Carlo Maria Zanotti
IL SOGNO
DEI DIECI DIAMANTI
Il
sogno dei «10 diamanti»
riletto
e offerto ai giovani
per
un cammino
che
porta alla Vita
INTRODUZIONE
L’esperienza di vita salesiana in
questi anni, l’amore a don Bosco, alla sua opera spirituale ed educativa, mi
hanno convinto che ogni saggezza e preziosità deve essere conosciuta e
condivisa.
Il sogno dei dieci diamanti che don Bosco
ci ha trasmesso è una visione fondamentale della vita e un’autorevole carta
d’identità del volto salesiano.
Quel sogno impressionò talmente
don Bosco che «non si contentò di esporlo a voce, ma lo mise anche per
iscritto».
Certo i contenuti del sogno dei
dieci diamanti servono, in ogni tempo, a orientare la riflessione, la revisione
di vita e la formazione dei salesiani, ma offrono pure uno spunto a chiunque voglia praticare «le virtù più essenziali» per
una vita cristiana autentica.
Ecco allora la proposta: una rilettura del
Sogno, offerta ai giovani, per un cammino di fede che porta alla Vita.
Il libretto ha come unico scopo
quello di ‘consegnare’ ai giovani, come dono
prezioso, la ricchezza dell’esperienza di don Bosco che porta alla
realizzazione di sé come persone e come cristiani e quindi alla felicità.
È un regalo splendido e di valore: dieci diamanti!
Un grazie a tutti i novizi
salesiani che in questi anni, nel loro ‘viaggio’ fatto di stupore, sacrifici,
impegno, gioia ed entusiasmo, hanno alimentato ancora di più in me l’amore per
don Bosco e la sua esperienza spirituale.
L’augurio è che ogni giovane
possa, attraverso la lettura di queste pagine, diventare ‘ricco’, perché possiede quel diamante che dona felicità e Vita in
abbondanza: Cristo Gesù! Buon
cammino!
don Carlo Maria Zanotti
sdb
Pinerolo “Monte Oliveto”
8 dicembre 2007
SOGNO
DEL PERSONAGGIO DEI DIECI DIAMANTI
La grazia dello Spirito Santo illumini i nostri sensi e i
nostri cuori. Amen.
AD AMMAESTRAMENTO DELLA
PIA SOCIETA SALESIANA.
Il 10 settembre anno corrente (1881), giorno che S. Chiesa
consacra al glorioso Nome di Maria, i Salesiani, raccolti in S. Benigno
Canavese, facevano gli Esercizi Spirituali.
«Il modello del vero
salesiano»
Nella notte dal 10 all’11, mentre dormivo, la mente si
trovò in una gran sala splendidamente ornata.
Mi sembrava di passeggiare coi Direttori delle nostre
case, quando apparve tra noi un uomo di aspetto così maestoso che non
potevamo reggerne lo sguardo. Datoci uno sguardo, senza parlare si pose a
camminare a distanza di qualche passo da noi.
Egli era così vestito: Un ricco manto a guisa di
mantello gli copriva la persona. La parte più vicina al collo era come fascia
che si rannodava davanti, ed una fettuccia gli pendeva sul petto.
Sulla fascia stava scritto a caratteri luminosi: «La Pia Società
Salesiana», e sulla striscia d’essa fascia portava scritte queste parole:
«Quale deve
essere».
Dieci diamanti di
grossezza e splendore straordinario erano quelli che ci impedivano di fermare
lo sguardo, se non con gran pena, sopra quell’augusto Personaggio.
Tre di quei diamanti
erano sul petto, ed era scritto sopra di uno «Fede», sull’altro
«Speranza», e «Carità» su quello che stava sul cuore.
Il quarto diamante era sulla spalla destra ed aveva
scritto «Lavoro»; sopra il quinto nella spalla sinistra leggevasi «Temperanza».
Gli altri cinque diamanti ornavano la parte posteriore del manto ed
erano così disposti:
Uno più grosso e più folgoreggiante stava in mezzo come il
centro di un quadrilatero, e portava scritto «Obbedienza».
Sul primo a destra leggevasi «Voto di Povertà».
Sul secondo più abbasso «Premio».
Nella sinistra sul più elevato era scritto «Voto di
Castità». Lo splendore di questo mandava una luce tutta speciale, e mirandolo
traeva ed attaccava lo sguardo come la calamita tira il ferro.
Sul secondo a sinistra più abbasso stava scritto
«Digiuno».
Tutti questi quattro ripiegavano i luminosi loro raggi verso il diamante del
centro.
Alcune massime illustrative
Per non cagionare
confusione è bene di notare che questi brillanti tramandavano dei raggi che a
guisa di fiammelle si alzavano e portavano scritte qua e colà varie sentenze:
Sulla Fede si
elevavano le parole: «Imbracciate lo scudo della fede affinché possiate lottare
contro le insidie del demonio». Altro raggio aveva:
«La Fede
senza le opere è morta. Non chi ascolta, ma chi pratica la legge possederà il
regno di Dio».
Sui raggi della Speranza: «Sperate nel Signore non negli uomini. I vostri cuori siano sempre
intenti a conquistare la vera gioia».
Sui raggi della Carità eravi:
«Portate gli uni i pesi degli altri, se volete compiere la mia legge. Amate e
sarete amati. Ma amate le anime vostre e le altrui. Recitate devotamente
l’ufficio divino, celebrate la santa Messa con
attenzione, visitate con amore il Santo dei Santi».
Sulla parola Lavoro eravi:
«Rimedio alla concupiscenza; arma potente contro tutte le tentazioni del
demonio».
Sulla Temperanza:
«Il fuoco si spegne se togli la legna. Fa’ un patto con i tuoi occhi, con la
gola e col sonno, affinché tali nemici non depredino le vostre anime.
Intemperanza e Castità non possono stare insieme».
Sui raggi dell’Obbedienza: «È la base e il coronamento dell’edificio della
santità»..
Sui raggi della Povertà:
«È dei poveri il regno dei Cieli. Le ricchezze sono spine. La povertà non si
vive a parole, ma con l’amore e con i fatti. Essa ci apre le porte del Cielo».
Sui raggi della
Castità: «Tutte le virtù si accompagnano
ad essa. I mondi di cuore vedono i segreti di Dio e contempleranno Dio stesso».
Sui raggi del
Premio: «Se vi attrae la grandezza dei
Premi, non vi spaventi la quantità delle fatiche. Chi soffre con Me, con Me
godrà. È momentaneo ciò che soffiamo sulla terra, eterno è ciò che farà gioire
i miei amici nel Cielo».
Sui raggi del Digiuno: «È l’arma più potente contro le insidie del demonio. È
la sentinella di tutte le virtù. Col digiuno si scaccia ogni sorta di nemici».
Autorevole monito
Un largo nastro a color di rosa serviva d’orlo nella parte
inferiore del manto, e sopra questo nastro era scritto:
«Argomento di
predicazione. Al mattino, a mezzogiorno e a sera.
Fate tesoro delle piccole azioni virtuose e vi costruirete
un grande edificio di santità.
Guai a voi che disprezzate le piccole cose. Poco a poco
andrete in rovina».
Fino
allora i Direttori erano, chi in piedi, chi ginocchioni, ma tutti attoniti e
niuno parlava.
A
questo punto don Rua come fuor di sé disse: «Bisogna prendere nota per non
dimenticare».
Cerca
una penna e non la trova; cava fuori il portafoglio, fruga e non ha la matita.
«Io mi
ricorderò», disse don Durando. «Io voglio notare», aggiunse don Fagnano, e si
pose a scrivere col gambo di una rosa.
Tutti
miravamo e comprendevamo la scrittura.
Quando
don Fagnano cessò di scrivere, don Costamagna continuò a dettare così:
«La Carità capisce tutto,
sopporta tutto, vince tutto; predichiamola colle parole e coi fatti».
«Il rovescio del vero
salesiano»
Mentre don Fagnano scriveva, scomparve la luce e tutti ci
trovammo in folte tenebre. «Silenzio -
disse don Ghivarello - inginocchiamoci, preghiamo, e la luce verrà». Don
Lasagna cominciò il «Veni Creator», poi il «De Profundis», «Maria Auxilium
ecc.», cui tutti rispondemmo. Quando fu detto: «Ora pro nobis», riapparve una
luce, che circondava un cartello su cui leggevasi: «La Pia Società
Salesiana quale corre pericolo di diventare». Un istante dopo la luce
divenne più viva a segno che potevamo vederci e conoscerci a vicenda. In mezzo
a quel bagliore apparve di nuovo il Personaggio di prima, ma con aspetto
malinconico simile a colui che comincia a piangere. Il manto era divenuto
scolorato, tarlato e sdruscito.
Nel sito dove stavano fissi i diamanti eravi invece un
profondo guasto cagionato dal tarlo e da altri piccoli insetti.
«Guardate — Egli ci disse — e intendete».
Ho veduto che i dieci diamanti erano divenuti altrettanti
tarli che rabbiosi rodevano il manto.
Pertanto al diamante della Fede erano sottentrati:
«Il sonno e l’accidia».
Alla Speranza eravi:
«Risate e banalità sconce»
Alla Carità:
«Negligenza nel darsi alle cose di Dio. Amano e cercano i gusti propri, non gli
ideali di Gesù Cristo».
Alla Temperanza:
«Gola: loro dio è il ventre».
Al Lavoro: «Il
sonno, il furto e l’oziosità».
Al posto dell’Obbedienza eravi niente altro che un guasto largo e profondo senza
scritta.
Alla Castità:
«Concupiscenza degli occhi e superbia della vita».
Alla Povertà era
succeduto: «Letto, vestito, bevande e denaro».
Al Premio: «Nostra
eredità saranno i beni della terra»
Al Digiuno eravi un
guasto, ma niente di scritto.
A quella vista fummo tutti spaventati. Don Lasagna cadde
svenuto. Don Cagliero divenne pallido come una camicia, e appoggiandosi sopra
una sedia gridò: «Possibile che le cose siano già a questo punto?». Don Lazzero
e don Guidazio stavano come fuori di sé, e si
porsero la mano per non cadere. Don Francesia, il Conte Cays, don Barberis e
don Leveratto erano quivi ginocchioni pregando con in mano la corona del SS.
Rosario. In quel momento si fe’ intendere una cupa voce: «Come è svanito quello
splendido colore!».
Messaggio di un giovane
Ma all’oscurità succedette un fenomeno singolare.
In un istante ci trovammo avvolti in folte tenebre, nel
cui mezzo apparve tosto una luce vivissima, che aveva forma di corpo umano. Non
potevamo tenerci sopra lo sguardo, ma potemmo scorgere che era un avvenente
giovanetto vestito di abito bianco lavorato con fili d’oro e d’argento. Tutto
attorno all’abito vi era un orlo di luminosissimi diamanti.
Con aspetto maestoso, ma dolce ed amabile, si avanzò
alquanto verso di noi e ci indirizzò queste parole testuali:
«Servi e strumenti di Dio Onnipotente, ascoltate e
intendete. Siate forti e animosi.
Quanto avete veduto e udito è un avviso del Cielo, inviato
ora a voi e ai vostri fratelli; fate attenzione e intendete bene quello che vi
si dice.
I colpi previsti fanno minor ferita e si possono
prevenire.
Quante sono le idee indicate, tanti siano gli argomenti di
predicazione. Predicate incessantemente, a tempo e fuori tempo.
Ma le cose che predicate fatele costantemente, sicché le
vostre opere siano come una luce, che sotto forma di sicura tradizione
s’irradii sui vostri fratelli e figli di generazione in generazione.
Ascoltate bene e intendete.
Siate oculati nell’accettare i novizi, forti nel
coltivarli, prudenti nell’ammetterli. Provateli tutti, ma tenete soltanto ciò
che è buono. Mandate via i leggeri e volubili.
Ascoltate bene e intendete. La meditazione del mattino e
della sera sia costantemente sull’osservanza delle Costituzioni. Se ciò farete,
non vi verrà meno giammai l’aiuto dell’Onnipotente. Diverrete spettacolo al
mondo e agli Angeli e allora la vostra gloria sarà gloria di Dio.
Si dirà di voi: dal Signore è stato ciò fatto, ed è ammirabile agli occhi nostri. Allora tutti i
fratelli e figli vostri canteranno a una sola voce: Non a noi, Signore, non
a noi, ma al tuo Nome dà gloria».
Queste ultime parole furono cantate, ed
alla voce di chi parlava si unì una moltitudine di altre voci così armoniose,
sonore, che noi rimanemmo privi di sensi, e per non cadere svenuti ci siamo
uniti agli altri a cantare.
Al
momento che finì il canto si oscurò la luce. Allora mi svegliai, e mi accorsi
che si faceva giorno.
Postilla di Don Bosco
Questo sogno mi durò quasi l’intera notte, e sul mattino
mi trovai stremato di forze.
Tuttavia pel timore di dimenticarmene mi sono levato in
fretta e presi alcuni appunti, che mi servirono come di richiamo a ricordare
quanto qui ho esposto nel giorno della Presentazione di Maria SS. al Tempio.
Non mi fu possibile ricordare tutto.
Tra le molte cose ho pur potuto con sicurezza rilevare che
il Signore ci usa grande misericordia. La nostra Società è benedetta dal Cielo,
ma Egli vuole che noi prestiamo l’opera nostra.
I mali minacciati saranno prevenuti se noi predicheremo
sopra le virtù e sopra i vizi ivi notati; se ciò che predichiamo, lo
praticheremo e lo tramanderemo ai nostri fratelli con una tradizione pratica di
quanto si è fatto e faremo.
Maria
Aiuto dei Cristiani, prega per noi!
COMMENTO AL SOGNO
Il sogno
La lettura del sogno dei dieci
diamanti ci presenta quale deve essere il profilo spirituale della nostra esperienza
di fede e come può diventare la nostra vita cristiana se non ci prendiamo cura
del nostro cammino spirituale.
Il sogno si snoda attraverso tre
scene fondamentali:
- nella prima
scena scopriamo l’identità gioiosa del salesiano e gli ingredienti
necessari per realizzarla: sono i dieci diamanti vissuti con coerenza e
impegno;
- nella seconda
scena ci viene presentato il risultato di chi non cammina e non si
educa nella fede, lasciando spazio alla superficialità e alla lontananza
da Dio: la conseguenza è la povertà e la delusione; i diamanti non ci sono
più e quindi non possono brillare;
- nella terza
scena la presenza del ‘giovane messaggero’ è un invito a camminare con
serietà e coraggio: non bisogna temere, occorre essere forti e perseverare
nel bene.
Apparteniamo a Dio
Sono molte le suggestioni
iniziali di fronte a questo messaggio e a queste immagini che rafforzano l’idea
centrale che don Bosco vuole consegnare ad ognuno di noi: apparteniamo a Dio, siamo suoi, preziosi ai suoi occhi!
La vita diventa gioia quando si
scopre che noi siamo di Dio e che Lui da sempre ha pensato a noi, su di noi ha
posato il suo sguardo. Rafforzando questa certezza arriveremo alla nostra
felicità.
Non ha forse affermato più volte
don Bosco: «Vi voglio felici nel tempo e nell’eternità»?
Ebbene la felicità
piena si raggiunge vivendo con autenticità il nostro essere di Cristo, il
nostro essere cristiani.
Tante volte vedo giovani
pensierosi, tristi, che fanno fatica a trovare le ragioni per essere sereni e
contenti. Allora mi chiedo con insistenza come è possibile non essere nella
gioia. Paul Claudel, dopo la conversione, era solito ripetere: «Dite a tutti
che l’unico dovere è la felicità». Essa è il segno che amiamo il Signore e che
stiamo facendo del bene agli altri e a noi stessi.
Cristo ci ha donato la gioia, il
Vangelo, che è notizia bella e sempre nuova. Che fine ha fatto il nostro
Battesimo? Quale consapevolezza c’è in me nei confronti di questa straordinaria
verità?
Una volta ho sentito un
predicatore che diceva: «Se solo ci
rendessimo conto di quanto Dio ci ama, sicuramente moriremmo di gioia!».
Non è straordinaria questa affermazione? Eppure che fatica riconoscere l’amore di Dio e sperimentare che vivere questo amore dona
gioia!
Ha detto don
Bosco: «Pensa, figlio mio, che Dio ti fece suo figlio col santo Battesimo, ti
amò e ti ama come un tenero padre».
Con il Battesimo siamo diventati proprietà di Dio, siamo stati inseriti
nella sua stessa vita. Mi piace pensare al Battesimo come un ricevere il sigillo della «vita eterna». Che
meraviglia! Abbiamo in noi la certezza della vita eterna: Dio si china su di
noi e dice: «Tu sei mio figlio/a prediletto, mi appartieni e ti amo con amore
infinito!».
Questa
scoperta porta gioia, la gioia di
appartenere a Dio. Senza Dio l’uomo non può esistere! La gioia, dunque, è
un fatto che riguarda l’essere e il vivere, che tocca la vita. Il dono
dell’amore di Dio è più grande delle nostre fragilità. Apparteniamo a Lui e il
suo ‘soffio’ è per noi Vita. Ce lo ricorda il salmista:
«Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra».
(Salmo
104,29-30)
Don Bosco ci ripete che conoscere
l’Amore di Dio porta grande gioia nella nostra vita. Il sogno, infatti, inizia
con una scena di grande serenità e letizia, sorretta dalla presenza del
personaggio dal mantello tutto splendente dei dieci diamanti.
Sembra di risentire le parole di
papa Benedetto XVI all’inizio del suo pontificato, quando ai giovani diceva: «Chi
fa entrare Cristo, non perde nulla, assolutamente nulla di ciò che rende la
vita libera, bella e grande. No! Solo in questa amicizia si spalancano le porte
della vita».
Anche il nono successore di don
Bosco, don Pascual Chavez, più volte ha ricordato questa realtà: «A che serve una Pastorale che non porta
all’incontro con Cristo? A che serve una Pastorale che non porta davvero a
Colui, l’Unico, che non può deludere le aspirazioni dei giovani, ad essere
felici, a vivere e ad amare per sempre?».
Cristo dona tutto
«…La mente si trovò in una sala splendidamente
ornata…quando apparve tra noi un uomo di aspetto così maestoso che non potevamo
reggerne lo sguardo..»
La visione di
un ambiente incantevole e quella dell’uomo maestoso rappresentano una vita condotta all’insegna del ‘bello’.
Gesù Cristo dona alla vita ‘tutto’. «Non vi è niente di più bello che essere
raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo», dice Benedetto XVI.
Nel momento
in cui ti accorgi che Cristo può colmare la vita, la tua esistenza non è più la
stessa, diventa stupore, gioia, bellezza, amore.
Anche questa
convinzione deve crescere in noi e cresce se
facciamo esperienza di Cristo: questo significa incontrarlo, avere il coraggio di riconoscerlo. Scrive il
nono successore di don Bosco:
«Contemplare
Cristo non è divertimento estetico, né libero passatempo e nemmeno curiosità
intellettuale; è invece passione mai soddisfatta e necessità urgente di
conoscenza, amore, sequela».
Un giovane
che incontra e riconosce Cristo, diventa
capace di vivere come Cristo: «Noi amiamo perché siamo stati amati e abbiamo
conosciuto e creduto all’amore che Dio ha in noi» (1 Gv 4,16).
Una vita ‘bella’
Vivendo l’incontro con Cristo si
partecipa della sua bellezza. I discepoli
sul Monte Tabor vivono con Gesù l’esperienza ‘bella’ della
Trasfigurazione: «Maestro, è bello per noi stare qui» (Lc 9,33).
La vita cristiana è una via di
Bellezza. La vita cristiana, quando splende, è bella, affascinante, perché
Cristo è il Bello!
Dovremmo riscoprire ciò che entusiasmò S. Agostino: «Tardi
ti amai, bellezza tanto antica e tanto nuova. Sì, perchè tu eri dentro di me e
io me ne stavo fuori. Lì ti cercavo, io deforme mi gettavo sulle belle forme
delle tue creature. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te
le tue creature, inesistenti se non esistessero in Te. Mi chiamasti ed il tuo
grido sfondò la mia sordità. Mi illuminasti e il tuo splendore dissipò la mia
cecità. Diffondesti la tua fragranza e respirai e ora anelo verso di Te. Ti
gustai ed ebbi fame e sete di te; mi toccasti e arsi del desiderio della tua
pace» (Confessioni
X, 27).
Chi di noi non ha mai fatto
l'esperienza della bellezza? In un volto, in un incontro, in un paesaggio, in
un'opera d'arte, nella musica... Essa è una delle esperienze più forti e
affascinanti dell'essere uomini e donne. Ma è soprattutto nel riconoscere Gesù
Cristo che noi facciamo esperienza di bellezza. La bellezza del Pastore bello
(è la traduzione più corretta dell’affermazione di Gesù: «Io sono il Buon
Pastore») consiste nell’amore con cui consegna se stesso alla morte per la
salvezza delle sue pecore. Questo significa che «l’esperienza della sua
bellezza si fa lasciandosi amare da Lui» (Card. Carlo Maria Martini).
La bellezza ci riporta sempre a
Dio.
Giovanni Paolo II scrisse agli
artisti dicendo: «Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di
bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio, all'alba della
creazione, guardò all'opera delle sue mani». Dio ha guardato con ‘commozione’ la Creazione perché «vide
quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona». (Gn 1,31). Quindi la bellezza è un invito e un richiamo
al Trascendente, a gustare la vita e a viverla all’insegna dello splendore.
Un giovane che sa gustare il
bello, non può che avvicinarsi sempre più a Dio, sorgente di ogni cosa bella e
fondamento di un’ esistenza di valore.
Il cammino proposto
nell’itinerario dei dieci diamanti si inserisce in questa linea: fede,
speranza, carità, lavoro, temperanza, obbedienza, povertà, castità, premio,
digiuno; ‘valori’, diamanti, per un
nuovo slancio nella vita cristiana, motivato dal rinnovato incontro con la
bellezza di Dio.
Camminare subito e
decisamente
Sì, occorre decisione e coraggio
per credere che Cristo ti dona tutto. Don Bosco ripeteva spesso ai suoi
giovani: «Abbi il coraggio della tua fede e delle tue convinzioni. Tocca
ai cattivi tremare davanti ai buoni, non ai buoni tremare davanti ai cattivi».
Don Bosco con
il sogno dei dieci diamanti vuole consegnare ai giovani la bellezza di una vita
cristiana vissuta nella fedeltà e nella gioia. Sembra che il santo dei giovani
abbia chiara la convinzione che il
Vangelo, che è Cristo, viene prima di tutto e sta al di sopra si tutto.
È
meraviglioso incontrare giovani che credono e che non hanno paura di farlo
vedere. Vivendo le virtù essenziali per
una vita cristiana autentica (dieci diamanti) noi «non seguiamo una virtù -
scrive don Chavez - (fede, speranza, carità, lavoro, temperanza, obbedienza,
povertà, castità, digiuno, premio) o una attività (l’educazione, la missione,
ecc.), ma seguiamo una Persona che vogliamo imitare nella sua pienezza e un
Vangelo che vogliamo vivere nella sua globalità».
Camminare
subito e con decisione significa avere la volontà di andare controcorrente. Ha
detto ai giovani Benedetto XVI: «Andate controcorrente. Siate vigilanti! Siate critici! Non
abbiate paura, cari amici, di preferire le vie “alternative” indicate
dall’amore vero: uno stile di vita sobrio e solidale; relazioni affettive
sincere e pure; un impegno onesto nello studio e nel lavoro; l’interesse
profondo per il bene comune. Non abbiate paura di apparire diversi e di venire
criticati per ciò che può sembrare perdente o fuori moda: i vostri coetanei, ma
anche gli adulti, e specialmente coloro che sembrano più lontani dalla
mentalità e dai valori del Vangelo, hanno un profondo bisogno di vedere
qualcuno che osi vivere secondo la pienezza di umanità manifestata da Gesù
Cristo».
Come camminare? I dieci
diamanti
Il personaggio dei dieci diamanti è
l’indicazione preziosa di un itinerario di crescita: l’elenco delle virtù
rappresentate dai diamanti descrive le note caratteristiche del credente,
esuberante di entusiasmo per il mistero di Cristo. La vita da credenti ha una
sua visibilità. Non basta essere credenti, occorre essere credibili: sono i
cinque diamanti sul lato di fronte; e la visibilità, a sua volta, è sorretta da
una interiorità robusta: sono i diamanti della parte sul retro del mantello.
Entrambe sono necessarie e si sostengono a vicenda. Per camminare da credenti
occorre possedere uno stile e una qualità ‘alta’ di vita. Dicevamo
precedentemente che questo stile, questa qualità di vita è data dalla gioia del
sapersi amati. Di conseguenza:
Per vivere la gioia occorre
q reagire contro la tendenza al minimo sforzo.
Come camminare? Con coraggio e volontà! Occorre stilare una vera e propria
‘regola di vita’.
q reagire contro l’egoismo che ci fa
vivere ripiegati su noi stessi. Come camminare? Con generosità e apertura verso
gli altri!
q ‘centrare’ la propria vita su Cristo
Crocifisso e Risorto, capaci di adorare Colui che ci ama di amore infinito.
Come camminare? Attingendo luce e forza da Cristo.
q ‘scegliere’, essere capaci cioè di
decisioni e di orientamenti chiari per la nostra vita. Come camminare? Fissando
lo sguardo su Colui che quotidianamente ci ‘sceglie’ e ci ama.
Ecco allora
un suggerimento di cammino per possedere la gioia di crescere, di amare, di
adorare, di scegliere. Sono i dieci diamanti!
Primo
diamante: Fede
È dono
gratuito di Dio e accessibile a quanti lo chiedono umilmente. Avere fede
significa aderire a Dio, affidarsi a Lui
e poter dire con certezza, sì Dio
è Amore!
Lo scrittore
russo Tolstoj affermava che «l'uomo può ignorare di avere un Dio, come può
ignorare di avere un cuore; ma senza Dio, come senza un cuore, l'uomo non può
vivere». Il nostro cuore ha sete di infinito: solo in Dio questa sete viene
saziata.
Dio è
necessario! Non possiamo fare a meno di Lui. La vita spirituale è
essenzialmente questo rapporto tra Dio e l'uomo.
L'uomo deve
riconoscere la presenza e l'azione di Dio nella sua vita.
Don Bosco si
esprimeva così: «Se apriamo gli occhi non possiamo non riconoscere
l'esistenza, la potenza e la saggezza di Dio: da Lui ogni cosa è stata creata.
Egli è Dio che ha detto: si faccia la luce e la luce fu fatta. A tutte le cose
egli dice: sono io che ti ho fatto. E in questa parola, che ogni uomo può e
deve comprendere, si esprime la sua potenza e la sua divinità».
La bontà di
Dio Creatore e di Dio misericordioso riempiva di stupore, di meraviglia e di
tenerezza la vita di don Bosco. Fare
esperienza di questo Dio è un’esigenza fondamentale per ogni cristiano. Don
Bosco ricordava ancora: «Due discepoli di Giovanni Battista seguivano Gesù per
sapere dove abitava. Gesù disse loro: "Venite e vedrete". Andarono,
videro dove abitava e restarono con lui quel giorno. Prendiamoci, dunque, il
tempo di restare con Gesù. Guardiamolo, ascoltiamolo, silenziosamente».
Impariamo
dunque che la "fede" è un dono
che va coltivato, altrimenti rischia
di imboccare strade sbagliate e pericolose (superstizione, banalizzazione della
vita, adesione fanatica ad ideologie, mode, persone).
Coltiviamo il
senso della meraviglia per riconoscere e incontrare Dio in ogni cosa, persona e
avvenimento.
Un giovane
che ha fede è solido, stabile, fermo. Ha posto un fondamento sicuro alla sua
vita. È come un bimbo tenuto saldamente tra le braccia della madre, sicuro
della sua protezione. Per questo don Bosco diceva che «la fede è quella che fa
tutto».
Secondo
diamante: Speranza
È la virtù per la quale noi desideriamo e aspettiamo da
Dio la vita eterna come nostra felicità. È la certezza della vita eterna con
Dio. Scrive Dionigi Aeropagita: «Dobbiamo glorificare la vita eterna, da cui
deriva ogni altra vita. Da lei riceve la vita ogni creatura, che secondo le sue
capacità prende in qualche modo parte alla vita. La vita divina, che è più
elevata di ogni altra vita, vivifica e custodisce la vita». Una vita
generata dalla Vita, da Dio stesso. Essere giovani di speranza vuol dire
dimostrare la gioia della vita cristiana, guidata, accompagnata e sostenuta
dall’Alto. Per un cristiano, dunque, il tema della speranza è centrale!
Centrale perché senza la
prospettiva futura della vita «in» e
«con» Dio, non c’è per il cristiano
e l’uomo in generale né vita né speranza. Lo afferma S. Pietro: «Dio Padre…per
la sua grande misericordia…ci ha rigenerati mediante la risurrezione di Gesù
Cristo…per una speranza viva». ‘Rigenerati’ significa rinnovati, migliorati,
trasformati, rifatti, ricostruiti…. In Cristo siamo nuove creature. In Cristo
siamo figli di Dio che è Padre, dunque, amore
per tutti i suoi figli. E lo è nella forma della “misericordia”, bontà,
compassione, provvidenza, tenerezza, consolazione.
Tutta la storia della salvezza e
anche la nostra esistenza è avvolta e fasciata dalla misericordia del
Padre.
Questa è la speranza cristiana:
la certezza di appartenere ora e sempre a Dio, la convinzione di essere suoi:
siamo e saremo in buone mani!
Un giovane
che coltiva la speranza non ha paura di nulla e sarà sempre sereno. Don Bosco
afferma: «Ricordati che in Paradiso sarà il tuo premio».
Terzo
diamante: Carità
È la
virtù per la quale amiamo Dio al di
sopra di tutto e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio.
Utilizzando
le parole del Papa nella sua enciclica Deus
caritas est, «il programma del cristiano è un cuore che vede».
Proprio per questo occorre educarsi a vivere la carità. Nel sogno don Bosco
ricorda che «La Carità
capisce tutto, sopporta tutto, vince tutto; predichiamola colle parole e coi
fatti».
Un giovane
che vive la carità è capace non solo di disponibilità e gratuità, non solo a
dare qualcosa, ma tutto se stesso. Immersi in una società dove prevale la
cultura ‘debole’ della morte, la carità vissuta diventa la testimonianza e la
diffusione della cultura della vita. L’Amore ricevuto diventa cura dell’altro e per l’altro. Abbiamo bisogno di ricuperare la logica evangelica che è fatta di pura gratuità. Don
Bosco diceva: «Il Signore ci ha messo al mondo per gli altri. Le opere di
carità non si fanno per essere pagati». E ancora: «Fai del bene, fanne tanto e
non sarai mai pentito di averlo fatto».
Quarto
diamante: Lavoro
Il lavoro per
l’uomo è un dovere e un diritto, mediante il quale egli collabora con Dio
creatore.
Giovanni
Paolo II disse che il lavoro è un bene arduo,
utile e degno della nostra condizione di persone. Lavorando, non solo
trasformiamo la natura, adattandola alle nostre necessità, ma cresciamo
diventando persone più umane. Il lavoro è un bene
q arduo perché implica l’applicazione
delle proprie energie fisiche o mentali. Lavorare richiede sforzo e perciò
stesso possiede un considerevole valore formativo e ascetico.
q utile perché ci perfeziona,
arricchendoci di nuovi beni e di nuove doti; dunque ci aiuta a crescere e a
maturare.
q degno perché è in relazione alla nostra
dignità personale. Non è una cosa, ma coopera allo sviluppo integrale della
nostra persona.
Non è
meraviglioso sapere che il nostro lavoro è collaborazione con l’opera del creatore?
Lavorando riproduciamo in noi l’immagine
di Dio creatore.
Un giovane
che si impegna nei suoi doveri di lavoro o di
studio è capace di camminare nella sua fede verso la santità, perché il
lavoro ci unisce alla persona e all’opera del Creatore dell’universo e al
Salvatore degli uomini, Gesù Cristo, che ha lavorato per trent’anni a Nazareth.
Don Bosco
ripeteva spesso: «Per lavoro s’intende l’adempimento dei propri doveri. Chi
non si abitua a lavorare, per lo più sarà sempre un poltrone fino alla vecchiaia».
Quinto
diamante: Temperanza
È la virtù
che modera l’attrattiva dei piaceri, assicura il dominio della volontà sugli
istinti e rende capaci di equilibrio nell’uso dei beni creati.
Possiamo dire
che la temperanza è la virtù che ci aiuta ad essere ‘sobri’, cioè misurati,
regolati e controllati in ogni cosa. Giustamente la ‘parola magica’ per vivere
la temperanza è «equilibrio». C’è
bisogno di equilibrio nella nostra vita!
E’ temperante colui che non abusa di cibi, di bevande, di alcolici, di
piaceri, che non si priva della coscienza per l’uso di stupefacenti, ecc. La
persona temperante è padrona di se
stessa: le passioni non prendono il
sopravvento sulla ragione, sulla volontà e anche sul “cuore”.
La temperanza è
indispensabile perché l’uomo “sia” pienamente uomo. Al contrario, quando, trascinato dalle sue passioni, ne diventa
“vittima”, rinuncia da se stesso all’uso della ragione.
Un giovane che
vuol raggiungere questo equilibrio, deve attivare un serio lavorio su se stesso
e una particolare “vigilanza” su tutto il suo comportamento.
«Sonno salubre con uno stomaco ben
regolato, al mattino si alza e il suo spirito è libero» (Sir
31,24).
Don Bosco
ripeteva che «la temperanza è benedetta dal Signore, e giova
all’intelligenza e alla sanità corporale». E ai suoi salesiani diceva: «Datemi
un giovane che sia temperante nel mangiare, nel bere e nel dormire, e voi lo
vedrete virtuoso, assiduo nei suoi doveri e amante di tutte le virtù».
Sesto
diamante: Obbedienza
Passiamo ora alla descrizione
di quanto si trova sul retro del mantello del personaggio apparso
a don Bosco. Questi 5 diamanti rappresentano l’interiorità che ogni giovane
deve irrobustire per poter vivere in pienezza la propria fede e giungere così
alla vera gioia.
Il filosofo Blaise Pascal ha scritto: «È tanto difficile
credere, perché è tanto difficile obbedire».
Ma che cos’è l’obbedienza e
perché obbedire? Obbedire significa credere e rispondere all’Amore di Dio; è
consegnarsi e affidarsi a Lui, accogliendo la sua Verità. L’uomo credente è
l’uomo obbediente, ossia l’uomo che si consegna, che si fida di Dio. Obbedire
(dal latino «ob-audire») significa sapere ascoltare e, soprattutto, mettere al
centro di ogni nostra decisione il Signore Gesù. Ricordiamo l’apostolo Pietro
che, amareggiato per la pesca infruttuosa (Lc, 5, 1-11), ha il coraggio di
obbedire a Gesù che gli chiede di gettare le reti e dice: «Sulla tua parola
getterò le reti!». È come dire:
«Signore, nella tua parola io confido. È la tua parola che mi dà vita! In te,
Signore, getto le reti della mia esistenza!». Dobbiamo dare ascolto a Dio,
imparando dai molti testimoni di obbedienza che la Bibbia ci presenta.
L’obbedienza è il termometro della fiducia che noi
abbiamo in Dio. Come Gesù, un giovane obbediente deve poter dire con la vita:
«Padre, se vuoi, allontana da me questo calice!
Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Lc 22,42). Fare la
volontà di Dio! Ecco un bel commento fatto da alcuni monaci che vivono
nelle città: «In virtù dell’obbedienza,
imparerai ad amare, a rinunciare a te stesso per fare ciò che piace ai tuoi
fratelli e a Dio, ad amare il tuo prossimo come te stesso e Dio al di sopra di
tutto, ad andare d’accordo con gli altri per agire insieme in comunione di
ascolto secondo il piano di Dio. Il Padre attende così la tua libera
cooperazione al suo disegno d’amore. I tuoi fratelli aspettano la tua libera
partecipazione alla comunione, in questo amore. Più obbedirai, più amerai. Più
amerai, più la tua vita obbedirà. Amore e obbedienza si equivalgono. Quindi, se
vuoi amare, sii obbediente» (Monaci nelle
città. Una regola di vita).
Anche il
successore di don Bosco, don Chavez, ha delle parole molto belle che ci aiutano
a comprendere la realtà dell’obbedienza e della disponibilità: « Nessuna
scuola è migliore di quella di Maria, per lasciarsi introdurre nella
contemplazione e nell’accoglienza, nella custodia e nell’annunzio della Parola
di Dio. Maria si pone come modello dell’accoglienza della grazia. Nessun
credente come Lei è riuscito, infatti, ad ospitarla tanto bene, sì da farla
creatura del suo grembo: Maria ci insegna che chi crede alla Parola la fa carne
propria, che chi la serve con la vita la fa vita propria, che chi obbedisce a
Dio lo converte in suo figlio».
Un giovane
che ‘ascolta’ e vive la parola di Dio (come la Vergine Maria: «Si
compia in me la tua Parola»), arriva ad una ‘qualità alta’ di vita cristiana,
la santità. Don Bosco più volte incoraggiava i suoi giovani con queste parole: «Un
giovane obbediente si farà santo. Il disobbediente va per una strada che lo
condurrà alla perdizione».
Settimo
diamante: Povertà
L’anima della
povertà è un atteggiamento interiore simile all’umiltà, alla fiducia, alla
semplicità e all’infanzia spirituale. Tutti siamo invitati a identificarci con
Cristo povero. Tutti siamo chiamati a incarnare l’atteggiamento interiore di
povertà nella solidarietà, nel servizio e nell’impegno sociale. Mi piace
pensare alla povertà come alla capacità di svuotarci di noi stessi per essere
ricolmi di Colui che è la nostra ricchezza. Proprio come ha fatto Maria, che
nel cantico del Magnificat si è proclamata piccola e povera, e proprio per
questo Dio l’ha ricolmata di ogni grandezza.
Essere poveri oggi significa aver imparato a
- vivere con sobrietà (e questa è già
una gran cosa!)
- vivere contando soltanto su Dio
- accettare di dipendere da Dio
- accettare di essere creature
bisognose del suo amore e delle sue cure.
- dare le giuste precedenze ai valori
e riconoscere la superiorità di Dio e dei beni del suo Regno.
Il regno dei
cieli appartiene ai poveri, perché essi sono come i bambini; che sanno stare in
braccio ai loro genitori e dire: Abbà,
Papà!
Pertanto il
primo passo per imparare a vivere da ‘poveri’ sta in un atteggiamento di
apertura a Dio, di disponibilità, di fiducia. In questa ottica la virtù della
povertà non riguarda solo il retto uso
dei beni terreni, ma la verità della nostra relazione con Dio.
La povertà è
figlia dell’obbedienza e madre della speranza!
Un giovane
che vive nell’atteggiamento della povertà è un giovane aperto a Dio, agli altri
e al prossimo. Don Bosco conferma: «Come potremo essere discepoli di Gesù se
ci dimostriamo così differenti dal maestro? Gesù nacque povero, visse povero,
morì poverissimo».
Ottavo
diamante: Castità
La sessualità
è una forza diffusa e operante in tutto il nostro essere, impregna tutte le
nostre facoltà e attività; è una condizione fondamentale della nostra vita di
persone umane e configura il nostro comportamento e il nostro operare…
Il pensare,
il volere, il sentire, lo stesso credere, amare e sperare si esprimono secondo
una forma di individualizzazione sessuata. La sessualità si riferisce alla
configurazione maschile o femminile della nostra persona e all’orientamento proprio dell’uomo verso la
donna e di questa verso l’uomo.
Avendo chiara
questa realtà, si aprono orizzonti meravigliosi di dialogo, di relazionalità,
di amore vero. Che cos’è, dunque, la castità? Una forza che permette di
amare come persone sessuate. La castità ordina e rende vere le forze della
sessualità e dell’amore, mettendole al servizio della relazione, della
solidarietà e della comunione.
Essere
cristiani esige una padronanza e una canalizzazione costante degli impulsi
istintivi e sessuali, reclama l’integrazione degli aspetti genitali ed erotici
nell’amore interpersonale e il coronamento di tutto questo dinamismo nella
carità.
La castità,
di conseguenza, è in riferimento all’integrazione e alla relazione della
persona in quanto essere sessuato.
Vivere la
castità significa amare in modo ‘ordinato’. E per fare questo occorre educare
il cuore, perché amare non è qualcosa di
- automatico, che viene da sé
col semplice fluire del tempo
- facile, di spontaneo: deve
fare i conti con i nemici dell’amore, come l’egoismo, la ricerca del
proprio interesse, lo sfruttamento degli altri, il piacere che rende le
persone semplice oggetto. Le conseguenze dell’amore “sbagliato”, non vero
(che è l’impurità) sono ben note: lussuria, schiavitù del vizio, miopia,
insensibilità e scetticismo di fronte alle cose spirituali; cioè tutto il
contrario delle conseguenze della castità: trasparenza e fervore di fronte
a tutto ciò che è divino. L’impurità lega, incatena e rende schiavi, è
sterile rispetto alle cose buone e fecondissima nei confronti dei vizi.
Amare è generare, “dare vita”, non
soltanto “trasmettere
la vita”. È la gratuità che
diventa “totalità
del dono”.
È quantomeno curioso, se non
inquietante, osservare come il nostro mondo così attento a promuovere la
crescita intellettuale delle nuove generazioni, così aperto all’investimento di
energie sul piano culturale, non si preoccupi a sufficienza nel formare i
giovani immersi in un’affettività istintiva e incontrollata, spesso fonte di
sofferenza, se non di vera e propria patologia relazionale.
Il mondo degli affetti chiede
dunque di essere formato e, per così dire, “raffinato”
da un lavoro educativo, non meno lungo e impegnativo di quello richiesto
per la formazione delle intelligenze.
Ø
È educare
al dono gratuito, alla capacità di
sacrificio e alla riconoscenza:
atteggiamenti oggi tanto rari quanti necessari per la nostra convivenza
sociale.
Ø
È educare
a puntare in alto e a non bruciare le tappe sprecando esperienze di vita
fondamentali per la crescita: in questo senso, l’educazione alla gestione
ordinata e finalizzata della propria sessualità e dei propri desideri, liberati
dalla prigione individualistica e riconosciuti nella loro natura relazionale e
generativa, è una garanzia di formazione di persone autentiche, capaci di
coniugare sentimento e volontà, passione e ragione e di dare un senso alle
proprie scelte.
Ø
E’
educare il proprio cuore, tappa fondamentale nel percorso di scoperta della
propria vocazione, di risposta ad una chiamata da parte di un Padre a
realizzare un disegno personale pensato per ciascuno di noi.
Un giovane in
grado di vivere così la sua capacità di
amare, un giovane che non ha paura ad essere casto, raggiungerà presto le vette
alte della santità! Don Bosco ricorda che «il massimo e più potente custode
della purità è il pensiero della presenza di Dio». "Dòmine,... àdjuva nos: et reflòreat cor et caro nostra vigòre pudicìtiae, et castimòniae novitàte..."
Nono
diamante: Premio
La vita eterna è questo: il Paradiso,
cioè l’essere “con” Cristo nella gioia del Padre e questo supera
tutto ciò che di gioioso, di grande e di bello possiamo pensare e immaginare.
Le verità
“ultime” (morte, giudizio, inferno, paradiso) sono verità che ci interpellano:
rappresentano il nostro destino
definitivo. Ci dicono che la
vita umana non finisce con la morte e quindi ci liberano dall’angoscia
della morte come fine di tutto. Noi
vogliamo vivere!
Il cristiano
vive “nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il salvatore Gesù
Cristo”. Un’attesa che è
vigilanza per non
lasciarsi prendere dal sonno e così accogliere il Signore che viene.
È questo il
senso del diamante denominato ‘Premio’. Noi cristiani sappiamo che la
Vita Eterna,
il Premio, è la grande promessa del Vangelo. Non è una vaga sopravvivenza e
neppure la semplice immortalità dell'anima, ma la vita senza fine della persona
con tutte le sue dimensioni, corporee e spirituali, con tutte le sue relazioni
con gli altri, col mondo e con Dio. È la vita nella Gloria di Dio. Il Vangelo
non promette la vita eterna a parole, ma con l'annuncio di un fatto reale: la
risurrezione di Gesù. Il Vangelo è bella notizia, proprio perché non termina
con il racconto della sepoltura di Gesù e della tomba vuota, ma con la novità
della risurrezione e della vita eterna in Dio.
Un giovane che vive con questa prospettiva
fa del suo quotidiano il luogo di incontro gioioso con Dio e i fratelli.
Recentemente, al Convegno
di Verona, la Chiesa
italiana ha ribadito che il centro della testimonianza cristiana è il
Crocifisso Risorto! Dunque è questa la speranza viva che la Chiesa vuole offrire agli
uomini di oggi.
Vedere, incontrare e
comunicare il Risorto
Ø
è il compito del testimone cristiano
Ø
è il cammino per tenere viva la speranza
Ø
è il compito di un giovane che ha chiara la
prospettiva della vita piena con Dio.
Don Bosco ha consumato le
sue forze migliori per trasmettere questa certezza ai suoi giovani: «Ho più
caro il Paradiso che tutte le ricchezze del mondo». «Nelle fatiche e nei patimenti non
dimenticare mai che abbiamo un gran premio preparato in Paradiso». «Un pezzo di Paradiso aggiusta tutto!».
«Il Paradiso non è
fatto per i poltroni!». Anche le
parole al termine della sua vita sono particolarmente significative e
commoventi: «Di’ ai giovani che li aspetto tutti in Paradiso».
Decimo
diamante: Digiuno
Nel sogno,
don Bosco vede dei raggi che partono da ogni diamante con alcune frasi
significative. Il diamante del digiuno ha scritto: «È l’arma più potente
contro le insidie del demonio. È la sentinella di tutte le virtù. Col digiuno
si scaccia ogni sorta di nemici».
Digiuno, astinenza,
penitenza, mortificazione non sono forme di disprezzo del corpo, ma strumenti per rinvigorire lo spirito,
rendendolo capace di esaltare, nel sincero dono di sé, la stessa corporeità
della persona. Il digiuno dei cristiani trova il suo modello e il suo
significato nuovo e originale in Gesù che ne afferma con forza il significato
essenzialmente interiore e religioso: digiuno, preghiera ed elemosina sono un
atto di offerta e di amore al Padre «che è nel segreto e che vede nel segreto»
(Mt. 6,18). Sono un aspetto essenziale della sequela di Cristo da parte dei
discepoli, tenendo presente che anche nelle pratiche di digiuno si possono
annidare insidie: l'autocompiacimento, l'illusione…
C'è dunque un intimo legame fra il digiuno e la
conversione della vita, il pentimento dei peccati, la preghiera umile e
fiduciosa, l'esercizio della carità fraterna e la lotta contro l'ingiustizia.
Oggi il digiuno viene praticato per i più svariati motivi e talvolta assume
motivazioni “laiche” (proteste, contestazioni, diete…); per cui diventa sempre
più necessario riscoprire e riaffermare l'originalità del digiuno cristiano che
trova il suo pieno valore solo se compiuto in comunione viva con Cristo.
Esso consiste nella
privazione o comunque in una
moderazione non solo del cibo,
ma anche di tutto ciò che può essere di ostacolo ad una vita spirituale aperta
al rapporto con Dio nella meditazione e nella preghiera, ricca e feconda di
virtù cristiane e disponibile al servizio umile e disinteressato del prossimo.
Il senso cristiano
del digiuno e dell'astinenza spinge i credenti non solo a coltivare una più
grande sobrietà di vita, ma anche ad
attuare un più lucido e coraggioso
discernimento nei confronti delle scelte da fare in alcuni settori della
vita di oggi: lo esige la fedeltà agli
impegni del Battesimo.
Un giovane che
pratica il “digiuno” sarà in grado di dare un contributo originale e determinante
con il suo stile di vita sobrio e austero alla costruzione di una società più
accogliente e solidale.
Don Bosco afferma: «Non
tutti possono digiunare, ma tutti possono amare Dio. Io non vi dico di
digiunare, ma vi raccomando la temperanza».
In
sintesi: cristiani gioiosamente autentici
Questo progetto è affascinante e ci trasmette
l’invito dello Spirito Santo: siamo chiamati alla santità, cioè alla pienezza
della vita di Dio in noi. Via la mediocrità, il grigiore meschino delle nostre
decisioni per aprire il cuore al SI’ generoso e gioioso di questo cammino, come
don Bosco ce lo ha presentato.
Il sogno dei dieci diamanti può essere
considerato, per i giovani, un invito
pressante ad essere cristiani gioiosamente validi, coraggiosamente autentici,
liberamente veri.
Giovani cristiani capaci di scegliere nella vita, capaci di rispondere alla chiamata alla
santità, che passa attraverso la pienezza di una vita battesimale, realizzata
nella verità e nella gioia.
Sono troppi i
giovani oggi in “crisi d’identità”, che non sanno più chi sono, che si lasciano
trasportare dalla corrente, pensando solamente a sopravvivere. Sono numerosi i
giovani che hanno dato le ‘dimissioni’
dalla propria responsabilità, lasciandosi vincere dal pessimismo negativo e
distruttivo, che porta a sciupare la vita, a confondere il vivere con il
semplice esistere.
Cercare la
soluzione a questa situazione significa mettersi coraggiosamente alla ricerca
della propria ‘vocazione’. Scriveva don Bosco ai giovani: «Caro amico, io ti
voglio bene con tutto il mio cuore. Mi basta sapere che sei giovane perché ti
voglia molto bene. Nel tuo cuore porti il tesoro dell'amicizia del Signore. Se
lo conservi, sei ricchissimo. Se lo perdi, diventi una delle persone più
infelici e più povere del mondo. Il Signore sia sempre con te, e ti aiuti a
mettere in pratica i suggerimenti che ti darò. Se ti comporti così, ti assicuro
che Dio sarà contento di te, e salverai l'anima tua: la cosa più importante
della vita.
Dio ti
regali una vita lunga e felice. L'amicizia del Signore sia sempre la tua grande
ricchezza nella vita terrena e nell'eternità».
Pensare e
riflettere sulla propria vita è pensare alla propria “vocazione”, ossia
al progetto di felicità che Dio ha su di me. La vocazione è aderire in modo totale a questo
progetto.
E
pensare alla propria felicità (=
vocazione) significa stabilire con Dio un rapporto vivo e personale. Non
basta dire che Dio esiste, occorre entrare in dialogo con Lui. Un dialogo
profondo e costante che consenta di rispondere quotidianamente alla sua
chiamata. Per questo un giovane è sempre «in vocazione» e vive continuamente
con l’orecchio teso a tutte le parole, con l’occhio attento ad ogni fatto, con
il cuore aperto ad ogni incontro.
Un
consiglio da amico: Non temere!
In questo
itinerario non devi avere paura, non devi temere! Devi solo avere un po’ di
coraggio e di buona volontà per riconoscere quel Dio che continua a chiamarti e
a starti vicino. Quel Dio che ogni
giorno, ogni istante ti sceglie per ricolmarti del suo Amore. La tua
capacità di decisione e di scelta è soltanto una risposta a Colui che ti ha
amato per primo. Sii coraggioso e riconosci tra le tante voci di questo mondo,
la voce di Colui che, solo, sa pronunciare il tuo nome con amore e fedeltà. È questa la ricchezza, il dono prezioso
che ti viene ricordato e consegnato con il sogno dei dieci diamanti!
Non avere
paura a farti aiutare nell’ascolto di questa voce. Una buona guida spirituale è
un tesoro prezioso che vale quanto un diamante!
Ha scritto il
nono successore di Don Bosco, don Chavez: «Per vivere oggi da credenti, si
deve poter convivere col silenzio; riempire la vita di parole e frastuono è
prendere la strada dell’incredulità».
Entra con
coraggio, pertanto, nel silenzio che ti permette di scegliere e deciderti a
vivere il tuo cristianesimo. Non dimenticare questo consiglio di don Bosco: «È
con Gesù nel cuore che bisogna prendere le decisioni».
SCHEDE DI LAVORO
E DI
RIFLESSIONE
SUI
DIECI DIAMANTI
In questa seconda parte ti presento
brevi schede di lavoro su ciascun diamante, allo scopo di aiutarti ad
interiorizzarne meglio i valori nella tua vita e per consolidare gli
atteggiamenti proposti dal sogno.
Sono una traccia, semplice e
sintetica, per un itinerario, un cammino, che ti faciliti l’impegno a lavorare
su di te senza credere di essere
arrivato. La vita spirituale è un cammino costante verso un «di più, sempre di
più e ancora di più», che porta alla vera gioia.
Ogni scheda
sarà così strutturata:
- Il diamante
- Il pensiero di don Bosco, così come è presentato nel sogno
- La situazione di rischio, la tentazione….quando il mantello diventa scolorato, tarlato,
sdrucito…
- Alcuni suggerimenti per un cammino nella fede
- L’azione: un possibile impegno per camminare concretamente e
subito
- Materiali per la preghiera e
la riflessione personale.
Nb. E’
utile far precedere al lavoro sulla scheda la lettura di quanto è stato scritto
nella prima parte relativamente ad ogni diamante.
IL DIAMANTE DELLA FEDE
È apertura
al mistero di Dio
Nel sogno Don Bosco ricorda che:
- La fede è stabilire un rapporto intimo e personale con il Signore della Vita: Gesù Cristo!
- La fede è vedere
e riconoscere la realtà ‘soprannaturale’ in cui siamo immersi.
- La fede è uno scudo
per lottare.
- La fede dona vita
e significato alla tua operosità.
- Se manca la fede si cede il posto al «sonno e alla pigrizia (accidia)».
- «Avere fede perché ogni bene, tanto spirituale
quanto materiale, viene dal Signore».
Il rischio, la tentazione….
Quanto ‘sonno’ esiste nei
cristiani di oggi! Troppi giovani dormono
di fronte a un Dio che vuole entrare nella loro vita, per farsi conoscere. Quanta pigrizia!
Non è facile oggi avere una
visione di fede della vita.
Cosa vuole dire, in concreto,
avere fede? Significa essere certi che Dio è presente e agisce, che tutto si
riconduce a Lui.
Per un cammino nella fede
- Anzitutto la
preghiera: «Signore aumenta la mia fede!».
- Impara a dire “grazie”
per ciò che sei, per ciò che vivi, che vedi, che realizzi. Essere
riconoscenti ci fa uscire dalla logica del “tutto mi è dovuto”.
- Vivi una vita
che sia espressione della fede che professi. I tuoi compagni, la gente
deve poter vedere in te l’immagine di Dio. Con la nostra vita siamo un
rimando al Creatore, a Colui che fa buone tutte le cose! È vero anche per
la tua esperienza di vita?
- Alimenta la tua vita di fede con la partecipazione
all’Eucaristia, che è il
momento più significativo per ringraziare e chiedere il dono della fede.
Oltre la Messa
domenicale, perché non aggiungerne un’altra lungo la settimana?
Azione
Nutrirò la mia fede:
- con l’amore alla Parola di Dio, sorgente di fede;
- con la lettura
di un buon libro oppure del Catechismo
della Chiesa Cattolica o del Compendio (fatti consigliare da un amico
sacerdote o da un ‘buon’ amico spirituale).
Preghiera
Padre! Padre nostro che
sei cieli!
A te leviamo, fiduciosi, il
nostro sguardo,
noi tutti tuoi figli,
noi, miliardi di uomini viventi
sulla faccia della terra.
Tu solo sei buono:
toglici dalle nostre amare
solitudini
e dai nostri egoistici bisogni
che chiudono il cuore a te
fonte dell'eterno amore.
Padre! Chiamarti è puro dono,
amarti è gioia vera.
Noi siamo fango:
plasmaci ancora con le tue mani;
ridonaci la vita con il soffio
del tuo Spirito
e rendici tuoi veri adoratori!
Eravamo tutti orfani,
senza nome, senza casa.
Tu ci donasti tutto donandoci il
tuo Figlio.
Fa' che riconoscendoti come
«nostro Padre»
possiamo anche gustare la
dolcezza
d'essere fratelli tra di noi
formando in Cristo un solo uomo
nuovo
nato dal «fiat» della Vergine
Maria
e dal casto fonte che hai fatto
scaturire
nel seno della Madre Chiesa.
Amen.
(A.M. Canopi)
Signore, tre grazie ti chiedo
O Signore,
dammi tutto
ciò che mi conduce a te.
O Signore,
toglimi tutto
ciò che mi allontana da te.
O Signore,
strappa anche
me da me stessa e dammi totalmente a te.
(Beata
Edith Stein )
In cammino con la Trinità
Io dono e
consacro a te
tutto ciò che
è in me:
la mia
memoria e le mie azioni
a Dio Padre;
il mio
intelletto e le mie parole
a Dio Figlio;
la mia
volontà e i miei pensieri
a Dio Spirito
Santo;
la mia
lingua, i miei sensi
e tutte le
mie sofferenze
alla sacra
umanità di Gesù Cristo,
che non ha
esitato
a consegnarsi
nelle mani dei violenti
e a subire il
tormento della Croce.
(San
Francesco di Sales)
Atto di fede
Mio Dio,
perchè sei verità infallibile credo tutto quello che Tu hai rivelato e la Santa Chiesa ci
propone a credere. Credo in Te, unico vero Dio, in tre persone uguali e
distinte, Padre e Figlio e Spirito Santo. Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio,
incarnato, morto e risorto per noi, il quale darà a ciascuno, secondo i meriti,
il premio o la pena eterna. Conforme a questa fede voglio sempre vivere.
Signore accresci la mia fede. Amen
Alcuni riferimenti biblici
Mt 6, 25-34 La presenza provvidente e paterna di Dio
Is 40, 11 L'atteggiamento paterno di Dio
Gv 15, 1-17 Rimanete nel mio amore
Ef 3, 14-19 Che il Cristo abiti nei vostri cuori
IL DIAMANTE DELLA SPERANZA
È
la certezza dell’aiuto dall’Alto
Nel sogno Don Bosco ricorda di:
- Sperare nel Signore, non negli uomini. «È meglio
rifugiarsi nel Signore, che confidare nei potenti».
- La
Speranza è la certezza di una presenza, ieri,
oggi e sempre.
- La
Speranza è radicata nella risurrezione di Cristo.
- La
Speranza è, quindi, la certezza di essere fatti per la Vita:
la vita nel tempo e nell’eternità!
- I discepoli di ogni tempo implorano: «Resta con noi, Signore, che si fa
sera». Cristo risponde prontamente: «Sì, resto con voi, in voi, per voi».
Il rischio, la tentazione….
Come è possibile rimanere
indifferenti a questo amore che si fa Vita per noi, che si fa nutrimento e
sostegno ogni giorno? Come è possibile banalizzare o deridere questa Presenza?
Eppure molti giovani, oggi, non
si sono ancora ‘scontrati’ con il Dio della Vita! Molti sono indifferenti e non
vogliono chiamare con il loro nome le attese e i desideri che si portano nel
cuore.
Al mattino, quando ti alzi, se
sollevi lo sguardo al Cielo e hai il coraggio di dire ‘grazie’ perché ti sei
svegliato o perché puoi vivere, sei un giovane di Speranza. Sarai capace di
lasciare dei segni di gioia, di vita, di speranza.
Sii un giovane ‘certo’, sicuro,
dell’Amore di Dio!
Per un cammino nella speranza
- Innanzitutto la gioia. Impara a vivere nella gioia, nell’ottimismo, nella
serena percezione che Dio ha cura di te.
- Ama la Vita! Coltiva su di
essa, uno sguardo contemplativo. È lo sguardo di chi vede la vita nella
sua profondità, cogliendone le dimensioni di gratuità, di bellezza, di
provocazione alla libertà e alla responsabilità.
- «Prenditi cura
di tutta la vita e della vita di tutti».
Azione
Leggi molto spesso il brano del
vangelo di Mt 6,25-24 «Per la vostra vita
non affannatevi!» (riportato qui sotto), per consolidare in te la certezza
che Dio è il Dio vivo e operante e per questo è il Dio della Speranza.
Preghiera
Dal Vangelo di Matteo (6,25-34)
«Perciò vi
dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e
neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale
più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non
seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste
li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da
fare, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il
vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano.
Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come
uno di loro. Ora se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani
verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non
affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa
indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro
celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua
giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi
dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun
giorno basta la sua pena».
Atto di Speranza
Mio Dio, spero dalla tua bontà,
per le tue promesse e per i meriti di Gesù Cristo, nostro Salvatore, la vita
eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere, che io debbo e
voglio fare. Signore che io possa goderti in eterno.
Magnificat
(È uno dei canti più belli di Speranza!)
L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio,
mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della
sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni
mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto in me
l’onnipotente
e santo è il suo nome:
di generazione in generazione la
sua misericordia
si stende su quelli che lo
temono.
Ha spiegato la potenza del suo
braccio,
ha disperso i superbi nei
pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai
troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli
affamati,
ha rimandato i ricchi a mani
vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua
misericordia,
come aveva promesso ai nostri
Padri,
ad Abramo e alla sua discendenza,
per sempre.
IL DIAMANTE DELLA CARITÀ
È
il saper portare i pesi gli uni degli altri
Nel sogno Don Bosco ricorda che:
- «Deus
caritas est!». Dio è Carità! Da lui trae origine ogni forma di amore e
di disponibilità.
- La carità
è un costante atteggiamento di sincero amore verso le persone. Una carità
che si fa concreta sollecitudine per tutti.
- «Amate e sarete amati». La carità fa del bene,
prima di tutto, alla persona che generosamente
dona.
- La carità è un farsi tutto a tutti senza riserve. Don Bosco ama i giovani che si
donano con gioia e senza riserve. La carità diventa luogo di formazione e
di gioia.
- Ogni giovane viene educato, nell’ambiente
salesiano, alla disponibilità e al
sacrificio (essere giovani per i giovani). ‘Servizio’ è il nome della
carità all’Oratorio di don Bosco.
- Servizio
svolto a vari livelli (assistenza, lavoro educativo e manuale, prendersi
cura - angeli custodi - disponibilità varia…).
Il rischio, la tentazione….
«Negligenza nel darsi alle cose
di Dio. Amano e cercano i gusti propri». Così don Bosco descrive il giovane che
non è capace di vivere la carità.
Oggi si fa molto per gli altri, è
vero. Ma qual è la motivazione del servizio? Gratificazione personale o gratuità evangelica? Quanto è
programmata la carità e quanto è, al contrario, spontanea? In che misura un
giovane è capace di cogliere le ‘occasioni’ e le opportunità caritative che la vita presenta? Sono domande da fare a
giovani che fanno fatica ad essere ‘gratuiti’ e generosi. La carità mi fa
cercare sempre il bene degli altri.
“Vivere la vita come un dono” non
è solo uno slogan, ma è la formula per raggiungere la propria realizzazione.
«La carità non abbia finzioni!».
Questa affermazione di S. Paolo ci dovrebbe scuotere dalle nostre mediocrità e
tiepidezze!
Per un cammino nella carità
- Inizia ad allenarti nella carità concreta in famiglia (disponibilità, servizio,
attenzioni, gentilezza, parole buone, generosità).
- Scegli una pagina di Vangelo che sostenga il tuo dono e dia ragione, motivi, alla
tua gratuità.
- Alimenta la tua capacità di gratuità curando la tua partecipazione all’Eucaristia. Solo lì
si comprende cosa significhi ‘dare
la vita’ gratuitamente.
- Nutriti di buoni esempi scegliendo una biografia di un Santo della carità:
leggi, medita, imita.
Azione
Vivi concretamente la carità in
uno degli atteggiamenti suggeriti da S. Paolo nella 1Cor 13 (che trovi qui
riportata).
Preghiera
Dalla Prima Lettera ai corinzi (13,4-13)
«La carità è
paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si
gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non
tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della
verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non
avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la
scienza svanirà. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra
profezia. Ma quando verrà ciò che è
perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. Quand'ero bambino, parlavo da
bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che
era da bambino l'ho abbandonato. Ora vediamo come in uno specchio, in maniera
confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto,
ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
Queste dunque
le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più
grande è la carità!».
Atto di carità
Mio Dio, ti amo con tutto il
cuore sopra ogni cosa, perchè sei bene infinito e nostra eterna felicità; e per
amor tuo amo il prossimo come me stesso e perdono le offese ricevute. Signore,
che io ti ami sempre più.
Prenditi del tempo per leggere e meditare attentamente le parole dell’istituzione
dell’Eucaristia: Mt 26,26-29; Mc 14,22-25; Lc 22,15-20; 1 Cor 11,23-26. Sono
parole che indicano a noi cristiani la logica della carità: una vita ‘spezzata’
e donata per tutti.
Padre, rendici degni di servire
Beata Teresa di Calcutta
Padre, rendici degni
di servire i tuoi figli e nostri
fratelli,
che in mezzo al mondo vivono e
muoiono
nella povertà e nella fame.
Da’ loro, attraverso
le nostre mani e il nostro cuore,
il pane quotidiano, la pace e la
gioia.
Padre, donaci oggi e sempre
la fede che sa vedere e servire
Gesù, tuo Figlio, nei poveri.
Fa’, o Padre, che diventiamo un
tralcio
genuino e fruttuoso di Gesù, vera
vite,
accettandolo in noi
come la verità che dobbiamo
annunciare,
come la vita che dobbiamo vivere,
come la luce che dobbiamo
accendere,
come l’amore che dobbiamo
comunicare,
come la via che dobbiamo
percorrere,
come la gioia che dobbiamo
donare,
come la pace, che dobbiamo
diffondere,
come il sacrificio che dobbiamo
offrire
per la salvezza del mondo.
Concedimi,
Padre buono
S. Benedetto
Degnati di
concedermi, Padre buono e santo,
un'intelligenza
che ti comprenda,
un sentimento
che ti senta,
un animo che
ti gusti,
una diligenza
che ti cerchi,
una sapienza
che ti trovi,
uno spirito
che ti conosca,
un cuore che
ti ami,
un pensiero
che sia rivolto a te,
un'azione che
ti dia gloria,
un udito che
ti dia ascolto,
degli occhi
che ti guardino,
una lingua
che ti confessi,
una parola
che ti piaccia,
una pazienza
che ti segua,
una
perseveranza che ti aspetti,
una fine
perfetta e le tua santa presenza,
la
risurrezione, la ricompensa
e la vita
eterna.
Ottienimi un cuore nuovo
O
Don Bosco, che non hai cercato
altro
che la gloria di Dio e la salvezza delle anime,
ottienimi
un cuore generoso.
Tu
che hai avuto, come Cristo,
compassione
di ogni miseria,
ottienimi
un cuore che sappia compatire.
Tu
che non ti sei mai fermato
alle
belle formule e ai sentimenti superficiali,
ottienimi
un cuore che sappia amare sul serio.
Tu
che sei sempre andato avanti
nonostante
le incomprensioni, le difficoltà e le fatiche,
ottienimi
un cuore coraggioso.
Tu
che hai sempre servito Dio
e
gli altri con serenità, ottimismo e gioia,
ottienimi
un cuore allegro.
Tu
che hai teneramente
amato
e servito Maria Santissima,
ottienimi
un cuore puro e filiale.
Tu
che, in modo mirabile,
hai
imitato Cristo servo del Padre e dei suoi fratelli,
ottienimi
un cuore simile al tuo
per
essere simile a quello di Cristo.
Amen.
IL DIAMANTE DEL LAVORO
È
l’impegno serio e costante nei propri doveri
Nel sogno Don Bosco ricorda che:
- Il lavoro
è un’arma potente contro tutte le tentazioni del demonio.
- Il lavoro, l’esatto compimento dei propri doveri, è indispensabile ad un
giovane che vuole vincere la pigrizia e l’oziosità.
- L’esatto compimento dei doveri non solo ti rende
forte e capace di impiegare bene il tempo, ma ti offre la possibilità di
realizzarti e di contribuire al
bene comune.
Il rischio, la tentazione….
Lavorare oggi! Da una parte c’è l’incertezza della stabilità
lavorativa, dall’altra c’è la fatica dell’impegno personale a lavorare con
serietà e costanza. Oggi il rischio più grande per i giovani è quello di non saper
gestire bene il loro tempo. Troppo tempo sciupato, perso, organizzato e
occupato male!
«Il sonno, il furto e l’oziosità»
è la realtà che don Bosco vede sul manto tarlato. Il rimedio a questi ‘tarli’ è
la serietà, l’impegno e la laboriosità.
Sono questi gli atteggiamenti da coltivare per combattere la tentazione
della svogliatezza e della
‘poltroneria’.
Occorre ricuperare il bello di
una vita laboriosa: «che ‘trasforma’ e rende l’uomo in un certo senso più
uomo». Ricuperare il valore di un lavoro che offre la possibilità di un
guadagno serio, da gestire con responsabilità per la vita, senza eccessi e
sprechi.
Per un cammino nel lavoro
- Impara, per prima cosa, ad utilizzare bene il tempo.
- Vivi il tuo lavoro/studio come partecipazione all’opera creatrice di Dio.
- Cerca di fuggire “l’immobilismo”. Non lasciarti annientare dalla pigrizia: sii
grintoso e coraggioso in ogni tua attività.
- Sii ordinato
ed equilibrato nel tuo lavoro/studio. Alzati per tempo e vai a riposare
presto. Evita gli eccessi.
Azione
Programma bene la tua giornata.
Cerca di renderla “ordinata” in maniera intelligente.
Verifico ogni sera la serietà e
la responsabilità del lavoro? Mi sono guadagnato con impegno il pane quotidiano?
Guardo con simpatia S. Giuseppe,
modello di laboriosità e ne invoco l’aiuto?
Preghiera
Preghiera per essere responsabili nel
lavoro
Ti
scopriamo, nostro Creatore, un Dio che lavora:
impasti,
plasmi, costruisci, scavi, stendi, coltivi, pascoli,curi, pensi, insegni.
Se
tu lavori,
allora
ogni nostro lavoro dice qualcosa del tuo lavoro.
Poni
tra le nostre mani laboriose il dono del creato,
ci
chiami a trasformarlo e a ricostruire
l’armonia
dell’intera creazione.
Custodendo
e coltivando le opere del creato,
ubbidendo
alle indicazioni racchiuse nelle cose,
ci
inseriamo nella tua attività creatrice,
ne
prolunghiamo lo slancio,
la
conduciamo al suo fine.
Ma
il nostro lavoro, Signore, conosce anche il limite,
la
vanità, il peccato, l’ingiustizia.
Dona
al nostro agire di riflettere,
come
uno specchio, il tuo agire.
Il Vangelo del lavoro
Ti
rivedo, Maria, affaccendata nella tua casa di Nazareth, attenta ad attizzare il
fuoco per cucinare, a ramazzare, a lavare e pulire il tuo bambino che, come
tutti gli altri, rientrava a casa sporco per i giochi fatti sull’uscio di casa.
Ti
rivedo Giuseppe mentre lavori il legno nella tua bottega di Nazareth; passi più
volte la pialla, smussi con lo scalpello gli spigoli, fissi i chiodi con il
martello e intanto con pazienza insegni a quel figlio che non è tuo i trucchi
del mestiere.
Diteci,
che cosa pensavate mentre lavoravate? Svelateci il segreto dei vostri pensieri,
le richieste delle vostre preghiere, le ansie delle vostre preoccupazioni, le
incertezze, nonostante la vostra grande fede, che vi hanno lacerato l’anima al
pensiero del progetto per cui Dio vi aveva scelto.
Abbiamo
bisogno di case come la vostra per poter respirare amore, essenzialità, dignità
del lavoro umile e onesto. Regalateci il senso del limite, la gioia di un
lavoro semplice, la coscienza che tutto ci è donato, la felicità di impegnarci
per abbellire il nostro mondo.
(n.4) La Chiesa trova già nelle prime pagine del Libro della Genesi
la fonte della sua convinzione che il lavoro costituisce una fondamentale
dimensione dell’esistenza umana sulla terra (..) Quando l’uomo, fatto ‘a
immagine di Dio… maschio e femmina, sente le parole: “Siate fecondi e
moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela”, anche se queste parole non si
riferiscono direttamente ed esplicitamente al lavoro, indirettamente già glielo
indicano la stessa essenza più profonda. L’uomo è immagine di Dio, tra l’altro,
per il mandato ricevuto dal suo Creatore di soggiogare, di dominare la terra.
Nell’adempimento di tale mandato, l’uomo, ogni essere umano, riflette l’azione
stessa del Creatore dell’universo.
(n.6) Colui,
il quale essendo Dio è divenuto simile a noi in tutto, dedicò la maggior parte
degli anni della sua vita sulla terra al lavoro manuale, presso un banco di
carpentiere. Questa circostanza costituisce da sola il più eloquente “Vangelo
del lavoro”, che manifesta come il fondamento per determinare il valore del
lavoro umano non sia prima di tutto il genere di lavoro che si compie, ma il
fatto che colui che lo esegue è una persona. (…) In ultima analisi, lo scopo
del lavoro, di qualunque lavoro eseguito dall’uomo – fosse pure il lavoro più
“di servizio”, più monotono, nella scala del comune modo di valutazione,
addirittura più emarginante – rimane sempre l’uomo stesso.
IL DIAMANTE DELLA
TEMPERANZA
È
il dominio di sé, l’equilibrio, la misura
Nel sogno Don Bosco ricorda che:
- «Il fuoco si spegne se togli la legna». La
temperanza è la capacità di equilibrio
e di misura in tutto quello che compi.
- La temperanza è il frutto della capacità personale
di frenare le proprie reazioni
e passioni.
- È la capacità di avere ‘buon senso’ in ogni cosa, così da avere comportamenti e
reazioni equilibrate.
Il rischio, la tentazione….
Don Bosco riconosce che nella
vita di un giovane, quando manca il controllo, c’è disordine. Nel sogno vede
questa scritta, corrispondente alla mancanza di temperanza: «Gola: loro dio è il ventre».
Oggi esiste un soggettivismo
mostruoso che rende squilibrata la vita e le relazioni. “Tutto mi è permesso”:
sfrenatezza, disordine, gola, sensualità….
Il bello di una vita temperante è
la gioia di vivere nella serenità e nell’ordine ogni relazione. Giustamente gli
antichi affermavano che: «La temperanza è la madre della salute»
Per un cammino nella temperanza
- Anzitutto ordine
e verifica di ogni azione.
- Controllo
degli occhi, della gola, dei sensi.
- Capacità di equilibrio e serietà nelle scelte quotidiane, ispirate ai valori
evangelici.
- Conoscere bene i rischi e le conseguenze di una vita non temperante.
- Imparare a praticare un po’ di “mortificazione”
(= dare morte al negativo che c’è in me): nella gola, negli spettacoli,
nell’uso del computer, cellulare… È una salutare ‘igiene’ mentale,
spirituale e fisica, che ti aiuterà a progredire nel cammino di
maturazione e realizzazione.
Azione
Verifica attentamente la tua
giornata per imparare ad essere temperante in ogni comportamento.
Possono aiutarti queste domande
per mettere bene sotto la lente la tua giornata:
Ø
È veramente equilibrato il mio ordine del
giorno?
Ø
Ho tempo a sufficienza per il dialogo con la mia
famiglia, i miei amici, per il silenzio, la preghiera e per il riposo?
Ø
Mi prendo il tempo necessario per i pasti o
trovo solo il tempo per ingozzarmi?
Ø
È bene organizzato il mio tempo, oppure mi
lascio spingere da un’occupazione all’altra?
Ø
Sono capace di ‘misura’ nell’utilizzo dei mezzi
di comunicazione sociale?
Preghiera
Equilibrio (S. Agostino)
Signore,
rendici
credibili
senza arroganza,
allegri senza
superficialità,
seri senza
disperazione,
onesti senza
presunzione,
severi senza
cattiveria,
forti senza
durezza,
buoni senza
debolezza,
misericordiosi
senza lasciare fare,
altruisti
senza esibizione,
pacifici
senza falsità,
vigilanti
senza fissazioni,
sani senza
indolenza,
sicuri senza
imprudenza,
poveri senza
miseria,
ricchi senza
avarizia,
prudenti
senza diffidenza.
Fa' che
diventiamo
istruiti
senza volerlo però sembrare,
concilianti
ma inclini alla saggezza,
generosi ma
non impazienti,
ospitali ma
sobri;
fa' che
lavoriamo con le nostre mani
ma senza
confidare in noi stessi.
Manda in noi
la luce, togli da noi
le tenebre
dell'ignoranza.
Tu che vivi
nei secoli dei secoli.
Lodi di Dio altissimo S. Francesco d’Assisi
Tu sei santo, Signore, solo Dio,
che operi cose meravigliose.
Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo,
Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo,
re del cielo e della terra.
Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dèi,
Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene,
il Signore Dio vivo e vero.
Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,
Tu sei umiltà, Tu sei pazienza,
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine,
Tu sei sicurezza, Tu sei quiete.
Tu sei gaudio e letizia,
Tu sei la nostra speranza, Tu sei giustizia,
Tu sei temperanza,
Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza.
Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine.
Tu sei protettore,
Tu sei custode e nostro difensore,
Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio.
Tu sei la nostra speranza,
Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità.
Tu sei tutta la nostra dolcezza,
Tu sei la nostra vita eterna,
grande e ammirabile Signore,
Dio onnipotente, misericordioso Salvatore.
Alcuni riferimenti biblici
Sap. 8,7 «Se
uno ama la giustizia,
le virtù sono il frutto delle sue fatiche.
Essa insegna infatti la temperanza e la prudenza,
la giustizia e la fortezza,
delle quali nulla è più utile agli uomini nella vita».
Sir.
6,2-4 «Non ti abbandonare alla tua passione,
perchè non ti strazi come un toro furioso;
divorerà le tue foglie e tu perderai i tuoi frutti,
sì da renderti come un legno secco.
Una passione malvagia rovina chi la possiede
e lo fa oggetto di scherno per i nemici».
Lc 8,14 «Il
seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada
facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai
piaceri della vita e non giungono a maturazione».
Lc
21,34-35 «State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in
dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi
addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che
abitano sulla faccia di tutta la terra».
IL DIAMANTE DELLA OBBEDIENZA
È
credere all’Amore di Dio
Nel sogno Don Bosco ricorda che:
- L’obbedienza è la piena disponibilità all’amore di Dio. Per questo l’obbedienza è
tutto nella vita cristiana.
- Obbedienza significa ascoltare e mettere in
pratica la Parola
di Dio, così come ha fatto Maria, Madre della Chiesa e Ausiliatrice dei
cristiani.
- Un giovane che sa vivere in questo modo, mette la
base per una vita ‘virtuosa’,
ossia una vita onesta e leale.
- L’obbedienza, che è docilità alle richieste dell’Amore di Dio, è la strada sicura
per giungere alla santità, alla gioia vera: «È la base e il coronamento -
scrive don Bosco - dell’edificio della santità».
Il rischio, la tentazione….
Il rischio più forte per un
giovane oggi è il ‘vuoto’ di riferimenti. Non si sa più a chi consegnarsi e di
chi fidarsi. L’obbedienza cristiana ci suggerisce l’atteggiamento
dell’abbandono in Colui al quale «nulla è impossibile».
Troppi giovani ‘rischiano’
lasciando senza contenuto la loro vita. Giustamente don Bosco, nel manto tutto
tarlato, al posto dell’obbedienza non trova nulla, c’è il vuoto. È il simbolo
di una vita senza significato e fondamento. Altra tentazione oggi a cui far
fronte è la mancanza di disponibilità. Troppe persone non riescono a ‘gustare’ il bello della vita perché non
sono disponibili a vivere le esigenze
del Vangelo.
Per un cammino nella obbedienza
- Impara ad avere ogni giorno il Vangelo come riferimento delle tue giornate. Leggilo
volentieri e in modo costante.
- Riconosci l’Amore di Dio in te e attorno a te.
Prova a ‘rispondere’ a questo
amore, obbedendo alla logica
dell’amore.
- Sii obbediente
alla guida spirituale come mediazione del Signore. Se non possiedi
ancora una guida, è arrivato il momento di trovarla!
- Vivi parte del tuo tempo in ginocchio, davanti al
Signore, per ascoltarlo e rafforzare
la tua disponibilità ad obbedire alla sua Parola.
- Renditi disponibile.
Non lasciarti sfuggire le occasioni per vivere le esigenze del Vangelo e
della vita cristiana.
Azione
Rileggi alcuni brani evangelici e mettili a
confronto con la tua vita, chiedendoti se sei obbediente, «consegnato» a
queste richieste:
Gv
21,15-23 «Mi ami tu?»
Mt 8,
23-27 «Perché avete paura?»
Mt 11,
28-30 «Venite a me»
Mt 14,
22-23 «Sono io, non abbiate paura»
Lc 10,38-42
«Una sola è la cosa di cui c'è bisogno»
Gv 10,1-18
«Io sono il buon pastore»
Gv 14, 1-11
«Io sono la via, la verità e la vita»
Gv 15, 1-17
«Rimanete in me»
Preghiera
Rifletti e medita su queste affermazioni ai giovani del Beato Giovanni Paolo II.
«Ascoltate la
voce di Gesù nel profondo dei vostri
cuori! Le sue parole vi dicono chi siete in quanto cristiani. Vi
insegnano che cosa dovete fare per rimanere nel suo amore»
«Se, nel
profondo del vostro cuore, sentite risuonare la chiamata al sacerdozio o alla
vita consacrata, non abbiate paura di seguire Cristo sulla strada della Croce».
«Anche se
sono vissuto fra molte tenebre, sotto duri regimi totalitari, ho visto
abbastanza per essere convinto in maniera incrollabile che nessuna difficoltà,
nessuna paura è così grande da poter soffocare completamente la speranza che
zampilla eterna nel cuore dei giovani».
«Scegliete
tra la vita e la morte, fra la verità e la menzogna. Non lasciate che la
speranza muoia! Noi non siamo la somma delle nostre debolezze e dei nostri
fallimenti; al contrario, siamo la somma dell'Amore del Padre per noi e della
nostra reale capacità di divenire l'immagine del Figlio suo».
«Il sale
condisce e dà sapore al cibo. Nel seguire Cristo, voi dovete cambiare e migliorare
il 'gusto' della storia umana. Con la vostra fede, speranza e amore, con la
vostra intelligenza, coraggio e perseveranza, dovete umanizzare il mondo nel
quale viviamo».
Salmo 130 «Il salmo della consegna»
Signore, non
si inorgoglisce il mio cuore
e non si leva
con superbia il mio sguardo;
non vado in
cerca di cose grandi,
superiori
alle mie forze.
Io sono tranquillo e sereno
come un bimbo in braccio a sua
madre,
come un bimbo svezzato è l'anima
mia.
Speri Israele
nel Signore,
ora e sempre.
IL DIAMANTE DELLA POVERTÀ
È l’atteggiamento del cuore di semplicità e
fiducia
Nel sogno Don Bosco ricorda che:
- La povertà è quell’atteggiamento del cuore che mi fa essere vicino ai
poveri, non con le parole ma con i fatti.
- Esige uno stile di vita fatto di sobrietà e semplicità. È
necessario amare l’essenzialità per assomigliare al Signore Gesù.
- È amare la semplicità
per concentrarsi su ciò che veramente ha valore: «Essa ci apre le porte
del Cielo!».
- «Letto , vestito, bevande e denaro». È il ritratto
del ‘ricco’ che pensa solo a se stesso e non ha tempo e risorse per gli
altri. Guardati dall’essere eccessivamente rilassato nel concederti ogni comodità.
Il rischio, la tentazione….
Seguire Gesù, come cristiani,
comporta uno stile di vita semplice e sobrio che rende capaci di rinunciare al
superfluo, di dominare gli istinti e di aprirsi agli altri. È proprio questa la
fatica e la tentazione di oggi. Abbiamo tutto e facciamo fatica a rinunciare a
qualcosa. Preferiamo il ‘rilassamento’ alla essenzialità. Troppi giovani sono
legati a quello che hanno più che a quello che sono! Vivono così nell’avarizia
e non nella generosità, nell’avidità e nello spreco, piuttosto che nella
condivisione. I troppi beni addormentano il senso della riconoscenza. Consideriamo tutto come dovuto, tutto come scontato
e, invece, «che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?» (1 Cor 4,7).
Forse occorre che torniamo a dire grazie, ad essere riconoscenti, a
meravigliarci delle cose, a non lagnarci troppo se ci manca qualcosa.
Per un cammino nella povertà
Ti indico alcuni passi per vivere
concretamente e personalmente la povertà
evangelica:
- possiedo sempre troppo per me stesso?
- sono convinto che nulla mi è dovuto?
- normalmente scelgo per me quello che è comune e
ordinario?
- mi ricordo di chi è nelle strettezze quando uso i
beni di questo mondo?
- sono disponibile al servizio del prossimo in modo
disinteressato?
- sono sensibile ai bisogni del prossimo, anche se
non espressi?
- conto sull’aiuto di Dio quando si tratta di
servirlo? (“Cercate prima di tutto il Regno di Dio e la sua giustizia e il
resto vi sarà dato come sovrappiù”)
Azione
«Anche se uno è nell’abbondanza,
la sua felicità non dipende dai suoi beni» (Lc 12,15). Continuamente i vangeli
ci mettono in guardia dai pericoli della ricchezza. Davvero c’è il pericolo di
perdersi nell’abbondanza e di fallire la vita.
Imposta la tua giornata
sull’essenzialità: prova a fare un elenco di cose di cui puoi fare a meno.
Prova ad accontentarti del necessario e verifica la tua capacità di
condivisione.
Preghiera di san Charle de Foucauld (Opere
Spirituali)
«O mio Signore Gesù, come sarà
presto povero colui che amandoti con tutto il suo cuore non potrà sopportare
d’essere più ricco del suo Beneamato. O mio Signore Gesù, come sarà presto povero
colui che, pensando che tutto ciò che si fa ad uno di questi piccoli lo si fa a
Te, che tutto ciò che ad essi non si fa, non lo si fa a Te, allevierà tutte le
miserie alla sua portata. Come sarà
presto povero colui che accoglierà con fede le tue parole: «Se vuoi essere
perfetto, vendi quanto hai e dallo ai poveri... Beati i poveri… chiunque avrà
abbandonato i suoi beni per me, riceverà quaggiù cento volte di più e in cielo
la vita eterna…» e tante altre…O mio Dio, io non so se è possibile a certe anime vederti povero e restare
volentieri ricche, vedersi talmente più grandi dei loro Maestro, del loro
Beneamato, non voler rassomigliarTi in tutto, per quanto dipende da esse, e
soprattutto nelle tue umiliazioni; io voglio, sì, che esse Ti amino, o mio Dio,
ma tuttavia credo che manchi qualcosa al loro amore, e che comunque io non
posso concepire l’amore senza un bisogno, un bisogno imperioso di conformità,
di rassomiglianza e soprattutto di partecipazione a tutte le pene, a tutte le
difficoltà, a tutte le asprezze della vita…Essere ricco, a mio agio, vivere
dolcemente coi miei beni, quando Tu sei stato povero, in ristrettezze, vivendo
penosamente di un faticoso lavoro in quanto a me non lo posso, o mio Dio…, io
non posso amare così».
DIAMANTE DELLA CASTITÀ
È
la capacità di amare in modo ordinato
Nel sogno Don Bosco ricorda che:
- I puri di
cuore vedono i segreti di Dio e
contemplano Dio stesso.
- Chi vive l’amore in modo ‘ordinato’ emana una luce tutta speciale che attira, affascina
e rimanda a Dio.
- La castità è per un giovane necessaria se vuole
educare il suo cuore ad amare
in modo pieno e duraturo.
- Tutti i giovani capaci di impegno in questo campo
sono in grado di costruire amicizie
profonde e costruttive.
- Imparare ad amare esige un cammino di educazione del cuore, lottando
contro la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita.
Il rischio, la tentazione….
La realtà della sessualità è
buona, bella e santa, perché Dio l’ha iscritta nella nostra corporeità: non
bisogna avere paura. È, nello stesso tempo, una realtà molto fragile, delicata,
costruita su equilibri sottilissimi, che è molto facile alterare e qualche
volta sbilanciare, con ripercussioni serie sull’equilibrio della persona.
Troppi giovani in questo campo ‘si fanno del male’. Il rischio è quello di
banalizzare la sessualità, oppure ridurla a consumo innocuo. Una sessualità
soltanto «genitale», vissuta selvaggiamente, in qualche modo dissocia la
persona e ne soffoca le energie più alte, quali il pensare, il decidere, il
perseverare, l’amare.
Non stupisce allora l’insistenza
cristiana perché si stia lontano da occasioni di peccato e si coltivi la
purezza anche sensuale, affettiva, psicologica e spirituale.
Per un cammino nella castità
Qualche mezzo pratico per
crescere nella castità:
*Prima di tutto e sopra di tutto,
coltivare una relazione assidua di amore
forte con Gesù.
*In secondo luogo promuovere tutto
quello che ci aiuta a elevare la nostra affettività. Per essere concreti:
- Rispetto per il prossimo, specie quello dell’altro sesso;
- Amicizia
e comunione con persone e gruppi che condividono il valore della castità;
- Creatività
in ciò che facciamo e nel nostro lavoro;
- Sapere dire di no a gratificazioni immediate e
passeggere al fine di raggiungere beni più stabili.
Azione
Esercitati nel dono totale. Cerca
di vivere con più impegno e ordine la gratuità nell’amare Dio e gli altri.
L’educazione del tuo cuore passa attraverso l’impegno a lottare,
quotidianamente e coraggiosamente, contro le forme di consumo immediato ed
egoistico della tua sessualità.
Sii moderato e prudente nell’uso
di internet! Ricordati: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio!».
Preghiera
Vieni, Spirito di fortezza (Madre Anna Maria Canopi)
Vieni, Spirito di fortezza,
e accompagnaci nel nostro cammino,
perché vasto e pauroso è il deserto della prova,
dove il nemico ci assale
sorprendendoci con armi subdole e sleali.
Vieni, Spirito di fortezza,
a sostenere ogni nostro passo,
a ispirare ogni nostro pensiero,
a purificare ogni nostro desiderio,
affinché, seguendo Gesù,
la nostra fame altro cibo non cerchi
che la Parola
di Dio,
la nostra fede non voglia trovare certezze
se non nel totale abbandono;
la nostra sete di grandezza
si appaghi unicamente
nella ricerca della gloria del Padre,
e il nostro cuore si apra a ricevere dal suo gratuito amore
la pura gioia del Regno dei cieli.
Amen.
Ci viene chiesto di amare in
questo modo.
Confrontati, prega e medita con la Parola di Dio (1 Cor 13)
«Se anche
parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono
come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
E se avessi il
dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e
possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non
avessi la carità, non sono nulla.
E se anche distribuissi tutte le mie sostanze
e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi
giova.
La carità è paziente, è benigna
la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di
rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male
ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto
sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle
lingue cesserà e la scienza svanirà».
DIAMANTE DEL PREMIO
È
la gioia del Paradiso!
Nel sogno Don Bosco ricorda che:
- «Un pezzo di Paradiso aggiusta tutto!». Non
possiamo dimenticare la gioia del Paradiso come coronamento di ogni nostro
sforzo.
- È Dio stesso che ci vuole in Paradiso! Un giovane
non può non guardare al Cielo per ravvivare la gioia del suo
cristianesimo.
- La gioia del Premio rafforza l’impegno e dona nuova
energia a tutta l’azione caritativa, spirituale e umana.
- La certezza che Dio ci vuole tutti in Paradiso
rende il giovane capace di vigilanza e di attesa operosa nella carità.
Il rischio, la tentazione….
«Nostra eredità saranno i beni
della terra», si legge nel manto tutto tarlato e consumato. La tentazione più
ricorrente oggi è quella dell’orizzontalismo, cioè il vedere tutte le cose
soltanto da un punto di vista umano. Molti giovani non sanno alzare lo sguardo
e avere prospettive e orizzonti di senso! La qualità di una vita dipende anche
dal senso che uno riesce ad attribuire ad ogni cosa che compie, compreso il
soffrire e il morire.
Per un cammino nell’attesa del Paradiso
Prova ad impostare la tua vita su
questi tre semplici registri, scoprirai la gioia, non solo dell’attesa del
Paradiso, ma anche quella dell’incontro personale con Colui che ti attende nel
Regno dei Cieli.
- Vedere
il Risorto: è un’esperienza di conversione continua e profonda.
- Incontrare
il Risorto: è un’esperienza di missione. Lo riconosci nelle pieghe delle
tue giornate e delle tue relazioni.
- Testimoniare
il Risorto: è un’esperienza di relazione spirituale. È in gioco la tua
capacità di essere segno credibile dell’amore di Dio.
Azione
La vita del
cristiano è dunque vissuta “nell’attesa che si compia la beata speranza e
venga il nostro salvatore Gesù Cristo”.
Ecco l’impegno quotidiano:
Un’attesa
che si fa vigilanza per non lasciarsi prendere dal sonno,
ma per tenersi pronti per accogliere il Signore che viene.
Un’attesa
che è distacco. «State bene attenti che i vostri cuori non si
appesantiscano» (Lc 21,34).
Un’attesa
che è lotta contro ogni tentazione: «Siate temperanti, vigilate. Il vostro
nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare.
Resistetegli saldi nella fede» (1
Pt 5,8-9).
Un’attesa
che è preghiera, per essere virtuosi: «Vegliate e pregate in ogni momento»
(Lc 21,36).
Un’attesa
operosa che è vita vissuta con impegno nello svolgimento dei propri doveri
e nella carità verso il prossimo: «Bene
servo buono e fedele. Sei stato fedele nel poco… »(Lc 19, 12-26).
Preghiera
Dio della Vita,
Tu ci hai
chiamato
alla
comunione con Te
nella fedeltà
di un
alleanza eterna
e personale,
donaci di
vivere
il tempo
presente
nella
speranza
della vita
senza fine,
dando ad ogni
scelta
di questa
vita che passa
la dignità e
il sapore
di un atto
che prepari
la gioia
infinita
della
partecipazione
al giorno
senza tramonto
del Tuo
Amore.
Allora, nella
pace del Tuo Spirito,
canteremo per
sempre
il cantico
dei risorti,
uniti al
Figlio Tuo,
Signore della
nostra vita
e della
storia,
unico vincitore
del peccato e
della morte.
Amen.
Lettera a Diogneto
Medita questa meravigliosa pagina dei primi secoli e raccogli alcuni
spunti per vivere la tua giornata in “attesa” e in “vigilanza”.
I cristiani
non si distinguono dagli altri uomini, né per il territorio, né per la lingua,
né per vestiti. Essi non abitano città loro proprie, non usano un linguaggio
particolare, né conducono uno speciale genere di vita. Abitando in città greche
o barbare, come a ciascuno è toccato in sorte, ed adattandosi agli usi del
paese nel vestito, nel cibo e in tutto il resto del vivere, danno esempio di
una loro forma di vita sociale meravigliosa, che, a confessione di tutti, ha
dell'incredibile. Abitano la loro rispettiva patria, ma come gente straniera;
partecipano a tutti i doveri come cittadini, e sopportano tutti gli oneri come
stranieri. Ogni terra straniera è patria loro, e ogni patria è terra straniera.
Si sposano come tutti gli altri e generano figli, ma non espongono i neonati.
Vivono nella carne ma non secondo la carne. Passano la loro vita sulla terra,
ma sono cittadini del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma con il loro
tenore di vita superano le leggi. Amano tutti, e da tutti sono perseguitati.
Non sono conosciuti e sono condannati; si dà loro la morte, ed essi ne ricevono
la vita. Sono poveri e fanno ricchi molti; sono privi di tutto, e di tutto
abbondano. Sono disprezzati, e nel disprezzo trovano gloria; si fa oltraggio
alla loro fama, e si aggiunge testimonianza alla loro innocenza. Insultati
benedicono; si insolentisce contro di loro, ed essi trattano con riverenza.
Fanno del bene, e sono puniti come malfattori; e, puniti, godono, quasi si dia
loro vita. I giudei fanno loro guerra come razza straniera e gli Elleni li
perseguitano; ma coloro che li odiano non sanno dire il motivo del loro odio.
Per dirla con una parola, i cristiani sono nel mondo ciò che l'anima è nel
corpo. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo: anche i cristiani sono
disseminati nelle città del mondo. L'anima abita nel corpo, ma non proviene dal
corpo: anche i cristiani abitano nel mondo, ma non provengono dal mondo.
L'anima
invisibile è racchiusa in un corpo visibile; anche i cristiani si sa che sono
nel mondo; ma la loro pietà rimane invisibile. La carne odia l'anima e le fa
guerra, senza averne ricevuto ingiuria, ma solo perché le proibisce di godere
dei piaceri: anche il mondo odia i cristiani, che non gli hanno fatto alcun
torto, solo perché essi s'oppongono ai piaceri. L'anima ama la carne, che
l'odia, e le membra: anche i cristiani amano coloro che li odiano. L'anima è
racchiusa nel corpo, ma essa stessa sostiene il corpo: anche i cristiani sono
trattenuti nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. L'anima
immortale abita in una tende mortale: anche i cristiani dimorano come
pellegrini tra le cose che si corrompono, in attesa dell'incorruttibilità dei
cieli. Maltrattata nei cibi e nelle bevande, l'anima si fa migliore: anche i
cristiani, puniti si moltiplicano di giorno in giorno. Tanto alto è il posto che
ad essi assegnò Dio, né è loro lecito abbandonarlo.
DIAMANTE DEL DIGIUNO
È
uno strumento per rinvigorire lo spirito
Nel sogno Don Bosco ricorda che:
- Il digiuno è un elemento necessario per camminare nella vita spirituale,
nell’ascesi.
- ti permette di dare, con più facilità, ‘morte’ a
tutto ciò che ti allontana da Dio (mortificazione). La mortificazione
scaccia ogni sorta di nemico. E’ «la sentinella di tutte le virtù».
- aiuta a vivere la solidarietà e la condivisione.
- aiuta a fare discernimento e ad avere una più
lucida capacità di vedere le cose con gli occhi di Dio, quindi di decidere
qualcosa di grande per la vita.
Il rischio, la tentazione….
Oggi assistiamo alla incapacità
quasi assoluta di rinunciare a qualcosa e a fare digiuno. La società, soprattutto
quella giovanile, è troppo indebolita e fiacca.
Non si crede più al valore del “digiuno” come arma potente per
rafforzare la volontà e crescere interiormente. L’eccesso ha preso il posto
alla sobrietà, l’apatia al vigore, la stanchezza alla fortezza.
Chi è capace di non essere
schiavo delle cose, riesce a vivere nella libertà, nella freschezza e nella gioia.
Per un cammino nel digiuno
Elenco alcuni comportamenti che possono facilmente
rendere schiavi del superfluo e che possono rappresentare, a rovescio, un cammino di educazione alla sobrietà:
§
il consumo alimentare senza moderazione;
§
l'uso eccessivo di bevande alcoliche e di fumo;
§
la ricerca incessante di cose superflue,
accettando acriticamente ogni moda;
§
le spese abnormi che talvolta accompagnano le
feste popolari e persino quelle religiose;
§
la ricerca smodata di forme di divertimento che
non servono al necessario recupero psicologico e fisico;
§
l'occupazione frenetica, che non lascia spazio
al silenzio, alla riflessione e alla preghiera;
§
il ricorso esagerato alla TV, internet, ecc…
Azione
I cristiani sono
chiamati ad offrire una preziosa testimonianza di fede circa i veri valori
della vita umana, favorendo la nostalgia
e la ricerca di quella spiritualità di cui ogni persona ha grande bisogno.
Il digiuno dei
cristiani deve diventare un segno concreto di comunione con chi soffre la fame
e una forma di condivisione e di aiuto con chi si sforza di costruire una vita
sociale più giusta e più umana. Prova a fissare nella tua giornata alcuni
‘digiuni’ che ti aiutano a crescere nella condivisione e nella solidarietà
(Fatti aiutare dall’elenco di possibilità riportato qui sotto).
Preghiera
Signore, Dio della gioia e fonte della vita,
Tu solleciti il digiuno
perché ci educa a riconoscere il
bisogno di te,
ci fa sentire fame e sete di te e
della tua parola di vita (cf Mt 4, 4),
ci dispone alla preghiera e
alla supplica (Mt 17,21;Dn 9,3)
e ci rende forti contro lo spirito
maligno (cf Mc 9,29).
Noi vogliamo e desideriamo ardentemente
che tu abbia il primato nella
nostra vita
e nulla ci riempia e ci piaccia più
di Te. Amen.
Spirito Santo,
che hai condotto Gesù nel
deserto,
dove Egli ha digiunato per 40
giorni e 40 notti ,
per l’intercessione di Maria
SS.,
Madre di Gesù e Madre mia,
aiutaci a DIGIUNARE
1- dal
lamentarmi
2- dal
mormorare
3- dal
criticare
4- dalle
parole inutili e velenose
5- dalle
malignità
6- dalle
insinuazioni
7- dai
sospetti malevoli e maliziosi
8- dalle
inerzie
9- dalle
pigrizie
10- dai cibi più
piacevoli e abbondanti
11- dagli hobby
12- dalla TV
13- dal PC
14- dalle curiosità
15- dai rimandi
16- da cose superflue
17- da bere cose
diverse dall’acqua
18- dal prendere più
caffé
19- da mezz’ora di
sonno per la preghiera
20- da spese vane
21- da telefonate non
necessarie
22- da visite
inopportune
23- dal parlare di me
per vanagloria
24- dall’aprire
subito una lettera
25- dal raggiungere
subito una cosa che mi piace
26- da sogni vanitosi
27- da invidie
28- da gelosie,
29- da risentimenti,
30- da disimpegni
31- da piaceri
sensuali
32- da relazioni
possessive
33- da amicizie
pericolose
34- da discorsi e
battute frivole e sconce
35- da relazioni
esclusive ed escludenti
36- da abitudini che
rovinano e bloccano
37- da passatempi
dispersivi
38- da gesti di
ricerca di me
39- dal far
convergere l’attenzione su di me
40- dalla loquacità
41- dal disordine
42- dall’attivismo a
scapito della preghiera
43- dai giudizi
temerari e cattivi
44- dalla maldicenza
45- dai pettegolezzi
46- dalle evasioni
deresponsabilizzanti
47- dalle bugie
48- dai bisogni falsi
49- dagli sguardi e
atti impuri
50- dalle letture
nocive
CONCLUSIONE
Una favola
per riepilogare …
Un
professore terminò la lezione, poi
pronunciò le parole di rito: «Ci sono delle domande?». Uno studente gli chiese:
«Professore, quale è il significato della vita?». Qualcuno tra i presenti che
si apprestavano ad uscire si mise a ridere. Il professore guardò a lungo lo
studente, chiedendo con lo sguardo se era una domanda seria. Comprese che lo
era e allora disse: «Le risponderò». Estrasse il portafoglio dalla tasca dei
pantaloni, ne tirò fuori un pezzetto di specchio. Poi disse: «Ero bambino
durante la guerra. Un giorno, sulla strada, vidi uno specchio andato in
frantumi. Ne conservai il frammento più grande. Eccolo. Cominciai a giocarci e
mi lasciai incantare dalla possibilità di riflettere la luce del sole negli
angoli bui dove il sole non brillava mai: buche profonde, crepacci, ripostigli
… conservai il piccolo specchio. Diventando uomo finii per capire che quello
non era soltanto il gioco di un bambino, ma la metafora di quello che avrei
potuto fare nella vita. Anch’io sono il frammento di uno specchio che non
conosco nella sua interezza. Con quello che sono posso mandare la luce di quel
Sole che è Gesù negli angoli bui del cuore degli uomini affinché qualcosa cambi
in loro. In questo per me sta il significato della vita».
È una semplice
storia, ma può illuminare maggiormente il messaggio che il sogno dei dieci
diamanti ha voluto consegnarci: vivere
la vita cristiana in modo luminoso e contagioso! Viverla senza
scoraggiamenti e paure.
«Ieri
comprendevi un poco; oggi comprendi di più; domani comprenderai ancora meglio: la luce di Dio cresce in te».
Questa
affermazione di S. Agostino riassume in modo appropriato la logica di un
percorso progressivo che ha come risultato lo splendore di quella luce, che è Dio, diamante di unica bellezza.
Caro giovane, la
vita è un’avventura troppo bella!
Non puoi e non
devi renderla opaca per la tua superficialità o mediocrità. Non avere paura di
faticare per cercare, conoscere e amare il diamante che dona un senso alla tua
vita. Non perdere la gioia e l’entusiasmo della tua giovinezza, non arrenderti
di fronte alle incertezze, ma affronta ogni ostacolo con serietà e
responsabilità. Apprezzerai sempre più
la chiarezza e la luminosità di Colui che ti ama, ti sceglie e ha cura di te,
sempre!