Il LIBRO della VERITÀ on line: Sigillo del Dio Vivente: Il Sigillo del Dio Vivente è una speciale preghiera, dono di Dio Padre dato al profeta Maria della Divina Misericordia, nel Messag...
"Dignare me laudare Te Virgo sacrata. Da mihi virtutem contra hostes tuos". "Corda Iésu et Marìae Sacratìssima: Nos benedìcant et custòdiant".
martedì 23 giugno 2015
Una pagina che deve far riflettere tutti, ma specialmente i ... minimalisti della Devozione Mariana
46 - Amor di Dio per Maria e amor di Maria per Dio
«Dilectus meus mihi, et ego illi» (Ct 2, 16) il mio Diletto è tutto per me, ed io sono tutta
per lui.
«Ego dilecto meo, et dilectus meus mihi»: Io sono del mio diletto, ed egli è mio. (Ct 4, 2).
«Ego dilecto meo, et ad me conversio ejus» (Ct 6, 10): Io sono nel mio diletto; egli è
sempre rivolto tutto a me, spirito, cuore, affetto.
Questi versetti hanno varie spiegazioni
dimostranti il reciproco, incomprensibile amore di Dio e della Vergine.
1. Dio fa tutto per Maria. - A Lei il suo pensiero - la sua parola - la sua azione.
Maria è tutto il pensiero di Dio, perché da tutta l'eternità è il primo degno oggetto dei pensieri e dei disegni di Lui: Initium viarum Domini, dopo la S. Umanità del Verbo.
Tutta la Scrittura, parola di Dio, è stata scritta in vista di Maria (unita al Figlio): «De hac, et ob hanc, et propter hanc omnis Scriptura facta» (S. Bernardo).
Per Maria la sua azione, perché tutto quanto Dio ha fatto nel mondo della natura, della grazia, della gloria, lo ha fatto più per Maria SS. che non per tutte le altre creature insieme, poiché Egli ama Lei sola più di tutto e di tutti.
2. Dio è tutto in Maria. «Dilectus meus mihi», più che in tutte le altre creature insieme con la sua potenza, sapienza e bontà.
Il Padre comunica a Lei la sua potenza in modo tale che Maria ha più forza di tutte le potenze del creato.
Il Figlio la rende pienamente partecipe della sua sapienza, per la quale possiede i tesori della scienza di Dio, più di tutte le intelligenze umane ed angeliche.
Lo Spirito Santo effonde in Lei il suo amore, ne fa un abisso senza limiti di misericordia, di liberalità, di benignità; abisso che inonda il cielo, la terra e il Purgatorio di torrenti di grazia, di dolcezza, di consolazione.
3 - Maria fa tutto per Dio. - Reciprocamente Ella è tutta di Dio: «Ego Dilecto meo».
Nei suoi pensieri, perché Ella non ha pensato ad altro che a Dio e per Dio.
Nelle sue parole, poiché Ella ha corrisposto in anticipo a quel che il Principe degli Apostoli avrebbe poi detto: «Si quis loquitur, quasi sermones Dei» (1 Pt 4, 11). Se qualcuno parla, le sue parole siano simili a quelle di Dio.
Nelle sue azioni, perché Ella si occupò solo della gloria di Dio.
4 - Maria è tutta di Dio. -
Reciprocamente l'amore di Maria per Dio la consacra interamente a Lui, memoria, intelligenza, volontà.
Dal primo istante della sua vita Ella donò la memoria all'Eterno Padre, l'intelletto al Figlio, la volontà allo Spirito Santo, e fino alla sua morte si servì di queste facoltà solo, per il servizio del suo Creatore.
Maria è di Gesù: «Ego dilecto meo»; appartiene al suo Creatore, Conservatore, Redentore che l'ha redenta, preservandola dal peccato originale ed attuale.
Gesù è di Maria: «Dilectus meus mihi», perché Ella l'ha formato nel suo seno, nutrito col suo latte.
5 - L'Eterno Padre è di Maria: fra le creature Ella è l'unica a cui Egli ha affidato la sua divina paternità, facendola Madre del Figlio suo.
Il Figlio è di Maria, essendo l'unica a cui si è dato come Figlio.
Lo Spirito Santo è di Maria, perché a Lei si è donato come Sposo per operare in Lei il suo ammirabile capolavoro.
Reciprocamente Maria è dell'Eterno Padre poiché ne condivide l'adorabile fecondità, per cui si può dire che il Figlio è generato della sostanza del Padre avanti i secoli, ed è nato della sostanza della Madre nella pienezza dei tempi.
Maria è di Gesù come sua Madre, fin da quando disse: «Ecce Ancilla Domini».
Maria è dello Spirito Santo come Sposa: Spiritus S. superveniet in Te.
6 - Il Corpo mistico di Gesù è in Maria: «Dilectus meus mihi» - ossia la Chiesa militante, trionfante, e purgante, o meglio ancora Gesù combattente sulla terra contro l'inferno, Gesù trionfante in cielo, Gesù sofferente nelle sue membra in purgatorio è in Lei, perché quando Egli si è donato alla Madre sua divina, Le ha donato pure tutte queste cose.
Maria appartiene alla Chiesa militante, trionfante, purgante: «Ego Dilecto meo»:
Gesù l'ha donata alla Chiesa militante per essere il generale dell'esercito;
alla Chiesa trionfante, come splendente sole che rallegra il cuore dei cittadini del cielo e lo riempie di gioia;
alla purgante come Madre di misericordia e consolatrice degli afflitti. Ella stessa confidò a S. Brigida che ogni pena nel purgatorio è resa sopportabile per la sua interposizione.
PREGHIERA -
Grazie immense Vi siano rese, o mio Dio, per le meraviglie del Vostro amore, compiute nella vostra diletta Figlia, Madre e Sposa.
Eterne lodi Ti siano date, o Maria, tanto amata dal Padre, degna Madre del Figlio e carissima Sposa dello Spirito Santo, per l'amore e la gloria del Tuo Cuore ammirabile verso la SS. Trinità.
O Madre d'amore, prega per noi; affinché come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo si sono donati a Te con bontà inconcepibile, prendano altresì pieno possesso del nostro corpo, del nostro cuore, della nostra anima e non resti in noi nulla che non sia consacrato al Loro amore e alla Loro gloria per sempre.
<<SPIRITO SANTO, ISPIRAMI.
AMORE DI DIO, CONSUMAMI.
NEL VERO CAMMINO, CONDUCIMI.
MARIA MADRE MIA, GUARDAMI.
CON GESU’ BENEDICIMI.
DA OGNI MALE, DA OGNI ILLUSIONE,
DA OGNI PERICOLO, PRESERVAMI.>>
lunedì 22 giugno 2015
Rifiorisca la letizia intima ed esteriore
1794
Diceva Francesco: « So che i demoni mi odiano per i benefici concessimi da Dio, so ancora e
constato che, non potendo danneggiarmi direttamente, mi insidiano e si accaniscono a nuocermi per mezzo
dei miei compagni. Se poi non riescono a farmi del male né per mezzo mio, né per mezzo dei miei fratelli,
allora si ritirano scornati. Infatti, se a volte mi avvenisse di trovarmi tentato o accasciato vedendo la gioia
del mio compagno, subito riesco a riavermi dalla tentazione e dalla depressione, a causa della letizia che
ammiro in lui, e così anche in me rifiorisce la letizia intima ed esteriore ».
Rimproverava con vigore quanti mostravano di fuori la loro tristezza. Una volta che uno dei
compagni aveva un'espressione tetra, lo redarguì: « Perché mostri fuori il dolore e la tristezza delle tue
colpe? Tieni questa mestizia fra te e Dio, e pregalo che, nella sua misericordia, ti perdoni e renda alla tua
anima la gioia della sua grazia, che hai perduto per causa del peccato. Ma davanti a me e agli altri, mostrati
sempre lieto; poiché al servo di Dio non si addice di mostrare malinconia o un aspetto afflitto dinanzi al suo
fratello o ad altri ».
1795
Non si deve però supporre o immaginare che il nostro Padre, amante di ogni perfezione ed
equilibrio, intendesse che la letizia si palesi con risa o parole oziose, poiché in tal modo non si esterna la
letizia spirituale, ma piuttosto la vanità e la fatuità.
Nel servo di Dio egli detestava le risa e le ciarle: non
solo non voleva che ridesse, ma neppure che offrisse agli altri la minima occasione a frivolezze.
In una delle
sue Ammonizioni, Francesco definì chiaramente quale doveva essere la gioia del servo di Dio, con queste
parole: « Beato quel religioso che non trova felicità e piacere se non nelle parole sante e nelle opere del
Signore, e se ne serve per eccitare gli uomini all'amore di Dio, in gaudio e letizia. Ma guai a quel religioso
che si diletta in conversazioni oziose e vuote, e con queste muove la gente a sciocche risa ».
E attraverso la gioia del viso si manifestano il fervore, I'impegno, la disposizione della mente e del
corpo a fare volentieri ogni cosa buona; da simile fervore e disposizione, gli altri talvolta sono incitati al
bene più che dalla stessa azione buona. E se l'azione per quanto buona non appare fatta volentieri e con
slancio, provava piuttosto fastidio che incitamento al bene.
Non voleva quindi leggere sui volti quella tristezza che sovente riflette indifferenza, cattiva
disposizione dello spirito, pigrizia del corpo a ogni buona opera. Amava invece caldamente in se stesso e
negli altri la gravità e compostezza nell'aspetto e in tutte le membra del corpo e nei sensi, e induceva gli
altri a ciò con la parola e con l'esempio, per quanto poteva.
Conosceva per esperienza come tale equilibrio e maturità sono simili a un muro, a uno scudo
fortissimo, contro le frecce del diavolo; e che l'anima, non protetta da questo muro e da questo scudo, è
come un soldato disarmato in mezzo a nemici forti e ben armati, accanitamente vogliosi di ucciderlo.
<<SPIRITO SANTO, ISPIRAMI.
AMORE DI DIO, CONSUMAMI.
NEL VERO CAMMINO, CONDUCIMI.
MARIA MADRE MIA, GUARDAMI.
CON GESU’ BENEDICIMI.
DA OGNI MALE, DA OGNI ILLUSIONE,
DA OGNI PERICOLO, PRESERVAMI.>>
San Paolino da Nola
San Paolino di Nola
I cuori votati a Cristo respingono le Muse e sono chiusi ad Apollo”, così scriveva Paolino al maestro Decimo Magno Ausonio, che lo aveva iniziato alla retorica e alla poetica.
Paolino era stato un giovane dal temperamento d’artista. Discendeva da ricca famiglia patrizia romana (nacque nel 355 a Bordeaux, dove il padre era funzionario imperiale) e favorito nella carriera politica da amicizie altolocate, divenne “consul suffectus”, cioè sostituto, e governatore della Campania.
Ebbe anche la ventura di incontrare il vescovo Ambrogio di Milano e il giovane Agostino di Ippona, dai quali fu avviato sulla strada della conversione a Cristo. Ricevuto il battesimo verso i venticinque anni, durante un viaggio in Spagna conobbe e sposò Therasia.
Dopo la morte prematura dell’unico figlioletto, Celso, entrambi decisero di dedicarsi interamente all’ascesi cristiana, sul modello di vita monacale in voga in Oriente. Così, di comune accordo si sbarazzarono delle ingenti ricchezze che possedevano un po’ ovunque, distribuendole ai poveri, e si ritirarono nella Catalogna per dare inizio ad un’originale esperienza ascetica. Paolino era ormai sulla quarantina. Conosciuto e ammirato nell’alta società, era amato ora anche dal popolo, che a gran voce chiese al vescovo di Barcellona di ordinarlo sacerdote.
Paolino accettò con la clausola di non essere incardinato tra il clero di quella regione. Declinò anche l’invito di Ambrogio, che lo voleva a Milano. Paolino accarezzava sempre l’ideale monastico di una vita devota e solitaria. Infatti si recò quasi subito in Campania, a Nola, dove la famiglia possedeva la tomba di un martire, S. Felice. Diede inizio alla costruzione di un santuario, ma si preoccupò anzitutto di erigere un ospizio per i poveri, adattandone il primo piano a monastero, dove si ritirò con Therasia e alcuni amici in “fraternitas monacha”, cioè in comunità monastica.
I contatti con il mondo li manteneva attraverso la corrispondenza epistolare (ci sono pervenute 51 lettere) con amici e personalità di maggior spicco nel mondo cristiano, tra cui appunto Agostino. Per gli amici buttava giù epitalami e poesie di consolazione. Ma a porre termine a quella mistica quiete, nel 409, sopraggiunse l’elezione a vescovo di Nola. Si stavano preparando per l’Italia anni tempestosi. Genserico aveva passato il mare alla testa dei Vandali e si apprestava a mettere a sacco Roma e tutte le città della Campania. Paolino si rivelò un vero padre, preoccupato del bene spirituale e materiale di tutti. Morì a 76 anni, nel 431, un anno dopo l’amico S. Agostino.
AMDG et BVM
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