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martedì 9 luglio 2019

Da "Lo Straniero"

SORPRESA! ECCO QUALI SONO I PAESI CHE HANNO ALZATO MURI. IN PRIMIS C’E’ IL VATICANO (vedi foto), POI I PAESI EUROPEI (CHE PREDICANO A NOI) E QUELLI CHE ESPORTANO MIGRANTI. SOLO L’ITALIA NON NE HA…

July 8, 2019
Diceva Totò che ci sono le cose vere e quelle supposte. Spesso i media dimenticano le cose vere per usare le seconde – le (cose) supposte – contro i propri avversari politici.
E’ il caso dei “muri” , ovvero le barriere (rafforzate) di confine fra gli stati. I media sono interessati solo a due muri, quello che Donald Trump  vuole costruire sul confine messicano e quello che Matteo Salvini ha ipotizzato per la frontiera con la Slovenia.
Sono due muri che non esistono al momento, eppure sono al centro delle polemiche. Poi ci sono i muri veri, ma quelli non attirano l’attenzione dei media. Perché non si possono usare per propaganda.
Per esempio, si polemizza contro il muro che Trump vorrebbe costruire, tuttavia non si considera il muro, fra Usa e Messico, che è già stato costruito dai predecessori di Trump.
Forse perché fra loro c’è il democratico Bill Clinton ? O dispiace ricordare che fra i senatori che nel 2006 votarono per il rafforzamento di quel muro c’erano anche Hillary Clinton  e Barack Obama?
Elisabeth Vallet, docente di Geografia all’Università del Québec, a Montreal, ha fatto uno studio sui muri: sono circa settanta, più altri sette in preparazione. La prima sorpresa è questa: non si tratta perlopiù di muri dell’egoista Occidente ricco  per lasciare fuori i poveri, come Bergoglio va dicendo.
Infatti in gran parte sono muri che dividono stati asiatici e africani. Muri di cui finora pochissimo si è parlato come quello fra India e Bangladesh, quelli fra gli stati sudafricani o quelli fra Algeria e Libia e fra Tunisia e Libia o fra Kenia e Somalia.
Mentre l’Italia è attaccata da tutti perché difende la sua frontiera marina dall’immigrazione irregolare proveniente dalla Libia, altri paesi africani alzano muri al confine con la Libia e nessuno dice nulla.
E i muri che gli altri paesi islamici hanno costruito attorno a Siria e Iraq ? Quelli di MaroccoTurchiaArabia Saudita,IranEgittoCina  o Birmania? Quelli di Pakistan e India?
Una cosa singolare è questa: diversi paesi da cui arrivano a noi immigrati irregolari, proteggono i loro confini con i muri. Ma a noi non è permesso.
Ieri il “Corriere della sera” ha pubblicato la cartina di questi muri: l’Europa ha pochi chilometri di “barriere”, ma ce ne sono dovunque eccetto l’Italia. Eppure è l’Italia a essere bastonata.
Ci sono muri, costruiti o progettati, a certi confini di Austria, Francia, Ungheria, Grecia, Bulgaria, Danimarca, Gran Bretagna, Spagna, Estonia, Lettonia, Lituania, Svezia. E nessuno dice nulla. Però appena Salvini ipotizza una barriera con la Slovenia per controllare il flusso di irregolari scoppia il finimondo.
Nella cartina del “Corriere”, che riflette lo studio della Vallet, manca però un muro: quello che separa lo Stato della Città del Vaticano dall’Italia.
Altissime mura che impediscono a chiunque di entrare nello Stato di cui Bergoglio è teocrate assoluto. E’ il muro di confine più efficace e insuperabile fra tutti.
Però il Capo di stato (assoluto) del Vaticano tuona continuamente pretendendo che gli altri stati (in primis l’Italia) aprano le loro frontiere a un fiume in piena di migranti.
Venerdì un incredibile articolo dell’Osservatore romano affermava “senza equivoci” che “quando si tratta della povertà e della disuguaglianza non vale il limite delle acque territoriali o della zona Sar di competenza”.
Il giornale vaticano poneva poi una domanda retorica che lascia esterrefatti (la cui risposta è per loro scontata):
Esiste o no – in presenza di macroscopiche asimmetrie nella garanzia dei fondamentali diritti economici e sociali – un diritto a forzare la condivisione o anche semplicemente a cercare condizioni e risorse per una vita migliore, entrando con ogni mezzo in altri paesi anche quando non ricorrono le condizioni richieste per lo status di rifugiato?
La risposta è: no. Sia per la legge che per il magistero di sempre della Chiesa (del tutto diverso da quello bergogliano).
Ad ogni modo se nel Vaticano di Bergoglio ritengono che esista “un diritto a forzare la condivisione… entrando con ogni mezzo in altri paesi” non resta – agli immigrati – che entrare “con ogni mezzo” in Vaticano e “forzare la condivisione” di tanti palazzi che potrebbero utilmente ospitarli. Compreso l’Hotel Santa Marta dove sta Bergoglio.
C’è poi tutta una retorica sentimentale sui “muri” che a sproposito evoca il famigerato “Muro di Berlino” come prototipo  (talvolta sono intellettuali che furono comunisti a fare questo autogol). Ma non c’entra nulla.
Infatti i muri costruiti per impedire alla propria gente di scappare (è appunto il caso del muro di Berlino) sono l’esatto opposto dei muri che servono per governare e regolamentare gli ingressi, anche per questioni di ordine pubblico e per motivi economici (sono sempre esistite le frontiere fra gli Stati).
I primi sono i muri di una prigione e caratterizzano i regimi comunisti che considerano i propri cittadini come schiavi.
I secondi connotano ogni tipo di Stato normale, il quale esiste solo se e finché ha il governo del proprio territorio: uno stato in cui entrano e scorrazzano, a proprio arbitrio, masse incontrollate di persone che arrivano da fuori non è più uno stato. E’ una terra di conquista destinata allo sfacelo.
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Antonio Socci
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Da “Libero”, 8 luglio 2019

sabato 20 ottobre 2018

La base e i vertici

PURE “AVVENIRE” DOPO “FAMIGLIA CRISTIANA” PER SALVINI EVOCA IL DIAVOLO. MENTRE si ELOGIA LA BONINO E NAPOLITANO. MA IL POPOLO CATTOLICO SEGUE IL SUO BUON SENSO E LI SNOBBA


Un anno fa il giornale dei vescovi, “Avvenire”, ha cominciato a pubblicare una striscia satirica di Sergio Staino intitolata “Hello Jesus”. “Avvenire” sottolineò il fatto che lo storico vignettista dell’Unità – di cui è stato direttore – è “non credente” (è perfino presidente onorario dell’Uaar, Unione atei e agnostici razionalisti).
I vescovi ci tengono a far sapere che danno i loro pulpiti ai non credenti (solo quelli di sinistra). Però vedono come il fumo negli occhi i credenti. Specialmente se si tratta del cattolico Matteo Salvini.
Infatti anche ieri Staino ha bersagliato il leader della Lega, ma non come si può far satira su un politico. Piuttosto come i preti quando esorcizzano il diavolo. Ha disegnato il suo (improbabile) Jesus che apparentemente esorcizza una bambina. I familiari gridano entusiasti: “Era indemoniata e Jesus l’ha salvata”, “Miracolo, miracolo”.
Ma Jesus spiega che non ha fatto nessun miracolo: ha semplicemente spento la tv dove la bambina stava seguendo “il comizio in diretta di Salvini”.
Questo Jesus di Staino e di “Avvenire” dichiara: “Mezza ora di Salvini in diretta renderebbero indemoniato anche un bove!”.
Non fa ridere (a parte lo strafalcione grammaticale). Però è emblematico. Il mondo clericale sembra ossessionato da Salvini per il quale continua a evocare il diavolo.
Si ricorderà – di recente – la copertina di “Famiglia cristiana” con il titolo: “Vade retro Salvini”.
A dire il vero, nel Vangelo, la frase “vade retro, Satana” (Mt 16,23 e Mc 8,33), viene pronunciata da Gesù nei confronti di Pietro: sì, lo dice proprio a lui, il primo papa, che – secondo Gesù (il Gesù vero, non quello di Avvenire) – è colpevole di pensare “secondo gli uomini e non secondo Dio”.
Dunque vescovi e preti dovrebbero considerare quelle terribili parole come un monito rivolto a loro stessi quando pensano “secondo gli uomini” (spesso) e “non secondo Dio”. E pensano “secondo gli uomini” anche quando si scagliano su Salvini.
Certo si può criticare il vicepremier, come ogni politico, quanto si vuole. La democrazia significa confronto, polemica e anche scontro.
Ma evocare continuamente il diavolo come fanno per Salvini i giornali cattolici, che dovrebbero distinguere fra le cose di Cesare e quelle di Dio, è una cosa mai vista.
Rispondono: suvvia, è solo una vignetta di satira. Ma questo è un modo per lanciare il sasso e nascondere la mano. Siccome non possono dire apertamente che Salvini è il male assoluto, lo fanno capire ai lettori così. Arlecchino si confessa burlando.
Che un giornale come “Avvenire”, dove si sorvegliano perfino le virgole per la paura clericale di pestare i piedi a qualcuno, pubblichi una simile striscia, non è una cosuccia che è passata per distrazione. E’ una scelta deliberata. Ed è una cosa mai vista in ambiente cattolico.
Oltretutto nei tempi della cosiddetta Chiesa “misericordiosa”, in cui Bergoglio menziona – per dire – Emma Bonino e Giorgio Napolitano fra i “grandi dimenticati” dell’Italia di oggi.
Così la Chiesa omaggia come benemerite due personalità che hanno professato ideologie avverse al cattolicesimo, mentre per Salvini, cattolico, evoca addirittura il diavolo. Ma poi per quale colpa?
In passato si deprecava la Sinistra comunista per la sua propensione alla demonizzazione dell’avversario politico, accompagnata con dosi notevoli di odio. La politica fatta con la demonizzazione e l’odio è stata devastante e ha provocato grossi danni.
Possibile che oggi ritroviamo la demonizzazione (in questo caso letterale) nel mondo cattolico? Possibile che i vescovi e la Chiesa non vedano altri pericoli per la fede cattolica se non Salvini?
Negli anni Settanta nella base cattolica giovanile, investita dal ’68, attecchirono ideologie rivoluzionarie o comunque idee di sinistra, mentre i vertici della Chiesa – penso a Paolo VI – cercavano di combattere quell’inganno.
Oggi accade il contrario. La base cattolica è ortodossa e non è di sinistra, mentre ai vertici (dove è arrivata la generazione del ’68) dilagano idee moderniste e ideologie di sinistra. Sono tornati agli anni Settanta.
Predicano il dialogo con tutti (atei, islamisti, comunisti, radicali, protestanti, buddisti), ma non con i cattolici tradizionali (quelli di “buon senso” come dice Salvini). In nome della “solidarietà” demonizzano chi ha idee politiche diverse e di fatto finiscono per legittimare l’odio ideologico.
Indicano il diavolo in Salvini per non vederlo là dove sta, anche dalle loro parti. Come disse Paolo VI“il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio”. Che cerchino lì.
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Antonio Socci
Da “Libero”, 15 ottobre 2018

sabato 19 maggio 2018

Elogiò la maglietta dove stava scritto “Il mio papa è Benedetto XVI”

VOLETE CAPIRE LA LEGA DI SALVINI? LEGGETE BENEDETTO XVI. UN SUO GRANDE LIBRO PIENO DI SAPIENZA (E ANCHE DI RIFLESSIONI POLITICHE)

May 12, 2018

Un paio di anni fa Matteo Salvini – a Pontida – elogiò la maglietta dove stava scritto “Il mio papa è Benedetto XVI”. Lo fece in implicita polemica con il migrazionismo di Bergoglio.
Salvini ricordò l’insegnamento di papa Ratzinger e Giovanni Paolo II secondo cui prima del diritto di emigrare, va riaffermato il diritto di non emigrare. E va difesa l’identità dei popoli.
Ma molto più vasta di questo particolare tema è la sovrapposizione fra le battaglie politiche della sua Lega e l’insegnamento di Benedetto XVI (e di Giovanni Paolo II).
Lo mostra clamorosamente l’ultimo libro appena uscito del papa emerito, “Liberare la libertà. Fede e politica nel terzo millennio” (Cantagalli).Va premesso che è un libro ricchissimo di riflessioni e spunti che immediatamente ci ricorda il fascino e la vastità del pensiero di Ratzinger.
Un pensiero che giganteggia se confrontato con la miseria e la superficialità conformista dello zoppicante eloquio bergogliano, il quale non va oltre i banali slogan “politically correct” graditi dai padroni del vapore.
In questa sede perciò non proverò nemmeno a riassumere le tante e meravigliose pagine di Benedetto XVI che spaziano da Kant a Solzenicyn, dal primato della coscienza a Sacharov, da Popper a Sartre, dalla meditazione sulla musica di Bach per la Passione di Cristo in relazione al “Venerdì Santo del XX secolo” alla concezione dello Stato dei primi cristiani, dal crocifisso di Grünewald (il celebre Altare di Isenheim) a Marx e Lenin.
Ognuno potrà deliziarsi di queste pagine ratzingeriane che sono luminose e vaste come una bella vallata della campagna toscana.
Qui invece vorrei considerare questo libro come se fosse un vero e proprio intervento sull’attualità politica, anzitutto quella italiana ed enucleare i temi e i pensieri che – pur rappresentando un potente suggerimento per tutti – costituiscono per Matteo Salvini e la Lega un contributo autorevole a certe loro battaglie.
Anzitutto la questione islamica. In questo volume non viene riproposto il mitico discorso di Ratisbona (è stato pubblicato altrove), ma è comunque preziosa l’apologia che – in dialogo con Marcello Pera – Benedetto XVI fa dei diritti umani come “forza riconosciuta dalla ragione universale in tutto il mondo contro le dittature di ogni tipo”: se nel Novecento questa affermazione riguardava solo i sistemi totalitari atei oggi – dice il papa – riguarda soprattutto “gli Stati fondati sulla base di una giustificazione religiosa, così come li incontriamo soprattutto nel mondo islamico”.

Tutto questo libro di Benedetto XVI – in linea col discorso di Ratisbona – è un’apologia della ragione e della vera laicità che è stata partorita dal cristianesimo (in opposizione alla divinizzazione del potere imperiale dell’antichità).
Un altro tema che arricchisce la prospettiva politica del leader leghista è la polemica di Benedetto XVI con l’attuale Europa la cui tecnocrazia cerca di imporre un pensiero unico positivista che però rappresenta il suicidio dell’Europa.
Perché – come ricorda il papa – “il patrimonio culturale dell’Europa” è molto più vasto e, storicamente, proprio “sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. Ignorarla o considerarla come mero passato sarebbe un’amputazione della nostra cultura (…). La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa”.
Da cui viene la responsabilità di battersi “per la dignità inviolabile dell’uomo”. Questo triplica incontro “ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico”.
Ma oltre ad abbattere il mito ideologico dell’Europa relativista di Maastricht, Benedetto XVI demolisce l’altra divinità del momento: i mercati. Una divinità osannata e adorata a cui vengono sacrificati gli Stati e i popoli.
Contro la religione mercatista il libro ripropone il Messaggio del 1° gennaio 2013 dove, nell’imperversare della crisi economica, Benedetto XVI prospetta “un nuovo modello economico” in cui la “massimizzazione del profitto” ceda il passo al primato del bene comune.
Chiede dunque agli Stati di riprendere l’iniziativa in campo economico con “politiche di sviluppo industriale e agricolo” (quindi Keynes, che è reso impossibile dalla moneta unica in Europa) e poi chiede la “fondamentale e imprescindibile strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali in modo da non arrecare danno ai più poveri”.
Che significa rivendicare il primato degli Stati e dei popoli sui mercati. Oggi è un pensiero rivoluzionario.
Benedetto XVI è così anticonformista e indigesto per il potere globale che, nel recente libro intervista “Ultime conversazioni”, si è permesso una elegante stroncatura di Obama e un significativo apprezzamento per il leader russo:
“(Con Putin) abbiamo parlato in tedesco, lo conosce perfettamente. Non abbiamo fatto discorsi profondi, ma credo che egli – un uomo di potere – sia toccato dalla necessità della fede. E’ un realista. Vede che la Russia soffre per la distruzione della morale. Anche come patriota, come persona che vuole riportarla al ruolo di grande potenza, capisce che la distruzione del cristianesimo minaccia di distruggerla. Si rende conto che l’uomo ha bisogno di Dio e ne è di certo intimamente toccato. Anche adesso, quando ha consegnato a papa Francesco l’icona, ha fatto prima il segno della croce e l’ha baciata.
Si può dire che, insieme alla Costituzione e al Vangelo, Salvini alla prossima manifestazione può sventolare il libro di Benedetto XVI, una grande riflessione politica.
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Antonio Socci
Da “Libero”, 12 maggio 2018

Traditi sottomessi invasi

October 1, 2017

Siamo di fronte a una prospettiva apocalittica: l’estinzione degli italiani, la loro sparizione dalla storia a causa di un crollo demografico che sta diventando irrimediabile. Intanto i nostri politici fischiettano con noncuranza, nella contesa delle poltrone, mentre lasciano che un fiume di migranti, di diversa cultura e religione, sbarchi e si insedi nella penisola e mentre, da tempo, hanno deliberato una cessione di poteri che fa venir meno l’indipendenza nazionale e la sovranità popolare. Con la sudditanza ai mercati finanziari, con la perdita di sovranità monetaria (per l’euro) e di sovranità politica (per l’Unione europea dopo Maastricht) si è assestato un durissimo colpo allo stato sociale e all’economia italiana e si riduce progressivamente lo stato nazionale a un fantasma. Nel quale infatti gli elettori e i cittadini percepiscono di contare sempre meno.
Antonio Socci compie un affascinante viaggio nella storia d’Italia mostrando che il tradimento delle élite e la “chiamata dello straniero” hanno “ferito” per molti secoli la nostra storia nazionale. Il popolo italiano ha sempre reagito esprimendo la sua straordinaria genialità, che ha illuminato il mondo, in tutti i campi del sapere, della vita e dell’arte (e anche con i suoi santi). Soprattutto la nostra grande letteratura ha tenuto viva l’identità nazionale e il grido di protesta per i tanti eserciti stranieri che hanno trasformato il “Bel Paese” nel loro campo di battaglia. In particolare ha tenuto desto il senso di appartenenza a una storia millenaria e a un’identità che affonda le sue radici nei popoli italici preromani e nella Roma classica e cristiana. Radici culturali e identità nazionale che oggi una pervasiva ideologia tenta di delegittimare, di offuscare o addirittura di negare. Questo libro è anche un’accorata dichiarazione d’amore all’Italia e un’esortazione a non accettare la sua liquidazione e il tramonto dell’Occidente.
UN DURO ATTO D’ACCUSA
CONTRO LA LIQUIDAZIONE
DEL NOSTRO PAESE
E PER LA SUA RINASCITA.
AMDG et DVM

lunedì 16 ottobre 2017

Suor Rita, San Gerardo, e ...l'attentato a Giovanni Paolo II

L'ATTENTATO A 
GIOVANNI PAOLO II


 

1.   Il fatto raccontato da Antonio Socci    

     Si dichiara che riguardo all’autenticità della cosiddetta “bilocazione” e di altri fenomeni di origine non naturale, descritti nel seguente racconto, il giudizio definitivo spetta alla Chiesa. Noi intendiamo attenerci a tale giudizio e il lettore è libero di prestare ai fenomeni citati una fede puramente umana, in base ai Decreti di Urbano VIII e della Congregazione per la Dottrina della Fede.


     Il 13 maggio 1981, verso le ore 17,17, in piazza San Pietro a Roma, un killer turco inviato da forze oscure e potenti, Mehmet Ali Agca, sta per sparare al Papa Giovanni Paolo II. Il ventitreenne "lupo grigio" è un professionista, è un ottimo tiratore, è lì per uccidere, si trova dietro la prima fila, a distanza molto ravvicinata (solo tre metri dal Santo Padre). E' molto calmo e determinato, dunque il bersaglio, indifeso ed esposto davanti a lui, non ha scampo.
     Ma allora come e perchè l'assassinio è fallito? Se l'avesse ucciso - e le probabilità erano il 99,99 per cento - il suo pontificato sarebbe stato soffocato agli albori. La storia della Chiesa sarebbe stata molto diversa, ma soprattutto lo sarebbe stata la storia mondiale, perchè il ruolo che il "papa polacco" ebbe nel successivo crollo incruento del comunismo fu colossale, decisivo. Tutto dunque sarebbe andato diversamente e, di certo, molto più drammaticamente per l'intera umanità.
     Ripeto dunque la domanda: come e perchè quell'assassinio è fallito? Chi impedì al killer di perpetrare quell'omicidio ormai a portata di mano alle 17,17 di quel giorno in piazza San Pietro, il luogo che aveva visto, diciannove secoli prima, il martirio dell'apostolo Pietro?
     Papa Wojtyla ha sempre affermato di essere stato salvato da un intervento soprannaturale della Santa Vergine. Ne danno testimonianza l'icona della Madonna che ha fatto dipingere sopra piazza San Pietro, nel punto dove si consumò il crimine, e una pallottola - di quell'attentato - che il papa volle portare l'anno successivo come ex voto al santuario di Fatima per farla incastonare nella corona della Regina della pace. In effetti il giorno dell'attentato era la festa della Madonna di Fatima, l'anniversario della prima apparizione (avvenuta il 13 maggio 1917). E' una simile coincidenza fa davvero pensare a una soprannaturale protezione sul papa scampato alla morte.

                                                              

     E' davvero inspiegabile che un killer professionista, molto abile e determinato, abbia fallito a distanza ravvicinatissima un bersaglio così facile e indifeso sparando solo due colpi. Anche la traiettoria del proiettile che colpì al ventre il Santo Padre sembrò innaturale, anzitutto ai chirurghi. Che una mano misteriosa abbia deviato la pallottola per salvare la vita del papa non è solo una persuasione soggettiva di Karol Wojtyla, è un fatto oggettivo, in un certo senso scientificamente acclarato: "Il professor Crucitti aggiunse di aver osservato una cosa 'assolutamente anomala e inspiegabile'. La pallottola si era mossa, nel ventre del papa, a zigzag, evitando gli organi vitali. Era passata a un soffio dall'aorta centrale: se l'avesse raggiunta, il Santo Padre sarebbe morto dissanguato ancora prima di arrivare in ospedale. Aveva evitato la spina dorsale e tutti gli altri principali centri nervosi: se li avesse colpiti, Giovanni Paolo II sarebbe rimasto paralizzato. 'Sembra' concluse il professore 'che quella pallottola sia stata guidata per non provocare danni irreparabili'."
     Per questo il 13 maggio 1994, parlando ai vescovi italiani, Giovanni Paolo II potè ragionevolmente affermare: "fù una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il papa agonizzante si fermò sulla soglia della morte (...) Il proiettile mortale si fermò e il papa vive - vive per servire!".
     Che quella mano misteriosa appartenga alla Madre di Dio, di cui quel giorno si celebrava l'apparizione a Fatima, era per papa Wojtyla una certezza. " Sono stato a Fatima per ringraziare la Madonna" ha scritto in Memoria e identità. In effetti quel giorno, il 13 maggio 1982, primo anniversario dell'attentato, dichiarò: " Ho visto in tutto ciò che mi stava succedendo una speciale protezione materna della Madonna. In questa ora, quì nel santuario di Fatima, voglio ripetere adesso davanti a tutti voi: Totus Tuus - " tutto tuo" o Madre!". Il papa ha poi ripetuto in varie occasioni: " una mano ha sparato, un'altra mano ha deviato la pallottola".
     Nessuno, ovviamente, ha mai cercato testimoni di quell'intervento soprannaturale. Nessuno poteva immaginare che una mano avesse fisicamente impedito ad Agca di sparare i colpi decisivi. Finché un giorno di luglio del 2007 mi sono imbattuto in alcuni documenti che avevo ricevuto nel maggio del 2005, accantonandoli senza prestarvi attenzione.
     Sistemando dei libri ho aperto un incartamento che neanche sapevo di avere e che conteneva la straordinaria vicenda di Cristina Montella, la "bambina" di padre Pio. Mi tuffo nella lettura, scopro un continente sconosciuto. E dopo qualche giorno mi metto alla ricerca di colui che ha raccolto tante testimonianze e documenti straordinari su di lei.
     Un caldo e luminoso giorno di agosto percorro in macchina verso sud la valle spoletana, che corre sotto Assisi. Sembra di essere in pellegrinaggio: sfioro Santa Maria degli Angeli con la grande basilica che contiene la Porziuncola, poi Rivotorto (una chiesina costruita sopra la stalla in cui Francesco visse alcuni mesi con i suoi compagni), quindi Spello, infine Trevi. E, dirigendomi verso Montefalco, nel mezzo della campagna trovo il santuario della Madonna della Stella.
     Vive quì il padre passionista Franco D'Anastasio, un raffinato biblista che è stato per anni rettore del santuario San Gabriele dell'Addolorata. Proprio sul santo e specialmente sulla sua "presenza carismatica" ha scritto una quantità di pregevoli opere che fanno di lui oggi il suo maggior biografo e storico. Uno dei suoi libri recenti è dedicato alle analogie fra San Gabriele e padre Pio.
     Ma negli ultimi anni padre D'Anastasio ha portato a termine una imponente ricerca storica, raccogliendo una montagna di documenti e testimonianze, sulla figura di suor Rita Montella (al secolo Cristina Montella), monaca agostiniana morta in fama di santità il 26 novembre 1992 nel monastero di clausura di Santa Croce sull'Arno, in Toscana.

                                                                            

     La vita di suor Rita, anzi soprattutto la sua vocazione, così piena di doni, di carismi superiori ( a cominciare dalla bilocazione), è intrecciata fin dall'inizio a quella di padre Pio e particolarmente alla sua "azione riparatrice". Il suo legame con il santo cappuccino è speciale, come vedremo, ed è documentato e testimoniato fra l'altro da padre Teofilo dal Pozzo - stimatissima e autorevole figura di francescano - che fu direttore spirituale di suor Rita e superiore della provincia cappuccina di Foggia, quindi superiore diretto e amico di padre Pio,
     Padre Teofilo fu un testimone diretto delle misteriose "missioni" congiunte di padre Pio e di suor Rita. E fu in modo rigoroso e profondo il primo a verificare i carismi e la santità di vita di suor Rita, insieme ad altri autorevoli religiosi e religiose. Padre D'Anastasio, raccogliendo tutte queste testimonianze, a potuto però attingere anche alla sua conoscenza personale della suora da cui, nel corso degli anni, ha appreso informazioni importanti. Una delle quali davvero sconvolgente, riguarda l'attentato a Giovanni Paolo II di cui per altro suor Rita era coetanea.
     Suor Rita, subito dopo il 1981, in un colloquio confidò a padre Franco - facendogli promettere di tenere il segreto almeno fino alla morte di lei - di essere stata presente in bilocazione in piazza San Pietro quel 13 maggio 1981. Ma c'è di più : "Assieme alla Madonna deviai il colpo dell'attentatore del papa". Queste le sue testuali parole. 
     Si tratta di una rivelazione che ovviamente lascia sconcertati, che può essere presa in esame solo considerando l'assoluta affidabilità di questa religiosa, la sua vita santa e i doni soprannaturali che ebbe e che sono testimoniati da persone del tutto degne di fiducia a cominciare da ciò che di lei attestò san Pio da Pietrelcina il quale, come vedremo, proprio con suor Rita ha compiuto alcune delle sue imprese straordinarie.
     
     (...) A questo sconcertante segreto peraltro si aggiunge un'altra breve frasetta che suor Rita si lasciò sfuggire - in una diversa circostanza in modo indipendente - alla signora Gabriella Panzani, da tanti anni amica della religiosa. Dunque suor Rita un giorno, mentre si parlava dell'attentato al papa, disse: "Quanto ho dovuto faticare perchè non avvenisse di peggio".
      Un flash che lascia intravedere il drammatico "prezzo" d'amore che dev'essere stato pagato, fatto di preghiere e di durissime penitenze che questa mistica prendeva su di sè al posto di altri, in questo caso per riparare a un immane sacrilegio. Siamo in quella dimensione di "espiazione vicaria" che suor Rita visse eroicamente e che permise anche a padre Pio di strappare al Cielo tante grazie per gli esseri umani sofferenti e per la Chiesa. Quella frase inoltre ci fa intravedere la risposta a un'obiezzione che viene naturale fare: ma perchè mai il Cielo, per salvare il papa, avrebbe dovuto aver bisogno di una piccola suora di clausura sconosciuta a tutti? la prima risposta ovviamente è che i disegni di Dio sono imperscrutabili. Forse in questo caso il Cielo potrebbe aver voluto che una persona desse testimonianza di quello che la Madonna ha operato. Ma un frammento della risposta potrebbe stare anche nel fatto che suor Rita era una creatura terrena, appartenente alla Chiesa militante, e dunque poteva offrire e offrirsi per ottenere alla Chiesa e al mondo quella immensa grazia. Solo gli uomini che sono in questa vita possono farlo e così hanno un "potere" straordinario. Padre Pio sosteneva che l'unica cosa che gli angeli ci invidiano infinitamente è la sofferenza e l'offerta, perchè è il modo più forte e sincero di dire a Dio: "Ti amo davvero!".
     Vedremo con padre Pio che infinito valore ha - agli occhi di Dio - la sofferenza umana offerta con amore, vedremo quanto sia capace di commuovere il suo Cuore e far "violenza" alla sua giustizia ("il Regno di Dio appartiene ai violenti [Mt 11,12]"). In questo caso per ottenere una grazia immensa: la salvezza di un grande papa.
     Di una simile, clamorosa rivelazione che conferme possiamo cercare? pensavo che non ce ne potessero essere di alcun genere, trattandosi di un evento soprannaturale. Ritenevo che non avesse senso neanche cercarle. Sennonchè una sorprendente conferma potrebbe averla data inconsapevolmente - senza sapere nulla di tutta questa storia - proprio il protagonista dell'evento, l'attentatore Mehmet Ali Agca. Al giudice istruttore Ilario Martella che lo interrogava, nel corso della seconda indagine giudiziaria sull'attentato, ha così descritto quello che accadde: "era mio preciso intendimento uccidere il papa. Questo era il mandato che mi era stato affidato, tant'è che ho sparato solo due colpi perchè accanto a me c'era una suora che a un certo momento mi ha preso il braccio destro, per cui non ho potuto continuare a sparare. Altrimenti io avrei ucciso il papa."

                                                                            

     Quando ho letto queste parole mi è sembrato di ravvisarvi una notizia clamorosa che pare sia sfuggita all'attenzione: una suora che ha sventato l'assassinio. E' stato inevitabile pensare a suor Rita. Per la verità si era subito diffusa la notizia di una suora che aveva ostacolato Agca mentre sparava. Ce ne traccia sui giornali del tempo. Lo ha ricordato per esempio Adriano Sofri in un suo articolo dedicato appunto alle suore: "Nel pomeriggio dell'attentato in piazza San Pietro, si disse che una suora si era gettata addosso ad Ali Agca per deviarne il colpo".
     Ma, a quanto pare, tutti hanno sempre sovrapposto la figura della suora di cui parla Agca, quella che gli afferrò il braccio, all'altra che poi ne bloccò la fuga. Un errore forse dovuto al fatto che l'unica suora reperibile e identificata dalla polizia sul posto è stata la seconda, che ha pure testimoniato al processo. Della prima ifatti non c'era traccia, non fu identificata dalla polizia, non era rimasta in piazza San Pietro dopo aver afferrato il braccio destro dell'attentatore impedendogli di sparare altri colpi. Si era come volatilizzata. Stiamo sfiorando - come ben si capisce - il mistero, il soprannaturale e certo qualcuno storcerà il naso. I mistici, come dice Jean Guitton, sconvolgono le nostre presunte certezze fisico-matematiche perché spalancano davanti a noi altre dimensioni, ci fanno intuire quanto sia corta la nostra vista e lasciano irrompere l'Eterno nell'istante presente.
     Così diventa comprensibile perfino l'impossibile: la notizia di una suora che vive in un monastero di clausura in Toscana e che, in bilocazione, un giorno, impedisce all'attentatore del papa di sparare ancora. Del resto le testimonianze sulle bilocazioni di suor Rita e di padre Pio, come vedremo, sono tante e indiscutibili. Inoltre i fatti sono obiettivamente concordanti con la "rivelazione" relativa a suor Rita. Il primo è la confessione di Agca che parla di una suora che gli prese il braccio impedendogli di sparare altri colpi. Il secondo fatto è la testimonianza di quella "suor Lucia" che bloccò la fuga di Agca.
     Non è stato facile raggiungerla (peraltro indirettamente). Sapevo che vive in un convento di Genova, ma non parla con i giornalisti. Però recentemente il 10 gennaio 2006, ha scritto un suo ricordo dell'attentato per "L'eco di Bergamo". Suor Lucia Giudici - che in realtà da religiosa si chiama suor Letizia - scrive: "Sì, è toccato proprio a me acciuffare Ali Agca che tentava di fuggire dalla piazza dopo aver sparato al Santo Padre. Ho atteso invano quel giorno che qualcuno lo bloccasse, ma tutti i pellegrini e turisti in quel momento erano allibiti e sconvolti nell'osservare il papa che ferito gravemente veniva trasportato all'ospedale Agostino Gemelli. Tutto si svolse in una manciata di minuti ed io istintivamente ho cercato il momento per bloccarlo e tenerlo fino al momento di consegnarlo alla polizia".
     Suor Lucia qui non dice affatto di essersi trovata accanto all'attentatore e di avergli afferrato il braccio, anzi colloca il suo gesto dopo che l'attentatore ha sparato, mentre sta fuggendo. Dunque fornisce una risposta. Ma occorre capire precisamente quanto lei era distante dal killer turco. Come fare ? Apprendo che suor Lucia è originaria di un paesino della bergamasca e che, nei giorni in cui sto scrivendo, si trova lì in vacanza. Grazie alla preziosa collaborazione di Ettore Ongis, direttore dell' "Eco", riesco a farla raggiungere il 23 agosto 2007 alla messa delle ore 18 e lì, informalmente, fornisce una spiegazione precisa che mi sembra definitiva. Eccola: Ali Agca si trovava davanti alla suora, a una distanza di circa 10 metri. Lui ha sparato i due colpi, poi si è voltato e ha cominciato a scappare dirigendosi verso il colonnato del Bernini, cioè verso di lei. Siccome nessuno lo fermava, lei ha allargato le braccia per sbarrargli la strada. Lui allora le ha puntato la pistola ma, muovendosi per tornare indietro, ha perso l'equilibrio e a quel punto lei l'ha bloccato finchè non sono arrivati altri e poi dei carabinieri che l'hanno ammanettato.
     Quindi adesso è certo: suor Lucia si trovava lontano da Agca al momento degli spari, stava a dieci metri, dunque non era lei la suora che - secondo le parole dell'attentatore - "a un certo momento mi ha preso il braccio destro, per cui non ho potuto continuare a sparare. Altrimenti io avrei ucciso il papa". Ma se non era suor Lucia, chi sarà stata quella suora che non fu mai identificata sul posto dalla polizia perchè, dopo l'attentato sembra essersi volatilizzata da piazza San Pietro ?
     Padre Franco D'Anastasio oggi può rivelare la confidenza ricevuta da suor Rita perchè lei è morta nel 1992. Quindi non è piu' tenuto al segreto.
     (...) Del resto suor Rita ha dato anche altri elementi interessanti a padre d'Anastasio subito dopo l'attentato. Li riassumo in sintesi: "L'attentatore non parlerà. Le pallottole che ferirono il Santo Padre erano avvelenate. Lui era con altri due che sono fuggiti. C'era una trama internazionale contro il papa e la chiesa". Tutti i flash che poi hanno trovato puntuale conferma nelle indagini della magistratura e negli eventi successivi.

                                  (da Antonio Socci, Il segreto di Padre Pio, Rizzoli 2007, pp. 9-20, con il permesso dell'autore)

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2.  Valutazione del racconto fatto da Antonio Socci.
     Secondo il parere del sacerdote passionista Padre Franco D’Anastasio, teologo, importante testimone e biografo di Suor Rita, Socci nel suo libro ha esposto con precisione e in modo esauriente i fatti riguardanti l’intervento di Suor Rita nell’attentato a Giovanni Paolo II.
     L’unica inesattezza si riscontra nel passo seguente (contenuto nell’Antefatto del libro di Socci, alle pagine 19-20, ma non riportato nei brani presi dal libro e citati qui sopra):  “Nel 2007 il cardinale Stanislao Dziwisz, arcivescovo di Cracovia e già segretario del pontefice polacco, ha fatto chiamare padre D’Anastasio e gli ha chiesto di rilasciare sotto giuramento la testimonianza sull’attentato e le parole ascoltate da Suor Rita per il processo diocesano di beatificazione di Karol Wojtyla che si era aperto a Cracovia”.

                                          

     In verità il cardinale Stanislao Dziwisz non "ha fatto chiamare” Padre Franco D’Anastasio a Cracovia, né gli “ha chiesto” di rilasciare la testimonianza sulle parole di Suor Rita, ma ha ricevuto inaspettatamente per posta nel 2006, dietro notifica e lettera accompagnatoria di un sacerdote, in occasione del venticinquesimo dell’attentato al Papa, la dichiarazione firmata da Padre D’Anastasio, controfirmata da un notaio, nella quale venivano riportate le testuali parole che erano state riferite di persona da Suor Rita Montella, quando era viva, a Padre Franco D’Anastasio stesso.
     Il cardinale, a sua volta, in data 21 giugno 2006, ha risposto ringraziando per l’informazione ricevuta e attestando che l’avrebbe fatta pervenire a Roma (non a Cracovia) a Mons. Slawomir Oder, Postulatore della Causa del Servo di Dio Giovanni Paolo II.
     A parte questa imprecisione di poco valore (che già abbiamo fatto presente all’autore), il resoconto steso da Antonio Socci nell’Antefatto del suo libro è molto positivo, merita una lettura attenta e grande considerazione.
     Le copie autentiche dei documenti sopra citati, cioè la dichiarazione di Padre Franco D’Anastasio e la lettera del cardinale di Cracovia, sono nelle nostre mani.



3.  Il testo della dichiarazione di Padre Franco D’Anastasio.
     La dichiarazione è stata rilasciata “a tutti gli effetti e conseguenze esclusivamente delle leggi ecclesiastica e canonica” il 10 maggio 2006.
     In essa Padre D’Anastasio afferma che “in occasione di un incontro alla fine dell’anno 1981, ci trovammo a parlare dell’attentato al Santo Padre Giovanni Paolo II e Suor Rita mi confidò: La Madonna ed io abbiamo deviato con le nostre mani quella dell’attentatore al Papa”. Padre D’Anastasio continua così: “Suor Rita si riferiva a un fenomeno che, secondo la mia opinione personale, può definirsi bilocazione”.
     Poi, in ossequio all’autorità della Chiesa, a cui spetta giudicare una materia così delicata come i fenomeni di bilocazione, egli aggiunge: “Circa la natura di tale fenomeno, mi sottometto alla Chiesa e lascio alla Chiesa stessa l’ultimo giudizio”.
     Termina la dichiarazione dicendo che Suor Rita “mi pregò di non parlarne a nessuno, prima della sua morte, promessa che ho fedelmente mantenuto”.
     In un foglio allegato alla dichiarazione Padre Franco dice: “Sono pienamente disposto a confermare sotto forma di giuramento tutto quello che ho scritto”.
     Il documento porta la firma sua e quella di un notaio, iscritto nel “Ruolo del Distretto notarile di Perugia”, il quale certifica che la firma di Padre Franco D’Anastasio è “vera ed autentica, apposta in mia presenza”.
     Questa dichiarazione è attendibile sia per l’onestà e la sincerità di chi l’ha firmata, sia per il modo “solenne e ufficiale” in cui è stata redatta. Contestarla sarebbe temerario, a meno che non esistano motivi fondati per impugnarne il contenuto. Ridicolizzarla, solo perché per principio non si vuole ammettere la possibilità delle “bilocazioni”, dimenticando che a Dio niente è impossibile, sarebbe stolto.
     E’ di grande importanza per capire tutte le altre testimonianze sull’attentato a Giovanni Paolo II.

http://suorritamontella.com/Attentato_al_papa.htm

et:

AMDG et BVM