«Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato» (Gv 15,12)
È la dolce parola che il Signore ci rivolge al tramonto della vita sulla terra, prima che inizi la sua Passione.
Il precetto dell’amore è spesso citato nei Vangeli. Il Cristo ci dice che è il più grande comandamento. Il comandamento che riassume la Legge e i profeti (Mt 22,34-40). Gesù ne fa il motore trainante della sua propria vita terrena, tanto da dare la propria vita sulla Croce per amore di tutta l’umanità. Simile ad un braciere ardente, Gesù si è immolato per noi affinché possiamo avere la vita e la vita in abbondanza (Gv 10,10).
È questo esempio di amore attivo, vivo e santo che il Signore ci induce a seguire con sempre più persistenza.
L’Opera di Maria Valtorta ci insegna che ogni gesto fatta con bontà per i propri fratelli e sorelle può portare delle grazie al nostro prossimo. Così come nei piccoli gesti quotidiani o anche nei piccoli sacrifici, ogni atto può servire il bene e aiutare qualcuno sulla terra. Astenersi dal rivolgere una cattiva parola, rinunciare ad un piccolo piacere, tali da dare procurare ad un pari, tutto può costituire un fiore celeste che sarà di aiuto al prossimo. Parimenti, i nostri gesti più anonimi possono trasformarsi in tesori spirituali, sempre se offerti con amore per coloro che si amano.
Ne L’Evangelo come mi è stato rivelato, Gesù si trova a far visita ad una nonna che ha perso molti membri della sua famiglia. È molto povera, e Gesù le da una borsa con un’offerta per aiutarla fino al prossimo raccolto. Al suo fianco è Marziam, giovane discepolo e figlio adottivo di Pietro. Presto si trova a colloquiare con gli altri bambini della sua età. Gli esorta ad aiutare la loro nonna, ma i ragazzi iniziano a parlargli della loro sorella:
[…] Rachele è buona! Veglia fino a tardi per filare quel poco di lana e stame che abbiamo, e si è presa le febbri per lavorare nel campo per prepararlo al seme mentre il padre moriva.
– Dio te ne compenserà, dice serio Marziam.
– Mi ha già compensato col levare di pena la nonna.
Gesù interviene:
– Non chiedi di più?
– No, Signore.
– Ma sei guarita?
– No, Signore. Ma non importa. Ora, anche se muoio, la nonna è sovvenuta. Prima mi spiaceva morire perché l’aiutavo.
– Ma la morte è brutta, bambina…
– Dio, come mi aiuta in vita, mi aiuterà in morte e andrò dalla mamma… Oh! non piangere, nonna! Voglio bene anche a te, cara. Non lo dirò più se questo ti deve fare piangere. Anzi, se lo vuoi, dirò al Signore di guarirmi… Non piangere, mammetta mia…
E abbraccia la vecchietta desolata.
– Falla guarire, Signore. Mio nonno lo hai fatto felice, per me. Fa’ felice questa vecchia, ora.
– Le grazie si ottengono con sacrificio. Tu che sacrificio fai per ottenerla? chiede serio Gesù.
Marziam pensa… Cerca la cosa più penosa a rinunciarsi… poi sorride:
– Non prenderò più miele per tutta una luna.
– Poco! Quella di casleu è già ben avanti…
– Dico luna per dire quattro fasi. E pensa… che in questi giorni c’è la festa dei Lumi e le focacce di miele…
– È vero. Ebbene, allora Rachele guarirà per merito tuo. (EMV, 309.3-4)
Quindi Marziam vuole offrire un sacrificio per amore della giovane ragazza, affinché si ristabilisca prontamente. Bisogna notare la semplicità del suo gesto. Non intende diventare un grande asceta o un grande mistico tanto da compiere grandi gesti. Esamina se stesso con semplicità e dolcezza. E trova sinceramente ciò a cui deve rinunciare. Offre le focacce di miele che tanto gradisce. Non è un’offerta grandiosa, eclatante, tuttavia è tutto ciò che può offrire e lo fa di buon cuore. Emerge nel racconto la buona volontà di Marziam, la sua bontà e la sua semplicità, tutte virtù profondamente care a Gesù.
Gesù acconsente alla richiesta di Marziam che presto però si troverà al confronto con la tentazione di mangiare focacce al miele quando Pietro ne porta a Nazareth dove alloggia Gesù da qualche giorno.
– Uh! le focacce!… grida Marziam. Ma poi si zittisce.
– Sì. Sono qui dentro con i fichi seccati nel forno e le ulive e le mele rosse. […] Non assaggi il miele?
Non posso, dice serio Marziam.
Perché? Stai male?
No. Ma non posso mangiarlo.
Ma perché?
Il bambino diventa rosso ma non risponde. Guarda Gesù e tace. Gesù sorride e spiega:
– Marziam ha fatto un voto per ottenere una grazia. Non può prendere miele per quattro settimane.
Ah! bene! Lo mangerai dopo… Prendi il vaso lo stesso… Ma guarda! Non lo credevo così… così…
– Così generoso, Simone. Chi si inizia alla penitenza da bambino troverà facile il cammino della virtù per tutta la vita, dice Gesù mentre il bambino va via col suo vasetto fra le mani. (EMV, 310.2-3)  
Il sacrificio — che possiamo offrire in ogni momento della nostra vita — va ben interpretato. Gesù non chiede di affliggersi contro il proprio corpo, in una sorta di tortura fisica o morale. Al contrario, ci chiede di avere un buono e sano equilibrio, dando al nostro corpo ciò di cui necessità e dando alla nostra anima il necessario per crescere nella pace e nella gioia. In seguito, se possiamo offrire a Dio un piccolo gesto (che sia un pezzo di cioccolato, oppure un controllo di qualche nostro difetto), Gesù lo accetta volentieri e ci ringrazia. Ma il Signore chiede prima di tutto un buon discernimento nel comprendere cosa possiamo dare e offrire a Lui.
I nostri piccoli atti di amore e le nostre rinunce non devono quindi risultate sproporzionate alle nostre possibilità. Si rischia di essere come quell’alpinista che vuoi raggiungere la sommità della montagna, ma senza scalare i pendii. È necessario salire dolcemente, secondo le nostre possibilità fisiche, ma sempre infiammati e luminosi di amore. È con l’amore che i nostri atti assumono valore; è con l’amore che diveniamo simili a Dio. È con l’amore, infine, che portiamo grazie a fratelli e sorelle.
Nell’Opera di Maria Valtorta vediamo che Marziam tiene profondamente alla guarigione della giovane ragazza, tanto da diventare eroico quando ci si siede a tavola. Così si rivolge a Maria:
– Perché, Madre, non hai messo in tavola le focacce col miele? A Gesù piacciono e a Giovanni farebbero bene per la sua gola. E poi piacciono anche al padre mio…
– E anche a te, termina Pietro.
– Per me… è come non ci fossero. Ho promesso…
– È per questo, caro, che non le ho messe…, dice Maria accarezzandolo. […]
– No, no. Le puoi portare. Anzi, le devi portare. E le darò io a tutti.
[…] E Marziam le prende il vassoio e inizia la distribuzione.
[…] Poi torna al suo posto posando risolutamente il vassoio in mezzo alla tavola e incrociando le braccia.
– Mi fai andare per traverso questa delizia, dice Pietro vedendo che Marziam non ne prende proprio.
E aggiunge:
– Almeno un pezzettino. Toh! della mia, tanto per non morire di voglia. Soffri troppo… Gesù te lo concede.
– Ma se non soffrissi non avrei merito, padre mio. È ben perché sapevo che mi avrebbe fatto soffrire, che ho offerto questo sacrificio… E del resto… Sono così contento da quando l’ho fatto che mi pare di essere pieno di miele. Ne sento il sapore da per tutto, mi pare persino di respirarlo con l’aria…
– È perché ne muori di voglia.
– No. È perché so che Dio mi dice: “Bene fai, figlio mio”.
– Il Maestro ti avrebbe fatto contento anche senza questo sacrificio. Ti ama tanto!
– Sì. Ma non è giusto che, perché sono amato, me ne approfitti. Egli lo dice, del resto, che grande è la ricompensa in Cielo anche per una coppa d’acqua offerta in suo nome. Penso che, se è grande per un calice dato ad altri in suo nome, lo sarà anche per una focaccia o un poco di miele negato a se stessi per amore di un fratello. Dico male, Maestro? (EMV, 311.3-4)
A questo punto, interpellato da Marziam, Gesù interviene spiegando il potere che può procurare un amore generoso.
Parli con saggezza. Io potevo, infatti, concederti ciò che mi chiedevi per la piccola Rachele anche senza il tuo sacrificio, perché era cosa buona da farsi ed il mio cuore la voleva. Ma con più gioia l’ho fatto perché aiutato da te. L’amore per i nostri fratelli non si limita a mezzi e limiti umani, ma si alza a ben più alti luoghi. Quando è perfetto tocca assolutamente il trono di Dio e si fonde con la sua infinita carità e bontà. La comunione dei santi è proprio questo operare continuo, come continuamente e con tutti i modi opera Iddio, per dare aiuto ai fratelli, sia nei loro bisogni materiali come nei loro bisogni spirituali o in ambedue, come lo è nel caso di Marziam che, ottenendo la guarigione di Rachele, la solleva dalla malattia e nello stesso tempo solleva lo spirito abbattuto della vecchia Giovanna e accende una confidenza sempre più grande nel Signore nel cuore di tutti di quella famiglia. Anche una cucchiaiata di miele sacrificata può servire a riportare pace e speranza ad un afflitto, così come la focaccia, o altro cibo non mangiato per scopo d’amore, può ottenere un pane, miracolosamente offerto, ad un affamato lontano e che sarà per noi sempre sconosciuto; e la parola d’ira, anche se giusta, trattenuta per spirito di sacrificio, può impedire un delitto lontano, così come resistere alla voglia di cogliere un frutto, per amore, può servire a dar pensiero di resipiscenza ad un ladrone e così sventare un ladrocinio. Nulla va perso nell’economia santa dell’amore universale. Non l’eroico sacrificio di un bambino davanti ad un piatto di focacce come non l’olocausto di un martire. Anzi, vi dico che l’olocausto di un martire ha sovente origine dalla educazione eroica che egli si è data fin dall’infanzia per amore di Dio e del prossimo. (EMV, 311.4)
L’esempio di Marziam ci mostra dunque dove può giungere il potere dell’amore. Ma ci si può inoltrare ancora più in là, cercando l’unione con Dio in tutte le nostre azioni della nostra vita quotidiana. L’esempio di Santa Teresa di Lisieux che incontrava Dio in ogni momento, nelle avversità come in tutti gesti quotidiani, ci può essere di aiuto. Teresina era confrontata ad enormi difficoltà nel rapporto con la superiora del convento, che vedeva del negativo nell’attività quotidiana della giovane suore. Santa Teresa si sforzava di imparare ad amare attraverso questo rapporto con questa suora. “Io non mi accontentavo di pregare molto per la sorella che mi dava tanto da combattere, io cercavo di farle tutti i piaceri possibili”, così scrive Teresina, “e quando avevo la tentazione di risponderle in un modo sgradevole, mi accontentavo di farle il mio più amabile sorriso”.
Nel quotidiano, nei gesti più innocui, oppure nelle nostre piccole rinunce, tutto fatto per amore, il Signore ci benedice e prende dunque le nostre offerte per aiutare un fratello o una sorella in Cristo.
“Nulla va perso nell’economia santa dell’amore universale”, dice il Cristo nell’opera valtortiana.
È ciò che dobbiamo tenere a mente per progredire nella nostra vita con Dio e con gli altri.
(Hélène Thils)