giovedì 21 giugno 2012

*****A proposito del fatto che molti si dannano c’è un fatto che si verificò durante la predicazione del beato A. Baldinucci gesuita(Firenze, 1665 – Pofi, 7 novembre 1717). Si era in agosto, tempo nel quale non sogliono cadere foglie dagli alberi . Il beato Baldinucci stava facendo davanti ad un folto gruppo di persone una predica durante una missione . Ad un tratto, evidentemente illuminato da Dio, il gesuita disse : “Volete sapere quante sono le persone che vanno all’inferno ? Ebbene sono quante le foglie che cadono da questo albero.” Dette quelle parole, per un prodigio misterioso praticamente tutte o quasi le foglie dell’albero caddero a terra …. Udite quelle parole e visto quanto accadeva, la gente rimase grandemente impressionata e vari si convertirono ….



Ven Espíritu Santo, ven por medio de la poderosa intercesión del Corazón Inmaculado de María, tu amadísima Esposa
L'odierno post tratta un tema veramente impegnativo. Lo ripubblico per favorirne la diffusione.  Vuole appunto essere un aiuto per i predicatori affinché tornino a parlare con competenza dell’inferno …..e vuole essere anche un aiuto per tutti gli uomini perché , come dice il Vangelo, si sforzino di andare per la via stretta che conduce alla vita del Cielo e abbandonino la via larga, che molti percorrono, e che conduce alla dannazione eterna.
 Spero serva a vincere la immoralità dilagante. Occorre molta ma molta preghiera. Il santo ROSARIO! E la santa Penitenza.

Grazie a don Tullio Rotondo per il prezioso servizio offerto alla comunità del Web.



L'inferno esiste 
e molti si dannano

Scritti biblici , del Magistero , dei santi e di altri importanti autori sull’inferno e sui molti che vi cadono
di don Tullio Rotondo

Testi relativi al gran numero delle anime che si dannano
Carissimi iniziamo un tema veramente impegnativo ma importante soprattutto per vincere l'immoralità dilagante.
Diciamo anzitutto che nell'Eucaristia Cristo ci dona sé stesso, dunque veramente abbiamo sovrabbondante luce e forza in Lui per salvarci , santificarci e aiutare gli altri a santificarsi ..... perciò coloro che si dannano si dannano per colpa propria. Il
 Catechismo della Chiesa Cattolica afferma .
"Dio non predestina nessuno all'inferno questa è conseguenza di un'avversione volontaria a Dio (peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole che "alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi"(2Pt 3,9).
Noi dobbiamo credere che Dio vuole salvarci e ci dona tutto a questo fine ma dobbiamo insieme impegnarci a raccogliere quanto Egli ci dona perché è attraverso questo che Egli ci salva: cioè Lui opera la parte superprincipale, ma noi anche dobbiamo collaborare con impegno: con tutto noi stessi: amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore ....
Ripeto: chi si danna lo fa per propria colpa e non per mancanza imputabile a Dio.
Carissimi il motivo per cui batto sul tema del "numero" mi pare che sia ottimamente indicato da quel grande oratore p. Bordaloue s.J.. Egli affermava (vedi Migne Orat. Sacrees "Penses sur la salut .Petit nombre des elus" ) che ci si può domandare se è cosa utile spiegare al popolo questa verità del piccolo numero essa infatti può creare problemi alle anime e scoraggiarle. E rispondeva: cosa c'è di più sottolineato nel Vangelo di questo piccolo numero degli eletti? Cosa è che il Signore ha ripetuto a noi più frequentemente? "Molti sono chiamati, ma pochi eletti" "Il cammino che conduce alla perdizione è largo ..." C'è qualcosa di più preciso che queste parole?
Ecco l'insegnamento pubblico di Cristo! Sappiamo noi meglio di Lui ciò che conviene? Predichiamo il Vangelo ma predichiamolo senza nulla tagliare o addolcire.
Si dice che questa verità fa tremare ... ma l'Apostolo non dice che dobbiamo cercare la nostra salvezza con timore e tremore?
E' bene mettere problemi alle coscienze, a volte .. per svegliarle e non farle dormire ... perché non si sveglino all'inferno.
Bene intesa e spiegata questa verità ha una potenza insuperata che ci spinge a sforzarci ad entrare veramente nella strada e nella porta santa di Cristo.
Si può parlare di questa verità senza rovinare la speranza e infatti Bourdaloue dice che i principi che occorre rilevare in questo discorso sono i seguenti
1) Tutti dobbiamo sperare che saremo nel numero degli eletti
2) Abbiamo il dovere di sperare che saremo in tale numero
3) Ogni peccatore, anche il peggiore deve sperare in questo (e convertirsi)
Se si intendono queste cose il rischio di disperazione può riguardare coloro che vogliono conciliare la santità con il piacere e le mollezze, quelli che non vogliono veramente salvarsi.
Il frutto eccellente di questa affermazione del piccolo numero è questo:
1) raddoppiare la vigilanza
2) non rimanere un solo giorno in peccato mortale ma correre incessantemente al rimedio
3) separarsi dalla moltitudine e dal mondo (peccaminoso)almeno in spirito, nel cuore
4) seguire il piccolo numero dei cristiani veramente cristiani, regolati nella condotta e fedeli ai loro doveri
5) prendere risolutamente la via stretta vincendo gli ostacoli
6) pregare incessantemente, come vuole il Signore per avere la grazia proprio per entrare e perseverare in questa via stretta
Beati i predicatori che portano i loro uditori a disposizioni così sante!
Il loro lavoro è ben impiegato. Ogni soggetto che fa nascere dei sentimenti e delle disposizioni simili non può essere che solidissimo e utilissimo.
E a proposito di Bourdaloue, che non sia un teologo qualunque te lo mostra questo testo che è di Papa Benedetto XIV nota bene
Nella costituzione “Apostolica” dice
E per non mostrarci eccessivamente fautori di chi afferma che i nostri ragionamenti e quelli che si faranno d’ordine Nostro sono troppo rigoristi, pensiamo di uniformarci a quanto scrisse all’inizio del Giubileo il celebre Padre Bourdaloue della Compagnia di Gesù (Sermoni, tomo 2, p. 517 e ss., seconda ed. di Parigi del 1709).”
….. ossia un celebre gesuita a detta di un Papa ossia un teologo provato, serio e per di più conosciuto e approvato.
Affermazioni di s. Gregorio Magno Papa e Dottore della Chiesa su questo tema
XL Homiliarum in Evangelia libri duo , lib. : 1, hom. : 19, cap. : 5
“Sed post haec terribile est ualde quod sequitur: multi enim sunt uocati, pauci uero electi, quia et ad fidem plures ueniunt, et ad caeleste regnum pauci perducuntur.
Ecce enim ad hodiernam festiuitatem quam multi conuenimus, ecclesiae parietes implemus, sed tamen quis sciat quam pauci sunt qui in illo electorum dei grege numerentur?
Ecce enim uox omnium christum clamat, sed uita omnium non clamat. ….
Vocante enim domino, super numerum multiplicantur fideles, quia nonnunquam etiam hi ad fidem ueniunt, qui ad electorum numerum non pertingunt.
Hic enim fidelibus per confessionem admisti sunt, sed propter uitam reprobam illic numerari in sorte fidelium non merentur.
Hoc ouile sanctae ecclesiae haedos cum agnis recipit; sed, attestante euangelio, cum iudex uenerit, bonos a malis separat, sicut pastor segregat oues ab haedis.”
Traduco la frase più decisiva : “alla fede i più giungono ma al regno celeste pochi sono condotti”
Moralia in Iob
Cl. 1708 , SL 143, lib. : 5, par. : 28, linea : 26 [*]
“Et quoniam ualde in humano genere pauci sunt qui a desideriorum temporalium sorde purgati, ad perceptionem sancti spiritus ipsa hac purgatione dilatentur, uerbum hoc absconditum dicitur, quia illud a quibusdam procul dubio in corde concipitur quod a maxima hominum parte nescitur.
Sed haec quae allegorica indagatione transcurrimus, oportet ut per omnia etiam iuxta historiam teneamus.
Quae tamen nunc idcirco praetereo, quia haec aperta esse legentibus non ignoro.
Diebus autem persecutionis ultimae, quia multi sunt qui pereunt, et pauci sunt qui saluantur; idcirco uir sanctus passionis suae tempore et pauca de bonis, et multa de peruersis loquitur.
Ad laeuam quoque dilatatur, dum ad se quosdam etiam in iniquitate permansuros admittit.
Propter hanc multitudinem, quae extra electorum numerum iacet, in euangelio dominus dicit: multi sunt uocati, pauci uero electi.
Sed quia hoc quod electis aliis alii conteruntur, de merito patientis est, non de iniquitate punientis: non enim iniquus deus, qui infert iram. Apte subiungitur: nouit enim opera eorum et idcirco inducit noctem et conterentur. Sciendum summopere est quod iniquus quisque duobus modis in nocte conteritur, uel cum exterioris iudicii tribulatione percutitur, uel cum occulta sententia interius caecatur. »
Traduciamo alcune affermazioni più decisive « …nel genere umano pochi sono coloro che , purgati dai desideri temporali sono aperti alla percezione dello Spirito Santo … A causa di questa moltitudine che giace fuori del numero degli eletti , nel Vangelo dice il Signore “Molti sono chiamati e pochi sono scelti”
Lo stesso ma in modo più preciso afferma il
Papa Innocenzo III ( Sermo X “Domenica in septuagesima” P.L. CCXVII col. 357)
“Non atterrisca al di sopra di quanto è giusto che “molti sono chiamati ma pochi eletti” perché in questa pochezza vi è una grande moltitudine ; poiché tanti uomini devono essere salvati quanti furono gli angeli . Secondo quello che si legge “costituisti i confini delle genti secondo il numero degli angeli di Dio” . Ma sono detti pochi rispetto ai cattivi perché “il numero degli stolti è infinito” e i perversi difficilmente sono corretti. …Molti sono vocati ma pochi eletti …Dunque per eletti ….non possono essere intesi se non i beati che sono universalmente eletti ….”In ogni terra si è diffuso l’annuncio della predicazione evangelica ma non tutti credono al Vangelo di Cristo. Chi non crede è già giudicato. ; per cui essendo di più gli increduli che i fedeli , senza dubbio “molti sono chiamati ma pochi eletti” dannandosi anche molti dei fedeli quelli cioè che rinnegano la fede con le opere (loro n.d.t.) ..”
S. Leone Magno Papa e Dottore della Chiesa (Sermo XLIX ( XI De Quadragesima) )

“Si compie così in tutto la sentenza della Verità per cui impariamo che è angusta e ardua la via che conduce alla vita (Matteo 7,14) e mentre la larghezza della strada che conduce alla morte è frequentata da molte folle (di persone n.d.t.), dei pochi che entrano nelle vie della salvezza sono rare le orme . Perché la via sinistra è più popolata della destra se non perché la moltitudine è proclive ai piaceri mondani e corporali? …Così sebbene siano innumerevoli quelli che desiderino le cose visibili, a stento si trovano quelli che pongono le cose eterne alle temporali.”
S. Agostino
In modo più forte di tutti, per quanto mi consta, afferma che gli eletti, cioè coloro che effettivamente si salvano, sono pochi in comparazione a quanti si dannano.
Dice in “Il discorso del Signore sulla montagna”l.2 23. 77.
“ Dice il Signore : Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione e sono molti quelli che entrano per essa; quanto stretta è invece la porta e quanto angusta la via che conduce alla vita e sono pochi quelli che la trovano 211. Non dice questo perché il giogo del Signore è aspro e il carico pesante, ma perché pochi vogliono terminare i lavori giacché non credono a lui che chiama : Venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me perché sono mite e umile di cuore; infatti il mio giogo è soave e il mio carico leggero 212. Però molti respingono, pochi accettano il giogo dolce e il carico leggero e ne consegue che angusta è la via che conduce alla vita e stretta la porta per cui vi si entra.”
Discorso 117
(Sermo 90)
“Molti sono chiamati pochi eletti” dunque pochi non vengono cacciati. ….Lasciate i pochi cacciate i molti. Molti sono infatti i buoni, ma in confronto dei cattivi i buoni sono pochi. È nato molto frumento, ma in confronto della paglia il grano è poco. I medesimi buoni, molti per se stessi, in confronto dei cattivi sono pochi. …Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente 16. Sono dunque nel medesimo tempo molti quelli che sono pochi; molti presi a sé, pochi a paragone dei cattivi”
Discorso 123
(Sermo 95)

“Senza dubbio gli eletti non sono scacciati: ed essi erano i pochi che rimasero coricati (al convito n.d.t.) molti dunque erano raffigurati in quell'unico (uomo n.d.t.), poiché quest'unico sprovvisto dell'abito di nozze significa un unico corpo di cattivi”.
Discorso 142
(Sermo 111)

“3. Sono certamente pochi quelli che si salvano. Ricordate la questione del Vangelo ora letta per noi? Al Signore viene detto “Sono pochi quelli che si salvano?” Cosa (risponde n.d.t.) a ciò il Signore ? Non dice : non sono pochi ma molti quelli che si salvano. Ma cosa disse appena udì “Sono pochi quelli che si salvano” “Sforzatevi di entrare per la porta stretta” Quando udì “Sono pochi quelli che si salvano” il Signore confermò ciò che aveva udito. Per la via stretta entrano pochi…Pochi sono dunque coloro che si salvano in comparazione dei molti che si perdono. Ma i pochi formeranno una gran massa. Non è contrario chi disse “Pochi sono quelli che entrano per la porta stretta , molti periscono per la strada larga” Contrario a sé sarebbe colui che disse una volta: “Molti vengono dall’Oriente e dall’Occidente?” Vengono molti certamente pochi . E pochi e molti …gli stessi pochi sono molti , pochi in comparazione con i dannati, molti nella società degli angeli” angeli.”
S. Tommaso d’Aquino 
CATENA AUREA IN MATTHAEUM CP22 LC-1
Et quia in convivio nuptiali non initium, sed finis quaeritur, subditur multi enim sunt vocati, pauci vero electi. Hilarius in Matth.. In invitante enim sine exceptione, publicae bonitatis humanitas est; in invitatis vero, vel vocatis, de iudicio meritorum probitatis electio Est. Gregorius. Nonnulli enim bona nec incipiunt, nonnulli vero in bonis quae inceperunt, minime persistunt.
085 REM SUPER EVANGELIUM MATTHAEI CP17LC1
45 quia nisi elevemur ad deum super omnes
46 creaturas, quas dominus his sex diebus creavit,
47 non possumus pervenire ad regnum dei.
48 item assumpsit petrum, iacobum
49 et ioannem. quare non omnes? ad
50 designandum, quod non omnes, qui vocati
51 sunt, pervenient; unde infra xx, 16: multi
52 sunt vocati, pauci vero electi. et quare tres
53 tantum? ad designandum, quod nulli pervenient
54 nisi in fide trinitatis. marc. xvi, 16:
55 qui crediderit, et baptizatus fuerit, hic salvus
56 erit. sed quare plus istos quam alios? ratio
57 est, quia petrus magis fervidus erat. ioannes,
58 quia specialiter dilectus erat. item iacobus,
59 quia praecipuus debellator erat adversariorum
Traduco il passo decisisivo “Perché non tutti? Per indicare che non tutti quelli che sono chiamati pervengono ; per cui ..”Molti sono chiamati ma pochi gli eletti”
085 REM SUPER EVANGELIUM MATTHAEI CP20LC1
468 novissimi, erunt primi; deut. xxviii, 44: advena
469 erit super te, et erit in caput, tu in
470 caudam. vel aliqui qui erant primi, propter
471 negligentiam fient novissimi: et hoc praecedenti
472 respondet, quia inceperunt a novissimis.
473 sed posset aliquis dicere: nonne
474 omnes primi salvabuntur?
475 dicit: multi sunt vocati, pauci vero electi,
476 quia qui fide credunt, omnes vocati sunt;
477 sed illi electi, qui bona opera faciunt, et isti
478 sunt pauci, ut supra vii, 14: arcta est via,
479 quae ducit ad vitam, et pauci sunt qui inveniunt
480 eam.
Traduco l’affermazione più decisiva“Dice “Molti sono chiamati ,pochi però sono scelti” perché coloro che credono per la fede, tutti sono chiamti; ma sono scelti quelli che realizzano opere buone e questi sono pochi, come sopra (Mt.7,14) “La via che conduce alla vita è difficile e sono pochi quelli che la trovano”
085 REM SUPER EVANGELIUM MATTHAEI CP22LC1
384 ascendit semper, ps. lxxiii, 23. vel potest
385 dici in resurrectione, quia non solum in anima,
386 sed etiam in corpore punientur; vel quia
387 calorem et frigora patientur; iob xxiv, 19:
388 transibunt ab aquis nivium ad calorem
389 nimium.
390 deinde concludit multi sunt vocati,
391 pauci vero electi, quia quidam nolunt
392 venire, quidam non habent vestem nuptialem.
393 unde supra vii, 14: arcta est via quae ducit
394 ad vitam, et pauci sunt qui inveniunt eam.
Traduco la parte più importante “Quindi conclude « Molti sono chiamati ma pochi scelti » perché alcuni non vogliono venire, alcuni non hanno la veste nuziale per cui sopra (Mt.7,14) “Difficile è la strada che conduce alla vita e pochi sono quelli che la trovano””
 R1T SUPER AD THESS. I CP- LC-
1 multiplicatae sunt aquae, etc.. gen. vii, 17.
2 haec verba competunt materiae huius
3 epistolae. ecclesia enim figuratur per arcam,
4 sicut dicitur i petr. iii, 20, quia sicut
5 in arca, caeteris pereuntibus, paucae animae
6 salvatae sunt, ita in ecclesia pauci, id est,
7 soli electi salvabuntur.
8 per aquas autem significantur tribulationes.
9 primo quia aquae impellunt irruendo, sicut
10 tribulationes. matth. vii, 25: venerunt flumina,
11 et flaverunt venti, et irruerunt in domum
12 illam. sed impulsu fluminum ecclesia
13 non movetur. unde subdit et non cecidit.
14 secundo aqua extinguit ignem. eccli. xxx:
Traduco la parte più decisiva per noi “ “La Chiesa è figurata attraverso l’arca come dice 1 Pt.3,20 perché come nell’arca, morendo gli altri, poche anime sono state salvate, così nella Chiesa pochi , cioè solo gli eletti saranno salvati.”
SUMMAE THEOLOGIAE PRIMA PARS QU-2++3 AR-7AG-2
Ad tertium dicendum quod bonum proportionatum communi statui naturae, accidit ut in pluribus; et defectus ab hoc bono, ut in paucioribus. Sed bonum quod excedit communem statum naturae, invenitur ut in paucioribus; et defectus ab hoc bono, ut in pluribus. Sicut patet quod plures homines sunt qui habent sufficientem scientiam ad regimen vitae suae, pauciores autem qui hac scientia carent, qui moriones vel stulti dicuntur: sed paucissimi sunt, respectu aliorum, qui attingunt ad habendam profundam scientiam intelligibilium rerum. Cum igitur beatitudo aeterna, in visione Dei consistens, excedat communem statum naturae, et praecipue secundum quod est gratia destituta per corruptionem originalis peccati, pauciores sunt qui salvantur. Et in hoc etiam maxime misericordia Dei apparet, quod aliquos in illam salutem erigit, a qua plurimi deficiunt secundum communem cursum et inclinationem naturae.
Traduco le affermazioni più decisive “ ….il bene che supera il comune stato di natura si ritrova in meno individui ; e la mancanza di questo in più individui …Poiché la beatitudine eterna …eccede lo stato comune di natura ….quelli che si salvano sono in numero più piccolo (rispetto a quelli che si dannano) . E anche in questo appare massimamente la misericordia divina che erige alcuni a quella salvezza dalla quale la maggior parte (degli uomini) vengono meno secondo il comune corso e l’inclinazione della natura. “
  •  TERTIA PARS QU-5++2 AR-7RA-2
1 ad secundum dicendum quod, cum apostolus dicit,
2 gratia dei in plures abundavit,
3 ly plures non est accipiendum comparative, quasi plures numero
4 sint salvati per gratiam christi quam damnati per peccatum adae,
5 sed absolute, ac si diceret quod gratia unius christi abundavit
6 in multos, sicut et peccatum unius adae pervenit ad multos. sed
7 sicut peccatum adae ad eos tantum pervenit qui per seminalem
8 rationem carnaliter ab eo descenderunt, ita gratia christi ad
9 illos tantum pervenit qui spirituali regeneratione eius membra
10 sunt facti. quod non competit pueris
11 decedentibus cum originali peccato.
“Al secondo si deve dire che quando l’apostolo dice che la grazia di Dio abbondò nei più quel più non va preso in senso comparativo come se i più per numero siano salvati per la grazia di Cristo rispetto ai dannati per il peccato di Adamo, ma in modo assoluto, come se dicesse che la grazia di Cristo abbondò in molti come il peccato di un solo Adamo pervenne a molti”
A Fatima la Madonna ha detto questo: 
- Pregate, pregate molto e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all'inferno, perché non c'è chi si sacrifica e prega per loro.
E i veggenti di Fatima hanno confermato che molti si dannano infatti
dalla “Storia di Fatima scritta da Lucia” si afferma
In pochi minuti i nostri rifornimenti erano distribuiti al gregge. E così passammo la giornata a digiuno, proprio come i più austeri certosini. Gia­cinta stava ancora seduta sulla roccia, con l'aria pensierosa e domandò
- Quella Signora ha detto anche che molte anime andavano all'inferno! Che cos'è l'inferno?
- una buca piena di animali e con un fuoco grande grande (così me lo spiegava mia madre) e ci va chi fa i peccati e non si confessa; e il fuoco brucia sempre sempre.
- E non si esce mai di là?
- No.
- E dopo tanti, ma tanti anni?
- No, l'inferno non finisce mai.
- E il cielo nemmeno?
- Chi va in cielo non esce più di lassù.
- E neanche quelli che vanno all'inferno?!
- Non capisci che sono eterni, che non finiscono mai!
Facemmo allora per la prima volta la meditazione sull'inferno e sull'eter­nità. La cosa che più impressionò Giacinta fu l'eternità. Anche durante i giochi, ogni tanto domandava: “Ma senti! Allora, dopo tanti, tanti anni, l'in­ferno non sarà ancora finito?”. E altre volte: 'Quella gente che c'è li a bruciare, non muore? E non diventano cenere? E se noi preghiamo molto per i peccatori, nostro Signore li libererà di li? E anche con i sacrifici? Poverini! Dobbiamo pregare e fare molti sacrifici per loro!'. Dopo aggiungeva: “Come era buona quella Signora? Subito ci ha promesso di portarci in cielo”
(Giacinta )Ogni tanto chiamava me o il fratello, come se si svegliasse dal sonno: «Francesco! Francesco! Non state a pregare con me? Bisogna pregare molto per liberare le anime dall'inferno. Tante vanno laggiù, tante!».
Un ulteriore testo su questo tema lo traggo dall'Osservatore Romano del 7-2-1954(edizione settimanale ).
P. Riccardo Lombardi parla di una intervista a lui concessa da suor Lucia .... 
"Le domandai "Mi dica se "Mondo migliore" è la risposta della Chiesa alle parole della Vergine da lei udite" Mi rispose "Padre certamente c'è bisogno di questo grande rinnovamento. Se non si fa , constatando lo svolgimento attuale dell'umanità, solo una limitata parte del genere umano si salverà" .......
Riprese
p. Lombardi "Lei crede veramente che molti vadano all'inferno?
Io spero che Dio ne salvi molti” (non per nulla un mio libro ha per titolo "La salvezza di chi non ha fede").
Rispose suor Lucia
"Padre , si dannano molti"
Riprese p. Lombardi " Si, il mondo è una sentina di vizi . Ma c'è sempre una speranza di salvezza." Rispose suor Lucia " No , Padre, molti , molti si perderanno". Disse il p. Lombardi "Quelle parole mi scossero ."
S. Alfonso Dottore della Chiesa sul tema del numero degli eletti
Dall’”Apparecchio alla morte” c. 17
In somma Dio, se sopporta, non sopporta sempre. Se fosse che Dio sempre sopportasse, niuno si dannerebbe; ma la sentenza più comune è che la maggior parte anche de' cristiani (parlando degli adulti) si danna: «Lata porta et spatiosa via est, quae ducit ad perditionem, et multi intrant per eam» (Matth. 7. 13).Chi offende Dio colla speranza del perdono, «irrisor est non poenitens», dice S. Agostino
Il testo completo è il seguente
PUNTO I
Si ha nella parabola della zizania1 in S. Matteo (cap. 13) che essendo cresciuta in un campo la zizania2 insieme col grano, volevano i servi andare ad estirparla: «Vis, imus, et colligimus ea?»3 Ma il padrone rispose: No, lasciatela crescere, e poi si raccoglierà e si manderà al fuoco: «In tempore messis dicam messoribus, colligite primum zizania, et alligate ea in fasciculos ad comburendum».4 Da questa parabola si ricava per una parte la pazienza che il Signore usa co' peccatori; e per l'altra il rigore che usa cogli ostinati. Dice S. Agostino5 che in due modi il demonio inganna gli uomini: «Desperando, et sperando». Dopo che il peccatore ha peccato, lo tenta a disperarsi6 col terrore della divina giustizia; ma prima di peccare, l'anima al7 peccato colla speranza della divina misericordia. Perciò il santo avverte ad ognuno:8 «Post peccatum spera misericordiam; ante peccatum pertimesce iustitiam». Sì, perché non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. La misericordia si usa con chi teme Dio, non con chi si avvale di quella per non temerlo. Chi offende la giustizia, dice l'Abulense,9 può ricorrere alla misericordia, ma chi offende la stessa misericordia, a chi ricorrerà?Difficilmente si trova peccatore sì disperato, che voglia proprio dannarsi. I peccatori voglion peccare, senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano e dicono: Dio è di misericordia; farò questo peccato, e poi me lo confesserò. «Bonus est Deus, faciam quod mihi placet», ecco come parlano i peccatori, scrive S. Agostino10 (Tract. 33. in Io.). Ma oh Dio così ancora dicevano tanti, che ora sono già dannati.Non dire, dice il Signore: Son grandi le misericordie che usa Dio; per quanti peccati farò, con un atto di dolore sarò perdonato. «Et ne dicas: miseratio Domini magna est, multitudinis peccatorum meorum miserebitur» (Eccli. 5. 6). Nol dire, dice Dio; e perché? «Misericordia enim, et ira ab illo cito proximant, et in peccatores respicit ira illius» (Ibid.). La misericordia di Dio è infinita, ma gli atti di questa misericordia (che son le miserazioni) son finiti. Dio è misericordioso ma è ancora giusto. «Ego sum iustus, et misericors», disse il Signore un giorno a S. Brigida;11 «peccatores tantum misericordem me existimant». I peccatori, scrive S. Basilio,12 voglion considerare Dio solo per metà: «Bonus est Dominus, sed etiam iustus; nolite Deum ex dimidia parte cogitare». Il sopportare chi si serve della misericordia di Dio per più offenderlo, diceva il P.M. Avila (san  Juan de Avila) 13 che non sarebbe misericordia, ma mancamento di giustizia. La misericordia sta promessa a chi teme Dio, non già a chi se ne abusa.14 «Et misericordia eius timentibus eum»,15 come cantò la divina Madre. Agli ostinati sta minacciata la giustizia; e siccome (dice S. Agostino)16 Dio non mentisce nelle promesse; così non mentisce ancora nelle minacce: «Qui verus est in promittendo, verus est in minando».Guardati, dice S. Gio. Grisostomo,17 quando il demonio (ma non Dio) ti promette la divina misericordia, affinché pecchi; «Cave ne unquam canem illum suscipias, qui misericordiam Dei pollicetur» (Hom. 50. ad Pop. Antioch.). Guai, soggiunge S. Agostino,18 a chi spera per peccare: «Sperat, ut peccet; vae a perversa spe» (In Ps. 144). Oh quanti ne ha ingannati e fatti perdere, dice il santo,19 questa vana speranza. «Dinumerari non possunt, quantos haec inanis spei umbra deceperit». Povero chi s'abusa della pietà di Dio, per più oltraggiarlo! Dice S. Bernardo20 che Lucifero perciò fu così presto castigato da Dio, perché si ribellò sperando di non riceverne castigo. Il re Manasse fu peccatore, poi si convertì, e Dio lo perdonò; Ammone suo figlio, vedendo il padre così facilmente perdonato, si diede alla mala vita colla speranza del perdono; ma per Ammone non vi fu misericordia. Perciò ancora dice S. Gio. Grisostomo21 che Giuda si perdé, perché peccò fidato alla benignità di Gesu-Cristo: «Fidit in lenitate magistri». In somma Dio, se sopporta, non sopporta sempre. Se fosse che Dio sempre sopportasse, niuno si dannerebbe; ma la sentenza più comune è che la maggior parte anche de' cristiani (parlando degli adulti) si danna: «Lata porta et spatiosa via est, quae ducit ad perditionem, et multi intrant per eam» (Matth. 7. 13).Chi offende Dio colla speranza del perdono, «irrisor est non poenitens», dice S. Agostino.22 Ma all'incontro dice S. Paolo che Dio non si fa burlare: «Deus non irridetur» (Galat. 6. 7).23 Sarebbe un burlare Dio seguire ad offenderlo, sempre che si vuole, e poi andare al paradiso. «Quae enim seminaverit homo, haec et metet» (Ibid. 8). Chi semina peccati, non ha ragione di sperare altro che castigo ed inferno. La rete con cui il demonio strascina all'inferno quasi tutti quei cristiani che si dannano, è quest'inganno, col quale loro dice: Peccate liberamente, perché con tutt'i peccati vi salverete. Ma Dio maledice chi pecca colla speranza del perdono. 24 «Maledictus homo qui peccat in spe». La speranza del peccatore dopo il peccato, quando vi è pentimento, è cara a Dio, ma la speranza degli ostinati è l'abbominio di Dio: «Et spes illorum abominatio» (Iob. 11. 20). Una tale speranza irrita Dio a castigare, siccome irriterebbe il padrone quel servo che l'offendesse, perché il padrone è buono.
Dalla “ Storia e Refutazione delle eresie “ conf. 13
21. Sono bensì nelle sacre scritture grandi argomenti di sperare la vita eterna, la confidenza e la preghiera, mentre Dio ci fa sapere: Nullus speravit in Domino, et confusus est2. E Gesù Cristo ci fa quella gran promessa: Amen, amen dico vobis: Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis3. Ma se fosse vero che la certezza della nostra speranza è nel riguardarci, secondo dice l'autore, come contenuti nel numero degli eletti, dimando qual fondamento certo di salute avremmo noi nelle scritture di essere contenuti nel numero degli eletti? Quando ivi più presto troviamo argomenti in contrario, trovando che gli eletti son molto pochi a rispetto de' reprobi: Multi sunt vocati, pauci vero electi1. Nolite timere pusillus grex etc.2. Ma per concludere il punto, ripetiamo le parole del concilio di Trento. Il concilio dice: In Dei auxilio firmissimam spem collocare omnes debent etc. Posto che Dio comanda a tutti di collocare nel suo aiuto una speranza certa di salvarci, ha dovuto darci un fondamento certo di avere una tale speranza. La promessa fatta agli eletti è fondamento certo per gli eletti, ma non per noi in particolare che non sappiamo di essere stati eletti. Dunque il fondamento certo a ciascuno di noi di sperar la salute non è la promessa particolare fatta a' soli eletti, ma la promessa generale del suo aiuto fatta a tutti i fedeli di salvarli, purché non manchino alla grazia. Più in breve: se tutti i fedeli sono obbligati a sperar certamente la salute nell'aiuto divino, dunque un tale aiuto non a' soli eletti, ma è promesso a tutti, ed in questo aiuto ciascun fedele dee fondare la sua speranza.
Dal SERMONE III. - PER LA DOMENICA III. DELL'AVVENTO
MEZZO III. Della resistenza alle tentazioni.
È troppo vero che nelle occasioni pericolose, quando con confidenza ricorriamo a Dio egli ci soccorre; ma talvolta in certe occasioni più istiganti vorrà il Signore che ci mettiamo anche la parte nostra con farci violenza a resistere. Non basterà allora che una o due volte ricorriamo a Dio, ma bisognerà che replichiamo le preghiere, con andare più volte a gemere davanti la beata Vergine ed a' piedi del crocifisso, esclamando con lagrime: Madre mia, Maria, aiutatemi: Gesù mio Salvatore, salvatemi; per pietà non mi abbandonate, non permettete ch'io vi abbia da perdere.
Ricordiamoci del vangelo che dice: Quam angusta porta, et arcta via est, quae ducit ad vitam! et pauci sunt, qui inveniunt eam1. La via del paradiso è stretta; come suol dirsi, non vi passa la carrozza; chi vuole andarvi in carrozza, non vi potrà entrare; e perciò pochi giungono al paradiso, perché pochi voglion farsi forza a resistere alle tentazioni: Regnum coelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud2. Il regno de' cieli vim patitur, spiega un autore, vi quaeritur, invaditur, occupatur; bisogna cercarlo, ed acquistarlo con farsi violenza; chi vuole acquistarlo senza incomodo, con menare una vita sciolta e molle, non l'acquisterà e ne resterà escluso.
I santi per salvarsi sono andati chi a vivere in un chiostro, chi ad intanarsi in una grotta, chi ad abbracciare i tormenti e la morte, come hanno fatto i santi martiri: Violenti rapiunt illud. Alcuni si lamentano che non hanno confidenza in Dio; ma non si avvedono che la loro poca confidenza nasce dalla loro poca risoluzione di servire a Dio. Dicea s. Teresa: Di anime irresolute non ha paura il demonio. E scrisse il Savio: Desideria occidunt pigrum3. Alcuni vorrebbero salvarsi, vorrebbero farsi santi, ma non mai si risolvono a pigliarne i mezzi, la meditazione, la frequenza dei sacramenti, il distacco dalle creature; oppure pigliano e lasciano. Si pascono in somma di desiderj inefficaci, e frattanto seguono a vivere in disgrazia di Dio, oppure nella loro tepidezza, che finalmente li porta a perdere Dio, e così si avvera che desideria occidunt pigrum.
Se dunque vogliamo salvarci e farci santi, bisogna che facciamo una forte risoluzione, non solo in generale di darci a Dio, ma anche in particolare di prendere i mezzi opportuni; e dopo averli presi di non tralasciarli; e perciò bisogna che non lasciamo mai di pregare Gesù Cristo e la sua ss. madre, affinché ci ottengano la s. perseveranza.”
Dalla “Istruzione al popolo “PARTE I. CAP. VI. Del sesto precetto.
Non fornicare.
“9. E ciò in quanto al castigo di questa vita; ma che ne sarà de' disonesti nell'altra? Tu dici che questo peccato Dio lo compatisce; ma s. Remigio dice che de' cristiani adulti pochi si salvano, e tutti gli altri si dannano per lo vizio disonesto: Ex adultis propter carnis vitium pauci salvantur15.( A causa del vizio di lussuria pochi si salvano degli adulti) E 'l p. Segneri dice che di coloro che si dannano tre parti si dannano per questo peccato.”

Dalla “Selva di materie predicabili”
CAP. VI. Del peccato d'incontinenza.
“L'incontinenza è chiamata da s. Basilio peste viva, da s. Bernardino da Siena vizio il più nocivo di tutti: Vermis quo nullus nocentior; perché, secondo dice s. Bonaventura, l'impudicizia distrugge i germogli di tutte le virtù: Luxuria omnium virtutum eradicat germina. Perciò ella è da s. Ambrogio chiamata il seminario e la madre di tutti i vizj: Luxuria seminarium est, et origo omnium vitiorum; mentre questo vizio tira seco anche gli altri, odj, furti, sacrilegj e simili. E quindi giustamente disse s. Remigio che, exceptis parvulis, maior pars hominum ob hoc vitium damnatur. E il p. Segneri disse che siccome l'inferno per la superbia è pieno d'angeli, così per la disonestà è pieno d'uomini. Negli altri vizj il demonio pesca coll'amo, in questo pesca colla rete; sicché fa più guadagno per l'inferno con questo vizio che con tutti gli altri. E Dio all'incontro per l'incontinenza ha mandati i maggiori castighi nel mondo, punendola dal cielo con diluvj d'acque e di fuoco.”
Non si dica che quanto sto presentando è assurdo o giansenista perché appunto s. Alfonso anti-giansenista per eccellenza lo ha detto e con lui parecchi altri santi ….
S. Giovanni Cassiano 
Nel suo libro “Sugli istituti dei cenobi” nel l.IV al cap. 38 afferma
“Stretta è la porta e difficile è la via che conduce alla vita e sono pochi quelli che la trovano. Considerati fatto dei pochi eletti e non ti raffreddare per l’esempio e la tiepidezza della moltitudine; ma vivi come pochi per poter meritare di essere trovato nel regno di Dio. Molti infatti sono chiamati, pochi scelti e piccolo è il gregge , al quale è piaciuto al Padre dare l’eredità”
S. Nilo Abate
Nella lettera 159 afferma
“Stretta è la porta e difficile è la via che porta alla vita e pochi la trovano. Se dunque coloro che la trovano sono pochi la molto meno (pauciores) saranno quelli che avranno la forza di entrare; in verità non entrano per propria negligenza ”
S. Ignazio di Loyola praticamente lo afferma nei suoi “Esercizi
“S. Ignazio negli esercizi al n. 52 dice
[52] 1 Il terzo. Ugualmente fare altrettanto sul terzo: il peccato particolare di uno che per un peccato mortale sia andato all'inferno , e molti altri innumerevoli che vi sono andati per meno peccati di quanti ne ho fatto ioa. 
2 Dico fare altrettanto sul terzo peccato particolare: richiamare alla memoria la gravità e malizia del peccatob contro il proprio Creatore e Signore;
 
3 discorrere con l'intelligenza come giustamente è stato condannato per sempre chi ha peccato e agito contro la bontà infinita; concludere con la volontà, come sta detto.
e poi, ancora
[102] 1 Il primo preludio è richiamare la storia del mistero che devo contemplarea: come le tre divine Persone osservano tutta la superficie o rotondità di tutto il mondo piena di uominib; 
2 come, vedendo che tutti scendevano all'infernoc, decidono nella loro eternità che la seconda Persona si faccia uomo, per salvare il genere umano;
 
3 e così, giunta la pienezza dei tempi , inviano l'angelo san Gabriele a nostra Signorad.
e ulteriormente
[106] 1 Il primo punto è vedere le persone, le une e le altre. 
Primo, quelle della faccia della terra, in tanta diversità tanto nei vestiti quanto nei gesti:
 
2 alcuni bianchi e altri neri, alcuni in pace e altri in guerra, alcuni che piangono e altri che ridono, alcuni sani e altri infermi, alcuni che nascono e altri che muoiono, ecc.;
 
3 secondo, vedere e considerare come le tre Persone divine, sedute sul loro soglio regale o trono di sua divina maestà, guardanoa tutta la superficie ricurva della terra, e tutte le genti in tanta cecità, e come queste muoiono e scendono nell'inferno;
 
4 terzo, vedere nostra Signora e l'angelo che la saluta e riflettere per ricavare frutto da tale vistab.
Un eccellente gesuita grande conoscitore degli esercizi come san Roberto Bellarmino Dottore della Chiesa, afferma che molti si dannano e pochi si salvano
Dice infatti “del tutto minore (rispetto a quello di reprobi) è il numero degli eletti”(De Gemitu columbae p.3 m.54) e aggiunge dopo poco “Isaia …descrivendo il piccolo numero di quelli che si troveranno salvi alla fine dei tempi usa il paragone della vigna dopo la vendemmia … paragone che incute un massimo orrore” “Così il numero dei reprobi è paragonato alla vendemmia nella quale si riempiono molti vasi dai grappoli d’uva che sono raccolti da molti agricoltori ; il piccolo numero degli eletti è paragonato ai pochi grappoli che sono ritrovati accidentalmente nella vigna” E ancora “ Il numero dei dannati è più ampio del numero di quelli che devono essere salvati” (De arte moriendi l.2 c.3)
S. Antonio M. Claret
« 205. Igualmente me obliga a predicar sin parar el ver la multitud de almas que caen [en] los infiernos, pues que es de fe que todos los que mueren en pecado mortal se condenan. ¡Ay! Cada día se mueren ochenta mil personas (según cálculo aproximado), ¡y cuántas se morirán en pecado y cuántas se condenarán! Pues que talis vita, finis ita. Tal es la muerte según ha sido la vida.
206. Y como veo la manera con que viven las gentes, muchísimas de asiento y habitualmente en pecado mortal, no pasa día que no aumenten el número de sus delitos. Cometen la iniquidad con la facilidad con que beben un vaso de agua, como por juguete y por risa obran la iniquidad. Estos desgraciados, por sus propios pies, marchan a los infiernos como ciegos, según el Profeta Sofonías: Ambulaverunt ut caeci quía Domino peccaverunt.” (autobiografia)
Traduco "Mi obbliga a predicare la moltitudine di anime che cadono all’inferno giacché è di fede che chi muore in peccato mortale va all’inferno …..Come è la vita così è il termine (della vita). Così è la morte come è stata la vita. E .. vedo il modo in cui vive la gente moltissima …abitualmente in peccato mortale e non passa giorno che non aumentino i loro delitti "
Si noti a riguardo: ai tempi in cui viveva s. Antonio Maria Claret non c’era ancora la moda della minigonna ….non c’erano le spiagge affollate di gente seminuda ….non c’erano i film pornografici, non c’erano i siti pornografici che oggi ci sono …..non c’era la valanga di aborti …che oggi ci sono …..ossia oggi pare di dover affermare che la situazione è immensamente peggiore che allora . Oggi addirittura in Spagna ….si riconoscono i matrimoni omosessuali cioè tra uomini e uomini e donne e donne ….e addirittura si permette ad essi di adottare bambini ….ossia si è giunti a riconoscere una tutela giuridica oltre che all’aborto, anche a certe pratiche di vita che la Scrittura Sacra bolla come peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio ….per non dire della valanga di pedofilia che dilaga attraverso le sette sataniche.
S. Leonardo da Porto Maurizio in un celebre sermone sul numero dei salvati cita i Dottori e i grandi teologi che affermano che la maggior parte non solo degli uomini ma dei cattolici si dannano e afferma che tale sentenza teologica pare sia stata rivelata dal Signore a s. Simeone Stilita che perciò si diede ad una vita di somma penitenza.

ALBERO CON FOGLIE

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ALBERO CON POCHISSIME FOGLIE


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A proposito del fatto che molti si dannano c’è un fatto che si verificò durante la predicazione del beato A. Baldinucci gesuita (Firenze, 1665Pofi, 7 novembre 1717). Si era in agosto, tempo nel quale non sogliono cadere foglie dagli alberi . Il beato Baldinucci stava facendo davanti ad un folto gruppo di persone una predica durante una missione . Ad un tratto, evidentemente illuminato da Dio, il gesuita disse : “Volete sapere quante sono le persone che vanno all’inferno ? Ebbene sono quante le foglie che cadono da questo albero.” Dette quelle parole, per un prodigio misterioso praticamente tutte o quasi le foglie dell’albero caddero a terra …. Udite quelle parole e visto quanto accadeva, la gente rimase grandemente impressionata e vari si convertirono ….
Ecco il frutto che deve produrre in noi quanto ho detto finora: la conversione ….la liberazione dal lassismo e da qualsiasi deviazione nel campo della teologia e in particolare della teologia morale, l’impegno forte ad entrare tra gli eletti. Dio vuole salvi tutti e dunque se noi viviamo secondo i suoi comandamenti, se frequentiamo i sacramenti, Dio vuole salvarci e ci salva…

Catecismo para niños

AVE MARIA PURISSIMA!

"...Essere più ardenti e profondi nella preghiera e nel sacrificio.

DIO MI AMA

Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi
08.06.12

Eletti, amici cari, sono il vostro Dio e vi amo. Siate felici di questo e corrispondete al Mio Amore con tutte le vostre forze.

Sposa amata, negli intimi colloqui ti ho detto di ripetere, spesso, durante il giorno, questa frase: “Dio mi ama”. Sia questa continua gioia per te e vera speranza.

Mi dici: “Adorato, Adorato, adorato Gesù, le Tue Parole entrano nella mia anima e restano per dare felicità, pace, speranza. Ecco, Dolce Amore, il segreto della vera felicità: capire che Tu ami la nostra persona, il nostro essere, le nostre cose. Gesù, adorato Signore, sublime Signore, grazie di amarci! Grazie, per il Dono della vita che palpita in noi; grazie, perché essa non finisce, ma è per sempre! Viene un momento nel quale il corpo e l’anima per un po’ si staccano l’uno dall’altra, ma è un distacco provvisorio: al Tuo Ordine, sublime, il corpo si riunirà alla sua anima e saranno un tutt’uno per l’eternità. Dolce Amore, la frase, che Tu mi hai insegnato, la ripeto più volte al giorno e rinnova in me la dolce Rugiada del Tuo Sentimento: al mattino, quando il primo raggio di sole entra nella stanza, lo benedico e penso al Tuo Dolce Amore; durante il giorno questo pensiero mi dà forza per affrontare la fatica; alla sera, quando viene il sonno, ecco la dolce carezza del Tuo Amore che lo rende lieto.”

Piccola sposa, questa è la vita che concedo alle Mie spose: in terra c’è un anticipo di Paradiso. Piccola Mia, come vedi, concedo molto a chi Mi ama con ardore e fa della sua vita un canto di lode a Me, di ringraziamento a Me, di obbedienza e sottomissione a Me.

Mi dici: “Dolce Gesù, Tu insegni la via per la vera Gioia e la pace del cuore; ma ben pochi la percorrono! Scendono, copiose, le Grazie, ma non sono riconosciute, perché l’uomo è tardo nel comprendere e stolto nel vedere: ferma la sua attenzione sulle cose che non edificano, certo; gli sfuggono le Meraviglie del Tuo Amore che sono continue e sublimi.”

Sposa amata, bene hai parlato. I Miei Segni sono continui, ma pochi li colgono; l’attenzione si ferma, spesso, a lungo, su quelli del Mio nemico che vuole offuscare la mente, indurire il cuore, allontanare da Me, Dio! Sposa cara, chi guarda i Miei Segni comprende di essere oggetto di un grande Amore, Dolcissimo; sente di essere stato creato, per Amore, da Me, Dio; sente che viene condotto da Me, Dio, per mano, come un bimbo dalla sua madre. DiMMi, piccola Mia: come vedi il bimbo, preso per mano dalla madre?

Mi dici: “Lo vedo sorridente e felice. Egli canta per la gioia e non stacca gli occhi dalla madre che lo ama.”

Sposa cara, sposa fedele, Io, Io, Gesù, sono quella madre che tiene per mano, sono quella che ama, teneramente: voglio che i Miei figli siano felici, lieti e non tristi!

Mi dici: “Dolce Amore, le Tue Grazie dovrebbero rendere tutti felici come quel bimbo, ma vedo che pochi lo sono, perché sono aumentati i problemi e le difficoltà in ogni parte del mondo.”

Sposa amata, la grande disobbedienza alle Mie Leggi porta infelicità. Se tutti capissero che la Mia Volontà è sempre gioia per loro, solo questa farebbero tutti; ma non hanno compreso, non hanno voluto comprendere!”
Sposa amata, il Mio Cuore vuole sempre donare, sempre donare; ma, per la ribellione continua ai Comandamenti, deve togliere prima il superfluo, poi, il resto!

Mi dici: “Dolce, Santissimo Amore, pazienta ancora, effondi i fiumi della Tua Misericordia e tieni sospesa la Perfetta Giustizia.”

Piccola Mia sposa, sono le suppliche dei cuori ardenti che tengono ancora fermo il Mio Braccio di Perfetta Giustizia. Essi sono uniti alla Madre Mia Che intercede per tutto il genere umano e ciò che Mi chiede Ella, sempre, ottiene.

Mi dici: “Adorato, Adorato, adorato Gesù, venga presto il giorno del Trionfo del Tuo Cuore meraviglioso, unito a quello della Madre Tua Santissima. Esca da ogni bocca solo lode per Te, ringraziamento, adorazione profonda.”
Piccola Mia, chi molto Mi dà molto di più riceverà. Godi le Delizie del Mio Amore. Ti amo.
Vi amo.
Gesù




Opera scritta dalla Divina Sapienza 

per gli eletti degli ultimi tempi



08.06.12



Figli cari e tanto amati, chi prega molto ottiene molto da Dio; chi poco prega non ottiene, perché non vuole. Piccoli cari, cogliete le Grazie che scendono, copiose, ancora, per le suppliche dei piccoli più piccoli ed il sacrificio degli innocenti. Figli amati, voi molto compiangete la sofferenza innocente che strazia il vostro cuore; ma è proprio questa che ottiene le maggiori Grazie di salvezza! 

Figli amati, vi chiedo di essere più ardenti e profondi nella preghiera e nel sacrificio. Dio vuole concedere. Questo è un tempo unico e speciale e, secondo la vostra scelta, potete avere tutto o perdere tutto: dipende da voi! Sono qui per aiutarvi nel cammino verso l’eternità. Insieme, Cuore con cuore, adoriamo Gesù. Vi amo tutti.
Ti amo, angelo Mio.

Maria Santissima

Ti amo, angelo Mio.
Maria Santissima

mercoledì 20 giugno 2012

La preghiera non è solamente il respiro dell’anima, ma, per usare un’immagine, è anche l’oasi di pace in cui possiamo attingere l’acqua che alimenta la nostra vita spirituale e trasforma la nostra esistenza. (Benedetto XVI)





Il Papa: Certo, Paolo avrebbe preferito essere liberato da questa «spina», da questa sofferenza; ma Dio dice: «No, questo è necessario per te. Avrai sufficiente grazia per resistere e per fare quanto deve essere fatto. Questo vale anche per noi. Il Signore non ci libera dai mali, ma ci aiuta a maturare nelle sofferenze, nelle difficoltà, nelle persecuzioni...»




CATECHESI DEL SANTO PADRE 

IN LINGUA ITALIANA


mercoledì 13 giugno 2012



La contemplazione e la forza della preghiera (2Cor 12, 1-10)


Cari fratelli e sorelle,


l’incontro quotidiano con il Signore e la frequenza ai Sacramenti permettono di aprire la nostra mente e il nostro cuore alla sua presenza, alle sue parole, alla sua azione.

La preghiera non è solamente il respiro dell’anima, ma, per usare un’immagine, è anche l’oasi di pace in cui possiamo attingere l’acqua che alimenta la nostra vita spirituale e trasforma la nostra esistenza. E Dio ci attira verso di sé, ci fa salire il monte della santità, perché siamo sempre più vicini a Lui, offrendoci lungo il cammino luci e consolazioni.
Questa è l’esperienza personale a cui san Paolo fa riferimento nel capitolo 12 della Seconda Lettera ai Corinzi, sul quale desidero soffermarmi oggi. Di fronte a chi contestava la legittimità del suo apostolato, egli non elenca tanto le comunità che ha fondato, i chilometri che ha percorso; non si limita a ricordare le difficoltà e le opposizioni che ha affrontato per annunciare il Vangelo, ma indica il suo rapporto con il Signore, un rapporto così intenso da essere caratterizzato anche da momenti di estasi, di contemplazione profonda (cfr 2 Cor 12,1); quindi non si vanta di ciò che ha fatto lui, della sua forza, delle sua attività e successi, ma si vanta dell’azione che ha fatto Dio in lui e tramite lui. Con grande pudore egli racconta, infatti, il momento in cui visse l’esperienza particolare di essere rapito sino al cielo di Dio. Egli ricorda che quattordici anni prima dall’invio della Lettera «fu rapito - così dice - fino al terzo cielo» (v. 2). 

Con il linguaggio e i modi di chi racconta ciò che non si può raccontare, san Paolo parla di quel fatto addirittura in terza persona; afferma che un uomo fu rapito nel «giardino» di Dio, in paradiso. La contemplazione è così profonda e intensa che l’Apostolo non ricorda neppure i contenuti della rivelazione ricevuta, ma ha ben presenti la data e le circostanze in cui il Signore lo ha afferrato in modo così totale, lo ha attirato a sé, come aveva fatto sulla strada di Damasco al momento della sua conversione (cfr Fil 3,12).
San Paolo continua dicendo che proprio per non montare in superbia per la grandezza delle rivelazioni ricevute, egli porta in sé una «spina» (2 Cor 12,7), una sofferenza, e supplica con forza il Risorto di essere liberato dall’inviato del Maligno, da questa spina dolorosa nella carne. Per tre volte – riferisce – ha pregato insistentemente il Signore di allontanare questa prova. Ed è in questa situazione che, nella contemplazione profonda di Dio, durante la quale «udì parole indicibili che non è lecito ad alcuno pronunciare» (v. 4), riceve risposta alla sua supplica. Il Risorto gli rivolge una parola chiara e rassicurante: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza» (v. 9).

Il commento di Paolo a queste parole può lasciare stupiti, ma rivela come egli abbia compreso che cosa significa essere veramente apostolo del Vangelo. Esclama, infatti così: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte» (vv. 9b-10), cioè non si vanta delle sue azioni, ma dell'attività di Cristo che agisce proprio nella sua debolezza. Soffermiamoci ancora un momento su questo fatto avvenuto durante gli anni in cui san Paolo visse in silenzio e in contemplazione, prima di iniziare a percorrere l’Occidente per annunciare Cristo, perché questo atteggiamento di profonda umiltà e fiducia di fronte al manifestarsi di Dio è fondamentale anche per la nostra preghiera e per la nostra vita, per la nostra relazione a Dio e alle nostre debolezze.

Anzitutto, di quali debolezze parla l’Apostolo? Che cosa è questa «spina» nella carne? Non lo sappiamo e non lo dice, ma il suo atteggiamento fa comprendere che ogni difficoltà nella sequela di Cristo e nella testimonianza del suo Vangelo può essere superata aprendosi con fiducia all’azione del Signore. San Paolo è ben consapevole di essere un «servo inutile» (Lc 17,10) - non è lui che ha fatto le cose grandi, è il Signore - , un «vaso di creta» (2 Cor 4,7), in cui Dio pone la ricchezza e la potenza della sua Grazia. In questo momento di intensa preghiera contemplativa, san Paolo comprende con chiarezza come affrontare e vivere ogni evento, soprattutto la sofferenza, la difficoltà, la persecuzione: nel momento in cui si sperimenta la propria debolezza, si manifesta la potenza di Dio, che non abbandona, non lascia soli, ma diventa sostegno e forza.
Certo, Paolo avrebbe preferito essere liberato da questa «spina», da questa sofferenza; ma Dio dice: «No, questo è necessario per te. Avrai sufficiente grazia per resistere e per fare quanto deve essere fatto. Questo vale anche per noi. Il Signore non ci libera dai mali, ma ci aiuta a maturare nelle sofferenze, nelle difficoltà, nelle persecuzioni. La fede, quindi, ci dice che, se rimaniamo in Dio, «se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, ci sono tante difficoltà, quello interiore invece si rinnova, matura di giorno in giorno proprio nelle prove» (cfr v. 16). 

L’Apostolo comunica ai cristiani di Corinto e anche a noi che «il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria» (v. 17) In realtà, umanamente parlando, non era leggero il peso delle difficoltà, era gravissimo; ma in confronto con l'amore di Dio, con la grandezza dell'essere amato da Dio, appare leggero, sapendo che la quantità della gloria sarà smisurata. 

Quindi, nella misura in cui cresce la nostra unione con il Signore e si fa intensa la nostra preghiera, anche noi andiamo all’essenziale e comprendiamo che non è la potenza dei nostri mezzi, delle nostre virtù, delle nostre capacità che realizza il Regno di Dio, ma è Dio che opera meraviglie proprio attraverso la nostra debolezza, la nostra inadeguatezza all'incarico. Dobbiamo, quindi, avere l’umiltà di non confidare semplicemente in noi stessi, ma di lavorare, con l'aiuto del Signore, nella vigna del Signore, affidandoci a Lui come fragili «vasi di creta».
San Paolo riferisce di due particolari rivelazioni che hanno cambiato radicalmente la sua vita. La prima - lo sappiamo - è la domanda sconvolgente sulla strada di Damasco: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9,4), domanda che lo ha portato a scoprire e incontrare Cristo vivo e presente, e a sentire la sua chiamata ad essere apostolo del Vangelo. La seconda sono le parole che il Signore gli ha rivolto nell’esperienza di preghiera contemplativa su cui stiamo riflettendo: «Ti basta la mia grazia: la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Solo la fede, il confidare nell’azione di Dio, nella bontà di Dio che non ci abbandona, è la garanzia di non lavorare invano. Così la Grazia del Signore è stata la forza che ha accompagnato san Paolo nelle immani fatiche per diffondere il Vangelo e il suo cuore è entrato nel cuore di Cristo, diventando capace di condurre gli altri verso Colui che è morto ed è risorto per noi.

Nella preghiera noi apriamo, quindi, il nostro animo al Signore affinché Egli venga ad abitare la nostra debolezza, trasformandola in forza per il Vangelo. Ed è ricco di significato anche il verbo greco con cui Paolo descrive questo dimorare del Signore nella sua fragile umanità; usa episkenoo, che potremmo rendere con «porre la propria tenda». Il Signore continua a porre la sua tenda in noi, in mezzo a noi: è il Mistero dell’Incarnazione. Lo stesso Verbo divino, che è venuto a dimorare nella nostra umanità, vuole abitare in noi, piantare in noi la sua tenda, per illuminare e trasformare la nostra vita e il mondo.
L’intensa contemplazione di Dio sperimentata da san Paolo richiama quella dei discepoli sul monte Tabor, quando, vedendo Gesù trasfigurarsi e risplendere di luce, Pietro gli disse: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mc 9,5). «Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati» aggiunge san Marco (v. 6).
Contemplare il Signore è, allo stesso tempo, affascinante e tremendo: affascinante perché Egli ci attira a sé e rapisce il nostro cuore verso l’alto, portandolo alla sua altezza dove sperimentiamo la pace, la bellezza del suo amore; tremendo perché mette a nudo la nostra debolezza umana, la nostra inadeguatezza, la fatica di vincere il Maligno che insidia la nostra vita, quella spina conficcata anche nella nostra carne

Nella preghiera, nella contemplazione quotidiana del Signore, noi riceviamo la forza dell’amore di Dio e sentiamo che sono vere le parole di san Paolo ai cristiani di Roma, dove ha scritto: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli, né principati, né presente né avvenire,né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39).
In un mondo in cui rischiamo di confidare solamente sull’efficienza e la potenza dei mezzi umani, in questo mondo siamo chiamati a riscoprire e testimoniare la potenza di Dio che si comunica nella preghiera, con la quale cresciamo ogni giorno nel conformare la nostra vita a quella di Cristo, il quale - come afferma Paolo - «fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza di Dio a vostro vantaggio» (2 Cor 13,4).

Cari amici, nel secolo scorso, Albert Schweitzer, teologo protestante e premio Nobel per la pace, affermava che «Paolo è un mistico e nient’altro che un mistico», cioè un uomo veramente innamorato di Cristo e così unito a Lui, da poter dire: Cristo vive in me.
La mistica di san Paolo non si fonda soltanto sugli eventi eccezionali da lui vissuti, ma anche sul quotidiano e intenso rapporto con il Signore che lo ha sempre sostenuto con la sua Grazia. La mistica non lo ha allontanato dalla realtà, al contrario gli ha dato la forza di vivere ogni giorno per Cristo e di costruire la Chiesa fino alla fine del mondo di quel tempo. L'unione con Dio non allontana dal mondo, ma ci dà la forza di rimanere realmente nel modo, di fare quanto si deve fare nel mondo. 

Anche nella nostra vita di preghiera possiamo, quindi, avere momenti di particolare intensità, forse, in cui sentiamo più viva la presenza del Signore, ma è importante la costanza, la fedeltà del rapporto con Dio, soprattutto nelle situazioni di aridità, di difficoltà, di sofferenza, di apparente assenza di Dio. Soltanto se siamo afferrati dall’amore di Cristo, saremo in grado di affrontare ogni avversità come Paolo, convinti che tutto possiamo in Colui che ci dà la forza (cfr Fil 4,13). Quindi, quanto più diamo spazio alla preghiera, tanto più vedremo che la nostra vita si trasformerà e sarà animata dalla forza concreta dell’amore di Dio. Così avvenne, ad esempio, per la beata Madre Teresa di Calcutta, che nella contemplazione di Gesù e proprio anche in tempi di lunga aridità trovava la ragione ultima e la forza incredibile per riconoscerlo nei poveri e negli abbandonati, nonostante la sua fragile figura. La contemplazione di Cristo nella nostra vita non ci estranea - come ho già detto - dalla realtà, bensì ci rende ancora più partecipi delle vicende umane, perché il Signore, attirandoci a sé nella preghiera, ci permette di farci presenti e prossimi ad ogni fratello nel suo amore.
Grazie.


APPELLO


Rivolgo ora il mio affettuoso pensiero e il mio benedicente saluto alla Chiesa in Irlanda, dove a Dublino, alla presenza del Cardinale Marc Oullet, mio Legato, si svolge il 50° Congresso Eucaristico Internazionale sul tema: «L’Eucaristia: Comunione con Cristo e tra di noi». Numerosi Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici provenienti dai diversi Continenti prendono parte a questo importante evento ecclesiale.
E’ una preziosa occasione per riaffermare la centralità dell’Eucaristia nella vita della Chiesa. Gesù, realmente presente nel Sacramento dell’Altare con il supremo Sacrificio di amore della Croce si dona a noi, si fa nostro cibo per assimilarci a Lui, per farci entrare in comunione con Lui. E attraverso questa comunione siamo uniti anche tra di noi, diventiamo una cosa sola in Lui, membra gli uni degli altri.
Vorrei invitarvi ad unirvi spiritualmente ai cristiani di Irlanda e del mondo, pregando per i lavori del Congresso, perché l’Eucaristia sia sempre il cuore pulsante della vita di tutta la Chiesa.

<<... Ciò che mi confortò di più in punto di morte fu l'assistenza della potente e amabile Madre del Salvato­re, Maria Santissima. E questo dillo ai tuoi giovani: che non dimentichino di pregarla finché sono in vita!»


Ven Espíritu Santo, ven por medio de la poderosa intercesión del Corazón Inmaculado de María, tu amadísima Esposa

Chi è venuto dall'aldilà?

San Domenico Savio

San Domenico Savio, alunno salesiano morto nel 1857 e santificato nel 1954, dopo la sua morte apparve a San Giovanni Bosco. Questi narrava così l'apparizio­ne ai suoi giovani e ai Superiori della Congregazione: 

«Mi trovavo a Lanzo ed ero nella mia stanza. D'un tratto mi vidi sopra una collina. Il mio sguardo si per­deva nell'immensità di una pianura. Essa era divisa da larghi viali in vastissimi giardini. I fiori, gli alberi, i frut­ti erano bellissimi, e tutto il resto corrispondeva a tan­ta magnificenza.
Mentre contemplavo tanta bellezza, ecco diffonder­si una musica soavissima. Erano centomila strumenti e tutti davano un suono differente l'uno dall'altro. A questi si univano i cori dei cantori.

Mentre estatico ascoltavo la celeste armonia, ecco apparire una quantità immensa di giovani che veniva verso di me. Alla testa di tutti avanzava Domenico Sa­vio. Tutti si fermarono davanti a me alla distanza di otto-dieci passi... Allora brillò un lampo di luce, cessò la musica e si fece un grande silenzio. Domenico Savio si avanzò solo di qualche passo ancora e si fermò vici­no a me. Come era bellissimo! Le sue vesti erano singo­lari; la tunica bianchissima, che gli scendeva fino ai pie­di, era trapuntata di diamanti ed era intessuta d'oro. Un'ampia fascia rossa cingeva i suoi fianchi, ricamata di gemme preziose così che una toccava quasi l'altra. Dal collo gli scendeva una collana di fiori mai visti, sem­brava che fossero diamanti uniti. Questi fiori risplen­devano di luce. Il capo era cinto di una corona di rose. La capigliatura gli scendeva ondeggiante giù per le spal­le e gli dava un aspetto così bello, così affettuoso, così attraente che sembrava... sembrava un Angelo.

Io ero muto e tremante. Allora Domenico Savio disse:
- Perché te ne stai muto e sgomento?
- Non so cosa dire - risposi - Tu dunque sei Do­menico Savio?
- Sono io! Non mi riconosci più? - E come va che ti trovi qui?
- Sono venuto per parlarti. Fammi qualche inter­rogazione.
- Sono naturali tutte queste meraviglie che vedo? - Sì, abbellite però dalla potenza di Dio.
- A me sembrava che questo fosse il Paradiso! - No, no!Nessun occhio mortale può vedere le bel­lezze eterne.
- E voi dunque cosa godete in Paradiso?
- Dirtelo è impossibile. Quello che si gode in Pa­radiso non vi è uomo mortale che possa saperlo, finché non sia uscito di vita e riunito al suo Creatore.
- Orbene, mio caro Savio, dimmi quale cosa ti con­solò di più in punto di morte?
- Ciò che mi confortò di più in punto di morte fu l'assistenza della potente e amabile Madre del Salvato­re, Maria Santissima. E questo dillo ai tuoi giovani: che non dimentichino di pregarla finché sono in vita!». (Vita di S. Giovanni Bosco - Lemoyne).


La S. Messa è compendio dell'Amore e 
d'ogni Beneficio Divino:
"EST MEMORIALE 
TOTIUS DILECTIONIS SUAE,
ET QUASI COMPENDIUM QUODDAM
OMNIUM BENEFICIORUM SUORUM"
S. Bonav. de Istit. part. I cap. II

martedì 19 giugno 2012

LEGGI, LEGGI, RILEGGI, MEDITA, TREMA, PIANGI. IL TEMPO DI SEBNA SOVRASTA. Molta parte della Chiesa vi è già travolta.




23-12-48, ore 11 ant.ne 48.41

Per S. Santità [PIO XII]. 
Dice l'Eterno Padre:

“Invoca il mio Spirito e leggi. Leggi ciò che ti può illuminare. Leggi le parole di quelli che videro un tempo, un altro tempo, e un altro ancora. Il tempo prossimo a loro. Il tempo del mio Verbo tra gli uomini. Il tempo vostro. Questo. Leggi e vedi.

L'inferno avanza. E nella Chiesa (per Chiesa intende la società di tutti i cristiani cattolici) del mio Cristo non c'è più quella santità che spronerebbe il Dio delle Vittorie a mandare i suoi angeli a sconfiggere i demoni.

La Chiesa del mio Cristo, male interpretando la parola
48.41 del suo Divino Fondatore, si crede tanto forte, tanto invulnerabile da non curare più, nella maggioranza dei suoi membri, e anche nei membri più eletti, la pratica di quelle azioni che le  farebbero amico Iddio. Presume. Si sente superiore a tutto e tutti. Dice: “Io sono stabilita. Nulla  prevarrà su me''
No. Sappiate comprendere le parole di Dio. Non ricadete negli errori voluti degli antichi  scribi, i quali vollero interpretare le profezie e promesse di Dio secondo che piaceva al loro stolto  orgoglio di Popolo eletto, che si credeva stabilito in tale elezione sino alla fine dei tempi, quale che fosse la sua maniera di vivere. Il suo errore lo fece decadere, trarre allo sterminio, alla dispersione, alla persecuzione. E , da 20 secoli espia l'errore che volle volere. 

L'inferno non prevarrà qualora la Chiesa sia santa come il suo Eterno Pontefice le impose d'essere. 
Guardate indietro nei secoli. A tempi di decadenza spirituale del corpo mistico, specie nelle sue membra docenti, corrispondono separazioni di parti, morti di membra discenti. 
L' inferno prevale in parte più grande, o meno grande, a seconda che la Chiesa si spoglia  della santità, e quindi dell'aiuto di Dio, è sempre prevalere, anche se non è distruggere. E nella sua vita secolare la Chiesa mai conobbe  un momento simile a questo di languore - là dove non è di corruzione, di triplice corruzione - e mai un simile assalto infernale.

Leggi Giovanni nella sua Apocalisse. E che sono le stelle (Ap 12,4)  che per una terza parte Satana riesce a far precipitare dal loro Cielo, dal Cielo della Chiesa?
Chi se non coloro che, per avermi testimoniato fedelmente, vengono uccisi dalla Bestia uscente 
dall'abisso? E chi se non coloro che, eletti a luminari nella Chiesa, si sono fatti luci spente? Chi se  non i pastori tramutati in idoli per il loro presumere? Chi se non il sale corrottosi in veleno per i piccoli che vedono e si allontanano con disgusto e languiscono o periscono? 48.41

Troppi pastori sono idoli quali li descrive Baruc nel suo c. VI. Molte, troppe sono travolte, delle stelle della Chiesa. Bar 6
Alcune, le prime, dall'ira degli anticristi, e sono i migliori, sono gloriosi martiri nel mio Regno. Ma più ancora sono le seconde dalle blandizie di Satana. E la nuova Gerusalemme diventa Babilonia, e di Babilonia avrà la sorte.

Oh! spirito del mio Cristo, spirito perfetto di Perfettissimo Pastore, vita vera della sua Chiesa, come l'ha disperso e soffocato il volere degli uomini in cui più forte è la legge della carne di quella dello spirito, invano da Dio infuso con la pienezza dei Suoi doni!

Prendi e leggi, invocando questo mio Spirito. Leggi i Profeti. Leggi Ezechiele nel c. 8°, nel 9°, nel 16° E leggi di Ez 8; 9; 16. Isaia il c. 19° . Egitto diviene chi più non sa essere Gerusalemme Is 19; 22

 Chiesa, Santità. 

E leggi, leggi, rileggi, medita il c. 22° di Isaia.
Troppi Sebna prefetti indegni del Tempio (per Tempio vuol dire il Clero addetto alle chiesesono oggi nel Tempio, perché Dio possa dimorare col suo Spirito in esso, ponendo con la sua Presenza lo scudo invincibile, la corazza intangibile, la difesa che non crolla. Anzi Dio lascerà che il Male avanzi e purifichi, sotto i suoi orrendi strali, coloro che dèi si fanno, adorandosi nel loro potere, nel loro intelletto, nel loro giudizio.
Oh! miseri! Che sono senza di Me? Come giudicano Me e i miei Voleri perfetti se non sanno giudicare se stessi, e pentirsi e rinascere nello spirito di Dio?

Leggi, leggi, rileggi, medita, trema, piangi. Il tempo di Sebna sovrasta. Molta parte della Chiesa vi è già travolta, lanciata come palla in mezzo alle turbe scatenate.
Questo da anni avevo già detto al portavoce, perché ti fosse detto. Questo dico oggi a Te, Vicario del mio Cristo servo mio. Si. Perché Io sono Iddio. E niuno è più grande di Me. Tutti servi rispetto a Me: il Signore. Tutti un nulla davanti al mio Divino Tutto.

48.41 Tu, tu almeno, non essere come troppi. Separa il tuo volere dal loro, onde non farti 
complice loro. Tu, mio servo; ma essi servi tuoi, e Tu Capo Supremo. E la tua parola scioglie e lega, seconda soltanto alla Mia che, poiché Tu mi servi in santità e amore, alla tua si unisce, perché sia Dio che parla sulle tue labbra di Pontefice. 

Hai nelle mani le verghe e nello spirito la Sapienza. Io te le ho date quando ti ho eletto. Usa il potere e il sapere come ti conviene, e non disgustare il tuo Signore che ha voluto contrassegnare il tuo Papato di un dono straordinario: la Buona Novella nuovamente evangelizzata, a conferma dell'antica di secoli, a tuo aiuto, o Padre della Cristianità, e ad aiuto di tutta la cristianità contro la quale avanza il Dragone maledetto. l
Non crollare Tu pure il capo. Non dire: “Non c'è proporzione fra il dono e l'insidia'', come dicono alcuni e ti tentano a dirlo. Non offendere Me che ho generato il Verbo. Me che sono il Potente e tutto posso se voglio. E Padre sono, e se un figlio mi ubbidisce Io lo soccorro. Quale che sia la misura dell'insidia che lo assale. 
Non guardare al mezzo per cui ti venne il dono della Parola che viene in soccorso di chi crede, di chi dubita, ed anche di chi non crede. Il mezzo ha ubbidito nel servire la Parola e agli ordini ricevuti da Dio. E per questo a Te si è rivolto. Perché Tu faccia ciò che Dio vuole. Ma se Tu respingi il mezzo, non tanto lui colpisci e contro lui, innocente, pecchi', quanto Me colpisci, Noi, ché siamo Un solo Dio nella Nostra mirabile Trinità, e pecchi contro l'Amore.
Perché l'Amore, il nostro Trino Amore, volle dare al tuo Ponteficato questo: la Parola di Dio. 
E se Tu resisti al mio Volere d'amore ripeti il gesto dei Principi dei Sacerdoti, dei Sinedristi, dei Farisei, Sadducei e Scribi, che non si piegavano alla Carità evangelizzante e la perseguitavano e condannarono prima dell'ora segnata per il Suo Martirio.

Gv 11, 54 Io ti dico: leggi ancora Giovanni, c. 11° E' detto là che quando il Sinedrio stabilì la condanna di Gesù, Gesù si ritirò ad Efraim. Dio si allontana quando l'Umanità lo re- 48.41 spinge. Però anche da quel momento fu segnata la sorte del Tempio e della Città, la loro distruzione e la persecuzione di coloro che avevano perseguitato la Parola. Ad atto di giustizia e amore, risponde amore e giustizia.
Ed Io, che sono il Signore, dico a Te: ”Tu, voi tutti, della mia difesa avete bisogno più ancora di quanto in 20 secoli non ne abbiano avuto i vostri predecessori, e di quanto non ne abbiano gli agnelli del gregge. Perché prima saranno percossi i Pastori per disperdere poi il gregge''.

Propiziati il Signore Iddio tuo. Tu puoi. Sei il Pontefice. Non hai scuse al tuo non fare.
Non imitare Pilato, o avrai la sorte di Pilato, che non fu giustificato dalla simbolica lavata di mani. Egli mancò Mt 27,24 alla giustizia come e più che se avesse condannato senza chiedere che altri condannasse. Più, perché essendo colui che poteva, doveva saper far tacere le lingue peccatrici.
Non disconoscere Colui che parla nell'opera. Sarebbe un giudizio per Te. E conoscendolo, servilo col farlo conoscere. Sarà una gloria per Te.

Non sprezzare questo avviso, anche se ti viene col mezzo di una creatura. Altri tuoi predecessori ascoltarono i miei mezzi. E se la Chiesa è ancora Romana è perché un Pontefice si arrese a Caterina.
Sii giusto, onde avere alleato il tuo Signore contro l'Anticristo che avanza”.
*
A me: “Lo Spirito parla là dove deve: allo spirito. Ma l'uomo non è solo spirito. E troppe sono le cose che aggravano il suo spirito. Onde darai al suo consigliere queste parole e se ciò ancor non bastasse piangerebbe il Cielo tutto”

Chiedo: “Come dare? Ho paura e impossibilità di farlo”
Risponde: “Verrà chi prenderà queste parole e le porterà senza indugio, per Volere mio, al Confessore e Consigliere di Papa Pio”.

“E io passerò dei guai”, penso (piango?) io.

48. E l'Eterno: “E mi servirai e ti amerò in proporzione della sofferenza che provi nell'eseguire. Sei Daniele fra i Dn 6,17-24 leoni. Ma Dio trasse Daniele incolume di là e fu esaltato il Signore anche da quelli fino allora a Lui nemici, perché venne riconosciuto per il Vero Dio. Non temere. Tutto passa ma il mio amore è eterno per chi mi ama e serve”


*****
48.42 27(?)-12-48
... “ e un'altra stella è colpita dai servi della Bestia uscente dall'abisso. .. e un altro Pastore è percosso e molti suoi sacerdoti con lui, e altri fedeli, perché sia spaventato il gregge e nel terrore perisca. L'ho detto prima. Ma voglio sia fatto considerare al consigliere e al Consigliato. Dio non mente mai. Non esagera mai. Anzi, per pietà, tiene nascoste molte cose sin che è l'ora di rivelarle, e così il futuro che Egli non ignora. Fortificare il cuore perché altri dolori vengono... Pregare e far pregare. Colpire. Saper colpire, perché almeno il gregge, nella parte migliore, sappia perdere la vita passeggera ma non l'eterna, preferendo la morte del corpo a quella dell'anima, scomunicata per aver piegato alle leggi degli anticristi. Morire si. Ma non adorare la Bestia. Per non avere morte eterna.”

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LIBRO DEL PROFETA ISAIA - 22

1Oracolo sulla valle della Visione.
Che hai tu dunque,
che sei salita tutta sulle terrazze,
2città colma di rumore e tumulto,
città gaudente?
I tuoi trafitti non sono stati trafitti di spada
né sono morti in battaglia.
3Tutti i tuoi capi sono fuggiti insieme,
sono stati fatti prigionieri senza un tiro d’arco;
tutti coloro che si trovavano in te
sono stati catturati insieme,
anche se fuggiti lontano.
4Per questo dico: «Stornate lo sguardo da me,
che io pianga amaramente;
non cercate di consolarmi
per la desolazione della figlia del mio popolo».
5Infatti è un giorno di panico,
di distruzione e di smarrimento,
voluto dal Signore, Dio degli eserciti.
Nella valle della Visione un diroccare di mura
e un invocare aiuto verso i monti.
6Gli Elamiti hanno indossato la faretra,
con uomini su carri e cavalieri;
Kir ha tolto il fodero allo scudo.
7Le migliori tra le tue valli
sono piene di carri;
i cavalieri si sono disposti contro la porta.
8Così è tolta la protezione di Giuda.
Tu guardavi in quel giorno
alle armi del palazzo della Foresta.
9Avete visto le brecce della Città di Davide
quanto erano numerose.
Poi avete raccolto le acque della piscina inferiore,
10avete contato le case di Gerusalemme
e avete demolito le case per fortificare le mura.
11Avete anche costruito un serbatoio fra i due muri
per le acque della piscina vecchia;
ma voi non avete guardato a chi ha fatto queste cose,
né avete visto chi ha preparato ciò da tempo.
12Vi invitava in quel giorno il Signore, Dio degli eserciti,
al pianto e al lamento,
a rasarvi il capo e a vestire il sacco.
13Ecco invece gioia e allegria,
sgozzate bovini e scannate greggi,
mangiate carne e bevete vino:
«Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo!».
14Ma il Signore degli eserciti si è rivelato ai miei orecchi:
«Certo non sarà espiato questo vostro peccato,
finché non sarete morti»,
dice il Signore, Dio degli eserciti.

15Così dice il Signore, Dio degli eserciti:
«Rècati da questo ministro,
da Sebna, il maggiordomo, e digli:
16“Che cosa possiedi tu qui e chi hai tu qui,
tanto da scavarti qui un sepolcro?”.
Scavarsi in alto il proprio sepolcro,
nella rupe la propria tomba!
17Ecco, il Signore ti scaglierà giù a precipizio, o uomo,
ti afferrerà saldamente,
18certamente ti rotolerà ben bene
come una palla, verso una regione estesa.
Là morirai e là finiranno i tuoi sontuosi cocchi,
o ignominia del palazzo del tuo signore!

19Ti toglierò la carica,
ti rovescerò dal tuo posto.
20In quel giorno avverrà
che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkia;
21lo rivestirò con la tua tunica,
lo cingerò della tua cintura
e metterò il tuo potere nelle sue mani.
Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme
e per il casato di Giuda.
22Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide:
se egli apre, nessuno chiuderà;
se egli chiude, nessuno potrà aprire.
23Lo conficcherò come un piolo in luogo solido
e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre.
24Su di lui faranno convergere ogni gloria della casa di suo padre: germogli e rampolli, ogni piccolo vasellame, dalle coppe alle anfore.
25In quel giorno – oracolo del Signore degli eserciti – cederà il piolo conficcato in luogo solido. Si spezzerà, cadrà e andrà in frantumi tutto ciò che vi era appeso, perché il Signore ha parlato».