domenica 30 giugno 2013

FESTA DEI SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO


PER LA FESTA DEI SS. APOSTOLI 
PIETRO E PAOLO

Nella festa dei principi degli Apostoli Pietro e Paolo, mentre a Mattutino si cantava il Responsorio: Si diligitis me, Geltrude chiese al Signore quali pecorelle avrebbe potuto pascere per provargli con le opere l'amor suo. 

Rispose Gesù: « Nutri per me cinque agnelli scelti e teneramente amati. Pasci il tuo cuore con meditazioni divine, la tua bocca con parole salutari, i tuoi occhi con sante letture, i tuoi orecchi con l'audizione di buoni consigli, le tue mani con lavoro perseverante. Ogni volta che ti applicherai a uno di questi esercizi mi darai grande prova di amore».

Nelle meditazioni divine, la Santa comprese doversi includere tutti i progetti concepiti per la gloria di Dio ed il profitto personale del prossimo. Le parole salutari e le sante letture comprendevano tutto quanto si accoglie con merito cioè, le sofferenze, i buoni esempi, lo sguardo al Crocifisso. Riguardo ai santi consigli, ella comprese che le orecchie sono nutrite anche quando si riceve con pazienza un rimprovero. Il lavoro costante delle mani, non potendosi praticare simultaneamente con la lettura, va inteso con una certa larghezza, cioè più come intenzione che come azione, giacché l'amabile Salvatore accetta come lavoro anche il semplice desiderio di leggere e persino l'atto di tenere fra mano il libro.

Durante la S. Messa, mentre Geltrude lodava S. Pietro dei privilegi da Dio ricevuti e soprattutto delle taumaturghe parole: Tutto ciò che legherai in terra ecc. (Matt. XVIII, 18) l'Apostolo le apparve adorno di abiti pontificali. Egli stese la mano e la benedisse, per consumare in essa l'opera di salvezza che compie nelle anime in virtù delle suddette parole. 

Mentre si avvicinava alla balaustra per ricevere il Corpo di Cristo, sentiva la sua profonda indegnità. Allora i due Apostoli si posero uno a destra, l'altro alla sua sinistra per condurla con grande onore alla Mensa divina. Al suo arrivo il Figlio di Dio si alzò e, recingendola affettuosamente, le disse: « Sappi, figlia mia, che queste braccia che ti recingono ti hanno realmente guidata verso di me; volli però servirmi del ministero de' miei Apostoli, per aumentare la tua divozione a loro riguardo ». 

Geltrude si rimproverò amaramente di avere dimenticato di onorare S. Paolo con qualche pratica particolare e pregò Gesù stesso di supplire alla sua negligenza.
Mentre faceva il ringraziamento dopo la S. Comunione, Geltrude si vide assisa ai fianchi del Signore, quale regina che se ne sta vicina al re. I principi degli Apostoli piegavano il ginocchio davanti al trono, come cavalieri che si presentano per ricevere i premi distribuiti dal sovrano e dalla loro dama. 

La Santa si chiese con stupore se gli Apostoli non avessero acquistato in terra meriti sufficienti, offrendo così spesso il S. Sacrificio. Gesù la illuminò con questo paragone: « Quantunque sia grande onore per una regina essere Sposa del Re, tuttavia ella gusta una gioia speciale nel giorno delle nozze della sua figlia. Così i Santi, felici nel loro gaudio, si rallegrano però grandemente con l'anima che riceve il S. Sacramento ».

CAP. XLIV, Lib. IV: Rivelazioni di s. Gertrude


Dolcissima domanda


Dolcissima domanda della Madre alla Sposa e l'umile risposta della Sposa alla Madre. Replica della Madre alla Sposa circa il profitto dei buoni in mezzo ai cattivi. 

 

La Madre diceva così alla Sposa del Figlio: Tu sei la sposa del Figlio mio. Dimmi che cosa hai in cuore e che cosa vuoi? La sposa le rispose: Tu lo sai bene, Signora, perché sai tutto. Allora la beata Vergine disse: Sebbene io sappia tutto, tuttavia dimmelo con le tue parole, davanti a tutti.

E la sposa: Due cose – disse – temo, o Signora. La prima sono i peccati, che non piango e temo come vorrei. La seconda è che mi rattristo che i nemici del Figlio tuo siano molti.

Allora la Vergine Maria disse: 

Per la prima cosa ti do tre rimedi. 
Il primo è questo: pensa che tutti i viventi, che hanno uno spirito, come le rane e tutti gli altri animali, a volte soffrono dei disagi; il loro spirito però non vive in eterno, ma muore con il corpo. La tua anima invece, e quella di ogni uomo, vive in eterno. 
Il secondo è questo: Pensa alla misericordia di Dio, che nessun uomo è tanto peccatore che il suo peccato non sia perdonato, se lo chiederà col proposito di emendarsi e con contrizione. 
Il terzo è questo: pensa quanta sia la gloria dell'anima, che in Dio e con Dio vive senza fine.

Per la seconda cosa, che cioè i nemici di Dio sono molti, ti do pure tre rimedi. 
Il primo è questo: considera come il tuo Dio e Creatore è anche il loro Giudice e mai saranno essi i giudici, sebbene Egli sopporti con tanta pazienza la loro malizia durante questa vita. 

Il secondo è questo: considera che son figli della dannazione e quanto grave e terribile sarà per loro il fuoco eterno. Essi sono i servi pessimi, privati dell'eredità, mentre i figli la riceveranno. 
Ma allora – dirai tu – non bisogna predicar loro? Sì, certo. Pensa che spesso con i cattivi ci sono i buoni. E i figli di adozione, a volte, si allontanano dal bene, come fece quel figliol prodigo, il quale se ne andò in una regione lontana e visse malamente. Ma essi, pentiti per mezzo della predicazione, ritornano al Padre e saranno tanto più accetti quanto più peccarono. A loro dunque bisogna predicare di più, perché, sebbene il Predicatore vede tutti cattivi, rifletta tuttavia se non vi siano forse, fra quelli, dei tutti figli del mio Signore; predicherà dunque a loro. Questo Predicatore avrà un'ottima ricompensa.



Il terzo rimedio è questo: considera che i cattivi son tollerati in vita per la prova dei buoni, affinché esasperati dai loro costumi raccolgano il frutto della pazienza, cosa che potrai capire con un esempio. Una rosa è tutta profumata, bella a vedersi, lieve al tatto e tuttavia non cresce se non fra le spine, che pungono al tatto, brutte a vedersi e senza profumo. Così pure i buoni e gli uomini giusti, sebbene miti per la pazienza, belli per i costumi, profumati per il buon esempio, non possono tuttavia progredire ed essere provati, se non in mezzo ai cattivi. 

Talvolta accade che la spina difende la rosa, affinché non sia colta innanzi tempo; così i cattivi sono occasione per i buoni di non cadere in peccato; a volte sono trattenuti dalla malizia dei cattivi perché non siano guastati dall'euforia o da altri peccati. Così pure il vino non si conserva mai buono della sua bontà, se non nella feccia; allo stesso modo i buoni e i giusti non possono restar virtuosi e far profitto, se non sono provati dalle tribolazioni e dalle persecuzioni dei cattivi.

Perciò tu sopporta volentieri i nemici del Figlio mio e pensa che Egli è il loro Giudice e che, se fosse per giustizia, dovrebbero essere distrutti tutti e ben potrebbe distruggerli all'istante. Dunque, sopportali finché Egli pure li sopporta.

Cap. 22, Libro I, Rivelaz. di s. Brigida.

Un padre aveva molti figli


Le parabole di Gesù
(044)
Parabola dei figli lontani che ritornano (501.2)


Un padre aveva molti figli. 
Taluni erano sempre vissuti in stretto contatto con lui, altri, per ragioni diverse, erano stati relativamente più lontani dal padre. Ma però, sapendo i desideri paterni, nonostante gli fossero lontani, potevano agire come se egli fosse presente. 
Altri ancora, perché ancor più lontani, e fin dal primo giorno della loro nascita, allevati fra servi che parlavano altre lingue e avevano altri usi, si sforzavano a servire il padre per quel poco che, più per istinto che per sapere, conoscevano a lui gradito.

Un giorno il padre, che non ignorava come nonostante i suoi ordini i suoi servi si fossero astenuti da far conoscere i pensieri del padre a questi lontani, perché nel loro orgoglio li riputavano inferiori, disamati sol perché non coabitanti col padre, volle radunare tutta la sua prole. E la chiamò a sè.

Ebbene, credete voi che giudicasse per linea di umano diritto, dando il possesso dei beni soltanto a quelli che erano stati sempre nella sua casa, o quanto meno lontani non tanto da impedir loro di sapere i suoi ordini e desideri?
Egli anzi seguì tutt'altro concetto e, osservando le azioni di quelli che erano stati giusti per amore del padre, conosciuto soltanto per nome, e lo avevano onorato con tutte le loro azioni, li chiamò a sé vicino dicendo: "Doppio merito il vostro di esser giusti, poiché lo foste per sola volontà vostra e senza aiuti. Venite e circondatemi. Ne avete ben diritto! I primi mi hanno sempre avuto e ogni loro azione era regolata dal mio consiglio e premiata dal mio sorriso. Voi avete dovuto agire solo per fede ed amore. Venite. Ché nella mia casa è pronto il vostro posto, è pronto da tempo, ed ai miei occhi non costituisce differenza l'esser sempre stati della casa o l'esser stati lontani; ma differenza hanno le azioni che, vicini o lontani da me, i miei figli hanno compiuto."



Era qua­si notte. ... Era il 7 settembre 1858.



Dopo tre mesi di questa umiliante vita, il desiderio di rivedere suo fratello la spinse a scrivergli, affinché venisse a trovarla. Fece scrivere la lettera e la portò ad un Turco, antico domestico dello zio, il quale abitava poco lontano dalla casa e do­veva recarsi nel paese di Paolo. Conoscendo bene la madre e la moglie di que­st'uomo, Maria non temette di andare a trovarlo da sola. 

Dopo avere consegnato la sua lettera, la fanciulla avrebbe voluto andarsene; ma quelle persone la invitarono subito a condividere la loro cena, ed ella accettò solo per fare loro piacere. Era qua­si notte. Naturalmente, si parlò della situazione ingiusta e crudele che Maria subi­va a causa dello zio. Il Turco biasimò questa condotta con forza e con un fervore indomabile passò presto a biasimare anche la religione cristiana. 

"Maria, - le disse con calore - perché restare fedele ad una religione che ispira simili sentimenti? Ab­braccia la nostra". «Mai, - gridò Maria con un'energia sovrumana; - io sono figlia del­la Chiesa cattolica, apostolica e romana, e spero, con la grazia di Dio, di perseve­rare fino alla morte nella mia religione che è la sola vera». Il Turco ferito nel suo fanatismo e divorato dalla rabbia, con un calcio rovesciò Maria a terra, e impu­gnando la sua scimitarra, le tagliò la gola. Aiutato dalla madre e dalla moglie, il bar­baro avvolse la ragazza nel suo grande velo, e portatala fuori, la gettò, favorito dal­le tenebre, in un luogo abbandonato. Era il 7 settembre 1858.




Mentre questo crimine si consumava sul corpo di Maria, la sua anima fu rapita: «Mi sembrava, raccontava, di essere in Cielo: vedevo la santa Vergine, gli angeli e i santi che mi accoglievano con una grande bontà; vedevo anche i miei genitori in mezzo a loro. Contemplavo il trono fulgido della Santa Trinità, e Gesù Cristo no­stro Signore nella sua umanità. Non vi erano né sole, né lampade, eppure tutto bril­lava di un chiarore indescrivibile. Gioivo di tutto quello che vedevo, quando, ad un tratto, qualcuno venne da me per dirmi: Tu sei vergine, è vero, ma il tuo libro non è ancora finito. 

Aveva appena finito di parlare, che la visione scomparve, e io rin­venni. Mi trovai, trasportata senza sapere né come né grazie a chi, in una piccola grotta solitaria. 

Coricata su un povero letto, vidi accanto a me una religiosa, che aveva avuto la carità di cucirmi la ferita del collo. Non l'ho mai vista né mangiare né dormire. Sempre accanto al mio capezzale, in silenzio mi curava con il più gran­de affetto. Era vestita di un bell'abito ceruleo, trasparente e come cangiante; il ve­lo era dello stesso colore. Ho visto da allora molti vestiti religiosi diversi, ma nes­suno che assomigliasse al suo. 

Quanto tempo trascorsi in quel luogo? non saprei dirlo con precisione; credo di esservi rimasta circa un mese. Non mangiai nulla du­rante quel periodo, a rari intervalli, la religiosa si limitava a inumidirmi le labbra con una spugna candida come la neve. Mi faceva dormire quasi continuamente.


sabato 29 giugno 2013

L’Arca dilettissima di puro oro




Maria, l’Angelo nostro, Colei che pur avendo carne, fu Serafino, Colei  in cui abbiamo fatto dimora, né più dolce e più degna potevamo averla, l’Arca dilettissima di puro oro che ancor ci contiene così come da Noi è contenuta, e che trasvolerà i  cieli, raggiando il suo amore per preparare al Re dei re la strada profumata e regale e per preparare – per generare e partorire, in un’ultima maternità – quanti più germi di viventi sono e vorranno essere partoriti al Signore. (…) si delinea un albore che più dolce non v’è. 

Esso è il tempo di Maria che sorge. L’estrema misericordia che il nostro Amore ha pensato per voi. Grande sarà la lunghezza del suo cammino. Contrastata dal suo eterno nemico che, per essere vinto, non è meno ostinato a crucciarla e combatterla. Egli ottunde gli intelletti degli uomini per non far loro conoscere Maria. Spegne la fede in Lei, crea nebbie, getta fango, ma la Stella del Mare è troppo alta sulle onde inquinate. Scenderà solo, ratta come un arcangelo, a scrivere, presso il segno del Tau, la sua sigla sulla fronte dei fedeli, dei salvati al Regno eterno. E fortezza e pace entrerà nei loro spiriti sotto il tocco della mano di Lei, Madre della Vita, Sorgente della Salute.
  • Benedite Iddio che ha concesso alla Stella purissima di iniziare il suo cammino per attrarvi a Dio con la dolcezza del suo amore, Salvatrice pietosa, estrema, compensante gli spiriti buoni  del sempre più profondo allontanarsi da Dio, disgustato dalla colpe degli uomini. Benedite Dio che ha concesso alla Stella Purissima di iniziare il suo cammino per attrarvi a Dio con la dolcezza del suo amore. Maria Salvatrice pietosa, estrema, compensante gli spiriti buoni del sempre più profondo allontanarsi da Dio, disgustato dalle colpe degli uomini. Rm. 6.1.48

    AVE MATER DIVINAE GRATIAE!