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martedì 29 aprile 2014

San Giovanni Climaco e La scala del paradiso, VII secolo. Del sonno e dell’orazione e della salmodia delle congregazioni.


GRADO XIX


Del sonno e dell’orazione e 
della salmodia delle congregazioni.


Il sonno è una parte del sentimento dell’anima e radunamento e ricoglimento delle virtudi sue, ed è una imagine di morte ed oziosità delle sensora. 

Essendo una cosa il sonno, ae molti principii e molte cagioni come la concupiscenzia, e in prima la sua cagione e principio è la natura comunemente; dopo sono le speciali cagioni di molto dormire: in alcuni a cagione dalla complessione corporale, in alcuni dalli cibi, in alcuni dalle demonia, in alcuni dal molto e smisurato digiuno, per lo quale essendo la carne estenuata ed infermata, si vuole ristorare per lo sonno. Siccome il molto bere si toglie per l’uso contrario, così il molto dormire; però dal principio del rinunziamento della vita mondana ci conviene di combattere contra il sonno, però ch’è forte cosa e dura di sanare una lunga e mala usanza. 

Poniamoci a mente, e troveremo che come sonando la tromba spirituale, cioè la campana all’ore, gli frati si ragunano visibilmente, così s’adunano le demonia invisibilmente contr’a loro, ed alcuni stanno al letto a combattere che non si lievino, e poi che ne siamo levati, ci sforzano che ci richiniamo ancora sopra lo letto. «Giacete, dicono, ancora infine che siano compiuti gli inni, che si dicono nel principio dell’ufficio, e poi intrerrete nella chiesa.»

 Alcuni altri, stando noi in orazione, ci sommergono nel sonno; alcuni altri disordinatamente fuori dell’usanza con dolori ci tormentano il corpo; alcuni altri ci ammoniscono che nel santo tempo e luogo d’orazione facciamo li parlamenti; alcuni altri sottraggono la mente nelle laide e sozze cogitazioni; alcuni altri ci confortano, che come deboli ed attenuati ci appoggiamo alle pareti, ed alcuni altri ci assaliscono ed assedianci cogli molti aprimenti di bocca e cogli molti prostendimenti; e sono alcuni di loro, che si studiano di trarci e di conducerci a riso con alcuni ricordamenti nel tempo dell’orazione, acciò che per quello riso provochiamo Iddio ad indegnazione contra di noi. 

Alcuni altri nel dire gli salmi ci sforzano di farci affrettare per negligenza; alcuni altri ci ammoniscono che noi gli diciamo molto morosamente per amore e per piacimento di vana delettazione, ed è alcuna fiata che si pongono alla bocca per farla stare chiusa, e perchè ci sia malagevole ad aprirla. Ma quegli che sta dinanzi a Dio in orazione ed in sentimento di cuore, come una colonna ferma si truova immobile, non essendo ingannato di niuna delle predette cose. 

Quegli che è verace obediente, stando in orazione, spesse fiate tutto diventa allegro e luminoso, però ch’egli era innanzi come buono combattitore infocato e riscaldato per legitima amministrazione dell’opere della santa obedienzia. Ad ogni persona d’ogni stato è possibile d’orare colla moltitudine, e a molti è convenevole d’orare con uno solo, il quale sia d’uno animo con lui; ma l’orazione singolare sanza sollazzo di compagnia, questa è di pochi. Cantando l’ufficio e li salmi colla moltitudine, non potrai orare immaterialmente (1).


Non si conviene a neuno, stando in orazione, tenere in mano opera da lavorare, però che questo è prevaricazione; ancora è destruzione dell’orazione, secondo che l’angelo di Dio amaestroe il grande Antonio.

 Secondo che ‘l camino disamina e prova l’oro, così lo stato dell’orazione dimostra la carità che ae il monaco a Dio, e la sollicitudine che à verso la salute dell’anima sua.




Nota:

1. Cioè spiritualmente e mentalmente, però ch’è mestiere d’accordarsi con gli altri; ma all’operazione della mente v’è aggiunta la contemplazione degl’inni cantati dopo la finita stanzia e verso del salmo, meditando fissamente ed intellettualmente nel verso, che morosamente dice il prossimo.

NB.
*Papa Benedetto XVI parla di san Giovanni Climaco QUI

*http://www.sannicolao.it/Percorsi_culturali/Storia_Chiesa/BenedettoXVI-I_grandi_scrittori_medievali_della_Chiesa.pdf

AMDG et BVM