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lunedì 18 luglio 2016

Adultero e maledetto è

Gli sposi Louis (1823-1894) e Zélie (1831-1877) Martin: 
zelanti genitori di santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo

GESU'  ha detto:
Adultero e maledetto è quel vivente che scinde un’unione, prima voluta, per capriccio di carne o per insofferenza morale, perché se egli o ella dicono che il coniuge e ormai per essi cagione di peso e ripugnanza, Io dico che Dio ha dato all’uomo riflessione e intelletto perché lo usi e tanto più lo usi in casi di così grave importanza come la formazione di una nuova famiglia; 

Io dico ancora che se si è in un primo tempo errato per leggerezza o per calcolo, occorre poi sopportare le conseguenze per non creare maggiori sciagure che ricadono specialmente sul coniuge più buono e sugli innocenti, portati a soffrire  più che la vita non comporti e a giudicare coloro che Io ho fatto ingiudicabili per precetto: il padre e la madre. 

Io dico infine, che la virtù del sacramento, se foste cristiani, veri e non quei bastardi che siete,  dovrebbe agire in voi coniugi, per fare di voi un’anima sola che si ama in una carne sola e non due belve che si odiano legate ad una stessa catena. (…)

Nulla vi rende lecito l’essere adulteri. Nulla. Non l’abbandono o la malattia del coniuge e molto meno il suo carattere più o meno odioso. (…)


Io ho detto e non muto il mio dire, che è adultero non solo chi consuma adulterio, ma chi desidera consumarlo nel suo cuore perché guarda con fame di sensi la donna o l’uomo non suo. (…)  


Il mondo si frantuma in rovine perché per prime si sono rovinate le famiglie. (…) 

La libidine estingue la Luce dello spirito e uccide la Grazia. Senza Grazia e senza Luce voi non differite dai bruti e compite perciò azioni da bruti. 25.9.43
<< Vieni, Spirito Santo, vieni
per mezzo della potente intercessione
del Cuore Immacolato di Maria
tua Sposa amatissima >>

lunedì 24 agosto 2015

SAPIENZA DIVINA


Matrimonio e famiglia

La provenienza dei diversi scritti [di Maria Valtorta] è stata posta nelle note a fondo pagina. Ogni titolo di brano riporta un rimando specifico a queste note.

34. ...LE BEATITUDINI (QUINTA PARTE) [1]

Vi è anche stato detto : “Chiunque rimanda la propria moglie le dia libello di divorzio”. Ma questo va riprovato. Non viene da Dio. Dio disse ad Adamo: “Questa è la compagna che ti ho fatto. Crescete e moltiplicatevi sulla terra, riempitela e fatela a voi soggetta”. E Adamo, pieno di intelligenza superiore perché ancora il peccato non aveva offuscata la sua ragione uscita perfetta da Dio, esclamò : “Ecco finalmente l'osso delle mie ossa e la carne della mia carne. Questa sarà chiamata Virago, ossia altro me, perché tratta dall'uomo. Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre, e i due saranno una sola carne”. E in un accresciuto splendere di luci l'Eterna Luce approvò con un sorriso il detto d'Adamo, che diventò la prima, incancellabile legge. Ora, se per la sempre crescente durezza dell'uomo, l'uomo legislatore dovette mettere un nuovo codice; se per la sempre crescente volubilità dell'uomo dovette mettere un freno e dire : “Se però l'hai ripudiata non la puoi più riprendere”, questo non cancella la prima, genuina legge, nata nel Paradiso Terrestre e approvata da Dio.

Io vi dico : “Chiunque rimanda la propria moglie, eccetto il caso di provata fornicazione, l'espone all'adulterio”. Perchè, infatti, che farà nel novanta per cento dei casi, la donna ripudiata? Passerà ad altre nozze. Con quali conseguenze? Oh! su questo quanto ci sarebbe da dire! Non sapete che potete provocare incesti involontari con questo sistema? Quante lacrime sparse per una lussuria! Sì. Lussuria. Non ha altro nome. Siate schietti. Tutto si può superare quando lo spirito è retto. Ma tutto si presta a motivo per soddisfare il senso quando lo spirito è lussurioso. 

Frigidità femminile, pesantezza di lei, incapacità relativa alle faccende, lingua bisbetica, amore al lusso, tutto si supera, anche le malattie, anche la irascibilità, se si ama santamente. Ma siccome dopo qualche tempo non si ama più come il primo giorno, ecco che allora si vede impossibile ciò che è più che possibile, e si getta una povera donna sulla via e verso la perdizione.

Fa adulterio chi la respinge. Fa adulterio chi la sposa dopo il ripudio. Solo la morte rompe il matrimonio. Ricordatevelo. E se avete fatto una scelta infelice portatene le conseguenze come una croce, essendo due infelici, ma santi, e senza fare maggiori infelici nei figli che sono gli innocenti che più soffrono di queste disgraziate situazioni.


L'amore dei figli dovrebbe farvi meditare cento volte e cento, anche nel caso di una morte di coniuge. Oh! se sapeste accontentarvi di quanto avete avuto e al quale Dio ha detto “Basta”! . 

Se sapeste voi vedovi, e voi vedove, vedere nella morte non una menomazione ma una elevazione ad una perfezione di procreatori! Esser madre anche per la madre estinta. Esser padre anche per il padre estinto. Esser due anime in una, raccogliere l'amore per le creature sul labbro gelato del morente e dire “Va' in pace, senza paura per quelli che da te sono venuti. Io continuerò ad amarli, per te e per me, amarli due volte, sarò padre e madre, e l'infelicità dell'orfano non peserà su loro e neppure sentiranno la innata gelosia del figlio di coniuge risposato per colui o colei che prende il posto sacro alla madre, al padre, da Dio chiamati ad altra dimora”.

venerdì 20 giugno 2014

SESTO COMANDAMENTO


IL SESTO COMANDAMENTO
« Non commettere adulterio » (Es 20,14). 217
« Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore » (Mt 5,27-28).

2331 « Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione e di amore. Creandola a sua immagine [...] Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione ». 218
« Dio creò l'uomo a sua immagine; [...] maschio e femmina li creò » (Gn 1,27); « Siate fecondi e moltiplicatevi » (Gn 1,28); « Quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati » (Gn 5,1-2).
2332 La sessualità esercita un'influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell'unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l'affettività, la capacità di amare e di procreare, e, in un modo più generale, l'attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri.
2333 Spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale. Ladifferenza e la complementarità fisiche, morali e spirituali sono orientate ai beni del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare. L'armonia della coppia e della società dipende in parte dal modo in cui si vivono tra i sessi la complementarità, il bisogno vicendevole e il reciproco aiuto.
2334 « Creando l'uomo "maschio e femmina", Dio dona la dignità personale in egual modo all'uomo e alla donna ». 219 « L'uomo è una persona, in eguale misura l'uomo e la donna: ambedue infatti sono stati creati ad immagine e somiglianza del Dio personale ». 220
2335 Ciascuno dei due sessi, con eguale dignità, anche se in modo differente, è immagine della potenza e della tenerezza di Dio. L'unione dell'uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare, nella carne, la generosità e la fecondità del Creatore: « L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne » (Gn 2,24). Da tale unione derivano tutte le generazioni umane. 221
2336 Gesù è venuto a restaurare la creazione nella purezza delle sue origini. Nel discorso della montagna dà un'interpretazione rigorosa del progetto di Dio: « Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore » (Mt 5,27-28). L'uomo non deve separare quello che Dio ha congiunto. 222
La Tradizione della Chiesa ha considerato il sesto comandamento come inglobante l'insieme della sessualità umana.

2337 La castità esprime la raggiunta integrazione della sessualità nella persona e conseguentemente l'unità interiore dell'uomo nel suo essere corporeo e spirituale. La sessualità, nella quale si manifesta l'appartenenza dell'uomo al mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell'uomo e della donna.
La virtù della castità, quindi, comporta l'integrità della persona e l'integralità del dono.

L'integrità della persona
2338 La persona casta conserva l'integrità delle forze di vita e di amore che sono in lei. Tale integrità assicura l'unità della persona e si oppone a ogni comportamento che la ferirebbe. Non tollera né doppiezza di vita, né doppiezza di linguaggio. 223
2339 La castità richiede l'acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà umana. L'alternativa è evidente: o l'uomo comanda alle sue passioni e consegue la pace, oppure si lascia asservire da esse e diventa infelice. 224 « La dignità dell'uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso o per mera coazione esterna. Ma l'uomo ottiene tale dignità quando, liberandosi da ogni schiavitù delle passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti ». 225
2340 Colui che vuole restare fedele alle promesse del suo Battesimo e resistere alle tentazioni, avrà cura di valersi dei mezzi corrispondenti: la conoscenza di sé, la pratica di un'ascesi adatta alle situazioni in cui viene a trovarsi, l'obbedienza ai divini comandamenti, l'esercizio delle virtù morali e la fedeltà alla preghiera. « La continenza in verità ci raccoglie e ci riconduce a quell'unità, che abbiamo perduto disperdendoci nel molteplice ». 226
2341 La virtù della castità è strettamente dipendente dalla virtù cardinale della temperanza, che mira a far condurre dalla ragione le passioni e gli appetiti della sensibilità umana.
2342 Il dominio di sé è un'opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno da ricominciare ad ogni età della vita. 227 Lo sforzo richiesto può essere maggiore in certi periodi, quelli, per esempio, in cui si forma la personalità, l'infanzia e l'adolescenza.
2343 La castità conosce leggi di crescita, la quale passa attraverso tappe segnate dall'imperfezione e assai spesso dal peccato. L'uomo virtuoso e casto « si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte: per questo egli conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita ». 228
2344 La castità rappresenta un impegno eminentemente personale; implica anche uno sforzo culturale, poiché « il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società [sono] tra loro interdipendenti ». 229 La castità suppone il rispetto dei diritti della persona, in particolare quello di ricevere un'informazione ed un'educazione che rispettino le dimensioni morali e spirituali della vita umana.
2345 La castità è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio, una grazia, un frutto dello Spirito.230 Lo Spirito Santo dona di imitare la purezza di Cristo 231 a colui che è stato rigenerato dall'acqua del Battesimo.

L'integralità del dono di sé
2346 La carità è la forma di tutte le virtù. Sotto il suo influsso, la castità appare come una scuola del dono della persona. La padronanza di sé è ordinata al dono di sé. La castità rende colui che la pratica un testimone, presso il prossimo, della fedeltà e della tenerezza di Dio.
2347 La virtù della castità si dispiega nell'amicizia. Indica al discepolo come seguire ed imitare colui che ci ha scelti come suoi amici, 232 si è totalmente donato a noi e ci ha reso partecipi della sua condizione divina. La castità è promessa di immortalità.
La castità si esprime particolarmente nell'amicizia per il prossimo. Coltivata tra persone del medesimo sesso o di sesso diverso, l'amicizia costituisce un gran bene per tutti. Conduce alla comunione spirituale.

Le diverse forme della castità
2348 Ogni battezzato è chiamato alla castità. Il cristiano si è rivestito di Cristo, 233 modello di ogni castità. Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a condurre una vita casta secondo il loro particolare stato di vita. Al momento del Battesimo il cristiano si è impegnato a vivere la sua affettività nella castità.
2349 « La castità deve distinguere le persone nei loro differenti stati di vita: le une nella verginità o nel celibato consacrato, un modo eminente di dedicarsi più facilmente a Dio solo, con cuore indiviso; le altre, nella maniera quale è determinata per tutti dalla legge morale e secondo che siano sposate o celibi ». 234 Le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano la castità nella continenza:
« Ci sono tre forme della virtù di castità: quella degli sposi, quella della vedovanza, infine quella della verginità. Non lodiamo l'una escludendo le altre. [...] Sotto questo aspetto, la disciplina della Chiesa è ricca ». 235
2350 I fidanzati sono chiamati a vivere la castità nella continenza. Messi così alla prova, scopriranno il reciproco rispetto, si alleneranno alla fedeltà e alla speranza di riceversi l'un l'altro da Dio. Riserveranno al tempo del matrimonio le manifestazioni di tenerezza proprie dell'amore coniugale. Si aiuteranno vicendevolmente a crescere nella castità.

Le offese alla castità
2351 La lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo. Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione.
2352 Per masturbazione si deve intendere l'eccitazione volontaria degli organi genitali, al fine di trarne un piacere venereo. « Sia il Magistero della Chiesa – nella linea di una tradizione costante – sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato ». « Qualunque ne sia il motivo, l'uso deliberato della facoltà sessuale al di fuori dei rapporti coniugali normali contraddice essenzialmente la sua finalità ». Il godimento sessuale vi è ricercato al di fuori della « relazione sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana ». 236
Al fine di formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale dei soggetti e per orientare l'azione pastorale, si terrà conto dell'immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato d'angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono attenuare, se non addirittura ridurre al minimo, la colpevolezza morale.
2353 La fornicazione è l'unione carnale tra un uomo e una donna liberi, al di fuori del matrimonio. Essa è gravemente contraria alla dignità delle persone e della sessualità umana naturalmente ordinata sia al bene degli sposi, sia alla generazione e all'educazione dei figli. Inoltre è un grave scandalo quando vi sia corruzione dei giovani.
2354 La pornografia consiste nel sottrarre all'intimità dei partner gli atti sessuali, reali o simulati, per esibirli deliberatamente a terze persone. Offende la castità perché snatura l'atto coniugale, dono intimo e reciproco degli sposi. Lede gravemente la dignità di coloro che vi si prestano (attori, commercianti, pubblico), poiché l'uno diventa per l'altro oggetto di un piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell'illusione di un mondo irreale. È una colpa grave. Le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici.
2355 La prostituzione offende la dignità della persona che si prostituisce, ridotta al piacere venereo che procura. Colui che paga pecca gravemente contro se stesso: viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo e macchia il suo corpo, tempio dello Spirito Santo. 237 La prostituzione costituisce una piaga sociale. Normalmente colpisce donne, ma anche uomini, bambini o adolescenti (in questi due ultimi casi il peccato è, al tempo stesso, anche uno scandalo). Il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l'imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla pressione sociale.
2356 Lo stupro indica l'entrata con forza, mediante violenza, nell'intimità sessuale di una persona. Esso viola la giustizia e la carità. Lo stupro lede profondamente il diritto di ciascuno al rispetto, alla libertà, all'integrità fisica e morale. Arreca un grave danno, che può segnare la vittima per tutta la vita. È sempre un atto intrinsecamente cattivo. Ancora più grave è lo stupro commesso da parte di parenti stretti (incesto) o di educatori ai danni degli allievi che sono loro affidati.

Castità e omosessualità

2357 L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni,238 la Tradizione ha sempre dichiarato che « gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati ». 239 Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.

2360 La sessualità è ordinata all'amore coniugale dell'uomo e della donna. Nel matrimonio l'intimità corporale degli sposi diventa un segno e un pegno della comunione spirituale. Tra i battezzati, i legami del matrimonio sono santificati dal sacramento.
2361 « La sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano solo se è parte integrante dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte »: 240
« Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: "Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza". Essa si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: "Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri [...]. Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Degnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia". E dissero insieme: "Amen, amen!". Poi dormirono per tutta la notte » (Tb 8,4-9).
2362 « Gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono onorevoli e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano, ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi ». 241 La sessualità è sorgente di gioia e di piacere:
« Il Creatore stesso [...] ha stabilito che nella reciproca donazione fisica totale gli sposi provino un piacere e una soddisfazione sia del corpo sia dello spirito. Quindi, gli sposi non commettono nessun male cercando tale piacere e godendone. Accettano ciò che il Creatore ha voluto per loro. Tuttavia gli sposi devono saper restare nei limiti di una giusta moderazione ». 242
2363 Mediante l'unione degli sposi si realizza il duplice fine del matrimonio: il bene degli stessi sposi e la trasmissione della vita. Non si possono disgiungere questi due significati o valori del matrimonio, senza alterare la vita spirituale della coppia e compromettere i beni del matrimonio e l'avvenire della famiglia.
L'amore coniugale dell'uomo e della donna è così posto sotto la duplice esigenza della fedeltà e della fecondità.

La fedeltà coniugale
2364 La coppia coniugale forma una « intima comunità di vita e di amore [che], fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie, è stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale ». 243 Gli sposi si donano definitivamente e totalmente l'uno all'altro. Non sono più due, ma ormai formano una carne sola. L'alleanza stipulata liberamente dai coniugi impone loro l'obbligo di conservarne l'unità e l'indissolubilità. 244 « L'uomo [...] non separi ciò che Dio ha congiunto » (Mc 10,9). 245
2365 La fedeltà esprime la costanza nel mantenere la parola data. Dio è fedele. Il sacramento del Matrimonio fa entrare l'uomo e la donna nella fedeltà di Cristo alla sua Chiesa. Mediante la castità coniugale, essi rendono testimonianza a questo mistero di fronte al mondo.
San Giovanni Crisostomo suggerisce ai giovani sposi di fare questo discorso alla loro sposa: « Ti ho presa tra le mie braccia, ti amo, ti preferisco alla mia stessa vita. Infatti l'esistenza presente è un soffio, e il mio desiderio più vivo è di trascorrerla con te in modo tale da avere la certezza che non saremo separati in quella futura. [...] Metto l'amore per te al di sopra di tutto e nulla sarebbe per me più penoso che il non essere sempre in sintonia con te ». 246

La fecondità del matrimonio

2366 La fecondità è un dono, un fine del matrimonio; infatti l'amore coniugale tende per sua natura ad essere fecondo. Il figlio non viene ad aggiungersi dall'esterno al reciproco amore degli sposi; sboccia nel cuore stesso del loro mutuo dono, di cui è frutto e compimento. Perciò la Chiesa, che « sta dalla parte della vita », 247 insegna che « qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto per sé alla trasmissione della vita ». 248 « Tale dottrina, più volte esposta dal Magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo ». 249

2367 Chiamati a donare la vita, gli sposi partecipano della potenza creatrice e della paternità di Dio.250 « Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato come la loro propria missione, i coniugi sanno di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e come suoi interpreti. E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità ». 251

2368 Un aspetto particolare di tale responsabilità riguarda la regolazione della procreazione. Per validi motivi 252 gli sposi possono voler distanziare le nascite dei loro figli. Devono però verificare che il loro desiderio non sia frutto di egoismo, ma sia conforme alla giusta generosità di una paternità responsabile. Inoltre regoleranno il loro comportamento secondo i criteri oggettivi della moralità:
« Quando si tratta di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale ». 253
2369 « Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità ». 254
2370 La continenza periodica, i metodi di regolazione delle nascite basati sull'auto-osservazione e il ricorso ai periodi infecondi 255 sono conformi ai criteri oggettivi della moralità. Tali metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano tra loro la tenerezza e favoriscono l'educazione ad una libertà autentica. Al contrario, è intrinsecamente cattiva « ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione ». 256
« Al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contraddittorio, quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell'amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale. [...] La differenza antropologica e al tempo stesso morale, che esiste tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi temporali [...], coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili ». 257
2371 « Sia chiaro a tutti che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non sono limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare e capire in questo mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno degli uomini ». 258
2372 Lo Stato è responsabile del benessere dei cittadini. È legittimo che, a questo titolo, prenda iniziative al fine di orientare l'incremento della popolazione. Può farlo con un'informazione obiettiva e rispettosa, mai però con imposizioni autoritarie e cogenti. Non può legittimamente sostituirsi all'iniziativa degli sposi, primi responsabili della procreazione e dell'educazione dei propri figli. 259 In questo campo non è autorizzato a intervenire con mezzi contrari alla legge morale.


Il dono del figlio

2373 La Sacra Scrittura e la pratica tradizionale della Chiesa vedono nelle famiglie numerose un segno della benedizione divina e della generosità dei genitori. 260
2374 Grande è la sofferenza delle coppie che si scoprono sterili. « Che mi darai? », chiede Abramo a Dio. « Io me ne vado senza figli... » (Gn 15,2). « Dammi dei figli, se no io muoio! », grida Rachele al marito Giacobbe (Gn 30,1).
2375 Le ricerche finalizzate a ridurre la sterilità umana sono da incoraggiare, a condizione che si pongano « al servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale, secondo il progetto e la volontà di Dio ». 261
2376 Le tecniche che provocano una dissociazione dei genitori, per l'intervento di una persona estranea alla coppia (dono di sperma o di ovocita, prestito dell'utero) sono gravemente disoneste. Tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali eterologhe) ledono il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre conosciuti da lui e tra loro legati dal matrimonio. Tradiscono « il diritto esclusivo [degli sposi] a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro ». 262
2377 Praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma rimangono moralmente inaccettabili. Dissociano l'atto sessuale dall'atto procreatore. L'atto che fonda l'esistenza del figlio non è più un atto con il quale due persone si donano l'una all'altra, bensì un atto che « affida la vita e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e all'uguaglianza che dev'essere comune a genitori e figli ». 263 « La procreazione è privata dal punto di vista morale della sua perfezione propria quando non è voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto specifico dell'unione degli sposi [...]; soltanto il rispetto del legame che esiste tra i significati dell'atto coniugale e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una procreazione conforme alla dignità della persona ». 264
2378 Il figlio non è qualcosa di dovuto, ma un dono. Il « dono più grande del matrimonio » è una persona umana. Il figlio non può essere considerato come oggetto di proprietà: a ciò condurrebbe il riconoscimento di un preteso « diritto al figlio ». In questo campo, soltanto il figlio ha veri diritti: quello « di essere il frutto dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi genitori e anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento ». 265
2379 Il Vangelo mostra che la sterilità fisica non è un male assoluto. Gli sposi che, dopo aver esaurito i legittimi ricorsi alla medicina, soffrono di sterilità, si uniranno alla croce del Signore, sorgente di ogni fecondità spirituale. Essi possono mostrare la loro generosità adottando bambini abbandonati oppure compiendo servizi significativi a favore del prossimo.



2380 L'adulterio. Questa parola designa l'infedeltà coniugale. Quando due persone, di cui almeno una è sposata, intrecciano tra loro una relazione sessuale, anche episodica, commettono un adulterio. Cristo condanna l'adulterio anche se consumato con il semplice desiderio. 266 Il sesto comandamento e il Nuovo Testamento proibiscono l'adulterio in modo assoluto. 267 I profeti ne denunciano la gravità. Nell'adulterio essi vedono simboleggiato il peccato di idolatria. 268
2381 L'adulterio è un'ingiustizia. Chi lo commette viene meno agli impegni assunti. Ferisce quel segno dell'Alleanza che è il vincolo matrimoniale, lede il diritto dell'altro coniuge e attenta all'istituto del matrimonio, violando il contratto che lo fonda. Compromette il bene della generazione umana e dei figli, i quali hanno bisogno dell'unione stabile dei genitori.
Il divorzio
2382 Il Signore Gesù ha insistito sull'intenzione originaria del Creatore, che voleva un matrimonio indissolubile. 269 Ha abolito le tolleranze che erano state a poco a poco introdotte nella Legge antica. 270
Tra i battezzati « il Matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte ». 271
2383 La separazione degli sposi, con la permanenza del vincolo matrimoniale, può essere legittima in certi casi contemplati dal diritto canonico. 272
Se il divorzio civile rimane l'unico modo possibile di assicurare certi diritti legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere tollerato, senza che costituisca una colpa morale.
2384 Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto, liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l'uno con l'altro fino alla morte. Il divorzio offende l'Alleanza della salvezza, di cui il Matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente:
« Se il marito, dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad un'altra donna, è lui stesso adultero, perché fa commettere un adulterio a tale donna; e la donna che abita con lui è adultera, perché ha attirato a sé il marito di un'altra ». 273
2385 Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce nella cellula familiare e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli, traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi; per il suo effetto contagioso, che lo rende una vera piaga sociale.
2386 Può avvenire che uno dei coniugi sia vittima innocente del divorzio pronunciato dalla legge civile; questi allora non contravviene alla norma morale. C'è infatti una differenza notevole tra il coniuge che si è sinceramente sforzato di rimanere fedele al sacramento del Matrimonio e si vede ingiustamente abbandonato, e colui che, per sua grave colpa, distrugge un Matrimonio canonicamente valido. 274


Altre offese alla dignità del matrimonio

2387 Si comprende il dramma di chi, desideroso di convertirsi al Vangelo, si vede obbligato a ripudiare una o più donne con cui ha condiviso anni di vita coniugale. Tuttavia la poligamia è in contrasto con la legge morale. Contraddice radicalmente la comunione coniugale; essa, « infatti, nega in modo diretto il disegno di Dio quale ci viene rivelato alle origini, perché è contraria alla pari dignità personale dell'uomo e della donna, che nel matrimonio si donano con un amore totale e perciò stesso unico ed esclusivo ». 275 Il cristiano che prima era poligamo, per giustizia, ha il grave dovere di rispettare gli obblighi contratti nei confronti delle donne che erano sue mogli e dei suoi figli.
2388 L'incesto consiste in relazioni intime tra parenti o affini, in un grado che impedisce tra loro il matrimonio. 276 San Paolo stigmatizza questa colpa particolarmente grave: « Si sente da per tutto parlare d'immoralità tra voi [...] al punto che uno convive con la moglie di suo padre! [...] Nel nome del Signore nostro Gesù, [...] questo individuo sia dato in balia di Satana per la rovina della sua carne... » (1 Cor 5,1.3-5). L'incesto corrompe le relazioni familiari e segna un regresso verso l'animalità.
2389 Si possono collegare all'incesto gli abusi sessuali commessi da adulti su fanciulli o adolescenti affidati alla loro custodia. In tal caso la colpa è, al tempo stesso, uno scandaloso attentato all'integrità fisica e morale dei ragazzi, i quali ne resteranno segnati per tutta la loro vita, ed è altresì una violazione della responsabilità educativa.
2390 Si ha una libera unione quando l'uomo e la donna rifiutano di dare una forma giuridica e pubblica a un legame che implica l'intimità sessuale.
L'espressione è fallace: che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano l'una nei confronti dell'altra, e manifestano in tal modo una mancanza di fiducia nell'altro, in se stessi o nell'avvenire?
L'espressione abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità di legarsi con impegni a lungo termine. 277 Tutte queste situazioni costituiscono un'offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l'idea stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà. Sono contrarie alla legge morale: l'atto sessuale deve avere posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla comunione sacramentale.
2391 Molti attualmente reclamano una specie di « diritto alla prova » quando c'è intenzione di sposarsi. Qualunque sia la fermezza del proposito di coloro che si impegnano in rapporti sessuali prematuri, tali rapporti « non consentono di assicurare, nella sua sincerità e fedeltà, la relazione interpersonale di un uomo e di una donna, e specialmente di proteggerla dalle fantasie e dai capricci ». 278 L'unione carnale è moralmente legittima solo quando tra l'uomo e la donna si sia instaurata una comunità di vita definitiva. L'amore umano non ammette la « prova ». Esige un dono totale e definitivo delle persone tra loro. 279


2392 « L'amore è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano ». 280
2393 Creando l'essere umano uomo e donna, Dio dona all'uno e all'altra, in modo uguale, la dignità personale. Spetta a ciascuno, uomo e donna, riconoscere e accettare la propria identità sessuale.
2394 Cristo è il modello della castità. Ogni battezzato è chiamato a condurre una vita casta, ciascuno secondo lo stato di vita che gli è proprio.
2395 La castità significa l'integrazione della sessualità nella persona. Richiede che si acquisisca la padronanza della persona.
2396 Tra i peccati gravemente contrari alla castità, vanno citati la masturbazione, la fornicazione, la pornografia e le pratiche omosessuali.
2397 L'alleanza liberamente contratta dagli sposi implica un amore fedele. Essa impone loro l'obbligo di conservare l'indissolubilità del loro Matrimonio.
2398 La fecondità è un bene, un dono, un fine del matrimonio. Donando la vita, gli sposi partecipano della paternità di Dio.
2399 La regolazione delle nascite rappresenta uno degli aspetti della paternità e della maternità responsabili. La legittimità delle intenzioni degli sposi non giustifica il ricorso a mezzi moralmente inaccettabili (per esempio, la sterilizzazione diretta o la contraccezione).
2400 L'adulterio e il divorzio, la poligamia e la libera unione costituiscono gravi offese alla dignità del matrimonio.

(217) Cf Dt 5,18.
(218)Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11: AAS 74 (1982) 91-92.
(219)Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 22: AAS 74 (1982) 107; cf Concilio Vaticano II, Cost. past.Gaudium et spes, 49: AAS 58 (1966) 1070.
(220)Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 6: AAS 80 (1988) 1663.
(221) Cf Gn 4,1-2.25-26; 5,1.
(222) Cf Mt 19,6.
(223) Cf Mt 5,37.
(224) Cf Sir 1,22.
(225)Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 17: AAS 58 (1966) 1037-1038.
(226)Sant'Agostino, Confessiones, 10, 29, 40: CCL 27, 176 (PL 32, 796).
(227) Cf Tt 2,1-6.
(228)Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 34: AAS 74 (1982) 123.
(229)Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 25: AAS 58 (1966) 1045.
(230) Cf Gal 5,22-23.
(231) Cf 1 Gv 3,3.
(232) Cf Gv 15,15.
(233) Cf Gal 3,27.
(234)Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 11: AAS 68 (1976) 90-91.
(235)Sant'Ambrogio, De viduis 23: Sancti Ambrosii Episcopi Mediolanensis opera, v. 141 (Milano-Roma 1989) p. 266 (PL 16, 241-242).
(236) Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 9: AAS 68 (1976) 86.
(237) Cf 1 Cor 6,15-20.
(238) Cf Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1 Cor 6,9-10; 1 Tm 1,10.
(239) Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 8: AAS 68 (1976) 85.
(240)Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11: AAS 74 (1982) 92.
(241) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 49: AAS 58 (1966) 1070.
(242) Pio XII, Discorso ai partecipanti al Convegno dell'Unione Cattolica Italiana delle Ostetriche (29 ottobre 1951): AAS 43 (1951) 851.
(243) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 48: AAS 58 (1966) 1067.
(244) Cf CIC canone 1056.
(245) Cf Mt 19,1-12; 1 Cor 7,10-11.
(246) San Giovanni Crisostomo, In epistulam ad Ephesios, homilia 20, 8: PG 62, 146-147.
(247) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 30: AAS 74 (1982) 116.
(248) Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 11: AAS 60 (1968) 488.
(249) Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 12: AAS 60 (1968) 488; cf Pio XI, Lett. enc. Casti connubii: DS 3717.
(250) Cf Ef 3,14-15; Mt 23,9.
(251) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1071.
(252) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1071.
(253) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 51: AAS 58 (1966) 1072.
(254) Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 12: AAS 60 (1968) 489.
(255) Cf Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 16: AAS 60 (1968) 491-492.
(256) Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 14: AAS 60 (1968) 490.
(257) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 32: AAS 74 (1982) 119-120.
(258) Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 51: AAS 58 (1966) 1073.
(259) Cf Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 37: AAS 59 (1967) 275-276; Id., Lett. enc. Humanae vitae, 23: AAS 60 (1968) 497-498.
(260) Cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 50: AAS 58 (1966) 1071.
(261) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, Introductio, 2: AAS 80 (1988) 73.
(262) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 2, 1: AAS 80 (1988) 87.
(263) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 2, 5: AAS 80 (1988) 93.
(264) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 2, 4: AAS 80 (1988) 91.
(265) Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, 2, 8: AAS 80 (1988) 97.
(266) Cf Mt 5,27-28.
(267) Cf Mt 5,32; 19,6; Mc 10,11-12; 1 Cor 6,9-10.
(268) Cf Os 2,7; Ger 5,7; 13,27.
(269) Cf Mt 5,31-32; 19,3-9; Mc 10,9; Lc 16,18; 1 Cor 7,10-11.
(270) Cf Mt 19,7-9.
(271) CIC canone 1141.
(272) Cf CIC canoni 1151-1155.
(273) San Basilio Magno, Moralia, regula 73: PG 31, 852.
(274) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 84: AAS 74 (1982) 185.
(275) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 19: AAS 74 (1982) 102; cf Concilio Vaticano II, Cost. past. Gaudium et spes, 47: AAS 58 (1966) 1067.
(276) Cf Lv 18,7-20.
(277) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 81: AAS 74 (1982) 181-182.
(278) Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 7: AAS 68 (1976) 82.
(279) Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80: AAS 74 (1982) 180-181.
(280) Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11: AAS 74 (1982) 92.

mercoledì 16 ottobre 2013

MIO MARITO VOLEVA UCCIDERMI. .... Dio vuole salvare il consorte e le figlie per mezzo mio


5 – MIO MARITO VOLEVA UCCIDERMI



Nel mese di luglio del 1807, dopo i santi esercizi spirituali, il Signore mi visitò con una grave tribolazione, che alla meglio che posso mi accingo a raccontare, per obbedire a vostra paternità.

Il padre e la madre e sorelle del mio consorte credettero bene d’impedire al suddetto la cattiva amicizia che aveva con una donna di poco buon nome, come nei passati fogli si accennò. Pensarono dunque a questo oggetto di farne un ricorso ai superiori, vollero da me il consenso, senza del quale il loro ricorso sarebbe stato di nessun valore. Mi consigliai con il mio direttore, e dopo essermi raccomandata al Signore, detti a voce al padre e alla madre il mio consenso.


5.1. Mio marito in castigo



Fatto il ricorso, i superiori conobbero la ragione, procedettero contro il suddetto mio consorte e la sua amica. Per ordine dell’eminentissimo cardinal vicario fu il suddetto condotto ai Santi Giovanni e Paolo, consegnato ai Padri Passionisti con ordine di ritenerlo in castigo fino a nuovo ordine.

Questi buoni padri gli dettero gli esercizi spirituali, e procurarono di fargli conoscere le sue mancanze; ma invece di approfittarsi delle ammonizioni, ogni giorno più si ostinava nel sostenere la sua cattiva amicizia. Si infierì crudelmente contro di me, credendomi autore del suddetto ricorso. Mi scriveva lettere fulminative piene di minacce. Intanto gli si andava formando il processo, e così risoluto dai superiori che il suddetto fosse tornato alla sua casa quante volte avesse dopo i santi esercizi avesse dato riprova del suo ravvedimento; ma che se fosse tornato a trattare la suddetta donna, la sua pena sarebbe stata di essere ritenuta in castello tutto il tempo che sarebbe piaciuto al signor cardinale vicario. La donna poi, come più rea per altre mancanze, se fosse tornata a trattare il suddetto, condannata a san Michele per cinque anni.

Passati quindici giorni il suddetto scrisse una lettera di sottomissione al padre e alla madre. Il padre non credendo alle sue parole, ma ritenendo a memoria le ingiurie e le minacce che nei giorni passati aveva a me fatto per mezzo di una sua lettera, come già dissi, voleva assolutamente dai Santi Giovanni e Paolo farlo passare in Castello, ma la madre si interpose presso il padre, e pregandolo a non recare a lei questo disgusto, avesse perdonato il figlio. Mi chiamavano e mi comunicavano i loro diversi sentimenti, io con la grazia di Dio, che molto più del solito invocavo, mi raccomandavo per non sbagliare, mi mostravo indifferente e obbediente ai loro voleri. Il suddetto ogni giorno più manifestava il suo malanimo contro di me. Le sorelle del suddetto, dubitando di vedere qualche fatto micidiale, mi consigliavano di andare in casa terza e non espormi agli insulti del loro fratello, consigliavano ancora il padre a non farlo tornare a casa. Finalmente l’afflitta madre vinse tutti, sicché si risolvette di comun consenso di farlo tornare a casa il giorno 18 del medesimo mese di luglio, dopo averlo per 18 giorni tenuto in Santi Giovanni e Paolo, come si disse di sopra.


5.2. Diverse volte in pericolo di morire



Tornò in casa qual leone infierito, per vedersi privo della sua amica, la privazione di questa amicizia non ad altro servì che inferocirlo contro di me, sicché molto dovetti soffrire da quest’uomo forsennato. Finalmente con maltratti e con minacce, prese il partito di obbligarmi a dargli in scritto il consenso, per tornare liberamente a trattare la sua amica, ma questo non potevo farlo senza offendere Dio. Mi consigliai con il mio direttore, il quale mi disse che mi fossi piuttosto contentata di morire per le sue mani che dare questo consenso. Questo mi bastò, perché il mio spirito con la grazia di Dio, divenisse forte qual scoglio immobile alle furiose onde dell’agitato mare, con la grazia di Dio facevo io sola margine a questo uomo imbestialito, negando a costo della mia propria vita al suddetto il consenso. Sicché diverse volte corsi il pericolo di morire per le sue mani; ma particolarmente una sera che tornò a casa più del solito sdegnato e pieno di furore, risoluto di darmi la morte se non davo il consenso, con sottoscrivere una carta per giustificare presso i superiori la sua amicizia. Buono per me che erano buone due ore che mi trattenevo in orazioni, per mezzo delle quali Dio mi comunicò una forza di dare la vita piuttosto che offendere il mio Signore.

Il suddetto, dopo essersi servito delle ragioni per convincermi; mostrandomi che non ad altro fine voleva fare la mia sottoscrizione che per rendere la riputazione che con il ricorso si era tolto a questa donna; giurando di non più accostarsi alla casa di questa; ma io, nonostante le sue promesse, con la grazia di Dio, non mi feci vincere, ma valorosamente offrii la mia vita piuttosto che offendere Dio.


5.3. Offrii a Dio tutto il mio sangue



Nel vedermi così risoluta, divenne più fiero di un cane arrabbiato; mi si avventò addosso per uccidermi. La madre, allo strepito delle sue minacce, accorse per darmi aiuto, ma il mio spirito intrepido senza titolare invece di fuggire, mi inginocchiai avanti di lui, e pregando la madre, che lo riteneva, che avesse lasciato sfogare il suo sdegno contro di me. In questo tempo offrii al mio Dio tutto il mio sangue, per dimostrargli il mio amore, provando nel mio cuore gli affetti più vivi della sua carità, stavo tutta ansiosa aspettando il colpo, per dare al mio buon Dio un attestato dell’amor mio; ma quando speravo di trovarmi immersa nel proprio sangue, mi avvidi che era al suddetto mancata la forza di colpire il mio cuore, che con santo ardire stava aspettando il dolce momento di offrire il mio sangue. Ma il suddetto fu da forza superiore impossibilitato di mettere in esecuzione il suo disegno, confessando che forza superiore arrestò il suo braccio, ma pieno di timore, pallido nel volto, si adagiò sopra una sedia, perché gli era ad un tratto mancata la forza. Nel vedersi privo di forza, prese il partito di chiedermi perdono, confessando il grave torto che mi aveva fatto, ma questo proposito non fu durevole neppure un quarto d’ora, perché appena Dio gli restituì la primiera forza, che tornò di bel nuovo ad insultarmi, e preso dalla disperazione se ne partì, dicendo che per mia cagione si sarebbe da sé data la morte.

La madre, sentendo la espressione del figlio, vedendolo partire molto infuriato, si rivolse contro di me, facendomi dei rimproveri, per non aver condisceso alle sue voglie, ma il mio spirito era incapace di ogni apprensione, perché si trovava tutto immerso in Dio, godendo una mirabile unione con lui, che, sebbene in quei momenti mi avessero fatto in mille pezzi, non ero capace di risentimento.

Passai tutto il mese di agosto in questa fiera persecuzione; diversi erano i progetti che in questa occasione mi facevano i miei parenti: parte di loro mi consigliavano di ritirarmi in un monastero, mia madre voleva che fossi tornata in casa sua, il mio direttore mi consigliava di sciogliere il matrimonio, mostrandomi le forti ragioni che mi assistevano, in mezzo a tutti queste disparità di pareri, il mio spirito riposava dolcemente nelle braccia del mio Signore, tenendo per certo che l’affare sarebbe andato secondo la sua santissima volontà, di niente avevo paura, ai miei parenti recava molto meraviglia come io avessi tanto spirito di star sola di notte in camera con un uomo tanto imbestialito, senza paura di restar morta per le sue mani, ma questo spirito non a me, ma a Dio si doveva attribuire, che si degnava di trionfare della mia miseria, mentre parte della notte la passavo in ginocchio, occupata in alta contemplazione, e quando la necessità del corpo mi obbligava a prendere un poco di riposo, ero in quel tempo favorita da un raggio di luce, che mi circondava da ogni intorno e mi rendeva sicura il riposo.

Nella santa Comunione poi il Signore si degnava favorirmi in modo speciale, in questo tempo più volte fui visitata dal Signore, che sotto la forma di vago fanciullo, mi appariva consolandomi con farmi provare i dolci effetti della sua carità; sicché in mezzo alla tribolazione godevo nel mio cuore un paradiso di delizie e di dolcezza.


5.4. Dio vuole salvare il consorte e le figlie per mezzo mio



In questo tempo il suddetto si adoperò perché fosse bastato il consenso del suo padre e madre, perché i superiori gli avessero accordato di liberamente tornare alla sua amica. Il mio direttore mi consigliò di non mostrarmi per intesa di questo, che bastava per mia quiete di coscienza il non avergli dato il consenso; ma il mio direttore mi consigliava di separarmi dal consorte, con esporre le mie forti ragioni ai superiori. A questo oggetto mi comandò di raccomandarmi al Signore acciò degnato si fosse mostrarmi la sua volontà. Il Signore, mi fece conoscere che non dovevo abbandonare queste tre anime, cioè le due figlie e il consorte, mentre per mezzo mio le voleva salvare.

Dopo questa notizia, dissi al mio direttore: «Le basti così. Deponga ogni pensiero riguardo a questa separazione di matrimonio, perché io antepongo la salvezza di queste tre anime al mio profitto spirituale, perché di maggior gloria di Dio, il cooperare alla salvezza di queste tre anime non mi impedisce la perfezione. So bene che lei mi consiglia in mio vantaggio, mentre crede che nella quiete possa il mio spirito molto avanzarsi nella perfezione, ma io le dico che se Dio vuole, non mi saranno questi di inciampo, anzi mi aiuteranno ad esercitarmi nella virtù; ma per schivare ogni attacco che a questi potessi avere, fin da questo momento rinunzio ad ogni affetto sensibile che possa mai avere il mio cuore verso di loro, solo intendo di amarli per pura carità e cercare per questi tutti i vantaggi per la loro eterna salvezza, a costo di ogni mio incomodo».



AUXILIUM CHRISTIANORUM

venerdì 10 maggio 2013

"Padre, quasi sempre..."



Mi è tornato in mente, in questi giorni, un simpatico aneddoto raccontatomi da Don Cuomo. Non so se possa essere di una qualche utilità per i lettori del blog, ma certamente  è estremamente istruttivo ed arguto.

Un giorno, si presentò a Don Cuomo una coppia di sposi; la donna era una fervente cattolica, assidua ai Santi Sacramenti e fedelissima alla Santa Messa domenicale, il marito invece no... Egli però chiese al Padre una Benedizione particolare. Siccome Don Cuomo amava insistere molto sul fatto che la Benedizione ricevuta senza la Grazia di Dio è quasi come un francobollo messo sulla lettera senza la colla (cioè, non fa presa), domandò all'uomo: "Ma voi, caro,  andate a Messa ogni domenica e feste comandate?". Quegli rispose: "Padre, quasi sempre...". Replicò Don Cuomo: "E allora: premetto che vostra moglie è una santa donna, ma fate caso che io le chiedessi : 'Signora, lei è fedele a suo marito?' e  mi rispondesse così: 'Padre, quasi sempre', ditemi sinceramente: voi  ne sareste contento?".

Ognuno immagini la risposta. E' sempre più necessario oggi dar forza alla voce della coscienza perché non rimanga soffocata dall'apostasia generale che s'è diffusa. Voce della coscienza (retta) altro  non è che la Voce di Dio!

AVE
MARIA