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sabato 12 settembre 2015

“La dignità sacerdotale supera anche quella angelica – scrive san Tommaso d’Aquino (3 p., q. 22, art. 1).

La dignità del Sacerdozio visto da Sant'Alfonso Maria De Liguori

Il consiglio di San Paolo, nella 2a Lettera a Timoteo di lavorare incessantemente per il Regno di Dio, riassume bene la vita di san Alfonso (1696-1787), questo santo che è il patrono dei teologi moralisti. 

Egli aveva fatto il voto di non permettersi alcuna inutile perdita di tempo. La sua vita si è prolungata al di là del 90mo anno. A 16 anni, aveva già conseguito i gradi accademici del diritto civile e del diritto canonico, ma, avvocato brillante in carriera del foro di Napoli,  a trent’anni subì un pesante insuccesso di carattere professionale, perdendo per un semplice cavillo una causa in tribunale.  Egli valutò i pericoli e la vanità del mondo e intelligentemente si volse verso gli studi ecclesiastici ed il sacerdozio deponendo la sua spada ai piedi della statua della Madonna nella Chiesa della Mercede. 
Sacerdote, professore ; apostolo, vescovo santo, egli fondò un nuovo ordine religioso, la Congregazione dei Sacerdoti del Santissimo Redentore, per l’evangelizzazione delle campagne e degli ambienti rurali e delle periferie delle città. 

A Napoli arrivò ad ideare le Cappelle Serotine. Ossia il raduno al suono serale dell’Angelus nelle piazzette per consentire alla gente dei bassifondi, ai cosiddetti “lazzaroni”, ma anche agli operai e agli artigiani di riunirsi alla sera per partecipare alla preghiera e parlare di Dio. La sua oratoria trascinava le folle per le quali usava un linguaggio semplice e comprensibile e quando serviva, utilizzava anche la letteratura e la poesia per far penetrare il messaggio di Dio. 
Sant’Alfonso è anche noto per le sue doti di compositore di musiche e canti popolari tra i quali spicca la celebre pastorale natalizia “ Tu scendi dalle stelle”, composta nel corso di una missione popolare a Nola.

Egli è anche autore di una cinquantina di canzoncine popolari per le feste religiose più significative. Costretto dal  Pontefice, dovette accettare l’episcopato, e con grande zelo per le anime, con scienza e  santità, egli governò la sua diocesi, si ritirò in ragione delle deficienze della sua salute e, in mezzo ai suoi religiosi redentoristi, nel lavoro, nell’austerità, nella sopportazione generosa delle sofferenze fisiche, egli trascorse l’ultima parte della sua esistenza. 

E’ interessante, nello speciale anno sacerdotale indetto dal papa Benedetto XVI,  leggere che cosa il nostro santo scrive sulla dignità del sacerdote che per lui è superiore a quella degli angeli:  “Dunque la dignità del sacerdote è la più nobile fra tutte. Scrive sant’Ambrogio: “Non c’è nulla di più eccelso in questo mondo” (De dignitate Sacerdotis). “Supera tutte le dignità di re, imperatori e degli stessi angeli” – conferma san Bernardo (Sermo ad Pastor. In Syn.). “La dignità del sacerdote – nota sant’Ambrogio – supera quella dei re, quanto l’oro il piombo. L’oro non è tanto più prezioso del piombo, quanto invece è più alta la dignità del Sacerdozio sulla dignità regale”. E questo perché il potere dei re si limita ai corpi dei sudditi, ai beni materiali, quello dei sacerdoti invece si estende sui beni spirituali, sull’anima.

“Quanto più l’anima è importante nel corpo – scrive san Clemente Alessandrino (Constit. Ap. 1.2, c. 34) – tanto più eccellente è il sacerdozio su un regno”. E san Giovanni Crisostomo conferma (De Jac. 1.3): “I principi hanno potere sui vincoli del corpo; i sacerdoti anche sull’anima”.

“La dignità sacerdotale supera anche quella angelica – scrive san Tommaso d’Aquino (3 p., q. 22, art. 1). E san Gregorio Nazianzeno (Sermo 26 de Sanct. Petr.) osserva che “il sacerdozio è venerato anche dagli angeli”. “Tutti gli angeli del cielo – nota anche san Pier Damiani (Sermo 26 de Sanct. Petr.) – non possono assolvere neppure un solo peccato. Infatti assistono sì le persone a loro affidate e fanno anche in modo che, se si trovano in peccato, ricorrano ai sacerdoti per l’assoluzione, ma “benché assistano, in attesa del potere del Sacerdote, tuttavia, non godono del potere di assolvere”

Lo stesso Arcangelo san Michele, se si trovasse accanto a un moribondo che lo invoca, potrà pure allontanare i demoni, ma non liberare quel suo devoto dalle catene del peccato, se non accorre un sacerdote che lo assolva. 
Il Serafico San Francesco d’Assisi era solito dire: “Se vedessi un angelo del paradiso e un sacerdote, prima genufletterei davanti al sacerdote, poi davanti all’angelo”.

Il potere del sacerdote supera anche quello di Maria Santissima. La divina Madre, infatti, può pregare per una persona e, pregando, ottenere ciò che vuole, ma non assolverla da una pur minima colpa. 
Scrive papa Innocenzo III (Nova quaedam de Poen. Rem.): “Benché la beata Vergine sia superiore agli Apostoli, tuttavia solo a questi sono state affidate le chiavi del Regno dei cieli”. E san Bernardino da Siena (Tom. I, Sermo 20, art. 2, c. 7) esclama: “Vergine benedetta, perdonami, non intendo minimamente offenderti, ma il sacerdote prevale su di te!”. Maria, infatti, ha concepito Cristo una volta sola, ma il sacerdote – diciamo -, consacrando lo concepisce quante volte vuole. Sicché se la persona del Redentore non fosse ancora venuta su questa terra, il sacerdote, con le parole della consacrazione, genererebbe la persona dell’uomo-Dio.

Come a Dio fu sufficiente dire “Fiat” (Sal 32, 9) e il mondo fu, così al sacerdote basta dire sul pane e sul vino: “Questo è il mio corpo; questo è il mio sangue” e il pane non è più pane, il vino non più vino, ma sostanza del corpo di Cristo. “Il potere sacerdotale – scrive san Bernardino da Siena (Tom. I, Sermo 20, art. 2, c. 7) – è come quello delle tre divine persone, giacché per la transustanziazione del pane si richiede tanta potenza quanta la creazione del mondo”
“O venerabile santità nelle mie mani! – scrive sant’Agostino (In Ps. 37) – O felice opera! Chi mi creò (se è lecito dirlo), mi diede potere di creare lui! Chi creò senza di me, egli stesso ha creato se stesso mediante me!”. “Con la parola Dio creò dal nulla cielo e terra, così, --dice san Girolamo (Sermo de corpore Christi) – la parola del sacerdote crea Cristo”.
Don Marcello Stanzione

AMDG et BVM

lunedì 15 giugno 2015

“Questo sì che è un bravo prete!”

“Questo sì che è un bravo prete!”

Cristo Sommo ed eterno sacerdote

FdS - NEWSLETTER 2015-12

Nel cattolicesimo il sacerdote è una figura molto importante, anche se spesso la sua vera importanza è misconosciuta o fraintesa. Infatti al di là dell’umana simpatia che una persona può suscitare o meno in noi, anche nelle nostre parrocchie i giudizi sulla persona del parroco sono a volte molto contraddittori e spesso celano una inconsapevole ignoranza riguardo alla sua vera missione.

Questo sì che è un bravo prete!”. D’accordo, ma in base a cosa esprimiamo questo giudizio? Domanda sicuramente insidiosa, alla quale però non ci si può sottrarre, pena il pericolo di finire tra le fauci di cattivi pastori, di santoni o di eretici di qualsiasi possibile sorta.

Iniziamo però la trattazione premettendo che la Chiesa non è nata dal basso, per usare un termine tanto di moda, ma è stata costituita partendo dal vertice, che è Cristo stesso. Nostro Signore Gesù Cristo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e fattosi uomo ha scelto degli apostoli costituendoli suoi “ministri”. Se la Chiesa è sorta per iniziativa di Cristo, che ne è il capo, è dunque a Lui che dobbiamo guardare per capire perché Gesù si è scelto degli apostoli e per vedere quali sono i “compiti” che loro affidò. A loro sono infatti stati conferiti vari poteri, ad esempio quello di andare a battezzare le genti o quello di rimettere i peccati in Suo nome. In particolare però ordinò loro di celebrare in perpetuo il suo Santo Sacrificio e per questo il Giovedì Santo, durante l’ultima cena (preludio e anticipazione del suo cruento sacrifico sul Calvario), li costituì veri sacerdoti.

Ma perché? Perché Gesù, venuto sulla terra per redimerci dal peccato e donarci la salvezza eterna per mezzo del suo sacrificio salvifico, testimoniato dalla sua vittoriosa Risurrezione dalla morte, voleva, per mezzo loro, portare la salvezza (liberazione dal peccato e dalla morte) al maggior numero possibile di uomini. Come? Conferendo agli apostoli la potestà di battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, di ricondurre alla fonte dell’Amore chi fosse nuovamente caduto nel peccato (confessione) e di rendere tutti sempre più forti e santi nella fede per mezzo della vita di grazia donata in modo particolare coi sacramenti.

In poche parole gli apostoli ed i loro successori hanno il compito di invitare al banchetto nuziale il maggior numero di persone possibile. E naturalmente hanno il compito di indicare agli invitati quale sia l’abito idoneo da indossare al banchetto per non essere cacciati, come nella parabola, dal Padre dello sposo. (Matteo: 22, 1-14)

Sembra banale ed evidente quanto detto: 100 anni fa queste cose le sapevano tutti a partire dalla prima comunione! Ora invece si apprende che la missione principale del sacerdote non è quella di donare Dio e la sua grazia alle anime redente dal Sangue di Cristo, ma quella di fornire a quanti li incontrano un di più di umanità (Convegno nazionale di Firenze del prossimo novembre). 

Si può a lungo discutere su cosa sia questo di più di umanità, ciò che fa rabbrividire è il sapere che i nostri sacerdoti non avrebbero quale compito prioritario quello di donarci e farci partecipi della divinità di Cristo! Questo è il punto sostanziale. Senza la grazia soprannaturale il nostro essere può essere più o meno umano, ma sempre e solo umano resta e come tale incapace di accedere da solo alla beatitudine celeste del Paradiso. 

Uomini, scelti da Dio per essere suoi sacerdoti, ma che non ci trasmettono l’invito concreto ed efficace alla vita eterna, sono per noi inutili. Saremo esigenti ma le lauree in psicologia, in sociologia, gli studi sulle dinamiche di gruppo e le tante nuove discipline nelle quali vengono formati i sacerdoti non ci soddisfano: pretendiamo di più, molto di più. Vogliamo sacerdoti che nei sacramenti ci donino la grazia di Dio! Sacerdoti che ci insegnino la grandezza del dono della grazia. È quanto a gran voce invochiamo quando diciamo:
Signore donaci sacerdoti! Signore donaci tanti sacerdoti! Signore donaci tanti santi sacerdoti!

Oratio Sanctissimi Domini Nostri Pii PP. XII per la santificazione dei sacerdoti da recitarsi da parte del clero:
Domine Iesu, Pontifex aeterne, Pastor bone, fons vitae, qui nos, nullis nostris suffragantibus meritis, ex peculiari Sacratissimi Cordis tui munere in sacerdotum tuorum ordinem aggregasti, ad illa implenda vota, quae gratia tua mentibus nostris aspirat, auxiliantis misericordiae tuae nobis larga dona concede. Tu qui pro nobis sanctificasti teipsum, ut simus et ipsi sancti in veritate (cfr. Io. 17, 19), fac, ut a via, quae tu es, numquam digredientes, in doctrina tua sollertes, in exsequendis legis tuae praeceptis fideles, suavissimi Cordis tui imaginem in nostros mores referamus, et in te et per te in omnibus rebus Patri placeamus caelesti.
Resplendeat in nobis cum prudentia omnis forma iustitiae, et castae temperantiae moderationi fortitudinis robur adiungatur. Pectori nostro sincera fides insideat, immortalium bonorum spes solacii rorem infundat; ibique caelestis ignis fiammescat, quem Cor tuum fornax ardens caritatis accendat. Fac ut in verbis tuis, in quibus aeterna sapientia refulget, iugis meditatio nostra versetur, et unde ipsi pascimur, oves gregis tui, curam nostram, pascamus. Qui Evangelio tuo adversantur, unitatis nostrae vereantur compaginem, neque ullo modo in nobis quidquam deprehendant, quod Ecclesiae tuae, Matri nostrae, experti rugae et maculae, imputent. Fac denique ut non nostras utilitates, sed tuam gloriam sectantes, usque ad extremum halitum in officio nostro, rectae voluntatis conscientia pura, perstemus; et cum corpus nostrum morietur, te, quem in terris habemus ductorem et comitem, in Sanctorum splendoribus aeternum praemium sortiamur. Qui vivis et regnas cum Deo Patre in unitate Spiritus Sancti per omnia saecula. + Amen.
Die 14 Maii 1956. Ssmus D. N. Pius div. Prov. Pp. XII benigne tribuere dignatus est partialem mille dierum Indulgentiam, a sacerdotibus saltem corde contrito acquirendam, quoties supra relatas preces devote recitaverint. Contrariis quibuslibet minime obstantibus. N. Card. Canali, Paenitentiarius Maior. S. Luzio, Regens
Preghiera di Sua Santità Pio XII per la santificazione dei Sacerdoti
da recitarsi da parte dei fedeli:
O Gesù, Pontefice eterno, Pastor buono, Fonte di vita, che per singolare munificenza del tuo dolcissimo Cuore ci hai dato i nostri Sacerdoti a fine di compiere in noi quei disegni di santificazione che la tua grazia ispira ai nostri cuori, noi ti preghiamo: vieni in loro aiuto con la tua misericordia soccorritrice.
Sia in essi, o Gesù, viva nelle opere la Fede, incrollabile nelle prove la Speranza, ardente nei propositi la Carità. La tua parola, raggio dell'eterna Sapienza, divenga, per la continua meditazione, l'alimento perenne della loro vita interiore; gli esempi della tua vita e della tua Passione si rinnovino nella loro condotta e nelle loro sofferenze a erudizione nostra, a luce e conforto nei nostri dolori.
Fa', o Signore, che i nostri Sacerdoti, distaccati da ogni mondano interesse e unicamente solleciti della tua gloria, persistano fedeli al dovere con pura coscienza fino all'estremo anelito. E quando con la morte del corpo rimetteranno nelle tue mani la ben compiuta consegna, abbiano in Te, Signore Gesù, che fosti in terra loro Maestro, l'eterno premio della corona di giustizia nello splendore dei Santi. + Così sia.
Die 17 Iulii 1956. Ssmus D. N. Pius div. Prov. Pp. XII benigne tribuere dignatus est partialem mille dierum Indulgentiam, a christifidelibus saltem corde contrito acquirendam, quoties supra relatam orationem devote recitaverint. Contrariis quibuslibet minime obstantibus. N. Card. Canali, Paenitentiarius Maior. S. Luzio, Regens.


 Presentazione e notiziario precedente di: FdS ==> Fede di Sempre.

martedì 31 marzo 2015

OPINIONI: Il clero ha una grande responsabilità all'interno della Chiesa

Il neo-clero

Il clero ha una grande responsabilità all'interno della Chiesa: è in grado di stimolare e far lievitare una realtà o, al contrario, di deprimerla e necrotizzarla.

In Occidente, il concilio di Trento aveva certamente in mente questo quando istituì i seminari, luoghi deputati alla formazione intellettuale e spirituale del clero.

Non sono di quelle persone che pensano ai seminari come a luoghi ideali. Come ogni scelta umana, anche questo tipo d'istituzioni risentono di limiti e problematiche di varia natura emerse nel corso del tempo.

Ammetto, però, che la loro istituzione aveva un fine positivo: formare un clero di alta qualità. Che ci sia riuscito o meno, poi, è un altro paio di maniche e dipende da luoghi, tempi e persone. La caricatura con la quale si apre questo post ci indica che, nonostante tutto, nella Francia dell'Ancien Règime, il clero non era visto nel modo migliore e che i buoni esempi continuavano a rimanere una minoranza.

Nel tempo attuale, tuttavia, è successo qualcosa di totalmente nuovo, che solo in parte il mondo tradizionalista cattolico ha notato: la nascita di un neo-clero. Questo neo-clero è in rottura più o meno apertamente palese con il passato religioso ed è composto da uomini che, francamente, potremo definire "né carne né pesce".

Non li si può qualificare laici, poiché appartengono ad uno status differente, distinto e appartato da quello laicale. Non li si può definire chierici, poiché hanno profonda idiosincrasia verso tutto quello che definisce il chierico in senso proprio (il dedicarsi alla preghiera, alla riflessione quotidiana sui misteri della fede, al santuario, alla cura delle realtà ecclesiastiche, ad un'istruzione tradizionale...).

Sono sostanzialmente dei chierici desacralizzati che, appena possono, preferiscono il bar all'oratorio, la piazza al presbiterio, la festa e la danza alla compostezza ieratica. Nei casi più tristi, finiscono per avere una doppia vita nella quale manifestano una grande scioltezza e una tranquilla indifferenza, cosa impensabile fino a sessant'anni fa. In questa doppia vita essi si sentono veramente loro stessi!
Non sono "né carne né pesce" ma desiderano la libertà dei laici, pur non essendo tali, e i privilegi dei chierici, pur essendo contro la figura tradizionale del chierico. In questo modo tengono i piedi su due staffe.


Man mano che nell'ambito di una Chiesa vengono meno le vecchie generazioni, emerge sempre più la presenza di questo neo-clero un po' adolescenziale, un po' semplicista, in spessi casi sans soucis e superficiale, molto vitalista, sempre animato da una viscerale avversione alle forme religiose tradizionali.

La gente di una certa età che ha ancora il ricordo di uno stile più impegnato e riservato, denomina questi chierici in modo gentile ma serio come “preti moderni”. In realtà, questa definizione significa semplicemente “non preti”.

Già nei lontani anni '80 ricordo uno studente cattolico di teologia che mi confidava: “In seminario ci danno un'istruzione ma non abbiamo alcun modello da seguire. Chi devo seguire io? A chi mi devo ispirare?”. Costui come tutti i suoi compagni di classe finì per divenire un “prete fai da te”, ossia si ritagliò un'immagine di prete come pensava o credeva fosse meglio. L'istituzione non voleva o non aveva il coraggio di fornigli alcun modello, men che meno un modello sacrale, cosa aborrita già da allora. Oggi, che pure un papa sta desacralizzando la sua figura, le cose sono ancor più precipitate verso l'improvvisazione e la secolarizzazione.

Non si creda che questo sia un problema precipuo al mondo cattolico. Anche altre realtà ecclesiastiche lo vivono da tempo, seppure in forma e modalità diversa.
Ad esempio in Grecia esiste il fenomeno dei “ preti signorini”. Costoro, che tendono ad aumentare sempre più, sono preti non sposati che non vivono in monastero. Sono iscritti nel numero dei monaci di un monastero in modo puramente formale, per giustificare il fatto d'essere celibi, ma non sono in grado di condurre una vita religiosa sotto l'obbedienza di una regola. Ricordo uno di essi che molto sinceramente mi disse: “Non sono in grado e non voglio vivere in monastero!”.

Questi “signorini” sono simili al clero latino con la differenza che mentre in Occidente il clero si è ritagliato un suo preciso status, in Oriente il “signorino” si fa uno status a suo uso e consumo con il rischio di divenire molto individualista e, in fin dei conti, di obbedire solo a se stesso. Queste persone, sottoposte ad un maggior rischio  d'individualimo, sono gli episcopabili odierni!

Per essere più chiaro ancora: un vescovo scelto da questi “signorini” e con queste caratteristiche invece di pensare al bonum ecclesiae, finirà per attingere ai soldi della Chiesa e rimpinguare il suo conto corrente sottoponendo la Chiesa stessa ai suoi capricci e promuovendo gente incapace e cortigiana, punendo ed isolando le persone più degne. Sta succedendo e succederà sempre più ...

Ricordo un monaco atonita di una certa responsabilità che mi ripeteva: "Stanno saccheggiando la Chiesa, la Chiesa è piena di ladri". Si riferiva a questo. E non si creda che questo sia solo un problema orientale. È un problema universale!


Per aliam viam, ci troviamo sempre dinnanzi alla stessa problematica posta dall'esistenza del neo-clero. Nel caso greco il neo-clero bizantino non può mostrare aperta antipatia per le tradizioni ma le svitalizza rendendole pura formalità, cose da farsi per poi sbarazzarsi di paramenti sacri e simboli religiosi e correre al caffé del paese per parlare di amenità. Un appartenente al neo-clero greco, così, non s'immerge nella liturgia come in un mistero con il quale riempire di grazia se stesso e i fedeli (prospettiva spirituale-monastica, misterica e mistica) ma la tratta come il palcoscenico di un teatro nel quale mostra se stesso e per questo solo fatto cerca lodi e consensi. Invece di succedere il contrario come dovrebbe, Dio, come in Occidente, diviene lo sfondo e l'uomo emerge in primo piano col rischio di oscurare tutto.

Il neo-clero è un flagello per la Chiesa ovunque esso appaia. Purtroppo questo flagello è quanto si merita l'uomo attuale, raramente in grado di poter offrire una qualità migliore a se stesso e agli altri. Ecco, quindi, una delle ragioni dell'implosione del Cristianesimo in se stesso: quando il neo-clero diviene sempre più prevalente, Dio è spinto sempre più sullo sfondo e l'uomo, con il pretesto di Dio, mette in mostra se stesso. Alla fine è la Chiesa stessa che cambia natura e diviene qualcos'altro. Da questa neo-chiesa i cristani fedeli non potranno che appartarsi o fuggire, essendo oramai divenuta una realtà tossica. Ecco in parte spiegata la fuga dalla pratica religiosa, in questi ultimi decenni.
Pubblicato da Pietro C. 13:30 

7 commenti:
non penso sia prerogativa del neo-clero, non essere sale, ma anche quelli precedente alla generazione 70-80-90 ad essere spenta e glielo si legge negli occhi..


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E' una prospettiva alla quale avevo pensato, in effetti. Ma i difetti di un clero divenuto tale senza vocazione (un tempo era più frequente di oggi) se sono sempre esistiti, oggi si assommano a situazioni decisamente inedite come quelle di una società di fatto postcristiana con tutto quello che ciò comporta.
Sacerdoti poco edificanti sono sempre esistiti. Ma una volta si tendeva a nascondere o a negare i propri peccati, quand'anche non ci si vergognava di essi. Oggi non è più così. Inoltre se un tempo esisteva una certa obbedienza e collaborazione, oggi molti vescovi devono confessare che i preti non obbediscono più. E i problemi di questo clero iniziano a contraddistinguere i vescovi fino a salire sempre più in alto. Sono dati di fatto davanti ai quali umanamente parlando non si può far nulla se non prenderne atto. Non voglio rattristare nessuno ma neppure illudere.
In Oriente ci sono, non meno che da noi, pesanti problemi umani con la particolarità di vescovi ignoranti, incapaci e indegni, moltissima simonia... Questa è la realtà!
  1. Descrizione: https://lh6.googleusercontent.com/-289oeq5Mc6s/AAAAAAAAAAI/AAAAAAAAABM/YdDPOTRuZKM/s512-c/photo.jpg
sì,ma dalla mie parti non è la simonia o la disubbidienza è il problema, noto solo che anche le generazioni di preti che è nata negli '50 sta perdendo il significato dei riti e dei sacramenti...


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La simonia è più un problema delle chiese orientali (in Grecia per un semplice battesimo certi parroci chiedono 800 euro, se le pare possibile!), la disobbedienza serpeggia un po' ovunque. Ma la mancanza di significato è indice di una mancanza di vita spirituale.
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vero, epperò come fanno ad avere vita spirituale se hanno ucciso il Padre, per rincorrere il mondo e le sue ideologie mortifere?
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Penso che questo genere di situazioni nasca quando c'è troppo benessere, in Occidente come in Oriente.
Nella Chiesa cattolica ortodossa - almeno sulla carta - l'asscesi viene ancora predicata e praticata da molti, mentre la Chiesa romana occidentale già dal Medioevo aveva iniziato a tagliare le pratiche del digiuno e dell'astinenza (famosi i castori classificati "animali acquatici" come i pesci), poi a partire dal XV secolo furono ammessi in Quaresima anche formaggi e uova, fino a Pio X, che permise anche la carne in alcuni giorni, per finire con Paolo VI, che ha ridotto i giorni di digiuno a due (!) e l'astinenza ai soli Venerdì.
La Chiesa cattolica ortodossa russa forse è più sana, perché uscita da oltre 70 anni di persecuzione e privazioni.
Anacleto



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È la comodità che ha fatto entrare nell'anima il verme della decadenza. 
Ma come dice giustamente lei non tutti gli ambienti del mondo ortodosso sono marci. Ce ne sono pure di sani, per fortuna! L'impegno personale dev'essere quello di espandere gli ambienti sani senza intrattenersi troppo a dar spago o risonanza a quelli marci. 

Tanto questi ultimi si fanno risonanza da soli: sono come le teste di legno che fan sempre fracasso, segno che certe persone hanno un disagio interiore che non trova riposo fintanto che non si allontanano dallo smodato amore a se stessi...

sabato 28 marzo 2015

28. Preghiera per i sacerdoti di Gesù





O Gesù, sommo ed eterno sacerdote,
custodisci il tuo sacerdote dentro il Tuo Sacro Cuore.
Conserva immacolate le sue mani unte
che toccano ogni giorno il Tuo Sacro Corpo.
Custodisci pure le sue labbra
arrossate dal Tuo Prezioso Sangue.
Mantieni puro e celeste il suo cuore
segnato dal Tuo sublime carattere sacerdotale.
Fa’ che cresca nella fedeltà e nell’amore per Te
e preservalo dal contagio del mondo.
Col potere di trasformare il pane e il vino
donagli anche quello di trasformare i cuori.
Benedici e rendi fruttuose le sue fatiche
e dagli un giorno la corona della vita eterna.

(Santa Teresa di Gesù Bambino)


COR MARIAE IMMACULATUM,
INTERCEDE PRO NOBIS

lunedì 29 settembre 2014

Così parlano i Santi


 IL CELIBATO SACERDOTALE SEGNO DELLA CARITA’ DI CRISTO.
della Beata Teresa di Calcutta

Leggiamo nelle Scritture come Gesù venne a proclamare la Buona Novella che Dio ci ama. Oggi lui vuole che noi siamo quell'Amore. Gesù ha detto: “L'avete fatto a me ” (Mt 25,40). Ero affamato, nudo, forestiero e abbandonato e mi avete fatto queste cose. Io lo chiamo vangelo sulle cinque dita.
Tutti sono chiamati ad amare Dio con tutto il cuore, l'anima, l'intelligenza e le forze e, per amore di Dio, ad amare il proprio prossimo. La notte prima della sua morte Gesù ci ha dato due grandi doni: il dono di se stesso nell'Eucaristia e il dono del sacerdozio per continuare  la sua presenza viva nell'Eucaristia.
Senza sacerdoti non abbiamo Gesù.
Senza sacerdoti non abbiamo l'assoluzione.
Senza sacerdoti non possiamo ricevere la Santa Comunione.




Come il Padre ha preparato per suo Figlio una degna dimora nel Seno Innamorato di una Vergine, cosi è opportuno che un sacerdote si prepari a prendere il posto di Gesù, il Figlio di Dio, scegliendo liberamente il celibato sacerdotale.

Il matrimonio e la procreazione sono miracoli dell'amore di Dio per mezzo dei quali uomini e donne diventano suoi collaboratori nel portare una nuova vita al mondo. Gesù ha parlato però chiaramente di qualcosa persino più grande di questo quando ha detto che in cielo le persone non si sposano né vengono date in matrimonio, ma vivono come gli angeli nei cieli, e che ci sono alcuni che hanno rinunciato al matrimonio per amore del Regno di Dio.

Il celibato sacerdotale è il dono che prepara alla vita nei cieli. Gesù chiama i suoi sacerdoti a essere suoi collaboratori nella Chiesa, a riempire il cielo di figli di Dio.

“ Un giorno due giovani si presentarono alla nostra casa  e mi diedero una grande somma di denaro per nutrire il Popolo, perché a Calcutta, come sapete, noi sfamiamo ogni giorno molti poveri. Chiesi loro dove avessero preso tutto quel denaro, ed essi risposero: "Due giorni fa ci siamo sposati e prima del matrimonio abbiamo deciso che non avremmo acquistato gli abiti nuziali, che non avremmo dato un ricevimento di nozze, ma che invece vi avremmo dato quel denaro per sfamare i poveri". Era un gesto straordinario per degli Indù di ceto sociale elevato. Domandai allora: "Perché lo avete fatto?. Ed essi risposero:"Ci amavamo talmente che volevamo dividere la gioia di questo amore con le persone che voi servite" ”.

Per me questa bellissima storia di due persone che si amano rappresenta un segno vivo dell'unione di Gesù con i suoi sacerdoti. Qui il sacrificio non consiste nel denaro o in cose materiali, ma in un dono più alto e migliore, quello del celibato sacerdotale. Il dono più grande che una persona può offrire a Gesù il giorno in cui diventa sacerdote è un cuore verginale, un corpo verginale. Noi lo chiamiamo celibato sacerdotale. E’ come l'amore verginale di Cristo per la sua Chiesa, che i sacerdoti rappresentano. La Chiesa è il corpo di Cristo, è la sposa di Cristo.

Il celibato non è soltanto la nostra capacità di dare, ma ancor più la nostra capacità di accogliere il dono di Dio, la scelta di Dio. Meditate devotamente sul fatto che Lui, il Creatore dell'Universo, ha tempo per voi, Sue piccole creature.

Il celibato sacerdotale crea un vuoto che ci permette di ricevere l'altro dono meravigliosoche soltanto Gesù può offrire e regalare, il dono dell'amore divino. In primo luogo Gesù offre il prezioso dono di se stesso per un'amicizia con lui personale e fedele che dura tutta la vita, nella tenerezza e nell'amore. Nulla farà venire meno la sua fedeltà. Lui rimane fedele.

Cari collaboratori di Cristo, voi avete detto “Si” a Gesù e lui vi ha presi in parola. La parola di Dio è divenuta Gesù, il povero. Il vostro celibato sacerdotale è il terribile vuoto che sperimentate. Dio non può riempire ciò che è pieno. Può colmare soltanto il vuoto; la grande povertà e il vostro “ si ” segnano l'inizio dell'essere o del divenire vuoti. Non si tratta tanto di quanto effettivamente “ abbiamo ” da dare, ma di quanto siamo vuoti, in modo da poter ricevere pienamente nella nostra vita e di far si che Lui viva la sua vita in noi. Oggi lui vuole rivivere in voi la sua completa sottomissione al Padre; consentitegli di farlo. Non importa quello che provate, ma ciò che egli sente in voi. Distogliete lo sguardo da voi stessi e rallegratevi di non avere nulla, di non essere nulla, di non poter far nulla. Ogni qualvolta questa vostra nullità vi spaventa, fate un gran sorriso a Gesù. Questa è la povertà di Gesù. Voi e io dobbiamo far si che lui viva in noi e, attraverso di noi, nel mondo. Stringetevi alla Nostra Signora, perché anche lei, prima di diventare piena di grazia, piena di Gesù, ha dovuto attraversare questo buio. “ Com'è possibile? ”, ha chiesto. Ma nel momento in cui ha detto “ si ” ha sentito il bisogno di affrettarsi e di portare Gesù a Giovanni e alla sua famiglia. 

Continuate a donare Gesù alla gente non con le parole, ma col vostro esempio, con il vostro amore per lui, irradiando la sua santità e diffondendo la sua fragranza di amore ovunque andate. Fate si che la gioia di Gesù sia la vostra forza. Siate lieti e in pace, accettate tutto ciò che lui vi dona, e accogliete tutto ciò che lui prende con un gran sorriso. Voi appartenete a lui; diteglielo: “lo sono tuo ”, e se fossi tagliato a pezzi, ciascun pezzo non sarà altro che tuo. Fate si che Gesù sia in voi vittima e sacerdote.

Scegliendo liberamente il celibato sacerdotale, il sacerdote rinuncia alla paternità terrena per accogliere la partecipazione alla paternità di Dio.
Invece di diventare padre di uno o più figli sulla terra, egli adesso è in grado di amare tutti in Cristo. SI, Gesù chiama il suo sacerdote a portare l'amore tenero del Padre a tutti e a ciascun uomo. Per questo motivo la gente lo chiama “ Padre ”.

Il celibato sacerdotale non significa semplicemente non sposarsi. non avere una famiglia. Rappresenta l’amore indiviso per Cristo nella castità; nulla e nessuno mi separerà dall'amore di Cristo. Non si tratta soltanto di una lista di no, si tratta di amore. E’ libertà di amare e di essere tutto per tutti gli uomini. Per questo abbiamo bisogno della libertà, della povertà e della semplicità di vita. Gesù avrebbe potuto avere tutto, ma scelse di non avere nulla. Anche noi dobbiamo scegliere di non avere e di non godere di certi lussi. Perché meno abbiamo per noi stessi, più Gesù può donarci, e più abbiamo per noi stessi, meno Gesù può donarci. Quali sacerdoti, dovete essere capaci di provare la gioia di questa libertà, di non aver nulla, di non avere nessuno; allora potrete amare Cristo con amore indiviso nella castità. Ecco perché quando un sacerdote è completamente libero di amare Cristo, l'opera che compie nell'obbedienza è il suo amore per Cristo in azione. Il preziosissimo Sangue è nelle sue mani, può spezzare il Pane di Vita e darlo a quanti hanno fame di Dio.

Tutti coloro che sono chiamati a seguire Gesù nel celibato sacerdotale e a condividere il suo sacerdozio, preghino e chiedano il coraggio di donare... “ di donare fino al dolore”. Questa donazione rappresenta il vero amore in azione e possiamo operarla soltanto quando siamo una cosa sola con Lui, perché soltanto in lui, con lui e attraverso di lui, Gesù potrà fare grandi cose, ancora più grandi di quelle che ha già fatto.

Non ci sono paragoni per la vocazione del sacerdote. E’ come un sostituire Gesù sull'altare, nel confessionale e in tutti gli altri sacramenti in cui egli usa il pronome “ Io ”, come Gesù. Pensate come il sacerdote deve essere una sola cosa con Gesù perché Lui lo usi al suo posto, nel suo nome, per pronunciare le sue parole, per compiere le sue azioni, per cancellare i peccati, per trasformare il semplice pane e vino nel Pane di Vita del suo Corpo e nel suo Sangue. Solo nel silenzio del suo cuore egli può ascoltare la parola di Dio e dalla pienezza del suo cuore può pronunciare queste parole: “Io ti assolvo” e “Questo è il mio Corpo”. 

Come deve essere pura la bocca del sacerdote e come deve essere puro il suo cuore perché egli possa pronunciare le parole: “ Questo è il mio Corpo” e trasformare il pane nel Gesù vivente. Come devono essere pure le mani del sacerdote, come deve essere completa l'identificazione con le mani di Gesù, se in esse, quando egli alza quelle mani, c'è il Preziosissimo Sangue di Gesù. Un peccatore si viene a confessare oppresso dal peccato, e quando lascia il confessionale è un peccatore senza peccato. Quanto deve essere puro e sacro un sacerdote per rimettere i peccati e pronunciare le parole: “ lo ti assolvo ”! Per me il sacerdozio è la sacralità, la santità per cui Cristo è venuto sulla terra e si è fatto uomo per vivere l'amore e la compassione di suo Padre, e per cancellare il peccato.

 Abbiamo un meraviglioso esempio di questo nell'esperienza della nostra gente.

“ La suora trovò un uomo e fece per lui tutto ciò che l'amore può fare per un uomo chiuso in se stesso per tanti anni. Per due giorni lui non parlò. Il secondo giorno disse: “Lei ha portato Dio nella mia vita, mi porti anche un Padre". Così la suora gli portò un sacerdote e lui si confessò dopo sessant'anni. Il giorno successivo mori ”.

Ecco cos'è il sacerdote; il “vincolo di unione” tra l'uomo e Dio, proprio come Gesù, per cancellare il peccato. Dio entra nella vita dell'uomo, ma il perdono per i suoi peccati deve avvenire attraverso il sacerdote per ristabilire pienamente il rapporto con Dio.

E’ stato un miracolo di grazia quello che è avvenuto nell'uomo che si era allontanato da Gesù per tanti anni, e lui lo ha espresso in modo bellissimo: “ Lei ha portato Dio nella mia vita... mi porti anche un Padre ”. Quella relazione, quella misericordia, quella cancellazione dei suoi peccati, gli sono venute grazie alle mani del sacerdote e alle parole del sacerdote.

Il sacerdote deve anche proclamare Cristo. E non può proclarmarlo se il suo cuore non è pieno di Dio; e Dio è amore. Ecco perché ha bisogno di ascoltare la voce di Dio nel silenzio del suo cuore, perché soltanto allora, dalla pienezza del suo cuore, egli può pronunciare la parola di Dio.

Voi, quali sacerdoti di Dio, siete i suoi strumenti vivi, e quindi dovete sempre consentirgli di fare di voi esattamente ciò che vuole per la gloria del Padre. Lo stesso Spirito vi inviterà a vivere un'unione sempre più stretta con Gesù, nel cuore, nella mente e nell'azione, affinché tutto ciò che farete e direte sia per lui, con lui e verso di lui. Ed egli è tutt'uno col Padre, così voi dovete essere tutt'uno con Gesù. Come voi siete stati sigillati col suo sacerdozio, cosi lui deve essere colui che vive questo sacerdozio dentro di voi. Nulla e nessuno deve separarvi da Gesù, cosi che possiate dire con san Paolo: “ Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me ”.

Cristo si è fatto Pane di Vita per soddisfare la nostra fame per il suo amore, e diventa affamato cosi che noi possiamo soddisfare la sua fame per il nostro amore. Quando san Paolo stava andando a distruggere i cristiani di Damasco, fu gettato a terra e udì la voce: “ Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ”. E Paolo chiese: “ Chi sei tu, Signore? ”. Cristo non ha menzionato i cristiani di Damasco: è la stessa cosa. “ Quello che farai al più piccolo dei miei fratelli l'hai fatto a me ”. 
Se nel mio nome tu offri un bicchier d'acqua, lo hai dato a me. Se nel mio nome ricevi un bambino, ricevi me. E ha fatto anche si che questa fosse una condizione per cui al momento della morte saremo giudicati su quello che siamo stati e su quel che abbiamo fatto. Egli fa di se stesso l'affamato, l'ignudo, il forestiero, l'ammalato, l'abbandonato, il rifiutato, il reietto, e dice: “ Ero affamato e mi avete dato da mangiare ”. Non avevo fame solo di pane, avevo fame di amore. Ero nudo non solo di un capo di vestiario, ma ero nudo dell'umana dignità di un figlio di Dio. Ero un senzatetto bisognoso non solo di una casa fatta di mattoni, ero forestiero, reietto, abbandonato, senza amore, uno scarto della società, e voi mi avete fatto questo. 

Gesù nell'Eucaristia diventa Pane di Vita per soddisfare la nostra fame di Dio, perché tutti siamo stati creati per amare e per essere amati. E quel che Gesù vuole è molto chiaro, perché come facciamo ad amare Dio? Dov'è Dio? Dio è in ogni luogo. Come amiamo Dio? Perciò ci offre la possibilità di fare agli altri quello che vorrebbe noi facessimo a lui. Far diventare il suo amore per lui un’azione viva. 
Per questo quindi ogni vocazione sacerdotale non è semplicemente fare questo o quello; un sacerdote è stato creato per essere totalmente ‑ corpo, mente, cuore, ogni fibra dei suo essere, ogni fibra della sua anima ‑ di Dio, perché Lui lo ha chiamato per nome. 
Un sacerdote per Lui è molto prezioso, un sacerdote è amato teneramente da Dio, da Gesù che lo ha scelto perché sia il “secondo se stesso” ‑ E l'opera che è stata affidata al sacerdote è soltanto un mezzo per mettere in azione viva il suo tenero amore per Dio.

Quindi il lavoro che egli compie è sacro. E questo impegno deve sempre portare a Dio non soltanto se stesso, ma deve essere in grado di condurre le anime a Dio. Ecco perché Gesù ha detto: “Lasciate che vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre”.

Voi dovete essere la radiosità di Gesù stesso. Il vostro sguardo deve essere il suo, le vostre parole le sue. La gente non cerca i vostri talenti, ma Dio in voi. Conducetela a Dio, mai verso voi stessi. Se non la conducete a Dio significa che cercate voi stessi e la gente vi amerà soltanto per voi, non perché le ricorderete Gesù. 
Il vostro desiderio deve essere di “ offrire soltanto Gesù ” nel vostro ministero, piuttosto che voi stessi. Ricordate che soltanto la vostra comunione con Gesù porta alla comunicazione di Gesù. Come Gesù era strettamente unito al Padre tanto da essere il suo splendore e la sua immagine, cosi, con la vostra unione con Gesù, voi diventate la sua radiosità, una trasparenza di Cristo, affinché quelli che vi hanno visto in certo qual modo avranno visto lui.

Per poter essere veramente sacerdoti secondo il Cuore di Gesù avete bisogno di pregare molto e di tanta penitenza. Un sacerdote ha bisogno di unire il proprio sacrificio al sacrificio di Cristo se vuole veramente essere una cosa sola con lui sull'altare.
Quando Sua Santità Paolo VI è morto ho ricevuto una telefonata da Londra nella quale mi si chiedeva cosa pensavo della morte del Santo Padre e io ho detto: “ Era santo, era un padre amorevole. Amava molto i bambini e i poveri e aveva un amore speciale per i Missionari della Carità. E’ tornato alla casa di Dio e adesso noi possiamo pregarlo ”. Ciò che ho detto del Santo Padre era vero perché, quando stava per morire, il Segretario celebrò la Messa accanto al suo letto.
Lui ebbe un attacco di cuore proprio al momento della consacrazione. Collegate questo fatto a quanto egli aveva detto l'anno precedente, quando qualcuno gli disse che stava soffrendo troppo, che stava continuando la Passione di Cristo, che stava soffrendo soprattutto per quello che accadeva all'interno della Chiesa, a causa di vescovi, sacerdoti e religiosi che lasciavano la Chiesa. Il Santo Padre non si mise a discutere o a spiegare, ma disse una frase breve e chiara: “Sto soltanto vivendo la mia Messa”.

Con la vostra vita impregnata di Eucaristia, l'amore di Dio in Gesù", nascosto dietro le umili sembianze del pane e del vino, può essere vissuto in tutta la sua grandezza e bellezza nei più piccoli eventi della vita quotidiana. Dovete continuare la vostra Messa oltre la sua celebrazione quotidiana durante la liturgia, con la vostra fedeltà alle piccole cose che momento per momento segnano la vostra vita. Come le gocce d'olio che alimentano la lampada che brucia continuamente accanto a Gesù vivo nel tabernacolo, la vostra vita deve proseguire come un’estensione viva dell'Eucaristia che offrite. Con questo Pane voi dovete essere spezzati per molti, con questo calice la vostra vita deve essere versata. La carità è amore in azione.
Oggi molti sacerdoti sono sempre più impegnati in opere sociali e nello sviluppo sociale trascurando le opere del loro sacerdozio. Ma ci sono molte persone che si potrebbero impegnare al loro posto in tanti settori.

In un sacerdote, la gente ha bisogno di trovare un autentico uomo del sacro che la conduca a Dio, che le porti Gesù.
Non ha bisogno di un sacerdote che compia opere sociali. Molte brave persone possono farlo mille volte meglio e non è affatto giusto che noi ci appropriamo di attività che altri possono svolgere in modo più efficace.

Nessuno può compiere quell'opera sacerdotale che siete chiamati ad assolvere; soltanto voi in quanto Suoi sacerdoti potete farlo. Perciò non sostituite altri impegni, per quanto belli possano essere, a quello del vostro sacerdozio. I preti devono essere esclusivamente tali!

I Padri Missionari della Carità, fondati nell'ottobre del 1984, uniscono la grandezza e il potere del sacerdozio al carisma loro proprio, e in tal modo la testimonianza della verità del vangelo viene predicata ai poveri.
Penso che molti, moltissimi sacerdoti siano chiamati, anche senza comprenderlo, a donarsi totalmente al Signore. Si, il mondo ha una grande necessità di Sacerdoti, Sacerdoti Santi,del celibato sacerdotale, perché il mondo ha bisogno di Cristo. Dubitare del valore dei sacerdozio di una persona e del celibato sacerdotale di una persona nel mondo d'oggi significa dubitare dell'autentico valore di Cristo e della sua missione, perché essi sono una cosa sola. La missione di Cristo è la nostra missione.

E’ inconcepibile che noi possiamo allontanarci da Dio Onnipotente per chinarci verso una creatura per quanto buona possa essere. Gesù non è l'unico che può colmarvi fino all'orlo dell'amore di Dio? Non sorprende quindi che le coppie sposate interpellino la Chiesa. Nella Chiesa cattolica il divorzio non esiste e mai potrà esistere.
Perché la Chiesa non può concedere il divorzio a due coniugi e invece un prete può lasciare il suo sacerdozio? Un sacerdote può ottenere una dispensa, ma nessuno potrà mai privarlo del suo sacerdozio. Una volta sacerdote, resta sacerdote per sempre. Anche all'inferno egli rimane un sacerdote. La Chiesa tuttavia può legittimamente e opportunamente privarlo dell'esercizio dei suoi poteri sacerdotali.

Maria Madre dei Sacerdoti

Contemplate la nostra Beata Signora, la Madre di Gesù che sta ai piedi della Croce di suo Figlio, nostro unico Sommo Sacerdote e accanto a Lei san Giovanni l'apostolo e sacerdote prediletto. Gesù ha detto a Lei: “Donna, ecco tuo figlio ” e a lui: “ Figlio, ecco tua madre ”.

Nessuno avrebbe potuto essere miglior sacerdote della Vergine Madre di Dio, perché lei potrebbe veramente dire senza difficoltà: “ Questo è il mio Corpo... questo è il mio Sangue ”, in quanto è stato realmente il suo corpo e il suo sangue che lei ha donato a Gesù. Eppure resta soltanto la Serva del Signore, cosicché voi e io possiamo sempre guardare a lei come nostra Madre. E lei è una di noi, ‑ cosicché possiamo sempre chiedere a lei, rivolgerci a lei ed essere una cosa sola con lei.

Naturalmente questo è il motivo per cui è stata lasciata sulla terra, per fondare la Chiesa, per confermare il sacerdozio degli Apostoli, per far loro da Madre finché la Chiesa, la giovane Chiesa non fosse formata. Lei era lì. Perché, come aveva aiutato Gesù a crescere, così potesse aiutare a crescere anche la Chiesa degli inizi. E’ stata lasciata sulla terra per molti anni dopo che Gesù era asceso al cielo, perché fosse lei a contribuire a plasmare la Chiesa. E’ lei che aiuta a formare ogni sacerdote. Nessuno può rivolgersi a Nostra Signora meglio di un sacerdote. Posso immaginare che lei abbia avuto, e abbia ancora, un amore molto tenero e anche una protezione speciale per ogni sacerdote, se solo egli Le si rivolge.

Com'è bello quindi vedere questa somiglianza con Maria! Noi abbiamo bisogno di Lei! Preghiamola, affinché possa ottenere per noi quel grande e splendido dono che è il celibato sacerdotale, il segno della carità di Cristo. A questo Dio vi chiama quando vi chiama per nome, se Lui vi ha scelti per essere suoi veri sacerdoti, se ha deciso di abbracciarvi con tenerezza e amore. Non abbiate paura, seguitelo.

Lei vi aiuterà, vi guiderà, vi amerà, affinché voi come sacerdoti possiate rendere la presenza di Gesù sempre più reale nel mondo di oggi.

Mettete la vostra mano in quella di Maria e chiedetele di condurvi a Gesù. Quando Gesù è venuto nella sua vita, lei si è affrettata a portarlo agli altri. 
Voi, suoi sacerdoti, affrettatevi con lei a portare Gesù agli altri. Ma ricordatevi: non potete dare ciò che non avete. Per poter donare, avete bisogno di vivere l'unione con Cristo, e lui è li, nel tabernacolo dove lo avete posto. Fate il proposito, appena iniziate la giornata, di fare di Gesù il centro della vostra vita. Durante il giorno imparate a fare del vostro lavoro una preghiera: lavoro con Gesù, lavoro per Gesù. State sempre vicini a Maria.

Chiedetele di donarvi il suo cuore così bello, cosi puro, così immacolato, il suo cuore tanto pieno di amore e di umiltà, affinché possiate ricevere Gesù e donarlo agli altri nel Pane della Vita. Amate Gesù come lei lo ha amato e servitelo nei dolorosi panni dei poveri, perché leggiamo nella Bibbia che uno dei segni che Gesù era il salvatore atteso era che il vangelo veniva predicato ai poveri.


AVE AVE AVE MARIA!