sacerdote rimane diacono e deve sempre pensare a questa dimensione, perché il Signore stesso si è fatto nostro ministro, nostro diacono. Pensiamo al gesto della lavanda dei piedi, con cui esplicitamente si mostra che il Maestro, il Signore, fa il diacono e vuole che quanti lo seguono siano diaconi, svolgano questo ministero per l'umanità, fino al punto di aiutare anche a lavare i piedi sporchi degli uomini a noi affidati. Questa dimensione mi sembra di grande importanza.

In questa occasione mi viene in mente — anche se forse non è immediatamente inerente al tema — una piccola esperienza che ha annotato Paolo VI. Ogni giorno del Concilio è stato intronizzato il Vangelo. E il Pontefice ha detto ai cerimonieri che una volta avrebbe voluto fare lui stesso questa intronizzazione del Vangelo. Gli hanno detto: no, questo è compito dei diaconi e non del Papa, del Sommo Pontefice, dei Vescovi. Lui ha annotato nel suo diario: ma io sono anche diacono, rimango diacono e vorrei anche esercitare questo ministero del diacono mettendo sul trono la Parola di Dio. Dunque questo concerne noi tutti. I sacerdoti rimangono diaconi e i diaconi esplicitano nella Chiesa e nel mondo questa dimensione diaconale del nostro ministero. 

Questa intronizzazione liturgica della Parola di Dio ogni giorno durante il Concilio era sempre per noi un gesto di grande importanza: ci diceva chi era il vero Signore di quell’assemblea, ci diceva che sul trono c'è la Parola di Dio e noi esercitiamo il ministero per ascoltare e per interpretare, per offrire agli altri questa Parola. È ampiamente significativo per tutto quanto facciamo: intronizzare nel mondo la parola di Dio, la Parola vivente, Cristo. Che sia realmente Lui a governare la nostra vita personale e la nostra vita nelle parrocchie.

Poi Lei mi fa una domanda che, devo dire, va un po' oltre le mie forze: quali sarebbero i compiti propri dei diaconi a Roma. So che il Cardinale Vicario conosce molto meglio di me le situazioni reali della città, della comunità diocesana di Roma. Io penso che una caratteristica del ministero dei diaconi è proprio la molteplicità delle applicazioni del diaconato. Nella Commissione Teologica Internazionale, alcuni anni fa, abbiamo studiato a lungo il diaconato nella storia e anche nel presente della Chiesa. E abbiamo scoperto proprio questo: non c'è un profilo unico. Quanto si deve fare, varia a seconda della preparazione delle persone, delle situazioni nelle quali si trovano. Ci possono essere applicazioni e concretizzazioni diversissime, sempre in comunione con il Vescovo e con la parrocchia, naturalmente. Nelle diverse situazioni si mostrano diverse possibilità, anche a seconda della preparazione professionale che eventualmente hanno questi diaconi: potrebbero essere impegnati nel settore culturale, oggi così importante, o potrebbero avere una voce e un posto significativo nel settore educativo. Pensiamo quest'anno proprio al problema dell'educazione come centrale per il nostro futuro, per il futuro dell'umanità.

Certo, il settore della carità era a Roma il settore originario, perché i titoli presbiterali e le diaconie erano centri della carità cristiana. Questo era fin dall'inizio nella città di Roma un settore fondamentale. Nella mia Enciclica Deus caritas est ho mostrato che non solo la predicazione e la liturgia sono essenziali per la Chiesa e per il ministero della Chiesa, ma lo è altrettanto l'essere per i poveri, per i bisognosi, il servizio della caritas nelle sue molteplici dimensioni. Quindi spero che in ogni tempo, in ogni diocesi, pur con situazioni diverse, questa rimarrà una dimensione fondamentale e anche prioritaria per l'impegno dei diaconi, sia pure non l'unica, come ci mostra anche la Chiesa primitiva, dove i sette diaconi erano stati eletti proprio per consentire agli apostoli di dedicarsi alla preghiera, alla liturgia, alla predicazione. 

Anche se poi Stefano si trova nella situazione di dover predicare agli ellenisti, agli ebrei di lingua greca, e così si allarga il campo della predicazione. Egli è condizionato, diciamo, dalle situazioni culturali, dove lui ha voce per rendere presente in questo settore la Parola di Dio e così anche rendere maggiormente possibile l'universalità della testimonianza cristiana, aprendo le porte a san Paolo, che fu testimone della sua lapidazione e poi, in un certo senso, suo successore nella universalizzazione della Parola di Dio.

IL PIU' MERAVIGLIOSO DEI MIRACOLI

RIVELAZIONI DI 

CATALINA RIVAS 

SULLA SANTA MESSA. 
“Ciò che gli occhi non vedono...”


 

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Sulla meravigliosa catechesi con la quale il Signore e la Vergine Maria ci stanno istruendo, in primo luogo, insegnandoci il modo di pregare il Santo Rosario, di pregare con il cuore, di meditare e di trarre profitto dei momenti di incontro con Dio e con la nostra Madre benedetta, sul modo di Confessarsi bene; inoltre, sulla conoscenza di ciò che avviene nella Santa Messa e sul modo di viverla con il cuore

È questa la testimonianza che devo e voglio dare al Mondo intero, per la maggior Gloria di Dio e per la salvezza di chiunque voglia aprire il proprio cuore al Signore.

Affinché molte Anime, Consacrate a Dio, ravvivino il fuoco dell’Amore per Cristo, sia quelle che hanno nelle loro mani il potere di farlo scendere sulla Terra per essere nostro nutrimento, sia le altre, affinché perdano l’uso di riceverlo per “abitudine” e rivivano il meraviglioso stupore dell’incontro quotidiano con l’Amore, affinché i miei fratelli e sorelle laici di tutto il Mondo vivano il più grande dei Miracoli con il cuore:

LA CELEBRAZIONE DELLA SANTA EUCARISTIA
 
VIGILIA DELLA FESTA 

libretto di preghiere di un Santo che amo molto: José Maria Escrivà de Balaguer. Lì, trovai una preghiera simile a quella che mi aveva insegnato la Vergine. Certe volte, questo Santo, al quale mi affido, rendeva omaggio alla Vergine Santissima con quelle preghiere. 
All’improvviso, cominciarono ad alzarsi in piedi delle persone che non avevo visto prima. Era come se dal fianco di ogni persona, che si trovava nella Cattedrale, uscisse un’altra persona; la Cattedrale si riempì così di varie persone giovani e belle, vestite con tuniche bianchissime. Si diressero fino al corridoio centrale, procedendo poi verso l’Altare. 

La Santa Vergine disse: “Osserva, sono gli Angeli Custodi di ognuna delle persone che si trovano qui. È il momento nel quale il vostro Angelo Custode porta le vostre offerte e preghiere all’Altare del Signore”.

Catalina racconta: In quel momento, ero completamente in preda ad un grande stupore, perché quegli Esseri avevano un volto tanto bello e tanto raggiante da non potersi immaginare. I volti risplendevano bellissimi, quasi femminili, benché, senza alcun dubbio, l’aspetto generale del corpo, delle mani e la statura fossero di uomo.
I piedi nudi non poggiavano al suolo, ma piuttosto andavano come scivolando, come se scorressero via. Era una Processione bellissima! Alcuni di loro portavano una specie di vassoio d’oro, con qualcosa che risplendeva di una forte luce bianco dorata.

La Santa Vergine disse: “Sono gli Angeli Custodi delle persone, e stanno offrendo questa Santa Messa per molte e varie intenzioni, di quelle persone che sono coscienti di ciò che significa questa Celebrazione, di quelle che hanno qualcosa da offrire al Signore…”.
“In questo momento, offrite le vostre pene, i vostri dolori, le vostre speranze, le vostre gioie e tristezze, le vostre richieste. Ricordatevi che la Santa Messa ha un valore infinito, quindi, siate generosi nell’offrire e nel chiedere”. 

Catalina racconta: Dietro ai primi Angeli, ne venivano degli altri, che non avevano niente nelle mani: le avevano vuote. 
La Santa Vergine disse: “Sono gli Angeli delle persone che, pur essendo qui, non offrono mai niente, che non sono interessate a vivere ogni momento liturgico della Messa e non hanno offerte da portare all’Altare del Signore”.

Catalina racconta: Per ultimi, vi erano degli altri Angeli, che erano piuttosto tristi, con le mani giunte, in preghiera, ma con gli occhi bassi. La Santa Vergine disse: “Sono gli Angeli Custodi delle persone che, pur essendo qui, è come se non ci fossero, vale a dire delle persone che sono venute per forza, che sono venute perché si sentono obbligate, ma senza nessun desiderio di partecipare alla Santa Messa e, così, gli Angeli vanno tristemente, perché non hanno niente da portare all’Altare, salvo le loro proprie preghiere”.“Non intristite il vostro Angelo Custode…
Pregate molto, pregate per la conversione dei Peccatori, per la Pace nel Mondo, per i vostri Famigliari, per il vostro Prossimo e per quelli che si raccomandano alle vostre preghiere. Pregate, pregate molto, non solo per voi, ma anche per gli altri”.“Ricordatevi che l’offerta più gradita al Signore la fate quando offrite voi stessi come olocausto, così che Gesù, nello scendere, vi trasformi con i Suoi propri Meriti.
Cosa avete da offrire al Padre che sia solo vostro? Il nulla e il peccato, ma, se vi offrite in unione ai meriti di Gesù, fate un’offerta gradita al Padre”. 

Catalina racconta: Quello spettacolo, quella Processione era così bella che difficilmente potrebbe essere paragonata ad altro. Tutte quelle Creature Celesti, davanti all’Altare, facevano una riverenza, alcune ponendo la loro offerta al suolo, altre prostrandosi in ginocchio con la fronte quasi a terra e, dopo essere giunte lì, sparivano alla mia vista.

AL MOMENTO DEL PREFAZIO – SANTO… SANTO… SANTO…
Giunse il momento finale del Prefazio e quando l’Assemblea cominciò a dire: “Santo, Santo, Santo”, immediatamente, tutto quello che era dietro ai Celebranti sparì. Dal lato sinistro del Signor Arcivescovo, in forma diagonale all’indietro, apparvero migliaia di Angeli piccoli e Angeli grandi, Angeli con delle ali immense, Angeli con delle ali piccole, Angeli senza ali come i primi, tutti vestiti con delle tuniche simili alle albe (abito) bianche dei Sacerdoti o dei Monaci. Tutti si inginocchiavano con le mani giunte, in preghiera e, in segno di riverenza, chinavano il capo. Si sentiva una musica bellissima, come se vi fossero moltissimi cori con voci diverse e tutti, all’unisono e insieme al popolo, dicevano: 
“Santo, Santo, Santo…”.

AL MOMENTO DELLA CONSACRAZIONE
Era giunto il momento della Consacrazione, il momento del più meraviglioso dei Miracoli… Dal lato destro dell’Arcivescovo, in linea ancora diagonale verso l’indietro, partiva una moltitudine di persone, vestite con la stessa tunica, ma dai
colori pastello: rosa, verde, celeste, lilla, giallo. In poche parole, diversi e deliziosi colori. Anche i loro volti splendevano, pieni di gioia, pareva che fossero tutti della stessa età. Si poteva notare (ma non saprei dire perché) che erano persone di età diversa, ma nei volti erano tutti uguali, senza rughe, felici. Tutti si inginocchiavano, prima del canto del “Santo, Santo, Santo, è il Signore…”. 
La Santa Vergine disse:
“Sono tutti i Santi e i Beati del Cielo e, fra di essi, vi sono anche le Anime dei vostri Famigliari, che godono già della Presenza di Dio”. 

Catalina racconta: E poi, La vidi, proprio alla destra del Signor Arcivescovo… un passo in dietro rispetto a Monsignore, era un po’ sollevata dal suolo, inginocchiata, sopra dei veli molto fini, nello stesso tempo trasparenti e luminosi, come acqua cristallina, la Santissima Vergine, con le mani giunte, guardava con attenzione e rispetto il Celebrante.
Stando là, mi parlava, ma in silenzio, direttamente al cuore e senza guardarmi. La Santa Vergine disse: “Ti colpisce il fatto di vederMi un poco più indietro del Monsignore, vero? Ma così deve essere!… Per quanto Mi ami, il Figlio Mio non Mi ha dato la dignità che dà a un Sacerdote, di poterlo portare quotidianamente tra le Mie Mani, come lo fanno le mani sacerdotali. Ecco perché provo un profondissimo rispetto per il Sacerdote e per quel Miracolo che Dio realizza per suo mezzo, e che Mi obbliga, qui, ad inginocchiarmi”. 
Catalina racconta: Dio mio, quanta Dignità, quanta Grazia riversa il Signore sulle Anime Sacerdotali e noi non ne siamo coscienti e, talvolta, nemmeno tanti di loro! 
Di fronte all’Altare, cominciarono a presentarsi delle ombre di persone di colore grigio, che sollevavano le mani verso l’alto. La Santa Vergine disse: “Sono le anime Benedette del Purgatorio che aspettano le vostre preghiere, per trovare refrigerio. Non cessate di pregare per loro. Pregano per voi, ma non possono pregare per loro stesse, siete voi che dovete pregare per loro, per aiutarle ad uscire per incontrarsi con Dio e godere di Lui, eternamente”.
Come vedi, Io sono qui, sempre… La gente fa pellegrinaggi, cerca i luoghi delle Mie Apparizioni, e questo va bene per tutte le Grazie che si ricevono in quei luoghi, ma in nessuna Apparizione, in nessun luogo Io sono Presente per più tempo, come durante la Santa Messa. Ai piedi dell’Altare, dove si celebra l’Eucaristia, sempre Mi potrete trovare; Io rimango ai piedi del Tabernacolo, insieme agli Angeli, perché Io sto sempre con Lui”. 

Catalina racconta: Vedere quel bel Volto della Madre, nel momento del “Santo”, come pure tutti gli altri, con il volto risplendente, con le mani giunte in attesa di quel Miracolo che si ripete continuamente, era proprio come stare nel Cielo stesso. E pensare che c’è della gente, che vi sono delle persone che in quel momento possono essere distratte, che magari stanno parlando… Lo dico con dolore, e sono molti più uomini che donne, che se ne stanno in piedi con le braccia conserte, come se dovessero rendere un omaggio al Signore da pari a pari, da uguale ad uguale. 
La Santa Vergine disse: “Dillo agli Esseri Umani, che mai un uomo è così davvero uomo come quando piega i ginocchi davanti a Dio!”. 
Catalina racconta: Il Celebrante pronunciò le parole della “Consacrazione”. Era una persona di statura normale, ma all’improvviso cominciò a crescere, a riempirsi di luce, di una Luce Soprannaturale, tra il bianco e il dorato, che lo avvolgeva e diventava fortissima nella parte del volto, tanto che non si potevano più vedere i suoi lineamenti. Quando ha sollevato l’Ostia, ho visto che le sue mani avevano sul dorso dei segni, dai quali usciva molta luce. Era Gesù!… Era Lui, che, con il Suo Corpo, avvolgeva quello del Celebrante, come se circondasse amorosamente le mani del Signor Arcivescovo. In quel momento, l’Ostia cominciò a crescere, a crescere in modo enorme e, in essa, il Volto meraviglioso di Gesù che guardava verso il Suo Popolo. Istintivamente, abbassai la testa e nostra Signora, la Vergine Maria, disse: “Non distogliere lo sguardo, alza gli occhi, contemplaLo, incrocia il tuo sguardo con il Suo e ripeti la preghiera di Fatima: “Gesù mio, io credo, adoro spero e Ti amo. Ti chiedo perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non Ti amano. Perdono e Misericordia…”. Adesso, diGli quanto Lo ami, rendi il tuo omaggio al Re dei Re”. 
Catalina racconta: Vi dico: pareva che dall’Ostia enorme guardasse solo me, ma seppi che contemplava, allo stesso modo, ogni persona, pieno di Amore… Quindi, chinai il capo fino ad avere la fronte a terra, come facevano tutti gli Angeli e i Beati del Cielo. Per una frazione di secondo, pensai che era lo stesso Gesù, che avvolgeva il corpo del Celebrante e, nello stesso tempo, si trovava nell’Ostia, che quando il Celebrante l’abbassava, diventava nuovamente piccola. Avevo le guance piene di lacrime, non potevo uscire dal mio stato di meravigliato stupore. 
Non appena il Monsignore iniziò a pronunciare le parole di Consacrazione del vino, insieme alle sue parole, incominciarono ad apparire dei bagliori come lampi, nel cielo e sullo sfondo. La Chiesa non aveva più né tetto, né pareti, tutto era buio, vi era solamente quelle Luce che brillava nell’Altare. 
All’improvviso, sospeso in aria, vidi Gesù, Crocefisso, dalla testa fino alla parte bassa del torace. Il tronco trasversale della Croce era sostenuto da grandi e forti mani. Dal centro di quello splendore, si distaccò un piccolo lume, come una colomba molto piccola e molto brillante che, fatto velocemente il giro di tutta la chiesa, si posò sulla spalla sinistra del signor Arcivescovo, che continuava ad essere Gesù, perché potevo distinguere la Sua capigliatura sciolta, le Sue Piaghe luminose, il Suo grandioso corpo, ma non vedevo il Suo Volto. In alto, Gesù Crocefisso stava con il Viso reclinato sulla Spalla destra. Si vedevano sul Volto e sulle Braccia i segni dei colpi e delle ferite. Sul Costato destro, all’altezza del Petto, vi era una ferita da cui usciva, a fiotti, verso sinistra, del Sangue e, verso destra, qualcosa che sembrava Acqua, però molto brillante; ma erano, piuttosto, fasci di Luce quelli che si dirigevano verso i Fedeli, muovendosi a destra e a sinistra. 
Mi stupiva la quantità di Sangue che traboccava dal Calice e pensai che avrebbe impregnato e macchiato tutto l’Altare, ma non ne cadde una sola goccia! In quel momento, la Vergine disse: “Te lo ripeto: questo è il Miracolo dei Miracoli, per il Signore non esistono né tempo, né distanza e nel momento della Consacrazione, tutta l’assemblea viene trasportata ai piedi del Calvario, nel momento della Crocifissione di Gesù”.
Catalina racconta: Può qualcuno immaginarselo? I nostri occhi non lo possono vedere, ma tutti siamo là, nello stesso momento, nel quale lo stanno Crocefiggendo e mentre chiede perdono al Padre, non solamente per quelli che Lo uccidono, ma per ognuno dei nostri peccati: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno!”
A partire da quel giorno, e non mi interessa se mi prendono per pazza, io chiedo a tutti di inginocchiarsi, chiedo a tutti di cercare di vivere con il cuore e con tutta la sensibilità di cui sono capaci, quel privilegio che il Signore ci concede. 

Nel momento del ricordo dei defunti, la Vergine mi disse: “Prega per tua padre… per tua madre”. Lo feci e fu così che li vidi. Erano dietro al braccio destro del celebrante. Vi erano molti altri capeggiati da san Giuseppe. La Vergine mi disse:  “è così ogni volta che durante la messa ricordate un vostro defunto. Il Signore concede a quelle anime di essere in quel momento lì presenti, intorno all’altare”.

AL MOMENTO DEL PADRE NOSTRO 

Quando stavamo per cominciare a pregare il “Padre Nostro”, parlò il Signore, per la prima volta, durante la Celebrazione, e disse: “Ecco, voglio che tu preghi con la maggiore profondità di cui sei capace e che, in questo momento, ti ricordi della persona o delle persone che ti hanno causato più male nella tua vita, affinché tu li abbracci e li stringa a te e dica loro con tutto il cuore: “Nel Nome di Gesù, io ti perdono e ti auguro la pace. Nel Nome di Gesù, ti chiedo perdono e mi auguro di avere la pace”. Se questa persona merita la pace, la riceverà e ne avrà un gran bene; se questa persona non è capace di aprirsi alla pace, quella pace tornerà al tuo cuore.
Ma non voglio che tu riceva o dia la pace ad altre persone, fino a quando non sei capace di perdonare e di provare quella pace dapprima nel tuo cuore”. “Fate attenzione a quello che fate continuò il Signore - voi ripetete nel Padre Nostro:
perdonaci come noi perdoniamo quelli che ci offendono. Se siete capaci di perdonare, e non come dicono alcuni, di dimenticare, state mettendo delle condizioni al perdono di Dio. State dicendo: perdonami, soltanto come io sono capace di perdonare, non di più”. 
Catalina racconta: Non so come spiegare il mio dolore, nel comprendere quanto possiamo ferire il Signore e quanto possiamo, noi stessi, offenderLo con tanti rancori, con i cattivi sentimenti e le cose cattive che nascono dai complessi e dalla suscettibilità. Perdonai, perdonai di cuore e chiesi perdono a tutti quelli che, talvolta, mi avevano offeso, per sentire la pace del Signore.

AL MOMENTO DELLA PACE E DELLA RICONCILIAZIONE 

Il Celebrante diceva: “… concedici la pace e l’unità…” e quindi: “La pace del Signore sia con tutti voi…”. Catalina racconta: Vidi, d’un tratto, fra alcune persone che si abbracciavano (non tutte), venire a porsi in mezzo una Luce molto intensa. Seppi che era Gesù e mi slanciai, allora, ad abbracciare la persona che avevo a fianco. Potei sentire davvero, in quella Luce, l’abbraccio del Signore: era Lui che mi abbracciava per darmi la Sua pace, perché in quel momento io ero stata capace di perdonare e di togliere dal mio cuore ogni offesa contro altre persone. Questo è ciò che Gesù vuole condividere quel momento di gioia, in un abbraccio, per farci trovare la Sua Pace.

AL MOMENTO DELLA SANTA COMUNIONE 

Arrivò il momento della Comunione dei Celebranti, e qui tornai a notare la presenza di tutti i Sacerdoti, insieme al Monsignore. Mentre egli si Comunicava, 
la Santa Vergine disse: “Questo è il momento di pregare per il Celebrante e per i Sacerdoti che lo accompagnano. Ripeti con Me: “Signore, Benedicili, Santificali, Aiutali, Purificali, Amali, abbine cura, sostienili con il Tuo Amore…”. Ricordatevi di tutti i Sacerdoti del Mondo, pregate per tutte le Anime Consacrate…”. 
Catalina racconta:
Amati fratelli, questo è il momento in cui dobbiamo pregare, perché loro sono la Chiesa, come lo siamo anche noi laici. Molte volte, i laici esigono molto dai Sacerdoti, però siamo incapaci di pregare per loro, di capire che sono persone umane, di comprendere e apprezzare la solitudine che, molto spesso, può circondare un Sacerdote. Dobbiamo capire che i Sacerdoti sono persone come noi e che hanno bisogno di comprensione, di assistenza, che hanno bisogno di affetto e di attenzioni da parte nostra, perché stanno dando la loro vita per ognuno di noi, come Gesù, Consacrandosi a Lui.
Il Signore vuole che la gente del “gregge”, che Dio ha affidato loro, preghi e aiuti il proprio Pastore a santificarsi. Un giorno o l’altro, quando saremo nell’Aldilà, comprenderemo la meraviglia, compiuta dal Signore, nel darci dei Sacerdoti che ci aiutano a salvare la nostra Anima. 

La gente cominciò ad uscire dai banchi per andare a Comunicarsi. Era giunto il grande momento dell’incontro, della “Comunione”. 

Il Signore mi disse: “Aspetta un momento, voglio che tu osservi qualcosa…”. Catalina racconta: Spinta da un impulso interiore, diressi lo sguardo verso la persona che stava per ricevere la Comunione sulla lingua dalla mano del Sacerdote. Devo chiarire che questa persona era una delle signore del nostro “Gruppo”, che, la sera prima, non era riuscita a Confessarsi, ma che si era Confessata questa mattina, prima della Santa Messa. Quando il Sacerdote ebbe posto la Sacra Ostia sulla sua lingua, vi fu come un lampo di luce: quella luce, di colore bianco dorato intenso, attraversò questa persona, prima dalla spalla e poi circondando la spalla, gli omeri e la testa. 
Il Signore disse:
“È così che Io Mi compiaccio nell’abbracciare un’Anima, che viene a riceverMi, con il cuore puro!”. 
Catalina racconta: Il tono della voce di Gesù era quello di una persona felice. Io ero stupita nell’ammirare quell’amica, che tornava al suo posto, circondata di luce, abbracciata dal Signore. Ho pensato alle meraviglie che noi, tante volte, perdiamo, perché andiamo a ricevere Gesù con le nostre piccole o grandi mancanze, mentre dovrebbe essere solo una festa. Molte volte diciamo che non vi sono Sacerdoti per Confessarsi spesso, ma il problema non consiste nel Confessarsi spesso, il problema consiste nella nostra facilità a tornare a cadere nel male. 
Daltronde, così come ci sforziamo di trovare un salone di bellezza o gli uomini un barbiere quando abbiamo una festa, dobbiamo sforzarci anche di andare a cercare il Sacerdote quando abbiamo bisogno che vengano tolte da noi tutte quelle cose sporche, e non avere la sfacciataggine di ricevere Gesù in qualsiasi momento, con il cuore pieno di cose cattive. 
Quando mi sono diretta a ricevere la Comunione, Gesù ripeteva: “L’ultima Cena fu il momento di maggiore intimità con i Miei. In quell’ora dell’Amore, ho istituito quello che agli occhi degli Uomini può sembrare la più grande pazzia: farMi prigioniero d’Amore. Ho istituito l’Eucaristia! Ho voluto rimanere con voi, fino alla fine dei Secoli, perché il Mio Amore non poteva sopportare che rimanessero orfani coloro che amavo più della Mia vita…”. Catalina racconta: Ricevetti quell’Ostia, che aveva un sapore particolare; era una mescolanza di sangue e incenso, che mi inondò interamente. Provavo tanto Amore… che le lacrime scorrevano senza poterle trattenere… Quando ritornai al mio posto, mentre mi inginocchiavo, il Signore disse: “Ascolta…”. Catalina racconta: E in quel momento cominciai a sentire dentro di me le preghiere di una signora, che era seduta
davanti a me e che si era appena Comunicata. Quello che diceva, senza aprire la bocca, era più o meno questo: “Signore, ricordaTi che siamo alla fine del mese e che non ho i soldi per pagare l’affitto, la rata della macchina, il collegio dei bambini, devi fare qualcosa per aiutarmi… Per favore, fa che mio marito smetta di bere tanto, non posso sopportare più le sue ubriachezze, e mio figlio minore perderà di nuovo l’anno, se non lo aiuti, questa settimana ha gli esami… e non dimenticarTi della vicina, che deve cambiare casa, che lo faccia una buona volta, perché io non la posso sopportare… ecc.”.

AL MOMENTO DELLA PREGHIERA FINALE 

In quel momento, il Signor Arcivescovo disse: “Preghiamo” . Ovviamente, tutta l’Assemblea si alzò in piedi per la preghiera finale. Gesù disse,
con un tono triste: “
Ti sei resa conto? Non Mi ha detto neanche una volta che Mi ama, non una sola volta ha dato segni di gratitudine per il dono che Io le ho fatto di far scendere la Mia Divinità fino alla sua povera umanità, per elevarla fino a Me. Non una sola volta ha detto: “Grazie, Signore”. È stata una litania di richieste… e sono così quasi tutti quelli che vengono a ricevermi”. “Io sono Morto per Amore e sono Risuscitato. Per Amore, aspetto ognuno di voi e per Amore rimango con voi… ma voi non vi rendete conto del fatto che Io ho bisogno del vostro Amore. Ricorda che Sono il Mendicante d’Amore, in quest’ora sublime, per l’Anima”. - Catalina racconta: Vi rendete conto, voi, che Egli, l’Amore, sta chiedendo il nostro Amore e che noi non glieLo diamo? Ed evitiamo anche di andare a questo incontro con l’Amore degli Amori, con l’unico Amore che Si dà in oblazione permanente. -

AL MOMENTO DELLA BENEDIZIONE FINALE 

Quando il Celebrante stava per dare la “Benedizione”, la Santissima Vergine parlò di nuovo e disse:
“Fai attenzione, osserva bene… Invece di fare il Segno della Croce, voi fate uno ghirigoro. Ricorda che questa Benedizione può essere l’ultima che ricevi, nella tua vita, dalla mano di un Sacerdote. Tu non sai se, uscendo da qui, morirai o no, e non sai se avrai l’opportunità che un altro Sacerdote ti dia una Benedizione.
Quelle Mani Consacrate ti stanno dando la Benedizione nel Nome della Santissima Trinità. Pertanto, fai il Segno della Croce con rispetto e come se fosse l’ultimo della tua vita” (…)  È questa la testimonianza che devo e voglio dare al mondo intero, per la maggior Gloria di Dio e per la salvezza di chiunque voglia aprire il proprio cuore al Signore. Affinché molte anime, consacrate a Dio, ravvivino il fuoco dell’amore per Cristo, sia quelle che hanno nelle loro mani il potere di farlo scendere sulla terra per essere nostro nutrimento, sia le altre, affinché perdano l’uso di riceverlo “per abitudine” e rivivano il meraviglioso stupore dell’incontro quotidiano con l’amore. Affinché i miei fratelli e sorelle laici di tutto il mondo vivano il più grande dei Miracoli con il cuore: la celebrazione della Santa Eucaristia.
Catalina Rivas (Missionaria laica del Cuore Eucaristico di Gesù)

AMDG et BVM

GESU' E MADRE SPERANZA CI ASPETTANO A COLLEVALENZA

VISITA A COLLEVALENZA SANTUARIO DELL' AMORE MISERICORDIOSO MADRE SPERANZA

IL
SANTUARIO DELL' AMORE MISERICORDIOSO 
veniva consacrato dal vescovo di Todi il 31 ottobre 1965