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lunedì 24 agosto 2015

SAPIENZA DIVINA


Matrimonio e famiglia

La provenienza dei diversi scritti [di Maria Valtorta] è stata posta nelle note a fondo pagina. Ogni titolo di brano riporta un rimando specifico a queste note.

34. ...LE BEATITUDINI (QUINTA PARTE) [1]

Vi è anche stato detto : “Chiunque rimanda la propria moglie le dia libello di divorzio”. Ma questo va riprovato. Non viene da Dio. Dio disse ad Adamo: “Questa è la compagna che ti ho fatto. Crescete e moltiplicatevi sulla terra, riempitela e fatela a voi soggetta”. E Adamo, pieno di intelligenza superiore perché ancora il peccato non aveva offuscata la sua ragione uscita perfetta da Dio, esclamò : “Ecco finalmente l'osso delle mie ossa e la carne della mia carne. Questa sarà chiamata Virago, ossia altro me, perché tratta dall'uomo. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre, e i due saranno una sola carne”. E in un accresciuto splendere di luci l'Eterna Luce approvò con un sorriso il detto d'Adamo, che diventò la prima, incancellabile legge. Ora, se per la sempre crescente durezza dell'uomo, l'uomo legislatore dovette mettere un nuovo codice; se per la sempre crescente volubilità dell'uomo dovette mettere un freno e dire : “Se però l'hai ripudiata non la puoi più riprendere”, questo non cancella la prima, genuina legge, nata nel Paradiso Terrestre e approvata da Dio.

Io vi dico : “Chiunque rimanda la propria moglie, eccetto il caso di provata fornicazione, l'espone all'adulterio”. Perchè, infatti, che farà nel novanta per cento dei casi, la donna ripudiata? Passerà ad altre nozze. Con quali conseguenze? Oh! su questo quanto ci sarebbe da dire! Non sapete che potete provocare incesti involontari con questo sistema? Quante lacrime sparse per una lussuria! Sì. Lussuria. Non ha altro nome. Siate schietti. Tutto si può superare quando lo spirito è retto. Ma tutto si presta a motivo per soddisfare il senso quando lo spirito è lussurioso. 

Frigidità femminile, pesantezza di lei, incapacità relativa alle faccende, lingua bisbetica, amore al lusso, tutto si supera, anche le malattie, anche la irascibilità, se si ama santamente. Ma siccome dopo qualche tempo non si ama più come il primo giorno, ecco che allora si vede impossibile ciò che è più che possibile, e si getta una povera donna sulla via e verso la perdizione.

Fa adulterio chi la respinge. Fa adulterio chi la sposa dopo il ripudio. Solo la morte rompe il matrimonio. Ricordatevelo. E se avete fatto una scelta infelice portatene le conseguenze come una croce, essendo due infelici, ma santi, e senza fare maggiori infelici nei figli che sono gli innocenti che più soffrono di queste disgraziate situazioni.


L'amore dei figli dovrebbe farvi meditare cento volte e cento, anche nel caso di una morte di coniuge. Oh! se sapeste accontentarvi di quanto avete avuto e al quale Dio ha detto “Basta”! . 

Se sapeste voi vedovi, e voi vedove, vedere nella morte non una menomazione ma una elevazione ad una perfezione di procreatori! Esser madre anche per la madre estinta. Esser padre anche per il padre estinto. Esser due anime in una, raccogliere l'amore per le creature sul labbro gelato del morente e dire “Va' in pace, senza paura per quelli che da te sono venuti. Io continuerò ad amarli, per te e per me, amarli due volte, sarò padre e madre, e l'infelicità dell'orfano non peserà su loro e neppure sentiranno la innata gelosia del figlio di coniuge risposato per colui o colei che prende il posto sacro alla madre, al padre, da Dio chiamati ad altra dimora”.

mercoledì 10 giugno 2015

"Ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi"

Diavolo d'un occidente

Anticipazione fogliante. Esce in Francia un gran libro del cardinale prefetto del Culto divino. Parole chiare su gender, aborto, eutanasia, relativismo. La crisi della postmodernità occidentale vista dalla battagliera chiesa d’Africa
di Robert Sarah 
Il cardinale Robert Sarah
Nella mia vita, Dio ha fatto tutto; da parte mia non ho voluto che pregare. Sono sicuro che il rosso del mio cardinalato è veramente il riflesso del sangue della sofferenza dei missionari che sono venuti fino al fondo dell’Africa per evangelizzare il mio villaggio.

La perversa ideologia del gender

E’ a ragione che Benedetto XVI sottolinea che “l’identità europea si manifesta nel matrimonio e nella famiglia. Il matrimonio monogamico, come struttura fondamentale della relazione tra uomo e donna e al tempo stesso come cellula nella formazione della comunità statale, è stato forgiato a partire dalla fede biblica”. Al contrario, ci sono tentativi ripetuti per impiantare una nuova cultura che nega l’eredità cristiana. In certi paesi africani sono stati creati ministeri dedicati alla teoria del gender in cambio di aiuti economici! Alcuni governi africani, per fortuna minoritari, hanno già ceduto alle pressioni in favore dell’accesso generale ai diritti sessuali e riproduttivi. Constatiamo con grande sofferenza che la salute riproduttiva è divenuta una “norma” politica mondiale, contenente ciò che l’occidente ha di più perverso da offrire al resto del mondo in cerca di sviluppo integrale. Come possono, certi capi di stato occidentali, esercitare una tale pressione sui loro omologhi in paesi spesso fragili? L’ideologia del gender è diventata la condizione perversa per la cooperazione e lo sviluppo.

In occidente, persone omosessuali chiedono che la loro vita comune sia giuridicamente riconosciuta per essere assimilata al matrimonio; dando eco alle loro rivendicazioni, alcune organizzazioni esercitano forti pressioni affinché questo modello sia così riconosciuto dai governi africani in nome del rispetto dei diritti umani. In questo caso preciso, a mio giudizio, usciamo dalla storia morale dell’umanità. In altri casi, ho potuto constatare l’esistenza di programmi internazionali che impongono l’aborto e la sterilizzazione delle donne. Queste politiche sono tanto più ripugnanti in quanto la gran parte delle popolazioni africane è senza difesa, alla mercé di ideologi occidentali fanatici. (…) La Santa Sede deve giocare il proprio ruolo. Noi non possiamo accettare la propaganda e i gruppi di pressione delle lobby lgbt – lesbiche, gay, bisessuali e transgender. Il processo è tanto più inquietante perché rapido e recente. Perché questa volontà forsennata di imporre la teoria del gender? Una visione antropologica sconosciuta fino a pochi anni fa, frutto dello stavagante pensiero di qualche sociologo e di qualche scrittore, come Michel Foucault, sarebbe il nuovo eldorado mondiale? Non è possibile rimanere inteneriti davanti a una tale prepotenza, immorale e demoniaca. PF ha ragione a criticare l’azione del demonio che opera per minare le fondamenta della civilizzazione cristiana. Dietro alla nuova visione prometeica dell’Africa o dell’Asia, c’è il segno del diavolo. I primi nemici delle persone omosessuali sono le lobby lgbt. E’ un grave errore ridurre un individuo ai suoi comportamenti, soprattutto sessuali. (…)


Dignità della donna non è sì all’aborto

E’ stata dichiarata una guerra contro la vita, con mezzi finanziari giganteschi. Come è concepibile che tanti bambini senza difesa siano eliminati nel seno della loro madre con il pretesto di un diritto della donna alla libertà del suo corpo? La dignità della donna è una nobile e grande sfida, ma non passa dalla morte dei nascituri. Giovanni Paolo II aveva compreso che intenzioni generose nascondevano un vero programma di lotta contro la vita. In Africa, quando vedo le somme faraoniche promesse dalla Fondazione Bill e Melinda Gates indirizzate ad aumentare esponenzialmente l’accesso alla contraccezione per le ragazze non sposate e alle donne, aprendo così la via all’aborto, non posso che ribellarmi di fronte a una volontà di morte.

Quali sono le motivazioni nascoste di queste campagne di grande portata che hanno come esito decine di migliaia di morti? C’è una ben studiata pianificazione per eliminare i poveri in Africa e altrove? Dio e la storia un giorno ce lo diranno.


L’eutanasia come idolo della postmodernità

Oggi, l’eutanasia è diventata la nuova battaglia ideologica della postmodernità occidentale. Quando una persona sembra aver finito il suo percorso di vita su questa terra, con il pretesto di alleviare le sue sofferenze certe organizzazioni sostengono che è meglio darle la morte!   In Belgio, questo diritto – che diritto non è – è stato appena esteso ai minori! Con la scusa di aiutare un bambino che soffre, è possibile dargli freddamente la morte. I sostenitori dell’eutanasia vogliono ignorare che le cure palliative sono oggi perfettamente adattate a coloro che non hanno più speranza di guarigione; la morte fredda e brutale è diventata l’unica risposta. L’eutanasia è diventata il marcatore più evidente di una società senza Dio, infraumana, che ha perduto la speranza. Rimango stupefatto nel vedere fino a che punto chi propaga questa cultura si ammanta di una buona coscienza, dandosi l’aura facile di eroi di una nuova umanità. Per una sorta di strana inversione dei ruoli, gli uomini che lottano per la vita diventano mostri da abbattere, barbari d’altri tempi che rifiutano il progresso. Con l’aiuto dei media, i lupi fanno credere di essere generosi agnelli a fianco dei più deboli! Ma il piano dei promotori dell’aborto, dell’eutanasia e di tutti gli attentati alla dignità umana è sempre più pericoloso.

Se non usciamo dalla cultura di morte, l’umanità va verso la perdizione. In questo inizio di Terzo millennio, la distruzione della vita non è più barbarie ma progresso della civiltà; la legge prende a pretesto il diritto alla libertà individuale per dare all’uomo la libertà di uccidere il suo prossimo. Il mondo potrebbe diventare un vero inferno. Non si tratta più di decadenza, ma di una dittatura dell’orrore, di un genocidio programmato di cui sono responsabili le potenze occidentali. Questo accanimento contro la vita rappresenta una nuova tappa, determinante, nell’accanimento contro il piano di Dio. Tuttavia, durante i miei viaggi, assisto a un risveglio delle coscienze. I giovani cristiani dell’America del nord vanno sempre più al fronte per respingere la cultura di morte. Dio non si è addormentato, Egli è davvero con coloro che difendono la vita! (…)


L’occidente ha tradito le sue radici

Oggi l’occidente vive come se Dio non esistesse. Come hanno potuto, paesi di antiche tradizioni cristiane e spirituali, tradire le loro radici fino a questo punto? Le conseguenze appaiono talmente drammatiche da rendere indispensabile comprendere l’origine di questo fenomeno.

L’occidente ha deciso di prendere le distanze dalla fede cristiana sotto l’influenza dei filosofi dei Lumi e delle correnti politiche che ne sono derivate. Se esistono comunità cristiane tuttora vivaci e in missione, la gran parte delle popolazioni occidentali non vede più in Gesù che una forma di idea, ma non un avvenimento, e ancor meno una persona che gli apostoli e numerosi testimoni del Vangelo hanno incontrato, amato e alla quale hanno consacrato tutta la loro vita.

L’allontanamento da Dio non è il prodotto di un ragionamento ma di una volontà di distaccarsi da Lui. L’orientamento ateo di una vita è quasi sempre un’opzione della volontà. L’uomo non vuole più riflettere sul suo rapporto con Dio perché vuole diventare egli stesso Dio. Il suo modello è Prometeo, personaggio mitologico della razza dei Titani che rubò il fuoco sacro per darlo agli uomini; l’uomo è entrato in una logica di appropriazione di Dio, non più di adorazione. Prima del movimento detto “dei Lumi”, quando l’uomo ha tentato di prendere il posto di Dio, di essere a Lui uguale o di eliminarlo, si trattava di fenomeni individuali minoritari. 

L’ateismo trova la propria principale origine nell’individualismo esacerbato dell’uomo europeo. L’individuo-re, che aspira sempre più a una forma di autonomia o di indipendenza assoluta, tende all’oblio di Dio. Sul piano morale, questa ricerca della libertà assoluta implica progressivamente un rigetto senza distinzioni delle regole e dei princìpi etici. L’universo individualista diventa centrato unicamente sulla persona che non ammette più alcuna costrizione. Da questo punto di vista, Dio è considerato come colui che crea ostacoli per imprigionare la nostra volontà imponendo leggi; Dio diventa il nemico dell’autonomia e della libertà. Pretendendosi totalmente libero, l’uomo rifiuta ciò che considera una costrizione e arriva anche a respingere qualsiasi forma di dipendenza nei confronti di Dio. Egli rifiuta l’autorità di Dio che tuttavia ci ha creato liberi affinché, attraverso l’esercizio responsabile della nostra libertà, potessimo superare i nostri impulsi selvaggi e padroneggiare tutto ciò che di istintivo è in noi, assumendo pienamente la responsabilità della nostra esistenza e della nostra crescita.

L’ateismo rappresenta così una volontà di ignorare la ragione che ci rapporterebbe al nostro Creatore, vera luce che dovrebbe illuminarci, orientarci e mostrarci il cammino della vita. In questa logica, certi filosofi non parlano più di Dio come di un Padre ma come di un architetto dell’universo. Il rifiuto di Dio si colloca in un movimento di conquista scientifica e tecnica che connota l’Europa dalla fine del XVIII secolo. L’uomo vuole dominare la natura e prendersi la propria indipendenza. La tecnica gli dà l’impressione di essere padrone del mondo. Diventa dunque il solo reggente di uno spazio senza Dio. La scienza non dovrebbe peraltro allontanare l’uomo da Dio. Al contrario, dovrebbe avvicinare l’uomo all’amore divino. Certo, il grande mistero del male può spingere alcuni verso il dubbio e l’ateismo. Infatti, se Dio è nostro Padre, come può permettere che tanti innocenti soffrano? E’ superfluo insistere sulla quantità insondabile dei mali da cui è afflitta l’umanità. In Africa abbiamo, purtroppo, pagato un pesante tributo alle guerre, alle carestie, alle epidemie. Nel Pontificio consiglio Cor Unum, sono stato testimone di tante sofferenze che cerchiamo di lenire con mezzi ridicoli rispetto all’ampiezza delle necessità. (…)


Dio è diventato un’ipotesi superflua

Nel mondo postmoderno, Dio è diventato un’ipotesi superflua, sempre più allontanata dalle diverse sfere della vita. Penso che gli uomini che vogliono conservare la presenza di Dio nella loro esistenza debbano essere coscienti delle sottigliezze che possono tanto facilmente condurre verso l’ateismo pratico e lo svuotamento della fede; essi potrebbero diventare, come i pagani di un tempo, quegli uomini “senza speranza e senza Dio nel mondo”, descritti da san Paolo ai cristiani di Efeso (Ef 2, 12). Oggi, non possiamo non essere coscienti del modo in cui Dio è sistematicamente respinto nell’oscurità; anestetizzati, gli uomini salgono su una barca che li conduce sempre più lontani dal Cielo. (…)

Vorrei citare un passaggio dell’omelia del 18 aprile 2005 nella Missa pro eligendo Romano Pontifice. Il cardinale Joseph Ratzinger dichiarava allora: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero… La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde – gettata da un estremo all’altro: dal marxismo al liberalismo, fino al libertinismo; dal collettivismo all’individualismo radicale; dall’ateismo ad un vago misticismo religioso; dall’agnosticismo al sincretismo e così via. Ogni giorno nascono nuove sette e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore (cf Ef 4, 14). Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’, appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. E’ lui la misura del vero umanesimo. ‘Adulta’ non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. E’ quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede – solo la fede – che crea unità e si realizza nella carità. San Paolo ci offre a questo proposito – in contrasto con le continue peripezie di coloro che sono come fanciulli sballottati dalle onde – una bella parola: fare la verità nella carità, come formula fondamentale dell’esistenza cristiana. In Cristo, coincidono verità e carità. Nella misura in cui ci avviciniamo a Cristo, anche nella nostra vita, verità e carità si fondono. La carità senza verità sarebbe cieca; la verità senza carità sarebbe come ‘un cembalo che tintinna’ (1 Cor 13, 1)”. Oggi, il relativismo appare come l’asse filosofico delle democrazie occidentali che rifiutano di considerare come la verità cristiana possa essere superiore a ogni altra. In modo perfettamente consapevole, esse negano la frase di Cristo: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Giov 14,6). In un sistema relativista, tutte le vie sono possibili, come frammenti multipli di una marcia del progresso. Il bene comune sarebbe il frutto di un dialogo continuo di tutti, un incontro di differenti opinioni private, una fraterna torre di Babele dove ciascuno possiede un pezzetto della verità. Il relativismo moderno arriva a pretendere di essere l’incarnazione della libertà. In questo senso, quest’ultima diventa l’obbligo aggressivo di credere che non esiste alcuna verità superiore; in questo nuovo Eden, se l’uomo rifiuta la verità rivelata da Cristo, diventa libero. Il vivere insieme prende la forma di un orizzonte ineludibile, in cui ogni individuo può disporre della propria visione morale, filosofica e religiosa. Di conseguenza, il relativismo spinge l’uomo a crearsi la propria religione, popolata di molteplici divinità, più o meno patetiche, che nascono e muoiono a seconda delle pulsioni, in un mondo che non può non richiamare le antiche religioni pagane.

In queste catene totalitarie, la Chiesa perde il suo carattere assoluto; i suoi dogmi, i suoi insegnamenti e i suoi sacramenti sono praticamente proibiti o ridimensionati nel loro rigore e nella loro necessità. La Sposa del Figlio di Dio è marginalizzata, in un disprezzo che genera cristianofobia, perché rappresenta un ostacolo permanente. La Chiesa diventa una tra le altre, e l’obiettivo finale del relativismo filosofico resta la sua morte per progressiva diluizione; i relativisti attendono con impazienza questo grande avvenimento, e con loro il principe del mondo. Essi lavorano all’avvento del regno delle tenebre.

Giovanni Paolo II e Joseph Ratzinger, come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, avevano colto l’importanza del mortifero pericolo delle teorie relativiste. La dichiarazione “Dominus Iesus” è in gran parte una risposta al relativismo. (…)


 La mondanità spirituale

Ci possono essere nella chiesa, specialmente nel suo governo, persone che si lasciano andare a comportamenti e abitudini mondane. La mondanità spirituale si nasconde dietro apparenze religiose e spirituali, ma non è altro che una vera negazione di Cristo. Il Figlio di Dio è venuto a dare agli uomini la salvezza, e non un po’ di effimera felicità in salotti rivestiti di bei velluti cremisi. Chi cerca il benessere materiale, il comfort mondano o la propria gloria, lavora per il diavolo, non per l’opera di Cristo. Chi usa il suo sacerdozio per vivere meglio i piaceri di questa terra è un rinnegato. Chi dimentica che il vero potere viene solo da Dio, contravviene alle promesse della sua ordinazione. In molti casi la mondanità spirituale non è lontana dal cadere in una forma di pelagianismo. Il mondano conta sulle proprie forze, lasciando da parte il vero potere della grazia. Infatti, la mondanità è il nemico più perverso dello spirito missionario.


La battaglia in vista del Sinodo

Ho molto rispetto per il cardinale Reinhard Marx. Ma la sua affermazione (“la ricerca di un accompagnamento teologicamente responsabile e pastoralmente appropriato dei credenti divorziati o divorziati e risposati civilmente  appare ovunque tra le sfide urgenti della pastorale familiare e coniugale nel contesto dell’evangelizzazione”, ndt) mi sembra l’espressione di una pura ideologia che si vuole imporre a marce forzate a tutta la chiesa. Secondo la mia esperienza, in particolare come segretario della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, la questione dei “credenti divorziati o divorziati e risposati civilmente” non è una sfida urgente per le chiese d’Africa e d’Asia. Al contrario, si tratta dell’ossessione di certe chiese occidentali che vogliono imporre soluzioni cosidette “teologicamente responsabili e pastoralmente appropriate”, che contraddicono radicalmente l’insegnamento di Gesù e del magistero della chiesa. (…)

La verità del Vangelo deve sempre essere vissuta nel difficile crogiolo dell’impegno di piena vita sociale, economica e culturale. Di fronte alla crisi morale, in particolare a quella del matrimonio e della famiglia, la Chiesa può contribuire alla ricerca di soluzioni giuste e costruttive, ma non ha altra possibilità che parteciparvi riferendosi in modo vigoroso a ciò che la fede in Gesù Cristo apporta di proprio e di unico all’impresa umana. In questo senso, non è possibile immaginare una qualsiasi distorsione tra il magistero e la pastorale. L’idea che consisterebbe nel piazzare il magistero in un bello scrigno separandolo dalla pratica pastorale, la quale potrebbe evolvere a seconda delle circostanze, delle mode e delle passioni, è una forma di eresia, una pericolosa patologia schizofrenica.  Affermo dunque solennemente che la chiesa d’Africa si opporrà fermamente a ogni ribellione contro l’insegnamento di Gesù e del magistero.

Se posso permettermi un richiamo storico, nel IV secolo la chiesa d’Africa e il concilio di Cartagine hanno decretato il celibato sacerdotale. Poi, nel XVI secolo, quello stesso concilio africano costituisce la base sulla quale Papa Pio IV farà affidamento per  fronteggiare le pressioni dei principi tedeschi, che gli chiedevano di autorizzare il matrimonio dei sacerdoti. Anche oggi, la chiesa d’Africa si impegna in nome del Signore Gesù a mantenere invariato l’insegnamento di Dio e della chiesa sull’indissolubilità del matrimonio: ciò che Dio ha unito, l’uomo non separi.


«DIEU OU RIEN» du Cardinal Robert Sarah avec Nicolas Diat © Librairie Arthème Fayard, 2015
(Traduzione di Nicoletta Tiliacos)

mercoledì 3 dicembre 2014

Chiarezza sul santo matrimonio



1. LA "RETRACTATIO"

La nuova conclusione dell'articolo del 1972, riscritta da papa emerito Benedetto XVI nel 2014


[…]

La Chiesa è Chiesa della Nuova Alleanza, ma vive in un mondo nel quale continua ad esistere immutata quella "durezza del [...] cuore" (Mt 19, 8) che ha spinto Mosé a legiferare. Che cosa può dunque fare di concreto, specialmente in un tempo in cui la fede si annacqua sempre più, fin all'interno della Chiesa, e le "cose di cui si preoccupano i pagani", contro le quale il Signore mette in guardia i discepoli (cfr. Mt 6, 32), minacciano di diventare sempre più la norma?

Anzitutto, ed essenzialmente, deve annunciare in modo convincente e comprensibile il messaggio della fede e cercare di aprire spazi dove possa essere vissuta veramente. La guarigione della "durezza del cuore" può giungere soltanto dalla fede, e solo dove essa è viva è possibile vivere ciò che il Creatore aveva destinato all'uomo prima del peccato. Perciò la cosa principale e davvero fondamentale che la Chiesa deve fare è rendere la fede viva e forte.

Allo stesso tempo, la Chiesa deve continuare a cercare di sondare i confini e l'ampiezza delle parole di Gesù. Deve rimanere fedele al mandato del Signore, e non può nemmeno stiracchiarlo troppo. Mi pare che le cosiddette "clausole della fornicazione" che Matteo ha aggiunto alle parole del Signore tramandate da Marco rispecchino già un tale sforzo. Viene menzionata una fattispecie che le parole di Gesù non toccano.

Questo sforzo è proseguito nel corso di tutta la storia. La Chiesa d'Occidente, sotto la guida del successore di Pietro, non ha potuto seguire il cammino della Chiesa dell'impero bizantino, che si era avvicinata sempre più al diritto temporale, indebolendo così la specificità della vita nella fede. Tuttavia, a modo suo ha messo in luce i confini dell'applicabilità delle parole del Signore, definendo così in modo più concreto la loro portata.

Sono emersi soprattutto due ambiti, che sono aperti a una soluzione particolare da parte dell'autorità ecclesiastica.


1. In 1 Cor 7, 12-16 san Paolo – come indicazione personale, che non proviene dal Signore, ma alla quale sa di essere autorizzato – dice ai Corinti, e attraverso di loro alla Chiesa di tutti i tempi, che nel caso di matrimonio tra un cristiano e un non cristiano questo può essere sciolto qualora il non cristiano ostacoli il cristiano nella sua fede. Da ciò la Chiesa ha derivato il cosiddetto "privilegium paulinum", continuando a interpretarlo nella sua tradizione giuridica (cfr. CIC, can. 1143-1150).

Dalle parole di san Paolo la tradizione della Chiesa ha dedotto che solo il matrimonio tra due battezzati è un sacramento autentico e quindi assolutamente indissolubile. Quelli tra un non cristiano e un cristiano sono sì matrimoni secondo l'ordine della creazione e quindi di per sé definitivi. Tuttavia possono essere sciolti a favore della fede e di un matrimonio sacramentale.

La tradizione alla fine ha allargato questo "privilegio paolino",  rendendolo "privilegium petrinum". Ciò significa che il successore di Pietro ha il mandato di decidere, nell'ambito dei matrimoni non sacramentali, quando la separazione è giustificata. Questo cosiddetto "privilegio petrino" non è però stato accolto nel nuovo Codice, come era invece nelle intenzioni iniziali.

Il motivo è stato il dissenso tra due gruppi di esperti. Il primo ha sottolineato che l'obiettivo di tutto il diritto della Chiesa, il suo metro interiore, è la salvezza delle anime. Da ciò consegue che la Chiesa può ed è autorizzata a fare ciò che serve per perseguire questo fine. L'altro gruppo, al contrario, era dell'idea che i mandati del ministero petrino non dovessero essere allargati troppo e che occorresse rimanere entro i confini riconosciuti dalla fede della Chiesa.

Poiché non fu possibile trovare un accordo tra questi due gruppi, papa Giovanni Paolo II decise di non accogliere nel Codice questa parte delle consuetudini giuridiche della Chiesa, ma di continuare ad affidarla alla congregazione per la dottrina della fede che, insieme con la prassi concreta, deve esaminare continuamente le basi e i confini del mandato della Chiesa in questo ambito.


2. Nel corso del tempo si è sviluppata sempre più chiaramente la consapevolezza che un matrimonio contratto apparentemente in modo valido, a causa di vizi giuridici o effettivi può non essersi realmente concretizzato e quindi può essere nullo. Nella misura in cui la Chiesa ha sviluppato il proprio diritto matrimoniale, essa ha anche elaborato dettagliatamente le condizioni per la validità e i motivi di possibile nullità.

La nullità del matrimonio può derivare da errori nella forma giuridica, ma anche e soprattutto da una insufficiente consapevolezza. Trattando la realtà del matrimonio, la Chiesa ha riconosciuto molto presto che il matrimonio viene costituito come tale attraverso il consenso dei due partner, che deve essere espresso anche pubblicamente in una forma definita dal diritto (CIC, can. 1057 § 1). Il contenuto di questa decisione comune è il dono reciproco attraverso un vincolo irrevocabile  (CIC, can. 1057 § 2; can. 1096 § 1). Il diritto canonico presuppone che le persone adulte sappiano da sole, a partire dalla loro natura, che cos'è il matrimonio, e quindi sappiano anche che è definitivo; il contrario dovrebbe essere espressamente dimostrato (CIC, can. 1096 § 1 e § 2).

Su questo punto, negli ultimi decenni sono nati nuovi interrogativi. Oggi si può ancora presumere che le persone sappiano "per natura" della definitività e dell'indissolubilità del  matrimonio e che vi acconsentano con il loro sì? O non si è forse verificato nella società attuale, perlomeno nei paesi occidentali, un cambiamento della consapevolezza che fa piuttosto presumere il contrario? Si può dare per scontata la volontà del sì definitivo o non ci si deve piuttosto aspettare il contrario, ovvero che già prima si è predisposti al divorzio? Laddove la definitività venisse esclusa consapevolmente, non si realizzerebbe davvero il matrimonio nel senso della volontà del Creatore e dell'interpretazione di Cristo. Da qui si percepisce quanto oggi sia diventata importante una corretta preparazione al sacramento.

La Chiesa non conosce il divorzio. Tuttavia, dopo quanto appena accennato, essa non può escludere la possibilità di matrimoni nulli. I processi di annullamento devono essere condotti in due direzioni e con grande attenzione: non devono diventare un divorzio camuffato. Sarebbe disonesto e contrario alla serietà del sacramento. D'altra parte, devono esaminare con la necessaria coscienziosità le problematiche della possibile nullità e, laddove vi siano motivi giusti a favore dell'annullamento, esprimere la sentenza corrispondente, aprendo così a tali persone una porta nuova.

Nel nostro tempo sono emersi nuovi aspetti del problema della validità. Ho già accennato sopra che la consapevolezza naturale dell'indissolubilità del matrimonio è diventata problematica e che da ciò derivano nuovi compiti per la procedura processuale. Vorrei indicare brevemente altri due elementi nuovi:

a. Il can. 1095 n. 3 ha inscritto la problematica moderna nel diritto canonico laddove dice che non sono capaci di contrarre matrimonio le persone che "per cause di natura psichica non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio". Oggi, i problemi psichici delle persone, proprio dinanzi a una realtà così grande come il matrimonio, vengono percepiti più chiaramente rispetto al passato. Tuttavia, è bene mettere in guardia dal costruire in maniera avventata la nullità a partire dai problemi psichici. Così facendo, in realtà, sarebbe troppo facile pronunciare un divorzio sotto l'apparenza della nullità.

b. Oggi si impone con grande serietà un'altra domanda. Attualmente ci sono sempre più pagani battezzati, vale a dire persone diventate cristiane per mezzo del battesimo, ma che non credono e che non hanno mai conosciuto la fede. Si tratta di una situazione paradossale: il battesimo rende la persona cristiana, ma senza fede essa rimane comunque solo un pagano battezzato. Il can. 1055 § 2 dice che "tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento". Ma che cosa succede se un battezzato non credente non conosce affatto il sacramento? Potrebbe anche avere la volontà dell'indissolubilità, ma non vede la novità della fede cristiana. L'aspetto tragico di questa situazione appare evidente soprattutto quando battezzati pagani si convertono alla fede e iniziano una vita totalmente nuova. Sorgono qui delle domande per le quali non abbiamo ancora una risposta. È quindi ancora più urgente approfondirle. 


3. Da quanto detto finora è emerso che la Chiesa d'Occidente – la Chiesa cattolica –, sotto la guida del successore di Pietro, da un lato sa di essere strettamente vincolata alla parola del Signore sull'indissolubilità del matrimonio, dall'altro ha però anche cercato di riconoscere i limiti di questa indicazione per non imporre alle persone più di quanto è necessario.

Così, partendo dal suggerimento dell'apostolo Paolo e appoggiandosi al tempo stesso sull'autorità del ministero petrino, per i matrimoni non sacramentali ha elaborato ulteriormente la possibilità del divorzio in favore della fede. Allo stesso modo ha esaminato sotto ogni aspetto la nullità di un matrimonio.

L'esortazione apostolica "Familiaris consortio" di Giovanni Paolo II, del 1981, ha compiuto un ulteriore passo. Al numero 84 è scritto: "Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa [...]. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza".

Con ciò alla pastorale viene affidato un compito importante, che forse non è ancora stato trasposto a sufficienza nella vita della quotidianità della Chiesa. Alcuni dettagli sono indicati nell'esortazione stessa. Vi viene detto che queste persone, in quanto battezzate, possono partecipare alla vita della Chiesa, che addirittura devono farlo. Vengono elencate le attività cristiane che per loro sono possibili e necessarie. Forse, però, bisognerebbe sottolineare con maggiore chiarezza che cosa possono fare i pastori e i fratelli nella fede perché esse possano sentire veramente l'amore della Chiesa. Penso che bisognerebbe riconoscere loro la possibilità di impegnarsi nelle associazioni ecclesiali e anche di accettare di fare da padrino o da madrina, cosa che per ora il diritto non prevede.

C'è un altro punto di vista che mi s'impone. L'impossibilità di ricevere la santa eucaristia viene percepita come tanto dolorosa non da ultimo perché, attualmente, quasi tutti coloro che partecipano alla messa si accostano anche alla mensa del Signore. Così, le persone colpite appaiono anche pubblicamente squalificate come cristiani.

Ritengo che il monito di san Paolo all'autoesame e alla riflessione sul fatto che si tratta del Corpo del Signore dovrebbe essere presa nuovamente sul serio: "Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1 Cor 11, 28 s.) Un serio esame di sé, che può anche portare a rinunciare alla comunione, ci farebbe inoltre sentire in modo nuovo la grandezza del dono dell'eucaristia e per giunta rappresenterebbe una forma di solidarietà con le persone divorziate e risposate.

Vorrei aggiungere un altro suggerimento pratico. In molti paesi è diventata consuetudine che le persone che non possono comunicarsi (per esempio gli appartenenti ad altre confessioni) si accostino all'altare, ma tengano le mani sul petto, facendo in tal modo capire che non ricevono il santissimo sacramento, ma che chiedono una benedizione, che viene loro donata come segno dell'amore di Cristo e della Chiesa. Questa forma certamente potrebbe essere scelta anche dalle persone che vivono in un secondo matrimonio e quindi non sono ammesse alla mensa del Signore. Il fatto che ciò renda possibile una comunione spirituale intensa con il Signore, con tutto il suo Corpo, con la Chiesa, potrebbe essere per loro un'esperienza spirituale che le rafforza e le aiuta.

(Traduzione dall'originale tedesco di Simona Storioni)

AMDG et BVM

domenica 5 ottobre 2014

C’è molta confusione nella Chiesa per il Sinodo che si apre oggi





Antonio Socci pagina ufficiale
7 h · Modificato ·

 


LE STREPITOSE PAGINE DI RATZINGER DA CUI BERGOGLIO PUO’ IMPARARE COSA E’ IL PAPATO. E SUL SINODO UN KASPER A SORPRESA….. (per evitare equivoci segnalo che le pagine qua sotto non sono nel libro: questo è un articolo pubblicato stamani su "Libero")

C’è molta confusione nella Chiesa per il Sinodo che si apre oggi e discuterà sulla comunione ai divorziati risposati. Molti credenti sono smarriti di fronte alla via “rivoluzionaria” indicata dal cardinale Kasper che fu incaricato da papa Francesco di lanciare la novità al Concistoro di febbraio e che dice sempre di parlare a nome di papa Francesco (“Io ho parlato con il Santo Padre. Ho concordato tutto con lui”) .
La schiacciante maggioranza dei cardinali è in totale dissenso da lui. Dunque ora cosa accadrà?
Davvero il Papa può intraprendere una via che capovolge quanto la Chiesa, in base alle stesse parole di Gesù e ai testi paolini, ha costantemente insegnato per duemila anni? E’ possibile mettere in discussione i comandamenti, il Vangelo e i sacramenti?

VERITA’ SUL PAPATO

Qualcuno crede che i Papi possano farlo e i media alimentano questa aspettativa. In realtà non è affatto così, perché – come ha sempre ripetuto Benedetto XVI – la Chiesa è di Cristo e non dei papi, i quali sono temporanei amministratori e non padroni.
Essi sono sottoposti alla legge di Dio e alla Parola di Dio e devono servire il Signore e custodire il “depositum fidei” loro affidato. Non possono impadronirsene o mutarlo secondo proprie idee personali.
Quello che tanti – anche fra i credenti – ignorano sono i limiti strettissimi che la Chiesa da sempre ha posto ai papi, mentre riconosceva l’ “infallibilità” petrina nei pronunciamenti “ex cathedra” sui temi di fede e di morale.

Proprio nella Costituzione dogmatica “Pastor Aeternus” con cui al Concilio Vaticano I si definiva l’infallibilità papale, si legge:
“Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede”.
Il grande Joseph Ratzinger così spiegava questo principio ignorato dalla gran parte dei credenti:
“Il papa non è il signore supremo – dall’epoca di Gregorio Magno ha assunto il titolo di ‘servo dei servi di Dio’ – ma dovrebbe essere - amo dire – il garante dell’ubbidienza, della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, escludendo ogni arbitrio da parte sua. Il papa non può dire: La Chiesa sono io, oppure: La tradizione sono io, ma al contrario ha precisi vincoli, incarna l’obbligo della Chiesa a conformarsi alla parola di Dio. Se nella Chiesa sorgono tentazioni a fare diversamente, a scegliere la via più comoda, deve chiedersi se ciò è lecito. Il papa non è dunque un organo che possa dare vita a un’altra Chiesa, ma è un argine contro l’arbitrio”.

Dopo queste chiare spiegazioni Ratzinger aggiungeva:
“Faccio un esempio: dal Nuovo Testamento sappiamo che il matrimonio sacramentale è indissolubile. Ci sono correnti d’opinione che sostengono che il Papa potrebbe abrogare quest’obbligo. Ma non è così. E nel gennaio del 2000, rivolgendosi ai giudici romani, il papa (Giovanni Paolo II) ha detto che, rispetto alla tendenza a voler vedere revocato il vincolo dell’indissolubilità del matrimonio, egli non può fare tutto ciò che vuole, ma deve anzi accentuare l’obbedienza, deve proseguire anche in questo senso il gesto della lavanda dei piedi”.

Anche il cardinale Caffarra, un’autorità sui temi morali già dal pontificato di Giovanni Paolo II, opponendosi alla proposta di Kasper, ha sottolineato che nemmeno i pontefici possono sciogliere il vincolo del primo matrimonio, quindi la Chiesa non può riconoscere un secondo matrimonio, né di diritto, né di fatto, come prospetta Kasper con l’ammissione all’eucarestia dei divorziati risposati.
Caffarra ha anche voluto ricordare la parole di Giovanni Paolo II in un’allocuzione alla Sacra Rota: “emerge con chiarezza che la non estensione della potestà del romano Pontefice ai matrimoni rati e consumati, è insegnata dal magistero della Chiesa come dottrina da tenersi definitivamente anche se essa non è stata dichiarata in forma solenne mediante atto definitorio”.

Il cardinale di Bologna ha spiegato il peso di queste parole di papa Wojtyla: “La formula è tecnica, ‘dottrina da tenersi definitivamente’ vuol dire che su questo non è più ammessa la discussione fra i teologi e il dubbio tra i fedeli”.
In pratica questa verità non può nemmeno essere messa in discussione fra i credenti. Conseguentemente non è possibile nemmeno mutare la disciplina relativa all’accesso all’eucaristia.

IL KASPER DI IERI

C’è un libro significativo dello stesso cardinale Kasper, un volume oggi introvabile e dimenticato da tutti che fu pubblicato appena dieci anni fa da Herder e Queriniana e s’intitolava “Sacramento dell’unità. Eucaristia e Chiesa”.
Fu scritto e pubblicato in occasione dell’anno eucaristico indetto da Giovanni Paolo II fra 2004 e 2005. Quel libro di Kasper che tocca vari punti spinosi e contestati e sembra davvero in linea col magistero di sempre della Chiesa e di papa Wojtyla.

Per quanto riguarda l’accesso alla comunione sacramentale, Kasper sottolinea che non può essere per tutti: “non possiamo invitare tutti a riceverla”.
Non vi si può accedere in stato di peccato grave, ma solo quando – tramite la confessione – si è in grazia di Dio per “non mangiare e bere indegnamente il corpo e il sangue del Signore”.
Kasper aggiunge: “L’affermazione che l’unità e la comunione sono possibili soltanto nel segno della croce ne include un’altra, e cioè che l’eucaristia non è possibile senza il sacramento del perdono. La Chiesa antica era pienamente cosciente di questo nesso. Nella Chiesa antica la struttura visibile del sacramento della penitenza consisteva nella riammissione del peccatore alla comunione eucaristica. Communio, excommunicatio e reconciliatio costituivano tutt’uno. Dietrich Bonhoeffer, il teologo luterano giustiziato dai nazisti nel 1945, ha messo giustamente in guardia dalla grazia a buon mercato. ‘Grazia a buon mercato è sacramento in svendita, è la cena del Signore senza la remissione dei peccati, è l’assoluzione senza confessione personale’. La grazia a buon mercato è per Bonhoeffer la causa della decadenza della Chiesa”.

La “concezione superficiale” dell’eucaristia, spiegava Kasper, “disgiunta dalla croce e dal sacramento della penitenza conduce alla banalizzazione di tali aspetti e alla crisi dell’eucaristia quale quella a cui oggi assistiamo nella vita della Chiesa”.
Il cardinale tedesco arrivava a scrivere giustamente: “La crisi della concezione dell’eucaristia è il nucleo stesso della crisi della Chiesa odierna”.
Ognuno può facilmente valutare la contraddizione fra questo Kasper dell’altroieri e il Kasper di oggi.

PASTORALE ?

Gli “innovatori” del Sinodo, di cui egli è uno dei capifila, ovviamente non hanno il coraggio di mettere in discussione apertamente la dottrina, perché questo significherebbe mettere in soffitta il Vangelo stesso.
Essi sostengono che non si tratta di cambiare la dottrina, ma solo la pastorale sull’accesso all’eucaristia.

Ma nella Chiesa dogma e pastorale non possono assolutamente essere separate. La ragione teologica della loro unione indissolubile l’ha spiegata ancora una volta Joseph Ratzinger: “pastorale e dogma s’intrecciano in modo indissolubile: è la verità di Colui che è a un tempo ‘Logos’ e ‘pastore’, come ha profondamente compreso la primitiva arte cristiana che raffigurava il Logos come pastore e nel pastore scorgeva il Verbo eterno, che è per l’uomo la vera indicazione della via”.

In sostanza Gesù Buon Pastore è anche il Logos, il Verbo eterno di Dio. Non è possibile separare la misericordia dalla verità.
Ciò significa che non si può mutare l’accesso all’eucaristia per una categoria particolare di persone come i divorziati risposati (per i quali vale la legge che vale per tutti), ma vuol dire pure che verso di loro la Chiesa – come hanno ripetuto papa Wojtyla e Benedetto XVI – intende manifestare in mille altri modi la sua amorosa accoglienza di madre.


Antonio Socci

Da “Libero”, 5 ottobre 2014

www.antoniosocci.com