venerdì 5 luglio 2013

L'Anno della fede. Che cosa è la fede?



BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San PietroMercoledì, 24 ottobre 2012

L'Anno della fede. Che cosa è la fede?

Cari fratelli e sorelle,
mercoledì scorso, con l'inizio dell'Anno della fede, ho cominciato con una nuova serie di catechesi sulla fede. E oggi vorrei riflettere con voi su una questione fondamentale: che cosa è la fede? Ha ancora senso la fede in un mondo in cui scienza e tecnica hanno aperto orizzonti fino a poco tempo fa impensabili? Che cosa significa credere oggi? In effetti, nel nostro tempo è necessaria una rinnovata educazione alla fede, che comprenda certo una conoscenza delle sue verità e degli eventi della salvezza, ma che soprattutto nasca da un vero incontro con Dio in Gesù Cristo, dall’amarlo, dal dare fiducia a Lui, così che tutta la vita ne sia coinvolta.


Oggi, insieme a tanti segni di bene, cresce intorno a noi anche un certo deserto spirituale. A  volte, si ha come la sensazione, da certi avvenimenti di cui abbiamo notizia tutti i giorni, che il mondo non vada verso la costruzione di una comunità più fraterna e più pacifica; le stesse idee di progresso e di benessere mostrano anche le loro ombre. Nonostante la grandezza delle scoperte della scienza e dei successi della tecnica, oggi l’uomo non sembra diventato veramente più libero, più umano; permangono tante forme di sfruttamento, di manipolazione, di violenza, di sopraffazione, di ingiustizia… Un certo tipo di cultura, poi, ha educato a muoversi solo nell’orizzonte delle cose, del fattibile, a credere solo in ciò che si vede e si tocca con le proprie mani. D’altra parte, però, cresce anche il numero di quanti si sentono disorientati e, nella ricerca di andare oltre una visione solo orizzontale della realtà, sono disponibili a credere a tutto e al suo contrario. In questo contesto riemergono alcune domande fondamentali, che sono molto più concrete di quanto appaiano a prima vista: che senso ha vivere? C’è un futuro per l’uomo, per noi e per le nuove generazioni? In che direzione orientare le scelte della nostra libertà per un esito buono e felice della vita? Che cosa ci aspetta oltre la soglia della morte?


Da queste insopprimibili domande emerge come il mondo della pianificazione, del calcolo esatto e della sperimentazione, in una parola il sapere della scienza, pur importante per la vita dell’uomo, da solo non basta. Noi abbiamo bisogno non solo del pane materiale, abbiamo bisogno di amore, di significato e di speranza, di un fondamento sicuro, di un terreno solido che ci aiuti a vivere con un senso autentico anche nella crisi, nelle oscurità, nelle difficoltà e nei problemi quotidiani. La fede ci dona proprio questo: è un fiducioso affidarsi a un «Tu», che è Dio, il quale mi dà una certezza diversa, ma non meno solida di quella che mi viene dal calcolo esatto o dalla scienza. La fede non è un semplice assenso intellettuale dell’uomo a delle verità particolari su Dio; è un atto con cui mi affido liberamente a un Dio che è Padre e mi ama; è adesione a un «Tu» che mi dona speranza e fiducia. Certo questa adesione a Dio non è priva di contenuti: con essa siamo consapevoli che Dio stesso si è mostrato a noi in Cristo, ha fatto vedere il suo volto e si è fatto realmente vicino a ciascuno di noi. Anzi, Dio ha rivelato che il suo amore verso l’uomo, verso ciascuno di noi, è senza misura: sulla Croce, Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio fatto uomo, ci mostra nel modo più luminoso a che punto arriva questo amore, fino al dono di se stesso, fino al sacrificio totale. Con il mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, Dio scende fino in fondo nella nostra umanità per riportarla a Lui, per elevarla alla sua altezza. La fede è credere a questo amore di Dio che non viene meno di fronte alla malvagità dell’uomo, di fronte al male e alla morte, ma è capace di trasformare ogni forma di schiavitù, donando la possibilità della salvezza. Avere fede, allora, è incontrare questo «Tu», Dio, che mi sostiene e mi accorda la promessa di un amore indistruttibile che non solo aspira all’eternità, ma la dona; è affidarmi a Dio con l’atteggiamento del bambino, il quale sa bene che tutte le sue difficoltà, tutti i suoi problemi sono al sicuro nel «tu» della madre. E questa possibilità di salvezza attraverso la fede è un dono che Dio offre a tutti gli uomini. Penso che dovremmo meditare più spesso - nella nostra vita quotidiana, caratterizzata da problemi e situazioni a volte drammatiche –sul fatto che credere cristianamente significa questo abbandonarmi con fiducia al senso profondo che sostiene me e il mondo, quel senso che noi non siamo in grado di darci, ma solo di ricevere come dono, e che è il fondamento su cui possiamo vivere senza paura. E questa certezza liberante e rassicurante della fede dobbiamo essere capaci di annunciarla con la parola e di mostrarla con la nostra vita di cristiani.


Attorno a noi, però, vediamo ogni giorno che molti rimangono indifferenti o rifiutano di accogliere questo annuncio. Alla fine del Vangelo di Marco, oggi abbiamo parole dure del Risorto che dice : «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,16), perde se stesso. Vorrei invitarvi a riflettere su questo. La fiducia nell’azione dello Spirito Santo, ci deve spingere sempre ad andare e predicare il Vangelo, alla coraggiosa testimonianza della fede; ma, oltre alla possibilità di una risposta positiva al dono della fede, vi è anche il rischio del rifiuto del Vangelo, della non accoglienza dell’incontro vitale con Cristo. Già sant’Agostino poneva questo problema in un suo commento alla parabola del seminatore: «Noi parliamo - diceva -, gettiamo il seme, spargiamo il seme. Ci sono quelli che disprezzano, quelli che rimproverano, quelli che irridono. Se noi temiamo costoro, non abbiamo più nulla da seminare e il giorno della mietitura resteremo senza raccolto. Perciò venga il seme della terra buona» (Discorsi sulla disciplina cristiana, 13,14: PL 40, 677-678). Il rifiuto, dunque, non può scoraggiarci. Come cristiani siamo testimonianza di questo terreno fertile: la nostra fede, pur nei nostri limiti, mostra che esiste la terra buona, dove il seme della Parola di Dio produce frutti abbondanti di giustizia, di pace e di amore, di nuova umanità, di salvezza. E tutta la storia della Chiesa, con tutti i problemi, dimostra anche che esiste la terra buona, esiste il seme buono, e porta frutto.


Ma chiediamoci: da dove attinge l’uomo quell’apertura del cuore e della mente per credere nel Dio che si è reso visibile in Gesù Cristo morto e risorto, per accogliere la sua salvezza, così che Lui e il suo Vangelo siano la guida e la luce dell’esistenza? Risposta: noi possiamo credere in Dio perché Egli si avvicina a noi e ci tocca, perché lo Spirito Santo, dono del Risorto, ci rende capaci di accogliere il Dio vivente. La fede allora è anzitutto un dono soprannaturale, un dono di Dio. Il Concilio Vaticano II afferma: «Perché si possa prestare questa fede, è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre, e sono necessari gli aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della mente, e dia “a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità”» (Cost. dogm. Dei Verbum, 5). Alla base del nostro cammino di fede c’è il Battesimo, il sacramento che ci dona lo Spirito Santo, facendoci diventare figli di Dio in Cristo, e segna l’ingresso nella comunità della fede, nella Chiesa: non si crede da sé, senza il prevenire della grazia dello Spirito; e non si crede da soli, ma insieme ai fratelli. Dal Battesimo in poi ogni credente è chiamato a ri-vivere e fare propria questa confessione di fede, insieme ai fratelli.


La fede è dono di Dio, ma è anche atto profondamente libero e umano. Il Catechismo della Chiesa Cattolica lo dice con chiarezza: «È impossibile credere senza la grazia e gli aiuti interiori dello Spirito Santo. Non è però meno vero che credere è un atto autenticamente umano. Non è contrario né alla libertà né all’intelligenza dell’uomo» (n. 154). Anzi, le implica e le esalta, in una scommessa di vita che è come un esodo, cioè un uscire da se stessi, dalle proprie sicurezze, dai propri schemi mentali, per affidarsi all’azione di Dio che ci indica la sua strada per conseguire la vera libertà, la nostra identità umana, la gioia vera del cuore, la pace con tutti. Credere è affidarsi in tutta libertà e con gioia al disegno provvidenziale di Dio sulla storia, come fece il patriarca Abramo, come fece Maria di Nazaret. La fede allora è un assenso con cui la nostra mente e il nostro cuore dicono il loro «sì» a Dio, confessando che Gesù è il Signore. E questo «sì» trasforma la vita, le apre la strada verso una pienezza di significato, la rende così nuova, ricca di gioia e di speranza affidabile.


Cari amici, il nostro tempo richiede cristiani che siano stati afferrati da Cristo, che crescano nella fede grazie alla familiarità con la Sacra Scrittura e i Sacramenti. Persone che siano quasi un libro aperto che narra l’esperienza della vita nuova nello Spirito, la presenza di quel Dio che ci sorregge nel cammino e ci apre alla vita che non avrà mai fine. Grazie.



Saluti:
Je salue avec joie les pèlerins francophones, en particulier ceux de la Province ecclésiastique de Toulouse accompagnés de leurs évêques, du diocèse de Metz accompagnés par Mgr Raffin, et ceux du Canada avec Mgr Veillette ! Confiants dans l’action de l’Esprit Saint, puissiez-vous annoncer l’Évangile autour de vous et rendre toujours témoignage de votre foi. Vous porterez alors des fruits abondants de justice, de paix et d’amour. Bon pèlerinage !
I offer a cordial greeting to the General Chapter of the Salvatorian Sisters. I also greet the large group of pilgrims from Japan. My warm welcome goes to the priests from the Archdiocese of Westminster. I welcome the members of the Apostolic Union of Clergy. I also greet the study group of Anglican clergy visiting Rome. Upon all the English-speaking visitors present, including those from England, Scotland, Denmark, Norway, Nigeria, Indonesia, Japan, the Philippines, Canada and the United States, I invoke God’s blessings.
Gerne grüße ich alle Pilger deutscher Sprache sowie die Gäste aus den Niederlanden. Unsere Zeit braucht Menschen, die vom Herrn ergriffen sind und durch die Vertrautheit mit der Heiligen Schrift und durch die Sakramente im Glauben wachsen. So wollen wir von der Erfahrung eines neuen Lebens in Christus und von der Gegenwart Gottes erzählen. Unser Leben sollte wie ein aufgeschlagenes Buch sein, aus dem unsere Begegnungen mit Gott lesbar werden, der uns offen macht für ein neues Leben in Fülle. Der Herr mache uns alle froh und stark im Glauben.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los queridos hijos de Panamá, a quienes encomiendo a la amorosa protección de Santa María La Antigua, para que sean valientes misioneros del Evangelio de su Hijo, de palabra y con el propio ejemplo de vida. Dirijo también un afectuoso saludo a los grupos provenientes de España, México, Argentina y otros países latinoamericanos. Invito a todos a pedir que el Espíritu Santo mueva los corazones y los dirija a Dios, para que juntos podamos con alegría proclamar nuestra fe. Muchas gracias.
Uma cordial saudação para todos os peregrinos de língua portuguesa, com menção particular dos grupos de diversas paróquias e cidades do Brasil, que aqui vieram movidos pelo desejo de afirmar e consolidar a sua fé e adesão a Cristo: o Senhor vos encha de alegria e o seu Espírito ilumine as decisões da vossa vida para realizardes fielmente o projecto de Deus a vosso respeito. Acompanha-vos a minha oração e a minha Bênção.
Saluto in lingua polacca:
Witam polskich pielgrzymów. Życzę wszystkim, aby nawiedzenie grobów Apostołów, Męczenników i Wyznawców oraz doświadczenie powszechnej wspólnoty Kościoła owocowało umocnieniem osobistej więzi z Chrystusem. Niech Rok wiary będzie okazją do jej ożywiania i do dawania świadectwa wobec innych. Niech Bóg wam błogosławi!
Traduzione italiana:
Do il benvenuto ai pellegrini polacchi. Auguro a tutti che la visita alle tombe degli Apostoli, dei Martiri e dei Confessori, nonché l’esperienza dell’universale comunità della Chiesa, porti frutti con il rafforzamento del legame personale con Cristo. L’Anno della fede sia l’occasione per infuocarla e per darne testimonianza agli altri. Dio vi benedica!
Saluto in lingua araba: 
البَابَا يُصْلِي مِنْ أَجَلِ جَمِيعِ النَّاطِقينَ بِاللُّغَةِ العَرَبِيَّةِ. لِيُبَارِك الرَّبّ جَمِيعَكُمْ.
Traduzione italiana:
Il Papa prega per tutte le persone di lingua araba. Dio vi benedica tutti.
Saluto in lingua croata:
Upućujem srdačan pozdrav svim hrvatskim hodočasnicima, a osobito vjernicima iz Hvara, kao i vjernicima iz Hrvatske katoličke misije u Achenu. Osnaženi u vjeri na grobovima apostola, svjedočite Božju ljubav svojim životom, ustrajnom molitvom te marljivim i poštenim radom. Hvaljen Isus i Marija!
Traduzione italiana:
Rivolgo un saluto cordiale a tutti i pellegrini croati, particolarmente ai fedeli di Hvar come pure ai fedeli della Missione cattolica croata in Aachen. Rafforzati nella fede sulle tombe degli apostoli, testimoniate l’amore di Dio con la vostra vita, la preghiera perseverante e il lavoro diligente ed onesto. Siano lodati Gesù e Maria!
Saluto in lingua slovacca:
Zo srdca pozdravujem pútnikov zo Slovenska, osobitne z Nových Zámkov a Hlohovca.
Bratia a sestry, v týchto dňoch sme pozvaní viac uvažovať o nutnosti misijného poslania Cirkvi i každého kresťana. Aj my sme povolaní evanjelizovať to prostredie, v ktorom žijeme a pracujeme.
S týmto želaním vás žehnám.
Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana:
Saluto di cuore i pellegrini provenienti dalla Slovacchia, particolarmente quelli di Nové Zámky e Hlohovec.
Fratelli e sorelle, in questi giorni siamo invitati a riflettere più intensamente sull’urgenza dell’impegno missionario della Chiesa, e di ciascun cristiano. Anche noi siamo chiamati ad evangelizzare nell’ambiente in cui viviamo e lavoriamo.
Con questi voti vi benedico.
Sia lodato Gesù Cristo!

* * *
Un affettuoso benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. Saluto le Suore della Santissima Madre Addolorata, che celebrano il  Capitolo Generale, e le Figlie del Divino Zelo, riunite per l’incontro internazionale delle Superiore: la visita alle Tombe degli Apostoli accresca il vostro amore e la vostra appartenenza alla Chiesa. Accolgo con gioia i delegati dell’Unione Apostolica del Clero che celebra il 150° anniversario di fondazione, e le scolaresche e le famiglie pallottine, qui convenute a 50 anni dalla canonizzazione di San Vincenzo Pallotti. Saluto i gruppi parrocchiali, in particolare quelli di due parrocchie romane: dei Santi Urbano e Lorenzo, presente per il diciassettesimo centenario dell’apparizione del monogramma di Cristo all’Imperatore Costantino a Prima Porta; e di San Tommaso Apostolo, per la quale benedico oggi il nuovo concerto di campane.
Un pensiero infine per i giovani, gli ammalati e gli sposi novelli. Lunedì scorso abbiamo celebrato la memoria del Beato Giovanni Paolo II, la cui figura è sempre viva tra noi: cari giovani, imparate ad affrontare la vita con il suo ardore e il suo entusiasmo; cari ammalati, portate con gioia la croce della sofferenza come ha saputo insegnarci lui stesso; e voi, cari sposi novelli, mettete sempre Dio al centro, perché la vostra storia coniugale abbia più amore e più felicità.

Ed ora, con grande gioia, annuncio che il prossimo 24 novembre terrò un Concistoro nel quale nominerò 6 nuovi Membri del Collegio Cardinalizio.
I Cardinali hanno il compito di aiutare il Successore di Pietro nello svolgimento del suo Ministero di confermare i fratelli nella fede e di essere principio e fondamento dell’unità e della comunione della Chiesa.
Ecco i nomi dei nuovi Porporati:
1. Mons. JAMES MICHAEL HARVEY, Prefetto della Casa Pontificia, che ho in animo di nominare Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le mura;
2. Sua Beatitudine BÉCHARA BOUTROS RAÏ, Patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano);
3. Sua Beatitudine BASELIOS CLEEMIS THOTTUNKAL, Arcivescovo Maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi (India);
4. Mons. JOHN OLORUNFEMI ONAIYEKAN, Arcivescovo di Abuja (Nigeria);
5. Mons. RUBÉN SALAZAR GÓMEZ, Arcivescovo di Bogotá (Colombia);
6. Mons. LUIS ANTONIO TAGLE, Arcivescovo di Manila (Filippine).
I nuovi Cardinali - come avete sentito - svolgono il loro ministero a servizio della Santa Sede o quali Padri e Pastori di Chiese particolari in varie parti del mondo.
Invito tutti a pregare per i nuovi eletti, chiedendo la materna intercessione della Beata Vergine Maria, perché sappiano sempre amare con coraggio e dedizione Cristo e la sua Chiesa.

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana


Parabola della melogranata


Le parabole di Gesù
(042)
Parabola della melogranata (484.6)

Guardate questo frutto. Voi ne conoscete il sapore oltre che la bellezza. Chiuso come è, già vi promette il succo dolce del suo interno.
Aperto, rallegra anche la vista con le sue file serrate di acini simili a tanti rubini chiusi in un forziere. Ma guai all'incauto che lo morde senza averlo privato delle separazioni amarissime poste fra famiglia e famiglia di acini. Si intossicherebbe le labbra e le viscere e respingerebbe il frutto dicendo: "E' veleno".



Ugualmente le separazioni e gli odi fra popolo e popolo, tribù e tribù, fanno "veleno" ciò che era stato creato per essere dolcezza. Sono inutili, non fanno, come in questo frutto che creare dei limiti che levano spazio e danno compressione e dolore.
Sono amari a chi li addenta, ossia a chi morde il vicino che non ama per dargli offesa e dolore, dànno un'amarezza che avvelena lo spirito. Sono incancellabili? No. La buona volontà le annulla così come anche la mano di un fanciullo leva queste pareti di amarezza nel dolce frutto che il Creatore fece per delizia dei suoi figli.



Santa Maria Goretti







 

 LA FOTO DI S. MARIA GORETTI

La lunga ricerca del padre passionista Fortunato Ciomei e di Ugo de Angelis ha portato a una grande scoperta: ecco l'unica immagine di santa Maria Goretti.



La straordinaria immagine di santa Maria Goretti, scattata nel 1902 pochi mesi prima della sua morte.
La straordinaria immagine di santa Maria Goretti, scattata nel 1902 pochi mesi prima della sua morte.
Quel volto nessuno finora lo avevamai visto. Com’era il viso di Maria Goretti, la piccola martire della purezza, proclamata santa da Pio XII nel 1950 e diventata simbolo del martirio di tante bambine e donne vittime di stupri finiti tragicamente?

     Il suo corpo riposa nel santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno, custodito dai padri Passionisti. Ma oggi, 109 anni dopo la morte, alla vigilia della sua festa, che la Chiesa celebra il 6 luglio, è spuntata una fotografia, unica, inedita, che dà volto a quella bambina, finita nel vortice di una storia di poveracci, coloni che faticavano in campagne grame e venivano considerati i più miserabili abitanti dell’Agro Pontino, terre di agricoltura estensiva, fondi rurali con case fatiscenti, contesti di violenza e delitti spesse volte tra le mura domestiche.
L'allora cardinale Ratzinger con l'architetto de Angelis.
L'allora cardinale Ratzinger con l'architetto de Angelis.

  Questa è la storia di un’ipotesi e di una ricerca accanita che da cinque anni un architetto cocciuto, storico e consulente della Congregazione per la dottrina della fede, insegue con ogni sua forza. Si chiama Ugo de Angelis e studia quelle campagne e quegli insediamenti di famiglie poverissime che verso la fine dell’800 coltivavano la terra a mezzadria. Ma è anche la storia di una vittoria per un anziano sacerdote passionista che ha dedicato tutta la vita allo studio dell’ambiente di santa Maria Goretti. Ha 102 anni, si chiama padre Fortunato Ciomei e molti anni fa aveva creduto di aver individuato il volto della santa in un’altra fotografia. Ma si sbagliava.

     Eppure fu lui a indirizzare de Angelis sulla pista giusta. Adesso che la ricerca è finita, e il viso di Maria Goretti emerge tra i grigi di un’immagine fermata sulla lastra, de Angelis sorride e racconta una partita a scacchi tra carte, planimetrie, analisi somatiche, incartamenti di processi giudiziari e canonici. Sono molti i personaggi in questa storia, tra i quali Joseph Ratzinger, che nel 2004, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, compie un viaggio sui luoghi della memoria del martirio di santa Maria Goretti, accompagnato proprio da Ugo de Angelis: «Gli parlai della foto che mancava, delle ipotesi di Ciomei, della possibilità che qualcuno quella foto l’avesse davvero».
L'ambulanza con cui Maria Goretti fu portata via dopo l'aggressione.
L'ambulanza con cui Maria Goretti fu portata via dopo l'aggressione.

     Ratzinger sale le scale di quella casa nelle Ferriere di Conca, antico possedimento pontificio, trasformato verso la fine dell’800 dai conti Gori Mazzoleni in una fabbrica di carta paglia, visita il luogo dove Alessandro Serenelli tentò di violentare e poi uccise Maria Goretti. Ricorda: «Fu un giorno di fatica e di doloreper tutti». Qualche settimana dopo de Angelis riceve una lettera di Ratzinger: «Ho potuto ricavare utili informazioni e notizie per me fino allora sconosciute. Che il Signore la ripaghi dei suoi sforzi».

     L’architetto raddoppia gli sforzi e l’anno dopo trova la foto. Rivela: «Fu padre Ciomei a indicarmi gli eredi dei conti Gori Mazzoleni. Io andai dalle figlie del conte che mi aprirono l’album di famiglia». E c’era quella foto: un gruppo di bambini sull’aia, una ragazzina un po’ più alta, una signora vestita di nero, l’altra di grigio. Ma la foto è un enigma che va svelato. Monsignor Alejandro Cifres, capo dell’archivio della Congregazione per la dottrina della fede, mette a disposizione i faldoni del processo canonico, che si rivelano una minieradi testimonianze.
Il coporo della Santa nel snatuario della Madonna delle Grazie.
Il coporo della Santa nel snatuario della Madonna delle Grazie.

     Ma per prima cosa bisogna collocare la foto. Quella di de Angelis èuna galoppata tra aerofotografie del tempo del Duce e diari di medici dell’Agro Pontino. Incrocia date, ricostruisce storie di famiglie, dà un nome agli altri volti con un pizzico di fortuna. E intraprende con il passionista centenario una fitta corrispondenza. Padre Ciomei gli rivela che il conte Gori Mazzoleni aveva comperato una macchina fotografica e amava immortalare scene di vita contadina. De Angelis confronta volti, cerca testimonianze. Negli incartamenti delle indagini dei Regi Carabinieri c’è molto: descrizioni accurate, interrogatori.

     Ora spiega:«Non è stato facile». Ma Ugo de Angelis non dice che senza la sua esperienza di studioso quella fotografia non avrebbe “parlato”. Maria Goretti quel giorno, che de Angelis data a pochi mesi dalla morte nell’inverno del 1902, era spensierata e felice. Fa notare de Angelis: «È più alta degli altri bambini perché sta in piedi su un secchio». L’autopsia dirà che era alta 1 metro e 38 centimetri. Aveva12 anni. Prima di morire perdonò il suo aggressore e alla mamma disse: «Voglio che venga un giorno con me in paradiso».

ESORTAZIONE DEL NOSTRO PADRE SAN FRANCESCO


VERBA BEATI PATRIS NOSTRI FRANCISCI
EXHORTATORIA AD FRATRES:


O dilectissimi fratres et in aeternum benedicti filii, 
audite me, audite vocem Patris vestri.
Magna promisimus: maiora promissa sunt nobis. 
Servemus haec: suspiremus ad illa.
Voluptas brevis: poena perpetua.
Mòdica passio: gloria infinita.
Multorum vocatio: paucorum electio. 
Omnium retributio.
Fratres, dum tempus habémus, operémur bonum.




ESORTAZIONE
DEL NOSTRO PADRE SAN FRANCESCO

Fratelli dilettissimi e figli in eterno benedetti:
ascoltatemi, ascoltate la voce del vostro Padre.
Grandi cose abbiamo promesso, 
cose maggiori ci sono state promesse. 
Osserviamo le une, aspiriamo alle altre. 
Il piacere è breve: la pena eterna. 
La sofferenza è poca: la gloria infinita. 
Molti sono i chiamati: pochi gli eletti. 
Tutti saremo giudicati
Fratelli, finché abbiamo tempo, operiamo il bene. 


Nos cum prole pia
Benedicat Virgo Maria