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domenica 19 luglio 2020

ABISSO NERO E ABISSO LUMINOSO


I CONSIGLI EVANGELICI  PERFEZIONANO LA LEGGE





CLXXI. Terzo discorso della Montagna: i consigli evangelici che perfezionano la Legge.

  25 maggio 1945
 1 Continua il discorso del Monte.
   Il luogo e l'ora sono sempre gli stessi. La gente è ancora più aumentata. In un angolo, presso un sentiero, come volesse udire ma non eccitare ripugnanze fra la folla, è un romano. Lo distinguo per la veste corta e il mantello diverso. Ancora vi sono Stefano ed Erma.
   E Gesù va lentamente al suo posto e riprende a parlare.
   «Con quanto vi ho detto ieri non dovete giungere al pensiero che Io sia venuto per abolire la Legge. No. Solo, poiché sono l'Uomo e comprendo le debolezze dell'uomo, Io ho voluto rincuorarvi a seguirla col dirigere il vostro occhio spirituale non all'abisso nero, ma all'Abisso luminoso. Perché, se la paura di un castigo può trattenere tre volte su dieci, la certezza di un premio slancia sette volte su dieci. Perciò più che la paura fa la fiducia. Ed Io voglio che voi l'abbiate piena, sicura, per potere fare non sette parti di bene su dieci, ma dieci parti su dieci e conquistare questo premio santissimo del Cielo.
   Io non muto un iota della Legge. E chi l'ha data fra i fulmini del Sinai? L'Altissimo.
   Chi è l'Altissimo? Il Dio uno e trino.
   Da dove l'ha tratta? Dal suo Pensiero.
   Come l'ha data? Con la sua Parola.
   Perché l'ha data? Per il suo Amore.
   Vedete dunque che la Trinità era presente. Ed il Verbo, ubbidiente come sempre al Pensiero e all'Amore, parlò per il Pensiero e per l'Amore.
   Potrei smentire Me stesso? Non potrei. Ma posso, poiché tutto Io posso, completare la Legge, farla divinamente completa, non quale la fecero gli uomini che durante i secoli non la fecero completa ma soltanto indecifrabile, inadempibile, sovrapponendo leggi e precetti, e precetti e leggi, tratti dal loro pensiero, secondo il loro utile, e gettando tutta questa macia a lapidare e soffocare, a sotterrare e sterilire la Legge santissima data da Dio. Può una pianta sopravvivere se la sommergono per sempre valanghe, macerie e innondazioni? No. La pianta muore. La Legge è morta in molti cuori, soffocata sotto le valanghe di troppe soprastrutture. Io sono venuto a levarle tutte e, disseppellita la Legge, risuscitata la Legge, ecco che Io la faccio non più legge ma regina.
 2 Le regine promulgano le leggi. Le leggi sono opera delle regine, ma non sono da più delle regine. Io invece faccio della Legge la regina: la completo, l'incorono, mettendo sul suo sommo il serto dei consigli evangelici. Prima era l'ordine. Ora è più dell'ordine. Prima era il necessario. Ora è più del necessario. Ora è la perfezione. Chi la disposa, così come Io ve la dono, all'istante è re perché ha raggiunto il "perfetto", perché non è stato soltanto ubbidiente ma eroico, ossia santo, essendo la santità la somma delle virtù portate al vertice più alto che possa esser raggiunto da creatura, eroicamente amate e servite col distacco completo da tutto quanto è appetito e riflessione umana verso qual che sia cosa. Potrei dire che il santo è colui al quale l'amore e il desiderio fanno da ostacolo ad ogni altra vista che Dio non sia. Non distratto da viste inferiori, egli ha le pupille del cuore ferme nello Splendore Ss. che è Dio e nel quale vede, poiché tutto è in Dio, agitarsi i fratelli e tendere le mani supplici. E senza staccare gli occhi da Dio, il santo si effonde ai fratelli supplicanti. Contro la carne, contro le ricchezze, contro le comodità, egli drizza il suo ideale: servire. Povero il santo? Menomato? No. E’ giunto a possedere la sapienza e la ricchezza vere. Possiede perciò tutto. Né sente fatica perché, se è vero che è un produttore continuo, è pur anche vero che è un nutrito di continuo. Perché, se è vero che comprende il dolore del mondo, è anche vero che si pasce della letizia del Cielo. Di Dio si nutre, in Dio si allieta. È la creatura che ha compreso il senso della vita.
   Come vedete, Io non muto e non mutilo la Legge, come non la corrompo con le sovrapposizioni di fermentanti teorie umane. Ma la completo. Essa è quello che è, e tale sarà fino all'estremo giorno, senza che se ne muti una parola o se ne levi un precetto. Ma è incoronata del perfetto. Per avere salute basta accettarla così come fu data. Per avere immediata unità con Dio occorre viverla come Io la consiglio. Ma poiché gli eroi sono l'eccezione, Io parlerò per le anime comuni, per la massa delle anime, acciò non si dica che per volere il perfetto rendo ignoto il necessario. Però di quanto dico ritenete bene questo: colui che si permette di violare uno fra i minimi di questi comandamenti sarà tenuto minimo nel Regno dei Cieli. E colui che indurrà altri a violarli sarà ritenuto minimo per lui e per colui che egli indusse alla violazione. Mentre colui che con la vita e le opere, più ancora che con la parola, avrà persuaso altri all'ubbidienza, costui grande sarà nel Regno dei Cieli, e la sua grandezza si aumenterà per ognuno di quelli che egli avrà portato ad ubbidire e a santificarsi così. 
 3 Io so che ciò che sto per dire sarà agro alla lingua di molti. Ma Io non posso mentire anche se la verità che sto per dire mi farà dei nemici.
   In verità vi dico che se la vostra giustizia non si ricreerà, distaccandosi completamente dalla povera e ingiustamente definita giustizia che vi hanno insegnata scribi e farisei; che se non sarete molto più, e veramente, giusti dei farisei e scribi, che credono esserlo con l'aumentare delle formule ma senza mutazione sostanziale degli spiriti, voi non entrerete nel Regno dei Cieli.

   Guardatevi dai falsi profeti e dai dottori d'errore. Essi vengono a voi in veste d'agnelli e lupi rapaci sono, vengono in veste di santità e sono derisori di Dio, dicono di amare la verità e si pascono di menzogne. Studiateli prima di seguirli.
   L'uomo ha la lingua e con questa parla, ha gli occhi e con questi guarda, ha le mani e con esse accenna. Ma ha un'altra cosa che testimonia con più verità del suo vero essere: ha i suoi atti. E che volete che sia un paio di mani congiunte in preghiera se poi l'uomo è ladro e fornicatore? E che due occhi che volendo fare gli ispirati si stravolgono in ogni senso, se poi, cessata l'ora della commedia, si sanno fissare ben avidi sulla femmina, o sul nemico, per lussuria o per omicidio? E che volete che sia la lingua che sa zufolare la bugiarda canzone delle lodi e sedurvi con i suoi detti melati, mentre poi alle vostre spalle vi calunnia ed è capace di spergiurare pur di farvi passare per gente spregevole? Che è la lingua che fa lunghe orazioni ipocrite e poi veloce uccide la stima del prossimo o seduce la sua buona fede? Schifo è! Schifo sono gli occhi e le mani menzognere.

   Ma gli atti dell'uomo, i veri atti, ossia il suo modo di comportarsi in famiglia, nel commercio, verso il prossimo ed i servi, ecco quello che testimoniano: "Costui è un servo del Signore". Perché le azioni sante sono frutto di una vera religione. Un albero buono non dà frutti malvagi e un albero malvagio non dà frutti buoni. Questi pungenti roveti potranno mai darvi uva saporita? E quegli ancora più tribolanti cardi potranno mai maturarvi morbidi fichi? No, che in verità poche e aspre more coglierete dai primi e immangiabili frutti verranno da quei fiori, spinosi già pur essendo ancora fiori. L'uomo che non è giusto potrà incutere rispetto con l'aspetto, ma con quello solo. Anche quel piumoso cardo sembra un fiocco di sottili fili argentei che la rugiada ha decorato di diamanti. Ma se inavvertitamente lo toccate, vedete che fiocco non è, ma mazzo di aculei, penosi all'uomo, nocivi alle pecore, per cui i pastori lo sterpano dai loro pascoli e lo gettano a perire nel fuoco acceso nella notte perché neppure il seme si salvi. Giusta e previdente misura. Io non vi dico: "Uccidete i falsi profeti e gli ipocriti fedeli". Anzi vi dico: "Lasciatene a Dio il compito". Ma vi dico: "Fate attenzione, scostatevene per non intossicarvi dei loro succhi".

 4 Come debba essere amato Dio, ieri l'ho detto. Insisto a come debba essere amato il prossimo.
   Un tempo era detto: "Amerai il tuo amico e odierai il tuo nemico" No. Non così. Questo è buono per i tempi in cui l'uomo non aveva il conforto del sorriso di Dio. Ma ora vengono i tempi nuovi, quelli in cui Dio tanto ama l'uomo da mandargli il suo Verbo per redimerlo. Ora il Verbo parla. Ed è già Grazia che si effonde. Poi il Verbo consumerà il sacrificio di pace e di redenzione e la Grazia non solo sarà effusa, ma sarà data ad ogni spirito credente nel Cristo. Perciò occorre innalzare l'amore di prossimo a perfezione che unifica l'amico al nemico.

   Siete calunniati? Amate e perdonate. Siete percossi? Amate e porgete l'altra guancia a chi vi schiaffeggia pensando che è meglio che l'ira si sfoghi su voi, che la sapete sopportare, anziché su un altro che si vendicherebbe dell'affronto. Siete derubati? Non pensate: "Questo mio prossimo è un avido", ma pensate caritativamente: "Questo mio povero fratello è bisognoso" e dategli anche la tunica se già vi ha levato il mantello. Lo metterete nella impossibilità di fare un doppio furto perché non avrà più bisogno di derubare un altro della tunica.

   Voi dite: "Ma potrebbe essere vizio e non bisogno". Ebbene, date ugualmente. Dio ve ne compenserà e l'iniquo ne sconterà. Ma molte volte, e ciò richiama quanto ho detto ieri sulla mansuetudine, vedendosi così trattato, cade dal cuore del peccatore il suo vizio, ed egli si redime giungendo a riparare il furto col rendere la preda.
   Siate generosi con coloro che, più onesti, vi chiedono, anziché derubarvi, ciò di cui abbisognano. Se i ricchi fossero realmente poveri di spirito come ho insegnato ieri, non vi sarebbero le penose disuguaglianze sociali, cause di tante sventure umane e sovrumane. Pensate sempre: "Ma se io fossi nel bisogno, che effetto mi farebbe la ripulsa di un aiuto?", e in base alla risposta del vostro io agite. Fate agli altri ciò che vorreste vi fosse fatto e non fate agli altri ciò che non vorreste fatto a voi.

   L'antica parola: "Occhio per occhio, dente per dente", che non è nei dieci comandi ma che è stata messa perché l'uomo privo della Grazia è tal belva che non può che comprendere la vendetta, è annullata, questa sì che è annullata, dalla nuova parola: "Ama chi ti odia, prega per chi ti perseguita, giustifica chi ti calunnia, benedici chi ti maledice, benefica chi ti fa danno, sii pacifico col rissoso, condiscendente con chi ti è molesto, soccorri di buon grado chi a te ricorre e non fare usura, non criticare, non giudicare". Voi non sapete gli estremi delle azioni degli uomini. In tutti i generi di soccorso siate generosi, misericordiosi siate. Più darete più vi sarà dato, e una misura colma e premuta sarà versata da Dio in grembo a chi fu generoso. Dio non solo vi darà per quanto avete dato, ma più e più ancora. Cercate di amare e di farvi amare. Le liti costano più di un accomodamento amichevole e la buona grazia è come un miele che a lungo resta col suo sapore sulla lingua.

 5 Amate, amate! Amate amici e nemici per essere simili al Padre vostro che fa piovere sui buoni e sui cattivi e fa scendere il sole sui giusti e sugli ingiusti riservandosi di dare sole e rugiade eterne, e fuoco e grandine infernali, quando i buoni saranno scelti, come elette spighe, fra i covoni del raccolto. Non basta amare coloro che vi amano e dai quali sperate un contraccambio. Questo non è un merito, è una gioia, e anche gli uomini naturalmente onesti lo sanno fare. Anche i pubblicani lo fanno e anche i gentili. Ma voi amate a somiglianza di Dio e amate per rispetto a Dio, che è Creatore anche di quelli che vi sono nemici o poco amabili. Io voglio in voi la perfezione dell'amore e perciò vi dico: "Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei Cieli.

   Tanto è grande il precetto d'amore verso il prossimo, il perfezionamento del precetto d'amore verso il prossimo, che Io più non vi dico come era detto: "Non uccidete", perché colui che uccide sarà condannato dagli uomini. Ma vi dico: "Non vi adirate" perché un più alto giudizio è su voi e calcola anche le azioni immateriali. Chi avrà insultato il fratello sarà condannato dal Sinedrio. Ma chi lo avrà trattato da pazzo, e perciò danneggiato, sarà condannato da Dio. Inutile fare offerte all'altare se prima non si è sacrificato nell'interno del cuore i propri rancori per amore di Dio e non si è compito il rito santissimo del saper perdonare. Perciò se quando stai per offrire a Dio tu ti sovvieni di avere mancato verso il tuo fratello o di avere in te rancore per una sua colpa, lascia la tua offerta davanti all'altare, fa' prima l'immolazione del tuo amor proprio, riconciliandoti col tuo fratello, e poi vieni all'altare, e santo sarà allora, solo allora, il tuo sacrificio. Il buon accordo è sempre il migliore degli affari. Precario è il giudizio dell'uomo, e chi ostinato lo sfida potrebbe perdere la causa e dovere pagare all'avversario fino all'ultima moneta o languire in prigione. Alzate in tutte le cose lo sguardo a Dio. Interrogatevi dicendo: "Ho io il diritto di fare ciò che Dio non fa con me?". Perché Dio non è così inesorabile e ostinato come voi siete. Guai a voi se lo fosse! Non uno si salverebbe. Questa riflessione vi induca a sentimenti miti, umili, pietosi. E allora non vi mancherà da parte di Dio, qui e oltre, la ricompensa.

 6 Qui, a Me davanti, è anche uno che mi odia e che non osa dirmi: "Guariscimi", perché sa che Io so i suoi pensieri. Ma Io dico: "Sia fatto ciò che tu vuoi. E come ti cadono le scaglie dagli occhi così ti cadano dal cuore il rancore e le tenebre".
   Andate tutti con la mia pace. Domani ancora vi parlerò».
   La gente sfolla lentamente, forse in attesa di un grido di miracolo che non viene. Anche gli apostoli e i discepoli più antichi, che restano sul monte, chiedono: «Ma chi era? Non è guarito forse?» e insistono presso il Maestro che è rimasto in piedi, a braccia conserte, a veder scendere la gente.
Ma Gesù sulle prime non risponde; poi dice: «Gli occhi sono guariti. L'anima no. Non può perché è carica di odio».
   «Ma chi è? Quel romano forse?».
   «No. Un disgraziato».
   «Ma perché lo hai guarito, allora? » chiede Pietro.
   «Dovrei fulminare tutti i suoi simili?».
   «Signore... io so che Tu non vuoi che dica: "sì ", e perciò non lo dico.. - ma lo penso.. - ed è lo stesso...»  
   «E’ lo stesso, Simone di Giona. Ma sappi che allora... Oh! quanti cuori pieni di scaglie d'odio intorno a Me! Vieni. Andiamo proprio là in cima, a guardare dall'alto il nostro bel mare di Galilea. Io e te soli».
AMDG et DVM

martedì 1 novembre 2016

Il dono della Grazia e le Beatitudini

170. Secondo discorso della Montagna: 
il dono della Grazia e le beatitudini.

Gesù parla agli apostoli mettendoli ognuno al loro posto per dirigere e sorvegliare la folla, che sale fin dalle prime ore del mattino con malati portati a braccio o in barella o trascinantisi sulle grucce. Fra la gente è Stefano ed Erma. L'aria è tersa e un poco freschetta, ma il sole tempera presto questo frizzare di aria montanina che, rendendo mite il sole, se ne avvantaggia però, facendosi di una purezza fresca ma non rigida. La gente si siede sui sassi e pietroni che sono sparsi nella valletta fra le due cime, altri attendono che il sole asciughi l'erba rugiadosa per sedersi sul suolo. E’ molta la gente e di tutte le plaghe palestinesi e di tutte le condizioni. Gli apostoli si sperdono nella moltitudine ma, come api che vanno e vengono dai prati all'alveare, ogni tanto tornano presso il Maestro per riferire, per chiedere, per il piacere di essere guardati da vicino dal Maestro. Gesù sale un poco più in alto del prato che è il fondo della valletta, addossandosi alla parete, e inizia a parlare. 

«Molti mi hanno chiesto, durante un'annata di predicazione: "Ma Tu, che ti dici il Figlio di Dio, dicci cosa è il Cielo, cosa il Regno, cosa è Dio. Perché noi abbiamo idee confuse. Sappiamo che vi è il Cielo con Dio e con gli angeli. Ma nessuno è mai venuto a dirci come è, essendo chiuso ai giusti". 

Mi hanno chiesto anche cosa è il Regno e cosa è Dio. Ed Io mi sono sforzato di spiegarvi cosa è il Regno e cosa è Dio. Sforzato non perché mi fosse difficile a spiegarmi, ma perché è difficile, per un complesso di cose, farvi accettare la verità che urta, per quanto è il Regno, contro tutto un edificio di idee venute nei secoli e, per quanto è Dio, contro la sublimità della sua Natura. 
Altri ancora mi hanno chiesto: "Va bene. Questo è il Regno e questo è Dio. Ma come si conquistano questo e quello?". Anche qui Io ho cercato di spiegarvi, senza stanchezze, l'anima vera della Legge del Sinai. Chi fa sua quell'anima fa suo il Cielo. 
Ma per spiegarvi la Legge del Sinai bisogna anche far sentire il tuono forte del Legislatore e del suo Profeta, i quali, se promettono benedizioni agli osservanti, minacciano tremende pene e maledizioni ai disubbidienti. La epifania del Sinai fu tremenda e la sua terribilità si riflette in tutta la Legge, si riflette su tutti i secoli, si riflette su tutte le anime. 
Ma Dio non è solo Legislatore. Dio è Padre. E Padre di immensa bontà. Forse, e senza forse, le vostre anime, indebolite dal peccato d'origine, dalle passioni, dai peccati, da molti egoismi vostri e altrui - facendovi gli altrui un'anima irritata, i vostri un'anima chiusa - non possono elevarsi a contemplare le infinite perfezioni di Dio, meno di ogni altra la bontà, perché è la virtù che con l'amore è meno dote dei mortali. 

La bontà! Oh! dolce essere buoni, senza odio, senza invidie, senza superbie! Avere occhi che solo guardano per amare, e mani che si tendono a gesto d'amore, e labbra che non profferiscono che parole d'amore, e cuore, cuore soprattutto che colmo unicamente d'amore sforza occhi, mani e labbra ad atti d'amore! I più dotti fra voi sanno di quali doni Dio aveva fatto ricco Adamo, per sé e per i suoi discendenti. Anche i più ignoranti fra i figli d'Israele sanno che in noi vi è lo spirito. 

Solo i poveri pagani lo ignorano questo ospite regale, questo soffio vitale, questa luce celeste che santifica e vivifica il nostro corpo. Ma i più dotti sanno quali doni erano stati dati all'uomo, allo spirito dell'uomo. Non fu meno munifico allo spirito che alla carne e al sangue della creatura da Lui fatta con poco fango e col suo alito. 

E come dette i doni naturali di bellezza e integrità, di intelligenza e di volontà, di capacità di amarsi e di amare, così dette i doni morali con la soggezione del senso alla ragione, di modo che nella libertà e padronanza di sé e della propria volontà, di cui Dio aveva beneficato Adamo, non si insinuava la malvagia prigionia dei sensi e delle passioni, ma libero era l'amarsi, libero il volere, libero il godere in giustizia, senza quello che fa schiavi voi facendovi sentire il mordente di questo veleno che Satana sparse e che rigurgita, portandovi fuor dell'alveo limpido su campi fangosi, in putrefacenti stagni, dove fermentano le febbri dei sensi carnali e dei sensi morali. 

Perché sappiate che è senso anche la concupiscenza del pensiero. Ed ebbero doni soprannaturali, ossia la Grazia santificante, il destino superiore, la visione di Dio. La Grazia santificante: la vita dell'anima. Quella spiritualissima cosa deposta nella spirituale anima nostra. La Grazia che ci fa figli di Dio perché ci preserva dalla morte del peccato, e chi morto non è "vive" nella casa del Padre: il Paradiso; nel regno mio: il Cielo. 
Cosa è questa Grazia che santifica e che dà Vita e Regno? Oh! non usate molte parole! La Grazia è amore. La Grazia è, perciò, Dio. E Dio che ammirando Se stesso nella creatura creata perfetta si ama, si contempla, si desidera, si dà ciò che è suo per moltiplicare questo suo avere, per bearsi di questo moltiplicarsi, per amarsi per quanti sono altri Se stesso. Oh! figli! Non defraudate Dio di questo suo diritto! Non derubate Dio di questo suo avere! Non deludete Dio in questo suo desiderio! Pensate che Egli opera per amore. Se anche voi non foste, Egli sarebbe sempre l'Infinito, né sarebbe sminuita la sua potenza. Ma Egli, pur essendo completo nella sua misura infinita, immisurabile, vuole non per Sé e in Sé - non lo potrebbe perché è già l'Infinito - ma per il Creato, sua creatura, Egli vuole aumentare l'amore per quanto esso Creato di creature contiene, onde vi dà la Grazia: l'Amore, perché voi in voi lo portiate alla perfezione dei santi, e riversiate questo tesoro, tratto dal tesoro che Dio vi ha dato con la sua Grazia e aumentato di tutte le vostre opere sante, di tutta la vostra vita eroica di santi, nell'Oceano infinito dove Dio è: nel Cielo. Divine, divine, divine cisterne dell'Amore! 
Voi siete, né vi è data al vostro essere morte, perché siete eterne come Dio, dio essendo. 
Voi sarete, né vi sarà data al vostro essere termine, perché immortali come gli spiriti santi che vi hanno supernutrite, tornando in voi arricchiti dei propri meriti. 
Voi vivete e nutrite, voi vivete e arricchite, voi vivete e formate quella santissima cosa che è la Comunione degli spiriti, da Dio, Spirito perfettissimo, al piccolo pargolo testé nato, che poppa per la prima volta il materno seno. 
Non criticatemi in cuor vostro, o dotti! Non dite: "Costui è folle, Costui è menzognero! Perché come folle parla dicendo la Grazia in noi, privi di essa per la Colpa. Perché mente dicendoci già uni con Dio". Sì, la Colpa è; sì, la separazione è. Ma davanti al potere del Redentore, la Colpa, separazione crudele sorta fra il Padre e i figli, crollerà come muraglia scossa dal nuovo Sansone; già Io l'ho afferrata e la scrollo ed essa vacilla, e Satana trema d'ira e di impotenza non potendo nulla contro il mio potere e sentendosi strappare tanta preda e farsi più difficile il trascinare l'uomo al peccato. 
Perché quando Io vi avrò, attraverso di Me, portato al Padre mio, e nel filtrare dal mio Sangue e dal mio dolore voi sarete divenuti mondi e forti, tornerà viva, desta, potente la Grazia in voi, e voi sarete i trionfatori, se lo vorrete. Non vi violenta Iddio nel pensiero e neppure nella santificazione. Voi siete liberi. Ma vi rende la forza. Vi rende la libertà sull'impero di Satana. A voi riporvi il giogo infernale o mettere all'anima le ali angeliche. Tutto a voi, con Me a fratello per guidarvi e nutrirvi del cibo immortale.

"Come si conquista Iddio e il suo Regno attraverso altra più dolce via che non la severa del Sinai?" voi dite. Non vi è altra via. Quella è. Ma però guardiamola non attraverso il colore della minaccia, ma attraverso il colore dell'amore. Non diciamo: "Guai se non farò questo!" rimanendo tremanti in attesa di peccare, di non essere capaci di non peccare. Ma diciamo: "Beato me se farò questo!" e con slancio di soprannaturale gioia, giubilando, lanciamoci verso queste beatitudini, nate dall'osservanza della Legge come corolle di rose da un cespuglio di spine. 

1-Beato me se sarò povero di spirito perché mio allora è il Regno dei Cieli!
2-Beato me se sarò mansueto perché erediterò la Terra!
3-Beato me se sarò capace di piangere senza ribellione perché sarò consolato!
4-Beato me se più del pane e del vino per saziare la carne avrò fame e sete di giustizia. La Giustizia mi sazierà! Beato me se sarò misericordioso perché mi sarà usata divina misericordia!
5-Beato me se sarò puro di cuore perché Dio si piegherà sul mio cuore puro ed io lo vedrò!
6-Beato me se avrò spirito di pace perché sarò da Dio chiamato suo figlio, perché nella pace è l'amore, e Dio è Amore che ama chi è simile a Lui!
7-Beato me se per fedeltà alla giustizia sarò perseguitato, perché a compensarmi delle terrene persecuzioni Dio, mio Padre, mi darà il Regno dei Cieli!
8-Beato me se sarò oltraggiato e accusato bugiardamente per saper essere tuo figlio, o Dio! Non desolazione ma gioia mi deve venire da questo, perché questo mi uguaglia ai tuoi servi migliori, ai Profeti, per la stessa ragione perseguitati, e coi quali io credo fermamente di condividere la stessa ricompensa grande, eterna, nel Cielo che è mio!
 Guardiamo così la via della salute. Attraverso la gioia dei santi.
(1) Beato me se sarò povero di spirito Oh! delle ricchezze, arsura satanica, a quanti deliri tu porti! Nei ricchi, nei poveri. Il ricco che vive per il suo oro: l'idolo infame del suo spirito rovinato. Il povero che vive dell'odio al ricco perché egli ha l'oro, e se anche non fa materiale omicidio lancia i suoi anatema sul capo dei ricchi, desiderando loro male d'ogni sorta. Il male non basta non farlo, bisogna anche non desiderare di farlo. Colui che maledice augurando sciagure e morti non è molto dissimile da colui che materialmente uccide, poiché ha in lui il desiderio di veder perire colui che odia. In verità vi dico che il desiderio non è che un atto trattenuto, come un concepito da ventre già formato ma non ancora espulso. Il desiderio malvagio avvelena e guasta, poiché permane più a lungo dell'atto violento, più in profondità dell'atto stesso. Il povero di spirito se è ricco non pecca per l'oro, ma del suo oro fa la sua santificazione poiché ne fa amore. Amato e benedetto, egli è simile a quelle sorgive che salvano nei deserti e che si danno, senza avarizia, liete di potersi dare per sollevare le disperazioni. Se è povero, è lieto nella sua povertà, e mangia il suo pane dolce della ilarità del libero dall'arsione dell'oro, e dorme il suo sonno scevro da incubi, e sorge riposato al suo sereno lavoro che pare sempre leggero se viene fatto senza avidità e invidia. Le cose che fanno ricco l'uomo sono l'oro come materia, gli affetti come morale. Nell'oro sono comprese non solo le monete ma anche le case, i campi, i gioielli, i mobili, le mandre, tutto quanto insomma fa materialmente doviziosa la vita. Nelle affezioni: i legami di sangue o di coniugio, le amicizie, le dovizie intellettuali, le cariche pubbliche. Come vedete, se per la prima categoria il povero può dire: " Oh! per me! Basta che io non invidi chi ha e poi sono a posto perché io sono povero e perciò a posto per forza ", per la seconda anche il povero ha da sorvegliarsi, potendo, anche il più miserabile fra gli uomini, divenire peccaminosamente ricco di spirito. Colui che si affeziona smoderatamente ad una cosa, ecco che pecca. Voi direte: "Ma allora dobbiamo odiare il bene che Dio ci ha concesso? Ma allora perché comanda di amare il padre e la madre, la sposa, i figli, e dice: 'Amerai il tuo prossimo come te stesso? Distinguete. Amare dobbiamo il padre e la madre e la sposa e il prossimo, ma nella misura che Dio ha dato: " come noi stessi ". Mentre Dio va amato sopra ogni cosa e con tutti noi stessi. Non amare Dio come amiamo fra il prossimo i più cari, questa perché ci ha allattato, l'altra perché dorme sul nostro petto e ci procrea i figli, ma amarlo con tutti noi stessi, ossia con tutta la capacità di amare che è nell'uomo: amore di figlio, amore di sposo, amore di amico e, oh! non vi scandalizzate! e amore di padre. Sì, per l'interesse di Dio dobbiamo avere la stessa cura che un padre ha per la sua prole, per la quale con amore tutela le sostanze e le accresce, e si occupa e preoccupa della sua crescita fisica e culturale e della sua riuscita nel mondo. L'amore non è un male e non lo deve divenire. Le grazie che Dio ci concede non sono un male e non lo devono divenire. Amore sono. Per amore sono date. Occorre con amore usarne di queste ricchezze che Dio ci concede in affetti e in bene. E solo chi non se ne fa degli idoli ma dei mezzi per servire in santità Dio, mostra di non avere un attaccamento peccaminoso ad esse. Pratica allora la santa povertà dello spirito, che di tutto si spoglia per essere più libero di conquistare Iddio santo, suprema Ricchezza. Conquistare Dio, ossia avere il Regno dei Cieli.
 
(2) Beato me se sarò mansueto. Ciò può parere in contrasto con gli esempi della vita giornaliera. I non mansueti sembrano trionfare nelle famiglie, nelle città, nelle nazioni. Ma è vero trionfo? No. E’ paura che tiene apparentemente proni i soverchiati dal despota, ma che in realtà non è che velo messo sul ribollire di ribellione contro il tiranno. Non possiedono i cuori dei famigliari, né dei concittadini, né dei sudditi, coloro che sono iracondi e prepotenti. Non piegano intelletti e spiriti alle loro dottrine quei maestri del "ho detto e ho detto". Ma solo creano degli autodidatti, dei ricercatori di una chiave atta ad aprire le porte chiuse di una sapienza o di una scienza che essi sentono essere e che è opposta a quella che viene loro imposta. Non portano a Dio quei sacerdoti che non vanno alla conquista degli spiriti con la dolcezza paziente, umile, amorosa, ma sembrano guerrieri armati che si lancino ad un assalto feroce tanto marciano con irruenza e intransigenza contro le anime... Oh! povere anime! Se fossero sante non avrebbero bisogno di voi, sacerdoti, per raggiungere la Luce. L'avrebbero già in sé. Se fossero giusti non avrebbero bisogno di voi giudici per essere tenuti nel freno della giustizia, l'avrebbero già in se. Se fossero sani non avrebbero bisogno di chi cura. Siate dunque mansueti. Non mettete in fuga le anime. Attiratele con l'amore. Perché la mansuetudine è amore, così come lo è la povertà di spirito. Se tali sarete erediterete la Terra e porterete a Dio questo luogo, già prima di Satana, perché la vostra mansuetudine, che oltre che amore è umiltà, avrà vinto l'odio e la superbia uccidendo negli animi il re abbietto della superbia e dell'odio, e il mondo sarà vostro, ossia di Dio, perché voi sarete giusti che riconoscerete Dio come Padrone assoluto del creato, al Quale va dato lode e benedizione e reso tutto quanto è suo. 
(3) Beato me se saprò piangere senza ribellione. Il dolore è sulla terra. E il dolore strappa lacrime all'uomo. Il dolore non era. Ma l'uomo lo mise sulla terra e per una depravazione del suo intelletto si studia di sempre più aumentarlo, con tutti i modi. Oltre le malattie e le sventure conseguenti da fulmini, tempeste, valanghe, terremoti, ecco che l'uomo per soffrire, e per far soffrire soprattutto - perché vorremmo solo che gli altri soffrissero, e non noi, dei mezzi studiati per far soffrire - ecco che l'uomo escogita le armi micidiali sempre più tremende e le durezze morali sempre più astute. Quante lacrime l'uomo trae all'uomo per istigazione del suo segreto re che è Satana! Eppure in verità vi dico che queste lacrime non sono una menomazione ma una perfezione dell'uomo. L'uomo è uno svagato bambino, è uno spensierato superficiale, è un nato di tardivo intelletto finché il pianto non lo fa adulto, riflessivo, intelligente. Solo coloro che piangono, o che hanno pianto, sanno amare e capire. Amare i fratelli ugualmente piangenti, capirli nei loro dolori, aiutarli colla loro bontà, esperta di come fa male essere soli nel pianto. E sanno amare Dio perché hanno compreso che tutto è dolore fuorché Dio, perché hanno compreso che il dolore si placa se pianto sul cuore di Dio, perché hanno compreso che il pianto rassegnato che non spezza la fede, che non inaridisce la preghiera, che è vergine di ribellione, muta natura, e da dolore diviene consolazione. Sì. Coloro che piangono amando il Signore saranno consolati. 
(4) Beato me se avrò fame e sete di giustizia. Dal momento che nasce al momento che muore l'uomo tende avido al cibo. Apre la bocca alla nascita per afferrare il capezzolo, apre le labbra per inghiottire ristoro nelle strette dell'agonia. Lavora per nutrirsi. Fa della terra un enorme capezzolo dal quale insaziabilmente succhia, succhia per ciò che muore. Ma che è l'uomo? Un animale? No, è un figlio di Dio. In esilio per pochi o molti anni. Ma non cessa la sua vita col mutare della sua dimora. Vi è una vita nella vita così come in una noce vi è il gheriglio. Non è il guscio la noce, ma è l'interno gheriglio che è la noce. Se seminate un guscio di noce non nasce nulla, ma se seminate il guscio con la polpa nasce grande albero. Così è l'uomo. Non è la carne che diviene immortale, è l'anima. E va nutrita per portarla all'immortalità, alla quale, per amore, essa poi porterà la carne nella risurrezione beata. Nutrimento dell'anima è la Sapienza, è la Giustizia. Come liquido e cibo esse vengono aspirate e corroborano, e più se ne gusta e più cresce la santa avidità del possedere la Sapienza e di conoscere la Giustizia. Ma verrà pure un giorno in cui l'anima insaziabile di questa santa fame sarà saziata. Verrà. Dio si darà al suo nato, se lo attaccherà direttamente al seno e il nato al Paradiso si sazierà della Madre ammirabile che è Dio stesso, e non conoscerà mai più fame, ma si riposerà beato sul seno divino. Nessuna scienza umana equivale a questa divina. La curiosità della mente può essere appagata, ma la necessità dello spirito no. Anzi nella diversità del sapore lo spirito prova disgusto e torce la bocca dall'amaro capezzolo, preferendo soffrire la fame all'empirsi di un cibo che non sia venuto da Dio. Non abbiate timore, o sitibondi, o affamati di Dio! Siate fedeli e sarete saziati da Colui che vi ama. 
(5) Beato me se sarò misericordioso. Chi fra gli uomini può dire: "Io non ho bisogno di misericordia "? Nessuno. Ora se anche nell'antica Legge è detto: "Occhio per occhio e dente per dente ", perché non deve dirsi nella nuova: " Chi sarà stato misericordioso troverà misericordia"? Tutti hanno bisogno di perdono. Ebbene, non è la formula e la forma di un rito, figure esterne concesse per la opaca mentalità umana, quelle che ottengono perdono. Ma è il rito interno dell'amore, ossia ancora della misericordia. Che se fu imposto il sacrificio di un capro o di un agnello e l'offerta di qualche moneta, ciò fu fatto perché a base di ogni male ancora si trovano sempre due radici: l'avidità e la superbia. L'avidità è punita con la spesa dell'acquisto dell'offerta, la superbia con la palese confessione di quel rito: "Io celebro questo sacrificio perché ho peccato". E fatto anche per precorrere i tempi e i segni dei tempi, e nel sangue che si sparge è la figura del Sangue che sarà sparso per cancellare i peccati degli uomini. Beato dunque colui che sa essere misericordioso agli affamati, ai nudi, ai senza tetto, ai miseri delle ancor più grandi miserie che sono quelle del possedere cattivi caratteri che fanno soffrire chi li ha e chi con loro convive. Abbiate misericordia. Perdonate, compatite, soccorrete, istruite, sorreggete. Non chiudetevi in una torre di cristallo dicendo: "Io sono puro e non scendo fra i peccatori" Non dite: "Io sono ricco e felice, e non voglio udire le miserie altrui". Badate che più rapido di fumo dissipato da gran vento può dileguarsi la vostra ricchezza, la vostra salute, il vostro benessere famigliare. E ricordate che il cristallo fa da lente, e ciò che mescolandovi fra la folla sarebbe passato inosservato, mettendovi in una torre di cristallo, unici, separati, illuminati da ogni parte, non potete più tenerlo nascosto. Misericordia per compiere un segreto, continuo, santo sacrificio di espiazione e ottenere misericordia. 
(6) Beato me se sarò puro di cuore. Dio è Purezza. Il Paradiso è regno di Purezza. Niente di impuro può entrare in Cielo dove è Dio. Perciò se sarete impuri non potrete entrare nel Regno di Dio. Ma, oh! gioia! Anticipata gioia che il Padre concede ai figli! Colui che è puro ha dalla terra un principio di Cielo, perché Dio si curva sul puro e l'uomo dalla terra vede il suo Dio. Non conosce sapore di amori umani, ma gusta, fino all'estasi, il sapore dell'amore divino, e può dire: "Io sono con Te e Tu in me, onde io ti possiedo e conosco come sposo amabilissimo dell'anima mia". E, credetelo, che chi ha Dio ha inspiegabili, anche a se stesso, mutamenti sostanziali per cui diviene santo, sapiente, forte, e sul suo labbro fioriscono parole, e i suoi atti assumono potenze che non sono, no, della creatura, ma di Dio che vive in essa. Cosa è la vita di colui che vede Dio? Beatitudine. E vorreste privarvi di simile dono per fetide impurità? 
(7) Beato me se avrò spirito di pace. La pace è una delle caratteristiche di Dio. Dio non è che nella pace. Perché la pace è amore, mentre la guerra è odio. Satana è Odio. Dio è Pace. Non può uno dirsi figlio di Dio, né può Dio dire figlio suo un uomo se costui ha spirito irascibile sempre pronto a scatenare tempeste. Non solo. Ma neppure può dirsi figlio di Dio colui che, pur non essendo di proprio scatenatore delle stesse, non contribuisce con la sua grande pace a calmare le tempeste suscitate da altri. Colui che è pacifico effonde la pace anche senza parole. Padrone di sé e, oso dire, padrone di Dio, egli lo porta come una lampada porta il suo lume, come un incensiere sprigiona il suo profumo, come un otre porta il suo liquido, e si fa luce fra le nebbie fumiganti dei rancori, e si purifica l'aria dai miasmi dei livori e si calmano le onde infuriate delle liti, per quest'olio soave che è lo spirito di pace emanato dai figli di Dio. Fate che Dio e gli uomini vi possano chiamare così. 
(8) Beato me se sarò perseguitato per amore della giustizia. L'uomo è tanto insatanassato che odia il bene ovunque si trovi, che odia il buono, quasi che chi è buono, anche se tace, lo accusi e rampogni. Infatti la bontà di uno fa apparire ancor più nera la malvagità del malvagio. Infatti la fede del credente vero fa apparire ancora più viva la ipocrisia del falso credente. Infatti non può non essere odiato dagli ingiusti colui che col suo modo di vivere è un continuo testimoniare la giustizia. E allora, ecco, che si infierisce sugli amanti della giustizia. Anche qui è come per le guerre. L'uomo progredisce nell'arte satanica del perseguitare più che non progredisca nell'arte santa dell'amare. Ma non può che perseguitare ciò che ha breve vita. L'eterno che è nell'uomo sfugge all'insidia, e anzi acquista una vitalità ancor più vigorosa dalla persecuzione. La vita fugge dalle ferite che aprono le vene o per gli stenti che consumano il perseguitato. Ma il sangue fa la porpora del re futuro e gli stenti sono tanti scalini per montare sui troni che il Padre ha preparato per i suoi martiri, ai quali sono serbati i seggi regali del Regno dei Cieli. 
(9) Beato se sarò oltraggiato e calunniato. Fate solo che di voi possa essere scritto il nome nei libri celesti, là dove non sono segnati i nomi secondo le menzogne umane nel lodare i meno meritevoli di lode. Ma dove però, con giustizia e amore, sono scritte le opere dei buoni per dare ad essi il premio promesso ai benedetti da Dio. Prima di ora furono calunniati ed oltraggiati i Profeti. Ma quando si apriranno le porte dei Cieli, come imponenti re, essi entreranno nella Città di Dio, e li inchineranno gli angeli, cantando di gioia. Pure voi, pure voi, oltraggiati e calunniati per essere stati di Dio, avrete il trionfo celeste, e quando il tempo sarà finito e completo sarà il Paradiso, ecco che allora ogni lacrima vi sarà cara, perché per essa avrete conquistato questa gloria eterna che in nome del Padre Io vi prometto.

Andate. Domani vi parlerò ancora. Restino ora solo i malati acciò li soccorra nelle loro pene. La pace sia con voi e la meditazione della salvezza, attraverso all'amore, vi instradi sulla via la cui fine è il Cielo».