giovedì 1 maggio 2014

Ormai si crede a tutto

NUOVI PRETI DELLA NUOVA CHIESA?   
TORINO
Chiesa di San Giuseppe
(Via Santa Teresa 22)
 

Falso prete irride la Fede ad un funerale 
Col permesso delli Superiori


“Paradiso, inferno e purgatorio? Sono solo nostre fantasie, fantasie, ripeto fantasie. Quello che noi chiamiamo Dio (sic!)  è solo un'enorme energia cosmica che quando moriremo, tutti (e non solo noi cattolici), religiosi o atei, senza distinzione di meriti, di credo o di non credo,  ci avvolgerà accogliendoci con l’augurio ormai canonizzato con successo da P F di Buon Appetito!”

Queste, virgolettate e testuali, solo alcune delle perle del nuovo catechismo ereticale proclamato nel santuario cattolico di San Giuseppe in Torino da un camilliano in stola arcobaleno (e basta) celebrante le esequie funebri cattoliche di un mio caro amico scomparso.

Con buona pace di chi, come me, credeva che i corpi risorti nell'ultimo giorno, fossero destinati a un “luogo”, magari non dimensionato secondo le imperfette coordinate della nostra fisica sperimentale, ma pur sempre un “luogo”, anziché una mera fantasia creata dal pulpito temerario di mendaci affabulatori.

Lettera firmata 


Questa la notizia inviataci da un amico lettore, certo indignato, ma intanto fin troppo buono nella reazione.

Torino è quella strana città dove vivevano i cattolicissimi Savoia che perseguitarono la Chiesa in grande stile non appena si impossessarono dell'Italia intera con una serie di colpi di mano, non ultimo la famosa “presa di Porta Pia” con la quale portarono la guerra contro lo stesso Papa.

Le contraddizioni, quindi, non sorprendono, financo all'interno della stessa Chiesa cattolica locale. Tutti ricordano la “illuminata” conduzione pastorale del vescovo Michele Pellegrino (1903-1986), alla luce della quale il seminario di Torino sfornò non pochi preti cattolici, molto poco o niente cattolici.
Noi non sappiamo se il prete qui in questione sia un figlio presbiteriale del Pellegrino, ma ci sembra che possa annoverarsi tra i suoi figli spirituali, gran parte dei quali non credono alla Presenza Reale nella Santa Messa cattolica.
Non stupisce quindi che questo prete non creda nei Novissimi, come non stuspisce che se ne deduca che non creda né alla Chiesa, né ai Vangeli, né a Gesù Cristo stesso. Quello che stupisce, invece, è che uno così sia tanto falso e ipocrita da celebrare un funerale, in chiesa, svolgendo la parte del “prete”.

Vero è che il lettore ci informa che per il funerale ha indossato “solo” una stola arcobaleno, e che questo sta a significare che non si tratti di un prete cattolico, ma di un ministro del New Age, cioè di quell'ambito in cui si crede solo all'“energia cosmica” e al suo demiurgo, il Principe di questo mondo: il ben noto e sempre sfuggente Satana.
Ma questo non sana, piuttosto aggrava l'anomalia della nuova Chiesa conciliare, dove ormai si crede a tutto, tranne che a Dio.
Chi ha ordinato prete questo epigono del Demonio? Chi ha messo questo prete in “cattedra”? Chi lo mantiene al suo posto per insegnare il contrario di quello che ci ha insegnato Nostro Signore Gesù Cristo?
Se non i nuovi uomini di Chiesa abortiti dal Vaticano II e che occupano tutti i posti di responsabilità nella neo-Chiesa conciliare, fino al Soglio più alto?

Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio vivo, 
abbi pietà di noi peccatori.

IL RITO AUTENTICO

Il rito non va cambiato, deve cambiare invece il nostro cuore.

IL RITO AUTENTICO, L'EDUCAZIONE, 
LA CONVERSIONE

 

  Non c'è nessun fatto puramente esterno a noi che possa garantire il rinnovamento della Chiesa o la rinascita della vita cristiana. 

  Quando parliamo della crisi della fede nei tempi moderni, quando desideriamo il rifiorire della vita cristiana del nostro popolo, dobbiamo avere ben presente che non è possibile affidarci a nessun automatismo garantito da qualcosa che accade solo fuori di noi: la rinascita partirà sempre dal nostro nascere di nuovo alla grazia di Dio. Sì, è dalla conversione personale che dobbiamo sperare il rifiorire della Chiesa tra noi.

   È proprio partendo da un errore di prospettiva che si è pensato di diffondere il cristianesimo a suon di riforme. È stato, crediamo, l'errore degli anni conciliari. Cerchiamo di spiegarci.

   C'era bisogno di un rinnovamento della vita cristiana negli anni ’50 e ’60? Certamente sì. C'era bisogno di una maggiore verità nella vita sacerdotale, nei conventi, nelle associazioni laicali, nelle scuole cattoliche, nelle famiglie? Non facciamo fatica ad ammetterlo: un certo formalismo stava mettendo in pericolo la vita di fede... c'era bisogno di una freschezza data dall'autenticità.

  Ma il grave errore è stato quello di illudersi di trovare l'autenticità e la freschezza della vita cristiana in tutta una serie di riforme, che hanno radicalmente cambiato, se non stravolto, il volto della Chiesa. E non ne è venuto fuori un rinnovamento, una primavera, ma un lungo autunno che ha portato fino all'inverno della fede, inverno che ha ucciso la vita di grazia nei nostri paesi, nelle nostre terre di antica cristianità.

  Ci si è messi a cambiare tutto, a modernizzare la messa e con essa tutti gli altri aspetti della vita cattolica, pensando di fermare così la fuga dalle chiese, con il risultato, ed è sotto gli occhi di tutti, che le chiese hanno terminato di svuotarsi; chi è poi rimasto a frequentarle, non è certamente più autenticamente cattolico degli uomini di un tempo.

  Ne è esempio lampante proprio la riforma della Messa: l'hanno cambiata per renderla meno difficile alla gente, per renderla meno pesante. Ne è nato un rinnovamento? No, ma un impoverimento, uno svuotamento ambiguo di contenuto: è come se lo “ scheletrito” nuovo rito della messa non educasse più, lasciando spazio a tutte le nostre piccole e grandi eresie.

  La strada da percorrere era un'altra, quella di un appassionato lavoro quotidiano per educare le anime a vivere della messa, comprendendone l'inestimabile valore e l'incommensurabile bellezza. Occorrevano preti intelligentemente appassionati, comunità ferventi, capaci di preghiera, studio e sacrificio; occorrevano anime commosse. Ci si è invece affidati alla via ingannevole di una riforma esterna che facilitasse i riti per i preti e per i fedeli... illudendosi che accomodando le cose esterne le anime si convertissero. E tutto è crollato in uno spaventoso impoverimento: per inseguire i fedeli senza fervore, si è banalizzata la messa riducendola quasi a un rito degno di una religione puramente naturale.

  E invece la Chiesa aveva bisogno della santità, e la santità nasce dalla conversione personale.

  Il rito non va cambiato, deve cambiare invece il nostro cuore. Il rito deve essere la roccia sicura su cui posare tutta la nostra vita. Per questo siamo tornati alla Tradizione, per questo custodiamo la “Messa di sempre”. Il rito deve custodire la retta fede, la vera preghiera cattolica, deve metterci nella posizione giusta difronte a Dio: solo così la grazia potrà operare la nostra conversione.

  Sono i santi, commossi per l'opera di Dio, che rinnovano la Chiesa e la vita cristiana, e non i giochi umani dei cambiamenti continui.

  Chi vuole i cambiamenti continui è semplicemente un uomo annoiato; e con gli uomini annoiati in cerca di novità esteriori, fossero anche religiose, non si fa una Chiesa santa.

  Il vero movimento liturgico, quello di Gueranger e di Pio X per intenderci, voleva favorire proprio un'autenticità di preghiera nei sacerdoti e nei fedeli. Voleva che le anime immergendosi nella santa liturgia, pregando veramente con la Chiesa, rinascessero ad una vita cristiana più autentica e intelligente. Invece nel movimento liturgico si operò il tradimento, consumato da chi pensava che facilitare equivalesse ad aiutare a pregare: così non fu, ed è sotto gli occhi di tutti il disastro... i cristiani sanno ormai raramente pregare.

  Nulla di esterno può sostituirsi alla nostra conversione, al sincero fervore personale, all'autentico amore per Cristo. Ma la nostra conversione, operata dalla grazia, scaturirà dalla preghiera della Chiesa che la Tradizione ci ha consegnato, che è la preghiera di Cristo stesso.

  Così è necessario anche per noi che:

  1. si torni alla corretta liturgia secondo la tradizione, perché il tesoro della rivelazione pregata non vada perduto;

  2. che sacerdoti e fedeli intelligentemente commossi diventino autentici missionari, educatori alla preghiera secondo il cuore della Chiesa. Se non ci fosse anche per noi questo secondo punto, cadremmo nello stesso tragico errore dei riformatori conciliari: credere che basti tornare a qualcosa di esteriore (fosse anche la messa antica) perché la vita rinasca.

  Che la Madonna ci aiuti ad essere fedeli al nostro compito.

martedì 29 aprile 2014

San Giovanni Climaco e La scala del paradiso, VII secolo. Del sonno e dell’orazione e della salmodia delle congregazioni.


GRADO XIX


Del sonno e dell’orazione e 
della salmodia delle congregazioni.


Il sonno è una parte del sentimento dell’anima e radunamento e ricoglimento delle virtudi sue, ed è una imagine di morte ed oziosità delle sensora. 

Essendo una cosa il sonno, ae molti principii e molte cagioni come la concupiscenzia, e in prima la sua cagione e principio è la natura comunemente; dopo sono le speciali cagioni di molto dormire: in alcuni a cagione dalla complessione corporale, in alcuni dalli cibi, in alcuni dalle demonia, in alcuni dal molto e smisurato digiuno, per lo quale essendo la carne estenuata ed infermata, si vuole ristorare per lo sonno. Siccome il molto bere si toglie per l’uso contrario, così il molto dormire; però dal principio del rinunziamento della vita mondana ci conviene di combattere contra il sonno, però ch’è forte cosa e dura di sanare una lunga e mala usanza. 

Poniamoci a mente, e troveremo che come sonando la tromba spirituale, cioè la campana all’ore, gli frati si ragunano visibilmente, così s’adunano le demonia invisibilmente contr’a loro, ed alcuni stanno al letto a combattere che non si lievino, e poi che ne siamo levati, ci sforzano che ci richiniamo ancora sopra lo letto. «Giacete, dicono, ancora infine che siano compiuti gli inni, che si dicono nel principio dell’ufficio, e poi intrerrete nella chiesa.»

 Alcuni altri, stando noi in orazione, ci sommergono nel sonno; alcuni altri disordinatamente fuori dell’usanza con dolori ci tormentano il corpo; alcuni altri ci ammoniscono che nel santo tempo e luogo d’orazione facciamo li parlamenti; alcuni altri sottraggono la mente nelle laide e sozze cogitazioni; alcuni altri ci confortano, che come deboli ed attenuati ci appoggiamo alle pareti, ed alcuni altri ci assaliscono ed assedianci cogli molti aprimenti di bocca e cogli molti prostendimenti; e sono alcuni di loro, che si studiano di trarci e di conducerci a riso con alcuni ricordamenti nel tempo dell’orazione, acciò che per quello riso provochiamo Iddio ad indegnazione contra di noi. 

Alcuni altri nel dire gli salmi ci sforzano di farci affrettare per negligenza; alcuni altri ci ammoniscono che noi gli diciamo molto morosamente per amore e per piacimento di vana delettazione, ed è alcuna fiata che si pongono alla bocca per farla stare chiusa, e perchè ci sia malagevole ad aprirla. Ma quegli che sta dinanzi a Dio in orazione ed in sentimento di cuore, come una colonna ferma si truova immobile, non essendo ingannato di niuna delle predette cose. 

Quegli che è verace obediente, stando in orazione, spesse fiate tutto diventa allegro e luminoso, però ch’egli era innanzi come buono combattitore infocato e riscaldato per legitima amministrazione dell’opere della santa obedienzia. Ad ogni persona d’ogni stato è possibile d’orare colla moltitudine, e a molti è convenevole d’orare con uno solo, il quale sia d’uno animo con lui; ma l’orazione singolare sanza sollazzo di compagnia, questa è di pochi. Cantando l’ufficio e li salmi colla moltitudine, non potrai orare immaterialmente (1).


Non si conviene a neuno, stando in orazione, tenere in mano opera da lavorare, però che questo è prevaricazione; ancora è destruzione dell’orazione, secondo che l’angelo di Dio amaestroe il grande Antonio.

 Secondo che ‘l camino disamina e prova l’oro, così lo stato dell’orazione dimostra la carità che ae il monaco a Dio, e la sollicitudine che à verso la salute dell’anima sua.




Nota:

1. Cioè spiritualmente e mentalmente, però ch’è mestiere d’accordarsi con gli altri; ma all’operazione della mente v’è aggiunta la contemplazione degl’inni cantati dopo la finita stanzia e verso del salmo, meditando fissamente ed intellettualmente nel verso, che morosamente dice il prossimo.

NB.
*Papa Benedetto XVI parla di san Giovanni Climaco QUI

*http://www.sannicolao.it/Percorsi_culturali/Storia_Chiesa/BenedettoXVI-I_grandi_scrittori_medievali_della_Chiesa.pdf

AMDG et BVM

23 aprile 2014 – Non permetterò che quelli tra voi che entrano nel Mio Nuovo Paradiso soffrano il dolore della morte fisica

Te amamus ex toto corde nostro,

ex tota anima nostra,
et ex totis viribus nostris.

23 aprile 2014 – Non permetterò che quelli tra voi che entrano nel Mio Nuovo Paradiso soffrano il dolore della morte fisica


Mia amata figlia prediletta, molte persone credono erroneamente che i Miei Avvertimenti all’umanità creino un senso di disperazione e inutili preoccupazioni. Ciò è comprensibile, ma sappiate questo. Il futuro del mondo che verrà è meraviglioso, Glorioso in tutti i sensi. Il Paradiso che è stato preparato per voi, vi riempirebbe di stupore, di entusiasmo e di un grande senso di eccitazione, se Io vi rivelassi anche solo uno scorcio di esso. Poiché l’uomo ha paura dell’ignoto e manca di fiducia verso la Mia Promessa di portare a ciascuno di voi la Vita Eterna, molti che cercano di prepararsi per il Mio Regno si trovano in difficoltà.
Miei cari discepoli, Miei piccoli cari, sappiate che non permetterò che quelli tra voi che entrano nel Mio Nuovo Paradiso soffrano il dolore della morte fisica: questo è il Mio Dono per questa generazione benedetta. Questa transizione dal mondo in cui vivete oggi al Mio Nuovo Paradiso, avverrà in un batter d’occhio; tale è il Mio Grande Amore per voi. Prima di quel Gran Giorno, Io vi devo preparare, in modo che tutti voi ereditiate il Mio Regno. Non vorrei sottoporvi a queste prove che sopportate ora e a quelle ancora da venire – è vero. Tuttavia devo preparare molte persone che danno la Mia Parola e la Mia Misericordia per scontate. Come posso purificarvi, se non vi ricordo la Verità? Solo la Verità vi farà liberi dalle catene che vi legano al maligno, che vi trascina via da Me alla minima occasione. Egli sa che vincerà, se voi non rispondete al Mio Appello per garantire la vostra legittima eredità nel Mio Regno. Allora voi, essendo stati ingannati da lui, non riuscirete più a riconciliare la vostra anima con la Mia Divina Misericordia.
Solo chi segue Me, passo dopo passo, fino al Paradiso, riuscirà ad ottenere la Salvezza Eterna. Vi chiedo di essere pazienti. Prestate attenzione alla Mia Chiamata. Non respingetemi, quando cerco di raggiungervi attraverso questi messaggi. Imparate ad avere fiducia in Me, attraverso la Mia Santa Parola che già avete conosciuto nel Libro di Mio Padre.
Quando parlo del male, Io vi rivelo semplicemente l’inganno che dovrete affrontare. Il problema con l’inganno è che esso vi rende ciechi alla Verità e vi fa deviare fino a credere in una fede che vi risucchierà in una falsa dottrina. Se in questa nuova dottrina non sono Io, Gesù Cristo, ad essere venerato, allora potete esser certi che essa non è dettata dallo Spirito Santo.
Lasciate che i vostri cuori siano tranquilli, che la vostra fiducia sia come quella di un bambino e amatemi semplicemente come Io vi amo. Non opponete mai resistenza alla Mia Misericordia, non abbiate paura di Me, non provate rabbia verso di Me, e in modo particolare quando soffrite in questa vita. Perché presto vi porterò a casaAppena arriverà l’alba del Grande Giorno, il mondo nascerà, e una nuova e meravigliosa vita attenderà voi e tutti i vostri cari. Tutti voi sarete legati a Me, senza un nemico in vista – senza paura, pericoli o sofferenze di qualsiasi tipo. Allora perché temere il Mio Regno? Esso vi porterà la felicità e l’amore che avete cercato per tutta la vostra vita sulla Terra, ma che non avete mai veramente realizzato per quanto vi siate sforzati di anticipare questi doni.
Il Mio più grande Dono per voi è la Vita Eterna. Attendete il Mio Dono senza paura. Attendete piuttosto con amore e anticipazione il Mio Nuovo Regno, perché lo dovete aspettare con impazienza.
Il vostro Gesù

Santa Caterina da Siena

30 APRILE
SANTA CATERINA DA SIENA, VERGINE*

La Mistica.
Chi oserebbe intraprendere la narrazione dei meriti di Caterina, o anche solo di enumerare i titoli di gloria di cui si circonda il suo nome? Ella occupa uno dei primi posti tra le spose di Gesù: Vergine fedele, si unisce allo Sposo divino fin dai suoi primi anni. La sua vita, consacrata da un sì nobile voto, si svolge in seno alla famiglia, affinché sia in grado di adempiere le missioni sublimi che la Provvidenza le aveva destinato. Ma il Signore, che voleva nondimeno glorificare in lei lo stato religioso, le ispira, per mezzo della professione nel Terz'Ordine, di unirsi ai Frati Predicatori. Ne veste l'abito e per tutta la vita ne segue le regole.
Fin dagli inizi si può riconoscere dal portamento di quella ancella del Signore, qualche cosa di celestiale; come se un angelo si fosse obbligato a venire ad abitare la terra per condurvi corporalmente una vita umana. La sua corsa verso Dio sembra irresistibile, dando l'idea di quello slancio che deve trascinare verso il Sommo Bene le anime glorificate, agli occhi delle quali egli già si mostra e si mostrerà per sempre. Il peso della carne minaccia invano di trattenere il suo volo: l'intensità delle penitenze la macera, la rende dolce e leggera. In questo corpo trasformato, sembra che la sola anima viva. Per sostenersi le basta il solo alimento dell'Eucaristia; e l'unione con Cristo diviene così completa, che le sue sacratissime piaghe s'imprimono sulle membra della vergine, facendola partecipare ai dolori della Passione.
Pur vivendo ad altezze così sublimi, Caterina non resta estranea a nessuna della miserie dei suoi fratelli. Il suo zelo è di fuoco per le anime loro, la sua compassione per le loro infermità corporali è tenera come quella di una madre. Dio ha messo a sua disposizione la sorgente dei prodigi, che ella dispensa a piene mani tra gli uomini. La morte e le malattie cedono al suo impero, ed i miracoli si moltiplicano intorno a lei.
Fin dai primi anni ha cominciato a godere comunicazioni divine, e l'estasi è divenuta il suo stato quasi abituale. I suoi occhi hanno visto spesso il nostro Redentore risorto, che le prodigava carezze e attenzioni. I misteri più grandi sono discesi alla sua portata, ed una scienza, che non ha niente di terrestre, illumina la sua intelligenza. Questa figliola, senza istruzione, detterà scritti sublimi, nei quali la penetrazione più profonda della dottrina celeste viene esposta con una precisione ed una eloquenza sovrumana, e con un accento che anche oggi penetra le anime.

L'azione politica.
Ma il cielo non vuole che tante meraviglie restino sepolte in un angolo dell'Italia. I santi sono l'appoggio della Chiesa; e se la loro opera è spesso misteriosa e nascosta, qualche volta invece si rivela agli sguardi degli uomini. Allora si scorgono in piena luce quei mezzi, con l'aiuto dei quali Dio governa il mondo. Alla fine del secolo XIV si trattava di restituire alla città eterna la presenza del Vicario di Cristo, assente dalla sua cattedra da più di sessant'anni. Nel segreto della presenza di Dio, un'anima santa poteva, per mezzo dei suoi meriti e della sua preghiera, determinare questo ritorno che desiderava tutta la Chiesa. E il Signore volle che tutto ciò si compisse in piena luce.
In nome della Chiesa abbandonata, in nome del suo divin Sposo, che è pure Sposo della Chiesa, Caterina attraversa le Alpi, e si presenta a quel Pontefice che non aveva mai visto Roma e di cui Roma ignorava le fattezze del volto. La Profetessa gl'intima rispettosamente il dovere ch'egli deve compiere; e, per garanzia della missione che assolve, gli rivela un segreto, di cui lui solo poteva aver coscienza. Gregorio XI è conquistato, e la Città eterna rivede finalmente il suo Pastore e padre. Ma, alla morte del Pontefice, uno scisma, presago di grandi disgrazie, porta una lacerazione nel grembo della Chiesa. Caterina lotta ancora contro la tempesta fino alla sua ultima ora; ha compiuto il trentatreesimo anno, ed il Signore Gesù non vuole che sorpassi quell'età già consacrata nella sua persona. Adesso è venuta l'ora in cui la vergine andrà a continuare in cielo la sua opera d'intercessione per quella Chiesa che ha tanto amato, e per le anime riscattate dal sangue di Cristo.

VITA. - Santa Caterina nacque a Siena il 25 luglio 1347. All'età di sette anni fece voto di castità perpetua. Dopo una viva opposizione, la madre le permise di ricevere l'abito delle Suore di san Domenico, ma restando nel mondo. La sua vita, allora, trascorse nella cura dei malati, l'estinzione degli odi che dividevano le famiglie, la conversione dei peccatori, attraverso le sue preghiere e le sue esortazioni. Scrisse al legato del Papa in Italia per domandargli la riforma del clero, il ritorno del Papato da Avignone a Roma e l'organizzazione di una crociata contro gl'infedeli. Nel 1376, inviatavi dai Fiorentini, partì per Avignone per patrocinare, presso il Sommo Pontefice la causa di Firenze in rivolta, che il Papa aveva dovuto colpire d'interdetto. Ne profittò per supplicare di nuovo Gregorio XI di ritornare a Roma. All'inizio del grande scisma, sostenne con ardore la causa di Urbano VI, senza pertanto riuscire a farla trionfare. Favorita delle più insigni grazie spirituali, dettò, durante le estasi, il "Dialogo" che contiene tutta la sua dottrina mistica, e, infine, mori a Roma nel 1380. Il suo corpo riposa nella Chiesa di S. Maria sopra Minerva. Il Papa Pio II la canonizzò nel 1461 e Pio IX nel 1865 la dichiarò compatrona di Roma.

Preghiera per tutti.
Presa completamente dalle gioie della Risurrezione, la Chiesa si rivolge a te, Caterina; a te, che segui l'Agnello, ovunque egli vada (Ap 14,4). In questo luogo di esilio, ove Egli non si fermerà più a lungo, ella non gode che ad intervalli della sua presenza; ti domanda, dunque: "Avresti veduto l'amato del mio cuore?" (Ct 3,3). Tu sei la sua Sposa, e lo è lei pure; ma per te non esistono più né separazioni né quel velo che impedisce la vista, mentre per lei il godimento è raro e rapido, e la luce ancora offuscata dalle ombre.
Ma quale vita è stata la tua, o Caterina! ha unito la più profonda compassione verso i dolori di Gesù alle delizie più vibranti della sua vita glorificata. Tu puoi iniziarci ai misteri del Calvario, e alla magnificenza della Risurrezione. Siamo nel tempo pasquale e in questa novella vita veglia su noi, affinché la vita divina non si spenga mai nelle anime nostre, ma vi sia invece accresciuta da quell'amore di cui tutta la tua esistenza celestiale ci offre l'ammirabile modello.

... per la Chiesa.
Rendici partecipi, o Vergine, di quel tuo attaccamento filiale alla santa Chiesa che ti fece intraprendere cose così grandi. Tu ti affliggevi delle sue afflizioni, e ti rallegravi delle sue gioie, quale figlia devota. Noi pure vogliamo amare la Madre nostra, confessare sempre quel vincolo che ci unisce a lei, difenderla contro i suoi nemici, guadagnarle nuovi figli generosi e fedeli.
Il Signore si servì del tuo debole braccio, o donna ispirata, per rimettere sulla sua cattedra il Pontefice, di cui Roma rimpiangeva l'assenza. Fosti più forte degli elementi umani che si agitano per prolungare una situazione disastrosa per la Chiesa. Le ceneri di Pietro, in Vaticano, quelle di Paolo sulla via Ostiense, le altre di Lorenzo, di Sebastiano, di Cecilia, di Agnese e di tante migliaia di martiri trasalirono nelle loro tombe, quando il carro trionfale che riconduceva Gregorio XI entrò nella Città. Per merito tuo Caterina, avevano termine in quel giorno i settant'anni di quella desolante cattività; e Roma, tornava alla vita.

... per l'Italia.
Prega pure per l'Italia che ti ha tanto amata, che fu così fiera delle tue glorie e di cui tu sei la Padrona. L'empietà e l'eresia oggi vi circolano liberamente; si bestemmia il nome del tuo Sposo, si propagano le dottrine più perverse ad un popolo smarrito, gli s'insegna a maledire tutto ciò che esso aveva venerato; la Chiesa è spesso oltraggiata, la fede, affievolita da un pezzo, minaccia di spegnersi: ricordati della tua patria, Caterina! è ora di accorrere in suo aiuto e di strapparla dalle mani dei suoi mortali nemici. Tutta la Chiesa spera in te per la salvezza di questa illustre provincia del suo impero: calma la tempesta, e salva la fede, in questo naufragio che minaccia di inghiottire tutto.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 585-588

*  Paolo VI dichiarò santa Caterina da Siena dottore della Chiesa universale il 4 ottobre 1970 (NdR).


Biografia


Agostino Carracci, Estasi di Santa Caterina da Siena. Galleria Borghese Roma.
Caterina nacque a Siena, nel rione di Fontebranda, nella Contrada dell'Oca nel 1347, figlia del tintore di panni Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa Piacenti. Quando Caterina raggiunse l'età di dodici anni, sua madre pensò che era giunto il momento che questa sua figlia trovasse uno sposo. Lei all'inizio sembrò accondiscendere, ma poi pentitasi dichiarò espressamente che si era votata al Signore e che non intendeva ritirare la parola data. Bisogna tuttavia tenere presente che, nel Medioevo, se una donna voleva prendere i voti, l'unica strada che poteva percorrere era quella di entrare in un monastero e versare ad esso una dote.
Caterina non aveva questa possibilità perché non possedeva una dote nuziale nei termini richiesti. Però non cedette, pur non sapendo come avrebbe realizzato il suo sogno. Fu allora “messa in quarantena” dalla sua stessa famiglia. Ma un giorno il padre la sorprese in preghiera e, secondo la tradizione, a tale vista Jacopo si rese conto che l’atteggiamento della figlia non proveniva da umana leggerezza e dette ordine che nessuno più la ostacolasse nel suo desiderio. Caterina scese così nel concreto pensando di entrare fra le Terziarie Domenicane, che a Siena si chiamavano Mantellate per il mantello nero che copriva la loro veste bianca. La giovane senese aveva da poco passato i sedici anni ed era quindi troppo giovane per garantire la perseveranza sotto la Regola dell’Ordine. Quindi Monna Lapa, spinta dalle insistenze della figlia, si decise ad andare a parlare alla priora delle “Sorelle della penitenza di san Domenico”, ma ne ebbe un rifiuto perché esse non erano solite ammettere le vergini all'abito, bensì solo vedove o donne in età matura e di buona fama. Caterina da Siena fu poco dopo colpita da una malattia: altissime febbri e penosissime pustole ne sfigurarono il volto, facendola sembrare più anziana e meno aggraziata di quello che era. Allora Caterina...