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domenica 15 marzo 2015

15. La storia dell'Inghilterra, occorre studiarla e pregare... perché non diventi la nostra.

La Messa di San Pio V
la Messa di sempre


Da molti mesi aiutati dal testo mirabile di M.Davies siamo condotti ad analizzare come il più grande disastro per la fede cattolica sia l'incertezza, il dubbio, la confusione derivati da una cattiva riforma del rito della messa. Non ci stancheremo mai di dirlo e di scriverlo: la questione del rito della Messa è questione di fede.


Lo sapeva bene il Papa S. Pio V che , all'indomani
del concilio di Trento, mise ordine nel rito della Messa, tanto che ancora oggi si usa parlare di Messa di San Pio V a riguardo del rito romano di sempre: non è corretto definirla così, ma è significativo, e cerchiamo di spiegare perché.

Il Concilio di Trento (1545-1563) dovette affrontare l'eresia protestante e per fare questo
mise chiarezza nella dottrina cattolica, riaffermando dogmi e comminando scomuniche.
Fece un'opera poderosa, per chiarezza Dottrinale.
Ma la Chiesa non si fermò alla dottrina. Accanto alla chiarezza dottrinale, iniziò un'opera di
riforma molto concreta del popolo cristiano, perché tornasse a una vita autenticamente cattolica:
sono i decreti di attuazione della riforma del concilio di Trento, che partono dal riformare la vita di chi è più in alto, vescovi e sacerdoti, per poi riformare la vita del popolo cristiano: il Concilio di Trento è ben consapevole che non si potrà vedere un popolo con una vita più autenticamente cristiana se non ci sarà una gerarchia e un sacerdozio più votati all'amore
di Dio e delle anime... è il grande realismo di Trento.
Ad esempio due decisioni molto concrete cambieranno il corso della Storia della Chiesa:
l'obbligo di residenza per i vescovi (per porre fine a tutta una serie di prelati che ricevuta la nomina, restavano lontani dalla diocesi, affidandola alle cure di un loro rappresentante e di fatto trascurando la cura del proprio “gregge”) e l'istituzione dei seminari, per dare una formazione
dottrinale, spirituale e ascetica ai futuri sacerdoti (per evitare l'ignoranza e la trascuratezza morale del clero, fonte di infiniti disastri per la vita cristiana).
Dentro questa concretezza della riforma tridentina, sta anche il riordino liturgico voluto dal concilio.

Leggiamo in Davies:
“Nel corso della diciottesima sessione, il concilio designò una commissione incaricata di
esaminare il messale, di revisionarlo, e di restaurarlo. “I membri della commissione compirono benissimo il loro lavoro”, commenta il padre Fortescue. “Non si trattava di fare un nuovo
messale, ma ‘di restaurare quello che esisteva’ secondo il costume e l’uso dei santi Padri”,
servendosi per fare questo dei migliori manoscritti e di altri documenti. 

Il 14 luglio 1570, con San Pio V la bolla Quo primum tempore, che è ancora stampata all’inizio del messale, il papa promulgava il messale riformato. 
Il titolo era Missale romanum ex decreto SS. Concilii Tridentini restitutum.
Non si trattava di fare un nuovo messale... ma di restaurare quello che esisteva.

Sempre in Davies leggiamo:
“Il messale del 1570 fu certo il risultato delle
direttive date durante il concilio di Trento,
ma fu, in effetti, per quanto riguarda l’ordinario,
il canone, il proprio del tempo, e ben altri punti, una replica del messale romano del 1474, che riprendeva a sua volta, su tutti i punti essenziali, la pratica della Chiesa romana all’epoca di Innocenzo III, che proveniva a sua volta dall’uso in vigore ai tempi di Gregorio il Grande e dei suoi successori nell’ VIII secolo. 
In breve, il messale del 1570 era, per l’essenziale, l’uso liturgico dominante dell’Europa medioevale.

Il Papa S. Pio V cosa fece per attuare il Concilio di Trento: abolì tutti i riti liturgici che non
potevano vantare più di due secoli di antichità.
Perché fece questo? Perché da tempo serpeggiavano errori dottrinali nella Chiesa, quelli
che avrebbero portato all'avvento dell'eresia protestante. Quindi c'era il grande sospetto che
le novità introdotte nel rito della Messa negli ultimi due secoli, fossero segnate almeno implicitamente, dal pericolo di eresia: andavano quindi abolite. 

Le confusioni, le ambiguità, ma
anche le trascuratezze liturgiche conducono, a lungo andare, il popolo e i sacerdoti verso la
perdita dell'autentica fede cattolica. 
Ecco perché S. Pio V è salutato come colui che è stato scelto da Dio “ad conterendos Ecclesiae hostes et ad divinum cultum reparandum”, “per ridurre i nemici della Chiesa e restaurare il culto divino”.

Così il santo Papa, salvò tutti i riti più antichi, e restituì nella sua purezza alla Chiesa latina
il Messale Romano, nelle parti essenziali la messa di sempre. Così facendo salvò la fede della Chiesa.

Non fu una riforma della Messa “fatta a tavolino”, ma la restaurazione del messale in uso da sempre nella chiesa Romana.
E diede alla Chiesa una grande stagione di stabilità attorno all'altare: dentro la confusione dei tempi, dentro a tutte le lotte interne o alle persecuzioni dei nemici, la Chiesa ritrovò continuamente
la sua stabilità nella Santa Messa, grazie alla precisione, all'ordine, alla chiarezza del rito. 

Fuori poteva esserci la tempesta e la confusione, ma dentro, nel cuore della Chiesa, che è la Santa Messa, i cristiani ritrovavano sempre la roccia sicura che è Cristo e la sua Grazia.

I continui cambiamenti del rito della messa invece non fanno mai bene alla vita cristianaanche quando in sé non sono pericolosi. 
Ma è il cambiare che snerva la preghiera cristiana,
che la rende troppo umana e poco divina, che disorienta nella dottrina e impoverisce la vita dei credenti. 


I continui cambiamenti fanno restare nella superficialità e nella banalità della distrazione. Non fanno pregare e non educano... e, ciò è più grave, non danno tempo per cercare e adorare Dio.

I continui cambiamenti rendono le anime facile preda di coloro che portano pericolose eresie
all'interno della Chiesa con la scusa di ringiovanirla.
É ciò che accadde nell'Inghilterra all'epoca in cui si preparava a colpi di continui cambiamenti la riforma:

“Intorno al 1559, apparve una generazione che non aveva mai conosciuto una vita cattolica normale come si era svolta tranquillamente durante i cinque secoli che separavano le guerre contro i Danesi dal regno di Enrico VIII;  quali che fossero i disaccordi tra preti e fedeli, tra re e vescovi, tra re e papa, tutte cose umane nate dai conflitti fra i desideri degli uomini, questa vita normale esisteva da più di cinquecento anni; vi si considerava come andante
da sé un unico corpo di dottrina su Dio e il suo progetto per l’uomo, un’unica Chiesa che insegnava questa dottrina, un rituale unico che comunicava la grazia, una sola regola della legge morale, tanto nella vita pubblica che privata … Un popolo che teneva per acquisita questa pace vide abbattersi su di sé, in meno anni di quanti ne conti un quarto della vita dell’uomo, più cambiamenti di quanti ne avevano conosciuti i mille anni che erano preceduti”.

Videro abbattersi su di sé tutti questi cambiamenti... nel rito e nell'insegnamento della fede.
Ne furono così indeboliti che, tranne pochi, non riuscirono a custodire la retta fede cattolica e finirono nell'eresia. È la storia dell'Inghilterra, occorre studiarla e pregare ... perché non diventi la nostra.

AMDG et BVM