giovedì 7 novembre 2013

«Povero fanciullo! ... Torna qui, Giovanni, al fianco del tuo Maestro e ascolta la lezione.




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Oh! ieri notte poco ho dormito per fame e freddo, e questa notte mai ho dormito... 
e non ho saputo resistere più questa mattina... e sono venuto perché ho avuto 
paura di morire d’inedia... ed è questo quello che più mi fa male: di non avere 
saputo vegliare per pregare e vegliare su Te, ma di averlo saputo fare per i 
morsi della fame... Sono un servo sciocco e vile. Castigami, Gesù!».

«Povero fanciullo! Vorrei che tutto il mondo avesse a gridare queste tue
colpe! Ma ascolta, alzati e ascoltami, ed il tuo cuore tornerà in pace. Hai 
disubbidito anche a Simone di Giona?».

«No, Maestro. Non lo avrei mai fatto, perché Tu hai detto che dovevamo 
stare a lui soggetti come a fratello maggiore. Ma egli, quando io gli ho 
detto: “Il mio cuore non sta tranquillo a vederlo andar solo”, ha risposto:
“Hai ragione. Ma io non posso andare perché ho l’ubbidienza di guidare 
voi tutti. Vai tu, e Dio sia teco”. Gli altri hanno alzato la voce e Giuda 
più degli altri. Hanno ricordato l’ubbidienza e hanno anche rimproverato 
Simone Pietro».

«Hanno? Sii sincero, Giovanni».
«È vero, Maestro. È stato Giuda che ha rimproverato Simone e trattato 
male me. Gli altri hanno soltanto detto:
“Il Maestro ha ordinato di stare insieme”. E a me, non al capo nostro, 
lo dicevano. Ma Simone ha risposto: “Dio vede il fine dell’atto e perdonerà. 
E il Maestro perdonerà, perché questo è amore”, e mi ha benedetto e 
baciato e mandato dietro di Te, come quel giorno che Tu andasti con 
Cusa oltre il lago». (Vedi Vol 7 Cap 464)

«E allora Io di questa colpa non ho da assolverti...».
«Perché è troppo grave?».

«No. Perché non esiste. Torna qui, Giovanni, al fianco del tuo Maestro e 
ascolta la lezione. Bisogna saper applicare gli ordini con giustizia e 
discernimento, sapendo comprendere lo spirito dell’ordine, non soltanto le
lettere che compongono l’ordine. Io ho detto: “Non dividetevi”. Ti sei 
diviso e perciò avresti peccato. Ma prima Io avevo detto: “State uniti 
di corpo e di spirito, soggetti a Pietro”. Con quelle parole Io ho eletto lui mio
legittimo rappresentante fra voi, con facoltà piena di giudicare e di comandare 
su voi. Perciò, quanto Pietro ha fatto o farà in mia assenza, sarà ben fatto. 
Perché, avendolo Io investito del potere di guidarvi, lo Spirito del
Signore, che è in Me, sarà anche con lui e lo guiderà nel dare quegli ordini 
che le circostanze impongono e che la Sapienza suggerirà all’Apostolo capo 
per il bene di tutti. Se Pietro ti avesse detto: “Non andare” e se tu fossi
ugualmente venuto, neppure il movente buono del tuo atto - il volermi seguire 
per amore che vuol difendere ed essere con Me nei pericoli - sarebbe stato 
sufficiente ad annullare la tua colpa. Ci sarebbe proprio voluto il mio
perdono. Ma Pietro, il tuo Capo, ti ha detto: “Va”. L’ubbidienza a lui ti 
giustifica completamente. Ne sei persuaso?».
«Sì, Maestro».


«Devo assolverti dalla colpa di presunzione? Dimmi, senza riflettere se 
Io vedo il tuo cuore. Hai tu presunto con superbia di volermi imitare per 
poter dire: “Colla mia volontà ho abolito le necessità della carne, perché io 
posso ciò che voglio”? Pensaci bene...».

Giovanni riflette. Poi dice: «No, Signore. Esaminandomi bene no, non l’ho 
fatto per questo. Speravo poterlo fare perché ho capito che la penitenza è 
sofferenza della carne, ma è luce dello spirito. Ho capito che è un mezzo 
di fortificare la nostra debolezza e ottenere tanto da Dio. Tu lo fai per questo. 
Io per questo lo volevo fare. E credo di non errare dicendo che, se lo fai Tu 
forte, Tu potente, Tu santo, io, noi, lo dovremmo fare sempre, se sempre
fosse possibile farlo, per essere meno deboli e materiali. Ma non l’ho potuto 
fare. Ho sempre fame io, e sonno tanto...», e il pianto riprende a gocciare 
lento,  umile, vera confessione della limitatezza delle capacità umane.

«Ebbene, anche questa piccola miseria della carne credi tu che sia stata inutile? 
Oh! come te la ricorderai in futuro, quando sarai tentato ad essere severo ed 
esigente coi tuoi discepoli e fedeli! Essa ti riaffiorerà alla mente dicendoti: 
“Ricordati che tu pure hai ceduto alla stanchezza, alla fame. Non volere gli 
altri più forti di te. Sii padre dei tuoi fedeli come il tuo Maestro fu un padre 
per te quella mattina”. Tu avresti potuto benissimo vegliare e non sentire poi 
questa gran fame. Ma il Signore ha permesso che tu soggiacessi a questi bisogni 
della carne per farti umile, sempre più umile e sempre più compassionevole ai 
tuoi simili. 
Molti non sanno distinguere fra tentazione e colpa consumata. La prima è una 
prova che dà merito e non leva grazia, la seconda è caduta che leva merito e 
grazia. Altri non sanno distinguere fra eventi naturali e colpe, e si fanno scrupolo 
di aver peccato mentre, ed è il tuo caso, non hanno che ubbidito a leggi naturali 
buone. Distinguo, dicendo “buone”, le leggi naturali dagli istinti sfrenati. Perché 
non tutto ciò che ora si dice “legge di natura” è tale ed è buona. Buone erano
tutte le leggi connesse alla natura umana, che Dio aveva date ai progenitori: 
il bisogno del cibo, del riposo, della bevanda. Poi, col peccato, sono subentrati 
e si sono mescolati alle leggi naturali, inquinando con la smoderatezza
ciò che era buono, gli istinti animali, le sregolatezze, le sensualità d’ogni specie. 
E Satana ha tenuto vivo il fuoco, il fomite dei vizi col suo tentare. 
Ora lo vedi che, se non è peccato cedere al bisogno di riposo e di cibo, è
invece peccato la gozzoviglia, l’ebrietà, l’ozio prolungato. Anche il bisogno 
di coniugarsi e procreare non è peccato, anzi Dio ha dato l’ordine di farlo 
per popolare la Terra di uomini. Ma non è più buono l’atto del
congiungimento per sola soddisfazione del senso. Sei persuaso anche 
di questo?».

«Sì, Maestro. Ma allora dimmi una cosa. Coloro che non vogliono 
procreare, peccano ad un ordine di Dio? Tu dicesti una volta che lo stato 
di vergine è buono».

«È il più perfetto. Come è il più perfetto quello di chi, non pago di fare 
buon uso delle ricchezze, se ne spoglia del tutto. Sono le perfezioni 
alle quali può giungere una creatura. E gran premio avranno. Tre sono 
le cose più perfette: la povertà volontaria, la castità perpetua, l’ubbidienza 
assoluta in tutto ciò che non è peccato. 
Queste tre cose rendono l’uomo simile agli angeli. E una è 
perfettissima:  dare la propria vita per amore di Dio e dei fratelli.
Questa cosa rende la creatura simile a Me, perché la porta all’assoluto 
amore. E chi ama perfettamente è simile a Dio, è assorbito e fuso con Dio. 
Sta’ dunque in pace, mio diletto. Non c’è colpa in te. Io te lo dico. Perché
dunque aumenti il tuo pianto?».

«Perché una colpa c’è sempre. Quella di aver saputo venire da Te per 
bisogno e aver saputo vegliare per fame, e non per amore. Non me lo 
perdonerò mai. Non mi accadrà più. Non dormirò più mentre Tu soffri. 
Non ti dimenticherò dormendo mentre Tu piangi».

«Non impegnare il futuro, Giovanni. La tua volontà è pronta, ma ancora 
potrebbe essere sopraffatta dalla carne.
E ne avresti profondo e inutile avvilimento se poi ti sovvenissi di questa 
promessa fatta a te stesso, non mantenuta poi per fralezza di carne. Guarda. 
Io ti dico ciò che devi dire per essere in pace, qualunque cosa ti avvenga. 
Di’ con Me: “Io, con l’aiuto di Dio, propongo, per quanto mi sarà possibile, 
di non più cedere alle pesantezze della carne”. E sta’ fermo in questo volere. 
Se poi un giorno, pur non volendolo, la carne stanca e afflitta vincerà la 
tua volontà, ebbene, allora come ora dirai: “Riconosco di essere un povero 
uomo come tutti i miei fratelli, e ciò mi serva per tener mozzo il mio orgoglio”. 
Oh! Giovanni, Giovanni! Non è il tuo sonno innocente quel che può darmi 
dolore! Tieni. Queste ti riconforteranno del tutto. Le dividiamo insieme,
benedicendo chi me le ha offerte», e prende le mele ormai cotte e bollenti, 
e ne dà tre a Giovanni e tre le tiene per Sé.

«Chi te le ha date, Signore? Chi è venuto da Te? Chi sapeva che qui eri? 
Io non ho sentito voci né passi. Eppure, dopo la prima notte, ho sempre 
vegliato...».
«Sono uscito alla prima luce. Vi erano fasci di legna davanti l’entrata e 
sopra pane, formaggi e mele. Non ho visto nessuno. Ma solo alcuni 
possono aver avuto desiderio di ripetere un pellegrinaggio e un gesto 
d’amore...», dice lentamente Gesù.

«È vero! I pastori! Lo avevano detto: “Andremo nella terra di Davide... 
Sono giorni di ricordi...”. Ma perché non si sono fermati?».
«Perché! Hanno adorato e...».
«E hanno compatito. Adorato Te e compatito me... Sono migliori 
di noi quegli uomini».
«Sì. Hanno serbato buona, sempre più buona la loro volontà. Per loro 
non fu danno il dono che Dio ha loro dato...». Gesù non sorride più. 
Pensa e si fa triste.
Poi si scuote. Guarda Giovanni, che lo guarda, e dice: «Ebbene? 
Vogliamo andare? Non sei più sfinito?».
«No, Maestro. Non sarò molto resistente, credo, perché ho le 
membra indolenzite. Ma credo che posso camminare».
«E allora andiamo. Va’ a prendere la tua sacca, mentre Io raccolgo 
gli avanzi nella mia, e andiamo. Prenderemo la via che va verso il 
Giordano per evitare Gerusalemme».
E al ritorno di Giovanni si rimettono in cammino, rifacendo la via fatta 
nel venire e allontanandosi per la campagna che si riscalda al mite sole 
decembrino.  
(M.Valt. 539: La perfezione spiegata a Giovanni di Zebedeo 
che si è accusato di colpe inesistenti.)

MANE NOBISCUM, DOMINE

mercoledì 6 novembre 2013

Domenica 10 novembre 2013, XXXII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C



"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta




Domenica 10 novembre 2013, XXXII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 20, 27-38.

Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda:

«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. 
C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 
Allora la prese il secondo 
e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. 
Da ultimo anche la donna morì. 
Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie». 
Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 
ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; 
e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. 
Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 
Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui».
Traduzione liturgica della Bibbia 




Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 9 Capitulo 594 pagina 377.




1  Stanno per rientrare in città, sempre per la stessa stradicciuola remota presa la mattina avanti, quasi che Gesù non volesse essere circondato dalla gente in attesa prima di essere nel Tempio, al quale presto si accede entrando in città dalla porta del Gregge che è vicina alla Probatica. Ma oggi molti dei settantadue lo attendono già al di là del Cedron, prima del ponte, e non appena lo vedono apparire fra gli ulivi verde-grigi, nella sua veste porpurea, gli vanno incontro. Si riuniscono e procedono verso la città.

Pietro, che guarda avanti, giù per la china, sempre in sospetto di veder apparire qualche malintenzionato, vede fra il verde fresco delle ultime pendici un ammasso di foglie vizze e pendenti che si spenzola sull’acqua del Cedron. Le foglie accartocciate e morenti, qua e là già macchiate come per ruggine, sono simili a quelle di una pianta che le fiamme hanno essiccata. Ogni tanto la brezza ne stacca una e la seppellisce nelle acque del torrente. 
«Ma quello è il fico di ieri! Il fico che Tu hai maledetto!», grida Pietro, una mano puntata ad indicare la pianta seccata, la testa volta indietro a parlare al Maestro. 
Accorrono tutti, meno Gesù che viene avanti col suo solito passo. Gli apostoli narrano ai discepoli il precedente del fatto che vedono e tutti insieme commentano guardando strabiliati Gesù. Hanno visto migliaia di miracoli su uomini ed elementi. Ma questo li colpisce come molti altri non lo hanno fatto. 

2  Gesù, che è sopraggiunto, sorride nell’osservare quei visi stupiti e timorosi, e dice: «E che? Tanto vi fa meraviglia che per la mia parola sia seccato un fico? Non mi avete visto forse risuscitare i morti, guarire i lebbrosi, dar vista ai ciechi, moltiplicare i pani, calmare le tempeste, spegnere il fuoco? E vi stupisce che un fico dissecchi?». 
«Non è per il fico. È che ieri era vegeto quando l’hai maledetto, e ora è seccato. Guarda! Friabile come argilla disseccata. I suoi rami non hanno più midollo. Guarda. Vanno in polvere», e Bartolomeo sfarina fra le dita dei rami che ha con facilità spezzato. 
«Non hanno più midollo. Lo hai detto. Ed è la morte quando non c’è più midollo, sia in una pianta, che in una nazione, che in una religione, ma c’è soltanto dura corteccia e inutile fogliame: ferocia ed ipocrita esteriorità. Il midollo, bianco, interno, pieno di linfa, corrisponde alla santità, alla spiritualità. La corteccia dura e il fogliame inutile, all’umanità priva di vita spirituale e giusta. Guai a quelle religioni che divengono umane perché i loro sacerdoti e fedeli non hanno più vitale lo spirito. Guai a quelle nazioni i cui capi sono solo ferocia e risuonante clamore privo di idee fruttifere! Guai agli uomini in cui manca la vita dello spirito!». 
«Però, se Tu avessi a dire questo ai grandi d’Israele, ancorché il tuo parlare sia giusto, non saresti sapiente. Non ti lusingare perché essi ti hanno finora lasciato parlare. Tu stesso lo dici che non è per conversione di cuore, ma per calcolo. Sappi allora Tu pure calcolare il valore e le conseguenze delle tue parole. Perché c’è anche la sapienza del mondo, oltre che la sapienza dello spirito. E occorre saperla usare a nostro vantaggio. Perché, infine, per ora si è nel mondo, non già nel Regno di Dio», dice l’Iscariota senza acredine ma in tono dottorale. 
«Il vero sapiente è colui che sa vedere le cose senza che le ombre della propria sensualità e le riflessioni del calcolo le alterino. Io dirò sempre la verità di ciò che vedo». 

3  «Ma insomma questo fico è morto perché sei stato Tu a maledirlo, o è un... caso... un segno... non so?», chiede Filippo. 
«È tutto ciò che tu dici. Ma ciò che Io ho fatto voi pure potrete fare, se giungerete ad avere la fede perfetta. Abbiatela nel Signore altissimo. E quando l’avrete, in verità vi dico che potrete questo e ancor più. In verità vi dico che, se uno giungerà ad avere la fiducia perfetta nella forza della preghiera e nella bontà del Signore, potrà dire a questo monte: “Spostati di qua e gettati in mare”, e se dicendolo non esiterà nel suo cuore, ma crederà che quanto egli ordina si possa avverare, quanto ha detto si avvererà» . 
«E sembreremo dei maghi e saremo lapidati, come è detto per chi esercita magia. Sarebbe un miracolo ben stolto, e a nostro danno!», dice l’Iscariota crollando il capo. 
«Stolto tu sei, che non capisci la parabola!», gli rimbecca l’altro Giuda. 
Gesù non parla a Giuda. Parla a tutti: «Io vi dico, ed è vecchia lezione che ripeto in quest’ora: qualunque cosa chiederete con la preghiera, abbiate fede di ottenerla e l’avrete. Ma se prima di pregare avete qualcosa contro qualcuno, prima perdonate e fate pace per aver amico il Padre vostro che è nei Cieli, che tanto, tanto vi perdona e benefica, dalla mattina alla sera e dal tramonto all’aurora». 

4  Entrano nel Tempio. I soldati dell’Antonia li osservano passare. Vanno ad adorare il Signore, poi tornano nel cortile dove i rabbi insegnano. 
Subito verso Gesù, prima ancora che la gente accorra e si affolli intorno a Lui, si avvicinano dei saforim, dei dottori d’Israele e degli erodiani, e con bugiardo ossequio, dopo averlo salutato, gli dicono: «Maestro, noi sappiamo che Tu sei sapiente e veritiero, e insegni la via di Dio senza tener conto di cosa o persona alcuna, fuorché della verità e giustizia, e poco ti curi del giudizio degli altri su Te, ma soltanto di condurre gli uomini al Bene. Dicci allora: è lecito pagare il tributo a Cesare, oppure non è lecito farlo? Che te ne pare?». 
Gesù li guarda con uno di quei suoi sguardi di una penetrante e solenne perspicacia, e risponde: «Perché mi tentate ipocritamente? Eppure alcuno fra voi sa che Io non vengo ingannato con ipocriti onori! Ma mostratemi una moneta, di quelle usate per il tributo». 
Gli mostrano una moneta. La osserva nel retto e nel verso e, tenendola appoggiata sul palmo della sinistra, vi batte sopra l’indice della destra dicendo: «Di chi è quest’immagine e che dice questa scrittura?». 
«Di Cesare è l’immagine, e l’iscrizione porta il suo nome. Il nome di Caio Tiberio Cesare, che è ora imperatore di Roma». 
«E allora rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio date quel che è di Dio», e volge loro le spalle dopo aver reso il denaro a chi glielo aveva dato. 

5  Ascolta questo e quello dei molti pellegrini che lo interrogano, conforta, assolve, guarisce. Passano le ore. 
Esce dal Tempio per andare forse fuori porta, a prendere il cibo che gli portano i servi di Lazzaro incaricati a questo. 
Rientra nel Tempio che è pomeriggio. Instancabile. Grazia e sapienza fluiscono dalle sue mani posate sugli infermi, dalle sue labbra in singoli consigli dati ai molti che lo avvicinano. Sembra che voglia tutti consolare, tutti guarire, prima di non poterlo più fare. 
È già quasi il tramonto e gli apostoli, stanchi, stanno seduti per terra sotto il portico, sbalorditi da quel continuo rimuoversi di folla che sono i cortili del Tempio nell’imminenza pasquale, quando all’Instancabile si avvicinano dei ricchi, certo ricchi a giudicare dalle vesti pompose. 
Matteo, che sonnecchia con un occhio solo, si alza scuotendo gli altri. Dice: «Vanno dal Maestro dei sadducei. Non lasciamolo solo, che non lo offendano o cerchino di nuocergli e di schernirlo ancora». 
Si alzano tutti raggiungendo il Maestro, che circondano subito. Credo intuire che ci sono state rappresaglie nell’andare o tornare al Tempio a sesta. 

6  I sadducei, che ossequiano Gesù con inchini persino esagerati, gli dicono: «Maestro, hai risposto così sapientemente agli erodiani che ci è venuto desiderio di 
avere noi pure un raggio della tua luce. Senti. Mosè ha detto: “Se uno muore senza figli, il suo fratello sposi la vedova, dando discendenza al fratello”. 
Ora c’erano fra noi sette fratelli. Il primo, presa in moglie una vergine, morì senza lasciar prole e perciò lasciò la moglie al fratello. Anche il secondo morì senza lasciar prole, e così il terzo che sposò la vedova dei due che lo precederono, e così sempre, sino al settimo. In ultimo, dopo aver sposato tutti i sette fratelli, morì la donna. Di’ a noi: alla risurrezione dei corpi, se è pur vero che gli uomini risorgono e che a noi sopravviva l’anima e si ricongiunga al corpo all’ultimo giorno riformando i viventi, quale dei sette fratelli avrà la donna, posto che l’ebbero sulla Terra tutti e sette?». 



«Voi sbagliate. Non sapete comprendere né le Scritture né la potenza di Dio. Molto diversa sarà l’altra vita da questa, e nel Regno eterno non saranno le necessità della carne come in questo. Perché, in verità, dopo il Giudizio finale la carne risorgerà e si riunirà all’anima immortale riformando un tutto, vivo come e meglio che non sia viva la mia e la vostra persona ora, ma non più soggetto alle leggi e soprattutto agli stimoli e abusi che vigono ora. Nella risurrezione, gli uomini e le donne non si ammoglieranno né si mariteranno, ma saranno simili agli angeli di Dio in Cielo, i quali non si ammogliano né si maritano, pur vivendo nell’amore perfetto che è quello divino e spirituale. In quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto come Dio dal roveto parlò a Mosè? Che disse l’Altissimo allora? “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Non disse: “Io fui”, facendo capire che Abramo, Isacco e Giacobbe erano stati ma non erano più. Disse: “Io sono”. Perché Abramo, Isacco e Giacobbe sono. Immortali. Come tutti gli uomini nella parte immortale, sino a che i secoli durano, e poi, anche con la carne risorta per l’eternità. Sono, come lo è Mosè, i profeti, i giusti, come sventuratamente è Caino e sono quelli del diluvio, e i sodomiti, e tutti coloro morti in colpa mortale. Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi». 


7  «Anche Tu morrai e poi sarai vivente?», lo tentano. Sono già stanchi di essere miti. L’astio è tale che non sanno contenersi. 
«Io sono il Vivente e la mia Carne non conoscerà sfacimento. L’arca ci fu levata e l’attuale sarà levata anche come simbolo. Il Tabernacolo ci fu tolto e sarà distrutto. Ma il vero Tempio di Dio non potrà essere levato e distrutto. Quando i suoi avversari crederanno di averlo fatto, allora sarà l’ora che si stabilirà nella vera Gerusalemme, in tutta la sua gloria. Addio». 
E si affretta verso il cortile degli Israeliti, perché le tube d’argento chiamano al sacrificio della sera. 

8   Mi dice Gesù: «Così come ti ho fatto segnare la frase “al mio calice” nella visione della madre di Giovanni e Giacomo chiedente un posto per i suoi figli, così ti dico di segnare nella visione di ieri il punto: “chi cadrà contro questa pietra si sfracellerà”. Nelle traduzioni è sempre usato “sopra”. Ho detto contro e non sopra. Ed è profezia contro i nemici della mia Chiesa. Coloro che l’avversano, avventandosi contro ad Essa, perché Essa è la Pietra angolare, saranno sfracellati. La storia della Terra, da venti secoli, conferma il mio detto. I persecutori della Chiesa si sfracellano avventandosi sulla Pietra angolare. Però anche, e lo tengano presente anche quelli che per essere della Chiesa si credono salvi dai castighi divini, colui sul quale cadrà il peso della condanna del Capo e Sposo di questa mia Sposa, di questo mio Corpo mistico, colui sarà stritolato. 

9

E prevenendo ad una obbiezione dei sempre viventi scribi e sadducei, malevoli ai servi miei, Io dico: se in queste ultime visioni risultano frasi che non sono nei Vangeli, quali queste della fine della visione di oggi e del punto in cui Io parlo sul fico seccato e altri ancora, ricordino costoro che gli evangelisti erano sempre di quel popolo, e vivevano in tempi nei quali ogni urto troppo vivo poteva avere ripercussioni violente e nocive ai neofiti. 

Rileggano gli atti apostolici e vedranno che non era placida la fusione di tanti pensieri diversi, e che se a vicenda si ammirarono, riconoscendo gli uni agli altri i meriti, non mancarono fra loro i dissensi, perché vari sono i pensieri degli uomini e sempre imperfetti. E ad evitare più profonde fratture fra l’uno e l’altro pensiero, illuminati dallo Spirito Santo, gli evangelisti omisero volutamente dai loro scritti qualche frase che avrebbe scosso le eccessive suscettibilità degli ebrei e scandalizzato i gentili, che avevano bisogno di credere perfetti gli ebrei, nucleo dal quale venne la Chiesa, per non allontanarsene dicendo: “Sono simili a noi”. Conoscere le persecuzioni di Cristo, sì. Ma le malattie spirituali del popolo di Israele ormai corrotto, specie nelle classi più alte, no. Non era bene. E più che poterono velarono. 

Osservino come i Vangeli si fanno sempre più espliciti, sino al limpido Vangelo del mio Giovanni, più furono scritti in epoche lontane dalla mia Ascensione al Padre mio. Solo Giovanni riporta interamente anche le macchie più dolorose dello stesso nucleo apostolico, chiamando apertamente “ladro” Giuda, e riferisce integralmente le bassezze dei giudei (cap. 6° - finta volontà di farmi re, le dispute al Tempio, l’abbandono di molti dopo il discorso sul Pane del Cielo, l’incredulità di Tommaso). Ultimo sopravvissuto, vissuto sino a vedere già forte la Chiesa, alza i veli che gli altri non avevano osato alzare. 
Ma ora lo Spirito di Dio vuole conosciute anche queste parole. E ne benedicano il Signore, perché sono tante luci e tante guide per i giusti di cuore».
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/ 

MUNUS DOCENDI: ADDIO?


...............
DOPO tutto, ora  potremmo aggiornare il famoso detto di Georges Clemenceau che dice: “quando si vuol seppellire un progetto si deve fare una commissione” con quest’altro: “quando si deve seppellire la Tradizione si fa prima un Concilio, poi un Sinodo e quindi un Sondaggio universale”.

Carissimo Gesù


Litania di Gesù all’Umanità (1)- Protezione contro il Falso Profeta.

Carissimo Gesù, salvaci dall’inganno del Falso Profeta.
Gesù, abbi pietà di noi.
Gesù salvaci dalla persecuzione.
Gesù preservaci dall’Anticristo.
Signore pietà.
Cristo pietà.
Carissimo Gesù, ricoprici del Tuo Preziosissimo Sangue.
Carissimo Gesù, apri i nostri occhi alle menzogne del Falso Profeta.
Carissimo Gesù, riunisci la Tua Chiesa.
Gesù, proteggi i nostri Sacramenti.
Gesù, non lasciare che il Falso Profeta divida la Tua Chiesa.
Carissimo Gesù, aiutaci a respingere le menzogne presentate come verità.
Gesù, dacci la Forza.
Gesù, dacci la Speranza.
Gesù, inonda la nostra anima dello Spirito Santo.
Gesù, proteggici dalla Bestia.
Gesù, dacci il Dono del Discernimento per poter seguire la via della tua Vera      Chiesa in ogni tempo e nei secoli dei secoli.
Amen.

MADONNA DI FATIMA con Benedetto XVI e Giovanni Paolo II: istantanee musicali


Joseph Ratzinger-Benedetto XVI e Giovanni Paolo II: istantanee musicali

Grazie al lavoro di Gemma e Raffaella vediamo questa raccolta di fotografie "musicate" che hanno come protagonisti Giovanni Paolo II e l'allora cardinale Joseph Ratzinger, futuro Benedetto XVI.