domenica 15 marzo 2015

15. I misteri del Signore


I misteri del Signore

Durante tutto il corso dell'anno la celebrazione del Sacrificio Eucaristico e l'Ufficio Divino si svolgono soprattutto intorno alla persona di Gesù Cristo; e si organizzano in modo così consono e congruo, da farvi dominare il nostro Salvatore nei suoi misteri di umiliazione, di redenzione e di trionfo. 
Rievocando questi misteri di Gesù Cristo, la sacra Liturgia mira a farvi partecipare tutti i credenti in modo che il divin Capo del Corpo Mistico viva nella pienezza della sua santità nelle singole membra. 

Siano, le anime dei cristiani, come altari sui quali si ripetano e si ravvivano le varie fasi del Sacrificio che immola il Sommo Sacerdote: 

i dolori, cioè, e le lacrime che lavano ed espiano i peccati; 
la preghiera a Dio rivolta che si eleva fino al cielo; 
la propria immolazione fatta con animo pronto, generoso e sollecito e, infine, 
l'intima unione con la quale abbandoniamo a Dio noi e le nostre cose e riposiamo in Lui, «essendo il succo della religione imitare colui che adori». 
Conformemente a questi modi e motivi con i quali la Liturgia propone alla nostra meditazione in tempi fissi la vita di Gesù Cristo, la Chiesa ci mostra gli esempi che dobbiamo imitare, e i tesori di santità che facciamo nostri, perché è necessario credere con lo spirito a ciò che si canta con la bocca, e tradurre nella pratica dei privati e pubblici costumi ciò che si crede con lo spirito. 

Avvento 

Infatti, nel tempo dell'Avvento, eccita in noi la coscienza dei peccati miseramente commessi; e ci esorta affinché, frenando i desideri con la volontaria mortificazione del corpo, ci raccogliamo in pia meditazione e siamo spinti dal desiderio di tornare a Dio, che solo può liberarci con la sua grazia dalla macchia dei peccati e dai mali che ne conseguono. 

Natale 

Con la ricorrenza del Natale del Redentore, sembra quasi ricondurci alla grotta di Betlemme, perché vi impariamo che è assolutamente necessario nascere di nuovo e riformarci radicalmente; il che è possibile soltanto quando ci uniamo intimamente e vitalmente al Verbo di Dio fatto uomo, e siamo partecipi della sua divina natura, alla quale veniamo elevati. 

Epifania 

Con la solennità della Epifania, ricordando la vocazione delle Genti alla fede cristiana, vuole che noi ringraziamo ogni giorno il Signore per così grande beneficio, desideriamo con grande fede il Dio vivo, comprendiamo con devozione e in profondità le cose soprannaturali, e prediligiamo il silenzio e la meditazione per potere facilmente capire e conseguire i doni celesti.

 Settuagesima 

Nei giorni della Settuagesima e della Quaresima, la Chiesa, nostra Madre, moltiplica le sue cure perché ognuno di noi si renda diligentemente conto delle sue miserie, sia attivamente incitato alla emendazione dei costumi, e detesti in modo particolare i peccati cancellandoli con la preghiera e la penitenza; giacché l'assidua preghiera e la penitenza dei peccati commessi ci ottengono l'aiuto divino, senza il quale è inutile e sterile ogni opera nostra. 

Passione 

Nel sacro tempo, poi, nel quale la Liturgia ci propone gli atroci dolori di Gesù Cristo, la Chiesa ci invita al Calvario, per seguire le orme sanguinose del Divin Redentore, affinché portiamo volentieri la Croce con Lui, abbiamo in noi gli stessi sentimenti di espiazione e di propiziazione, e perché insieme moriamo tutti con Lui. 

Pasqua 

Con la solennità Pasquale, che commemora il trionfo di Cristo, l'anima nostra è pervasa di intima gioia, e dobbiamo opportunamente pensare che anche noi dobbiamo risorgere insieme con il Redentore da una vita fredda ed inerte, a una vita più santa e fervente, offrendoci tutti e con generosità a Dio, e dimenticandoci di questa misera terra per aspirare soltanto al cielo: «Se siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, . . . aspirate alle cose di lassù». 

Pentecoste 

Nel tempo di Pentecoste, finalmente, la Chiesa ci esorta con i suoi precetti e la sua opera, ad offrirci docilmente all'azione dello Spirito Santo, il quale vuole accendere i nostri cuori di divina carità, perché progrediamo ogni giorno nella virtù con impegno maggiore, e così ci santifichiamo, come Cristo Signore e il suo Padre celeste sono santi. 

Tutto l'anno liturgico, dunque, può dirsi un magnifico inno di lode che la famiglia cristiana indirizza al Padre celeste per mezzo di Gesù eterno suo mediatore; ma richiede da noi anche uno studio diligente e bene ordinato per conoscere e lodare sempre più il nostro Redentore; uno sforzo intenso ed efficace, un indefesso addestramento per imitare i suoi misteri, per entrare volontariamente nella via dei suoi dolori, e per partecipare finalmente alla sua gloria ed alla sua eterna beatitudine. 

Da quanto è stato esposto appare chiaramente, Venerabili Fratelli, quanto siano lontani dal vero e genuino concetto della Liturgia quegli scrittori moderni, i quali, ingannati da una pretesa più alta disciplina mistica, osano affermare che non ci si deve concentrare sul Cristo storico, ma sul Cristo «pneumatico e glorificato»; 
e non dubitano di asserire che nella pietà dei fedeli si sarebbe verificato un mutamento, per cui il Cristo è stato quasi detronizzato, con l'occultamento del Cristo glorificato che vive e regna nei secoli dei secoli e siede alla destra del Padre, mentre al suo posto è subentrato il Cristo della vita terrena.

Alcuni, perciò, arrivano fino al punto di voler rimuovere dalle chiese le immagini del Divin Redentore che soffre in Croce. Ma queste false opinioni sono del tutto contrarie alla sacra dottrina tradizionale. «Credi nel Cristo nato in carne - così Sant'Agostino - e arriverai al Cristo nato da Dio, Dio presso Dio». 

La sacra Liturgia, poi, ci propone tutto Cristo, nei vari aspetti della sua vita: il Cristo, cioè, che è Verbo dell'Eterno Padre, che nasce dalla Vergine Madre di Dio, che ci insegna la verità, che sana gli infermi, che consola gli afflitti, che soffre, che muore; che, infine, risorge trionfando sulla morte, che, regnando nella gloria del cielo, ci invia lo Spirito Paraclito, che vive sempre nella sua Chiesa: «Gesù Cristo ieri ed oggi: Egli è anche nei secoli». 

E inoltre non ce lo presenta soltanto come un esempio da imitare, ma anche come un maestro da ascoltare, un pastore da seguire, come mediatore della nostra salvezza, principio della nostra santità, e Mistico Capo di cui siamo membra, viventi della sua stessa vita. 

E siccome i suoi acerbi dolori costituiscono il mistero principale da cui proviene la nostra salvezza, è secondo le esigenze della fede cattolica porre ciò nella sua massima luce, poiché esso è come il centro del culto divino, essendone il Sacrificio Eucaristico la quotidiana rappresentazione e rinnovazione, ed essendo tutti i Sacramenti congiunti con strettissimo vincolo alla Croce. 

Perciò l'anno liturgico, che la pietà della Chiesa alimenta e accompagna, non è una fredda e inerte rappresentazione di fatti che appartengono al passato, o una semplice e nuda rievocazione di realtà d'altri tempi. Esso è, piuttosto, Cristo stesso, che vive sempre nella sua Chiesa e che prosegue il cammino di immensa misericordia da Lui iniziato con pietoso consiglio in questa vita mortale, quando passò beneficando allo scopo di mettere le anime umane al contatto dei suoi misteri, e farle vivere per essi; misteri che sono perennemente presenti ed operanti, non nel modo incerto e nebuloso nel quale parlano alcuni recenti scrittori, ma perché, come ci insegna la dottrina cattolica e secondo la sentenza dei Dottori della Chiesa, sono esempi illustri di perfezione cristiana, e fonte di grazia divina per i meriti e l'intercessione del Redentore, e perché perdurano in noi col loro effetto, essendo ognuno di essi, nel modo consentaneo alla propria indole, la causa della nostra salvezza. Si aggiunge che la pia Madre Chiesa, mentre propone alla nostra contemplazione i misteri di Cristo, con le sue preghiere invoca quei doni soprannaturali per i quali i suoi figli si compenetrano dello spirito di questi misteri per virtù di Cristo. 

Per influsso e virtù di Lui, noi possiamo, con la collaborazione della nostra volontà, assimilare la forza vitale come rami dall'albero, come membra dal capo, e ci possiamo progressivamente e laboriosamente trasformare «secondo la misura dell'età piena di Cristo». 

Le feste dei Santi 

Nel corso dell'anno liturgico si celebrano non soltanto i misteri di Gesù Cristo, ma anche le feste dei Santi, nelle quali, sebbene si tratti di un ordine inferiore e subordinato, la Chiesa ha sempre la preoccupazione di proporre ai fedeli esempi di santità che li spingano ad adornarsi delle stesse virtù del Divin Redentore. 

È necessario, difatti, che noi imitiamo le virtù dei Santi, nelle quali brilla in vario modo la virtù stessa di Cristo, come di Lui essi furono imitatori. Poiché in alcuni rifulse lo zelo dell'apostolato; in altri si dimostrò la fortezza dei nostri eroi fino all’effusione del sangue; in altri brillò la costante vigilanza nell'attesa del Redentore; in altri rifulse il verginale candore dell'anima e la modesta dolcezza della cristiana umiltà; in tutti, poi, arse una fervidissima carità verso Dio e verso il prossimo. 

La Liturgia pone davanti ai nostri occhi tutti questi leggiadri ornamenti di santità perché ad essi salutarmente guardiamo, e perché «noi che godiamo dei loro meriti siamo accesi dai loro esempi». 

È necessario, dunque, conservare «l'innocenza nella semplicità, la concordia nella carità, la modestia nell'umiltà, la diligenza nel governo, la vigilanza nell'aiutare chi soffre, la misericordia nel curare i poveri, la costanza nel difendere la verità, la giustizia nella severità della disciplina, perché nulla in noi manchi di ogni virtù che ci è stata proposta ad esempio.

Queste sono le tracce che i Santi, nel loro ritorno alla patria, ci lasciarono, perché seguendo il loro cammino, possiamo seguirli nella beatitudine». E perché anche i nostri sensi siano salutarmente impressionati, la Chiesa vuole che nei nostri templi siano esposte le immagini dei Santi, sempre, però, allo stesso fine, che cioè «imitiamo le virtù di coloro dei quali veneriamo le immagini». 

Ma c'è ancora un altro motivo del culto del popolo cristiano per i Santi: quello di implorare il loro aiuto, e di «esser sostenuti dal patrocinio di coloro delle lodi dei quali ci dilettiamo». Da ciò facilmente si deduce il perché delle numerose formule di preghiere che la Chiesa ci propone per invocare il patrocinio dei Santi. 

Tra i Santi, poi, ha un culto preminente Maria Vergine, Madre di Dio

La sua vita, per la missione affidatale da Dio, è strettamente inserita nei misteri di Gesù Cristo, e nessuno, di certo, più di lei ha calcato più da vicino e con maggiore efficacia le orme del Verbo Incarnato, nessuno gode di maggiore grazia e potenza presso il Cuore sacratissimo del Figlio di Dio, e, attraverso il Figlio, presso il Padre celeste. 

Essa è più santa dei Cherubini e dei Serafini, e senza alcun paragone più gloriosa di tutti gli altri Santi, essendo «piena di grazia», Madre di Dio, e avendoci dato col suo felice parto il Redentore. A Lei, che è «Madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra» ricorriamo tutti noi «gementi e piangenti in questa valle di lacrime», e affidiamo con fiducia noi e tutte le nostre cose alla sua protezione. Essa è diventata Madre nostra mentre il Divin Redentore compiva il sacrificio di Sé, e perciò, anche a questo titolo, noi siamo figli suoi. Essa ci insegna tutte le virtù; ci dà suo Figlio, e, con Lui, tutti gli aiuti che ci sono necessari, perché Dio «ha voluto che tutto noi avessimo per mezzo di Maria». 

Per questo cammino liturgico che ogni anno ci è aperto di nuovo, sotto l'azione santificatrice della Chiesa, confortati dagli aiuti e dagli esempi dei Santi, soprattutto della Immacolata Vergine Maria, «accostiamoci con cuore sincero, con pienezza di fede, purgati il cuore da coscienza di colpa e lavati il corpo con acqua pura», al «grande Sacerdote», per vivere e sentire con Lui, e penetrare per suo mezzo «fino al di là del velo» ed ivi onorare il Padre celeste per tutta la eternità. 

Tale è l'essenza e la ragione d'essere della sacra Liturgia: essa riguarda il Sacrificio, i Sacramenti e la lode di Dio; l'unione delle nostre anime con Cristo e la loro santificazione per mezzo del Divin Redentore, perché sia onorato Cristo, e per Lui ed in Lui la Santissima Trinità: Gloria al Padre, al Figliolo e allo Spirito Santo. 

AMDG et BVM

15. La storia dell'Inghilterra, occorre studiarla e pregare... perché non diventi la nostra.

La Messa di San Pio V
la Messa di sempre


Da molti mesi aiutati dal testo mirabile di M.Davies siamo condotti ad analizzare come il più grande disastro per la fede cattolica sia l'incertezza, il dubbio, la confusione derivati da una cattiva riforma del rito della messa. Non ci stancheremo mai di dirlo e di scriverlo: la questione del rito della Messa è questione di fede.


Lo sapeva bene il Papa S. Pio V che , all'indomani
del concilio di Trento, mise ordine nel rito della Messa, tanto che ancora oggi si usa parlare di Messa di San Pio V a riguardo del rito romano di sempre: non è corretto definirla così, ma è significativo, e cerchiamo di spiegare perché.

Il Concilio di Trento (1545-1563) dovette affrontare l'eresia protestante e per fare questo
mise chiarezza nella dottrina cattolica, riaffermando dogmi e comminando scomuniche.
Fece un'opera poderosa, per chiarezza Dottrinale.
Ma la Chiesa non si fermò alla dottrina. Accanto alla chiarezza dottrinale, iniziò un'opera di
riforma molto concreta del popolo cristiano, perché tornasse a una vita autenticamente cattolica:
sono i decreti di attuazione della riforma del concilio di Trento, che partono dal riformare la vita di chi è più in alto, vescovi e sacerdoti, per poi riformare la vita del popolo cristiano: il Concilio di Trento è ben consapevole che non si potrà vedere un popolo con una vita più autenticamente cristiana se non ci sarà una gerarchia e un sacerdozio più votati all'amore
di Dio e delle anime... è il grande realismo di Trento.
Ad esempio due decisioni molto concrete cambieranno il corso della Storia della Chiesa:
l'obbligo di residenza per i vescovi (per porre fine a tutta una serie di prelati che ricevuta la nomina, restavano lontani dalla diocesi, affidandola alle cure di un loro rappresentante e di fatto trascurando la cura del proprio “gregge”) e l'istituzione dei seminari, per dare una formazione
dottrinale, spirituale e ascetica ai futuri sacerdoti (per evitare l'ignoranza e la trascuratezza morale del clero, fonte di infiniti disastri per la vita cristiana).
Dentro questa concretezza della riforma tridentina, sta anche il riordino liturgico voluto dal concilio.

Leggiamo in Davies:
“Nel corso della diciottesima sessione, il concilio designò una commissione incaricata di
esaminare il messale, di revisionarlo, e di restaurarlo. “I membri della commissione compirono benissimo il loro lavoro”, commenta il padre Fortescue. “Non si trattava di fare un nuovo
messale, ma ‘di restaurare quello che esisteva’ secondo il costume e l’uso dei santi Padri”,
servendosi per fare questo dei migliori manoscritti e di altri documenti. 

Il 14 luglio 1570, con San Pio V la bolla Quo primum tempore, che è ancora stampata all’inizio del messale, il papa promulgava il messale riformato. 
Il titolo era Missale romanum ex decreto SS. Concilii Tridentini restitutum.
Non si trattava di fare un nuovo messale... ma di restaurare quello che esisteva.

Sempre in Davies leggiamo:
“Il messale del 1570 fu certo il risultato delle
direttive date durante il concilio di Trento,
ma fu, in effetti, per quanto riguarda l’ordinario,
il canone, il proprio del tempo, e ben altri punti, una replica del messale romano del 1474, che riprendeva a sua volta, su tutti i punti essenziali, la pratica della Chiesa romana all’epoca di Innocenzo III, che proveniva a sua volta dall’uso in vigore ai tempi di Gregorio il Grande e dei suoi successori nell’ VIII secolo. 
In breve, il messale del 1570 era, per l’essenziale, l’uso liturgico dominante dell’Europa medioevale.

Il Papa S. Pio V cosa fece per attuare il Concilio di Trento: abolì tutti i riti liturgici che non
potevano vantare più di due secoli di antichità.
Perché fece questo? Perché da tempo serpeggiavano errori dottrinali nella Chiesa, quelli
che avrebbero portato all'avvento dell'eresia protestante. Quindi c'era il grande sospetto che
le novità introdotte nel rito della Messa negli ultimi due secoli, fossero segnate almeno implicitamente, dal pericolo di eresia: andavano quindi abolite. 

Le confusioni, le ambiguità, ma
anche le trascuratezze liturgiche conducono, a lungo andare, il popolo e i sacerdoti verso la
perdita dell'autentica fede cattolica. 
Ecco perché S. Pio V è salutato come colui che è stato scelto da Dio “ad conterendos Ecclesiae hostes et ad divinum cultum reparandum”, “per ridurre i nemici della Chiesa e restaurare il culto divino”.

Così il santo Papa, salvò tutti i riti più antichi, e restituì nella sua purezza alla Chiesa latina
il Messale Romano, nelle parti essenziali la messa di sempre. Così facendo salvò la fede della Chiesa.

Non fu una riforma della Messa “fatta a tavolino”, ma la restaurazione del messale in uso da sempre nella chiesa Romana.
E diede alla Chiesa una grande stagione di stabilità attorno all'altare: dentro la confusione dei tempi, dentro a tutte le lotte interne o alle persecuzioni dei nemici, la Chiesa ritrovò continuamente
la sua stabilità nella Santa Messa, grazie alla precisione, all'ordine, alla chiarezza del rito. 

Fuori poteva esserci la tempesta e la confusione, ma dentro, nel cuore della Chiesa, che è la Santa Messa, i cristiani ritrovavano sempre la roccia sicura che è Cristo e la sua Grazia.

I continui cambiamenti del rito della messa invece non fanno mai bene alla vita cristianaanche quando in sé non sono pericolosi. 
Ma è il cambiare che snerva la preghiera cristiana,
che la rende troppo umana e poco divina, che disorienta nella dottrina e impoverisce la vita dei credenti. 


I continui cambiamenti fanno restare nella superficialità e nella banalità della distrazione. Non fanno pregare e non educano... e, ciò è più grave, non danno tempo per cercare e adorare Dio.

I continui cambiamenti rendono le anime facile preda di coloro che portano pericolose eresie
all'interno della Chiesa con la scusa di ringiovanirla.
É ciò che accadde nell'Inghilterra all'epoca in cui si preparava a colpi di continui cambiamenti la riforma:

“Intorno al 1559, apparve una generazione che non aveva mai conosciuto una vita cattolica normale come si era svolta tranquillamente durante i cinque secoli che separavano le guerre contro i Danesi dal regno di Enrico VIII;  quali che fossero i disaccordi tra preti e fedeli, tra re e vescovi, tra re e papa, tutte cose umane nate dai conflitti fra i desideri degli uomini, questa vita normale esisteva da più di cinquecento anni; vi si considerava come andante
da sé un unico corpo di dottrina su Dio e il suo progetto per l’uomo, un’unica Chiesa che insegnava questa dottrina, un rituale unico che comunicava la grazia, una sola regola della legge morale, tanto nella vita pubblica che privata … Un popolo che teneva per acquisita questa pace vide abbattersi su di sé, in meno anni di quanti ne conti un quarto della vita dell’uomo, più cambiamenti di quanti ne avevano conosciuti i mille anni che erano preceduti”.

Videro abbattersi su di sé tutti questi cambiamenti... nel rito e nell'insegnamento della fede.
Ne furono così indeboliti che, tranne pochi, non riuscirono a custodire la retta fede cattolica e finirono nell'eresia. È la storia dell'Inghilterra, occorre studiarla e pregare ... perché non diventi la nostra.

AMDG et BVM

sabato 14 marzo 2015

14. O Crux, ave, spes unica...


O Crux, ave, spes unica: 
dunque la Messa della Tradizione.


  Lo scorso mese ricordavamo il pericolosissimo oblio del carattere sacrificale della Messa cattolica. Oblio che conduce lentamente ma inesorabilmente all'eresia. Su questo punto non dovremmo mai dimenticare il grande lavoro di Michael Davies sulla Riforma anglicana, che sottolinea il pericolo dei “taciuti” in liturgia: la riforma anglicana di Cranmer, togliendo dalla Messa tutti i riferimenti espliciti al Sacrificio propiziatorio, introdusse vincente, nel giro di una generazione, il Protestantesimo in Inghilterra, portandola definitivamente all'eresia.
  Ma nel mese scorso ci spingevamo più in là dicendo che, col dimenticare che la Messa è il Sacrificio di Cristo sulla Croce, si perde inesorabilmente la coscienza della Presenza sostanziale di Cristo nella Santissima Eucarestia: se non c'è più la Vittima, non c'è nemmeno più la Presenza di Gesù Cristo, perché Cristo si rende presente nell'Eucarestia come Vittima. Una Messa percepita sempre più come ricordo dell'Ultima Cena rischia veramente di non essere più la Messa cattolica. Innegabilmente l'ultima riforma della messa, quella del 1969, l'ha fatta assomigliare sempre più alla Santa Cena protestante, anglicana o luterana che sia.

  C'è però di più: una Messa sempre più protestantizzata, ha protestantizzato il popolo cristiano con la sua missione, tanto da farlo assomigliare ogni giorno di più ad un insieme di congregazioni protestanti impegnate nella loro presenza in mezzo al mondo.
  Se non c'è più la Vittima, non c'è nemmeno più la Presenza di Cristo. È vero per la Messa, per il Santissimo Sacramento, ma è vero anche per tutta l'opera della Chiesa. Se al centro di tutta la predicazione dottrinale, se al centro di tutta la pastorale della Chiesa non c'è più Cristo Crocifisso, tutta la missione della Chiesa rischia di essere spaventosamente vuota. Mai come in questi ultimi decenni si sono moltiplicati gli sforzi pastorali, si sono affinate le tecniche per un annuncio efficace, mai si è parlato come in questi ultimi cinquant'anni di missione, e si è raccolto quasi nulla. Si è andati verso il mondo annunciando e annunciando ancora, e si è registrata la sua inesorabile scristianizzazione.
  Chi avrebbe mai pensato, tra i Padri del Concilio, che la fede cattolica sarebbe quasi scomparsa nel giro di mezzo secolo? Chi avrebbe mai pensato, tra i vescovi del Vaticano II, all'avvento di una società così anti-cattolica e immorale come quella di oggi, dove ogni legge sembra fatta apposta per essere contro il disegno di Dio sull'uomo?

  Eppure, ed è innegabile, questo disastro è sotto i nostri occhi.

  Se non c'è più Gesù-Vittima, non c'è nemmeno più Gesù-presente.
  Sì, una Chiesa che entusiasticamente, a partire dagli anni '60, è andata incontro al mondo mettendo in secondo piano la Croce di Cristo, ha perso Cristo stesso e non ha portato nulla o quasi alla società. Sì perché, occorre dirlo con chiarezza, senza la centralità della Croce, senza la centralità di Cristo crocifisso, tu perdi Cristo stesso. È terribile l'illusione di chi vuol parlare di Gesù senza la sua Croce, senza anzi la centralità della sua Croce. Chi mette la Croce di Cristo “tra le tante cose” della vita di Gesù, ma non ne considera la centralità, in verità non parla nemmeno di Cristo. Parla di un Gesù “confezionato” apposta per il mondo moderno che, come i giudei e i gentili di San Paolo, giudicavano Cristo Crocifisso scandalo o stoltezza.

  Si è voluti andare al mondo per dialogare amichevolmente con esso, evitando le condanne della Chiesa del passato; per dialogare amichevolmente si sono dovuti “velare” o “nascondere” la Croce e il Sacrificio di Cristo, perché il dialogo con la società moderna, con le sue religioni, restasse sereno e amichevole; con il risultato doppiamente tragico di non aver portato nulla agli uomini del tempo e, peggio, di aver devastato il santuario della presenza di Dio che è la Chiesa.

  Non c'è niente da fare, per primi dobbiamo accettare e abbracciare lo scandalo della Croce, riconoscerlo come il contenuto centrale della dottrina, della vita e della missione della Chiesa, e allora, non calcolando gli esiti, ma fiduciosi nell'infinita potenza della grazia di Dio, andare verso il mondo, perché dalla Croce di Cristo sia convertito e sanato.

  Guai a quei Cristiani, guai a quella Chiesa che voglia portare un altro Gesù, senza la Croce, guai! Perderà la sua essenza, perderà la sua forza, perderà la sua anima, perderà l'efficacia unica della grazia. E risulterà sempre più inutile e insopportabile al quel mondo che voleva raggiungere. Odiosamente insopportabile al mondo è una Chiesa senza il Sacrificio e la Croce.
E il mondo, una Chiesa così vuota, è già pronto ad azzannarla.

  In hoc signo vinces, non è solo il ricordo di una storia passata, è la verità di ogni istante: la vittoria è della Croce e di chi, la Croce, la porta e la mostra al mondo, senza calcolo umano.

  O Crux, ave, spes unica, salve o Croce, unica speranza: se non si tornerà a questa chiarezza in tutto, veramente in tutto nella Chiesa, il disastro sarà inevitabile.

  Ma questo ritorno inizia dal Santo Sacrificio della Messa.
  Se di fronte a questo quadro di devastante confusione ci sentiamo impotenti; se impotenti ci domandiamo cosa fare e soprattutto da dove iniziare, ricordiamoci che la riedificazione della Chiesa partirà sempre dal Santo Sacrificio della Messa. Non facciamo calcoli umani, non commettiamo l'errore degli anni '60, non andiamo al mondo, nemmeno per riedificare la Tradizione, con le nostre tecniche, ma ri-iniziamo dalla Messa.

  Torniamo subito alla Messa della Tradizione, lo diciamo ai sacerdoti prima e poi ai fedeli. Torniamo al corretto rito del Santo Sacrificio della Messa e da lì ripartiamo per un lavoro paziente di riedificazione della fede. Non commettiamo l'errore di fare l'inverso, prima il lavoro pastorale, poi il ritorno alla Messa di sempre, sarebbe in fondo un nascondere ancora la Croce di Cristo, attendendo tempi migliori, così come fecero gli illusi missionari degli anni post-conciliari.

  La verità invece è Cristo.

 La verità è invece il fatto del suo Sacrificio redentore, perpetuato dalla Messa cattolica. Primo compito dei sacerdoti è celebrarla. Primo compito di tutti è vivere di essa, perché la vita, quella vera, continui.
Editoriale "Radicati nella fede" - Anno VII n° 7 - Luglio 2014

venerdì 13 marzo 2015

13. Domenica 15 Marzo 2015, IV Domenica di Quaresima - Anno B


"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta


Domenica 15 Marzo 2015, IV Domenica di Quaresima - Anno B

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 3,14-21.
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna». Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.
Traduzione liturgica della Bibbia

Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" 
di Maria Valtorta : Volume 2 Capitolo 116 pagina 242.

(...) “A proposito di donne” dice Pietro che, forse perché è seduto presso Gesù, è talmente in sollucchero che è buono buono. “E’ un poco di giorni, e anzi da quando hai parlato a Betania la prima volta dopo il ritorno in Giudea, che una donna, tutta velata, ci segue sempre. Non so come faccia a sapere le nostre intenzioni. So che, o in fondo alle ultime file di popolo che ascolta se Tu parli, o dietro al popolo che ti segue se cammini, o anche dietro a noi se andiamo ad annunciarti per le campagne, c’è quasi sempre. A Betania la prima volta mi ha sussurrato dietro al velo: ‘Quell’uomo che dici parlerà è proprio Gesù di Nazaret?’. Le ho risposto di sì, e la sera era dietro il tronco di un albero per udirti. Poi l’avevo persa di vista. Ma ora, qui a Gerusalemme, l’ho già vista due o tre volte. Oggi le ho chiesto: ‘Hai bisogno di Lui? Sei malata? Vuoi l’obolo?’ Ha risposto sempre di no col capo, perché non parla mai con nessuno.” “A me ha detto un giorno: ‘Dove abita Gesù?’ e le ho detto: ‘Al Get Semnì’ ” dice Giovanni. “Bravo stolto! Non dovevi. Dovevi dirle: ‘Scopriti. Fatti conoscere e te lo dirò’ ” dice l’Iscariota iracondo. 

“Ma quando mai chiediamo queste cose?!” esclama Giovanni semplice e innocente. “Gli altri si vedono. Questa sta tutta velata. O è una spia o è una lebbrosa. Non deve seguirci e sapere. Se è spia è per fare del male. Forse è pagata dal Sinedrio per questo...” “Ah! usa questi sistemi il Sinedrio?” chiede Pietro. “Ne sei sicuro?” “Sicurissimo. Sono stato del Tempio e so.” “Bella roba! A questa si adatta come un cappuccio la ragione detta dal Maestro poco fa...” commenta Pietro. “Quale ragione?” Giuda è già rosso di stizza. “Quella che anche fra i sacerdoti ci sono dei pagani.” “Che c’entra questo col pagare una spia?” “C’entra, c’entra! E’ già dentro anzi! Perché pagano? Per abbattere il Messia e trionfare loro. Dunque si mettono sull’altare loro con le loro sudicie anime sotto le vesti monde” risponde, con il suo buon giudizio popolano Pietro. “Bene, insomma” abbrevia Giuda. “Quella donna è un pericolo per noi o per la folla. Per la folla se è lebbrosa, per noi se spia.” “Cioè: per Lui, se mai” ribatte Pietro. “Ma cadendo Lui si cade anche noi...” “Ah! Ah!” ride Pietro e termina: “E se si cade, l’idolo va in pezzi e ci si rimette tempo, stima e forse la pelle, e allora, ah! ah!... e allora è meglio cercare che non cada o... scansarsi in tempo, vero? Io, invece, guarda. Lo abbraccio più stretto. Se cade, abbattuto dai traditori di Dio, voglio cadere con Lui” e Pietro abbraccia stretto, con le sue corte braccia, Gesù. “Non credevo di aver fatto tanto male, Maestro” dice tutto triste Giovanni che è di fronte a Gesù. “Picchiami, maltrattami,  continua

AMDG et BVM

13. Piano massonico



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29 Fate distribuire la Comunione da donne e laici. Dite che questo è il tempo dei laici. Cominciate con il deporre la Comunione in mano, come i protestanti, invece che sulla lingua.
Spiegate che il Cristo lo fece nel medesimo modo. Raccogliete alcune ostie per “messe nere” nei nostri templi. Indi distribuite invece della Comunione personale una coppa di ostie non consacrate che si possono portare con sé a casa. Spiegate che in questo modo si possono prendere i doni divini nella vita di ogni giorno. Collocate distributori automatici di ostie per le comunioni e denominateli Tabernacoli. Dite che devono essere scambiati segni di pace. Incoraggiate la gente a spostarsi in chiesa per interrompere la devozione e la preghiera. Non fate Segni di Croce; al posto di esso invece un segno di pace. Spiegate che anche Cristo si è spostato per salutare i Discepoli Non consentite alcuna concentrazione in tali momenti. I Sacerdoti debbono volgere la schiena all’Eucarestia e onorare il popolo.

30 Dopo che l’Antipapa sarà stato eletto, sciogliete i sinodi dei Vescovi come le associazioni
dei Sacerdoti e i consigli parrocchiali. Vietate a tutti i religiosi di porre in discussione, senza permesso, queste nuove disposizioni. Spiegate che Dio ama l’umiltà e odia coloro che aspirano alla gloria. Accusate di disobbedienza nei confronti dell’Autorità Ecclesiastica tutti coloro che pongono interrogativi. Scoraggiate l’Obbedienza verso Dio. Dite alla gente che deve obbedire a questi superiori Ecclesiastici.

31 Conferite al Papa (= Antipapa) il massimo potere di scegliere i propri successori. Ordinate sotto pena di scomunica a tutti coloro che amano Dio di portare il segno della bestia. Non nominatelo però “segno della bestia”. Il Segno della Croce non deve essere né fatto né usato sulle persone o tramite esse (non si deve più benedire). Fare il Segno di Croce verrà designato come idolatria e disobbedienza.

32 Dichiarate falsi i Dogmi precedenti, tranne quello dell’Infallibilità Pontificia. Proclamate Gesù Cristo un rivoluzionario fallito. Annunciate che il vero Cristo presto verrà. Soltanto l’Antipapa eletto deve essere obbedito. Dite alle genti che debbono inchinarsi quando verrà pronunciato il suo nome.

33 Ordinate a tutti i sudditi del Papa di combattere in sante crociate per estendere l’unica religione mondiale. Satana sa dove si trova tutto l’oro perduto. Conquistate senza pietà il mondo! Tutto ciò apporterà all’umanità quanto essa ha sempre bramato: “l’epoca d’oro della pace”.