sabato 11 giugno 2011

TU SOLA ERES LA CONSOLACION



"Mi Reina,
Tu sola eres la Consolaciòn que Dios me donò,
la Guia de mi peregrinaciòn,
la fuerza de mi debilidad,
la dicha de mi miseria,
la sanaciòn de mis heridas,
 el alivio de mis dolores,
la liberaciòn de mis cadenas,
la Esperanza de mi salvaciòn:
Escucha mis suplicas,
ten piedad de mis suspiros,
Tu que eres mi Reina,
el refugio, el auxilio, la vida,
la esperanza y toda mi fortaleza"

(Oraciòn de san Germano I Patriarca de Constantinopolis (660 c.-730).


AMDG et BVM

venerdì 10 giugno 2011

PERCHE' "MARIA, GIGLIO DELLA TRINITA'"

MARIA  GIGLIO DELLA TRINITA’


         “Il principale significato del termine “giglio” è quello metaforico di anima pura, vergine”, dice il Padre G. Roschini.
 In questo senso Maria SS., la Vergine per antonomasia, è salutata Regina delle Vergini  e quindi Regina dei Gigli. Cerco di sintetizzare quel che scrive il grande mariologo servita.

Egli dice che sono molteplici le analogie tra il giglio e l’anima pura. E parla del bulbo, dello stelo, del calice con i suoi petali, del terreno e della fragranza.

Il bulbo del giglio è profondamente nascosto nelle viscere della terra. Anche l’anima pura è nascosta in una profonda umiltà. Non c’è purezza vera senza umiltà. L’umiltà è il fondamento dell’edificio. Quanto più alto è l’edificio, tanto più profondo deve essere il fondamento dell’umiltà. “La via per andare in su è l’andare in giù!” diceva il Beato Padre Egidio d’Assisi. E se l’umiltà da consistenza a tutte le virtù, dà consistenza in modo particolare alla fede che è “l’umiltà dell’intelletto”. Riccardo da S. Lorenzo ha scritto: “il giglio ha la radice nascosta sotto terra, e ciò simboleggia la fede, la quale versa su cose occulte” (Lib XII, sul giglio). E’ logico che l’umiltà porta con sé la mortificazione, perché “il frutto della verginità è una vita crocifissa” (S. Giov. Crisostomo, De virginitate, 80). Occorre domare la carnalità, con preghiera e vigilanza.

         Nessuna creatura può competere con l’umiltà del Giglio di Nazaret, con la Vergine Maria, Regina del Cielo e della Terra. Visse nascondendosi, sentendosi sempre umile serva del Signore.
Esteriormente simile ad ogni altra donna, interiormente le trascendeva tutte. Da un bulbo così nascosto sbocciò il giglio più bello e fragrante della terra e del cielo, e per questo è chiamata dallo Spirito Santo e dalla Chiesa alma Mater: madre nascosta e segreta (cfr. San Girolamo, In Isaiam, III,8,14; S. Luigi M. da Montfort, Trattato, 2).


Lo stelo del giglio è magnificamente alto, dritto e slanciato. Ugualmente l’anima pura ha una maestà innata piena di fascino spirituale; non ha storture morali; ed è slanciata decisamente verso il Cielo che non passa, verso Dio infinita bellezza e bontà. Il mezzo più efficace per slanciarsi in alto E’ la preghiera amorosa, umile e devota, fiduciosa e costante.

         Maria SS. è “umile e alta più che creatura” (Dante, Paradiso, 23,2). Raggiunge e tocca l’Altissimo, l’Infinito… Al di sopra di Lei vi è uno solo: Dio.
         La sua rettitudine morale trascende quella di tutti i Santi, per cui “la sua vita, da sola, è ammaestramento di tutte le vite” (S. Ambrogio) e Lei “è specchio limpidissimo in cui risplende ogni forma di virtù” (S. Girolamo, Epist. ad Paulam, PL 30, 144).
         Nessuna vita fu slanciata verso il cielo come quella di Maria. La sua vita terrena si aprì, continuò e si chiuse in un’estasi d’amore. “Dalla sua origine fu elevata allo stato di unione con Dio” insegna S. Giovanni della Croce (Salita, III,2,10). “L’Assunzione della Vergine Madre di Dio non fu altro che uno dei tre ineffabili baci di amore che Ella ricevette da Dio: all’inizio, nel corso e al termine della sua vita terrena” ha scritto il P. Roschini (cfr. La Regina dei gigli, pag 62). Soltanto durante la Passione nessuna estasi rese sopportabile l’atroce suo soffrire  (cfr anche ‘L’Evangelo così come mi è stato rivelato’, M. Valtorta, 651.7).    
        
Il calice del giglio ha sei candidissime foglie. Queste nell’anima pura portano i santissimi nomi della Trinità: Padre, Figlio, Spirito Santo e fede, speranza e carità, che sono le virtù teologali e quindi fondamentali della struttura dell’anima in cui affondano le loro radici tutte le altre virtù.
         Candore di luce eterna (Sap. 7, 26), pura come la luce, nel candore vince i gigli, più pura dei raggi del sole, giglio più candido della neve: sono solo alcune definizioni che i Padri danno di Maria SS.

        * Le prime tre foglie portano i nomi di Figlia primogenita e prediletta del Padre, 
Madre amorosissima del Figlio, e 
Sposa dello Spirito Santo.

Lascio la sintesi e cito il P. Roschini:
        * Maria “… fin dall’eternità, è stata – a nostro modo di vedere – la prima nella mente e nel cuore del Padre, principio senza principio di ogni cosa: la prima ad essere da Lui veduta, fra tante; la prima ad essere da Lui amata; la prima desinata ad essere da Lui chiamata all’esistenza, in vista di Colui che doveva essere il fine e il centro di tutte le cose create: Cristo, il Verbo incarnato, di cui la Vergine doveva essere Madre. (…) Dio Padre ha adunato in Lei – come in un microcosmo – tutte le perfezioni da Lui sparse nell’universo – nel macrocosmo - . La associò a Sé nella generazione del suo unico Figlio: quella stessa persona divina generata dal Padre fin dall’eternità secondo la natura divina, è stata generata nel tempo, dalla Madre, secondo la natura umana.


         *Madre amatissima del Figlio , Verbo incarnato, e perciò unita al Figlio di Dio prima con una strettissima unione fisica (nei nove mesi che vanno dal concepimento alla nascita) e poi da una strettissima unione morale (…), la Madre visse spiritualmente tutta la vita del Figlio, vivamente riflessa nella sua vita”.

         *Sposa dilettissima dello Spirito santo. Tra essi vi fu piena donazione  e affetto reciproco senza pari, perfetta comunanza di vita e di beni.

          Per queste singolarissime relazioni con le auguste persone divine la Vergine  è interamente avvolta dal sole divino della SS. Trinità. E’ “la Donna vestita di sole” (Apoc. 12, 1) che glorifica la Trinità ricevendone il contraccambio ineffabile.

         *Nelle altre tre foglie o petali si vedono incisi i nomi delle virtù teologali che “costituiscono – si può dire – la vita di tutta la vita di quel giglio che si chiama Maria: una vita di fede, di speranza e d’amore”.

Anche Maria “visse di fede (Ebr, 10, 8) divenendone eccellentissimo modello. “Beata Colei che ha creduto…” (Lc 1, 45) sia nell’Annunciazione, sia ad Hain-Karin, come a Betlemme, in Egitto, a Gerusalemme, sul Golgota, nel Cenacolo, sul Monte degli ulivi. Sempre la sua fede rimase integra. “La Madonna è e rimarrà la capolista di ‘quanti han creduto prima di aver veduto’ (Gv 20, 29)”.

E con la fede ebbe perfettissima la speranza della Bellezza e del Bontà infinite e dei beni futuri eternamente posseduti.

Il suo Cuore poi è “il roveto ardente” (Ex. 3,1-2) luminoso di traboccante amore per Dio e i suoi figli, per Cristo e i Cristiani. Davvero ogni suo pensiero , parola e azione sono un raggio luminosissimo e profumato del suo Cuore verginale e materno.


Il terreno. Il giglio non fiorisce solo nei giardini, bensì anche nei campi, tra le spine. Le anime pure non vivono solo nei chiostri che sono i giardini della Chiesa, ma le troviamo anche nel mondo “tutto posto nel maligno”. E’ chiaro però che bisogna fortificarsi sempre con la grazia tutti i giorni, reagendo agli attacchi del nemico con prontezza e costanza durante tutta la vita.


          *Come la Sposa della Cantica, Maria è “giglio tra le spine” (Cant. , 1-2). “Ella è il giglio che è spuntato tra le spine”, dice san Giovanni Damasceno, nell’immenso spineto del nostro mondo, ma è l’unico Giglio che non conosce le spine del peccato, sia originale che attuale. Ne segue che Maria  di Nazaret è la grande gloria dell’umanità, “gloria di Gerusalemme, letizia di Israele, decoro del popolo nostro” (Tota pulchra es, Maria).

La fragranza. Come il giglio, anche l’anima pura diffonde una fragranza liliale deliziosissima e penetrante che fa dimenticare la terra e invita a pensieri di cielo.

“La camera di san Giuseppe da Copertino era impregnata del profumo del suo corpo, percepito da tutti … tale odore si attaccava ai mobili e penetrava nei corridoi del convento, di modo che era facile arrivare alla cella del Santo seguendo la scia di quell’odore. Ed era così penetrante che si comunicava per lungo tempo a coloro che toccavano il Santo e anche a coloro che gli facevano visita… La cella del Santo conservò quel profumo per dodici o tredici anni, benché in tutto quel tempo non vi avesse abitato…”(cfr. Dott. H. Mon, Medicina e Religione, VI, 17).
   Spettacolare la fragranza del giglio di Copertino. Ci sarebbero molti altri esempi, ma quello di Copertino li trascende tutti. 



Con san Giuseppe da Copertino moltissime anime verginali lungo i secoli han seguito le inebrianti fragranze di Colei ch’è il <<Giglio>> per antonomasia: il suo sposo San Giuseppe , detto “il Giglio d’Israele” (Card. A.M.Lepicier), San Giovanni Battista ‘angelo’ sin dal seno materno, gli Apostoli “gigli al cui odor si prese il buon cammino(Dante, Par 23, 74); anche nel II secolo  e in seguito abbiamo molteplici testimonianze di quanti “corsero dietro la fragranza degli inebrianti profumi” della Regina dei gigli.
          Come prova – di questa imitazione mariana e del fascino inebriante ed elevante di Maria – il P. G. Roschini, in cinque pagine, cita le testimonianze di San Giustino Martire e S. Atenagora (II sec), S. Cipriano di Cartagine (III sec), S. Atanasio, S. Ambrogio e S. Giovanni Crisostomo (IV sec), S. Agostino di Ippona  e Teodoreto di Cipro (V sec); nel VI° secolo poi con S. Benedetto sorgono innumerevoli schiere di monaci e monache, cui nel secolo XIII si aggiungono le schiere di frati e suore degli Ordini religiosi: Francescano, Domenicano, Carmelitano, Servitano, Mercedario ecc… senza contare la schiera ammirevole dei santi Sacerdoti diocesani di tutti i secoli, e le più recenti Congregazioni, Istituti e Società di vita consacrata, vere “fragranti aiuole di gigli, ossia, di anime pure e generose, pronte ad accorrere come angeli al letto di malati e di moribondi, pronte ad insegnare nelle scuole, ad evangelizzare i pagani nei paesi di missione, a darsi a  tutte le opere buone”.


         Concludo. “Il pensiero stesso di Maria, l’affetto verso di Lei, l’abituale unione con Lei… verginizza. Maria SS. è un Giglio che fa sbocciare, con la sua stessa presenza e, più ancora, con la sua azione materna, altri gigli, i quali la circondano e la proclamano, in perpetuo, Regina, <<Regina dei gigli>>. Perché… la Vergine è  “Giglio bianco della Trinità Santissima”.

AVE GIGLIO BIANCO DELLA TRINITA'! ROSA SPLENDENTE 
CHE ABBELLISCI IL CIELO! AVE! DA TE HA VOLUTO NASCERE DA TE HA VOLUTO PRENDERE IL LATTE COLUI CHE GOVERNA IL CIELO E LA TERRA! DEH! NUTRI LE NOSTRE ANIME CON I TUOI DIVINI INFLUSSI! O MARIA!
AMDG et BVM 

ECCE CRUX DOMINI, FUGITE PARTES ADVERSAE, VICIT LEO DE TRIBU JUDA, RADIX DAVID. ALLELUIA!

Ecce Crux Dominifugite partes adversaeVicit Leo de tribu Iuda.
Behold the Cross of the Lord! Flee, you parties of the Adversary; The Lion of the Tribe of Judah has conquered!




E' magnifico vedere come il "breve"(esorcismo) di Sant'Antonio è ...al centro di ROMA,  d'Italia, ... del Mondo, in Piazza San Pietro, sin dall'estate del 1586, sull'obelisco del Papa Sisto V (1520-1590), insieme all'invocazione trionfale o inno, che dobbiamo cantare più spesso ma sopratutto vivere, in attesa della venuta gloriosa di CRISTO GESU'.

"CHRISTUS VINCIT..REGNAT...IMPERAT.
  CRISTO DA OGNI MALE IL SUO POPOLO DIFENDA"

*+*




"Ecce Crux Domini.
Fùgite partes adversae.
Vicit Leo de Tribu Juda,
Radix David.
Alleluia!"


<<Ecco la Croce del Signore!
Fuggite, o spiriti del Male.
Ha vinto il Forte della Tribù di Giuda,
il Cristo Redentore.
Alleluia!>>

***

Molto interessanti le notizie sull'Obelisco Vaticano



L'Obelisco Vaticano è uno dei tredici obelischi antichi di Roma ed è situato in piazza San Pietro.
Realizzato in granito rosso, svetta per un'altezza di 25,5 metri e con il basamento (composto da quattro leoni bronzei, opere di Prospero Antichi) e la croce raggiunge quasi i 40 metri.
Di origine egiziana, è privo di geroglifici e proviene, secondo Plinio, dalla città di Heliopolis; prima venne sistemato nel Forum Iulii di Alessandria d'Egitto ed in seguito fu portato a Roma da Caligola nel 37, e collocato sulla spina del Circo di Nerone. Rimase in questa posizione anche dopo che il circo cadde in disuso, occupato da una necropoli. Si ritrovò poi a fianco dell'antica basilica di San Pietro. Infatti è l'unico obelisco antico di Roma che non sia mai caduto.
Fu spostato e rialzato per volere di papa Sisto V nell'estate del 1586 sotto la direzione dell'architetto Domenico Fontana che impiegò grandi mezzi e quattro mesi per compiere l'opera: fu il primo degli obelischi ad essere rialzato in epoca moderna. Nelle operazioni di innalzamento svoltesi il 10 settembre del 1586 vi fu il famoso grido di un certo marinaio Domenico Bresca: "Acqua alle funi!" al fine di evitare lo spezzamento delle corde che stavano pericolosamente per cedere sotto il gran peso dell'obelisco. Nell'occasione dello spostamento il globo che svettava sulla vetta venne trasferito ai Musei Capitolini.
Secondo la leggenda nel globo da cui era sormontato erano contenute le ceneri di Cesare; dal riferimento cesareo all'aquila imperiale romana deriva il termine aguglia, inizialmente usato solo per gli obelischi, e oggi trasformato in guglia. Sisto V fece collocare nel globo una reliquia della Croce di Cristo.


AMDG et BVM

giovedì 9 giugno 2011

LA MAMMA PARLA AGLI ELETTI

Pala di San Cassiano (Madonna col Bambino in trono)



Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi


02.06.11


 Mamma parla agli eletti



        <<Figli cari e tanto amati, siate gli arditi testimoni del Vangelo, in un tempo di freddezza ed ostinazione, siate i gioiosi testimoni che dimostrano la Presenza di Gesù nella mente e nel cuore. 

Figli amati, se il mondo non utilizza questo momento per convertirsi, vedrà nuove e più incisive difficoltà da affrontare, ma, se si convertirà si aprirà presto una fase felice di pace e benessere. Miei piccoli, mostrate a tutti la fiamma d’Amore che arde nel cuore e la Luce che è nella mente. L’esempio, spesso, figli cari, è più efficace della parola, se questa può sfuggire resta sempre nella mente un esempio edificante.

 Figli amati, conosco le difficoltà vostre del presente, non è sempre facile superarle, ma capite bene di non essere soli, non siete degli orfani abbandonati in un mare tempestoso: siete figli tanto amati sotto lo Sguardo amoroso di Dio! Ovunque voi siate, ovunque voi andiate, Dio vi accompagna col Suo Occhio amoroso. Questa verità sia gioia per voi e sprone a fare sempre meglio. Ai Suoi più fedeli ed ardenti adoratori, Dio rivela i Suoi più dolci segreti e si rivela sempre di più. Figli del mondo, la gioia più grande e pura è conoscere sempre più la Persona sublimissima di Gesù, Mio Figlio. 

Chi vuole conoscere ed ha un potente anelito del cuore, non resta mai deluso né deve attendere a lungo, ma Gesù si dona a lui gradualmente, giorno dopo giorno, con grande soavità, ma anche incisività. Vi chiedo, figli, vi chiedo di avere sempre un ardente desiderio di approfondire la conoscenza di Gesù. La Sua Persona è sublimissima e vuole essere conosciuta sempre di più da ogni uomo della terra.


Mi dice la Mia piccola: “Ho ben compreso, che l’uomo deve avere come primo e più ardente desiderio: di conoscere Gesù sempre più a fondo. Dopo più di venti secoli, Egli è ancora poco conosciuto! Il mondo soffre e geme, proprio perché sono ancora pochi gli adoratori di Gesù e molti quelli che poco Lo conoscono, perché pochi si volgono alla Sua Conoscenza.
 Egli ha lasciato agli uomini il Dono più sublime: di lasciarsi conoscere sempre di più. Non solo vuole questo, ma anche si dona, completamente, all’uomo nella Sua sublimissima Persona. Col Dono dell’Eucarestia, non solo si lascia conoscere, ma accogliere nel cuore e nell’essere.
 È meraviglioso, il fatto che l’Infinito entri nel finito, è una verità che fa tremare di felicità, della più grande felicità

Se penso all’Eucarestia, un’emozione grande prende la mia anima, sento l’immensa gioia di essere amata da Dio, dal Creatore del Cielo e della terra, dal Signore di tutta la Creazione. Madre cara e Santissima, Dolce Tesoro, aiutami ad adorare Gesù col Tuo Cuore Ardente.

Figli cari, sono sempre con voi quando adorate Gesù. Vi amo tutti.
Ti amo, angelo Mio. 
           Maria Santissima.>>

Regina SS.mi Rosarii. ora pro nobis






SCALA CLAUSTRALIUM (2)


      12. Ora riprendiamo per sommi capi tutte le cose dette: raduniamo assieme quel che si è esposto più diffusamente, e tutto apparirà più chiaro. Dalle osservazioni fatte a partire dagli esempi citati puoi vedere quanto strettamente siano uniti fra loro i gradini di cui si è detto, e come ciascuno preceda l’altro sia nel tempo che nel rapporto di causalità.

La lettura viene prima a mo’ di fondamento, ci fornisce l’argomento e ci conduce alla meditazione. La meditazione indaga più a fondo che cosa si debba perseguire, e scavando trova il tesoro (cf. Pr 2,4 e Mt 13,44) e lo mostra; ma poiché da se stessa non è capace di conservarlo ci conduce all’orazione. L’orazione, elevandosi a Dio con tutte le sue forze, consegue il tesoro desiderato che è la soavità della contemplazione: e questa con il suo sopravvenire ci ricompensa di tutta la fatica dei primi tre gradini inebriando l’anima assetata con una rugiada di dolcezza celeste.

 La lettura è un esercizio che riguarda l’esterno, la meditazione è una comprensione che riguarda l’interno, l’orazione riguarda il desiderio, la contemplazione supera ogni capacità di percezione.

 Il primo gradino è di quanti intraprendono la strada, il secondo è di quanti sono già un po’ avanti, il terzo è di quanti non si posseggono più, il quarto è di quanti hanno raggiunto la pace.

13. I gradini di cui stiamo trattando sono strettamente concatenati e si servono l’un l’altro con un vicendevole aiuto: quelli che precedono giovano a poco o nulla senza quelli che seguono, e mai o quasi mai si possono acquisire quelli che seguono senza quelli che precedono.

Che giova infatti occupare il proprio tempo in una continua lettura, percorrere le gesta e gli scritti dei santi, se con la masticazione e la ruminazione non ne estraiamo il succo e poi non lo assimiliamo e non lo facciamo penetrare nel profondo del cuore?

Solo allora saremo in grado di considerare con attenzione la nostra realtà e di tendere a vivere come loro: grande infatti è la passione con cui leggiamo e rileggiamo le loro imprese.

E d’altra parte, come rifletteremo su queste cose, come potremo fare attenzione a non superare con una meditazione falsa e vana i confini posti dai santi padri, se non saremo stati precedentemente istruiti al riguardo con la lettura o con l’ascolto?

Sì, perché anche l’ascolto ha in qualche modo a che fare con la lettura: per questo noi diciamo di aver letto non solo quei libri che abbiamo letto da noi o che ci siamo fatti leggere da altri, ma anche quelli di cui abbiamo ascoltato l’esposizione fatta dai maestri.
Allo stesso modo, che giova all’uomo aver capito grazie alla meditazione quel che deve fare, se con l’aiuto dell’orazione e con la grazia di Dio non prende forza per conquistarlo? Poiché ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce (Gc 1,17), senza il quale nulla possiamo: è lui che compie in noi le sue opere, anche se non certo senza di noi. Siamo infatti collaboratori di Dio, come dice l’apostolo (1Cor 3,9); Dio vuole che noi lo preghiamo, vuole che quando la grazia viene e bussa alla porta noi le apriamo gl’intimi recessi della nostra volontà (cf. Ap 3,20) e consentiamo ad essa.
Questo consentimento è ciò che esigeva il Signore dalla Samaritana quando le disse: «Chiama tuo marito» (Gv 4,16). In certo modo egli le diceva: «Io voglio infonderti la grazia, tu metti in opera il tuo libero arbitrio». Esigeva da lei l’orazione: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere, tu stessa gli avresti chiesto acqua viva» (Gv 4,10). Quand’ebbe udito ciò in questa sorta di lettura fattagli dal Signore, la donna fu istruita, e meditò in cuor suo che sarebbe stato per lei buono e utile bere di quell’acqua. Allora, infiammata dal desiderio di possederla, si volse verso l’orazione dicendo: «Signore, dammi di quest’acqua perché non abbia più sete» (Gv 4,15).
 Ecco, l’ascolto della parola del Signore e la successiva meditazione di essa l’aveva stimolata all’orazione. Come sarebbe stata spinta a chiedere se prima non l’avesse infiammata la meditazione?

Che cosa le avrebbe offerto la meditazione se l’orazione non fosse sopraggiunta a domandare ciò che le era apparso come l’oggetto della sua ricerca?
Perché la meditazione sia fruttuosa bisogna che segua ad essa un’orazione fervente: la dolcezza della contemplazione ne sarà per così dire l’effetto.

14. Da tutto ciò possiamo dedurre che la lettura senza meditazione è arida, la meditazione senza lettura è soggetta a errore, l’orazione senza meditazione è tiepida, la meditazione senza orazione è infruttuosa. L’orazione fatta con fervore porta all’acquisto della contemplazione, mentre il dono della contemplazione senza orazione è raro o miracoloso.

 Il Signore infatti, la cui potenza è senza confini e la cui misericordia si estende al di sopra di tutte le sue opere, di tanto in tanto fa sorgere figli di Abramo dalle pietre (Mt 3,9), forzando quanti sono induriti e ribelli a sottomettersi nell’accettazione: prodigo di doni trascina il toro per le corna, come dice il proverbio, ogni volta che si intromette senza esser chiamato e che si effonde senza esser cercato. Questo, a quanto leggiamo, è accaduto talvolta ad alcuni, come a Paolo e a qualcun altro.

 Ma non dobbiamo per questo attender simili doni anche per noi tentando Dio; dobbiamo invece fare ciò che ci viene richiesto, leggere e meditare la legge divina, pregare Dio che venga in aiuto alla nostra debolezza (Rm 8,26) e veda ciò che in noi è incompiuto. È lui stesso che ci insegna a far questo quando dice: «Chiedete e otterrete, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto» (Mt 7,7). Infatti quaggiù il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono (Mt 11,12).
Una volta fissate le differenze fra i gradini si possono individuare anche le loro caratteristiche e capire quale sia il loro reciproco legame e il loro effetto su di noi.

 Beato l’uomo il cui spirito, libero da ogni altra preoccupazione, desidera trattenersi senza posa su questi quattro gradini; che venduti tutti i suoi averi compra quel campo in cui si cela il tesoro desiderabile del soffermarsi e del vedere quanto è buono il Signore (Mt 13,44; Sal 46,11 e Sal 34,9); che attivo sul primo gradino, osservatore instancabile sul secondo, fervente sul terzo, elevato al di sopra di sé sul quarto, grazie a queste salite che pone nel suo cuore sale di dono in dono fino a vedere il Dio degli dèi in Sion (Sal 84,6.8). Beato colui cui è concesso di restare anche solo per breve tempo in questo gradino più alto, e che può dire in verità: «Ecco che sento la grazia di Dio, ecco che contemplo con Pietro e Giovanni la sua gloria sul monte, ecco che mi rallegro con Giacobbe degli amplessi della bella Rachele».
Ma ponga costui anche attenzione a se stesso: non gli avvenga, dopo la contemplazione che l’ha innalzato fino ai cieli, di precipitare in una caduta disordinata fino agli abissi, di volgersi, dopo essere stato visitato da una grazia così grande, alle rilassatezze della mondanità e alle lusinghe della carne.

 Piuttosto, quando la punta della mente umana nella sua debolezza non riesce più a sostenere lo splendore della vera luce, procuri di scendere dolcemente e con ordine su uno dei tre gradini per i quali era asceso.

Si soffermi di volta in volta ora su uno ora su un altro, secondo il movimento della propria libertà interiore e tenendo conto del luogo e del momento: anche se, mi sembra, sarà tanto più vicino a Dio quanto più sarà lontano dal primo gradino.Ma ahimè, quanto fragile e miserevole è la condizione umana!

 Ecco, guidati dalla ragione e dalle testimonianze della Scrittura abbiamo visto chiaramente che la pienezza d’una vita beata è racchiusa in questi quattro gradini e che ad essi deve volgersi tutta la fatica dell’uomo spirituale.



 Ma chi si tiene veramente su questo sentiero di vita?
 Chi è costui?
 Noi lo proclameremo beato. C’è in molti il desiderio, ma di pochi è la capacità di attuarlo (Sir 31,9). Potessimo noi esser nel novero di questi pochi!>>  ... (cont.).

AMDG et BVM