I cristiani non devono gli uni condannare gli altri
[1]In quanto a colui che è debole nella fede, accoglietelo senza discuterne le opinioni. 2Altri crede di poter mangiare qualunque cosa; chi è debole mangi pure degli erbaggi. 3Ma chi mangia non disprezzi colui che non mangia, e chi non mangia non condanni colui che mangia, perché Dio l’ha fatto suo.
4E chi sei tu da condannare il servo altrui? O che egli stia ritto o cada, è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli starà in piedi perché Dio ha la potenza di sostenerlo. 5Uno distingue tra giorno e giorno, un altro li fa tutti uguali: ognuno segua la sua coscienza. 6Chi distingue i giorni, li distingue per amore del Signore; e chi mangia, lo fa per amore del Signore; infatti rende grazie a Dio. Ed anche chi non mangia, non mangia, per amore del Signore e rende grazie a Dio.
7Poiché nessuno di noi vive per se medesimo, né per se stesso muore; 8ma se viviamo, viviamo pel Signore, e se moriamo, moriamo pel Signore. Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore; 9perché Cristo è morto e risuscitato per essere Signore dei vivi e dei morti. 10Ma tu perché giudichi il tuo fratello? O perché tu disprezzi il tuo fratello? Tutti invece compariremo davanti al tribunale di Cristo. 11Sta scritto infatti: «Io sono il vivente, dice il Signore, e davanti a me si piegherà ogni ginocchio, ed ogni lingua darà gloria a Dio». 12Così adunque ognuno di noi renderà conto di se stesso a Dio.
Bisogna guardarsi dallo scandalizzare i deboli
13Cessiamo adunque dal giudicarci a vicenda; ma guardiamo invece di non mettere inciampo o scandalo sulla via del fratello. 14Io so e son persuaso nel Signore Gesù che nulla è in se stesso impuro; ma per colui che stima impura una cosa, essa per lui diventa impura. 15Or se per un cibo fai rattristare il tuo fratello, tu non cammini più secondo la carità. Non rovinare col tuo cibo uno per il quale Cristo è morto. 16Non sia dunque bestemmiato il nostro bene. 17Perché il regno di Dio non consiste nel mangiare e nel bere, ma è giustizia e pace e gaudio nello Spirito Santo. 18Chi serve Cristo in questa maniera piace a Dio ed è approvato dagli uomini. 19Cerchiamo dunque ciò che giova alla pace, e pratichiamo ciò che serve alla mutua edificazione.
20Non voler per un cibo distruggere l’opera di Dio. Certamente tutte le cose sono pure, ma fa male un uomo che mangia scandalizzando. 21Bene è non mangiar carne e non bere vino, né fare alcuna cosa che sia per il tuo fratello occasione di caduta o di scandalo o di debolezza.22Tu hai una convinzione? Tientela per te dinanzi a Dio. Beato colui che non condanna se stesso in quello che sceglie. 23Ma chi fa distinzione, se mangia, è condannato, perché non agisce secondo coscienza. Tutto ciò che non è secondo la coscienza è peccato.
Non sappiamo a quando risalga con esattezza e da chi sia stata realmente scritta la famosa "Profezia dei Papi", nota anche come Profezia di San Malachia, in quanto attribuita al monaco cistercense irlandese Malachia, che l'avrebbe scritta in epoca medioevale (intorno al 1140), ma è certo che è stata pubblicata per la prima volta nel 1595 dal benedettino Arnold Wion nel suo libro Lignum vitae.
Il Santo irlandese Malachia nella Profezia indica una lista - che avrebbe visto in sogno - dei Papi che sisarebbero succeduti a partire dal 1143 fino alla fine dei giorni. Ma non li indica con nome e cognome, bensì con 111 brevi motti in latino corrispondenti ad altrettanti Papi, mentre sotto il 111° motto vi è un'inquietante frase: "In persecutione extrema sacrae romanae ecclesiae sedebit Petrus romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibi transactis, civitas septis collis diruetur, ed Judex tremendus judicabit populum suum. Amen."
La traduzione in italiano di quest'importante frase è la seguente: "Durante l'ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro il romano, che pascerà il suo gregge tra molte tribolazioni; quando queste saranno terminate, la città dai sette colli sarà distrutta, ed il temibile giudice giudicherà il suo popolo. E così sia".
Analizzeremo nella sezione sulla Fine del mondol'interpretazione di tale frase. Di seguito ci limiteremo a mostrare l'impressionante aderenza tra i motti e (in particolare) gli ultimi 11 Papi; ma anticipiamo che, quasi certamente, il 111° motto e la frase finale si riferiscono al medesimo Papa: per cui Benedetto XVI sarebbe l'ultimo Papa della Storia, dopodiché ci sarebbe il "giudizio di Dio".
Ecco i motti corrispondenti ai Papi più recenti (subito dopo la lista troverete anche quello del 111° Papa, cioè Benedetto XVI):
110°) Giovanni Paolo II (1978-2005) - Motto "De labore solis"
Il motto attribuito a Papa Wojtyla (n. 18/5/1920 m. 2/4/2005), “della fatica del Sole”, è un chiaro riferimento al fatto che egli nacque del giorno di un'eclisse solare, e che anche il suo "addio" ha coinciso con un'eclisse, una doppia circostanza estremamente rara.
109°) Giovanni Paolo I (1978) - Motto "De medietate lunae"
La Profezia di San Malachia (“della metà della luna”) sembra aver previsto in modo impressionante, anche nel caso di Papa Luciani (n. 17/10/1912 m. 28/9/1978), il fatto che il suo brevissimo pontificato (che durò appena 33 giorni) iniziò e terminò quando la Luna era visibile esattamente a metà. Più calzante di così...
108°) Paolo VI (1963-1978) - Motto "Flos florum"
Papa Montini (n. 26/9/1897 m. 6/8/1978) era il “fiore dei fiori”, e infatti la famiglia Montini aveva tre gigli nel proprio stemma. Un altro tipico genere di motto (azzeccato) della Profezia dei Papi.
107°) Giovanni XXIII (1958-1963) - Motto "Pastor et Nauta"
Egli (n. 25/11/1881 m. 3/6/1963) fu patriarca di Venezia prima di diventare Papa, donde “pastore e marinaio”. Senza dubbio uno dei tanti motti che risultano molto aderenti al personaggio.
106°) Pio XII (1939-1958) - Motto "Pastor Angelicus"
Questo Papa (n. 2/3/1876 m. 9/10/1958) di grandissima spiritualità riconobbe in alcune encicliche, come guida più sicura per la dottrina cattolica, la filosofia di San Tommaso d'Aquino, tradizionalmente noto come "Il dottore angelico". Donde, forse, "Pastore angelico".
105°) Pio XI (1922-1939) - Motto "Fides intrepida"
Egli (n. 31/5/1857 m. 10/2/1939) sfidò senza paura Stalin, Mussolini, e Hitler, subendo, come mostrano documenti vaticani pubblicati di recente, fortissime pressioni da questi ultimi due. Nel '37 pubblicò l'enciclica Mit Brennender Sorge per denunciare il razzismo e l'antisemitismo nazista. Dunque è azzeccato "Fede intrepida".
104°) Benedetto XV (1914 -1922) - Motto "Religio depopulata"
Papa (n. 21/11/1854 m. 22/1/1922) durante i massacri della Grande Guerra e l'epidemia della "spagnola", eventi che provocarono la morte di milioni di Cristiani, e nel 1917 vide l'inizio della Rivoluzione russa che portò alla fine della vita religiosa in questo Paese in precedenza cristiano. Donde il motto di "religione spopolata".
103°) Pio X (1903-1914) - Motto "Ignis Ardens"
Questo Papa (n. 2/6/1835 m. 20/8/1914) fu probabilmente il più zelante propagandista del suo tempo e i suoi sforzi furono diretti al promuovere la pietà e la fede. "Fuoco ardente" descrive benissimo Pio X, il cui impegno zelante fu volto alla rinascita spirituale della Chiesa.
102°) Leone XIII (1878-1903) - Motto "Lumen in coelo"
L'ultimo Papa del XIX secolo (n. 2/3/1810 m. 20/7/1903) era "una luce nel cielo", e infatti il simbolo della sua casata, quella dei Pecci, era una cometa. Si noti che nel suo motto non viene usata la parola "astro" perché già usata in un motto analogo precedente.
101°) Pio IX (1846-1878) - Motto "Crux de cruce"
Il Papa del Risorgimento (n. 13/5/1792, m. 7/2/1878), che dai Savoia subì vessazioni e sequestri, era "La croce (dunque, la sofferenza) che viene dalla croce": e una grande croce bianca in campo rosso è lo stemma, appunto, dei Savoia.
100°) Gregorio XVI (1831-1846) - Motto "De Balneis Etruriae"
Papa Gregorio XVI (n. 18/9/1765, m. 1/6/1846) iniziò la sua vita religiosa nell'ordine dei Camaldolesi, che fu fondato nel Tredicesimo secolo in Etruria, in una località chiamata in latino "balneum".
Naturalmente, non è teoricamente corretto cercare di interpretare il motto di Papa Benedetto XVI in questo momento, poiché alcuni altri motti della lista possono esssere compresi solo al termine del pontificato. Comunque, per soddisfare la curiosità:
111°) Benedetto XVI (2005-regnante) - Motto " Gloria olivae "
Il motto di Papa Ratzinger (n. 16/4/1927), "la gloria dell'olivo", sembra un chiaro riferimento al nome Benedetto, poiché i membri dell'ordine benedettino sono anche noti come gli Olivetani, il cui stemma è proprio un ramo d'olivo. Ma, soprattutto, egli è nato nel Sabato Santo del 1927, il 16 aprile, al culmine del periodo Pasquale, e tutto il periodo è notoriamente sotto il segno dell'ulivo.
Se a tutte queste ragioni aggiungiamo ciò che dice Cornelio A Lapide in Apocalisse XI,4 il discorso è completo. Egli scrive: L'Ulivo (l'Oliva) è simbolo della santità e dei Santi; difatti:
*l'ulivo è legno solido, non patisce carie, venti o vecchiaia: e diventa simbolo di vittoria, felicità ed eternità. Nell'antichità atleti e pugili si preparavano alla lotta ungendosi d'olio, divenuto perciò simbolo di lotta e combattimento. E più degli atleti i Santi son chiamati ad una assidua lotta e fortezza per raggiungere costanza e vittoria.
*Poi l'oliva è altresì simbolo di misericordia virtù propria dei Santi, dicendo Salomone: "Il giusto si prende cura del suo bestiame, ma i sentimenti degli empi sono spietati" (Proverbi 12, 10). Perciò un santo vescovo fa notare che le sante ossa che trasudano olio appartennero a santi che furono grandemente misericordiosi e pii (come santa Caterina, san Nicola, santa Walburga, san Wilibaldi e più recentemente san Chárbel Makhlouf ecc...); perché l'olio è simbolo di misericordia e pietà; e come l'hanno esercitata in vita così non cessano di esercitarla dopo morte curando con quest'olio miseri e infermi. Furono uomini di misericordia e ancor più ampiamente lo sono dal cielo.
*Ci sono poi altre tre ragioni: che lo fanno simbolo di pace (vedi colomba e arca di Noè), di tranquillità e di mitezza; le sue foglie perenni e la pinguedine sono la virtù e la bellezza dei Santi, la bellezza dello spirito e della grazia di cui hanno goduto; la presenza dell'ulivo nei campi accresce l'abbondanza dei frutti della terra ecc.
Gloria Olivae senza dubbio è uno dei motti più belli.
* * *
L'AVVOCATO DEL DIAVOLO...
Ecco le possibili obiezioni di uno scettico e il perché non reggono...
1)I motti, in fondo, si potrebbero adattare a qualsiasi Papa...
No. Questo è vero solo per alcuni motti, mentre per gli altri l'aderenza è decisamente impressionante. Alcuni motti della Profezia contengono indicazioni assai precise, perché spesso riferite all’origine geografica o allo stemma della casata del pontefice, oppure a eventi storici o astronomici.Degli 11 motti qui elencati, il 100° (De balneis Etruriae), il 101° (Crux de cruce), il 104° (Religio depopulata), il 105° (Fides intrepida), il 107° (Pastor et nauta), il 109° (De medietate lunae) e il 110° (De labore Solis), vale a dire ben 7 su 11, si adattano in maniera sostanzialmente perfetta al Papa corrispondente. Del resto, se questi motti fossero delle frasi "jolly" tipo oroscopo, dovrebbero essere adattabili altrettanto bene a qualsiasi Papa: voi ci riuscite?
2) Guardando per curiosità sul web, ho letto su molti siti Internet che la "Profezia dei Papi" di San Malachia è un "falso".
Su Internet ci sono fiumi immensi di parole spese per soffermarsi su aspetti assolutamente IRRILEVANTI della questione, come: (1) il fatto se la Profezia dei Papi sia stata scritta o meno da San Malachia; (2) se sia stata scritta nel 1100 piuttosto che nel 1590. La cosa veramente assurda è che si consideri la profezia non degna di considerazione solo perché probabilmente è "falsa", nel senso che probabilmente non è stata scritta da San Malachia e nel 1100. Infatti, attenzione! La profezia, chiunque l'abbia scritta, e in qualsiasi data l'abbia fatto, è comunqueun documento che è storicamente provato essere non posteriore al 1590, ed è questo ciò che conta! In effetti, la profezia di San Malachia sarebbe rimasta sepolta negli Archivi Romani fino alla sua scoperta, che avvenne nel 1590. Il testo iniziò a circolare nel 1595 con il nome di Prophetia de summis pontificibus, in quanto la Profezia venne pubblicata per la prima volta proprio quell'anno dal benedettino Arnold Wion nel suo libro Lignum vitae. Ma il fatto che nei quattro secoli precedenti nessuno ne parli, compreso San Bernardo, che scrisse la Vita di San Malachia, lascia pensare che il documento non sia stato scritto da San Malachia, bensì da qualcun altro, probabilmente nel '400 o nel '500.
3) Secondo alcuni siti Internet, la profezia di San Malachia non sarebbe da prendere sul serio perché vi è una leggera differenza tra i motti anteriori al 1590 (perfettamente aderenti) e quelli successivi (molti dei quali un po' meno aderenti, rispetto ai precedenti).
Anche questo è un falso problema. Analizzare i motti di Papi da noi storicamente molto lontani nel tempo significa concentrarsi sulla parte in un certo senso "sbagliata" - o come minimo meno rilevante - della Profezia, perché quella importante è senza dubbio quella che riguarda gli ultimi 10-20 Papi e la sua frase finale. Quindi dire che la Profezia non è da prendere sul serio perché in alcune parti i motti non sono aderenti quanto i più recenti (o i più antichi) è un po' come se uno sostenesse che il DNA non è la molecola della vita solo perché la maggior parte del DNA (per esempio, le profezie anteriori al 1590) non codifica nulla (cioè è "DNA spazzatura", come in effetti è): un modo di ragionare di questo tipo è, evidentemente, assurdo. Quel che conta è l'analisi - che ognuno può fare per gli ultimi Papi - dei motti recenti, che mostrano un'aderenza davvero STUPEFACENTE (per non dire perfetta).
291. Marziam scopre perché Gesù prega ogni giorno all'ora nona.
Ha avuto ragione il mercante. Giornata più bella non poteva concedere ottobre ai pellegrini. Dissipate le nebbie leggere che velavano la campagna, come se la natura avesse voluto stendere un velo sul sonno delle piante nella notte, la campagna appare nella sua maestosa distesa di colture che il sole scalda.
Pare che le nebbie si siano raccolte a infiocchettare di una spuma trasparente delle cime lontane, facendole ancor più
sfumate nel cielo sereno.
«Che sono quelle? Montagne che dobbiamo salire?», chiede impensierito Pietro.
«No, no. Sono i monti di Auran. Noi restiamo nella pianura, al di qua di essi. Entro sera saremo a Bozra di Auranite. Bella e buona città. Molti commerci», conforta il mercante e loda, lui che a base di bellezza di un
luogo mette sempre la prosperità commerciale.
Gesù è tutto solo, indietro, come talora fa quando vuole isolarsi. Marziam si volta a guardarlo più volte. Poi non resiste più, lascia Pietro e Giovanni di Zebedeo, si siede sul bordo della via, su un cippo che deve essere
un segno militare romano, e aspetta. Quando Gesù è alla sua altezza, il bambino si alza e senza parlare si mette al fianco di Gesù, stando un poco indietro per non dargli noia neppure con la vista, e osserva, osserva...
E continua ad osservare finché Gesù esce dalla sua meditazione e si volge, sentendo la pedata leggera alle sue spalle, e sorride tendendo la mano al bambino, dicendo: «Oh! Marziam! Che fai qui tutto solo?».
«Ti guardavo. Sono dei giorni che ti guardo. Tutti hanno gli occhi, ma non tutti vedono le stesse cose. Io ho visto che Tu ogni tanto ti metti solo, solo... I primi giorni pensavo che fossi offeso da qualche cosa. Ma poi ho visto che Tu lo fai sempre alle stesse ore e che la Mamma, che sempre ti consola quando sei triste, non ti
dice nulla quando Tu prendi quel viso. Ma anzi, se parla, tace anche Lei e si raccoglie tutta. Io vedo, sai?
Perché guardo sempre Te e Lei, per fare ciò che voi fate. L'ho chiesto agli apostoli che fai, perché certo fai qualcosa. Mi hanno detto: "Prega". E io ho chiesto: "Che dice?". Nessuno mi ha risposto perché non lo sanno. Sono con Te da anni e non lo sanno. Oggi ti sono venuto dietro tutte le volte che ho visto che Tu facevi quel viso e ti ho guardato quando pregavi. Ma non è sempre lo stesso viso. Questa mattina all'aurora
parevi un angelo di luce. Guardavi le cose con certi occhi che io credo che più del sole levassero loro dalle tenebre. Le cose e le persone. E poi guardavi il cielo e avevi il viso che hai quando offri il pane, alla mensa.
Più tardi, quando traversavamo quel paesino, Tu ti sei messo solo, in ultimo, e mi parevi un padre tanto eri affannoso di dire, passando, parole buone ai poveri di quel paese. A uno hai detto: "Sopporta con pazienza, ché presto Io ti solleverò e solleverò altri tuoi pari". Era lo schiavo di quel brutto uomo che ci ha lanciato
contro i suoi cani. Poi, mentre si preparava il cibo, Tu ci guardavi con occhi di una bontà tutt'amore.
Parevi una mamma... Ma ora il tuo viso è stato di dolore... Che pensi, Gesù, in quest'ora, che sei sempre così?...
Però anche a sera delle volte, se non dormo, ti vedo molto serio. Mi dici come preghi, perché preghi?».
«Certamente te lo dirò. Così tu pregherai con Me. La giornata ce la dà Iddio. Tutta, quella luminosa come quella oscura, il giorno e la notte. É un dono vivere e avere la luce. E un modo di santificazione quello come si vive. Non è vero? Allora occorre santificare i momenti del giorno intero, per conservarsi in santità e tenere
presente al cuore l'Altissimo e le sue bontà, e nel contempo tenere lontano il Demonio. Osserva gli uccellini.
Al primo raggio di sole cantano. Benedicono la luce. Anche noi dobbiamo benedire la luce che è un dono di Dio, e benedire Dio che ce la concede e che Luce è.
Avere desiderio di Lui fin dalla prima luce del mattino quasi per mettere un sigillo di luce, una nota di luce su tutto il giorno che viene avanti, che sia tutto luminoso e santo. E unirsi a tutto il creato per osannare il Creatore.
Poi, come le ore passano, e col passare ci portano la constatazione di quanto dolore e ignoranza è nel mondo, ancora pregare perché il dolore sia sollevato e l'ignoranza cada e Dio sia conosciuto, amato, pregato da tutti gli uomini, che se conoscessero Dio sarebbero sempre consolati anche nel loro soffrire. E nell'ora di sesta pregare per amore della famiglia. Gustare di questo dono di essere uniti con chi ci ama. Anche questo è un dono di Dio. E pregare che il cibo non si muti, da utilità, in peccato.
E al tramonto pregare pensando che la morte è il tramonto che ci aspetta tutti. Pregare perché sia, il nostro tramonto, giornaliero o vitale, sempre compiuto con l'anima in grazia. E quando si
accendono i lumi pregare per dire grazie del giorno finito e per chiedere protezione e perdono, onde distenderci nel sonno senza paure di improvviso giudizio, di assalti demoniaci.
Pregare, infine, nella notte - ma questo è per coloro che non sono bambini - per riparare ai peccati della notte, per allontanare dai deboli
Satana, perché nei colpevoli sorgano riflessione e contrizione e buoni propositi che diverranno realtà al primo sole. Ecco come prega e perché prega un giusto durante il giorno tutto».
«Ma non mi hai detto perché ti astrai, così serio e imponente, all'ora di nona...».
«Perché... Io dico: "Per il sacrificio di quest'ora venga il tuo Regno nel mondo e siano redenti tutti coloro che credono nel tuo Verbo". Di' così anche tu...».
«Che sacrificio è? L'incenso, Tu lo hai detto, si offre mattina e sera. Le vittime alle stesse ore, ogni giorno, sull'altare del Tempio. Le vittime, poi, per voti e espiazioni, si offrono a tutte le ore. Non c'è l'ora di nona indicata con rito speciale».
Gesù si ferma e prende il bambino a due mani, e lo alza tenendolo fermo di fronte a Sé, e come se recitasse un salmo, a viso alzato, dice: «E fra sesta e nona Colui che è venuto Salvatore e Redentore, Colui di cui parlano i profeti, consumerà il suo sacrificio, dopo aver mangiato il pane amaro del tradimento e dato il dolce
Pane della Vita, dopo aver spremuto Se stesso come grappolo nel tino e dissetato di Sé uomini ed erbe, e fatto a Sé porpora di re col suo sangue, e cinto serto, e preso scettro, e portato il suo trono sull'alto luogo, perché lo vedesse Sionne, Israele e il mondo. Alzato nella porpurea veste delle sue piaghe infinite, nelle tenebre per dare Luce, nella morte per dare Vita, morrà all'ora di nona e sarà redento il mondo».
Marziam lo guarda spaventato, impallidito, con una gran voglia di piangere sulle labbra e negli occhi sgomenti. Con voce insicura dice: «Ma il Salvatore sei Tu! E allora sarai Tu che morirai a quell'ora?». Le lacrime cominciano a scendere lungo le gote e la piccola bocca le beve mentre, socchiusa, attende una smentita.
Ma Gesù dice: «Io sarò, piccolo discepolo. E anche per te». E poiché il bambino rompe in singhiozzi convulsi, Egli se lo raccoglie sul cuore e dice: «Ti duole dunque che Io muoia?».
«Oh! mia unica gioia! Io non voglio questo! Io... Fammi morire al tuo posto...».
«Tu devi predicarmi per tutto il mondo. É detto. Ma ascolta. Io morirò contento perché so che tu mi ami. E poi risusciterò. Ti ricordi di Giona? Uscì più bello dal ventre della balena, riposato, forte. Anche Io, e verrò subito da te e ti dirò: "Piccolo Marziam, il tuo pianto mi ha levato la sete. Il tuo amore mi ha fatto compagnia nel sepolcro. Ora vengo a dirti: 'Sii mio sacerdote"', e ti bacerò con ancora l'odore del Paradiso su Me».
«Ma io dove sarò? Non con Pietro? Non con la Madre?».
«Io ti salverò dalle onde infernali di quei giorni. I più deboli e i più innocenti Io li salverò. Meno uno... Marziam, piccolo apostolo, vuoi tu aiutarmi a pregare per quell'ora?».
«Oh! sì, Signore! E gli altri?».
«Questo è segreto fra Me e te. Un grande segreto. Perché Dio ama svelarsi ai piccoli... Non piangere più. Sorridi pensando che dopo Io non soffrirò mai più e ricorderò solo tutto l'amore degli uomini, il tuo per primo. Vieni, vieni. Guarda come sono lontani gli altri. Facciamo una corsa per raggiungerli», e lo mette a
terra e, tenendolo per mano, si dànno a correre finché si riuniscono al gruppo.
«Maestro, che hai fatto?».
«Spiegavo a Marziam le ore del giorno».
«E il ragazzo ha pianto? Sarà stato cattivo e Tu lo scusi per bontà», dice Pietro.
«No, Simone. Mi ha osservato pregare. Voi non lo avete fatto. Me ne ha chiesto ragione. Gliel'ho data. Il bambino si è commosso per le mie parole. Ora lasciatelo stare. Va' da mia Madre, Marziam. E voi udite tutti. Non farà male neppure a voi la lezione».
E Gesù spiega di nuovo l'utilità della preghiera nelle ore principali del giorno, omettendo la spiegazione dell'ora di nona e terminando: «L'unione con Dio è questo averlo presente in ogni momento per lodarlo o invocarlo. Fatelo e progredirete nella vita dello spirito».
Bozra ormai è vicina. Stesa nella pianura, appare vasta e sembra bella, con mura e torri. La sera che scende smorza i toni delle case e delle campagne in un lilla grigiognolo pieno di anguore, nel quale si confondono i contorni, mentre belati e grugniti delle pecore e dei porci, chiusi nei recinti fuori le mura, rompono il silenzio della campagna. Silenzio che cessa non appena, varcata la porta, la carovana entra in un dedalo di stradette che deludono chi dall'esterno giudicava bella la città. Voci, odori e... fetori stagnano nelle viuzze contorte e accompagnano i pellegrini fino ad una piazza, certo un mercato, nella quale è l'albergo. E l'arrivo a Bozra è
avvenuto.
*
Marziam, fanciullo discepolo di Gesù. Si chiamava prima Jabè e conduceva vita stentatissima e nascosta presso il nonno, contadino di Doras nella pianura di Esdrelon. Viene dal nonno indicato a Gesù 3.191 e a Lui affidato per il viaggio a Gerusalemme per la Pasqua del secondo anno 3.191 - 3.195. Pietro lo vorrebbe adottare come figlio, ma Gesù glielo nega perché vuole Pietro libero da qualsiasi attaccamento che gli impedisca di compiere la sua futura missione. Arrivati a Betania, Maria Ss. appianerà le difficoltà proponendo Porfirea per le cure materne al bambino, che sarà destinato sia a questa che a Pietro nell'ambito del gruppo apostolico 3.199. Marziam all'esame della maggiore età 3.201 seguito dalla festicciuola offerta da Giuseppe d'Arimatea 3.201, mentre l'Iscariota si ecclissa per non parteciparvi. Sulla via verso Betsur, Marziam, nel ricordo della crudeltà di Doras verso suo nonno, ha una crisi di nervi placata poi da Gesù 3.208. Accanto a Gesù nella piscina Probatica alla guarigione del paralitico 3.225. Tornati a Betsaida, Marziam viene affidato a Porfirea 4.228. Marziam insegna il "Pater noster" alla Maddalena4.240. Alla prima moltiplicazione dei pani Marziam è quello che distribuisce con più fede 4.273. Marziam rivede il nonno a Gerusalemme per i Tabernacoli 4.281. Marziam vede nettamente la sua via 4.281. Partecipa al grande viaggio apostolico oltre Giordano e si affiata molto anche con Giovanni di Endor 4.281. Sua passeggiata in groppa al cammello a Cerasa 4.289. Andando verso Bozra osserva i tempi quando Gesù si tiene isolato per pregare e gliene domanda il perché, e Gesù gli spiega le ore delle preghiere del giorno e ciò che avverrà fra sesta e nona 4.291. Marziam aiuta il miracolo della guarigione della bambina Rachele a Nazaret con un suo sacrificio 5.309. Marziam, alla partenza di Giovanni di Endor e di Sintica per l'esilio, promette di scrivere ciò che può dei discorsi di Gesù per il maestro lontano 5.312 - 5.362 - 6.364; e quando Tolmai di Antigonio porterà una lettera dei due esiliati, Gesù alla risposta unirà anche gli scritti di Marziam 6.366. Marziam presente alla morte del nonno 7.443 - 7.444. Dopo i Tabernacoli del terzo anno della vita pubblica, Gesù rimanda Marziam a Betsaida da Porfirea che aveva già informata 7.465 - 8.509 - 8.511, perché sia tenuto lontano da Gerusalemme durante la Sua Passione e Morte. Gesù farà con lui la Pasqua supplementare dopo la Sua risurrezione 10.636. Prima della Sua Ascensione Gesù imporrà a Marziam il nome di Marziale in ricordo del piccolo orfano ucciso dai suoi nemici 10.638. Marziam seguirà Pietro quando questi lascerà la Palestina 10.649.
[1]Ogni persona sia sottomessa alle autorità superiori,[restando però salvi i diritti della coscienza e della fede, e rendendo sempre a Dio quello che è di Dio] perché non v’è autorità che non venga da Dio, e quelle che esistono sono istituite da Dio; 2e quindi chi si oppone alle autorità si oppone all’ordine di Dio, e chi si ribella si attirerà la condanna; 3infatti i magistrati non son da temere per le opere buone, ma per le malvagie. Vuoi tu non aver paura dell’autorità? Fa’ il bene, e da essa ne avrai lode, 4essendo l’autorità ministra di Dio per il tuo bene. Se poi fai del male, temi, perché non porta invano la spada, quale ministra di Dio vendicatrice, che punisce i malfattori. 5È necessario dunque esser sottomessi, non solo per timore del castigo, ma anche per obbligo di coscienza. 6Per questa ragione voi pagate i tributi, perché i magistrati sono ministri di Dio e continuamente occupati nel loro ufficio. 7Rendete dunque a ciascuno ciò che gli dovete: a chi l’imposta, l’imposta; a chi il tributo, il tributo; a chi il rispetto, il rispetto; a chi l’onore, l’onore.
L’amore è il compendio della legge
8Non vi resti con nessuno che il debito dello scambievole amore; perché chi ama il prossimo ha adempito la legge. 9Difatti, «non commettere adulterio; non ammazzare, non rubare, non dire il falso testimonio; non desiderare» e qualunque altro comandamento che ci possa essere, si riassume in questa parola: «Amerai il prossimo tuo come te stesso». 10L’amore non fa alcun male al prossimo: è dunque l’amore il compimento della legge.
Esortazione alla vita cristiana
11E ciò dovete farlo riflettendo al tempo in cui siamo, essendo già l’ora di svegliarsi dal sonno; perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando credemmo. 12La notte è inoltrata e il giorno si avvicina: gettiam dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. 13Viviamo onestamente, come di giorno; non nelle crapule e nelle ubriachezze; non nelle mollezze e nell’impudicizia; non nella discordia e nella gelosia; 14ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo, senza aver tanta cura della carne da svegliarne le concupiscenze.
«Siate gioiosi nel sottomettervi con umiltà a ogni prova fisica e morale
che il Signore desidera inviarvi. La prova è una Grazia incomparabile» (Manduria 23.11.2001).