lunedì 21 aprile 2014

Santa Maria Egiziaca

 Santa Maria Egiziaca > Jacopo da Varazze, Legenda aurea LVI, XIII secolo

Il frate domenicano e arcivescovo di Genova Jacopo da Varazze (o da Varagine; 1228-1298) scrisse in latino diverse opere storiche e religiose, tra cui la raccolta di vite di santi intitolata Legenda aurea (in originale Legenda sanctorum) che lo occupò per quasi quarant’anni. Tradotta in volgare, la Legenda aurea ebbe grande diffusione – tuttora ne esistono oltre 1200 manoscritti – e fu la fonte principale di molte narrazioni religiose e di opere artistiche. Organizzata secondo l’anno liturgico, raccoglie circa centocinquanta vite di santi, quasi tutti antichi, e la spiegazione delle principali feste. Le fonti furono molte: la Sacra Scrittura, i testi dei Padri della Chiesa e dei più autorevoli esponenti della tradizione monastica, agiografie (come le legendae novaecompilate all’interno dell’ordine domenicano, l’Abbreviatio in gestis sanctorum di Giovanni da Mailly e il Liber epilogorum in gesta sanctorum di Bartolomeo da Trento), storie (tra cui l’Historia scholastica di Pietro Comestore, loSpeculum historiale di Vincenzo di Beauvais, la Chronica di Martino Polono), testi per predicatori (Tractatus de diversis materiis praedicabilibus di Stefano di Borbone), teologici, filosofici, giuridici, oltre a qualche autore profano. La Chiesa cattolica lo venera come beato dal 1816.

Maria Egiziaca detta la Peccatrice passò quarantasette anni nel deserto in una austera penitenza. Vi entrò verso l’anno del Signore 270, al tempo di Claudio. Un abate, chiamato Zozima, avendo passato il Giordano e percorso un grande deserto per trovare qualche santo padre, vide una figura camminare e il cui corpo nudo era nero e bruciato dall’ardore del sole. Era Maria Egiziaca. Immediatamente ella fuggì e Zozima si mise a correre in fretta dietro a lei. Allora Maria disse a Zozima: «Abate Zozima, perché mi correte dietro? Perdonate, io non posso voltare il mio viso verso di voi, perché sono una donna; e poiché sono nuda, datemi il vostro mantello, affinché possa guardarvi senza arrossire». Sentendosi chiamare per nome, egli ne fu colpito: le dette il suo mantello, si prosternò e la pregò di concedergli la sua benedizione. «Siate piuttosto voi, padre mio, gli disse, a benedirmi, voi che siete investito della dignità sacerdotale». Egli, all’udire che ella sapeva il suo nome e il suo ministero, aumentò la propria ammirazione e insistette a essere benedetto. Ma Maria gli disse: «Benedetto sia il Dio redentore delle nostre anime». Poiché pregava a mani alzate, Zozime vide che era sollevata da terra d’un cubito. Allora il vegliardo cominciò a dubitare che ella fosse uno spirito che faceva finta di pregare. Maria gli disse: «Che Dio vi perdoni per avere preso una donna peccatrice per uno spirito immondo!» 

Allora Zozima la scongiurò in nome del Signore di obbligarsi a dirgli la sua vita. Ella riprese: «Perdonatemi, padre mio, perché se io vi racconto la mia situazione voi ve fuggirete da me tutto spaventato come alla vista di un serpente. Le vostre orecchie saranno insudiciate dalle mie parole e l’aria lordata dall’immondizia». Poiché il vegliardo insisteva con forza, ella disse: «Fratello mio, io sono nata in Egitto; all’età di 12 anni io andai ad Alessandria, dove, per diciassette anni, mi sono consegnata pubblicamente alla libertinaggio, e non mi sono mai rifiutata di fare ciò.

Quando gli abitanti di quella città s’imbarcarono per Gerusalemme per andare ad adorare la santa Croce, io pregai i marinai di lasciarmi partire con loro, ma, poiché mi chiedevano il prezzo del passaggio, io dissi: “Non ho altro denaro da darvi oltre a consegnarvi il mio corpo per il mio passaggio”. Mi presero dunque ed ebbero il mio corpo in pagamento. Arrivata a Gerusalemme, andai con gli altri fino alle porte della chiesa per adorare la croce; ma improvvisamente mi sentii respinta da una mano invisibile che mi impediva di entrare. Avanzai più volte fino alla soglia della porta, e in quei momenti provai la vergogna di essere rifiutata; e tuttavia tutti entravano senza difficoltà e senza incontrare alcun ostacolo. Rientrando allora in me stessa, pensai che ciò che stavo sopportando era a causa dell’enormità dei miei crimini. Iniziai a battermi il petto con le mani, a versare lacrime molto amare, a sospirare profondamente dal fondo del cuore, e come alzai la testa vidi un’immagine della beata Vergine Maria. Allora la pregai piangendo di ottenere per me il perdono dei miei peccati, e di lasciarmi entrare ad adorare la santa Croce, promettendo di rinunciare al mondo e di condurre in futuro una vita casta. Dopo questa preghiera, provando una certa fiducia in nome della beata Vergine, andai ancora una volta alla porta della chiesa, dove sono entrata senza la minima difficoltà. Quando ebbi adorato la santa Croce con grande devozione, qualcuno mi diede tre pezzi d’argento con i quali comprai tre pani; e sentii una voce che mi diceva: “Se tu passi il Giordano, ti salverai”. 

Passai dunque il Giordano, e vissi in questo deserto dove sono restata quarantasette anni senza mai aver visto uomo. I pani che portai con me diventarono col tempo duri come le pietre e bastarono al mio nutrimento per quarantasette anni; ma durante questo tempo i miei vestiti sono marciti. Per diciassette anni che trascorsi in questo deserto, fui tormentata dalle tentazioni della carne, ma adesso le ho tutte vinte per grazia di Dio. Ora che vi ho raccontato tutte le mie azioni, vi prego di offrire per me delle preghiere a Dio». Allora l’anziano si prosternò a terra, e pregò il Signore per la sua serva. Ella gli disse: «Io vi scongiuro di ritornare sulle rive del Giordano il giorno della cena del Signore, e di portare con voi il corpo di Gesù Cristo; io vi verrò incontro e riceverò dalla vostra mano il sacro corpo, perché dal giorno che sono arrivata qui, non ho ricevuto la comunione del Signore». 

Il vegliardo ritornò dunque al suo monastero e, l’anno successivo, avvicinandosi il giorno della cena, prese il corpo del Signore, e andò fino alla riva del Giordano. Vide sull’altra sponda la donna che fece il segno della croce sulle acque, e giunse vicino al vegliardo; a questa vista quest’ultimo fu colto da sorpresa e si prosternò umilmente ai suoi piedi: «Guardatevi dall’agire così, gli disse, perché avete con voi i sacramenti del Signore e siete investito della dignità sacerdotale; ma, padre mio, vi supplico di degnarvi di ritornare da me l’anno prossimo»”. Allora dopo avere fatto il segno della croce, ripassò le acque del Giordano per guadagnare la solitudine del suo deserto. Il vegliardo tornò al suo monastero e l’anno seguente andò allo stesso posto dove Maria gli aveva parlato la prima volta, ma la trovò morta. Egli si mise a piangere, e non osò toccarla, ma disse a se stesso: «Seppellirei di buon grado il corpo di questa santa, temo tuttavia che ciò le dispiaccia». Durante questa riflessione vide delle parole incise sulla terra, presso la sua testa: «Zozima, seppellite il corpo di Maria; rendete alla terra la sua polvere, e pregate per me il Signore per ordine del quale ho lasciato questo mondo il secondo giorno di aprile». Allora il vegliardo acquisì la certezza che immediatamente dopo aver ricevuto il sacramento del Signore ed essere rientrata nel deserto, ella terminò la sua vita. Quel deserto che Zozima ebbe pena a percorrere nello spazio di trenta giorni, Maria lo percorse in un’ora, dopo di che andò da Dio. Quando il vegliardo cominciò la fossa e s’accorse di non riuscire, vide un leone venirgli vicino con mansuetudine e gli disse: «La santa donna ha ordinato di seppellire il suo corpo, ma io non posso scavare la terra, perché sono vecchio e non ho strumenti: scava dunque tu, affinché possiamo seppellire il suo corpo santo». Allora il leone iniziò a scavare la terra e a disporre una fossa adatta. Dopo averlo finito, il leone se ne andò tranquillo come un agnello e il vegliardo ripercorse il suo deserto glorificando Dio.

Carissimo Amico,


Carissimo Amico,

Fra i problemi della società contemporanea, uno dei più gravi è la crisi della famiglia. Una rimessa in questione radicale dell'istituzione del matrimonio – ripresa di frequente dai mass media – non cessa di batterla in breccia: la stabilità delle famiglie è minacciata dalle leggi permissive che agevolano il divorzio; la missione della madre casalinga non è più stimata al suo giusto valore; le famiglie numerose non ricevono l'appoggio che meriterebbero; la castità e la fedeltà coniugale sono spesso ridicolizzate; una «cultura di morte» incoraggia instancabilmente l'aborto e la contraccezione; in numerosi luoghi, il bambino è sottoposto a tentativi di perversione (pubblicità blasfeme e pornografiche, droga, prostituzione, ecc.); vengono proposti nuovi modelli: libera unione, famiglia monoparentale, coppie di omosessuali, ecc.


Segno di contraddizione


La società si autodistrugge, distruggendo la famiglia, che è, secondo la volontà del Creatore, la sua cellula base. «La salvezza della persona e della società....

Sancte Michaël Archangele



"Sancte Michaël Archangele,
defende nos in proelio;
contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium.
Imperet illi Deus,
supplices deprecamur: tuque,
Princeps militiae caelestis,
Satanam aliosque spiritus malignos,
qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo,
divina virtute in infernum detrude.
Amen."
Italiano
San Michele Arcangelo, difendici nella lotta;
sii nostro aiuto contro la cattiveria e le insidie del demonio.
Gli comandi Iddio,
supplichevoli ti preghiamo:
tu, che sei il Principe della milizia celeste,
con la forza divina rinchiudi nell'inferno Satana
e gli altri spiriti maligni
che girano il mondo
per portare le anime alla dannazione.
Amen.

Testo latino originale

La preghiera fu formulata da papa Leone XIII come prologo a un famoso esorcismo, che secondo le leggi della chiesa cattolica può essere pronunciato efficacemente da un sacerdote autorizzato dal vescovo, e in forma privata da qualsiasi fedele battezzato.
Latino
In Nomine Patris, et Filii et Spiritus Sancti.
Princeps gloriosissime caelestis militiae, sancte Michael Archangele, defende nos in proelio et colluctatione, quae nobis adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae, in caelestibus.

Veni in auxilium hominum, quos Deus creavit inexterminabiles, et ad imaginem similitudinis suae fecit, et a tyrannide diaboli emit pretio magno. Proeliare hodie cum beatorum Angelorum exercitu proelia Domini, sicut pugnasti contra ducem superbiae Luciferum, et angelos eius apostaticos: et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in coelo. Sed proiectus est draco ille magnus, serpens antiquus, qui vocatur diabolus et satanas, qui seducit universum orbem; et proiectus est in terram, et angeli eius cum illo missi sunt.

En antiquus inimicus et homicida vehementer erectus est. Transfiguratus in angelum lucis, cum tota malignorum spirituum caterva late circuit et invadit terram, ut in ea deleat nomen Dei et Christi eius, animasque ad aeternae gloriae coronam destinatas furetur, mactet ac perdat in sempiternum interitum.

Virus nequitiae suae, tamquam flumen immundissimum, draco maleficus transfundit in homines depravatos mente et corruptos corde; spiritum mendacii, impietatis et blasphemiae; halitumque mortiferum luxuriae, vitiorum omnium et iniquitatum.

Ecclesiam, Agni immaculati sponsam, faverrimi hostes repleverunt amaritudinibus, inebriarunt absinthio; ad omnia desiderabilia eius impias miserunt manus. Ubi sedes beatissimi Petri et Cathedra veritatis ad lucem gentium constituta est, ibi thronum posuerunt abominationis et impietatis suae; ut percusso Pastore, et gregem disperdere valeant.

Adesto itaque, Dux invictissime, populo Dei contra irrumpentes spirituales nequitias, et fac victoriam.
Te custodem et patronum sancta veneratur Ecclesia; te gloriatur defensore adversus terrestrium et infernorum nefarias potestates; tibi tradidit Dominus animas redemptorum in superna felicitate locandas. Deprecare Deum pacis, ut conterat satanam sub pedibus nostris, ne ultra valeat captivos tenere homines, et Ecclesiae nocere.

Offer nostras preces in conspectu Altissimi, ut cito anticipent nos misericordiae Domini, et apprehendas draconem, serpentem antiquum, qui est diabolus et satanas, ac ligatum mittas in abyssum, ut non seducat amplius gentes.
Italiano
Gloriosissimo Principe della Milizia Celeste, Arcangelo San Michele, difendeteci in questa ardente battaglia contro tutte le potenze delle tenebre e la loro spirituale malizia.
Venite in soccorso degli uomini creati da Dio a sua immagine e somiglianza e riscattati a gran prezzo dalla tirannia del demonio.

Combattete oggi le battaglie del Signore con tutta l’armata degli Angeli beati, come già avete combattuto contro il principe dell’orgoglio lucifero ed i suoi angeli apostati; e questi ultimi non potettero trionfare e ormai non v’è più posto per essi nei cieli. Ma è caduto questo grande dragone, questo antico serpente che si chiama lo spirito del mondo, che tende trappole a tutti.
Sì, è caduto sulla terra ed i suoi angeli sono stati respinti con lui.

Ora ecco che, questo antico nemico, questo vecchio omicida, si erge di nuovo con una rinnovata rabbia. Trasfiguratosi in angelo di luce, egli nascostamente invase e circuì la terra con tutta l’orda degli spiriti maligni, per distruggere in essa il nome di Dio e del suo Cristo e per manovrare e rubarvi le anime destinate alla corona della gloria eterna, per trascinarle nell’eterna morte.

Il veleno delle sue perversioni, come un immenso fiume d’immondizia, cola da questo dragone malefico e si trasfonde in uomini di mente e spirito depravato e dal cuore corrotto; egli versa su di loro il suo spirito di menzogna, di empietà e di bestemmia ed invia loro il mortifero alito di lussuria, di tutti i vizi e di tutte le iniquità.

La Chiesa, questa Sposa dell’Agnello Immacolato, è ubriacata da nemici scaltrissimi che la colmano di amarezze e che posano le loro sacrileghe mani su tutte le sue cose più desiderabili. Laddove c’è la sede del beatissimo Pietro posta a cattedra di verità per illuminare i popoli, lì hanno stabilito il trono abominevole della loro empietà, affinché colpendo il pastore, si disperda il gregge.

Pertanto, o mai sconfitto Duce, venite incontro al popolo di Dio contro questa irruzione di perversità spirituali e sconfiggetele. Voi siete venerato dalla Santa Chiesa quale suo custode e patrono ed a Voi il Signore ha affidato le anime che un giorno occuperanno le sedi celesti. Pregate, dunque, il Dio della pace a tenere schiacciato satana sotto i nostri piedi, affinché non possa continuare a tenere schiavi gli uomini e a danneggiare la Chiesa.

Presentate all’Altissimo, con le Vostre, le nostre preghiere, perché scendano presto su di noi le Sue Divine Misericordie e Voi possiate incatenare il dragone, il serpente antico satana ed incatenarlo negli abissi. Solo così non sedurrà più le anime.

Forma ridotta

Può anche presentarsi in forma ridotta, riassumendo i primi due righi:
Sancte Michaël Archangele, defende nos in proelio; ut non pereamus in tremendo iudicio.
che tradotto significa:
San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; affinché non periamo nel tremendo giudizio.

BENEDETTO XVI: REGINA CÆLI Lunedì dell'Angelo


BENEDETTO XVI
REGINA CÆLI
Lunedì dell'Angelo
Castel Gandolfo, 9 aprile 2012

Cari fratelli e sorelle!

Buona giornata a voi tutti! Il lunedì dopo Pasqua è in molti Paesi una giornata di vacanza, in cui fare una passeggiata in mezzo alla natura, oppure andare a visitare parenti un po’ lontani per ritrovarsi insieme in famiglia. 



Ma vorrei che fosse sempre presente nella mente e nel cuore dei cristiani il motivo di questa vacanza, cioè la Risurrezione di Gesù, il mistero decisivo della nostra fede. Infatti, come scrive san Paolo ai Corinzi, «se Cristo non è risorto, vuota è allora la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede» (1 Cor 15,14). Perciò in questi giorni è importante rileggere le narrazioni della risurrezione di Cristo che troviamo nei quattro Vangeli e leggerle con il nostro cuore. Si tratta di racconti che, in modi diversi, presentano gli incontri dei discepoli con Gesù risorto, e ci permettono così di meditare su questo evento stupendo che ha trasformato la storia e dà senso all’esistenza di ogni uomo, di ognuno di noi.




L’avvenimento della risurrezione in quanto tale non viene descritto dagli Evangelisti: esso rimane misterioso, non nel senso di meno reale, ma di nascosto, al di là della portata della nostra conoscenza: come una luce così abbagliante che non si può osservare con gli occhi, altrimenti li accecherebbe. 



Le narrazioni incominciano invece da quando, all’alba del giorno dopo il sabato, le donne si recarono al sepolcro e lo trovarono aperto e vuoto. San Matteo parla anche di un terremoto e di un angelo sfolgorante che rotolò la grande pietra tombale e vi si sedette sopra (cfrMt 28,2). Ricevuto dall’angelo l’annuncio della risurrezione, le donne, piene di timore e di gioia, corsero a dare la notizia ai discepoli, e proprio in quel momento incontrarono Gesù, si prostrarono ai suoi piedi e lo adorarono; ed Egli disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno (Mt 28,10). 



In tutti i Vangeli, le donne hanno un grande spazio nei racconti delle apparizioni di Gesù risorto, come del resto è anche in quelli della passione e della morte di Gesù. A quei tempi, in Israele, la testimonianza delle donne non poteva avere valore ufficiale, giuridico, ma le donne hanno vissuto un’esperienza di legame speciale con il Signore, che è fondamentale per la vita concreta della comunità cristiana, e questo sempre, in ogni epoca, non solo all’inizio del cammino della Chiesa.



Modello sublime ed esemplare di questo rapporto con Gesù, in modo particolare nel suo Mistero pasquale, è naturalmente Maria, la Madre del Signore. Proprio attraverso l’esperienza trasformante della Pasqua del suo Figlio, la Vergine Maria diventa anche Madre della Chiesa, cioè di ognuno dei credenti e dell’intera comunità. 

A Lei ci rivolgiamo ora invocandola quale Regina Caeli, con la preghiera che la tradizione ci fa recitare al posto dell’Angelus durante tutto il tempo pasquale. Maria ci ottenga di sperimentare la presenza viva del Signore risorto, sorgente di speranza e di pace.










Dopo il Regina Caeli
Le Christ est vraiment ressuscité, alléluia ! Avec cette affirmation, je suis heureux de vous saluer, chers pèlerins de langue française. À la suite de Pierre et des Apôtres, nous sommes invités à témoigner de notre foi en la Résurrection du Christ. Soyez sans crainte, allez annoncer cette bonne nouvelle à tous vos frères. Renouvelés par la foi de notre baptême, nous participons déjà à la victoire pascale du Christ. Proclamons à notre monde, qu’il est présent et vivant au milieu de nous. Avec la Vierge Marie, soyons les porteurs de l’espérance et de la joie pascales ! À tous, je souhaite de saintes fêtes de Pâques !
I am pleased to welcome all the English-speaking pilgrims present today for this Regina Coeliprayer. Today we continue our solemn Easter celebration, recalling with greater joy than ever our redemption from sin and death in Jesus Christ. May the Risen Lord pour out his grace upon us, and give us the courage to bring the Good News to others. I invoke Easter blessings upon all of you!

In österlicher Freude grüße ich die Pilger und Besucher deutscher Sprache. Die Botschaft von Ostern heißt Hoffnung: Jesus lebt. Er hat die Macht der Sünde, des Bösen und des Todes gebrochen. Er hat als der Auferstandene auch uns heute in seinen Ostersieg hineingenommen. In der Begegnung mit ihm im Wort und im Sakrament schenkt er uns neues Leben. Euch allen wünsche ich einen frohen Ostermontag und eine gute Osterwoche. Gottes Segen euch allen.

Dirijo mi cordial saludo a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana. Como las mujeres que fueron al sepulcro o los discípulos, todos estamos llamados a encontrarnos con el Señor Resucitado. Él se nos muestra en la Palabra, en la fracción del Pan o en medio de la asamblea reunida en su Nombre. Su presencia amorosa nos trae la paz, nos hace vencer el miedo y nos llena de su Espíritu, enviándonos a anunciar con valentía la alegría de su victoria sobre la muerte, el gozo de la salvación. De esto, hemos de ser testigos. ¡Feliz Pascua de Resurrección a todos!

Pozdrawiam wszystkich Polaków. Siostry i Bracia! „Chrystus zmartwychwstał, jak zapowiedział, radujmy się wszyscy, ponieważ króluje na wieki!” (Ant. Liturgiczna). Niech ta radość zawsze gości w naszych sercach, aby świadectwo naszej wiary pociągało innych do żyjącego Pana chwały. Serdecznie wam błogosławię!
[Saluto tutti i polacchi. Sorelle e fratelli! “Il Signore è risorto, come aveva predetto; rallegriamoci tutti ed esultiamo, perché egli regna in eterno!” (Antifona liturgica). Questa gioia riempia sempre i nostri cuori, perché la testimonianza della nostra fede attiri gli altri al Signore vivente della gloria. Vi benedico di cuore!]

E saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, i gruppi parrocchiali e le famiglie. In particolare saluto la Scuola Materna “Santa Teresa” di Sinalunga. A tutti auguro una serena giornata, nella luce e nella pace del Signore risorto. Buona festa. Grazie! Buona settimana!




domenica 20 aprile 2014

Entra come un razzo... apre la porta della stanza di Maria e le si abbandona sul cuore gridando: «È risorto! È risorto!», e piange beata.





"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta

Domenica 20 Aprile 2014, Domenica di Pasqua : Risurrezione del Signore

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 20,1-9.
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.
Traduzione liturgica della Bibbia


Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" 
di Maria Valtorta : Volume 10 Capitolo 619 pagina 227.

1Le donne, intanto, uscite dalla casa camminano rasente al muro, ombre nell’ombra. Per qualche tempo tacciono, tutte imbacuccate e paurose di tanto silenzio e solitudine. Poi, rassicurandosi alla vista della calma assoluta che è in città, si riuniscono in gruppo e osano parlare. «Saranno già aperte le porte?», chiede Susanna. «Certo. Guarda là il primo ortolano che entra con le verdure. Va al mercato», risponde Salome. «Ci diranno nulla?», chiede ancora Susanna. «Chi?», domanda la Maddalena. «I soldati, alla porta Giudiziaria. Di lì... entrano pochi ed escono meno ancora... Daremo sospetti...». «E con ciò? Ci guarderanno. Vedranno cinque donne che vanno verso la campagna. Potremmo essere anche persone che, fatta la Pasqua, andiamo ai nostri paesi». «Però... Per non dare nell’occhio a qualche malintenzionato, perché non usciamo da un’altra porta e poi giriamo rasente alle mura?...». «Allungheremo la strada». «Ma saremo più sicure. Prendiamo la porta dell’Acqua...». «Oh! Salome! Se fossi in te, sceglierei la porta Orientale! Più lungo il giro dovresti fare! Occorre fare presto e tornare presto». È la Maddalena questa così recisa. «Allora un’altra, ma non quella Giudiziaria. Sii buona...», pregano tutte. «E va bene.
2Allora, posto che volete così, passiamo da Giovanna. Si è raccomandata di farglielo sapere. Se fossimo andate dirette, si poteva fare senza. Ma poiché volete fare un giro più lungo, passiamo da lei...». «Oh! sì. Anche per le guardie messe là... Lei è nota e temuta...». «Io direi di passare anche da Giuseppe d’Arimatea. È il padrone del luogo». «Ma sì! Facciamo un corteo, adesso, per non dare nell’occhio! Oh! che pavida sorella che ho! Piuttosto, sai Marta? Facciamo così. Io vado avanti e guardo. Voi venite dietro con Giovanna. Mi metterò in mezzo alla via, se c’è del pericolo, e mi vedrete. E torneremo indietro. Ma vi assicuro che le guardie, davanti a questo io ci ho pensato (e mostra una borsa piena di monete) ci lasceranno fare tutto». «Lo diremo anche a Giovanna. Hai ragione». «Allora andate, che io vado» . «Vai sola, Maria? Io vengo con te», dice Marta timorosa per la sorella. «No. Tu va’ con Maria d’Alfeo da Giovanna. Salome e Susanna ti aspetteranno presso la porta, dalla parte di fuori delle mura. E poi verrete per la via maestra tutte insieme. Addio». E Maria Maddalena tronca altri possibili commenti andandosene veloce con la sua borsa di balsami e le sue monete in seno. Vola, tanto va lesta nella strada che si fa più lieta nel primo rosare dell’aurora. Passa la porta Giudiziaria per fare più presto. Né nessuno la ferma...
3Le altre la guardano andare, poi volgono le spalle alla biforcazione di vie dove erano e ne prendono un’altra, stretta e oscura, che poi si apre, in prossimità del Sisto, in una più vasta e aperta in cui sono belle case. Si dividono ancora, Salome e Susanna procedendo per la via, mentre Marta e Maria d’Alfeo bussano al portone ferrato e si mostrano al finestrino (spioncino) che il portinaio socchiude. Entrano e vanno da Giovanna che, già alzata e tutta vestita di un viola scurissimo che la fa ancora più pallida, manipola anche essa degli oli insieme alla nutrice e ad una servente.«Siete venute? Dio ve ne compensi. Ma, non foste venute, sarei andata da me... Per trovare conforto... Perché molte cose sono rimaste turbate dopo quel tremendo giorno. E per non sentirmi sola devo andare contro quella pietra a bussare e dire: “Maestro, sono la povera Giovanna... Non mi lasciare sola anche Tu...”». Giovanna piange piano ma con molta desolazione, mentre Ester, la nutrice, fa dei grandi segni indecifrabili dietro le spalle della padrona, intanto che le mette il mantello. «Io vado, Ester». «Dio ti conforti!». Escono dal palazzo per raggiungere le compagne. È in questo momento che avviene il breve e forte terremoto, che getta di nuovo nel panico i gerosolimitani, ancora terrorizzati dagli avvenimenti del Venerdì. Le tre donne tornano sui loro passi, precipitosamente, e nell’ampio vestibolo, fra le serve e i servi urlanti e invocanti il Signore, stanno paurose di nuove scosse...


4...La Maddalena, invece, è proprio al limitare del viottolo che porta all’orto dell’Arimatea quando la coglie il boato potente, e pure armonico, di questo segno celeste, mentre, nella luce appena rosata dell’aurora che si avanza nel cielo, dove ancora a occidente resiste una tenace stella, e che fa bionda l’aria fino allora verdolina, si accende una grande luce, che scende come fosse un globo incandescente, splendidissimo, tagliando a zig zag l’aria quieta. Maria di Magdala ne è quasi sfiorata e rovesciata al suolo. Si curva un momento mormorando: «Mio Signore!», e poi si raddrizza come uno stelo dopo il passar del vento e, ancora più ratta, corre verso l’ortaglia. Vi entra veloce, andando, come un uccello inseguito e cercante il nido, verso il sepolcro di roccia. Ma, per quanto vada veloce, non può essere là quando la celeste meteora fa da leva e da fiamma sul sigillo di calcina messo a rinforzo del pesante pietrone, né quando con fragore finale la porta di pietra cade, dando uno scuotio che si unisce a quello del terremoto che, se è breve, è di una violenza tale che atterra le guardie come morte. Maria, sopraggiungendo, vede questi inutili carcerieri del Trionfatore gettati al suolo come un fascio di spighe falciate. Maria Maddalena non riconnette il terremoto con la Risurrezione. Ma, vedendo quello spettacolo, crede che sia il castigo di Dio sui profanatori del Sepolcro di Gesù, e cade a ginocchio dicendo: «Ahimé! Lo hanno rapito!». È veramente desolata e piange come una bambina che sia venuta sicura di trovare il padre cercato e trovi invece vuota la dimora.


5Poi si alza e corre via per andare da Pietro e Giovanni. E, dato che più non pensa che ad avvisare i due, non ricorda di andare incontro alle compagne, di arrestarsi sulla via, ma veloce come una gazzella ripassa per la strada già fatta, supera la porta Giudiziaria e vola per le strade che sono un poco più animate, si abbatte contro il portone della casa ospitale e lo batte e lo scuote furiosamente. Le apre la padrona. «Dove sono Giovanni a Pietro?», chiede affannosa Maria Maddalena. «Là», e la donna indica il Cenacolo. Maria di Magdala entra e, appena è dentro, davanti ai due stupiti dice, e nella voce tenuta bassa per pietà della Madre è più affanno che se avesse urlato, dice: «Hanno portato via il Signore dal Sepolcro! Chissà dove lo hanno messo!», e per la prima volta traballa e vacilla e, per non cadere, si afferra dove può. «Ma come? Che dici?», chiedono i due. E lei, con affanno: «Sono andata avanti... per comperare le guardie... perché ci lasciassero fare. Loro sono là come morte... Il Sepolcro è aperto, la pietra per terra... Chi? Chi sarà stato? Oh! venite! Corriamo...». Pietro e Giovanni si avviano subito. Maria li segue per qualche passo. Poi torna indietro. Afferra la padrona di casa, la scrolla, violenta nel suo previdente amore, e le fischia in volto: «Guardati bene da far passare nessuno da Lei (e accenna la porta della stanza di Maria). Ricòrdati che io sono la tua padrona. Ubbidisci e taci». E poi la lascia esterrefatta e raggiunge gli apostoli, che a gran passi vanno verso il Sepolcro...


6...Susanna e Salome, intanto, lasciate le compagne e raggiunte le mura, vengono colte dal terremoto. Impaurite, si rifugiano sotto una pianta e stanno là, combattute fra la smania di andare verso il Sepolcro e quella di scappare presso Giovanna. Ma l’amore vince la paura e vanno verso il Sepolcro. Entrano ancora sbigottite nell’ortaglia e vedono le guardie tramortite... vedono una grande luce uscire dal Sepolcro aperto. Si aumenta il loro sbigottimento e finisce di farsi completo quando, tenendosi per mano per farsi coraggio a vicenda, si affacciano sulla soglia e, nel buio della grotta sepolcrale, vedono una creatura luminosa e bellissima, dolcemente sorridente, salutarle dal posto dove sta: appoggiata a destra della pietra dell’unzione, che si annulla col suo grigio dietro a tanto incandescente splendore. Cadono a ginocchi, sbalordite di stupore. Ma l’angelo dolcemente parla loro: «Non abbiate timore di me. Sono l’angelo del divino Dolore. Sono venuto per bearmi della fine di esso. Più non è il dolore del Cristo, il suo avvilimento nella morte. Gesù di Nazaret, il Crocifisso che voi cercate, è risorto. Non è più qui! Vuoto è il posto dove era deposto. Giubilate con me. Andate. Dite a Pietro e ai discepoli che Egli è risorto e vi precede in Galilea. Là lo vedrete ancora per poco, secondo che ha detto». Le donne cadono col volto a terra e quando lo alzano fuggono come fossero inseguite da un castigo. Sono terrorizzate e mormorano: «Ora morremo! Abbiamo visto l’angelo del Signore!». Si calmano un poco in aperta campagna a si consigliano. Che fare? Se dicono ciò che hanno visto, non saranno credute. Se dicono anche di venire di là, possono essere accusate dai giudei di aver ucciso le guardie. No. Non possono dire nulla, né agli amici, né ai nemici... Pavide, ammutolite, tornano da altra via verso casa. Entrano e si rifugiano nel Cenacolo. Neppure chiedono di vedere Maria... E là pensano che quanto hanno visto non sia che un inganno del Demonio. Umili come sono, giudicano che «non può essere che a loro sia stato concesso di vedere il messo di Dio. È Satana che le ha volute impaurire per allontanarle di là».Piangono e pregano come due bambine impaurite da un incubo...


7...Il terzo gruppo, quello di Giovanna, Maria d’Alfeo e Marta, visto che nulla succede di nuovo, si decide ad andare là dove certo le compagne attendono. Escono nelle strade, dove ormai vi è gente impaurita, che commenta il nuovo terremoto e lo ricollega ai fatti del Venerdì e vede anche quello che non c’è. «Meglio se sono tutti spauriti! Forse e o saranno anche le guardie e non faranno eccezioni», dice Maria d’Alfeo. E vanno svelte verso le mura.


8Ma, mentre loro vanno là, all’ortaglia sono già giunti Pietro e Giovanni, seguiti dalla Maddalena. E Giovanni, più svelto, giunge per primo al Sepolcro. Le guardie non ci sono più. E più non c’è l’angelo. Giovanni si inginocchia, timoroso e dolente, sulla soglia spalancata, e per venerare e per cogliere qualche indizio dalle cose che vede. Ma non vede che ammucchiati per terra i pannilini messi sopra la sindone. «Non c’è proprio, Simone! Maria ha visto bene. Vieni, entra, guarda». Pietro, col fiato grosso per il gran correre fatto, entra nel Sepolcro. Aveva detto per via: «Io non oserò accostarmi a quel posto». Ma ora non pensa altro che a scoprire dove può essere il Maestro. E lo chiama anche, come Egli potesse essere nascosto in qualche angolo buio. L’oscurità, in questa ora mattutina, è ancora forte nel profondo del Sepolcro, a cui dà luce solo la piccola apertura della porta su cui ora fanno ombra Giovanni e la Maddalena... E Pietro stenta a vedere, e deve aiutarsi con le mani a vedere... Tocca, a trema, il tavolo dell’unzione e lo sente vuoto... «Non c’è, Giovanni! Non c’è!... Oh! vieni anche tu! Io ho tanto pianto che non ci vedo quasi in questa poca luce». 

Giovanni si alza in piedi ed entra. E, mentre lo fa, Pietro scopre il sudario posto in un angolo, ben piegato e con dentro la sindone arrotolata con cura. «Lo hanno proprio rapito. Le guardie erano non per noi, ma per fare questo... E noi l’abbiamo lasciato fare. Coll’andarcene lo abbiamo permesso!...». «Oh! dove lo avranno messo?». «Pietro! Pietro! Ora... è proprio finita!». I due discepoli escono annientati. «Andiamo, donna. Tu lo dirai alla Madre...». «Io non vengo via. Sto qui... Qualcuno verrà... Oh! io non vengo... Qui c’è ancora qualcosa di Lui. Aveva ragione la Madre... Respirare l’aria dove Egli fu è l’unico sollievo che ci resta». «L’unico sollievo... Ora lo vedi tu pure che era fola sperare...», dice Pietro. Maria neppure risponde. Si accascia al suolo, proprio presso la porta, e piange, mentre gli altri vanno via lentamente.


9Poi alza il capo e guarda dentro, e fra le lacrime vede due angeli seduti a capo e a piedi della pietra dell’unzione. È tanto intontita la povera Maria, nella sua più fiera battaglia fra la speranza che muore e la fede che non vuole morire, che li guarda inebetita, senza neppure stupirsene. Non ha più altro che lacrime la forte che a tutto ha resistito da eroina. «Perché piangi, donna?», chiede uno dei due luminosi fanciulli, perché di adolescenti bellissimi hanno l’aspetto. «Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove me lo hanno messo». Maria non ha paura a parlare con loro, non chiede: «Chi siete?». Nulla. Nulla più le fa stupore. Tutto quanto può stupire una creatura ella lo ha già subito. Ora non è che una cosa spezzata che piange senza vigore e ritegno. Il giovinetto angelico guarda il compagno e sorride. E l’altro pure. E in un balenare di letizia angelica ambedue guardano fuori, verso l’ortaglia tutta in fiore per i milioni di corolle che si sono aperte al primo sole sui meli fitti del pometo.


10Maria si volta per vedere chi guardano. E vede un Uomo, bellissimo, che non so come non possa riconoscere subito. Un Uomo che la guarda con pietà e le chiede: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». È vero che è un Gesù offuscato dalla sua pietà verso la creatura, che le troppe emozioni hanno sfinita e che potrebbe morire per improvvisa gioia, ma proprio mi chiedo come possa non riconoscerlo. 

E Maria fra i singhiozzi: «Mi hanno preso il Signore Gesù! Ero venuta per imbalsamarlo in attesa che sorgesse... Ho tenuto raccolto tutto il mio coraggio e la mia speranza e la mia fede intorno al mio amore... e ora non lo trovo più... Anzi ho messo il mio amore intorno alla fede, alla speranza e al coraggio, per difendere questi dagli uomini... Ma è tutto inutile! Gli uomini hanno rubato il mio Amore e con esso tutto mi hanno levato... O mio signore, se sei tu che lo hai portato via, dimmi dove lo hai messo. Ed io lo prenderò... Non lo dirò a nessuno... Sarà un segreto fra me a te. Guarda: sono la figlia di Teofilo, la sorella di Lazzaro, ma ti sto in ginocchio davanti a supplicarti, come una schiava. Vuoi che ti compri il suo Corpo? Lo farò. Quanto vuoi? Sono ricca. Posso darti tant’oro e gemme per quanto esso pesa. Ma rendimelo. Non ti denuncerò. Vuoi percuotermi? Fallo. A sangue, se vuoi. Se hai un odio per Lui, fallo scontare a me. Ma rendimelo. Oh! non mi fare povera di questa miseria, o mio signore! Pietà di una povera donna!... Per me non vuoi? Per sua Madre, allora. Dimmi! Dimmi dove è il mio Signore Gesù. Sono forte. Lo prenderò fra le braccia e lo porterò come un bambino in salvo. Signore... signore... tu lo vedi... da tre giorni siamo percossi dall’ira di Dio per quello che fu fatto al Figlio di Dio... Non aggiungere Profanazione a Delitto...». 

«Maria!». Gesù sfavilla nel chiamarla. Si svela nel suo fulgore trionfante. «Rabboni!». Il grido di Maria è veramente “il grande grido” che chiude il ciclo della morte. Col primo le tenebre dell’odio fasciarono la Vittima di bende funebri, col secondo le luci dell’amore aumentarono il suo splendore. E Maria si alza nel grido che empie l’ortaglia, corre ai piedi di Gesù, li vorrebbe baciare. Gesù la scosta toccandola appena col sommo delle dita presso la fronte: «Non mi toccare! Non sono ancora salito al Padre mio con questa veste. Va’ dai miei fratelli e amici, e di’ loro che Io salgo al Padre mio e vostro, al Dio mio e vostro. E poi verrò da loro». E Gesù scompare, assorbito da una luce insostenibile.


11Maria bacia il suolo dove Egli era e corre verso casa. Entra come un razzo, perché il portone è socchiuso per dare passaggio al padrone che esce per andare alla fonte; apre la porta della stanza di Maria e le si abbandona sul cuore gridando: «È risorto! È risorto!», e piange beata. E mentre accorrono Pietro e Giovanni, e dal Cenacolo avanzano le spaurite Salome e Susanna e ascoltano il suo racconto, ecco entrare anche, dalla via, Maria d’Alfeo con Marta e Giovanna, che a fiato mozzo dicono di «essere anche loro state là e di avere visto due angeli che si dicevano il Custode dell’Uomo Dio e l’angelo del suo Dolore, e che hanno dato loro l’ordine di dire ai discepoli che Egli era risorto». E poiché Pietro scrolla il capo, insistono dicendo: «Sì. Hanno detto: “Perché cercate il Vivente fra i morti? Egli non è qui. È risorto, come disse quando ancora era in Galilea. Non ricordate? Disse: ‘Il Figlio dell’uomo deve essere dato nelle mani dei peccatori ed essere crocifisso. Ma il terzo giorno risusciterà’ “». Pietro scrolla il capo dicendo: «Troppe cose in questi giorni! Ne siete rimaste turbate». 
La Maddalena alza il capo dal petto di Maria e dice: «L’ho visto! Gli ho parlato. Mi ha detto che sale al Padre e poi viene. Come era bello!», e piange come non ha mai pianto, ora che non ha più da torturare se stessa per fare forza contro il dubbio sorgente da ogni lato. Ma Pietro, e anche Giovanni, restano molto dubbiosi. Si guardano, ma il loro occhio dice: «Immaginazione di donne!». Anche Susanna e Salome osano allora parlare. Ma la stessa inevitabile diversità nei particolari delle guardie che prima ci sono come morte e poi non ci sono, degli angeli che ora sono uno e ora due e che agli apostoli non si sono mostrati, delle due versioni sul venire qui di Gesù o sul precedere i suoi in Galilea, fa sì che il dubbio e, anzi, la persuasione degli apostoli cresca sempre più.

12Maria, la Madre beata, tace sorreggendo la Maddalena... Non comprendo il mistero di questo silenzio materno. Maria d’Alfeo dice a Salome: «Torniamo là noi due. Vediamo se siamo tutte ebbre...». E corrono fuori. Le altre restano, pacatamente derise dai due apostoli, presso Maria che tace, assorta in un pensiero che tutti interpretano a modo loro, e nessuno comprende che è estasi.Tornano le due attempate donne: «È vero! È vero! Noi lo abbiamo visto. Ci ha detto, presso l’orto di Barnaba: “La pace a voi. Non temete. Andate a dire ai miei fratelli che sono risorto e che vadano fra qualche giorno in Galilea. Là staremo ancora insieme”. Così ha detto. Maria ha ragione. Bisogna dirlo a quelli di Betania, a Giuseppe, a Nicodemo, ai discepoli più fidi, ai pastori, andare, fare, fare... Oh! è risorto!...», piangono tutte beate. «Folli siete, donne. Il dolore vi ha turbate. La luce vi è parsa angelo. Il vento voce. Il sole il Cristo. Io non vi critico. Vi capisco, ma non posso che credere che a ciò che io ho visto: il Sepolcro aperto e vuoto, e le guardie fuggite col Cadavere involato». «Ma se lo dicono le guardie stesse che è risorto! Se la città è in subbuglio e i principi dei Sacerdoti sono folli d’ira, perché le guardie hanno parlato fuggendo esterrefatte! Ora vogliono che dicano diverso e le pagano perciò. Ma già si sa. E se i giudei non credono alla Risurrezione, non vogliono credere, molti altri credono...». «Uhm! Le donne!...». Pietro alza le spalle a fa per andarsene.


13Allora la Madre, che ha sempre sul cuore la Maddalena che piange come un salice sotto un’acquata per la sua troppo grande gioia e che la bacia sui capelli biondi, alza il viso trasfigurato e dice una breve frase: «È realmente risorto. Io l’ho avuto fra le braccia e ne ho baciato le Piaghe». E poi si curva sui capelli dell’appassionata e dice: «Sì, la gioia è ancora più forte del dolore. Ma non è che una briciola di rena di quello che sarà il tuo oceano di gioia eterna. Te beata che sopra la ragione hai fatto parlare lo spirito». Pietro non osa più negare... e con uno di quei trapassi del Pietro antico, che ora ritorna ad affiorare, dice, e urla, come se dagli altri e non da lui dipendesse il ritardo: «Ma allora, se è così, bisogna farlo sapere agli altri. A quelli dispersi per le campagne... cercare... fare... Su, muovetevi. Se dovesse proprio venire... che ci trovi almeno», e non si accorge che ancora confessa di non credere ciecamente alla sua Risurrezione.

Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/