sabato 19 ottobre 2013

8 - Il Cuore di Maria Terra benedetta – di San Giovanni Eudes











8 - Il Cuore di Maria Terra benedetta

Il terzo quadro del cuore nobilissimo di Maria è dato dalle parole del Salmista: «Deus Rex noster operatus est salutem in media terrae» (Sal 73, 12). Dio, nostro re, ha operato la nostra salute nel mezzo della terra. 

Qual è questa terra?
Essa è la SS. Vergine, della quale la terra fisica, pur considerata nello stato in cui Dio l'aveva fatta prima del peccato, non è che un'ombra, uno schizzo tratteggiato appena. È questa la terra di cui lo Spirito Santo disse: «Aperiatur terra et germinet Salvatorem» (Is 45, 8).

È questa la terra nel cui centro Dio ha operato la nostra salute: «Operatus est salutem in medio terrae» (Sal 73, 12). Dio, nostro re, ha operato la nostra salute nel mezzo della terra.

Qual è questa terra?
Lo Spirito Santo non dice soltanto che Dio ha operato la salute del mondo in questa terra, ma in «medio terrae» e, secondo un'altra versione, «in intimo terrae», nel centro, ossia nel cuore, nel seno di questa Vergine incomparabile.

Nel mezzo di questa terra buona, cioè nel Cuore buonissimo di Maria, «in Corde bono et optimo» (Lc 8, 15) la parola increata ed eterna, uscita dal seno di Dio per venir a salvare gli uomini, è conservata con tutta cura; il frumento degli eletti: «frumentum electorum» (Zac 9, 17) fu seminato abbondantemente e ha prodotto il suo frutto, non solo al cento per uno,
ma a mille volte cento.
Questo frumento sparso a piene mani sulle cime dei monti del Libano (Sal 78, 16) è il Figlio Unico di Dio, vero frumento degli eletti. L'Eterno Padre lo ha sparso allorché l'ha donato a noi pel mistero dell'Incarnazione e continuamente ce lo dona con tanta bontà nella SS. Eucarestia.
Questi monti dalle eccelse cime, sono la SS. Madre che lo Spirito Santo ci pone dinanzi agli occhi sotto il nome e la figura, non già d'una montagna soltanto, ma di parecchie, poiché Essa contiene eminentemente tutto quel che c'è di più eccellente in tutte le vette sacre, ossia in tutti i Santi, che la divina parola definisce le sante montagne (Sal 86, 1) le vette di Dio, eterne (Sal 75,5).

Le cime alte di questi monti sono le qualità sovraeminenti, le prerogative altissime e le perfezioni sublimi di questa Sovrana dell'universo. Ora, su questi monti divini, nel mezzo di questa terra santa, nel Cuore tenerissimo di quest'ottima Madre, quest'adorabile frumento è stato seminato e sparso primieramente, poiché Ella l'ha ricevuto nel suo cuore,
prima ancora di accoglierlo nel suo seno.

Di qui poi si è sparso per tutto l'universo, mercé l'alata parola disseminata a tutti i venti, dai predicatori apostolici, animati dallo Spirito Santo, e si è moltiplicato infinitamente nei cuori dei veri cristiani. 
Tanto che si può dire in verità che Gesù è il frutto non solo del seno, ma del Cuore di Maria SS.

E come l'Eterno Padre, rivestendola della divina virtù per cui donò vita a suo Figlio: «Virtus Altissimi obumbrabit tibi» (Lc I, 35), la fece madre di Gesù così le donò il potere di formare Gesù e di farlo nascere nel Cuore dei figli di Adamo e di renderli, per questo
mezzo, membri di Cristo e figli dell'Altissimo.

E com'Ella ha concepito, portato ed eternamente porterà Gesù nel suo Cuore, così ha portato, porta, porterà sempre in cuor suo i membri di questo capo divino come figli amatissimi, frutti del suo materno Cuore, di cui Ella fa continua oblazione e perpetuo
sacrificio a Sua Divina Maestà.

Perciò i santi Padri chiamano Maria la cooperatrice, con suo Figlio, della nostra redenzione; la sorgente di nostra salute, la speranza dei peccatori, la mediatrice della nostra riconciliazione e della nostra pace con Dio, la redenzione dei prigionieri, la gioia e la salute
del mondo, e assicurano che in Lei, da Lei, per Lei Dio ha rifatto e riparato tutte le cose; che nessuno si salva se non per Lei, e che Dio non fa grazie a nessuno se non per mezzo di Lei.


Eva e Maria. 
«Eva ha riempito il mondo di miserie;
Maria ha portato al mondo la salute.
Eva è la madre e la sorgente del peccato;
Maria è la sorgente e la madre della grazia.
Eva ci ha procurata la morte;
Maria ci ha donata la vita.
Quella ci ha feriti; questa ci ha guariti».

«Voi, o Maria, siete l'unica speranza dei peccatori. Per mezzo vostro noi possiamo ottenere da Dio il perdono dei nostri peccati; per vostro mezzo noi speriamo ricevere i doni, i favori della sua infinita bontà» (S. Agostino).

«Veneremur salutis auctricem» - dice S. Gerolamo. Dobbiamo avere una grande venerazione per Colei che è la sorgente della nostra salute».
«In vitam prodiisti, ut orbis universi salutis administram te praeberes» (Orat. I de Nat.).
«Voi siete venuta in questo mondo per cooperare col Figlio alla salute dell'universo» (S. Giovanni Damasc.).
«Per te reconciliati sumus Deo. Tu captivorum redemptio, Tu omnium salus. Ave, pax,
gaudium et salus mundi. Ave mediatrix gloriosissima» (S. Efrem Orat. ad B. Virg.).

«Nemo salvatur nisi per Te, o Deipara! Nemo liberatur a periculis, nisi per Te, o Virgo puerpera! Nemo coelesti aliquo munere donatur nisi per Te, Deo charissima!» (S. Germano).
Nessuno si salva se non per Te, o Madre di Dio! Nessuno è liberato dai pericoli se non per Te, o Vergine Madre!
Nessuno riceve doni da Dio se non per mezzo di Te, che gli sei carissima!
«Sicut in Eva omnes moriuntur, ita et in Maria omnes vivificabuntur: et sicut Evae scelere fit mundi damnatio, ita fide Mariae facta est orbis reparatio» (Beato Amedeo).

Tutti gli uomini sono morti in Eva; tutti saranno vivificati in Maria; la colpa di Eva ha perduto il mondo; la fede di Maria ha tutto riparato.
«Merito in Te respiciunt oculi omnis creaturae quia in Te, de Te et per Te benigna manus omnipotentis quidquid creaverat recreavit» (S. Bernardo). Tutte le creature volgono gli occhi verso di Voi, poiché è in Voi, con Voi, che la dolce mano dell'Onnipotente ha rifatto e riparato la sua opera, rovinata dal peccato. Ragione per cui lo stesso Santo chiama Maria: «Gratiae inventricem, mediatricem salutis, restauratricem saeculorum».

«Quod damnavit Eva, salvavit Maria» (Innocenzo III).
«Maria ha desiderato, ha cercato, ha ottenuto la salute di tutti; veramente è per Lei che la salute di tutti è stata fatta; ecco perché Ella è chiamata: salute del mondo (Riccardo da S. Vittore).

Non che il Salvatore - osserva S. Bernardo - non fosse da solo più che sufficiente a compiere l'opera della nostra salute: «Sed congruum magis erat ut adesset nostrae reparationi sexus uterque quorum corruptioni neuter defuisset» (Serm. de verbis Apoc. Signum magnum).

Sicché il cuore di Maria è la sorgente della salute universale: «Omnis salus de Corde Mariae scaturizat» (S. Bonaventura).

Quali obbligazioni abbiamo quindi noi verso il caritatevolissimo cuore della nostra madre pietosa? Quale riconoscenza le dobbiamo noi, quali lodi le potremo offrire, che rispondano degnamente alla sua eccessiva carità verso di noi, agli innumerevoli favori che la divina misericordia ci ha fatto per mezzo suo?
Il Cuore di Maria centro del mondo rimesso a nuovo, che è il mondo del divino amore e della santa carità. Infatti tutto l'amore che è nel cuore degli Angeli e degli uomini che amano Dio per sé stesso e il prossimo in Dio e per Dio, si trova riunito nel Cuore della Madre del bell'amore, quasi raggi di sole venuti a concentrarsi in uno specchio, abbastanza grande per riunirli tutti, convergenti.

Ora, l'amabilissimo Gesù non è forse l'amore, la gioia, il centro, la delizia del cielo e della terra? E per conseguenza, non è forse vero che il cuore di Maria, cioè Gesù, è il centro di tutti i cuori degli uomini e degli Angeli? Verso di Lui dobbiamo essere sempre rivolti per guardarlo di continuo, per aspirare a Lui e per tendere a Lui: Egli è il luogo del nostro riposo e della nostra suprema felicità, fuori del quale non c'è che timore, inquietudine, angoscia, morte e inferno.

PREGHIERA. O Gesù, vero cuore di Maria, attirate, portate, rapite il nostro Cuore!
Fate che esso non ami, non desideri, non cerchi, non gusti che Voi; che sospiri e tenda incessantemente a Voi e non prenda alcuna compiacenza che in Voi. Fate che esso dimori in Voi perpetuamente, sia consumato nella fornace ardente del vostro divin cuore e sia
trasformato in Voi, per sempre!


AVE AVE AVE MARIA!

venerdì 18 ottobre 2013

SAN PIETRO D'ALCANTARA


19 OTTOBRE
SAN PIETRO D'ALCANTARA, CONFESSORE

La beata penitenza.
"O felice penitenza, che mi ha meritata tanta gloria!" Così si esprimeva il santo di oggi in procinto di salire al cielo, mentre santa Teresa di Gesù in terra faceva eco: "Quale perfetto imitatore di Gesù Cristo ci ha rapito Iddio, chiamando alla gloria questo religioso benedetto, Fratel Pietro d'Alcantara! Si dice che il mondo non è più capace di tanta perfezione, che le anime sono più deboli, che non siamo ai tempi di una volta, ma questo santo era del nostro tempo e il suo maschio fervore non ha nulla da invidiare a quello di altri tempi e non manca in lui un totale disprezzo delle cose della terra. Senza andare a piedi nudi come lui, senza fare penitenze cosi aspre, in mille modi possiamo praticare il disprezzo del mondo e il Signore ce li fa conoscere, se in noi c'è del coraggio. Come dovette essere grande il coraggio del santo del quale io parlo, se resistette quarantasette anni nella penitenza austera che ora è nota a tutti!

Penitenza di san Pietro.
Più di tutte le mortificazioni, da principio gli costò vincere il sonno e a questo scopo restava sempre in ginocchio o in piedi. Lo scarso riposo concesso alla natura lo prendeva seduto, con la testa appoggiata ad un pezzo di legno infisso nel muro e, se avesse voluto coricarsi non l'avrebbe potuto, perché la sua cella era lunga soltanto quattro piedi e mezzo. Per tutti quegli anni non si coprì mai col cappuccio, per quanto ardente fosse il sole o per quanto forte piovesse; non usò mai calzature e non portò che un abito di stoffa grossolana, senza sottovesti. Ho saputo però che egli per vent'anni ha portato un cilicio di filo di ferro bianco senza deporlo mai. L'abito era più stretto possibile e sopra di esso portava un mantello della stessa stoffa, ma nei tempi più freddi lo deponeva e lasciava per qualche tempo aperte porta e finestra della sua cella, che chiudeva quando, riprendendo il mantello, ci diceva che quello era il modo di scaldarsi e di procurare al corpo una migliore temperatura.

Spesso non mangiava che ogni tre o quattro giorni e, mostrandomene io sorpresa, mi disse che era cosa facile per chi vi si era abituato. La sua povertà era estrema e la sua mortificazione tale che mi confidò di aver passato tre anni della sua giovinezza in una casa dell'Ordine senza conoscere alcuno dei religiosi, fuorché al suono della voce, perché non aveva mai alzati gli occhi; onde non avrebbe mai saputo portarsi dove la regola chiamava, se non avesse seguito gli altri. Altrettanta modestia aveva per la strada e quando lo conobbi il suo corpo era così estenuato che pareva fatto di radici d'albero" (Santa Teresa. Vita, c. xvii, xxx).

"Se non farete penitenza... ".
Tanta austerità, che l'illustre fondatrice del Carmelo pare trovare naturale ed essere dolente di non praticar in eguale misura, forse ci scoraggerebbe, e ripetiamo per questo che i Santi sono tutti ammirabili, ma non tutti imitabili. Ripetiamo ancora, con i contemporanei di santa Teresa, che il mondo non è più capace di tanta perfezione e che gli organismi sono indeboliti, per poterla pretendere. E tuttavia il Vangelo, che è eterno e dà consigli sempre attuali, insiste: "Se non farete penitenza, perirete tutti!". Facendo eco al suo divino Figliolo, la Madonna in tutti i messaggi e soprattutto da un secolo in qua si compiace di ridire le stesse parole: "Penitenza, penitenza, penitenza!".

La penitenza richiesta a noi.
Bernadette a Lourdes e poi i piccoli veggenti di Fatima hanno trasmesso il messaggio celeste e questi ultimi lo hanno anche spiegato recentemente. Non è senza interesse conoscere che cosa voglia da noi il Signore per perdonarci e per allontanare dal mondo i castighi anche troppo meritati da peccati numerosi e gravi:

"Il Buon Dio desidera molto il ritorno alla pace, ma soffre vedendo un numero così piccolo di anime in grazia e disposte a rinunciare a tutto, per aderire alla sua legge. Quello che Dio esige è là penitenza, il sacrificio che ciascuno deve imporsi, per vivere secondo la sua legge.
La mortificazione che egli chiede consiste nell'adempimento dei quotidiani doveri e nell'accettazione delle tribolazioni e delle sofferenze. Desidera che alle anime sia rivelata chiaramente questa strada, perché molti pensano che penitenza voglia dire 'grandi austerità' e, non avendo né forza né coraggio per affrontarle, cadono scoraggiate nella indifferenza e nel peccato.
... Nostro Signore dice: Il sacrificio di ciascuno è il compimento del proprio dovere e l'osservanza della mia legge: ecco la penitenza che oggi io chiedo".

Praticare questa penitenza sarà per noi imitare i santi, anche i più austeri, sapendo con sicurezza che rispondiamo ai desideri di Cristo e della sua santa Madre a riguardo di ciascuno di noi.

VITA. - Pietro Garavito nacque nel 1499 ad Alcantara, in Spagna. A 16 anni entrò nell'Ordine dei Frati Minori e, compiuti gli studi, fu incaricato della predicazione. Lo zelo ardente gli meritò di poter convertire numerosi peccatori, ma volendo riportare l'Ordine al fervore primitivo, ne ottenne il permesso dalla Santa Sede e fondò il convento di Pedroso, che fu poi seguito da numerose fondazioni in Spagna e anche nelle Indie. Praticava un'austerità estrema, ma aveva in compenso grazie di contemplazione altissima e Dio rivelò a santa Teresa che avrebbe esaudita qualsiasi preghiera fatta in nome di Pietro d'Alcantara. Godeva del dono della profezia e del discernimento degli spiriti. Morì il 18 ottobre 1562, confortato dalla visione del Signore, della Madonna e dei Santi. Beatificato da Papa Gregorio XV il 18 aprile 1632, fu canonizzato il 4 maggio 1669 da Clemente IX.

La ricompensa.
"Ecco il termine della vita austera: una eternità gloriosa!" (Santa Teresa, Vita, c.xxvii). Come furono soavi le ultime parole sgorgate dalle tue labbra moribonde: Mi sono rallegrato in quello che mi fu detto: Andremo nella casa del Signore (Sal 121,1). Non era l'ora della ricompensa per il corpo cui nella vita non hai dato tregua per riserbargli la vita futura, ma già la luce e i profumi dell'oltretomba dei quali l'anima, abbandonandolo, lo lasciava investito, mostravano a tutti che l'impegno fedelmente mantenuto nella prima parte, lo sarà anche nella seconda. Mentre il corpo dei peccatori, destinato da false delizie a spaventevoli tormenti, ruggirà senza fine contro l'anima che l'ha portato alla rovina, le tue membra, raggiungendo nella felicità l'anima beata e completandone la gloria e lo splendore, diranno nei secoli eterni come la tua apparente durezza fu per esse saggezza ed amore.

La lotta.
Sarà necessario attendere la risurrezione per conoscere in questo mondo che la parte da te scelta è senza dubbio la migliore? Chi oserebbe confrontare i piaceri illeciti, non solo, ma le gioie permesse in terra con le sante delizie che la divina contemplazione riserba anche in questo mondo per chiunque si ponga in grado di gustarle? Se esse costano la mortificazione della carne, ciò avviene perché in questo mondo carne e spirito sono in lotta, ma la lotta ha le sue attrattive per le anime generose e la carne stessa, onorata dalla lotta, sfugge per essa a mille pericoli.

Preghiera per la Chiesa e per lo stato religioso.
Tu, che, secondo la parola del Signore, non puoi essere invocato invano, se ti degni di presentare a Lui le nostre preghiere, ottienici la soddisfazione del cielo, che ci allontana dai desideri terreni. Noi con la Chiesa rivolgiamo in tuo nome questa domanda i Dio, che rese ammirabile la tua penitenza e sublime la tua contemplazione (Colletta della festa). La grande famiglia dei Frati Minori custodisce prezioso il tesoro dei tuoi esempi e dei tuoi insegnamenti, per l'onore del tuo Padre san Francesco e per il bene della Chiesa conservala nell'amore delle austere tradizioni. Conserva al Carmelo di Teresa di Gesù la tua preziosa protezione ed estendila, nelle prove dei nostri tempi, a tutto lo stato religioso.

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1199-1203

SAN LUCA, EVANGELISTA


18 OTTOBRE
SAN LUCA, EVANGELISTA

La benignità del Salvatore.
San Paolo, nell'epistola a Tito, ricorda per due volte che è "apparsa sulla terra la benignità e l'umanità di Dio Salvatore". Si direbbe che abbia ripetute spesso quelle parole al discepolo prediletto, san Luca, nelle conversazioni, nei viaggi, nella loro lunga intimità.
Se è cosa difficile stabilire differenze e anche soltanto fare confronti tra i Santi e più ancora fra gli Evangelisti, si può tuttavia notare che il Vangelo di san Luca ci presenta prima di tutto un Salvatore buono e misericordioso. San Luca era uomo di talento, conosceva in modo mirabile il greco, descriveva e dipingeva con garbo scene e paesaggi e aveva un'anima squisita per bontà e dolcezza che dava al talento un'attrattiva straordinaria.

Il medico.
San Luca aveva fatto studi di medicina e san Paolo lo chiama "medico carissimo". Nelle narrazioni di guarigioni operate da Gesù rivela la sua qualità di medico sa dissimulare a perfezione quando qualcosa non giova alla buona fama dei medici, come nel caso dell'emorroissa, mentre gli altri evangelisti indugiano sulla incapacità della scienza umana quasi con compiacenza.

Il ritrattista.
L'abilità di narratore e di pittore gli ha fatto attribuire il ritratto della Vergine Maria, ma il ritratto più bello della Madre del Salvatore egli ce lo dà nel Vangelo e negli Atti e si pensa con ragione che egli abbia conosciuti i dettagli sull'infanzia del Signore da Maria stessa o dai suoi confidenti immediati.
Si può dire ancora che egli fu un pittore eccellente del salvatore Gesù. Nel suo racconto, non solo evitò qualsiasi anche apparente severità per le persone, ma notò pure appena di passaggio le crudeltà delle quali il Salvatore fu vittima durante la Passione. Si fermò invece con compiacenza a descrivere a lungo i primi tempi della vita di Gesù, presentandolo sempre con la Madre e parlando spesso della sua preghiera, della sua misericordia per i peccatori, della sua pazienza verso i nemici. Egli ci ha dato i racconti della donna peccatrice, del buon Samaritano, del figlio prodigo, del buon ladrone, dei discepoli di Emmaus e in tutta la narrazione appare preoccupato ispirarci confidenza nella "benignità e umanità del nostra Salvatore" venuto per salvare "tutti gli uomini". Egli vuole persuaderci che tutte le miserie umane, fisiche e morali,  possono essere guarite dal Salvatore del quale l'Apostolo, i primi discepoli e la Vergine stessa gli hanno parlato; vuole che intendiamo come rivolte a noi le parole di tenerezza di Gesù: "Dico a voi, che siete miei amici... Non temete, piccolo gregge... " e, leggendo si comprende che lo sguardo di Gesù durante la Passione non si ferma solo su Pietro, ma sopra ciascuno di noi.

La mortificazione della croce.
Tuttavia san Luca non pecca di omissione. Ci attira al Maestro, ma non esita a dirci che per seguirlo ed essere degni di Lui, bisogna prendere la croce, rinunciare totalmente a se stessi, abbandonare le proprie cose. Siccome questo non si fa senza sacrificio, egli ce lo dice con dolcezza, imitando la melodia gregoriana del Communio del Comune dei martiri, che si fa carezzevole, seducente, per portarci a prendere con Gesù la croce ogni giorno.
Egli pure prese la sua croce e la Chiesa nell'Orazione della Messa lo loda "per aver portato sempre nel suo corpo la mortificazione della croce, per la gloria di Dio". Se la Chiesa usa il colore rosso dei martiri, per onorare colui che fra gli Apostoli e gli Evangelisti solo non versò il sangue per Cristo, bisogna che la sua mortificazione sia stata ben meritoria. Fu essa il suo martirio, martirio non di qualche giorno o di qualche ora, ma di tutta la vita, forse ignoto ai contemporanei, ma noto alla Chiesa che, guidata dallo Spirito Santo lo glorifica oggi nella Liturgia.

L'insegnamento.
Per noi c'è qui un insegnamento. Come san Luca, possiamo e dobbiamo essere martiri. Col battesimo ci siamo impegnati a preferire la morte al peccato mortale e avviene che noi dobbiamo scegliere tra la morte e il peccato. Bisogna allora scegliere senza esitazione, certi della ricompensa che seguirà alla scelta.
Ma d'ordinario non possiamo scegliere tra morte e peccato, e la coscienza ci impone soltanto di rinunciare al nostro egoismo e ce lo impone tutti i giorni e, siccome tutti i giorni lo sforzo si rinnova, noi qualche volta cediamo, rinunciando all'amicizia o per lo meno all'intimità divina, conservando nel cuore un poco di amor proprio. Se vi rinunciassimo, ci assicureremmo la gloria che riceve san Luca nella sua eternità beata. La sua intercessione e il suo esempio possano aiutarci a camminare sulle sue orme e su quelle del salvatore e della Madre sua dei quali il Vangelo ci presenta una così seducente figura.

VITA. - Luca nacque ad Antiochia da famiglia pagana e si convertì senza dubbio verso l'anno 40. Incontrandolo a Troade, san Paolo lo prese per compagno nel secondo viaggio a Filippi, nel 49. Più tardi Luca si unisce definitivamente all'Apostolo. Dopo la morte di san Paolo, Luca lascia Roma e da allora noi perdiamo le sue tracce e più nulla sappiamo di lui.
Luca è tutto bontà e dolcezza e sfrutta il suo talento letterario, scrivendo il suo Vangelo verso il 60 con lo scopo di attirare i gentili verso la bellezza e la misericordia del Signore. Più tardi scrive gli Atti degli Apostoli. Muore, senza versare il sangue per Cristo, ma la Chiesa l'onora come martire, per la mortificazione e le sofferenze sopportate in vita per la causa del Vangelo.

La mortificazione della croce.
Sii benedetto, o Evangelista dei gentili, per aver posto fine alla lunga notte, che ci teneva prigionieri e soffocava i nostri cuori.. Confidente nella Madre di Dio, l'anima tua risente del profumo verginale di queste relazioni e lo riverbera negli scritti e in tutta la vita. Nell'opera grandiosa in cui l'Apostolo delle genti, troppo spesso abbandonato e tradito, ti trovò ugualmente fedele nel momento del naufragio (At 27) e della prigionia (2Tm 4,11) come nei giorni migliori furono tua parte la tenerezza discreta e la silenziosa devozione. Perciò a buon diritto la Chiesa applica a te le parole che Paolo diceva di se stesso: sempre siamo tribolati, esitanti, perseguitati, abbattuti, portando nel nostro corpo la morte di Gesù, questa morte che manifesta senza fine la vita del Signore nella nostra carne mortale (2Cor 4,8-11). Il figlio dell'uomo, che la tua penna ispirata ci fece amare nel suo Vangelo, tu lo riproduci nella sua santità in te stesso.

Il pittore.
Custodisci in noi il frutto dei tuoi molteplici insegnamenti. Se i pittori cristiani ti onorano, se è bene che imparino da te che l'ideale di ogni bellezza risiede nel Figlio e nella Madre sua, vi è tuttavia un'arte, che sorpassa quella delle linee e dei colori: quella che produce in noi la rassomiglianza divina. In questa noi vogliamo eccellere alla tua scuola, perché sappiamo di san Paolo, il tuo maestro, che la conformità di immagine con il Figlio di Dio è l'unico titolo alla predestinazione degli eletti (Rm 8,29).

Il medico.
Proteggi i medici fedeli, che si onorano di camminare suoi tuoi passi e si appoggiano, nel loro ministero di sacrificio e di carità, alla fiducia di cui tu godi presso l'autore della vita. Aiutali nelle cure rivolte a guarire e a sollevare le sofferenze e ispira il loro zelo quando il momento di una temibile morte si approssima.
Purtroppo il mondo, nella sua senile debolezza, richiede la dedizione di chiunque sia in grado, con la preghiera e con l'azione di scongiurare la sua crisi.Quando il figlio dell'uomo ritornerà credete che troverà ancora la fede sulla terra? (Lc 18,8) così parla il Signore nel tuo Vangelo, ma aggiunge che bisogna pregare senza interruzione (ibidem), per la Chiesa dei tempi nostri e di tutti i tempi secondo la parabola della vedova importuna, che finisce per aver ragione del giudice iniquo, che ha in mano la sua causa.  Dio non renderà giustizia ai suoi eletti, se continuamente lo supplicheranno? tollererà che siano oppressi senza fine? Io vi dico: li vendicherà con prontezza (ivi, 2-8).

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1196-1199

Le insidie dell'Avversario


8 luglio 1977.
Le insidie del mio Avversario.

«Lasciatevi sempre condurre da Me, figli prediletti, con la più grande fiducia nel mio Cuore Immacolato.

Per essere docili ai miei comandi, per formare la mia schiera invincibile voi dovete resistere alle insidie del mio Avversario che mai, come in questi tempi, si è scatenato contro di voi.

Vuole condurvi alla sfiducia e allo scoraggiamento. Vi fa soffrire con la sua azione subdola e ingannatrice.
Insinua persino il dubbio che non siate veramente scelti e da Me prediletti, tanto vi persuade della vostra grande miseria, e vi fa sentire la misura della vostra umana fragilità.
Per condurvi alla paralisi dello spirito e rendervi così inoffensivi, si scatena contro di voi con tentazioni di ogni genere.

State attenti, figli miei prediletti: queste sono le insidie del mio Avversario.
È la sua arma segreta che adopera contro di voi. È il suo morso velenoso con cui tenta di nuocere a questo mio piccolo calcagno.

La vostra Mamma vuole oggi svelarvi la sua trama e mettervi in guardia contro queste sue insidie.

- Voi siete i miei gigli e perciò vi tormenta spesso con immagini, fantasie e tentazioni impure.
Siate sereni, siate fiduciosi. Mai come in questi momenti di fronte a Dio ed alla vostra Mamma celeste, così fulgida e inviolata, risplende tutta la vostra purezza, perché nasce da un dono che voi rinnovate con la vostra volontà, nella più grande sofferenza di tutto il vostro essere.
Da ogni insidia che Satana vi tende ne uscite più puri, più belli, più nuovi. E la sofferenza che sentite è da Me stessa usata quale terribile arma per strappare al mio Avversario tanti vostri
fratelli Sacerdoti che, da anni e anni, tiene imprigionati e schiavi.

- Voi siete le mie rose che dovete profumare d'amore solo per mio Figlio Gesù e per Me.
Vi insidia perciò con il presentare al vostro cuore delle creature a cui insensibilmente cerca di legarvi. Anche qui è sempre subdola la sua azione. Spesso vi presenta creature buone, anche virtuose, persino dotate di doni straordinari, che però possono esservi di ostacolo al vostro atto di amore verso mio Figlio Gesù che Io vorrei rendere sempre più puro, incessante e perfetto.

Basta il più piccolo attaccamento a qualsiasi creatura, perché il vostro atto di amore non sia più come il mio Cuore Immacolato desidera. E le vostre anime vengono così oscurate da ombre che vi impediscono di ricevere e di comprendere tutta la luce che Io vi dono, e di cui avete bisogno per comporre questa mia corona di amore.
Oh, figli miei prediletti! Venite a Me voi tutti, perché siete così piccoli, insicuri, incapaci.
Venite, perché siete i miei bimbi, perché avete tutti bisogno di Me per camminare sulla via dell'amore perfetto.

- Voi siete i miei ciclamini per la vostra interiore piccolezza, per l'infanzia del vostro spirito.
Satana vi insidia col farvi sentire adulti, sicuri, col fare riporre in voi stessi, nelle vostre idee, nelle vostre azioni il motivo della vostra sicurezza. E poiché è qualità dei piccoli la fiducia e l'abbandono, ecco che vi tenta sempre di più con il dubbio e la sfiducia in questa mia azione verso di voi.

Egli cerca di convincervi che siete voi a fare, che dovete essere voi ad organizzare e ad agire, che ogni cosa dipende solo da voi.
E voi fate sempre di più e non lasciate fare a Me stessa.
Io non vi posso più condurre, perché, così, non siete più capaci di essere docili.
Se non restate piccoli così, il mio disegno non può essere compiuto.

Per questo, figli miei prediletti, ho voluto svelarvi le insidie con cui il mio Avversario tenterà sempre più di ingannarvi e di sedurvi.

Rispondete sempre e solo con fiducia eroica in Me. Ho solo bisogno di questa da voi, miei piccoli bimbi, per schiacciare la testa al mio Avversario, mentre tenterà di mordere il mio calcagno, insidiando voi, figli miei amatissimi».


TE DEUM LAUDAMUS

PENITENZA PENITENZA!





Bernadetta a Lourdes Bernadetta a Nevers
Bernardetta a Lourdes : 1844-1866
- 1844 - 1858 : la sua infanzia, la sua famiglia,
il tempo delle Apparizioni
- 1858 – 1866: dopo le Apparizioni, con le Suore della Carità di Nevers all’Ospizio di Lourdes
Bernardetta a Nevers : 1866 – 1879
- arrivo a Saint-Gildard il 7 Luglio 1866
- professione religiosa il 3° Ottobre 1867
- Bernardetta muore il 16 Aprile 1879
Bernardetta riconosciuta Santa dalla Chiesa: - 8 Dicembre 1933
A Lourdes, sei un'adolescente del tuo tempo…
Da Lourdes a Nevers, dal Mulino di Boly a Saint-Gildard, dalla nascita, il 7 Gennaio 1844 alla morte, il 16 Aprile 1879, quanti sconvolgimenti nella vita di Bernardetta Soubirous! Figlia primogenita di un mugnaio rovinato, la cui estrema povertà lo farà gettare in carcere, essa vive, passando da un tugurio all'altro, fino al Cachot : Conosce la malattie, la fame, l'esclusione, l'incertezza del domani, il disprezzo da parte di coloro che hanno tutto. Sa appena leggere e scrivere."E' perché ero la più povera e la più ignorante che la Santa vergine mi ha scelta" 

Così, l'11 febbraio 1858, tutto è cominciato con un rumore, come un colpo di vento. La vergine Maria appare per la prima volta a Bernardetta alla Grotta di Massabielle, a Lourdes.
"Vorreste farmi la cortesia di venire qui per quindici giorni?"
La bella Signora ha detto "vorresti"… e Bernardetta ha detto "sì". Liberamente. "Sì", senza inquietudine, quando i grandi medici sapienti, venuti proprio per vederla, parlano di lei con parolone enormi "catalessi, isterismo"… "Sì" senza paura quando la minacciano di prigione. "Sì" senza turbarsi davanti a coloro che la trattano da bugiarda o la chiamano "la Santina", e vogliono strapparle un lembo del fazzoletto, del vestito, o un ciuffo di capelli.


The "Cachot"
E' un'adolescente del suo tempo che subisce le conseguenze dell'industrializzazione nascente..
L'amore dei suoi e la fede in Dio la fanno camminare a testa alta per le strade di Lourdes. Nel cuore di questa realtà, Bernardetta fa l'esperienza inaspettata dell'incontro con "la Signora di Massabielle". Dio le dà di conoscere il Suo Amore che sconvolge l'ordine stabilito dagli uomini: nel momento in cui tutti quelli che sanno tutto e che detengono il potere, affermano con tutta sicurezza che la ragione è sufficiente per rifare il mondo, Egli va a cercare una ragazzina che non capisce neppure il francese.
       
Bernardette Soubirous
"Sì" con umiltà, ma dignitosa quando sollecita la sua entrata in una Congregazione presente negli ospedali, negli ospizi e nelle scuole, pur essendo senza istruzione, senza competenze, senza bagagli…


A Nevers, diventi un testimone privilegiato dell'amore di Dio per ogni uomo
La sera del 7 Luglio 1866, Bernardetta varca la soglia di Saint-Gildard, Casa Madre della Congregazione delle Suore della Carità di Nevers, che aveva conosciuto all'Ospizio di Lourdes, e intraprende così il cammino evangelico proposto dalla Congregazione che ha scelto.
"Dio è Carità"
Al suo arrivo, Bernardetta ha potuto leggere queste parole, impresse sulla pietra del frontone della casa.




Esse raggiungono l'esperienza che era già iscritta nel suo cuore: quella dell'amore sorprendente di Dio per ogni uomo.
Durante 13 anni, Bernardetta rimarrà a Saint-Gildard, successivamente aiuto infermiera, responsabile dell'infermeria, sacrestana, ma spesso ammalata lei stessa…

Nevers, in una vita umile e nascosta, porterà nel suo essere una profonda solidarietà con i più poveri. unita a Gesù che ha amato fino a donare la Sua propria vita, cercherà di tradurre in ogni suo gesto e in ogni sua parola, il desiderio del suo cuore.

"Non vivrò un solo istante senza passarlo amando"

Spesso ammalata, nell' ultimo periodo della sua vita, Bernardetta trascorre lunghi giorni nell'infermeria Sainte Croix."La si lascia sentendosi più forti e più sicuri di quando si è venuti"


Come i malati, Bernardetta conosce l'umiliazione della dipendenza, la sofferenza dell'inutilità, ma di questa umiliazione, di questa sofferenza, essa fa un luogo di apertura agli altri, un luogo di solidarietà profonda con tutti coloro che vivono la stessa traversata :
" … Non avrei certamente scelto questa inazione in cui sono ridotta." "La preghiera è la mia sola arma…"
Bernardetta non è né passiva né ripiegata su se stessa. Rimane in uno stato di continua sorveglianza per non lasciarsi immergere nella sofferenza.
Chi le viveva vicino descrive quanto "le sofferenze della sua ultima malattia fossero atroci. Il petto, sfinito, era di fuoco; le ossa del ginocchio erano rose da una carie divorante". Queste settimane vissute all'infermeria Sainte Croix, sono per Bernardetta un periodo di prova fisica certamente, ma anche di prova spirituale, di "notte" della fede. Ma la sua forza, la sua costanza, le chiede a Gesù, le attinge da Gesù sulla Croce.
       
Infermeria Sainte Croix (fotografia dell'epoca)
Mercoledì 16 Aprile 1879, nella settimana di Pasqua, a metà pomeriggio, è "l'ora" in cui l'avventura di Bernardetta giunge a compimento. Come Gesù, essa affida la sua vita nelle mani di Dio, quel Dio che è "nostro Padre e che ha per noi una tenerezza infinita"


AVE MARIA PURISSIMA!