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lunedì 5 novembre 2018

Mentre B esalta la sinistra e gli immigrati, Papa Ratzinger elogia Salvini e la Lega.

Qualche anno Matteo Salvini, durante una sua conferenza, ha elogiato Papa Benedetto XVI con questa affermazione:
«Il mio papa è Benedetto XVI». Salvini confrontò Benedetto XVI con il migrazionismo di Bergoglio.
Salvini ricordò l’ insegnamento di papa Ratzinger e Giovanni Paolo II secondo cui prima del diritto di emigrare, va riaffermato il diritto di non emigrare. E va difesa l’ identità dei popoli.
Ma molto più vasta di questo particolare tema è la sovrapposizione fra le battaglie politiche della sua Lega e l’ insegnamento di Benedetto XVI (e di Giovanni Paolo II).
Su liberoquotidiano leggiamo :
DA KANT A SARTRE – In questa sede perciò non proverò nemmeno a riassumere le tante e meravigliose pagine di Benedetto XVI che spaziano da Kant a Solzenicyn, dal primato della coscienza a Sacharov, da Popper a Sartre, dalla meditazione sulla musica di Bach per la Passione di Cristo in relazione al «Venerdì Santo del XX secolo» alla concezione dello Stato dei primi cristiani, dal crocifisso di Grünewald (il celebre Altare di Isenheim) a Marx e Lenin. Ognuno potrà deliziarsi di queste pagine ratzingeriane che sono luminose e vaste come una bella vallata della campagna toscana.
Qui invece vorrei considerare questo libro come se fosse un vero e proprio intervento sull’ attualità politica, anzitutto quella italiana ed enucleare i temi e i pensieri che – pur rappresentando un potente suggerimento per tutti – costituiscono per Matteo Salvini e la Lega un contributo autorevole a certe loro battaglie. Anzitutto la questione islamica. 
In questo volume non viene riproposto il mitico discorso di Ratisbona (è stato pubblicato altrove), ma è comunque preziosa l’ apologia che – in dialogo con Marcello Pera – Benedetto XVI fa dei diritti umani come «forza riconosciuta dalla ragione universale in tutto il mondo contro le dittature di ogni tipo»: se nel Novecento questa affermazione riguardava solo i sistemi totalitari atei oggi – dice il papa – riguarda soprattutto «gli Stati fondati sulla base di una giustificazione religiosa, così come li incontriamo soprattutto nel mondo islamico».
Tutto questo libro di Benedetto XVI – in linea col discorso di Ratisbona – è un’ apologia della ragione e della vera laicità che è stata partorita dal cristianesimo (in opposizione alla divinizzazione del potere imperiale dell’ antichità).
Un altro tema che arricchisce la prospettiva politica del leader leghista è la polemica di Benedetto XVI con l’ attuale Europa la cui tecnocrazia cerca di imporre un pensiero unico positivista che però rappresenta il suicidio dell’ Europa.

CULTURA D’ EUROPA – Perché – come ricorda il papa – «il patrimonio culturale dell’ Europa» è molto più vasto e, storicamente, proprio «sulla base della convinzione circa l’ esistenza di un Dio creatore sono state sviluppate l’ idea dei diritti umani, l’ idea dell’ uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’ inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire.
Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. Ignorarla o considerarla come mero passato sarebbe un’ amputazione della nostra cultura (). La cultura dell’ Europa è nata dall’ incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’ incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’ intima identità dell’ Europa».

Da cui viene la responsabilità di battersi «per la dignità inviolabile dell’ uomo». Questo triplica incontro «ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico». Ma oltre ad abbattere il mito ideologico dell’ Europa relativista di Maastricht, Benedetto XVI demolisce l’ altra divinità del momento: i mercati.
Una divinità osannata e adorata a cui vengono sacrificati gli Stati e i popoli.
Contro la religione mercatista il libro ripropone il Messaggio del 1° gennaio 2013 dove, nell’ imperversare della crisi economica, Benedetto XVI prospetta «un nuovo modello economico» in cui la «massimizzazione del profitto» ceda il passo al primato del bene comune. Chiede dunque agli Stati di riprendere l’ iniziativa in campo economico con «politiche di sviluppo industriale e agricolo» (quindi Keynes, che è reso impossibile dalla moneta unica in Europa) e poi chiede la «fondamentale e imprescindibile strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali in modo da non arrecare danno ai più poveri».

DIALOGO CON PUTIN – Che significa rivendicare il primato degli Stati e dei popoli sui mercati. Oggi è un pensiero rivoluzionario. Benedetto XVI è così anticonformista e indigesto per il potere globale che, nel recente libro intervista Ultime conversazioni, si è permesso una elegante stroncatura di Obama e un significativo apprezzamento per il leader russo: «(Con Putin) abbiamo parlato in tedesco, lo conosce perfettamente. Non abbiamo fatto discorsi profondi, ma credo che egli – un uomo di potere – sia toccato dalla necessità della fede. È un realista.
Vede che la Russia soffre per la distruzione della morale. Anche come patriota, come persona che vuole riportarla al ruolo di grande potenza, capisce che la distruzione del cristianesimo minaccia di distruggerla. Si rende conto che l’ uomo ha bisogno di Dio e ne è di certo intimamente toccato. Anche adesso, quando ha consegnato a pF l’ icona, ha fatto prima il segno della croce e l’ ha baciata». Si può dire che, insieme alla Costituzione e al Vangelo, Salvini alla prossima manifestazione può sventolare il libro di Benedetto XVI, una grande riflessione politica.
AMDG et DVM

sabato 19 maggio 2018

Elogiò la maglietta dove stava scritto “Il mio papa è Benedetto XVI”

VOLETE CAPIRE LA LEGA DI SALVINI? LEGGETE BENEDETTO XVI. UN SUO GRANDE LIBRO PIENO DI SAPIENZA (E ANCHE DI RIFLESSIONI POLITICHE)

May 12, 2018

Un paio di anni fa Matteo Salvini – a Pontida – elogiò la maglietta dove stava scritto “Il mio papa è Benedetto XVI”. Lo fece in implicita polemica con il migrazionismo di Bergoglio.
Salvini ricordò l’insegnamento di papa Ratzinger e Giovanni Paolo II secondo cui prima del diritto di emigrare, va riaffermato il diritto di non emigrare. E va difesa l’identità dei popoli.
Ma molto più vasta di questo particolare tema è la sovrapposizione fra le battaglie politiche della sua Lega e l’insegnamento di Benedetto XVI (e di Giovanni Paolo II).
Lo mostra clamorosamente l’ultimo libro appena uscito del papa emerito, “Liberare la libertà. Fede e politica nel terzo millennio” (Cantagalli).Va premesso che è un libro ricchissimo di riflessioni e spunti che immediatamente ci ricorda il fascino e la vastità del pensiero di Ratzinger.
Un pensiero che giganteggia se confrontato con la miseria e la superficialità conformista dello zoppicante eloquio bergogliano, il quale non va oltre i banali slogan “politically correct” graditi dai padroni del vapore.
In questa sede perciò non proverò nemmeno a riassumere le tante e meravigliose pagine di Benedetto XVI che spaziano da Kant a Solzenicyn, dal primato della coscienza a Sacharov, da Popper a Sartre, dalla meditazione sulla musica di Bach per la Passione di Cristo in relazione al “Venerdì Santo del XX secolo” alla concezione dello Stato dei primi cristiani, dal crocifisso di Grünewald (il celebre Altare di Isenheim) a Marx e Lenin.
Ognuno potrà deliziarsi di queste pagine ratzingeriane che sono luminose e vaste come una bella vallata della campagna toscana.
Qui invece vorrei considerare questo libro come se fosse un vero e proprio intervento sull’attualità politica, anzitutto quella italiana ed enucleare i temi e i pensieri che – pur rappresentando un potente suggerimento per tutti – costituiscono per Matteo Salvini e la Lega un contributo autorevole a certe loro battaglie.
Anzitutto la questione islamica. In questo volume non viene riproposto il mitico discorso di Ratisbona (è stato pubblicato altrove), ma è comunque preziosa l’apologia che – in dialogo con Marcello Pera – Benedetto XVI fa dei diritti umani come “forza riconosciuta dalla ragione universale in tutto il mondo contro le dittature di ogni tipo”: se nel Novecento questa affermazione riguardava solo i sistemi totalitari atei oggi – dice il papa – riguarda soprattutto “gli Stati fondati sulla base di una giustificazione religiosa, così come li incontriamo soprattutto nel mondo islamico”.

Tutto questo libro di Benedetto XVI – in linea col discorso di Ratisbona – è un’apologia della ragione e della vera laicità che è stata partorita dal cristianesimo (in opposizione alla divinizzazione del potere imperiale dell’antichità).
Un altro tema che arricchisce la prospettiva politica del leader leghista è la polemica di Benedetto XVI con l’attuale Europa la cui tecnocrazia cerca di imporre un pensiero unico positivista che però rappresenta il suicidio dell’Europa.
Perché – come ricorda il papa – “il patrimonio culturale dell’Europa” è molto più vasto e, storicamente, proprio “sulla base della convinzione circa l’esistenza di un Dio creatore sono state sviluppate l’idea dei diritti umani, l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini davanti alla legge, la conoscenza dell’inviolabilità della dignità umana in ogni singola persona e la consapevolezza della responsabilità degli uomini per il loro agire. Queste conoscenze della ragione costituiscono la nostra memoria culturale. Ignorarla o considerarla come mero passato sarebbe un’amputazione della nostra cultura (…). La cultura dell’Europa è nata dall’incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma – dall’incontro tra la fede in Dio di Israele, la ragione filosofica dei greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro forma l’intima identità dell’Europa”.
Da cui viene la responsabilità di battersi “per la dignità inviolabile dell’uomo”. Questo triplica incontro “ha fissato dei criteri del diritto, difendere i quali è nostro compito in questo momento storico”.
Ma oltre ad abbattere il mito ideologico dell’Europa relativista di Maastricht, Benedetto XVI demolisce l’altra divinità del momento: i mercati. Una divinità osannata e adorata a cui vengono sacrificati gli Stati e i popoli.
Contro la religione mercatista il libro ripropone il Messaggio del 1° gennaio 2013 dove, nell’imperversare della crisi economica, Benedetto XVI prospetta “un nuovo modello economico” in cui la “massimizzazione del profitto” ceda il passo al primato del bene comune.
Chiede dunque agli Stati di riprendere l’iniziativa in campo economico con “politiche di sviluppo industriale e agricolo” (quindi Keynes, che è reso impossibile dalla moneta unica in Europa) e poi chiede la “fondamentale e imprescindibile strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali in modo da non arrecare danno ai più poveri”.
Che significa rivendicare il primato degli Stati e dei popoli sui mercati. Oggi è un pensiero rivoluzionario.
Benedetto XVI è così anticonformista e indigesto per il potere globale che, nel recente libro intervista “Ultime conversazioni”, si è permesso una elegante stroncatura di Obama e un significativo apprezzamento per il leader russo:
“(Con Putin) abbiamo parlato in tedesco, lo conosce perfettamente. Non abbiamo fatto discorsi profondi, ma credo che egli – un uomo di potere – sia toccato dalla necessità della fede. E’ un realista. Vede che la Russia soffre per la distruzione della morale. Anche come patriota, come persona che vuole riportarla al ruolo di grande potenza, capisce che la distruzione del cristianesimo minaccia di distruggerla. Si rende conto che l’uomo ha bisogno di Dio e ne è di certo intimamente toccato. Anche adesso, quando ha consegnato a papa Francesco l’icona, ha fatto prima il segno della croce e l’ha baciata.
Si può dire che, insieme alla Costituzione e al Vangelo, Salvini alla prossima manifestazione può sventolare il libro di Benedetto XVI, una grande riflessione politica.
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Antonio Socci
Da “Libero”, 12 maggio 2018

Traditi sottomessi invasi

October 1, 2017

Siamo di fronte a una prospettiva apocalittica: l’estinzione degli italiani, la loro sparizione dalla storia a causa di un crollo demografico che sta diventando irrimediabile. Intanto i nostri politici fischiettano con noncuranza, nella contesa delle poltrone, mentre lasciano che un fiume di migranti, di diversa cultura e religione, sbarchi e si insedi nella penisola e mentre, da tempo, hanno deliberato una cessione di poteri che fa venir meno l’indipendenza nazionale e la sovranità popolare. Con la sudditanza ai mercati finanziari, con la perdita di sovranità monetaria (per l’euro) e di sovranità politica (per l’Unione europea dopo Maastricht) si è assestato un durissimo colpo allo stato sociale e all’economia italiana e si riduce progressivamente lo stato nazionale a un fantasma. Nel quale infatti gli elettori e i cittadini percepiscono di contare sempre meno.
Antonio Socci compie un affascinante viaggio nella storia d’Italia mostrando che il tradimento delle élite e la “chiamata dello straniero” hanno “ferito” per molti secoli la nostra storia nazionale. Il popolo italiano ha sempre reagito esprimendo la sua straordinaria genialità, che ha illuminato il mondo, in tutti i campi del sapere, della vita e dell’arte (e anche con i suoi santi). Soprattutto la nostra grande letteratura ha tenuto viva l’identità nazionale e il grido di protesta per i tanti eserciti stranieri che hanno trasformato il “Bel Paese” nel loro campo di battaglia. In particolare ha tenuto desto il senso di appartenenza a una storia millenaria e a un’identità che affonda le sue radici nei popoli italici preromani e nella Roma classica e cristiana. Radici culturali e identità nazionale che oggi una pervasiva ideologia tenta di delegittimare, di offuscare o addirittura di negare. Questo libro è anche un’accorata dichiarazione d’amore all’Italia e un’esortazione a non accettare la sua liquidazione e il tramonto dell’Occidente.
UN DURO ATTO D’ACCUSA
CONTRO LA LIQUIDAZIONE
DEL NOSTRO PAESE
E PER LA SUA RINASCITA.
AMDG et DVM

martedì 13 marzo 2018

“Il Cristianesimo è la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta

MIRACOLO A MILANO: UN LEADER POLITICO S’IMPEGNA A DIFENDERE LE NOSTRE RADICI CRISTIANE (E UN VESCOVO S’IMBUFALISCE A SENTIR PARLARE DEL VANGELO)

February 26, 2018

È il mondo alla rovescia. In Piazza Duomo, a Milano, nel corso degli anni si è visto di tutto: dalle bandiere rosse delle manifestazioni comuniste ai sit-in Lgbt con bandiere arcobaleno fino alle folle di musulmani a pregare Allah rivolti verso la Mecca.
Eppure a far insorgere a velocità supersonica un vescovo ambrosiano, sabato scorso, è stato Matteo Salvini “reo” di aver di aver evocato il Vangelo. In particolare le parole di Gesù, “gli ultimi saranno i primi”, riferendole agli italiani che oggi vengono trattati da stranieri in patria.
Nell’occasione Salvini – anticipando simbolicamente davanti alla sua gente il giuramento che dovrebbe fare come Capo del governo, nell’ipotesi di una vittoria elettorale – ha solennemente proclamato: “mi impegno e giuro di essere fedele al mio popolo, ai 60 milioni di italiani, di servirvi con onestà e coraggio, giuro di applicare davvero la Costituzione italiana, da molti ignorata, e giuro di farlo rispettando gli insegnamenti contenuti in questo sacro Vangelo”.
Immediatamente è insorto monsignor Mario Delpini intimando: “Nei comizi si parli di politica”.
Assistiamo così al singolare spettacolo di un vescovo di Milano che invece di criticare partiti e politici che avanzano programmi anticristiani, si scaglia contro un leader politico che afferma di voler difendere le radici cristiane dell’Italia e di far tesoro dell’insegnamento evangelico.
E’ proibito? Eppure per cinquant’anni la Chiesa ha sostenuto a spada tratta un partito che fin dal nome – Democrazia Cristiana– si richiamava alla fede, ai valori cattolici e alla dottrina sociale della Chiesa (con tanto di croce nel simbolo).
E – una volta finito quel partito – la Chiesa di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, attraverso il card. Camillo Ruini, ha continuato a insegnare ai politici cattolici di non mettere la loro fede tra parentesi, e ha chiesto energicamente alla politica di difendere il patrimonio di valori cristiani e umanisti della nostra storia.
Ora, per bocca del vescovo di Milano, la Chiesa sembra affermare il contrario ovvero che i politici non devono richiamarsi alla religione, a un orizzonte ideale cristiano. Insomma dovrebbero dimenticare di essere cristiani.
In effetti i vescovi si dimenticano di annunciare il Vangelo e, finendo per somigliare alla Bonino, fanno solo comizi per l’emigrazione e per l’abbraccio con l’Islam.
Ma non possono esigere che pure noi e i politici ci dimentichiamo della nostra tradizione cattolica. Se essi non sanno più qual è il loro mestiere evitino di insegnare agli altri il loro. Il Vangelo è una cosa troppo seria e importante perché sia lasciata ai vescovi. E’ un patrimonio di valori e di identità per tutti, specie in Italia.
Anche per i laici. Infatti il laico Benedetto Croce, nel libro “Perché non possiamo non dirci cristiani”, scriveva:
“Il Cristianesimo è stato la più grande rivoluzione che l’umanità abbia mai compiuta: così grande, così comprensiva e profonda, così feconda di conseguenze, così inaspettata e irresistibile nel suo attuarsi, che non meraviglia che sia apparso o possa ancora apparire un miracolo, una rivelazione dall’alto, un diretto intervento di Dio nelle cose umane, che da lui hanno ricevuto legge e indirizzo affatto nuovo. Tutte le altre rivoluzioni, tutte le maggiori scoperte che segnano epoche nella storia umana, non sostengono il suo confronto, parendo rispetto a lei particolari e limitate. […] E le rivoluzioni e le scoperte che seguirono nei tempi moderni […] non si possono pensare senza la rivoluzione cristiana, in relazione di dipendenza da lei, a cui spetta il primatoperché l’impulso originario fu e perdura il suo”.
E un altro grande intellettuale laico, Federico Chabod, nella sua “Storia dell’idea d’Europa” scriveva:
“Non possiamo non essere cristiani, anche se non seguiamo più le pratiche di culto, perché il Cristianesimo ha modellato il nostro modo di sentire e di pensare in guisa incancellabile; e la diversità profonda che c’è fra noi e gli Antichi, fra il nostro modo di sentire la vita e quello di un contemporaneo di Pericle e di Augusto è proprio dovuta a questo gran fatto, il maggior fatto senza dubbio della storia universale, cioè il verbo cristiano.  Anche i cosiddetti ‘liberi pensatori’, anche gli ‘anticlericali’ non possono sfuggire a questa sorte comune dello spirito europeo”.
Salvini dunque si è richiamato al pilastro dell’identità italiana e della vera identità europea, un pilastro che oggi si vorrebbe abbattere in nome di un multiculturalismo devastante.
Ma il Vangelo che Salvini ha evocato è anche all’origine della laicità dello Stato prima sconosciuta (“Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”). Cioè: il Vangelo è l’antidoto ai fondamentalismi religiosi e a quelli ideologici.
Il Vangelo fu la culla della libertà e della dignità della persona, quindi della democrazia. Non a caso negli Stati Uniti i presidenti usano fare il loro giuramento proprio sulla Bibbia ed evocano Dio in ogni discorso solenne (del resto c’è Dio pure nell’inno nazionale inglese, come pure nel nostro).
Citare la Costituzione insieme al Vangelo, come ha fatto Salvini, significa poi ricordare l’impronta cattolica presente nella Carta, mentre Renzi, in una infelice dichiarazione dopo la legge Cirinnà, aveva opposto la Costituzione al Vangelo.
Il contributo dei cattolici alla Carta trovò una perfetta sintesi con quello di liberali, socialisti e comunisti. E proprio quella Costituzione, brandita anni fa contro il centrodestra, rappresenta oggi la più formidabile bandiera per i sovranisti come Salvini e il centrodestra stesso.
Infatti proclama all’articolo 1 che “la sovranità” in Italia non spetta alla Commissione Europea, né alla Merkel o Macron, né alla Bce, né ai “mercati”. Ma spetta solo al “popolo italiano”.
E all’articolo 11 – come ha ben spiegato Giuseppe Palma – non consente cessioni di sovranità all’Europa, ma solo limitazioni riferite all’Onu per le diatribe internazionali sulla pace e la guerra.
Quindi Salvini ha scelto due simboli perfetti.
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Antonio Socci
Da “Libero”, 26 febbraio 2018