martedì 19 maggio 2015

NICAN MOPOHUA - QUI SI RACCONTA


NICAN MOPOHUA
Il NICAN MOPOHUA è il testo base delle apparizioni sul Tepeyac. Fu scritto tra il 1540 e il 1548 da Antonio Valeriano (1520 - 1605), nipote di Montezuma, professore di latino, governatore per 35 anni di Città del Messico e anche amico di Juan Diego. Il testo originale andato perso, non era scritto su carta ma su "Amate", una specie di papiro messicano, fabbricato con maguey, una pianta della famiglia dei cactus. In seguito, il racconto delle apparizioni fu trascritto in "glifi", cioè nel sistema pittografico degli antichi messicani. Nel 1972 a New York nella biblioteca della Hispanic Society of America fu scoperta una copia che risalirebbe al 1573. Il racconto non fu solo tramandato per iscritto e a viva voce, ma anticamente era pure cantato e mimato con danze. Narra infatti Luis Becerra Tanco che il 12 dicembre 1666 poté assistere ad uno spettacolo che aveva per tema il Nican Mopohua e per protagonisti un gruppo di indios. Nel 1649 fu Luis Lasso de la Vega († 1660) a pubblicare per la prima volta il Nican Mopohua in náhuatl, con alcune aggiunte in cui si narrano i primi miracoli operati dalla Morenita di Guadalupe.


ECCO  LE  TRE  VERSIONI  IN  ITALIANO,  NÁHUATL  E  SPAGNOLO  DEL  NICAN  MOPOHUA:

Italiano
Náhuatl
Español
QUI SI RACCONTA
NICAN MOPOHUA
AQUì SE NARRA
Qui si racconta ordina-tamente come poco tempo fa miracolosa­mente apparve la Perfetta Vergine Santa Maria Madre di Dio, nostra Regina, sul colle Tepeyac, in seguito chiamato Guadalupe.
Nican mopohua, motecpana, in que­nin yancuican hueytlamahuizoltica monexiti in cenquizca ichpochtli Sancta Maria Dios Inantzin tocihua­pillatocatzin, in oncan Tepeyacac, motenehua Guadalupe.
Aquí se narra se ordena, cómo hace poco, milagrosamente se apareció la perfecta virgen santa maría madre de dios, nuestra reina, allá en el Tepeyac, de renombre Guadalupe.
Dapprima si fece vedere da un indio che aveva nome Juan Diego; poi apparve con la preziosa Im-magine dinanzi a don fra Juan de Zumárraga, da poco nominato ve-scovo.
Acattopa quimottititzino ce mace­hualtzintli itoca Juan Diego; Auh zan-tenpan monexiti in Itlazoixiptlatzin in ixpan yancuican Obispo Don Fray Juan de Zumárraga.
Primero se hizo ver de un indito, su nombre JuanDiego; y después se apareció su Preciosa Imagen delante del reciente obispo don fray Juan de Zumárraga.
1. Dieci anni dopo la conquista della città di México, quando or-mai era cessata la guerra e in ogni villaggio regnava la pace,
1. Ye yuh matlac xihuitl in opehu­aloc in atl in tepetl Mexico, in ye omoman in mitl in chimalli, in ye no­huian ontlamatcamani in ahuacan in tepehuacan.
1. Diez años después de conquistada la ciudad de México, cuando ya estaban depuestas las flechas, los escudos, cuando por todas partes había paz en los pueblos,
2. la fede, come i fiori, cominciava a sbocciare, a rinverdire, e già la conoscenza del vero Dio, cioè di Colui che è l'autore della vita, met-teva le prime radici.
2. in maca zan ye opeuh, ye xotla, ye cueponi in tlaneltoquiliztli, in ixi­machocatzin in Ipalnemohuani, nelli Teotl Dios.
2. así como brotó, ya verdece, ya abre su corola la fe, el conocimiento de Aquél por quien se vive: el ver-dadero Dios.
3. In quel tempo, era l'anno 1531, nei primi giorni di dicembre, ac-cadde che un indio, un uomo po-vero del popolo,
3. In huel ihcuac in ipan xihuitl mil y quinientos y treinta y uno, quin iuh iquezquilhuioc in metztli Diciembre mo-chiuh: oncatca ce macehualtzintli icno-tlapalzintli.
3. En aquella sazón, el año 1531, a los pocos días del mes de diciembre, sucedió que había un indito, un po-bre hombre del pueblo.
 
4. il suo nome era Juan Diego. Secondo la tradizione, aveva sua casa in Cuauhtitlán
4. itoca catca Juan Diego, iuh mitoa ompa chane Cuauhtitlan,
4. Su nombre era Juan Diego, según se dice, vecino de Cuauhtitlan,
5. ma nelle cose di Dio dipendente in tutto da Tlatilolco,
5. auh in ica Teoyotl, oc mochompa po-huia in Tlatilolco.
5. y en las cosas de Dios, n todo pertenecía a Tlatilolco.
 
6. di mattina assai presto, era un sabato, stava recandosi appunto là per la preghiera e la catechesi.
6. Auh Sábado catca, huel oc yohua­tzinco, quihualtepotztocaya in Teoyotl ihuan in inetititlaniz.
6. Era sábado, muy de madrugada, venía en pos de Dios y de sus man-datos.
 
7. Quando giunse nei pressi del colle chiamato Tepeyac già al­beggiava.
7. Auh in acico in inahuac tepet­zintli in itocayocan Tepeyacac, ye tlatlalchipahua,
7, Y al llegar cerca del cerrito lla­mado Tepeyac ya amanecía.
8. Udì allora sul colle un canto melodioso, come se fosse il canto di uno stormo di uccelli rari; quando cessavano le loro voci, sembrava che il colle rispondesse ripetendone l'eco. Il loro canto, oltremodo soave e delizioso, superava quello del coyoltótotl, del tzinitzcán e quello di tutti gli altri uccelli canori.
 
8. concac in icpac tepetzintli cuicoa, yuhquin nepapan tlazototome cuica; cacahuani in intozqui, iuhquin quina­nanquilia tepetl, huel cenca teyolqui­ma, tehuellamachti in incuic, quicenpanahuia in coyoltototl, in tzinitzcan ihuan in oc-cequin tlazototome ic cui­ca.
8. Oyó cantar sobre el cerrito, como el canto de muchos pájaros finos; al cesar sus voces, como que les respondía el cerro, sobremanera suaves, deleitosos, sus cantos sobre-pujaban al del coyoltototl y del tzi-nitzcan y al de otros pájaros finos.
 
9. Juan Diego si fermò per vedere. Si disse: «Sono forse una persona degna e meritevole di quanto odo? Sto forse sognando o sono nel dor-miveglia?
9. Quimotztimoquetz in Juan Diego, quimolhui: "-¿Cuix nolhuil, cuix no­ma-cehual in ye niccaqui ¿Azo zan nictemiqui ¿Azo zan niccochitlehua
9. Se detuvo a ver Juan Diego. Se dijo: ¿Por ventura soy digno, soy merecedor de lo que oigo? ¿Quizá nomás lo estoy soñando? ¿Quizá solamente lo veo como entre sueños?
10. Dove mi trovo? Forse sono stato trasferito nel luogo di cui ci hanno parlato i nostri antenati, i nostri nonni, cioè nella terra dei fiori, del mais, della nostra carne e del nostro sostentamento? Sono forse nel paradiso terrestre?».
10. ¿Canin ye nica, canin ye ninotta ¿Cuix ye oncan in quitotehuaque huehuetque tachtohuan tococolhuan, in xochitlalpan in tonacatlalpan, cuix ye oncan in ilhui-catlalpan "
10. ¿Dónde estoy? ¿Dónde me veo? ¿Acaso allá donde dejaron dicho los antiguos nuestros antepasados, nue-stros abuelos: en la tierra de las flores, en la tierra del maíz, de nuestra car-ne, de nuestro sustento; acaso en la tierra celestial?
 
11. Intanto guardava sulla cima del colle, rivolto verso dove sorge il sole, nella direzione da cui prove-niva il celestiale canto.
11. Ompa on itzticaya in icpac tepetzintli in tonatiuh iquizayampa, in ompa hual-quiztia in ilhuicatlazocuicatl.
11. Hacia allá estaba viendo, arriba del cerrillo, del lado de donde sale el sol, de donde procedía el precioso canto celestial.
12. All'improvviso il canto s'in­terruppe e si fece un profondo silenzio. Allora sentì che dalla som-mità del colle una voce lo chiama-va per nome con dolcezza: «JUANITO, JUAN DIEGUITO!».
12 .- Auh in oyuhceuhtiquiz in cuicatl, in omocactimoman in yeequicaqui hualno-tzalo in icpac tepetzintli, qui­lhuia: "-JU-ANTZIN, JUAN DIEGOTZIN".
12. Y cuando cesó de pronto el canto, cuando dejó de oírse, en­tonces oyó que lo llamaban, de arriba del cerrillo, le decían: "JUA-NITO, JUAN DIEGUITO".
 
13. Senza esitazione si diresse perciò verso il luogo da cui pro­veniva la voce. Non provava nes-sun turbamento, né alcuna cosa gli procurava timore. Anzi si sentiva allegro e il suo cuore era ricolmo di gioia. Cominciò così a salire la col-lina per vedere chi fosse a chia-marlo.
13. Niman zan yemotlapaloa inic ompa yaz in canin notzalo, aquen mochihua in iyollo, manoce itla ic mizahuia, yece huel paqui huellamachtia; quitlecahuita in tepetzintli ompa itztia in campa hual-notzaloc,
13. Luego se atrevió a ir a donde lo llamaban; ninguna turbación pasaba en su corazón ni ninguna cosa lo alteraba, antes bien se sentía alegre y contento por todo extremo; fue a subir al cerrillo para ir a ver de dón-de lo llamaban.
 
14. Appena giunto sulla sommità, vide una giovane Signora che stava lì in piedi
14. auh in ye acitiuh in icpac tepetzintli, in ye oquimottili ce Cihuapilli oncan moquet-zinoticac,
14. Y cuando llegó a la cumbre del cerrillo, cuando lo vio una Doncella que allí estaba de pie,
15. e lo invitava ad avvicinarsi.
15. quihualmonochili inic onyaz in ina-huactzinco.
15. lo llamó para que fuera cerca de Ella.
16. Quando fu di fronte a Lei, restò molto colpito dal suo affascinante aspetto che superava ogni immagi-nazione:
16. Auh in oyuhacito in ixpantzinco, cenca quimomahuizalhui in quenin huellacen-panahuia in ic cenquizca mahuizticatzintli;
16. Y cuando llegó frente a Ella mucho admiró en qué manera so­bre toda ponderación aventajaba su perfecta grandeza:
17. il suo vestito risplendeva come il sole, come se riverberasse;
17. in itlaquentzin yuhquin tonatiuh ic motonameyotia, inic pepetlaca;
17. su vestido relucía como el sol, como que reverberaba,
18. la pietra su cui posava i piedi era come se sprigionasse raggi lu-minosi;
 
18. auh in tetl in texcalli in ic itech mo-quetza, inic quimina;
18. y la piedra, el risco en el que estaba de pie, como que lanzaba rayos;
19. lo splendore di Lei sembrava quello di un bracciale in cui sono incastonate pietre preziose;
19. in itlanexyotzin yuhqui in tlazo­chalchihuitl, maquiztli, in ic neci;
19. el resplandor de Ella como pre-ciosas piedra,
20. la terra che le stava intorno riluceva come i bagliori dell'ar­cobaleno nella nebbia;
20. yuhquin ayauhcozamalocuecueyoca in tlalli.
20. como ajorca (todo lo más bel­lo) parecía la tierra como que re­lumbraba con los resplandores del arco iris en la niebla.
21. i mezquites e nopales e le altre erbe che lì crescono di solito sem-bravano smeraldi; le foglie assomi-gliavano a turchesi; i ramoscelli, le spine, gli aghi brillavano come oro.
21. Auh in mizquitl, in nopalli ihuan occequin nepapan xiuhtototin oncan mo-chichihuani yuhquin quetzaliztli, yuhqui in teoxihuitl in iatlapallo neci. Auh in icuau-hyo, in ihuitzyo, in iahuayo yuhqui in coz-ticteocuitatl ic pepetlaca.
21. Y los mezquites y nopales y las demás hierbecillas que allí se suelen dar, parecían como esmeraldas. Co-mo turquesa aparecía su follaje. Y su tronco, sus espinas, sus aguates, relu-cían como el oro.
22. Egli si prostrò alla sua presenza e ascoltò la sua parola, che era estremamente delicata, somma-mente affabile, attraente e accatti-vante.
22. Ixpantzinco mopechtecac, quicac in iyotzin in itlatoltzin in huel cenca tehuella-machti in huel tecpiltic yuhqui in quimo-coconahuilia, quimotlatlazotilia.
22. En su presencia se postró. Escu-chó su aliento, su palabra, que era extremadamente glorificadora, su-mamente afable, como de quien lo atría y estimaba mucho.
 
23. Gli disse: «ASCOLTA, JUA-NITO, MIO PICCOLO FIGLIO AMATISSIMO, DOVE SEI DI-RETTO?».
23. Quimolhuili: "TLAXICCAQUI NO­XOCOYOUH JUANTZIN, CAMPA IN TIMOHUICA? "
23. Le dijo: -"ESCUCHA, HIJO MÍO EL MENOR, JUANITO. ¿A DÓN-DE TE DIRIGES?"
24. Egli rispose: «Mia amabilissima Signora e Regina, voglio raggiun-gere la tua piccola casa di México Tlatilolco per seguire l'istruzione religiosa che lì ci viene impartita dai nostri sacerdoti, che sono l'im-magine vivente di Nostro Signore».
24. Auh in yehuatl quimonanquilili: "-Notecuiyoé Cihuapillé, Nochpochtziné, ca ompa nonaciz mochantzinco Mexico Tla-tilolco, nocontepotztoca in teoyotl, in te-chmomaquilia, in techmomachtilia in ixip-tlahuan in Tlacatl in Totecuiyo, in toteo-pixcahuan".
24. Y él le contestó: _ "Mi Señora, Reina, Muchachita mía, allá llegaré, a tu casita de México Tlatilolco, a se-guir las cosas de Dios que nos dan que nos enseñan quienes son las imá-genes de Nuestro Señor: nuestros sa-cerdotes"
25. Dopo questo breve dialogo, la Signora gli rivela subito la sua preziosa volontà.
25. Niman ye ic quimononochilia, qui-mixpantilia in itlazotlanequiliz­tzin,
25. En seguida, con esto dialoga con él, le descubre su preciosa voluntad;
26. Gli dice: «SAPPI, MIO PICCOLO FIGLIO AMATIS-SIMO, CHE IO SONO LA PER-FETTA SEMPRE VERGINE SAN-TA MARIA, LA MADRE DEL VE-RISSIMO ED UNICO DIO, DI COLUI CHE È L'AUTORE DELLA VITA, DEL CREATORE DEGLI UOMINI, DI COLUI NEL QUA-LE TUTTE LE COSE SUSSISTO-NO, DEL SIGNORE DEL CIELO, DEL PADRONE DELLA TERRA. DESIDERO ARDENTEMENTE CHE IN QUESTO LUOGO VEN­GA COSTRUITA LA MIA PICCO-LA CASA SACRA, MI VENGA ERETTO UN TEMPIO,
 
26. quimolhuilia: "MAXICMATTI, MA HUEL YUH YE IN MOYOLLO, NOXO-COYOUH, CA NEHUATL IN NICEN-QUIZCA CEMICAC ICHPOCHTLI SANCTA MARIA, IN INANTZIN IN HUEL NELLI TEOTL DIOS, IN IPAL-NEMOHUANI, IN TEYOCOYANI, IN TLOQUE NAHUAQUE, IN ILHUICA-HUA, IN TLALTICPAQUE. HUEL NIC-NEQUI, CENCA NIQUELEHUIA INIC NICAN NECHQUECHILIZQUE NO­TEOCALTZIN,
26. le dice: "SÁBELO, TEN POR CIERTO, HIJO MÍO EL MÁS PE-QUEÑO, QUE YO SOY LA PER-FECTA SIEMPRE VIRGEN SANTA MARÍA, MADRE DEL VERDADE-RÍSIMO DIOS POR QUIEN SE VIVE, EL CREADOR DE LAS PER-SONAS, EL DUEÑO DE LA CER-CANÍA Y DE LA INMEDIACIÓN, EL DUEÑO DEL CIELO, EL DUE-ÑO DE LA TIERRA, MUCHO DE-SEO QUE AQUÍ ME LEVANTEN MI CASITA SAGRADA.
27. IN CUI IO VOGLIO MO-STRARLO, RENDERLO MANI-FESTO,
27. IN ONCAN NICNEXTIZ, NICPAN-TLAZAZ.
27. EN DONDE LO MOSTRARÉ, LO ENSALZARÉ AL PONERLO DE MANIFIESTO:
 
28. DARLO ALLE GENTI ATTRAVERSO IL MIO AMORE, LA MIA COMPASSIONE, IL MIO AIUTO, LA MIA PRO-TEZIONE,
28. NICTEMACAZ IN IXQUICH NOTE-TLAZOTLALIZ, NOTEICNOIT-LALIZ, IN NOTEPALEHUILIZ, IN NOTEMA-NAHUILIZ,
28. LO DARÉ A LAS GENTES EN TODO MI AMOR PERSONAL, EN MI MIRADA COMPASIVA, EN MI AUXILIO, EN MI SALVA-CIÓN:
29. PERCHÉ, IN VERITÀ, IO SO-NO LA VOSTRA MADRE MISE-RICORDIOSA:
29. CA NEL NEHUATL IN NAMOI-CNOHUACANANTZIN,
29. PORQUE YO EN VERDAD SOY VUESTRA MADRE COM­PASIVA,
30. TUA, DI TUTTI COLORO CHE ABITANO QUESTA TERRA
30. IN TEHUATL IHUAN IN IXQUI-CHTIN IN IC NICAN TLALPAN ANCE-PANTLACA,
30. TUYA Y DE TODOS LOS HOMBRES QUE EN ESTA TIER-RA ESTÁIS
31. E DI TUTTI QUEGLI UOMINI CHE MI AMANO, MI INVOCANO, MI CER­CANO E RIPONGONO IN ME TUTTA LA LORO FIDUCIA.
31. IHUAN IN OCCEQUIN NEPAPAN-TLACA, NOTETLAZOTLACAHUAN, IN NOTECH MOTZA­TZILIA, IN NECH-TEMOA, IN NOTECH MOTEMA-CHILIA,
31. EN UNO, Y DE LAS DEMÁS VARIADAS ESTIRPES DE HOM-BRES, MIS AMADORES, LOS QUE A MÍ CLAMEN, LOS QUE ME BUSQUEN, LOS QUE CONFÍEN EN MÍ,
32. QUI ASCOLTERÒ IL VO-STRO PIANTO E I VOSTRI LA-MENTI. MI PRENDERÒ A CUORE E CURERÒ TUTTE LE VOSTRE NUMEROSE PENE, LE VOSTRE MISERIE, I VOSTRI DOLORI PER PORVI RIMEDIO.
32. CA ONCAN NIQUINCAQUILIZ IN IN­CHOQUIZ, IN INTLAOCOL, INIC NICYECTILIZ NICPATIZ IN IXQUICH NEPAPAN INNETOLINILIZ, INTONE-HUIZ, INCHICHINAQUILIZ.
32. PORQUE ALLÍ LES ESCU­CHARÉ SU LLANTO, SU TRI­STEZA, PARA REMEDIAR PARA CURAR TODAS SUS DIFEREN-TES PENAS, SUS MISE­RIAS, SUS DOLORES.
33. E PERCHÉ SI POSSA REA-LIZZARE QUANTO IL MIO AMORE MISERICORDIOSO DE-SIDERA, RECATI AL PALAZZO DEL VESCOVO A CITTÀ DI MÉXICO E DIGLI CHE IO TI MANDO PER RIVELARGLI QUANTO DESIDERO, E CIOÈ CHE MI PROVVEDA QUI UNA CASA, ERIGENDOMI UN TEM-PIO AI PIEDI DI QUESTO COLLE. GLI RACCONTERAI TUTTO CIÒ CHE HAI VISTO E AMMIRATO E CIÒ CHE HAI UDITO.
33. AUH INIC HUELNELTIZ IN NICNEMILIA IN NOTEICNOITTALIZ MA XIAUH IN OMPA IN ITEC-PANCHAN IN MEXICO OBISPO, AUH TIQUILHUIZ IN QUENIN NEHUA NI-MITZTITLANI INIC TIQUIXPANTIZ IN QUENIN HUEL CENCA NI-QUELEHUIA INIC NICAN NECH-CALTI, NECHQUECHILI IN IPAN IN TLALMANTLI NOTEOCAL; HUEL MOCH TICPOHUILIZ IN IXQUICH IN OTIQUITTAC, OTICMAHUIZO, IHU-AN IN TLEIN OTICCAC.
33. Y PARA REALIZAR LO QUE PRETENDE MI COMPASIVA MI-RADA MISERICORDIOSA, ANDA AL PALACIO DEL OBISPO DE MEXICO, Y LE DIRÁS QUE CÓ-MO YO TE ENVÍO, PARA QUE LE DESCUBRAS CÓMO MUCHO DESEO QUE AQUÍ ME PROVÉA DE UNA CASA, ME ERIJA EN EL LLANO MI TEMPLO; TODO LE CONTARÁS, CUANTO HAS VI­STO Y ADMIRADO, Y LO QUE HAS OÍDO.
34. STAI SICURO CHE TE NE SARÒ MOLTO GRATA E TI RICOMPENSERÒ;
34. AUH MA YUH YE IN MOYOLLO CA HUEL NICTLAZOCAMATTIZ, AUH CA NIQUIXTLAHUAZ
34. Y TEN POR SEGURO QUE MUCHO LO AGRADECERÉ Y LO PAGARÉ,
 
35. PER QUESTO TI ARRIC-CHIRÒ E TI GLORIFICHERÒ.
35. CA IC NIMITZCUILTONOZ, NI-MITZTLAMACHTIZ,
35. QUE POR ELLO TE ENRI­QUECERÉ, TE GLORIFICARÉ;
36. LA TUA FATICA E IL SER-VIZIO CHE MI FAI ANDANDO A SOLLECITARE LA MIA PE-TIZIONE SARANNO DEGNA­MENTE RICOMPENSATI.
36. IHUAN MIEC ONCAN TICMACE-HUAIC NICCUEPCAYOTIIN MOCIA-HUILIZ, IN MOTEQUIPANOLIIN IC TICNEMILITIUH IN TLEIN NIMITZ-TITLANI.
36. Y MUCHO DE ALLÍ MERE­CERÁS CON QUE YO RETRI­BUYA TU CANSANCIO, TU SER-VICIO CON QUE VAS A SOLI-CITAR EL ASUNTO AL QUE TE ENVÍO.
 
37. ORA CHE HAI ASCOLTATO, MIO PICCOLO FIGLIO AMA-TISSIMO, LA MIA PAROLA, VA' E PORTA A TERMINE LA MISSIONE!».
37. OCAYEOTICCAC, NOXOCOYOUH, IN NIIYO, IN NOTLATOL; MA XIMO-HUICATIUH, MA IXQUICH MOTLA-PAL XICMOCHIHUILI."
37. YA HAS OÍDO, HIJO MÍO EL MENOR, MI ALIENTO MI PA-LABRA; ANDA, HAZ LO QUE ESTÉ DE TU PARTE".
38. Juan Diego si prostrò alla presenza e le rispose: «Mia Si­gnora, corro subito ad eseguire la tua parola, a realizzare il tuo volere e così per ora il tuo pove­ro indio si separerà da te».
38. Auh niman ic ixpantzinco on­mopechtecac, quimolhuili: "-Notecuiyoé, Cihuapillé, ca ye niyauh inic nicyectiliz in miiyotzin in motlatoltzin, ma oc nimitz-notlalcahuili in nimocnomacehual".
38. E inmediatamente en su pre­sencia se postró; le dijo:_ "Señora mía, Niña, ya voy a realizar tu vene-rable aliento, tu venerable palabra; por ahora de Ti me aparto, yo, tu pobre indito".
 
39. Quindi discese frettolosamente dal colle e imboccò la strada che viene direttamente a México.
39. Niman ic hualtemoc inic quineltilitiuh in inelitlaniz: connamiquico in cuepotli, huallamelahua Mexico.
39. Luego vino a bajar para poner en obra su encomienda: vino a encon-trar la calzada, viene derecho a Mé-xico.
40. Entrato in città, si diresse subito al palazzo del vescovo, che da poco tempo era giunto nel paese. Il suo nome era Juan de Zumárraga ed era francescano.
40. In oacico itic altepetl, niman ic tlame-lauh in itecpanchantzinco Obispo, in huel yancuican hualmohuicac Teopixcatlatoani, itocatzin catca D. Fray Juan de Zumárraga, San Francisco Teopixqui.
40. Cuando vino a llegar al interior de la ciudad, luego fue derecho al palacio del obispo, que muy recien-temente había llegado, gobernante sacerdote; su nombre era D. Fray Juan de Zumárraga, sacerdote de San Francisco.
41. Appena giunto, pregò i servi di dire al vescovo che chiedeva di ve-derlo subito.
41. Auh in oacito niman ic moyeyecoa inic quimottiliz, quintlatlauhtia in itetlayecolti-cahuan in itlanencahuan, inic conittotihue;
41. Y en cuanto llegó luego hace el intento de verlo, les ruega a sus ser-vidores, a sus ayudantes, que vayan a decírselo;
42. Dopo una lunga anticamera, allorché il vescovo comandò che entrasse, essi vennero a chiamarlo.
42. ye achi huecautica in connotzaco, in ye omotlanahuatili in Tlatohuani Obispo inic calaquiz.
42. después de pasado largo rato vinieron a llamarlo, cuando mandó el señor obispo que entrara.
43. Entrato, si inginocchiò davanti a lui e si prostrò. Poi gli rivelò, gli raccontò la preziosa parola della Regina del Cielo, il suo messaggio, narrandogli anche tutto ciò che aveva ammirato, visto e udito.
43. Auh in oncalac niman ixpantzinco motlancuaquetz, mopechtecac, niman ye ic quimixpantilia quimopohuilia in iiyotzin in itlatoltzin Ilhuicac Cihuapilli in ineti-tlaniz: noihuan quimolhuilia in ixquich oquimahuizo, in oquittac, in oquicac.
43. Y en cuanto entró, luego ante él se arrodilló, se postró, luego ya le de-scubre, le cuenta el precioso aliento, la preciosa palabra de la Reina del Cielo, su mensaje, y también le dice todo lo que admi­ró lo que vio, lo que oyó.
 
44. Il vescovo lo lasciò parlare e ascoltò il messaggio, ma non gli dette molto credito.
44. Auh in oquicac in mochi itlatol, ine-titlaniz, yuhquin amo cenca monelchiuh-tzino,
44. Y habiendo escuchado toda su narración, su mensaje, como que no mucho lo tuvo por cierto,
45. Congedandolo gli disse: «Figlio mio, torna un'altra volta e ti ascol-terò con più calma. Rifletterò bene sulla ragione per cui sei venuto e su quanto mi hai riferito».
45. quimonanquili, quimolhuili: "-Nopiltzé ma occeppa tihuallaz, oc ihuian nimitz-caquiz, huel oc itzinecan niquittaz, nicne-miliz in tlein ic otihualla in motlanequiliz, in motlaelehuiliz".
45. le respondió, le dijo: "Hijo mío, otra vez vendrás, aun con calma te oiré, bien aun desde el principio miraré, consideraré la razón por la que has venido, tu voluntad, tu deseo".
46. Juan Diego uscì e camminava triste perché non si era compiuto subito l'incarico per cui era stato mandato.
46. Hualquiz; tlaocoxtihuitz, inic amo ni-man oneltic in inetitlaniz.
46. Salió; venía triste porque no se realizó de inmediato su encargo.
47. Lo stesso giorno tornò indietro e puntò decisamente verso la som-mità della collina.
47. Niman hualmocuep iz za ye icuac ipan cemilhuitl; niman onca huallamelauh in icpac tepetzintli,
47. Luego se volvió, al terminar el día , luego de allá se vino derecho a la cumbre del cerrillo,
48. Qui ebbe la felice sorpresa di incontrare la Regina del Cielo, che lo stava aspettando proprio nel luogo in cui gli era apparsa la prima volta.
48. auh ipantzinco acito in Ilhuicac Cihua-pilli, iz zan ye oncan in canin acattopa quimottili, quimochialitica.
48. y tuvo la dicha de encontrar a la Reina del Cielo: allí cabalmente don-de la primera vez se le apareció, lo estaba esperando.
49. Appena la vide, si prostrò da-vanti a Lei, si gettò a terra e le disse:
49. Auh in oyuhquimottili, ixpantzinco mopechtecac, motlalchitlaz, quimolhuili:
49. Y en cuanto la vio, ante Ella se postró, se arrojó por tierra, le dijo:
50. «Mia Signora e Regina, mia pic-cola Figlia amatissima, sono stato dove mi hai mandato per portare a termine la tua amorevole missione. Sebbene con molte difficoltà, sono riuscito ad incontrare il vescovo e gli ho comunicato il messaggio che mi avevi affidato.
50. "-Notecuiyoé, Tlacatlé, Chihuapillé, Noxocoyohué, Nochpochtziné, ca onihuia in ompa otinechmotitlani­li, ca onic-neltilito in miiyotzin in motlatoltzin; macihui in ohuihuitica in onicalac in ompa iyeyan in teopixcatlatoani, ca oniquittac, ca oixpan nictlali in miiyotzin in motlal-totzin in yuh otinechmonanahuatili,
50. "Patroncita, Señora, Reina, Hija mía la más pequeña, mi Muchachita, ya fui a donde me mandaste a cumplir tu amable aliento, tu amable palabra; aunque difícilmente entré a donde es el lugar del gobernante sacerdote, lo vi, ante él expuse tu aliento, tu palabra, como me lo mandaste.
51. Mi ha ricevuto amabilmente ed ha ascoltato tutto con attenzione, però mi sono reso conto, da quanto mi ha risposto, che non ha prestato fede alle mie parole.
51. onechpaccaceli, auh oquiyeccac; yece inic onechnanquili yuhquin amo iyollo omacic, amo monelchihua.
51. Me recibió amablemente y lo escuchó perfectamente, pero, por lo que me respondió, como que no lo entendió, no lo tiene por cierto.
52. Mi ha detto: "Torna un'altra volta e ti ascolterò con più calma. Rifletterò bene sulla ragione per cui sei venuto e su quanto mi hai riferito".
52.- Onechilhui: <<-Occeppa tihuallaz, oc ihuiyan nimitzcaquiz, huel oc itzinecan ni-quittaz in tlein otihualla, motlayelehuiliz, motlanequiliz>>.
52. Me dijo: "Otra vez vendrás; aun con calma te escucharé, bien aun desde el principio veré por lo que has venido, tu deseo, tu voluntad".
53. Dalla sua risposta ho capito che egli pensa che la richiesta di edificarti un tempio in questo luogo non proviene da te, ma sia frutto della mia fantasia.
53. Huel itech oniquittac in yuh onechnanquili ca momatti in moteo­caltzin ticmonequiltia mitzmochihui­lilizque nican, azo zan nehuatl ni­cyoyocoya, acazomo motencopatzin­co;
53. Bien en ello miré, según me respondió, que piensa que tu casa que quieres que te hagan aquí, tal vez yo nada más lo invento, o que tal vez no es de tus labios;
54. Pertanto ti supplico, mia ama-bilissima Signora e Regina, di af-fidare l'incarico di portare il tuo messaggio a qualche persona im-portante, che sia stimata, cono-sciuta, rispettata e onorata affinché le diano credito.
54. ca cenca nimitznotlatlauhtilia Note-cuiyoé, Cihuapillé, Nochpochtzi­né, ma-nozo aca ceme in tlazopipiltin, in ixi-macho, in ixtilo, in mahuiztilo, itech xicmocahuili in quitquiz in quihuicaz in miiyotzin in motlaltoltzin inic neltocoz.
54. mucho te suplico, Señora mía; Reina, Muchachita mía, que a al­guno de los nobles, estimados, que sea conocido, respetado, honrado, le encargues que conduzca, que lleve tu amable aliento, tu amable palabra para que le crean.
55. Io in verità sono un uomo dei campi, sono mecapal, sono cacaxtli, sono coda, sono ala; io stesso ho bisogno di essere condotto, portato in spalla. Il luogo dove tu mi invii, o Vergine mia, mia piccola Figlia amatissima, non è adatto a me e mi è estraneo.
55 .- Ca nel nicnotlapaltzintli, ca ni­mecapalli, ca nicacaxtli, ca nicuitlapilli, ca natlapalli, ca nitco ca nimamaloni, camo nonenemian, camo nonequetzayan in ompa tinechmihualia, Nochpochtziné, Noxocoyohué, Tlaca­tlé. Cihuapillé.
55. Porque en verdad yo soy un hombre del campo, soy mecapal, soy parihuela, soy cola, soy ala; yo mismo necesito ser conducido, lle-vado a cuestas, no es lugar de mi andar ni de mí detenerme allá a don-de me envías, Virgencita mía, Hija mía menor, Señora, Niña;
56. Per favore, dispensami! Anche se so che chiedendoti questo ti reco dispiacere e ti disgusto, o mia dol-cissima Signora, meritando così il tuo sdegno».
56. Ma xinechmotlapopolhuili nictequi-pachoz in mixtzin in moyollotzin, ipan niaz, ipan nihuetziz in mozomatzin in mo-cualantzin, Tlacatlé, Notecuiyoé".
56. por favor dispénsame: afligiré con pena tu rostro, tu corazón; iré a caer en tu enojo, en tu disgusto, Se-ñora Dueña mía".
 
57. La perfetta Vergine, degna di onore e di venerazione, gli replicò:
57. Quimonanquilili in Cenquizca Mahui-zichpochtzintli:
57. Le respondió la perfecta Virgen, digna de honra y venera­ción:
58. «ASCOLTA, MIO PICCOLO FIGLIO AMATISSIMO. NON SONO POCHI I MIEI SERVI FE-DELI A CUI POTREI AFFIDARE L'INCARICO DI PORTARE IL MIO MESSAGGIO.
58.  "TLAXICCAQUI NOXOCOYOUH MA HUEL YUH YE IN MOYOLLO CAMO TLAZOTIN IN NOTETLA-YECOLTICAHUAN IN NOTITITLAN­HUAN, IN HUEL INTECH NICCA-HUAZ IN QUITQUIZQUE IN NIIYO IN NOTLATOL, IN QUINELTILIZQUE IN NOTLANEQUILIZ:
58. "ESCUCHA, EL MÁS PE­QUEÑO DE MIS HIJOS, TEN POR CIERTO QUE NO SON ESCASOS MIS SERVIDORES, MIS MENSA-JEROS, A QUIENES ENCARGUÉ QUE LLEVEN MI ALIENTO MI PALABRA, PARA QUE EFEC-TÚEN MI VOLUNTAD;
59. MA È MOLTO NECESSARIO CHE VADA PROPRIO TU E NESSUN ALTRO E CHE ATTRA-VERSO LA TUA MEDIAZIONE SI REALIZZI IL MIO DESIDERIO E SI PORTI A COMPIMENTO IL MIO VOLERE.
59. YECE HUEL YUH MONEQUI INIC HUEL TEHUATL IC TINEMIZ, IPAN TITLATOZ, HUEL MOMATICA NEL-TIZ, MOCHIHUAZ, IN NOCIALIZ, IN NOTLANEQUILIZ.
59. PERO ES MUY NECESARIO QUE TÚ, PERSONALMENTE, VA-YAS, RUEGUES, QUE POR TU IN-TERCESIÓN SE REALICE, SE LLE-VE A EFECTO MI QUERER, MI VOLUNTAD.
60. PERCIÒ TI PREGO VIVA-MENTE, MIO PICCOLO FIGLIO AMATISSIMO, ANZI TI OR-DINO DI PRESENTARTI NUO-VAMENTE DOMANI AL VE-SCOVO.
60.  AUH HUEL NIMITZTLATLAUH-TIA NOXOCOYOUH, IHUAN NIMITZ-TLACUAUHNAHUATIA CA HUEL OC-CEPPA TIAZ IN MOZTLA TIQUIT-TATIUH IN OBISPO.
60. Y, MUCHO TE RUEGO, HIJO MÍO EL MENOR, Y CON RIGOR TE MANDO, QUE OTRA VEZ VAYAS MAÑANA A VER AL OBI-SPO.
61. GLI FARAI SAPERE ANCORA UNA VOLTA CIÒ CHE DESI-DERO AFFINCHÉ MI COSTRUI-SCA IL TEMPIO CHE GLI CHIE-DO
61. AUH NOPAMPA XICNEMACHTI, HUEL YUH XICCAQUITI IN NOCIA-LIZ, IN NOTLANEQUILIZ, INIC QUI-NELTILIZ INIC QUICHIHUAZ NO-TEOCAL NIQUITLANILIA.
61. Y DE MI PARTE HAZLE SA­BER, HAZLE OÍR MI QUERER, MI VOLUNTAD, PARA QUE REA-LICE, HAGA MI TEMPLO QUE LE PIDO.
62. E RIPETIGLI CHE SONO PERSONALMENTE IO, LA SEM-PRE VERGINE SANTA MARIA, LA MADRE DI DIO, A MAN-DARTI».
62. IHUAN HUEL OCCEPPA XIQUI-LHUI IN QUENIN HUEL NEHUATL NICEMICAC ICHPOCHTLI SANCTA MARÍA IN NIINANTZIN TEOTL DIOS IN OMPA NIMITZTITLANI".
 62. Y BIEN, DE NUEVO DILE DE QUÉ MODO YO, PERSONAL-MENTE, LA SIEMPRE VIRGEN SANTA MARÍA, YO, QUE SOY LA MADRE DE DIOS, TE MANDO".
63. Juan Diego, da parte sua, le rispose: «Mia amabilissima Signora e Regina, io non voglio rattristare il tuo volto e contristare il tuo cuore. Di buon grado mi impegnerò ad eseguire la tua parola; in nessun modo voglio esonerarmi dal farlo né mi lascerò spaventare dalle dif-ficoltà del viaggio.
63. Auh in Juan Diego quimonanquilili quimolhuili: -"Notecuiyoé, Ci­huapillé, Nochpochtziné, macamo nictequipacho in mixtzin in moyollotzin, ca huel nocenyol-locacopa nonyaz, noconneltilitiuh in miiy-otzin in motlatoltzin ca niman amo nic-nocacahualtia, manoce nictecococamatti in ohtli.
63. Juan Diego, por su parte, le respondió, le dijo:_ "Señora mía, Reina, Muchachita mía, que no an-gustie yo con pena tu rostro, tu corazón; con todo gusto iré a poner por obra tu aliento, tu palabra; de ninguna manera lo dejaré de hacer, ni estimo por molesto el camino.
64. Andrò a mettere in opera la tua volontà, ma forse non sarò ascol-tato; e anche se lo fossi, probabil-mente non mi crederanno.
64. Ca nonyaz noconchihuatiuh in motla-nequiliztzin, zan huel ye in azo camo niyeccacoz; in tlanoce ye onicacoc aca-zomo nineltocoz.
64. Iré a poner en obra tu voluntad, pero tal vez no seré oído, y si fuere oído quizás no seré creído.
65. Domani sera, al tramonto del sole, tornerò per riferirti ciò che il vescovo mi avrà risposto.
65. Ca tel moztla ye teotlac in ye oncalaqui tonatiuh niccuepaquiuh in miiyotzin in motlatoltzin in tlein ic nechnanquiliz in Teopixcatlatoani;
65. Mañana en la tarde, cuando se meta el sol, vendré a devolver a tu palabra, a tu aliento, lo que me re-sponda el gobernante sacerdote.
66. Per ora mi congedo rispetto­samente da te, mia piccola Figlia amatissima. Tu intanto riposati un po'».
66. Ca ye nimitznotlalcahuilia, Noxoco-yohué, Nochpochtziné, Tlacatlé, Cihua-pillé, ma oc ximocehuitzino".
66. Ya me despido de Tí respetuo-samente, Hija mía la más pequeña, Jovencita, Señora, Niña mía, descan-sa otro poquito.
67. E tornò subito a casa sua e andò a dormire.
67. Auh niman ic in ya ichan moce­huito.
67. Y luego se fue él a su casa a de-scansar.
68. Il giorno seguente era do­menica. Di buon mattino, mentre era ancora buio, uscì di casa e si diresse immediatamente verso Tla-tilolco per partecipare alla cate-chesi e rispondere all'appello. Quindi si sarebbe recato a vedere il signor vescovo.
68. Auh in imoztlayoc Domingo, huel oc yohuatzinco tlatlayohuatoc, ompa hual-quiz in ichan huallamelauh in Tlatilolco, quimattihuitz in teoyotl ihuan inic tepo-hualoz: niman ye inic quittaz Teopix-catlatoani.
68. Al día siguiente, domingo, bien todavía en la nochecilla, todo aún estaba oscuro, de allá salió, de su ca-sa, se vino derecho a Tlatilolco, vino a saber lo que pertenece a Dios y a ser contado en lista; luego para ver al señor obispo.
69. Verso le dieci era già pronto: aveva partecipato alla Messa e all'istruzione religiosa; aveva risposto all'appello e la molta gente si era ormai dispersa.
69. Auh azo ya ipan matlactli hora in onecencahualoc inic omocac Misa, ihuan otepohualoc, in hualxin in ixquich mace-hualli.
69. Y a eso de las diez fue cuando ya estuvo preparado: se había oído misa y se había nombrado lista y se había dispersado la multitud.
70. Juan Diego si diresse allora ver-so il palazzo del vescovo.
70. Auh in yehuatl Juan Diego niman ic ya in itecpanchantzinco in Tlatoani Obispo.
70. Y Juan Diego luego fue al pa­lacio del señor obispo.
71. Giuntovi, insistette per poterlo vedere e dopo non poche difficoltà riuscì finalmente ad incontrarlo.
71. Auh in oacito ixquich itlapal oquichiuh inic oquimottiliz; auh huel ohuitica in occeppa quimottili;
71. Y en cuanto llegó hizo toda la lucha por verlo, y con mucho tra-bajo otra vez lo vió;
72. Si inginocchiò ai suoi piedi e scoppiò a piangere. Tra i singhiozzi gli riferì nuovamente il messaggio della Regina del Cielo,
72. icxitlantzico motlancuaquetz, choca, tlaocoya in ic quimononochilia, in ic qui-mixpantilia in iiyotzin in itlatoltzin in Ilhui-cac Cihuapilli,
72. a sus pies se hincó, lloró, se puso triste al hablarle, al descu­brirle la palabra, el aliento de la Reina del Cielo,
73. pregandolo di prestare fede alle sue parole, che esprimevano la volontà della perfetta Vergine, e invitandolo ad erigerle il tempio nel luogo da lei indicato.
73. inic azo zanen neltocoz in inetitlaniz in itlanequiliztzin Cenquizca Ichpochtli, inic quimochihuililizque, inic quimoquechi-lilizque in iteocaltzin in canin omotlate-nehuili in canin quimonequiltia.
73. que ojalá fuera creída la em­bajada, la voluntad de la Perfecta Virgen, de hacerle, de erigirle su ca-sita sagrada, en donde había dicho, en donde la quería
74. Il vescovo, per verificare l'at-tendibilità di quanto aveva ascol-tato, pose molte domande a Juan Diego, interrogandolo soprattutto sul luogo in cui aveva visto la Signora e sull'aspetto che ella aveva. Egli raccontò dettagliata-mente tutto al signor vescovo.
74. Auh in Tlatoani Obispo huel miac tlamantli inic quitlatlani, quitlatemoli, inic huel iyollo maciz, campa in quimottili, quenamecatzintli; huel moch quipohuilili in Tlatoani Obispo.

74. Y el gobernante obispo mu­chísimas cosas le preguntó, le in­vestigó, para poder cerciorarse, dón-de la había visto, cómo era Ella; todo absolutamente se lo contó al señor obispo.
75. E nel riferire puntualmente ogni cosa, disse anche che evi­dentemente si trattava della per-fetta Vergine, l'amabile e meravi-gliosa Madre di nostro Signore Ge-sù Cristo.
75. Auh macihui in huel moch qui­momelahuilili in yuhcatzintli, ihuan in ixquich oquittac, oquimahuizo inca huel yuh neci ca Yehuatzin iz Cenquizca Ichpochtzintli in Itlazomahuiznantzin in Totemaquixticatzin Totecuiyo Jesucristo;
75. Y aunque todo absolutamente se lo declaró, y en cada cosa vió, ad-miró que aparecía con toda claridad que Ella era la Perfecta Virgen, la Amable, Maravillosa Madre de Nuestro Salvador Nuestro Señor Jesucristo,
76. Neppure questa volta il ve­scovo prestò fede alle sue parole.
76. yece amo niman ic omonel­chiuh.
76. sin embargo, no luego se realizó.
77. Il vescovo disse che non avrebbe realizzato quanto egli chiedeva solamente sulla base della sua parola,
77. Quito ca amo zan ica itlatol itlaitlaniliz mochihuaz moneltiliz in tlein quitlani,
77. Dijo que no sólo por su palabra, su petición se haría, se realizaría lo que él pedía,
78. ma che sarebbe stato molto necessario, per poter essere cre­duto come inviato della Regina del Cielo in persona, un qualche pre-ciso segno.
78. Ca huel oc itla inezca monequi inic huel neltocoz in quenin huel Yehuatzin quimotitlanilia in Ilhuicac Cipuapilli.
78. que era muy necesaria alguna otra señal para poder ser creído cómo a él lo enviaba la Reina del Cielo en persona.
79. Dopo averlo ascoltato, Juan Diego disse al vescovo:
79. Auh in oyuhquicac in Juan Diego quimolhuili in Obispo:
79. Tan pronto como lo oyó Juan Diego, le dijo al obispo:
80. «Signor vescovo, precisa quale tipo di segno chiedi, affinché io possa riferirlo alla Regina del Cielo che mi ha mandato».
80. "Tlacatlé, Tlatoanié, ma xicmottili catlehuatl yez in inezca ticmitlanilia ca niman niyaz niquitlanililitiuh in Ilhuicac Cihuapilli onechhualmotitlanili."
80. "Señor gobernante, considera cuál será la señal que pides, porque luego iré a pedírsela a la Reina del Cielo que me envió".
81. Il vescovo, però, visto che Juan Diego confermava tutto e in nulla vacillava o dubitava, lo congedò senza rispondergli.
81..Auh in oquittac in Obispo ca huel monelchihua ca niman atle ic meleltia, motzotzona, niman ic qui­hua.
81. Y habiendo visto el obispo que ratificaba, que en nada vacilaba ni dudaba, luego lo despacha.
82. Anzi, appena fu uscito, co­mandò subito ad alcuni suoi servi di fiducia che lo pedinassero e osser-vassero bene dove si dirigeva, chi vedeva e con chi parlava.
82. Auh in ye huitz, niman ic quin­monahuatili quezqui in ichantlaca, in huel intech motlacanequi, quihualtepotzto-cazque, huel quipipiazque campa in yauh, ihuan aquin conitta con­notza.
82. Y en cuanto se viene, luego le manda a algunos de los de su casa en los que tenía absoluta confianza, que lo vinieran siguiendo, que bien lo observaran a dónde iba, a aquién veía, con quién hablaba.
83. E così fu fatto. Juan Diego im-boccò direttamente la strada che portava fuori dalla città.
83. Tel iuh mochiuh. Auh in Juan Diego niman ic huallamelauh, quitocac in cuepo-tli.
83. Y así se hizo. Y Juan Diego luego se vino derecho. Siguió la calzada.
84. Quelli che lo seguivano, all'al-tezza del burrone che si trova vicino al Tepeyac, sul ponte di le-gno, lo persero di vista. E benché cercassero in ogni direzione, non riuscirono a rintracciarlo.
84. Auh in quihualtepotztocaya oncan atlauhtli quiza inahuac Tepeyacac, quauh-pantitlan quipoloco, manel oc nohuian tlatemoque aoccan quitta­que.
84. Y los que lo seguían, donde sale la barranca cerca del Te­peyac, en el puente de madera lo vinieron a perder. Y aunque por todas partes buscaron, ya por ninguna lo vieron.
85. Così tornarono indietro. Erano molto irritati, non solo perché il fatto li aveva imbarazzati, ma anche perché non avevano potuto raggiungere il loro scopo.
85. Zan yuh hualmocuepque, amo zaniyo in ic omoxixiuhtlatito, noihuan ic oquime-lelti oquincualancacuiti.
85. Y así se volvieron. No sólo por-que con ello se fastidiaron grande-mente, sino también porque les im-pidió su intento, los hizo enojar.
86. Si presentarono al signor ve­scovo e cercarono di convincerlo a non farsi ingannare da costui. Gli dissero che senz'altro questi rac-contava bugie e che era un visio-nario o un sognatore.
86. Yuh quinonotzato in Tlatoani Obispo, quitlahuellalilique inic amo quineltocaz, quilhuique inic zan conmoztlacahuilia, zan quipipiqui in tlein quihualmolhuilia, anoce zan oquitemic, zan oquicochitleuh in tlein quimolhuilia in tlein quimitlanililia;
86. Así le fueron a contar al señor obispo, le metieron en la cabeza que no le creyera, le dijeron cómo nomás le contaba mentiras, que nada más inventaba lo que venía a decirle, o que sólo soñaba o imaginaba lo que le decía, lo que le pedía.
87. Conclusero dicendo che, se fos-se tornato un'altra volta, lo avreb-bero preso e duramente castigato affinché non tornasse più a dire bu-gie e a burlarsi di loro.
87. Auh huel yuh quimolhuique intla occeppa hualaz, mocuepaz, oncan quitzit-zquizque, ihuan chicahuac quitlatza-cuiltizque inic aocmo ceppa iztlacatiz, tecuamanaz.
87. Y bien así lo determinaron que si otra vez venía, regresaba, allí lo agarrarían, y fuertemente lo castiga-rían, para que ya no volviera a decir mentiras ni a alborotar a la gente.
88. Nel frattempo Juan Diego si in-contrava con la Santissima Vergine e le comunicava la risposta ricevuta dal signor vescovo.
88. In oquixquichica Juan Diego cacta ixpantzinco Cemicac Ichpochtzintli, quil-huiaya itenanquililiz in quitquilito itencopa Huey Teopíxca­tlatoani;
88. Entre tanto, Juan Diego estaba con la Santísima Virgen, diciéndole la respuesta que traía del señor obispo;
89. La Signora, dopo averlo ascoltato, gli disse:
89. in oyuhquimocaquilti in Tlatocacihua-pilli quilhui:
89. la que, oída por la Señora, le dijo:
90. «BENE, FIGLIO MIO, TOR-NA QUI DOMANI MATTINA E PORTERAI AL VESCOVO IL SE-GNO CHE TI HA CHIESTO.
90. "-CA YE CUALLI, CA YE YUHQUI, NOXOCOYOUH, NICAN MOZTLA OC-CEPPA TIHUALAZ INIC TIQUIT-QUILITIUH HUEY TEOPIXQUI IN TLANELTILIZTLI IN NEZCAYOTL IN MITZTLATLANILIA;
90. "BIEN ESTÁ, HIJITO MÍO, VOLVERÁS AQUÌ MAÑANA PA-RA QUE LLEVES AL OBISPO LA SEÑAL QUE TE HA PEDIDO;
91. IN TAL MODO TI CREDERÀ! NON DUBITERÀ PIÙ NÉ SO-SPETTERÀ ANCORA DI TE.
91. IC NIMAN MITZTLATOLCA-QUILIZ, IHUAN ITECHPA AYOQUIC MITZCHICOMATTIZ, NION MOTECH CHICOYOLLOHUAZ;
91. CON ESO TE CREERÁ Y ACERCA DE ESTO YA NO DU­DARÁ NI DE TI SOSPECHARÁ;
 
92. E SAPPI, FIGLIO MIO, CHE IO RICOMPENSERÒ LA PREOC-CUPAZIONE, IL LAVORO E LA FATICA CHE PER ME STAI SOP-PORTANDO.
92. IHUAN MA HUEL YUH YE IN MOYOLLO, NOXOCOYUH, CA NIMI-TZTLAXTLAHUIZ MONETLACUI-TLAHUILIZ, MOTLATEQUIPANOLIZ MOCIAMMIQUILIZ, IN NOPAMPA TITLAPOPOLOTOC.
92. Y SÁBETE, HIJITO MÍO, QUE YO TE PAGARÉ TU CUIDADO Y EL TRABAJO Y CANSANCIO QUE POR MI HAS EMPRENDIDO;
93. ADESSO VA', PERCHÉ DO-MANI TI ASPETTO QUI».
93. TLACUELE, NOTELPOTZIN, CA TEL MOZTLA YE NICAN NIMITZON-CHIXTOZ".
93. EA, VETE AHORA; QUE MA-ÑANA AQUÍ TE AGUARDO".
94. Ma il giorno seguente, lunedì, quando cioè Juan Diego avrebbe dovuto ricevere il segno da portare al vescovo per essere creduto, non tornò.
94. In imoztlayoc Lunes in icuac quihui-cazquia in Juan Diego in itla inezca inic neltocoz aocmo ohualmo­cuep:
94. Y al día siguiente, lunes, cuando debía llevar Juan Diego alguna señal para ser creído, ya no volvió.
95. Infatti, non appena giunto a casa, aveva trovato un suo zio, di nome Juan Bernardino, grave-mente ammalato.
95. Ye ica in icuac acito in ichan, ce itla, itoca Juan Bernardino, oitechmotlali in co-coliztli, huel tlanauhtoc.
95. Porque cuando fué a llegar a su casa, a un su tío, de nombre Juan Bernardino, se le había asentado la enfermedad, estaba muy grave.
96. Corse subito a chiamare un medico. Questi gli recò un po' di sollievo, ma ormai era troppo tardi in quanto era molto grave.
96. Oc quiticinochilito, oc ipan tlato, yece aocmo inman, ye huel otlanauh:
96. Aun fué a llamarle al médico, aún hizo por él, pero ya no era tiem-po, ya estaba muy grave.
97. Durante la notte lo zio pregò Juan Diego che, appena fosse spun-tata l'alba, si recasse a Tlatilolco a chiamare un sacerdote che lo con-fessasse e lo preparasse ad una buo-na morte.
 
97. Auh in ye yohuac, quitlatlauhti in itla in oc yohuatzinco, oc tlatlayohuatoc hual-quizaz, quimonochiliquiuh in oncan Tlati-lolco ceme in teopixque inic mohuicaz, quimoyolcuitilitiuh, ihuan quimocen-cahuilitiuh,
97. Y cuando anocheció, le rogó su tío que cuando aún fuere de ma-drugada, cuando aún estuviere oscuro, saliera hacia acá, viniera a llamar a Tlatilolco algún sacerdote para que fuera a confesarlo, para que fuera a prepararlo,
98. Era infatti sicuro di essere in fin di vita e che non sarebbe più gua-rito.
98. ye ica ca huel yuhca in iyollo ca ye inman, ca ye oncan inic miquiz ca aoc mehuaz aocmo patiz.
98. porque estaba seguro de que ya era el tiempo, ya el lugar de morir, porque ya no se levantaría, ya no se curaría.
99. Il martedì, mentre era ancora buio, Juan Diego uscì di corsa e si mise in cammino verso Tlatilolco per chiamare un sacerdote.
99. Auh in Martes, huel oc tlatlayohuatoc in ompa hualquiz ichan in Juan Diego in quimonochiliz teopixqui in ompa Tlati-lolco,
99. Y el martes, siendo todavía mu-cho muy de noche, de allá vino a salir, de su casa, Juan Diego, a llamar el sacerdote a Tlatilolco,
100. Giunto proprio al viottolo che fiancheggia il Tepeyac, verso po-nente, strada che percorreva di so-lito quando si recava in città, disse tra sé:
100. auh in ye acitihuitz inahuac te­petzintli Tepeyacac in icxitlan quiztica ohtli tonatiuh icalaquiampa, in oncan yeppa quizani, quito:
100. y cuando ya acertó a llegar al lado del cerrito terminación de la sierra, al pie, donde sale el camino, de la parte en que el sol se mete, en donde antes él saliera, dijo:
101. «Se vado avanti per questa via probabilmente incontrerò di nuo-vo la Signora, la quale mi tratterrà sicuramente perché io porti il segno al vescovo, come mi ha ordinato.
101. "-Intla zan nicmelahua ohtli, manen nechhualmottiliti iz Cihuapilli, ca yeppa nechmotzicalhuiz inic nic huiquiliz tlane-zcayotl in teopixcatlatoani, in yuh onech-monahuatili;
101. "Si me voy derecho por el camino, no vaya a ser que me vea esta Señora y seguro, como antes, me detendrá para que le lleve la señal al gobernante eclesiástico como me lo mandó;
102. È necessario invece che per il momento ci lasci risolvere il nostro problema. Bisogna che per prima cosa io chiami in fretta un sacerdote poiché mio zio lo aspetta con ansia».
102. ma oc techcahua in tonetequipachol, ma oc nic nonochilitihuetzi in teopixqui motolinia, in notlatzin amo za quimo-chialitoc".
102. que primero nos deje nuestra tribulación; que antes yo llame de prisa al sacerdote religioso, mi tío no hace más que aguardar­lo".
 
103. Aggirò perciò la collina, la risalì e passò sul fianco opposto, sul lato orientale, in modo da rag-giungere rapidamente Tlatilolco senza essere trattenuto dalla Regina del Cielo.
103. Niman ic contlacolhui in tepetl; itzallan ontlecoc yenepa centlapal, tonatiuh iquizayampa quizato, inic iciuhca aci­tiuh Mexico inic amo quimotzica­lhuiz in Ilhuicac Cihuapilli,
103. En seguida le dio la vuelta al cerro, subió por enmedio y de ahí atravesando, hacia la parte oriental fue a salir, para rápido ir a llegar a México, para que no lo detuviera la Reina del Cielo.
104. Pensava ingenuamente che facendo quel giro non avrebbe potuto scorgerlo Colei che invece vede perfettamente in ogni parte.
104. in momatti ca in ompa in otlacolo ca ahuel quimottiliz in huel nohuiampa motztilitica.
104. Piensa que por donde dio la vuelta no lo podrá ver la que per­fectamente a todas partes está mi-rando.
105. Infatti, come prese a scen­dere dal colle, la vide. Ella lo stava guardando.
105. Quittac quenin hualmotemohui icpac in tepetzintli ompa hualmotztilitoc in ompa yeppa conmottiliani.
105. La vio cómo vino a bajar de sobre el cerro, y que de allí lo había estado mirando, de donde antes lo veía.
106. Gli venne incontro sul fianco del colle, tagliandogli la strada e gli disse:
106. Conmonamiquilico in inacaztlan te-petl, conmotzacuililico, quimolhuili:
106. Le vino a salir al encuentro a un lado del cerro, le vino a atajar los paso; le dijo:
107. «CHE COSA È ACCADUTO, MIO PICCOLO FIGLIO AMA-TISSIMO, DOVE SEI DIRETTO?».
107. "- AUX NOXOCOYOUH, CAMPA IN TIYAUH; CAMPA IN TITZTIUH "
107. "¿QUÉ PASA, EL MÁS PE­QUEÑO DE MIS HIJOS? ¿A DÓNDE VAS, A DÓNDE TE DI­RIGES?":
108. Egli si sentì smarrito o forse si vergognò, si spaventò e si fece ti-moroso.
108. Auh in yehuatl cuix achi ic mellelma Cuix noce pinahuac cuix noce ic mizahui, momauhti
108. Y él, ¿tal vez un poco se ape­nó, o quizá se avergonzó? ¿o tal vez de ello se espantó, se puso te­meroso?
109. Si prostrò alla sua presenza e la salutò dicendole:
109. Ixpantzinco mopechtecac, qui­motlapalhui, quimolhuili:
109. En su presencia se postró, la saludó, le dijo:
110. «Mia amabilissima Signora, spero che ti vada tutto bene. Come ti sei svegliata? Hai riposato bene?
110. "Nochpochtziné, Noxocoyohué, Cihuapillé, maximopaquiltitié, quen oti-mixtonalti Cuix ticmohuelmachitia in motlazonacayotzin, Notecuiyoé, Nopilt-zinziné
110. "Mi Jovencita, Hija mía la más pequeña, Niña mía, ojalá que estés contenta; ¿cómo amaneciste? ¿Acaso sientes bien tu amado cuerpecito, Señora mía, Niña mía?
111. Sto per darti un dispiacere. Ti faccio sapere, o mia Signora, che un povero tuo servitore, cioè mio zio, è molto malato.
111. Nictequipachoz in mixtzin in moyol-lotzin: ma xicmomachiltitzino, Nochpo-chtziné, ca huellanauhtoc ce momace-hualtzin notla,
111. Con pena angustiaré tu rostro, tu corazón: te hago saber, Mucha-chita mía, que está muy grave un servidor tuyo, tío mío.
112. Una grave infermità lo ha colpito e certamente presto mo­rirà.
112. Huey cocoliztli in itech omotlali; ca yeppa ic momiquiliz.
112. Una gran enfermedad se le ha asentado, seguro que pronto va a morir de ella.
113. Io mi sto recando in gran fretta presso la tua casa di México per chiamare qualcuno degli amati da nostro Signore, uno dei nostri sacerdoti, perché venga al suo capezzale per confessarlo e pre-pararlo ad una buona morte.
113. Auh oc noniciuhtiuh in mo­chantzinco Mexico, noconnonochiliz ceme in itlazohuan Totecuiyo in to­teopixcahuan, conmoyolcuitilitiuh, ihuan conmocencahuilitiuh,
113. Y ahora iré de prisa a tu casita de México, a llamar a alguno de los amados de Nuestro Señor, de nue-stros sacerdotes, para que vaya a confesarlo y a prepararlo,
114. E in verità siamo nati per questo, noi che viviamo aspet­tando il travaglio della nostra morte.
114. ca nel ye inic otitlacatque in ticchiaco in tomiquiztequiuh.
114. porque en realidad para ello nacimos, los que vinimos a esperar el trabajo de nuestra muerte.
115. Ma appena compiuto questo incarico, tornerò subito qui un'altra volta per portare, o mia Signora, il tuo messaggio.
 
115. Auh intla onoconneltilito, ca niman nican occeppa nihualmocuepaz, inic nonyaz noconitquiz in miiyotzin in motlatoltzin, Tlacaté Nochpochtziné.
115. Más, si voy a llevarlo a efecto, luego aquí otra vez volveré para ir a llevar tu aliento, tu palabra, Señora, Jovencita mía.
 
116. Ti prego di perdonarmi. Abbi con me ancora un po' di pazienza, perché così facendo non voglio ingannarti, mia piccola Figlia ama-tissima. Domani senz'altro verrò qui in tutta fretta».
116. Ma xinechmotlapopolhuili, ma oc ixquich xinechmopaccaihiyohuilti camo ic nimitznoquelhuia, Noxocoyohué, Nopil-tziné, ca niman moztla niquizti-huetziquiuh."
 116. Te ruego me perdones, ténme todavía un poco de paciencia, por-que con ello no te engaño, Hija mía la menor, Niña mía, mañana sin falta vendré a toda prisa".
 
117. Dopo aver ascoltato le ra­gioni di Juan Diego, la pietosa per-fetta Vergine gli rispose:
117. Auh in oyuhquimocaquiti itlatol in Juan Diego quimonanquili in Icnohua-cacenquizcaichpochtzintli:
117. En cuanto oyó las razones de Juan Diego, le respondió la Pia­dosa Perfecta Virgen:
118. «ASCOLTA, FIGLIO MIO, RIPONILO NEL TUO CUORE. NON TEMERE E NON AFFLIG-GERTI. NON SI TURBI IL TUO CUORE E NON PREOCCUPARTI NÉ DI QUESTA NÉ DI QUAL-SIASI ALTRA INFERMITÀ.
118. "MAXICCAQUI, MA HUEL YUH YE IN MOYOLLO, NOXOCOYOUH, MACA TLE TLEIN MITZMAUHTI, MITZTEQUIPACHO, MACAMO QUEN MOCHIHUA IN MIX IN MOYOLLO MACAMO XIQUIMACACI IN CO-COLIZTLI, MANOCE OC ITLA COCO-LIZTLI, COCOC TEOPOUHQUI.
118. "ESCUCHA, PÓNLO EN TU CORAZÓN, HIJO MÍO EL ME­NOR, QUE NO ES NADA LO QUE TE ESPANTÓ, LO QUE TE AFLI-GIÓ, QUE NO SE PERTURBE TU ROSTRO, TU CORAZÓN; NO TE-MAS ESTA ENFERMEDAD NI NINGUNA OTRA ENFERMEDAD, NI COSA PUNZANTE, AFLIC-TIVA.
119. NON STO FORSE QUI IO, CHE SONO TUA MADRE? NON STAI FORSE SOTTO LA MIA PROTEZIONE? NON SONO FORSE IO LA FONTE DELLA TUA GIOIA? NON SEI FORSE NEL CAVO DEL MIO MANTO, NELLA CROCE DELLE MIE BRACCIA? COSA VUOI DI PIÙ?
119. ¿CUIX AMO NICAN NICA NIMO­NANTZIN ¿CUIX AMO NOCEHUAL-LOTITLAN, NECAUHYOTITLAN IN TICA ¿CUIX AMO NEHUATL IN NIMOPACCAYELIZ CUIX AMO NO-CUIXANCO NOMAMALHUAZCO IN TICA ¿CUIX OC ITLA IN MOTECH MONEQUI
119. ¿NO ESTOY AQUI, YO, QUE SOY TU MADRE? ¿NO ESTÁS BAJO MI SOMBRA Y RESGUAR-DO? ¿NO SOY, YO LA FUENTE DE TU ALEGRÍA? ¿NO ESTÁS EN EL HUECO DE MI MANTO, EN EL CRUCE DE MIS BRAZOS? ¿TIENES NECESIDAD DE ALGU-NA OTRA COSA?.
120. NIENTE DEVE AFFLIG-GERTI E TURBARTI. NON ANGUSTIARTI PER L'INFER-MITÀ DI TUO ZIO, PERCHÉ PER ORA NON MORIRÀ. SAPPI ANZI CON CERTEZZA CHE È GIÀ PERFETTAMENTE GUA-RITO».
120. MACAMO OC ITLA MITZTE-QUIPACHO, MITZAMANA, MACAMO MITZTEQUIPACHO IN ICOCOLIZ MOTLATZIN, CAMO IC MIQUIZ IN AXCAN ITECHCA; MA HUEL YUH YE IN MOYOLLO CA YE OPATIC".
120. QUE NINGUNA OTRA COSA TE AFLIJA, TE PERTURBE; QUE NOTE APRIETE CON PENA LA ENFERMEDAD DE TU TÍO, POR-QUE DE ELLA NO MORIRÁ POR AHORA. TEN POR CIERTO QUE YA ESTÁ BUENO"
121. (Nello stesso istante, come si poté constatare in seguito, suo zio guarì).
121. (Auh ca niman huel icuac patic in itlatzin in yuh zantepan machiztic.)
121. (Y luego en aquel mismo mo-mento sanó su tío, como después se supo):
122. Appena Juan Diego ebbe udite le amorevoli parole della Regina del Cielo, provò un grande sollievo e si sentì confortato.
122. Auh in Juan Diego in oyuhquicac in iiyotzin in itlatoltzin in Ilhuicac Cihuapilli, huel cenca ic omoyollali, huel ic pachiuh in iyollo.
122. Y Juan Diego, cuando oyó la amable palabra, el amable aliento de la Reina del Cielo, muchísimo con ello se consoló, bien con ello se apaciguó su corazón,
123. La supplicò allora che lo mandasse immediatamente dal ve-scovo per portargli il segno che lo avrebbe indotto a credere al mes-saggio.
123. Auh quimotlatlauhtili inic ma za ye quimotitlanili inic quittatiuh in Tlatoani Obispo in quitquiliz itla inezca, in ineltica, inic quineltocaz.
123. y le suplicó que inmediata­mente lo mandara a ver al gober­nador obispo, a llevarle algo de señal, de comprobación, para que creyera
124. La celeste Signora lo invitò quindi a salire sulla sommità del colle, dove gli era apparsa pre­cedentemente.
124. Auh in Ilhuicac Cihuapilli niman ic quimonahuatili inic ontlecoz in icpac tepetzintli, in oncan canin yeppa con-mottiliaya;
124. la Reina Celestial luego le man-dó que subiera a la cumbra del cer-rillo, en donde antes la veía;
 
125. GLI DISSE: «SALI, MIO PICCOLO FIGLIO AMATIS-SIMO, SULLA CIMA DEL COL-LE, DOVE MI HAI VISTO E DOVE TI HO AFFIDATO LA MISSIONE.
125. QUIMOLHUILI: "-XITLECO, NO-XOCOYOUH IN ICPAC IN TEPET-ZINTLI, AUH IN CANIN OTINE-CHITTAC IHUAN ONIMITZNANA-HUATI;
125. Le dijo: "SUBE, HIJO MÍO EL MENOR, A LA CUMBRE DEL CERRILLO, A DONDE ME VISTE Y TE DI ÓRDENES
126. LÌ TROVERAI UNA GRAN-DE VARIETÀ DI FIORI. TAGLIA-LI E RACCOGLILI, FACENDONE DEI MAZZETTI. POI SCENDI E PORTALI ALLA MIA PRESEN­ZA».
126. ONCAN TIQUITTAZ ONOC NEPAPAN XOCHITL, XICTETEQUI, XICNECHICO, XICCENTLALI, NINAM XIC-HUALTEMOHUI, NICAN NIXPAN XIC-HUALHUICA".
126. ALLÍ VERÁS QUE HAY VARIADAS FLORES: CÓRTALAS, REÚNELAS, PONLAS TODAS JUNTAS; LUEGO, BAJA AQUÍ; TRÁELAS AQUÍ, A MI PRESEN-CIA.
127. Juan Diego salì subito sul colle,
127. Auh in Juan Diego niman ic quitle-cahui in tepetzintli.
127. Y Juan Diego luego subió al cerrillo,
128. e quando giunse in cima si stupì per la gran quantità di fiori di Castiglia appena sbocciati, graziosi e belli, che vi aveva trovato nono-stante si fosse fuori stagione;
128. Auh in oacito icpac, cenca qui­mahuizo in ixquich onoc, xotlatoc, cuepontoc in nepapan caxtillan tlazo­xochitl, in ayamo imochiuhyan,
128. y cuando llegó a la cumbre, mucho admiró cuantas había flo­recidas, abiertas sus corolas, flores las más variadas, bellas y hermosas, cuando todavía no era su tiempo:
129. si era infatti nel periodo in­vernale.
129. ca nel huel icuac in motlapaltilia izcetl;
129. porque de veras que en aquella sazón arreciaba el hielo;
130. I fiori diffondevano un odore soavissimo; sembravano gioielli preziosi imperlati di rugiada not-turna.
130. huel cenca ahuiaxtoc, iuhqui in tla-zoepyollotli inic yohualahuachyotoc;
130. estaban difundiendo un olor suavísimo; como perlas preciosas, como llenas de rocío nocturno.
 
131. Cominciò dunque a tagliarli, ne fece dei mazzetti e li avvolse nella sua tilma.
131. Niman ic peuh in quitetequi, huel moch quinechico, quicuixanten.
131. Luego comenzó a cortarlas,, todas las juntó, las puso en el hueco de su tilma.
132. È certo che la sommità del colle non era il luogo adatto perché vi nascessero fiori; vi abbondano solo pietraie, cardi, spini, cactus e mezquites,
132. Auh in oncan icpac tepetzintli, ca niman atle xochitl in imochiuhyan, ca texcalla, netzolla, huihuitztla, nopalla, miz-quitla;
132. Por cierto que en la cumbre del cerrito no era lugar en que se dieran ningunas flores, sólo abundan los riscos, abrojos, espinas; nopales, mezquites,
133. e se per caso fosse stato pos-sibile che vi nascesse qualche erba, non era certo quello il tempo. Si era infatti nel mese di dicembre, la stagione in cui il gelo la fa da pa-drone e distrugge ogni vegetazione.
133. auh intla xiuhtotontin mochi­chihuani, in icuac in ipan Metztli Di­ciembre, ca moch quicua quipopolohua izcetl,

133. y si acaso algunas hierbecillas se solían dar, entonces era el mes de diciembre, en que todo lo come, lo destruye el hielo.
134. Juan Diego scese quindi di corsa e portò alla celeste Signora i diversi fiori che aveva raccolto.
134. Auh ca niman ic hualtemoc, quihualmotquilili in Ilhuicac Cihuapilli in nepapan xochitl oquitetequito,
 134. Y en seguida vino a bajar, vino a traerla a la Niña Celestial las dife-rentes flores que había ido a cortar,
135. Quando li vide, lei li prese nelle sue mani venerabili;
135. auh in oyuhquimottili, imaticatzinco conmocuili;
135. y cuando las vio, con sus ve­nerables manos las tomó;
136. poi li ripose tutti insieme nell'ayate di Juan Diego dicen­dogli:
136. niman ye occeppa icuexanco quihualmotemili quimolhuili:
 136. luego otra vez se las vino a poner todas juntas en el hueco de su ayate, le dijo:
137. «MIO PICCOLO FIGLIO AMATISSIMO, QUESTI DIVER-SI FIORI COSTITUISCONO LA PROVA, IL SEGNO, CHE TU DEVI PORTARE AL VESCOVO.
137. "-NOXOCOYOUH, ININ NEPA-PAN XOCHITL YEHUATL IN TLA-NELTILIZ IN NEZCAYOTL IN TIC-HUIQUILIZ IN OBISPO.
137. "MI HIJITO MENOR, ESTAS DIVERSAS FLORES SON LA PRUEBA, LA SEÑAL QUE LLEVA-RÁS AL OBISPO;
138. DA PARTE MIA GLI DIRAI CHE ESSI SONO LA PROVA CHE IL MIO MESSAGGIO È L'ESPRESSIONE DELLA MIA VOLONTÀ, CHE EGLI DEVE ESEGUIRE.
138. NOPAMPA TIQUILHUIZ MA IC QUITTA IN NOTLANEQUILIZ IHUAN IC QUINELTILIZ IN NOTLANE-QUILIZ, IN NOCIALIZ.
138. DE MI PARTE LE DIRÁS QUE VEA EN ELLAS MI DESEO, Y QUE POR ELLO REALICE MI QUERER, MI VOLUNTAD.
139. SONO ANCHE LA PROVA CHE TU SEI IL MIO MES-SAGGERO E SEI MERITEVOLE DELLA MASSIMA FIDUCIA.
139. AUH IN TEHUATL IN TINO-TITLAN CA HUEL MOTECH NETLA-CANECONI;
139. Y TÚ, TÚ QUE ERES MI MENSAJERO, EN TI ABSOLUTA-MENTE SE DEPOSITA LA CON-FIANZA;
 
140. TI COMANDO TUTTAVIA CON MOLTO RIGORE DI APRIRE IL TUO AYATE UNICAMENTE ALLA PRESEN-ZA DEL VESCOVO, SOLO A LUI MOSTRERAI CIÒ CHE PORTI.
140. AUH HUEL NIMITZTLACUAUH­NAHUATIA ZAN HUEL ICEL IXPAN OBISPO TICZOHUAZ IN MOTILMA, IHUAN TICNEX­TILIZ IN TLEIN TIC-HUICA:
140. Y MUCHO TE MANDO, CON RIGOR QUE NADA MÁS A SOLAS EN LA PRESENCIA DEL OBISPO EXTIENDAS TU AYATE, Y LE ENSEÑES LO QUE LLEVAS. 
141. GLI RACCONTERAI TUTTO PUN­TUALMENTE. GLI DIRAI CHE TI HO ORDINATO DI SALIRE SULLA SOMMITÀ DEL COLLE PER TAGLIARE FIORI E GLI RIFERIRAI TUTTO CIÒ CHE HAI VISTO E AMMIRATO.
141. AUH HUEL MOCH TICPOHUILIZ, TIQUILHUIZ IN QUENIN ONIMIT-ZNAHUATI INIC TITLECOZ IN ICPAC TEPETZINTLI IN TICTETEQUITIUH XOCHITL, IHUAN IN IXQUICH OTI-QUITTAC, OTIMAHUIZO,
141. Y LE CONTARÁS TODO PUNTUALMENTE LE DIRÁS QUE TE MANDÉ QUE SUBIE­RAS A LA CUMBRE DEL CER­RITO A CORTAR FLORES, Y CADA COSA QUE VISTE Y AD­MIRASTE,
 
142. IN MODO CHE TU POSSA VINCERE IL VESCOVO E LUI SI DECIDA AD EDIFICARE IL TEMPIO CHE GLI HO CHIESTO, IN CONFORMITÀ ALLA MIA VOLONTÀ».
142. INIC HUEL TICYOLLOYEHUAZ IN TEOPIXCATLATOANI INIC NIMAN IPAN TLATOZ INIC MOCHIHUAZ, MOQUETZAZ IN NOTEOCAL ONI-QUITLANILI."
142. PARA QUE PUEDAS CON­VENCER AL GOBERNANTE SACERDOTE, PARA QUE LUEGO PONGA LO QUE ESTÁ DE SU PARTE PARA QUE SE HAGA, SE LEVANTE MI TEMPLO QUE LE HE PEDIDO".
143. Appena la celeste Signora ebbe finito di parlare, Juan Diego si mise in cammino sulla strada che porta a México. Procedeva con-tento.
143. Auh in oconmonanahuatili in Ilhuicac Cihuapilli quihualtocac in cuepotli Mexico hualmelahua, ye pactihuitz.
143. Y en cuanto le dio su mandato la Celestial Reina, vino a tomar la calzada, viene derecho a México, ya viene contento.
144. Camminava con il cuore pieno di gioia perché era sicuro che questa volta ogni cosa sarebbe andata bene e tutto sarebbe stato portato a termine perfettamente.
144. Ye yuh yetihuitz in iyollo ca yec-quizaquiuh, quiyequitquiz.
144. Ya así viene sosegado su co­razón, porque vendrá a salir bien, lo llevará perfectamente.
145. Faceva molta attenzione a ciò che portava nel cavo del suo man-tello perché nulla andasse perduto;
145. Huel quimocuitlahuitihuitz in tlein icuixanco yetihuitz in manen itla quima-cauh;
145. Mucho viene cuidando lo que está en el hueco de su vestidura, no vaya a ser que algo tire;
 
146. e si deliziava della fragranza dei diversi preziosi fiori.
146. quimotlamachtitihuitz in iahuiaca in nepapan tlazoxochitl.
146. viene disfrutando del aroma de las diversas preciosas flores.
147. Quando raggiunse il palazzo del vescovo, gli andarono in­con-tro il maggiordomo e gli altri ser-vitori.
147. In oacico itecpanchan Obispo con-namiquito in icalpixcauh ihuan occequin itlanencahuan in Tlatocateopixqui.
147. Cuando vino a llegar al pala­cio del obispo, lo fueron a encontrar el portero y los demás servidores del sacerdote gobernante,
148. Li supplicò di introdurlo alla presenza del vescovo, ma nessuno se ne diede pensiero. Facevano fin-ta di non capirlo o perché era an-cora molto presto,
148. Auh quintlatlauhti inic ma quimo-lhuilican in quenin quimottiliznequi, yece ayac ceme quinec, amo conmocac-caneque azo ye inic huel oc yohuatzinco.
148. y les suplicó que le dijeran cómo deseaba verlo, pero ninguno quiso, fingían que no le entendían, o tal vez porque aún estaba muy oscuro,
149. o perché ormai già lo cono­scevano e lo ritenevano un im­portuno.
149. auh anoce inic ye quiximatti zan quintepachoa inic imixtlan pilcatinemi,
149. o tal vez porque ya lo cono­cían que nomás los molestaba, los importunaba,
150. I compagni che in prece­denza lo avevano pedinato, ave­vano infatti raccontato loro come lo avevano misteriosa­mente perso di vista.
150. ihuan ye oquinonotzque in imicnihuan in quipoloto in iquac qui­tepotztocaque.
150. y ya les habían contado sus compañeros, los que lo fueron a perder de vista cuando lo fueron siguiendo
151. Egli dovette attendere mol­to a lungo prima di avere una risposta.
151. Huel huecauhtica in otlatol­chixticatca.
151. Durante muchísimo rato estuvo esperando la razón.
152. Nonostante fosse già tra­scorso molto tempo, continuava a rimanere lì, con la testa bassa, senza far nulla aspettando di es­sere chiamato. I servi, essendosi accorti che portava qualcosa nella sua tilma, gli si avvicina­rono per vedere di che si trat­tasse e soddisfare la loro curiosi­tà.
152. Auh in oquittaque ye huel hue­cauhtica in oncan icac, motololtiticac, tlatenmaticac in azo notzaloz, ihuan in iuhquinma itla quihualitqui, qui­cuixanoticac; niman ye ic itech onaci­que inic quittilizque tlein quihuicatz inic inyollo pachihuiz.
152. Y cuando vieron que por muchísimo rato estuvo allí, de pie, cabizbajo, sin hacer nada, por si era llamado, y como que algo traía, lo llevaba en el hueco de su tilma; luego pues, se le acercaron para ver qué traía y de­sengañarse.
153. Quando Juan Diego si rese conto che in nessun modo pote­va nascondere loro ciò che por­tava e temendo che potessero spintonarlo e malmenarlo, mo­strò loro, aprendo leggermente la tilma, che erano fiori.
153. Auh in oquittac in Juan Diego ca niman ahuel quintlatiliz in tlein quihuicatz, ca ic quitolinizque quito­topehuazque noce ic quimictizque, tepiton quihualnexti ca xochitl.
153. Y cuando vio Juan Diego que de ningún modo podía ocul­tarles lo que llevaba y que por eso lo molestarían, lo empujarían o tal vez lo aporrearían, un poquito les vino a mostrar que eran flo­res.
154. I servi videro che si tratta­va di fiori preziosi, variegati, fioriti in una stagione insolita e li ammirarono molto soprattut­to per la loro freschezza, per la loro bellezza e per il loro profu­mo.
154. Auh in yuhquittaque ca moch caxtillan nepapan xochitl ihuan in camo imochiuhyan in icuac, huel cenca quimahuizoque, ihuan in que­nin huel cenca celtic, inic cueponqui, inic ahuiac, inic mahuiztic.
154. Y cuando vieron que todas eran finas, variadas flores y que no era tiempo entonces de que se dieran, las admiraron muy mu­cho, lo frescas que estaban, lo abiertas que tenían sus corolas, lo bien que olían, lo bien que pare­cían
155. Tentarono perciò di portar­gliene via qualcuno.
155. Auh quelehuique inic quezqui­tetl conanazque, quiquixtilizque;
155. Y quisieron coger y sacar unas cuantas;
156. Per ben tre volte cercarono di prenderli, ma non ci riusciva­no in nessun modo.
156. auh huel expa mochiuhqui inic motlapaloque concuizquia; niman ahuel mochiuhqui,
156. tres veces sucedió que se atrevieron a cogerlas, pero de ningún modo pudieron hacerlo,
157. Infatti, ogni volta che pro­vavano, i fiori si sottraevano apparendo come ricamati, o di­pinti, o cuciti sulla tilma.
157. yeica in icuac quiitzquizquia aocmo huel xochitl in quittaya, zan yuhquima tlacuilolli, noce tlamachtli, noce tlatzontli in itech quittaya til­matli.
157. porque cuando hacían el in­tento ya no podían ver las flores, sino que, a modo de pintadas, o bordadas, o cosidas en la tilma las veían.
158. Allora corsero immediata­mente dal vescovo e gli raccon­tarono ciò che avevano visto;
158. Niman ic quimolhuilito in Tla­toani Obispo in tlein oquittaque;
158. Inmediatamante fueron a decirle al gobernante obispo lo que habían visto;
159. gli dissero che l'indio, che già altre volte era venuto e che ora già da tanto tempo attende­va di essere ricevuto, desiderava vederlo.
159. ihuan in quenin quimottilizne­qui in macehualtzintli ye izquipa huallauh, ihuan in ye huel huecauh in ye ic azo onca tlatlatolchixtoc inic quimottiliznequi.
159. cómo deseaba verlo el indito que otras veces había venido, y que ya hacía muchísimo rato que estaba allí aguardando el permi­so, porque quería verlo.
160. Il vescovo, udito ciò, riten­ne che quella fosse la prova per convincerlo a mettere in atto quanto quel piccolo uomo solle­citava
160. Auh in Tlatoani Obispo in oyuh quimocaquiti, niman ipan ya in iyollotzin ca yehuatl in ineltica inic iyollotzin maciz, inic quimoneltililiz in tlein ic nemi tlacatzintli.
160. Y el gobernante obispo, en cuando lo oyó, dió en la cuenta de que aquello era la prueba para convencerlo, para poner en obra lo que solicitaba el hombrecito.
161. e subito dette ordine che fosse introdotto.
161. Niman motlanahuatili inic ni­man calaquiz, quimottiliz.
161. Enseguida dio orden de que pasara a verlo.
162. Entrato, Juan Diego si pro­strò alla sua presenza, come già aveva fatto le altre volte.
162. Auh in ocalac ixpantzinco mo­pechtecac, in yuh yeppa quichihuani;
162. Y habiendo entrado, en su presencia se postró, como ya an­tes lo había hecho.
163. Di nuovo raccontò quanto aveva visto, udito e ammirato.
163. auh occeppa quimotlapohuilili in ixquich oquittac in oquimahuizo ihuan in inetitlaniz.
163. Y de nuevo le contó lo que había visto, admirado, y su men­saje.
164. Gli disse: «Mio Signore, ho eseguito quanto mi hai ordina­to.
164. Quimolhuili: "-Notecuiyoé, Tlatoanié, ca ye onicchiuh, ca ye onicneltili in yuh otinechmonahuati­li,
164. Le dijo:_"Señor mío, gober­nante, ya hice, ya llevé a cabo se­gún me mandaste;
165. Sono andato a dire alla ce­leste Signora, alla mia Padrona, Santa Maria, l'amata Madre di Dio, che chiedevi una prova per potermi credere e dare il via alla costruzione della sua santa casa nel luogo da lei indicato.
165. ca huel yuh onicnolhuilito in Tlacatl in Notecuiyo in Ilhuicac Ci­huapilli Santa María in Teotl Dios Itlazonantzin, in ticmitlania in tlanez­cayotl inic huel tinechmonelto­quitiz, inic ticmochihuililiz in iteo­caltzin in oncan mitzmitlanililia, tic­moquechiliz;
165. así fui a decirle a la Señora mi Ama, la Niña Celestial, Santa María, la Amada Madre de Dios, que pedías una prueba para poder creerme, para que le hicieras su casita sagrada, en donde te la pe­día que la levantaras;
166. E le ho detto anche, come tu mi hai incaricato, che ti ave­vo dato la mia parola di venirti a portare un qualche segno con­creto della sua volontà.
166. auh ca huel yuh onicnolhuili in onimitznomaquili in notlatol inic ni­mitzhualnohuiquiliz in itla inezca in ineltica in itlanequiliztzin inic nomac oticmocahuili.
166. y también le dije que te ha­bía dado mi palabra de venir a traerte alguna señal, alguna prue­ba de su voluntad, como me lo encargaste.
167. Ella ha accolto benevol­mente il tuo desiderio e la tua richiesta, purché sia rispettata e realizzata anche la sua amata volontà.
 
167. Auh ca oquihuelmocaquiti in miiyotzin in motlatoltzin; auh oqui­mopaccacelili in ticmitlania in itla inezca, ineltica, inic mochihuaz mo­neltiliz in itlanequiliztzin.
167. Y escuchó bien tu aliento, tu palabra, y recibió con agrado tu petición de la señal, de la prueba, para que se haga, se verifique su amada voluntad.
168. Ed oggi, di buon mattino, mi ha nuovamente inviato pres­so di te.
168. auh ca huel yuh onicnolhuili in onimitznomaquili in notlatol inic ni­mitzhualnohuiquiliz in itla inezca in ineltica in itlanequiliztzin inic nomac oticmocahuili.
168. Y ahora, cuando era todavía de noche, me mandó para que otra vez viniera a verte;
169. Poiché aveva promesso di fornirmi il segno che le avevo chiesto, subito mi ha acconten­tato.
169. auh onicnitlanilili in itla inezca inic nineltocoz, in yuh onechmolhui­li nechmomaquiliz, auh ca zan niman oquimoneltilili.
169. y le pedí la prueba para ser creído, según había dicho que me la daría, e inmediatamente lo cumplió.
 
170. Mi ha mandato sulla cima del colle, dove io l'avevo vista precedentemente, affinché vi raccogliessi diverse rose di Ca­stiglia.
170. Auh onechmihuali in icpac te­petzintli in canin yeppa noconnotti­liani inic ompa nictetequitiuh in ne­papan Caxtillan xochitl.
170. Y me mandó a la cumbre del cerrito en donde antes yo la ha­bía visto, para que allí cortara di­versas rosas de Castilla.
171. E io le ho tagliate e gliele ho portate.
171. Auh in onictequito, onic-hual­nohuiquilili in oncan tlatzintlan;
171. Y cuando las fui a cortar, se las fui allevar allá abajo;
172. Lei le ha prese con le sue sante mani
172. auh ca imaticatzinco conmo­cuili,
172. y con sus santas manos las tomó,
173. e le ha avvolte nuovamente nel mio ayate,
173. occeppa nocuixanco oconhual­motemili,
173. de nuevo en el hueco de mi ayate las vino a colocar,
174. perché venissi a portartele e le consegnassi unicamente a te solo.
174. inic nimitzhualnotquililiz, in huel Tehuatzin nimitznomaquiliz.
174. para que te las viniera a traer, para que a ti personalmente te las diera.
175. Ben sapendo che la sommi­tà del colle non era un luogo adatto alla crescita dei fiori, in quanto c'è solo abbondanza di pietre, cardi, huizaches, cactus, mezquites, tuttavia non per questo ho dubitato.
175. Macihui in ca huel nicmattia camo imochiuhyan xochitl in icpac tepetzintli, ca zan tetexcalla, netzolla, huitztla, tenopalla, mizquitla amo ic oninotzotzon, amo ic nomeyolloac.
175. Aunque bien sabía yo que no es lugar donde se den flores la cumbre del cerrito, porque sólo hay abundancia de riscos, abro­jos, huizaches, nopales, mezqui­tes, no por ello dudé, no por ello vacilé.
176. Arrivato infatti sulla cima del colle, ho potuto ammirare il paradiso.
176. In nacito in icpac tepetzintli in nitlachix ca ye xochitlalpan.
176. Cuando fui a llegar a la cum­bre del cerrito miré que ya era el paraíso.
177. C'era una gran quantità di diversi fiori pregiati, pieni di rugiada, luminosi. Io li ho ta­gliati.
177. Oncan cenquiztoc in ixquich nepapan tlazoxochitl caxtillancayotl ahuach, tonameyotoc, inic niman onictetequito.
177. Allí estaban ya perfectas to­das las diversas flores preciosas, de lo más fino que hay, llenas de rocío, esplendorosas, de modo que luego las fui a cortar;
178. Ella mi disse che li portassi da parte sua. Quella era la pro­va, il segno che le chiedevi per realizzare la sua amabile volon­tà.
178. Auh onechmolhuili inic ipam­pa nimitznomaquiliz; auh ca ye yuh nic neltitlia inic oncan ticmottiliz in itla nezcayotl in ticmitlanilia inic tic­moneltililiz in itlanequiliztzin;
178. y me dijo que de su parte te las diera, y que ya así yo probaría, que vieras la señal que le pedías para realizar su amada voluntad,
179. Così sarebbe apparsa chiara anche la verità del mio messag­gio.
179. ihuan inic neci ca neltiliztli in notlatol, in nonetitlaniz:
179. y para que aparezca que es verdad mi palabra, mi mensaje,,
180. Ecco ora qui i fiori. Fammi il favore di accettarli».
180. Ca izca, ma xicmocelili."
180. Aquí las tienes, hazme favor de recibirlas."
181. Quindi aprì il suo bianco ayate, in cui erano deposti i fiori raccolti.
181. Auh ca niman ic quihualzouh in iztac itilma in oquicuixanoticaca xochitl.
181. Y luego extendió su blanca tilma , en cuyo hueco había colo­cado las flores.
182. e non appena questi si sparsero per terra,
182. Auh in yuh hualtepeuh in ix­quich nepapan caxtillan xochitl,
182. Y así como cayeron al suelo todas las variadas flores preciosas,
183. subito sul mantello si dise­gnò e si manifestò alla vista di tutti l'amata Immagine della perfetta Vergine Santa Maria, Madre di Dio, nella forma e fi­gura in cui la vediamo oggi,
183. niman oncan momachioti, nez­tiquiz in itlazoixiptlatzin iz cenquizca Ichpochtli Santa María Teotl Dios Inantzin in yuhcatzintli axcan moye­tztica,
183. luego allí se convirtió en señal, se apareció de repente la Amada Imagen de la Perfecta Virgen Santa María, Madre de Dios, en la forma y figura en que ahora está,
184. così come è conservata nel­la sua amata casa, nel tempio eretto ai piedi del Tepeyac e che invochiamo con il titolo di Gua­dalupe.
184. in oncan axcan mopixtzinotica in itlazochantzinco in iteocaltzinco Tepeyacac, motocayotia Guadalupe.
184. en donde ahora es conserva­da en su amada casita, en su sa­grada casita en el Tepeyac, que se llama Guadalupe.
185. Visto ciò, il vescovo e tutti coloro che erano presenti, cad­dero in ginocchio profonda­mente stupiti e ammirati.
185. Auh in oyuhquimottili in Tla­toani Obispo ihuan in ixquichtin on­can catca motlancuaquetzque, cenca quimahuizoque,
185. Y en cuanto la vio el obispo gobernante y todos los que allí estaban, se arrodillaron, mucho la admiraron,
186. Poi si alzarono per vederla meglio e il loro volto si riempì di tristezza e di afflizione. La guardavano non con curiosità, ma con cuore sincero....
186. quimotztimoquetzque, tlaocox­que, moyoltoneuhque, yuhquin ah­coya in inyollo in intlalnamiquiliz...
186. se pusieron de pie para ver­la, se entristecieron, se afligieron, suspenso el corazón, el pensa­miento.....
187. Il vescovo con le lacrime agli occhi, rattristato, la pregò e le chiese perdono per non esse­re stato sollecito ad accogliere il suo messaggio e ad eseguire la sua volontà.
187. Auh in Tlatoani Obispo cho­quiztica, tlaocoyaliztica quimotlatlauhtili, quimi-tlanilili in itlapopolhuililoca inic amo niman oquineltili, in itlanequiliztzin, in iiyotzin in itlatoltzin.
187. Y el obispo gobernante con llanto, con tristeza, le rogó, le pi­dió perdón por no luego haber realizado su voluntad, su venera­ble aliento, su venerable palabra,
188. Rimanendo in piedi, si ac­costò a Juan Diego, ne sfilò dal collo la tilma,
188. Auh in omoquetz quihualton in iquechtlan ic ilpiticatca in itla­quen, in itilma Juan Diego.
188. y cuando se puso de pie, de­sató del cuello de donde estaba atada, la vestidura, la tilma de Juan Diego en la que se apareció,
189. su cui si era impressa l'Im­magine della celeste Signora,
189. in itech omonexiti in oncan omomachiotitzino in Ilhuicac Cihua­pilli.
189. en donde se convirtió en señal la Reina Celestial,
Y luego la llevó;
190. e andò subito a collocarla nella sua cappella.
190. Auh niman ic quimohuiquili; ompa quimotlalilito in ineteochihua­yan.
190. allá la fue a colocar a su ora­torio.
191. Juan Diego trascorse anco­ra una giornata nella casa del vescovo, trattenuto come ospite.
191. Auh oc onca ocemilhuiti in Juan Diego in ichantzinco Obispo, oc quimotzicalhui.
191. Y todavía allí pasó un día Juan Diego en la casa del obispo, aún lo detuvo.
192. All'indomani il vescovo gli disse: «Andiamo a vedere il luo­go in cui la celeste Signora desi­dera che le sia costruito un tem­pio».
192. Auh in imoztlayoc quilhui: "-Zaque, inic ticteittitiz in canin itla­nequiliztzin Ilhuicac Cihuapilli qui­moquechililizque in iteocaltzin."
192. Y al día siguiente le dijo:_"Anda, vamos a que mue­stres dónde es la voluntad de la Reina del Cielo que le erijan su templo.
193. Intanto si cominciò imme­diatamente a reperire gente che lo erigesse.
193. Niman ic tetlalhuiloc inic mo­chihuaz moquetzaz.
193. De inmediato se convidó gente para hacerlo, levantarlo,
194. Juan Diego, dopo aver indi­cato il luogo in cui la Regina del Cielo voleva che le si innalzasse il tempio, chiese il permesso di potersene andare.
194. Auh in Juan Diego in oyuh­quitteititi in canin quimonahuatili in Ilhuicac Cihuapilli moquetzaz iteo­caltzin, niman ic tenahuati:
194. Y Juan Diego, en cuanto mostró en dónde había mandado la Señora del Cielo que se erigiera su casita sagrada, luego pidió per­miso:
195. Voleva far ritorno alla sua casa per vedere lo zio Juan Ber­nardino, che era assai grave quando lo aveva lasciato per an­dare a chiamare un sacerdote a Tlatilolco perché lo confessasse e lo preparasse ad una buona morte. La celeste Signora già lo aveva però assicurato che lo zio era ormai guarito.
195. in oc onaciznequi in ichan inic conittatiuh in itlatzin Juan Bernardi­no, in huellanauhtoc, in icuac quihualcauhtehuac ceme quinotzazquia Teopixque in oncan Tlatilolco, inic quiyolcuitizquia, quicen-cahuazquia; in quimolhuili Ilhuicac Cihuapilli in ye opatic.
195. quería ir a su casa para ir a ver a su tío Juan Bernardino, que estaba muy grave cuando lo dejó para ir a llamar a un sacerdote a Tlatilolco para que lo confesara y lo dispusiera, de quien le había dicho la Reina del Cielo que ya había sanado.
196. Ma non lo lasciarono anda­re a casa da solo. Alcuni vollero accompagnarlo.
196. Auh amo zan icel quicauhque yaz, ca quihuicaque in ompa in ichan;
196. Pero no lo dejaron ir solo, sino que lo acompañaron a su ca­sa.
197. Arrivati a casa trovarono lo zio perfettamente guarito e in buona salute.
197. Auh in oyuh acito quittaque in itlatzin ye huel pactica, niman atle quicocoa,
197. Y al llegar vieron a su tío que ya estaba sano, absolutamen­te nada le dolía.
198. Egli, da parte sua, si mera­vigliò molto al vedere il nipote accompagnato da tante persone
198. Auh in yehuatl cenca quima­huizo in quenin imach hualhuico, ihuan cenca mahuiztililo;
198. Y él, por su parte, mucho admiró la forma en que su sobri­no era acompañado y muy hon­rado;
199. e gli chiese per quale moti­vo era oggetto di tanto onore.
199. quitlatlani in imach tleica in yuhqui chihualo, in cenca mahuiztili­lo:
199. le preguntó a su sobrino por qué así sucedía, el que mucho le honraran;
200. Juan Diego allora gli rac­contò che quando era uscito di casa per andargli a chiamare un sacerdote, gli era apparsa, presso il Tepeyac, la celeste Signora.
200. Auh in yehuatl quilhui in que­nin icuac ompa hualehuac in quino­chilizquia teopixqui in quiyolcuitiz, quicencahuaz, in oncan Tepeyacac quimottilitzino in Ilhuicac Cihuapilli;
200. Y él le dijo cómo cuando lo dejó para ir a llamarle un sacer­dote para que lo confesara, lo di­spusiera, allá en el Tepeyac se le apareció la Señora del Cielo;
201. Ella lo aveva mandato a México per incontrare il vesco­vo e invitarlo a costruirle un tempio sul Tepeyac.
201. auh quimotitlani in ompa Me­xico in quittatiuh in Tlatoani Obispo inic oncan quimocaltiliz in Tepeya­cac.
201. y lo mandó a México ver al gobernante obispo, para que allí le hicera una casa en el Tepeyac.
202. Gli aveva detto anche che non si affliggesse per la salute dello zio, perché già era guarito. E ciò lo aveva molto consolato.
202. Auh quimolhuili in macamo motequipacho in ca ye pactica; in ic cenca moyollali.
202. Y le dijo que no se afligiera, que ya su tío estaba contento, y con ello mucho se consoló.
203. Juan Bernardino confermò che la celeste Signora lo aveva guarito in quel preciso momen­to
203. Quilhui in itlatzin ca ye nelli ca niman icuac in quimopatili,
203. Le dijo su tío que era cierto, que en aquel preciso momento lo sanó,
204. e rivelò anzi che lui stesso l'aveva vista esattamente nella stessa forma in cui era apparsa a suo nipote.
204. ihuan huel quimottili iz zan no huel ye iuhcatzintli in yuh quimotti­titzinoaya in imach,
204. y la vió exactamente en la misma forma en que se le había aparecido a su sobrino,
205. Aggiunse che anche lui aveva ricevuto il compito di an­dare dal vescovo a México
205. ihuan quimolhuili in quenin yehuatl oc oquimotitlanili Mexico in quittaz Obispo;
205. le dijo cómo a él también lo había enviado a México a ver al obispo;
206. e che, appena avesse avuto l'opportunità di recarvisi, gli raccontasse tutto ciò che aveva visto
206. Auh ma no in icuac quittatiuh, ma huel moch ic quixpantiz quinono­tzaz in tlein oquittac,
206. y que también, cuando fuera a verlo, que todo absolutamente le descubriera, le platicara lo que había visto
207. e la maniera miracolosa in cui era stato guarito.
207. ihuan in quenin tlamahuizolti­ca oquimopatili;
207. y la manera maravillosa en que lo había sanado,
208. Disse infine che la celeste Signora gli aveva fatto conosce­re il titolo con cui la venerata Immagine avrebbe dovuto esse­re invocata: «LA PERFETTA VERGI­NE SANTA MADRE DI GUADALUPE».
208. auh ma huel yuh quimotocayo­tiliz, ma huel yuhmotocayotitzinoz IZ CENQUIZCA ICHPOCHTZINTLI SANTA MARÍA DE GUADALUPE IN ITLAZOIXIPTLATZIN.
208. y que bien así la llamaría bien así se nombraría; LA PER­FECTA VIRGEN SANTA MA­RIA DE GUADALUPE, su Ama­da Imagen.
209. Condussero allora Juan Bernardino alla presenza del ve­scovo perché lo mettesse al cor­rente di tutto ciò che gli era successo e portasse la sua testi­monianza.
209. Auh niman ic quihualhuicaque in Juan Bernardino in ixpan Tlato­huani Obispo in quinonotzaco, in ix­pan tlaneltilico.

209. Y luego trajeron a Juan Ber­nardino a la presencia del gober­nante obispo, lo trajeron a hablar con él a dar testimonio,
210. Entrambi, zio e nipote, ri­masero ospiti per vari giorni nella casa del vescovo
210. Auh inehuan in imach Juan Diego quincalloti in ichan Obispo achi quezquilhuitl,
210. y junto con su sobrino Juan Diego, los hospedó en su casa el obispo unos cuantos días,
211. fino a quando non fu eretto il tempio alla Regina del Cielo sul Tepeyac, nel luogo stesso in cui era stata vista da Juan Diego.
211. inoc ixquich ica moquetzino iteocaltzin Tlatoca Cihuapilli in oncan Tepeyacac in canin quimottitili in Juan Diego.
211. en tanto que se levantó la casita sagrada de la Niña Reina allá en el Tepeyac,; donde se hizo ver de Juan Diego.
212. Il vescovo, nel frattempo, trasportò nella cattedrale l'ama­ta Immagine della celeste Si­gnora.
212. Auh in Tlatohuani Obispo quicuani ompa in Iglesia Mayor in itla­zoixiptlatzin in Ilhuicactlazocihuapil­li.
212. Y el señor obispo trasladó a la Iglesia Mayor la amada Imagen de la Amada Niña Celestial.
213. La tolse allora dalla sua cappella privata, in cui si trova­va, per dar modo a tutto il po­polo di poterla ammirare e ve­nerare.
213. Quihualmoquixtili in ompa itec­panchan in ineteochihuayan moyetz-ticatca: inic mochi tlacatl quittaz quimahuizoz in Itlazoixiptlatzin.
213. La vino a sacar de su palacio, de su oratorio en donde estaba, para que todos la vieran la admi­raran, su amada Imagen.
214. Assolutamente tutti in città si commossero allorché si reca­rono ad ammirare e pregare la preziosa Immagine.
214. Auh huel cenmochi iz cemalte­petl olin, in quihualmottiliaya, in qui­mahuizoaya in Itlazoixiptlatzin.
214. Y absolutamente toda esta ciudad, sin faltar nadie, se estre­meció cuando vino a ver a admi­rar su preciosa Imagen.
215. Ne riconoscevano la prove­nienza soprannaturale.
215. Huallateomatia,
 215. Venían a reconocer su ca­rácter divino.
216. Le presentavano le loro suppliche
216. quimotlatlauhtiliaya.
216. Venían a presentarle sus ple­garias.
217. Erano stupiti per il modo miracoloso con cui essa era comparsa,
217. Cenca quimahuizoaya in que­nin teotlamahuizoltica inic omonexi­ti,
217. Muchos admiraron en qué milagrosa manera se había apare­cido, 
218. infatti la preziosa Immagi­ne non è stata dipinta da nessun uomo sulla terra.
218. inic niman ma aca tlalticpac tlacatl oquimicuilhui in itlazoixip­tlayotzin.
218. puesto que absolutamente ningún hombre de la tierra pintó su amada Imagen.




lunedì 18 maggio 2015

47 - Il Cuore di Maria signaculum et sigillum



47 - Il Cuore di Maria signaculum et sigillum


"Pone me ut signaculum super cor tuum, ut signaculum super brachium tuum; quia fortis est
ut mors dilectio, dura sicut infernus aemulatio. Lampades eius, lampades ignis atque flammarum"
(Ct 8, 7): «Mettetemi come un sigillo sul vostro Cuore, sul vostro braccio, perché l'amore è forte come la morte e dura come l'inferno, le sue vampe sono di fuoco e di fiamme».

Pone me ut signaculum... Ecco il comando di Gesù ad ogni anima. Imprimi nel tuo interno ed anche esternamente un'immagine viva della mia vita interiore ed esteriore, perché l'amore è forte come la morte e dura come l'inferno. Cioè, come l'amore che ho per voi mi ha fatto morire crudelmente, se voi mi amate, dovete morire al peccato, a voi stessi, al mondo, a tutto, per non vivere che in me e per me.
Solo Maria però ha osservato perfettamente questo comando. Notate, Gesù non dice:
«Metti il mio sigillo sul tuo cuore ecc.», ma: «Metti Me stesso come un sigillo...» Come Io sono l'immagine perfetta di mio Padre, fa che il tuo cuore sia una immagine vivente di Me stesso, viva della mia vita.

Mettimi anche come un sigillo sul tuo braccio, cioè, che il tuo esteriore sia un ritratto del mio esteriore, della mia modestia, umiltà, dolcezza, affabilità, mortificazione dei sensi, santità.
Questo fa la Vergine con un amore inconcepibile.

Fortis ut mors dilectio. L'amore è più forte della morte, poiché ha vinto l'Onnipotente e ha fatto morire l'Immortale. La Vergine pure ha sempre avuto un Cuore tutto amore per il suo Dio, intento solo a non fare né dire, né pensare cosa alcuna a Lui non gradita.

L'amore è duro come l'inferno: lo testimonia l'amore infinito del Salvatore per noi.
Egli disse un giorno a Santa Brigida: «Io sono la stessa carità, e se potesse avvenire che io morissi altrettante volte quante sono le anime nell'inferno, lo farei volentieri, con perfetta carità. Io sono sempre pronto a soffrire per una sola anima la medesima passione e morte sofferte per tutte».

Anche la Vergine avrebbe sopportato mille inferni piuttosto che consentire al più piccolo peccato, e per cooperare alla salute anche d'una sola anima.
Quindi, con ragione, lo Spirito Santo, parlando dell'amore di Maria, dice: Le sue sono vampe di fiamme e di fuoco. 
Infatti pensieri, parole, azioni di Lei erano altrettante fiamme, che uscivano dalla fornace ardente del suo Cuore, si elevavano al cielo infiammando maggiormente il cuore dei Serafini stessi.

Pone me ut signaculum. - Queste parole di Gesù a Maria ci svelano un glorioso privilegio per Maria.
Un re non potrebbe fare un favore maggiore ad un suddito che cedergli il suo sigillo affinché lo adoperi come giudica meglio, a suggellare ogni sorta di lettere. Questo è il favore di cui il Re dei Re onora sua Madre, quando le dice: «Mettimi come un sigillo...».
Come a dirle: «Tu hai avuto parte nei dolori e nelle ignominie della mia Passione: voglio renderti partecipe della mia dignità e potenza regale.
Per questo mi dono a Te come un sigillo vivente e divino affinché tutti i pensieri, disegni, desideri, affezioni che, usciranno dal tuo Cuore, abbiano la stessa virtù come se uscissero dal mio; affinché la tua mano e il tuo braccio abbiano forza e vigore per proteggere, e favorire quanti implorano il tuo soccorso, come fossero la mia mano e il mio braccio.
Affinché ne disponga come meglio giudicherai per ratificare le suppliche, per accordare grazie, a chi ti piacerà. Sarò Io che farò tutto quello che Tu farai, e metterò il sigillo ove tu lo metterai.

«Data est tibi omnis potestas in coelo et in terra». - Infinite ed eterne grazie, Ti rendiamo, Gesù, perché hai dato a tua Madre una tale potenza: ne siamo riconoscenti, come se l'avessi data a ciascuno di noi in particolare.






OCCHIAPERTI

OCCHIAPERTI!!!

Can. 1391 -

Può essere punito con giusta pena, a seconda della gravità del delitto:
1) chi redige un documento ecclesiastico falso, o ne altera uno vero, lo distrugge, lo occulta, o si serve di un documento falso o alterato;
2) chi si serve in materia ecclesiastica di un altro documento falso o alterato;
3) chi asserisce il falso in un documento ecclesiastico pubblico.


Can. 212

§1. I fedeli, consapevoli della propria responsabilità, sono tenuti ad osservare con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori, in quanto rappresentano Cristo, dichiarano come maestri della fede o dispongono come capi della Chiesa.

§2. I fedeli sono liberi di manifestare ai Pastori della Chiesa le 

proprie necessità, soprattutto spirituali, e i propri desideri.


§3. In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità delle persone

Al contrario,  tacere le eresie del “Vescovo di Roma” è omertà e accidia.


sabato 16 maggio 2015

Concilio Vaticano Primo

Concilio Vaticano Primo

4 sessioni dall’8 dicembre 1869 al 18 luglio 1870.
Pio IX (1846-1878).
Tema: Definizione della dottrina della fede cattolica e del primato e dell’infallibilità papale.


SESSIONE I (8 dicembre 1869)
Decreto di apertura del concilio.
Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.
Reverendissimi padri, vi sembra opportuno che, a lode e gloria della santa ed indivisa Trinità, Padre, Figlio e Spirito santo, ad incremento ed esaltazione della fede e della religione cattolica, per la estirpazione degli errori che vanno serpeggiando, per la riforma del clero e del popolo cristiano, per la comune pace e concordia di tutti, abbia inizio il sacrosanto concilio ecumenico vaticano? [Risposero: sì].
Indizione della futura sessione.
Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.
Reverendissimi padri, credete opportuno che la prossima sessione del sacrosanto concilio ecumenico vaticano abbia luogo nella festa dell’epifania del Signore, che sarà il 6 del mese di gennaio, nell’anno del Signore 1870? [Risposero: sì].
SESSIONE II (6 gennaio 1870)
Professione di fede.
Io Pio, vescovo della chiesa cattolica, credo fermamente e professo ogni singola verità contenuta nel simbolo di fede, in uso presso la chiesa romana.
E cioè: credo in un solo Dio, padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di ciò che si vede e di ciò che non si vede. E in un solo signore, Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio, nato dal padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero. Generato non fatto; consostanziale al Padre; per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo; si incarnò per opera dello Spirito santo dalla vergine Maria, e si fece uomo, crocifisso per noi, soffrì sotto Ponzio Pilato e fu sepolto. Risuscitò il terzo giorno, secondo le scritture; salì al cielo, siede alla destra del Padre. Verrà di nuovo, con gloria, a giudicare i vivi e i morti.
Credo anche nello Spirito santo, signore e datore di vita. Egli procede dal Padre e dal Figlio. Col Padre e col Figlio, Egli e adorato e glorificato ed ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo nella chiesa, una, santa, cattolica ed apostolica.
Confesso un solo battesimo per la remissione dei peccati; aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo futuro. Amen.
Con fermezza di fede ammetto ed abbraccio le tradizioni
apostoliche ed ecclesiastiche e le altre pratiche e costituzioni della stessa chiesa. Così pure accetto la sacra scrittura nel senso che ha ritenuto e ritiene la santa madre chiesa, cui è riservato giudicare del senso vero e dell’interpretazione delle sacre scritture; e non l’accetterò ed interpreterò mai se non secondo l’unanime consenso dei padri. Confesso pure che sette sono i sacramenti veri e propri della nuova legge, istituiti da nostro signore Gesù Cristo, e necessari alla salvezza del genere umano, anche se non tutti sono necessari a ciascuno. Essi sono: il battesimo, la confermazione, l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimonio; e conferiscono la grazia. Di essi, il battesimo, la confermazione e l’ordine non possono essere ripetuti senza sacrilegio; ammetto anche ed accetto i riti tradizionali, approvati dalla chiesa cattolica nell’amministrazione solenne di questi sacramenti. Tutto ciò che, sia in genere che in particolare, è stato definito e dichiarato sul peccato originale e sulla giustificazione nel sacrosanto concilio Tridentino, lo accetto e lo ritengo vero. Confesso anche che nella messa si offre a Dio un vero e proprio sacrificio propiziatorio per i vivi e per i defunti; e che nel santissimo sacramento dell’eucarestia vi è veramente, realmente e sostanzialmente il corpo e il sangue insieme con l’anima e la divinità del signore nostro Gesù Cristo, e che si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue; trasformazione che la chiesa cattolica chiama "transustanziazione".
Confesso anche che sotto una sola specie si riceve Cristo completo ed intero e il vero sacramento. Credo fermamente all’esistenza del purgatorio, e che le anime che sono in esso siano aiutate dalle preghiere dei fedeli.
E così pure, che i santi, i quali regnano con Cristo, devono venerarsi ed invocarsi; che offrono a Dio per noi le loro preghiere e le cui reliquie si devono venerare.
Affermo energicamente che le immagini di Cristo e della Vergine madre di Dio, e così pure quelle dei santi devono conservarsi e tenersi; e che ad esse si deve onore e venerazione.
Affermo anche che la potestà delle indulgenze è stata lasciata da Cristo nella sua Chiesa, e che il loro uso è utilissimo al popolo cristiano.
Riconosco nella santa, cattolica, apostolica Chiesa romana, la madre e la maestra di tutte le chiese.
Allo stesso modo, accetto e professo, senza esitazione, tutte le altre dottrine trasmesse, definite, dichiarate dai sacri canoni e dai concili ecumenici, specie dal sacrosanto concilio di Trento. E condanno anch’io, nello stesso tempo, rigetto ed anatematizzo tutto ciò che è contrario ad esse, e qualsiasi eresia che la chiesa abbia condannato, rigettato, anatematizzato.
Io, Pio, prometto solennemente e giuro di ritenere fermissimamente, con l’aiuto di Dio, questa vera fede cattolica, - fuori della quale nessuno potrà esser salvo, e che ora spontaneamente professo e ritengo veramente - integra e senza macchia fino all’ultimo respiro della mia vita, e di cercare (che essa sia ritenuta) da tutti, per quanto è in me. Così mi aiuti Dio, e questi santi evangeli di Dio.
SESSIONE III (24 aprile 1870)
Costituzione dogmatica sulla fede cattolica.
Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.
Il Figlio di Dio e redentore del genere umano, Gesù Cristo, nostro signore, prima di tornare al Padre celeste, promise (1) di essere per sempre con la sua chiesa militante in terra, fino alla fine del mondo. E non cessò mai di aiutare la sua sposa diletta, di assisterla quando insegna, di benedirla quando opera, di aiutarla nei pericoli, in ogni tempo.
Questa sua provvidenza salutare è sempre apparsa palese sia dagli altri innumerevoli benefici, sia, in modo chiarissimo, dai frutti, numerosissimi, scaturiti al popolo cristiano dai concili ecumenici e soprattutto da quello Tridentino, anche se celebrato in tempi sfavorevoli. Da essi infatti, sono stati definiti più esattamente ed esposti abbondante mente i santissimi dogmi della religione, gli errori sono stati condannati e repressi, la disciplina ecclesiastica è stata fatta rifiorire, ed è stata più energicamente sancita; è stato promosso nel clero l’amore per la scienza e per la pietà; sono nati collegi per la preparazione dei giovani al sacerdozio; finalmente, sono stati riformati i costumi del popolo cristiano, con una più accurata istruzione dei fedeli e con l’uso più frequente dei sacramenti. Da qui, inoltre, è venuta una più stretta comunione delle membra col capo visibile ed un accresciuto vigore a tutto il corpo mistico del Cristo. Di qui il moltiplicarsi delle famiglie religiose. e di altre istituzioni della pietà cristiana; e quell’assiduo zelo, perseverante fino all’effusione del sangue, per propagare il regno di Cristo in tutto il mondo.
SESSIONE III - 24 APRILE 1870
Mentre, però, noi ricordiamo con animo grato, com’è doveroso, questi ed altri meravigliosi vantaggi, che la divina clemenza si è degnata concedere alla sua chiesa, specie con l’ultimo concilio ecumenico, non possiamo nascondere, tuttavia, il nostro acerbo dolore per i mali gravissimi, nati proprio dal fatto che da moltissimi l’autorità dello stesso sacrosanto concilio è stata disprezzata e i suoi sapientissimi decreti sono stati trascurati.
Infatti, nessuno ignora che le eresie condannate dai padri tridentini, rifiutato il divino magistero della chiesa e rimesse le cose della religione al giudizio privato di ciascuno, si sono risolte a poco a poco in molteplici sette; e mentre esse dissentono e si accapigliano fra loro, presso molti ogni fede in Cristo si è quasi spenta. E la sacra bibbia, ritenuta prima come l’unica fonte e l’unico arbitro della dottrina cristiana, ha cominciato ad essere considerata non più come divina, ma come un mitico racconto.
È nata poi, e si è sparsa largamente nel mondo la dottrina del razionalismo o naturalismo. Essa, contraria in ogni cosa alla dottrina cristiana, perché è soprannaturale, cerca con ogni sforzo di stabilire il regno della pura ragione o natura - come lo chiamano - escludendo Cristo, unico nostro signore e salvatore, dalle menti umane e dalla vita e dai costumi dei popoli. E una volta abbandonata e rigettata la religione cristiana, negato il vero Dio e il suo Cristo, la mente di molti è scivolata infine nel baratro del panteismo, del materialismo e dell’ateismo di modo che, negando la stessa natura razionale ed ogni norma del giusto e del retto, fanno ogni sforzo per sconvolgere i fondamenti stessi della umana società.
Mentre queste empie dottrine si diffondevano dovunque, sfortunatamente è avvenuto che molti, anche tra i figli della chiesa cattolica, si sono allontanati dalla via della vera pietà, e che in essi, venendo insensibilmente meno la verità, il senso cattolico si è attenuato. Si deve infatti costatare che essi, attratti da dottrine vane e peregrine (2), confondendo falsamente la natura e la grazia, la scienza umana e la fede divina, deformano il senso genuino dei dogmi - quello che ritiene ed insegna la santa madre chiesa, - e mettono in pencolo l’integrità e la purezza della fede.
Di fronte a queste cose, come non può commuoversi il cuore della chiesa, nella sua intimità? Come, infatti, Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi, e pervengano alla conoscenza della verità (3); come Cristo venne a salvare ciò che era perito (4) e a radunare insieme i figli di Dio, che erano dispersi (5), così la chiesa, costituita da Dio madre e maestra dei popoli, si riconosce debitrice verso tutti ed è sempre pronta ed intenta a sollevare i caduti, a sostenere i vacillanti, ad accogliere chi torna, a confermare i buoni e ad avviarli alla perfezione.
Essa, quindi, non può mai astenersi dall’affermare e predicare la verità di Dio, che sana ogni cosa (6), ben sapendo che ad essa è stato detto: Il mio Spirito è in te e le mie parole, che ho posto sulla tua bocca, non si allontaneranno mai, ora e in eterno, dalle tue labbra (7).
Noi, perciò, seguendo le orme dei nostri predecessori, conforme al nostro supremo ufficio apostolico, non abbiamo mai mancato di insegnare e di difendere la verità cattolica, come pure di riprovare le perverse dottrine. Ed ora, insieme con i vescovi di tutto il mondo che siedono e giudicano con noi, riuniti per nostra autorità nello Spirito santo, in questo concilio ecumenico, Noi, basandoci sulla parola di Dio scritta e trasmessa (oralmente), così come l’abbiamo ricevuta, santamente custodita e sinceramente esposta dalla chiesa cattolica, abbiamo pensato di professare e dichiarare, da questa cattedra di Pietro, al cospetto di tutti, la salutare dottrina di Cristo, proscrivendo e condannando, con il potere che Dio ci ha dato, gli errori contrari.
Capitolo I.
Dio, creatore di tutte le cose.
La santa chiesa cattolica apostolica romana crede e confessa che vi è un solo Dio, vero e vivo, creatore e signore del cielo e della terra, onnipotente, eterno, immenso, incomprensibile, infinito nel suo intelletto, nella sua volontà, ed in ogni perfezione. Essendo Egli un’unica e singola sostanza spirituale, del tutto semplice ed immutabile, dev’essere concepito nella sua realtà e nella sua essenza come distinto dal mondo, in sé e per sé beatissimo ed ineffabilmente al di sopra di tutto ciò che esiste al di fuori di Lui e che può essere concepito.
Questo solo vero Dio, liberissimamente, all’inizio dei tempi, creò dal nulla l’una e l’altra creatura, la spirituale e la materiale, e cioè gli angeli e il mondo, e poi l’umana, come partecipe di entrambe, costituita di anima e di corpo (8), per pura bontà e con la sua onnipotente virtù e non per aumentare la sua beatitudine né per acquistare perfezione, ma per manifestarla attraverso i beni che dà alle creature.
Dio, con la sua provvidenza protegge e governa tutto ciò che ha creato, guidando da un confine all’altro con forza, e disponendo tutto soavemente (9). Tutto, infatti, è nudo e aperto dinanzi ai suoi occhi (10), anche quello che sarà fatto dalla libera azione delle creature.
Capitolo II.
La rivelazione.
La stessa santa madre chiesa ritiene ed insegna che Dio, principio e fine di ogni cosa, può esser conosciuto con certezza con la luce naturale della ragione umana a partire dalle cose create: Le sue invisibili perfezioni, infatti, si fanno palesi all’intelletto fin dalla creazione del mondo attraverso le sue opere (11); ma che è piaciuto alla sua sapienza e bontà rivelare se stesso e gli eterni decreti della sua volontà per altra via - soprannaturale -, dal momento che l’apostolo afferma: In molte maniere ed in molti modi un tempo Dio parlò ai padri per mezzo dei profeti. Ora, in questi nostri tempi, ci ha parlato per mezzo del Figlio suo (12).
Si deve a questa divina rivelazione, se le verità che per loro natura non sono inaccessibili alla ragione umana nell’ordine divino, nella presente condizione del genere umano, possono esser conosciute da tutti facilmente, con assoluta certezza e senza alcun errore. Non è, tuttavia, per questo motivo che la rivelazione, assolutamente parlando, è necessaria; ma perché Dio, nella sua infinita bontà, ha ordinato l’uomo ad un fine soprannaturale, a partecipare, cioè, i beni divini, che superano del tutto le possibilità dell’umana intelligenza. Occhio, infatti, non vide, orecchio non intese e cuore umano non poté mai desiderare quello che Dio ha preparato per quelli che lo amano (13).
Questa rivelazione soprannaturale, secondo la fede di tutta la chiesa, illustrata dal santo concilio di Trento, è contenuta nei libri scritti e nella tradizione non scritta, che, ascoltata dalla bocca dello stesso Cristo dagli apostoli, o quasi trasmessa di mano in mano dagli stessi apostoli per ispirazione dello Spirito santo è giunta fino a noi (14). Questi libri dell’antico e del nuovo Testamento, presi integralmente con tutte le loro parti - così come sono elencati nel decreto dello stesso concilio e come sono contenuti nell’antica edizione della Volgata -, devono esser accettati come sacri e canonici.
La chiesa non li considera tali perché, composti per iniziativa umana, siano stati poi approvati dalla sua autorità, e neppure solo perché contengono la rivelazione senza errore, ma perché, scritti sotto l’ispirazione dello Spirito santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla chiesa.
E poiché quanto il santo concilio di Trento ha salutarmente stabilito sulla interpretazione della divina scrittura per frenare gli insolenti, viene esposto da alcuni in modo perverso, noi, rinnovando tale decreto, dichiariamo che la sua intenzione era che in ciò che riguarda la fede e i costumi, che appartengono all’edificio della dottrina cristiana, deve considerarsi il vero senso della sacra scrittura, quello ritenuto e che ritiene la santa madre chiesa, cui solo appartiene giudicare quale sia il vero senso e l’interpretazione autentica delle sacre scritture, e che, perciò, non è lecito a nessuno interpretare la sacra scrittura contro questo senso e contro l’unanime consenso dei padri.
Capitolo III.
La fede.
Poiché l’uomo dipende totalmente da Dio, suo creatore e signore, e la ragione creata è sottomessa completamente alla verità increata, quando Dio si rivela, dobbiamo prestargli, con la fede, la piena soggezione dell’intelletto e della volontà. Quanto a questa fede - inizio dell’umana salvezza - la chiesa cattolica professa che essa è una virtù soprannaturale, per cui, sotto l’ispirazione di Dio e con l’aiuto della grazia, crediamo vere le cose da lui rivelate, non per la intrinseca verità delle cose, chiara alla luce naturale della ragione, ma per l’autorità dello stesso Dio, che le rivela, che non può né ingannarsi né ingannare. La fede, infatti, secondo dell’apostolo, è sostanza delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono (15).
Nondimeno, perché l’ossequio della nostra fede fosse conforme alla ragione, Iddio volle che agli interiori aiuti dello Spirito santo si aggiungessero anche gli argomenti esterni della sua rivelazione: fatti divini, cioè; e in primo luogo i miracoli e le profezie, che manifestando in modo chiarissimo l’onnipotenza di Dio e la sua scienza infinita, sono argomenti certissimi della divina rivelazione, adatti ad ogni intelligenza. Perciò sia Mosè ed i profeti, sia in modo particolare Cristo stesso signore, fecero molti chiarissimi miracoli e profezie. Così degli apostoli leggiamo: Essi partirono e predicarono ovunque; il Signore cooperava con loro e confermava il loro parlare, mentre avvenivano dei miracoli (16). E di nuovo sta scritto: Abbiamo il linguaggio più certo dei profeti. E farete bene se presterete ad esso la vostra attenzione, come ad una lucerna che splende in luogo caliginoso (17).
Quantunque, inoltre, l’assenso della fede non sia affatto un moto cieco dell’anima, nessuno, tuttavia, può prestare il suo consenso alla predicazione del vangelo, com’è necessario al conseguimento dell’eterna salute, senza l’illuminazione e l’ispirazione dello Spirito santo, che rende soave ad ognuno l’accettare e il credere la verità. La fede, quindi, in se stessa, anche se non opera per mezzo della carità, è un dono di Dio, e l’atto suo proprio è opera riguardante la salvezza, per cui l’uomo presta a Dio stesso la sua libera obbedienza, acconsentendo e cooperando alla sua grazia, cui potrebbe resistere.
Con fede divina e cattolica deve credersi tutto ciò che è contenuto nella parola di Dio scritta o tramandata, e che è proposto dalla chiesa come divinamente rivelato sia con giudizio solenne, sia nel suo magistero ordinario universale.
Poiché senza la fede è impossibile piacere a Dio (18) e fare parte dei suoi figli, senza di essa nessuno può essere mai giustificato, come nessuno conseguirà la vita eterna, se non persevererà in essa fino alla fine. Perché poi potessimo soddisfare al dovere di abbracciare la vera fede e di perseverare costantemente in essa, per mezzo del figlio suo Dio istituì la chiesa, provvedendola delle note di una istituzione divina, perché potesse essere conosciuta da tutti come la custode e la maestra della parola rivelata. nella sola chiesa cattolica, infatti, si riscontrano tutti quegli elementi, che così abbondantemente e meravigliosamente sono stati disposti da Dio per rendere credibile con maggior evidenza la fede cristiana.
La stessa chiesa, anzi, con la sua ammirabile propagazione, con la sua eminente santità, con la sua inesausta fecondità in ogni bene, con lo spettacolo della sua unità e della sua incrollabile stabilità, è un grande, perenne motivo di credibilità ed una irrefragabile testimonianza della sua missione divina.
Sicché essa, come bandiera levata tra le nazioni (19), invita a sé quelli che ancora non credono e rende più certi i suoi figli che la fede che professano poggia su un solidissimo fondamento. A questa testimonianza si aggiunge un aiuto efficace da parte della potenza divina. Il benignissimo Signore, infatti, con la sua grazia eccita e aiuta gli erranti, perché possano giungere alla conoscenza della verità (20) e conferma con essa quelli che ha condotto dalle tenebre alla sua luce meravigliosa (21), perché rimangano in questa luce, non abbandonando alcuno, se non è abbandonato.
Per cui, non è affatto uguale la condizione di quelli che attraverso il celeste dono della fede hanno aderito alla verità cattolica e di quelli che, mossi da considerazioni umane, seguono una falsa religione. Quelli, infatti, che hanno ricevuto la fede sotto il magistero della chiesa non possono mai avere giustificato motivo di mutare o di dubitare della propria fede. Stando così le cose, rendiamo grazie a Dio padre, che ci ha fatti degni di partecipare alla sorte dei suoi santi nella luce (22) e non trascuriamo una così abbondante salvezza (23); ma, guardando all’autore della fede e al suo perfezionatore, Gesù (24), teniamo forte la confessione della nostra speranza (25).
Capitolo IV.
Fede e ragione.
Il consenso della chiesa cattolica ha sempre ritenuto e ritiene anche che esistono due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto. Per il loro principio, perché nell’uno conosciamo con la ragione naturale, nell’altro con la fede divina; per l’oggetto, perché oltre quello che la ragione naturale può attingere, ci si propongono a credere dei misteri nascosti in Dio, che, qualora non fossero rivelati da Dio, non potrebbero conoscersi. È questo il motivo per cui l’apostolo, che pure afferma che Dio era stato conosciuto dai pagani attraverso le creature (26), parlando tuttavia della grazia e della verità guadagnataci da Cristo (27), dice solennemente: Parliamo della sapienza di Dio nel mistero: essa è nascosta e Dio l’ha predestinata a gloria nostra prima dei secoli e nessuno tra i principi di questo mondo l’ha conosciuta. Ma a noi Dio l’ha rivelata per mezzo del suo Spirito. Lo Spirito, infatti, scruta ogni cosa, anche i misteri più profondi di Dio (28). E lo stesso Unigenito loda il Padre, perché ha nascosto queste cose ai sapienti e ai prudenti e le ha rivelate ai piccoli (29).
Certo quando la ragione, illuminata dalla fede cerca assiduamente, piamente e nei limiti dovuti, con l’aiuto di Dio consegue una certa conoscenza molto feconda dei misteri, sia per analogia con ciò che conosce naturalmente, sia per il nesso degli stessi misteri fra loro e col fine ultimo dell’uomo. Mai, però, essa è resa capace di poterli comprendere come le verità che formano il suo oggetto proprio. I misteri divini, infatti, per loro intrinseca natura, sorpassano talmente l’intelletto creato, che anche dopo ricevuta la divina rivelazione e la grazia, rimangono avvolte nel velo della fede e circondate come da una caligine. Ciò, fino a quando, in questa vita mortale, siamo dei pellegrini lontani da Dio. Camminiamo infatti nella fede e non nella visione(30).
Ma anche se la fede è sopra la ragione, non vi potrà mai essere vera divergenza tra fede e ragione: lo stesso Dio, infatti, che rivela i misteri e infonde la fede, ha anche deposto il lume della ragione nell’animo umano. E Dio non potrebbe negare se stesso, come il vero non potrebbe mai contraddire il vero. Questa inconsistente apparenza di contraddizione, quindi, sorge specialmente da ciò che i dogmi della fede non sono stati compresi ed esposti secondo il pensiero della chiesa, o che opinioni fantastiche sono scambiate per conclusioni della ragione. Ogni asserzione, quindi, contraria alla verità di una fede illuminata, la definiamo senz’altro falsa.
La chiesa, inoltre, che, assieme con l’ufficio apostolico di insegnare, ha ricevuto il mandato di custodire il deposito della fede, ha anche da Dio il diritto e il dovere di proscrivere la falsa scienza, perché nessuno venga ingannato dalla filosofia e da vane apparenze (31). Per questo, i fedeli cristiani non solo non hanno il diritto di difendere opinioni contrarie alla dottrina della fede, specie se condannate dalla chiesa, come legittime conclusioni della scienza, ma sono tenuti assolutamente a considerarle come errori, che hanno solo una ingannevole apparenza di verità.
E non solo la fede e la ragione non possono mai essere in contrasto fra loro, ma possono darsi un aiuto scambievole: la retta ragione, infatti, dimostra i fondamenti della fede, illuminata dalla sua luce può coltivare la scienza delle cose divine; la fede libera e protegge la ragione dagli errori e l’arricchisce di molteplici cognizioni. Perciò la chiesa è tanto lontana dall’opporsi allo studio delle arti e delle discipline umane, da favorirlo, anzi, e da promuoverlo in ogni maniera.
Essa, infatti, non ignora e non disprezza i vantaggi che da esse derivano per la vita degli uomini. Anzi confessa che esse, venute da Dio, signore delle scienze, con la grazia possono condurre a Lui, se trattate rettamente. Né essa proibisce che tali materie, ciascuna nel proprio ambito, abbiano propri principi ed usino un proprio metodo. Ma, pur riconoscendo questa giusta libertà, essa cerca di evitare che, in contrasto con la dottrina divina, accolgano in sé degli errori, o, sorpassando i propri limiti, invadano i confini della fede e li sconvolgano. La dottrina della fede, infatti, che Dio ha rivelato, non è stata offerta all’intelligenza umana come un sistema filosofico perché la perfezionasse, ma è stata affidata alla chiesa, sposa di Cristo, come un divino deposito, perché la custodisse fedelmente e la dichiarasse infallibile.
Dei sacri dogmi, quindi è da ritenersi sempre quel significato che ha determinato una volta la santa madre chiesa e non bisogna mai allontanarsi da esso, a causa e in nome di una conoscenza più alta.
Cresca pure, quindi, e progredisca abbondantissimamente, per le età della storia, l’intelligenza, la scienza, la sapienza, sia dei singoli che di tutti, di ogni uomo e di tutta la chiesa, ma solo nel suo ordine, nello stesso dogma, nello stesso senso e nello stesso modo di intendere (32).
CANONI
I. Dio, creatore di tutte le cose.
1. Se qualcuno nega un solo, vero Dio, creatore e signore delle cose visibili e invisibili, sia anatema.
2. Se qualcuno non si vergogna di affermare che, oltre alla materia, non vi è più nulla, sia anatema.
3. Se qualcuno dice che Dio e le altre cose hanno un’unica e identica sostanza o essenza, sia anatema.
4. Se qualcuno afferma che le cose finite, sia materiali che spirituali, o almeno le spirituali, sono una emanazione della sostanza divina;
o che l’essenza divina manifestandosi o evolvendo diventa ogni cosa;
o, infine, che Dio è l’ente universale o indefinito, che determinandosi produce l’universo, distinto in generi, specie e individui, sia anatema.
5. Chi non confessa che il mondo e tutte le cose che esso contiene, spirituali e materiali, secondo tutto il loro essere, sono state create dal nulla da Dio;
o che Dio le ha create non con una volontà libera da ogni necessità, ma tanto necessariamente, quanto necessariamente ama se stesso;
o nega che il mondo sia stato creato a gloria di Dio, sia
anatema.
II. La rivelazione.
1. Se qualcuno dice che Dio, uno e vero, creatore e signore nostro, non può esser conosciuto con certezza, col lume dell’umana ragione, attraverso le cose create, sia anatema.
2. Se qualcuno dice che è impossibile o non è conveniente che l’uomo possa essere informato da una rivelazione divina su Dio e sul culto che gli si deve rendere, sia anatema.
3. Se qualcuno dice che l’uomo non può essere divinamente innalzato ad una conoscenza e perfezione, che superi quella naturale, ma che da se stesso può e deve, con continuo progresso, giungere al possesso di ogni verità e di ogni bene, sia anatema.
4. Se qualcuno non riconosce come sacri e canonici i libri della sacra scrittura completi e con tutte le loro parti, come sono stati elencati dal santo concilio di Trento o dice che essi non sono divinamente ispirati, sia anatema.
III. La fede.
1. Se qualcuno afferma che la ragione umana è così indipendente, che Dio non può comandarle la fede, sia anatema.
2. Se qualcuno dice che la fede divina non si distingue dalla conoscenza naturale di Dio e della morale e che, quindi, non è necessario per la fede divina che si creda la verità rivelata per l’autorità di Dio che la rivela, sia anatema.
3. Se qualcuno dice che la rivelazione divina non può essere resa credibile con segni esterni, e che, perciò, gli uomini devono essere mossi alla fede solo dalla esperienza interiore di ciascuno e dalla ispirazione privata, sia anatema.
4. Se qualcuno dice che i miracoli sono impossibili e che, quindi, tutte le narrazioni che si fanno di essi, anche quelle contenute nella sacra scrittura, devono essere relegate tra le favole o tra i miti o che i miracoli non possono essere conosciuti con certezza e che con essi non può essere regolarmente provata l’origine divina della religione cristiana, sia anatema.
5. Se qualcuno dice che l’assenso alla fede cristiana non è libero, ma che è prodotto necessariamente dalle argomentazioni dell’umana ragione o che alla sola fede viva - che opera per mezzo della carità - è necessaria la grazia di Dio, sia anatema.
6. Se qualcuno dice che è uguale la condizione dei fedeli e di quelli che non sono ancora giunti all’unica vera fede, così che i cattolici potrebbero avere giusto motivo di mettere in dubbio, sospendendo il loro assenso, quella fede che hanno abbracciato sotto il magistero ecclesiastico, fino a che non abbiano completato la dimostrazione scientifica della credibilità e della verità della loro fede, sia anatema.
IV. Fede e ragione.
1. Se qualcuno dice che nella rivelazione divina non vi sono veri e propri misteri, ma che tutti i dogmi della fede possono essere compresi e dimostrati con la ragione rettamente istruita, attraverso i principi naturali, sia anatema.
2. Se qualcuno dice che le scienze umane devono essere trattate con quella libertà, per cui le loro asserzioni, anche se contrarie alla dottrina rivelata, possono essere ritenute come vere e non essere proscritte dalla chiesa, sia anatema.
3. Se qualcuno dice che è possibile che ai dogmi proposti dalla chiesa, con il progredire della scienza debba essere dato, talvolta, altro senso, diverso da quello che intese esprimere ed intende la chiesa, sia anatema.
Conforme, quindi, al dovere del nostro supremo ufficio pastorale, per amore di Cristo noi scongiuriamo tutti i fedeli cristiani, e specialmente quelli che hanno autorità o l’ufficio di insegnanti, - e con l’autorità dello stesso Dio e salvatore nostro lo comandiamo - perché col loro studio e con la loro opera vogliano contribuire ad allontanare ed eliminare questi errori dalla santa chiesa e a fare meglio conoscere la purissima luce della fede.
E poiché non è sufficiente evitare la trista eresia, se non si fuggono, nello stesso tempo, quegli errori che più o meno ad essa si collegano, ricordiamo a tutti il loro dovere di osservare anche le costituzioni e i decreti, con cui queste false opinioni - che non vengono qui espressamente elencate - sono state proibite e proscritte da questa sede apostolica.
SESSIONE IV (18 luglio 1870)
Prima costituzione dogmatica sulla chiesa di Cristo.
Pio vescovo, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del sacro concilio, a perpetua memoria.
L’eterno pastore e vescovo delle nostre anime (33) per rendere perenne l’opera salutare della redenzione, decise di costituire la santa chiesa, nella quale, come nella casa del Dio vivente, tutti i fedeli fossero raccolti dal vincolo della stessa fede e della medesima carità. Perciò, prima di essere glorificato, egli pregò il Padre non solo per gli apostoli, ma anche per quelli che avrebbero creduto in lui attraverso la loro parola, affinché tutti fossero uno, come il Figlio stesso e il Padre sono uno (34). Così dunque egli mandò gli apostoli, che si era scelto dal mondo (35), allo stesso modo che era stato mandato dal Padre (36), così volle che nella sua chiesa vi fossero dottori e pastori fino alla fine del mondo (37).
Perché, poi, l’episcopato stesso fosse uno ed indiviso e la moltitudine di tutti i credenti fosse conservata nell’unità della fede e della comunione attraverso la coesione dei sacerdoti, prepose il beato Pietro agli altri apostoli, e costituì in lui il principio perpetuo e il fondamento visibile di questa duplice unità. Sulla sua fermezza si sarebbe costruito il tempio eterno e sulla saldezza della sua fede si sarebbe elevata la chiesa la cui altezza deve toccare il cielo (38).
E poiché le porte dell’inferno, con odio ogni giorno sempre maggiore, da ogni parte insorgono contro il fondamento divinamente posto della chiesa, per rovesciarla, se fosse possibile; noi, con l’approvazione del sacro concilio, crediamo necessario, per la custodia, la salvaguardia e l’aumento del gregge cattolico, proporre a tutti i fedeli, secondo l’antica e ininterrotta fede della chiesa universale, perché la credano e la professino, la dottrina della istituzione, perpetuità e natura del sacro primato apostolico, su cui poggia la forza e la solidità di tutta la chiesa, e condannare e proscrivere gli errori contrari, tanto pericolosi per il gregge del Signore.
Capitolo I.
L’istituzione del primato apostolico nel beato Pietro.
Insegniamo, dunque, e dichiariamo che, secondo le testimonianze dell’evangelo, il primato di giurisdizione su tutta la chiesa di Dio fu promesso e conferito immediatamente e direttamente al beato apostolo Pietro da Cristo signore. Infatti al solo Simone - cui aveva già detto: Tu sarai chiamato Cefa (39) - dopo che egli ebbe professato la sua confessione con le parole: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, si rivolse il Signore con queste solenni parole: Sei beato, Simone, figlio di Giovanni, poiché non la carne o il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. Io, quindi, ti dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli. Qualsiasi cosa tu legherai sulla terra, sarà legata anche nei cieli; e qualunque cosa scioglierai sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli(40).
Al solo Simone Pietro, inoltre, dopo la resurrezione, Gesù conferì la giurisdizione di sommo pastore e rettore su tutto il suo ovile, dicendo: Pasci i miei agnelli; pasci le mie pecore (41). A questa dottrina così chiara delle sacre scritture, com’è stata sempre intesa dalla chiesa cattolica, si oppongono apertamente le false opinioni di coloro che, fraintendendo la forma di governo istituita da Cristo signore nella sua chiesa, negano che il solo Pietro, rispetto agli altri apostoli, sia presi singolarmente che tutti insieme, abbia ricevuto un vero e proprio primato di giurisdizione da Cristo; o quanti affermano che questo primato immediatamente e direttamente sarebbe stato conferito non allo stesso beato Pietro, ma alla chiesa e, per mezzo di essa, a lui, come a suo ministro.
Perciò se qualcuno dirà che il beato apostolo Pietro non è stato costituito da Cristo signore, principe di tutti gli apostoli e capo visibile di tutta la chiesa militante; ovvero che egli direttamente ed immediatamente abbia ricevuto dal signore nostro Gesù Cristo solo un primato d’onore e non di vera e propria giurisdizione: sia anatema.
Capitolo II.
La perpetuità del primato di Pietro nei romani pontefici.
Ma ciò che il principe dei pastori e pastore supremo del gregge, il signore Gesù Cristo, ha istituito nel beato apostolo Pietro a perpetua salvezza e perenne bene della chiesa, deve per volontà dello stesso Cristo, durare per sempre nella chiesa, che, fondata sulla pietra, resterà incrollabile fino alla fine dei secoli (42).
Nessuno, a questo proposito, ignora, anzi è noto da secoli a tutti, che il santo e beatissimo Pietro, principe e capo degli apostoli, colonna della fede e fondamento della chiesa cattolica, ha ricevuto le chiavi del regno da nostro signore Gesù Cristo, salvatore e redentore del genere umano: Pietro vive, presiede ed esercita il suo giudizio fino al presente e per sempre nei suoi successori, ossia nei vescovi della santa sede di Roma, da lui fondata e consacrata dal suo sangue (43). Sicché chiunque gli succede in questa cattedra, per disposizione dello stesso Cristo, ha il primato di Pietro su tutta la chiesa. Rimane, allora, ciò che ha disposto la verità, e il beato Pietro, perseverando nella solidità di pietra, che ha ricevuto, non ha lasciato la guida della chiesa che gli fu affidata (44). Per questo motivo ogni chiesa - cioè tutti i fedeli di ogni luogo - dovette sempre concordare con la chiesa Romana in forza della sua origine superiore, affinché in quella sede, da cui emanano su tutti le norme della veneranda comunione, come membra unite nel capo, esse si unissero nella compagine di un solo corpo (45).
Se, quindi, qualcuno dirà che non è per istituzione dello stesso Cristo signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro ha sempre dei successori nel primato su tutta la chiesa; o che il Romano pontefice non è successore del beato Pietro in questo primato: sia anatema.
Capitolo III.
Valore e natura del primato del Romano pontefice.
Basandoci, perciò, sulle chiare testimonianze delle sacre scritture, e seguendo gli espliciti decreti sia dei nostri predecessori Romani pontefici, che dei concili generali, rinnoviamo la definizione del concilio ecumenico di Firenze (46), secondo la quale tutti i cristiani devono credere che "la santa sede apostolica e il Romano pontefice hanno il primato su tutta la terra; e che lo stesso pontefice Romano è successore del beato Pietro, principe degli apostoli, e vero vicario di Cristo, capo di tutta la chiesa, padre e maestro di tutti i cristiani. Che al beato Pietro, inoltre, è stato dato dal signore nostro Gesù Cristo il pieno potere di pascere, reggere e governare la chiesa universale, come si legge negli atti dei concili ecumenici e nei sacri canoni".
Insegniamo, perciò, e dichiariamo che la chiesa Romana, per disposizione del Signore, ha un primato di potere ordinario su tutte le altre; e che questa potestà di giurisdizione del Romano pontefice, essendo veramente episcopale, è immediata: quindi i pastori e i fedeli, di qualsiasi rito e dignità, sia considerati singolarmente che nel loro insieme, sono tenuti al dovere della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza verso di essa, non solo in ciò che riguarda la fede e i costumi, ma anche in ciò che riguarda la disciplina e il governo della chiesa sparsa su tutta la terra. Di modo che, conservando l’unità della comunione e della professione della stessa fede col Romano pontefice, la chiesa di Cristo sia un solo gregge sotto un solo sommo pastore (47). Questa è la dottrina della verità cattolica, dalla quale nessuno può allontanarsi senza mettere in pericolo la fede e la salvezza.
Questa potestà del sommo pontefice è lontana dal recare pregiudizio alla potestà ordinaria ed immediata della giurisdizione episcopale - in virtù della quale i vescovi, che per disposizione dello Spirito santo successero agli apostoli, in qualità di veri pastori, pascono e governano ciascuno il gregge a lui affidato -. Anzi tale potere è asserito, rafforzato e rivendicato dal pastore supremo ed universale, secondo il detto di S. Gregorio Magno: "il mio onore è l’onore della chiesa universale. Mio onore è il solido vigore dei miei fratelli. Allora io mi sento veramente onorato, quando ad ognuno di essi non si nega l’onore dovuto" (48).
Da questa potestà suprema del Romano pontefice di governare tutta la chiesa consegue che egli ha il diritto di comunicare liberamente, nell’esercizio del suo ufficio, coi pastori e con i fedeli di tutta la chiesa, per poterli istruire e governare nella via della salvezza. Condanniamo, quindi, e riproviamo le opinioni di quanti affermano che si possa lecitamente impedire questa comunicazione del capo supremo con i pastori e con i fedeli, o che essa debba sottostare al potere secolare; pretendendo che quello che viene stabilito dalla sede apostolica o per sua autorità per il governo della chiesa, non ha efficacia e valore, se non è confermato dal "placet" della potestà secolare.
E poiché, secondo il diritto divino del primato apostolico, il Romano pontefice è preposto a tutta la chiesa, insegniamo anche e dichiariamo che egli è il giudice supremo dei fedeli (49), e che in qualsiasi causa riguardante la giurisdizione ecclesiastica, si può ricorrere al suo giudizio (50). Nessuno, invece, potrà riesaminare un giudizio pronunziato dalla sede apostolica - di cui non vi è autorità maggiore -, come a nessuno è lecito giudicare di un giudizio dato da essa (51). Quindi, quelli che affermano essere lecito appellare dalle sentenze dei Romani pontefici al concilio ecumenico, come ad una autorità superiore al Romano pontefice, sono lontani dal retto sentiero della verità.
Perciò se qualcuno dirà che il Romano pontefice ha solo un potere di vigilanza o di direzione, e non, invece, la piena e suprema potestà di giurisdizione su tutta la chiesa, non solo in materia di fede e di costumi, ma anche in ciò che riguarda la disciplina e il governo della chiesa universale; o che egli ha solo una parte principale, e non, invece, la completa pienezza di questa potestà; o che essa non è ordinaria ed immediata, sia su tutte le singole chiese, che su tutti i singoli pastori: sia anatema.
Capitolo IV.
Il magistero infallibile del Romano pontefice.
Il primato apostolico, che il Romano pontefice ha su tutta la chiesa come successore di Pietro, principe degli apostoli, comprende pure la suprema potestà di magistero: questa santa sede l’ha sempre ritenuto, l’uso perpetuo della chiesa lo comprova e lo dichiararono gli stessi concili ecumenici, specialmente quelli in cui l’Oriente conveniva con l’Occidente nell’unione della fede e della carità.
Infatti i padri del concilio Costantinopolitano IV, seguendo le orme dei predecessori, emisero questa solenne professione: "Prima condizione per la salvezza è quella di custodire la norma della retta fede. E poiché non si può trascurare la espressione del signore nostro Gesù Cristo, che dice: Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa (52), questa affermazione si verifica nei fatti, perché nella sede apostolica la religione cattolica è stata sempre conservata pura e la dottrina santa tenuta in onore. Non volendo separarci affatto, perciò, da questa fede e dottrina, speriamo di essere nell’unica comunione che la sede apostolica predica, nella quale è la intera e vera solidità della religione cristiana" (53).
Con l’approvazione del concilio II di Lione, inoltre, i Greci professarono: "La santa chiesa Romana ha il sommo e pieno primato e principato su tutta la chiesa cattolica. Essa riconosce veramente ed umilmente di averlo ricevuto, con la pienezza del potere, dallo stesso Signore nel beato Pietro, principe e capo degli apostoli, di cui il Romano pontefice è successore. E come più degli altri ha il dovere di difendere la verità della fede, così, se sorgessero dispute sulla fede, devono essere decise secondo il suo giudizio" (54). Finalmente il concilio di Firenze ha definito che "il pontefice Romano è vero vicario di Cristo, capo di tutta la chiesa, padre e maestro di tutti i cristiani; a lui, nel beato Pietro, è stato dato dal signore nostro Gesù Cristo il pieno potere di reggere e governare la chiesa universale" (55).
I nostri predecessori hanno sempre lavorato indefessamente per soddisfare a questo loro dovere pastorale, affinché la salutare dottrina di Cristo fosse propagata presso tutti i popoli della terra. E con uguale sollecitudine vigilarono perché, una volta ricevuta, fosse conservata incontaminata e pura.
Perciò, i vescovi di tutto il mondo, o singolarmente, o raccolti in concili, seguendo la lunga consuetudine delle chiese e la forma dell’antica regola, riferirono a questa sede apostolica i pericoli che si manifestavano specialmente nelle cose della fede, perché si corresse al riparo dei danni per la fede, particolarmente là dove la fede non può soffrire alcun danno (56).
E i Romani pontefici, da parte loro, come consigliava la condizione dei tempi e delle circostanze, ora convocando concili ecumenici o cercando di conoscere il parere della chiesa sparsa nel mondo, ora con sinodi particolari, ora servendosi di altri mezzi che la divina provvidenza offriva, definirono quei punti di dottrina che si dovessero ritenere e che, con l’assistenza divina, avevano giudicato conformi alle sacre scritture e alle tradizioni apostoliche.
Infatti ai successori di Pietro è stato promesso lo Spirito santo non perché per sua rivelazione manifestassero una nuova dottrina, ma perché con la sua assistenza custodissero santamente ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli apostoli, cioè il deposito della fede. La loro dottrina apostolica è stata accolta da tutti i venerati padri, rispettata e seguita dai santi dottori ortodossi: perché essi sapevano benissimo che questa sede di Pietro rimane sempre immune da ogni errore, conforme alla promessa divina del Signore, nostro salvatore, fatta al principe dei suoi apostoli: Io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno. Tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli (57).
Perciò questo carisma di verità e di fede - che non verrà mai meno - è stato dato divinamente a Pietro e ai suoi successori che siedono su questa cattedra, perché esercitassero questo loro altissimo ufficio per la salvezza di tutti; perché l’intero gregge di Cristo, allontanato da essi dall’esca avvelenata dell’errore, fosse nutrito col cibo della dottrina celeste, e, eliminata ogni occasione di scisma, tutta la chiesa fosse conservata una, e poggiando sul suo fondamento, si ergesse, incrollabile, contro le porte dell’inferno.
Ma poiché in una età in cui questa salutare efficacia dell’ufficio apostolico è più che mai necessaria, vi sono non pochi che disprezzano la sua autorità, crediamo assolutamente necessario affermare solennemente la prerogativa, che l’unigenito Figlio di Dio si è degnato congiungere col supremo ufficio pastorale.
Noi, quindi, aderendo fedelmente ad una tradizione accolta fin dall’inizio della fede cristiana, a gloria di Dio, nostro salvatore, per l’esaltazione della religione cattolica e la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del santo concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente rivelato che il Romano pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo il suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica definisce che una dottrina riguardante la fede o i costumi dev’essere ritenuta da tutta la chiesa, per quell’assistenza divina che gli è stata promessa nel beato Pietro, gode di quella infallibilità, di cui il divino Redentore ha voluto dotata la sua chiesa, allorché definisce la dottrina riguardante la fede o i costumi. Quindi queste definizioni sono irreformabili per virtù propria, e non per il consenso della chiesa.
Se poi qualcuno - Dio non voglia! - osasse contraddire questa nostra definizione: sia anatema.

Note
1. Cfr. Mt 28, 20.
2. Cfr. Eb 13, 9.
3. I Tm 2, 4.
4. Lc 19, 10.
5. Gv 11. 52.
6. Cfr. Sap 16, 12.
7. Is 59, 21.
8. Concilio Lateranense IV, c. 1 (v. sopra).
9. Sap 8, 1.
10. Eb 4, 13.
11. Rm 1. 20.
12. Eb 1. 1-2.
13. I Cor 2, 9.
14. Concilio di Trento sessione IV. decr. I.
16. Mc 16, 20.
17. II Pt 1, 19.
18. Eb 11, 6.
19. Cfr. Is 11, 12.
20. Cfr. I Tm 2, 4.
21. Cfr. I Pt 2, 9; Col 1, 13.
22. Col 1, 12.
23. Cfr. Eb 2, 3.
24. Eb 12, 2.
25. Eb 10, 23.
26. Cfr. Rm 1, 20.
27. Cfr. Gv 1, 17.
28. I Cor 2, 7-8, 10.
29. Cfr. Mt 11, 25.
30. II Cor 5, 6-7.
31. Cfr. Col 2, 8.
32. VINCENZO DI LERINS, Commonitorium 28 (PL 50, 668).
33. Cfr. I Pt 2, 25.
34. Gv 17, 20-21.
35. Cfr. Gv 15, 19.
36. Cfr. Gv 20, 21.
37. Cfr. Mt 20, 28.
38. LEONE I, Sermone IV (al. III), c. 2 (PL 54, 150).
39. Gv 1, 42.
40. Mt 16, 16-19.
41. Gv 21, 15-17.
42. Cfr. Mt 7, 25; Lc 6, 48.
43. Dall’orazione di Filippo legato romano alla III sessione del Concilio di Efeso (D 112).
44. LEONE I, Sermone III (al. II), c. 3 (PL 54, 146).
45. IRENEO. Adversus haereses, III, 3 (PG 7, 849); Concilio di Aquileia (381) in AMBROGIO, Ep. XI (PL 16, 946).
46. Concilio di Firenze, sessione VI (v. sopra).
47. Cfr. Gv 10, 16.
48. Ep. ad Eulogium, 8, 30 (PL 77, 933).
49. Pio VI, Breve Super soliditate, 28 nov. 1786.
50. Dalla professione di fede di Michele Paleologo letta al concilio II di Lione (D 466).
51. NICOLA I, Ep. all’imp. Michele (PL 119, 954).
52. Mt 16, 18.
53. Dalla formula di papa Ormisda del 517 (D 171).
54. Dalla professione di Micheie Paleologo letta al concilio (D 466).
55. Concilio di Firenze, sessione VI (v. sopra).
56. BERNARDO. Ep. 190 (PL 182, 1053).
57. Lc 22, 32.