§ 2. - Maria è ancora la nostra vita, perché ci ottiene la perseveranza.
La perseveranza finale è un dono divino così grande, che, come ha dichiarato il S. Concilio di Trento, egli è un dono tutto gratuito che non si può da noi meritare.1 Ma, come insegna S. Agostino, ben ottengono da Dio la perseveranza tutti quelli che gliela cercano;2 e secondo dice il P. Suarez, infallibilmente l'ottengono, sempreché son diligenti sino alla fine della vita a domandarla a Dio;3 poiché scrive il Bellarmino che questa perseveranza quotidie petenda est, ut quotidie obtineatur.4 Or se è vero - come io tengo per certo, secondo la sentenza oggidì comune, conforme appresso dimostreremo nel capo V - s'è vero, dico, che tutte le grazie che da Dio a noi si dispensano, tutte passano per mano di Maria; sarà anche
vero che sol per mezzo di Maria potremo noi sperare ed ottenere questa somma grazia della perseveranza. E certamente l'otterremo, se con confidenza la cercheremo sempre a Maria. Questa grazia ella stessa promette a tutti coloro che la servono fedelmente in questa vita: Qui operantur in me, non peccabunt: Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt (Eccli. XXIV, [30, 31]); come la fa parlare la S. Chiesa (In festo Conc. B. Mariae V.).5
Per esser noi conservati nella vita della divina grazia, ci è necessaria la fortezza spirituale in resistere a tutti i nemici della nostra salute. Or questa fortezza solo per mezzo di Maria si ottiene: Mea est fortitudo; per me reges regnant (Prov. VIII. In festo S. Mariae ad Nives).6 Mia è questa fortezza, dice Maria; Dio in mano mia ha consegnato questo dono, acciocché io lo dispensi a' miei divoti. Per me reges regnant. Per mezzo mio i miei servi regnano ed imperano sopra tutti i loro sensi e passioni, e così poi si fan degni di regnare eternamente in cielo. Oh che fortezza hanno i servi di questa gran Signora per vincere tutte le tentazioni dell'inferno! Maria è quella torre, di cui si dice ne' Sacri Cantici: Sicut turris David collum tuum, quae aedificata est cum propugnaculis: mille clypei pendent ex ea, omnis armatura fortium (Cant. IV, 4). Ell'a favore de' suoi amanti, che a lei ricorrono nelle battaglie, è come una torre forte cinta di difese: in lei ritrovano i suoi divoti tutti gli scudi e tutte l'armi per difendersi dall'inferno.
Perciò la SS. Vergine è chiamata platano: Quasi platanus exaltata sum iuxta aquam in plateis (Eccli. XXIV, 19). Spiega Ugon cardinale che il platano tiene le frondi simili agli scudi: Platanus habet folia scutis similia.7 E con ciò si spiega la difesa che prende Maria di coloro che in lei si rifugiano. Il B. Amedeo dà un'altra spiega, e dice ch'ella si chiama platano, perché siccome il platano coll'ombra dei suoi rami dà ricovero
a' viandanti dal caldo del sole e dalle piogge, così sotto il manto di Maria trovan rifugio gli uomini dall'ardore delle passioni e dalla furia delle tentazioni: Virgo ramorum extensione se ubique expandit, ut filios Adae ab aestu et turbine umbra desiderabili protegeret (B. Am., Hom. 8).8
Povere quell'anime che si allontanano da questa difesa, e lasciano di esser divote di Maria e di raccomandarsi a lei nelle occasioni. Se nel mondo, dice S. Bernardo, non nascesse il sole, che diverrebbe il mondo, se non un caos di tenebre e d'orrore? Tolle corpus hoc solare, dice il santo, ubi dies? Tolle Mariam, quid nisi tenebre relinquentur? (Serm. de Aquaed.).9 Perda un'anima la divozione a Maria, che subito resterà piena di tenebre, e di quelle tenebre, di cui dice lo Spirito Santo: Posuisti tenebras, et facta est nox: in ipsa pertransibunt omnes bestiae silvae (Ps. CIII, 2O). Allorché in un'anima non splende la divina luce e si fa notte, diventerà ella covile di tutti i peccati e de' demoni. Vae, perciò dice S. Anselmo, vae eis qui solem istum aversantur!10 Guai a coloro che disprezzano la luce di questo sole, cioè disprezzano la divozione a Maria! - S. Francesco Borgia con ragione temeva della perseveranza di coloro, in cui non trovava special divozione alla B. Vergine. Una volta richiedendo ad alcuni novizi a qual santo avessero più divozione, si accorse che alcuni non avevano questa special divozione a Maria. Avvertì il maestro de' novizi che tenesse gli occhi più attenti sopra quei disgraziati; ed avvenne che quelli tutti perderono miseramente la vocazione, e se n'uscirono dalla religione.11
Avea dunque ragione S. Germano di chiamar la Vergine SS. il respiro de' Cristiani; perché conforme il corpo non può vivere senza respirare, così l'anima non potrà vivere senza ricorrere e raccomandarsi a Maria, per cui mezzo da noi sicuramente s'acquista ed in noi si conserva la vita della divina grazia: Sicut respiratio non solum est signum vitae, sed etiam causa; sic Mariae nomen, quod in servorum Dei ore versatur, simul argumentum est quod vere vivunt, simul etiam hanc vitam efficit et conservat omnemque eis opem impertitur (S. Germ., orat. de Deip.).12 Il B. Alano assalito una volta da forte tentazione, fu in punto di perdersi per non essersi raccomandato a Maria; ma gli comparve la SS. Vergine, e per farlo meglio avvertito per un'altra volta, gli diede uno schiaffo e gli disse: «Se ti fossi raccomandato a me, non ti saresti trovato in questo pericolo.»13
All'incontro: Beatus homo, dice Maria, qui audit me, [et] qui vigilat ad fores meas quotidie, et observat ad postes ostii mei (Prov. VIII, 34. In festo Conc. B. M. V.): Beato chi sente la mia voce, e perciò sta attento di continuamente venire alle porte
della mia misericordia a cercarmi lume e soccorso. Ben sarà attenta Maria di ottener luce e forza a tale suo divoto, per uscire da' vizi e camminar nella via della virtù. Ond'ella con bella espressione da Innocenzo III è chiamata Luna in nocte, aurora in diluculo, sol in die (Serm. 2 de Ass.).14 Luna a chi sta cieco nella notte del peccato, per illuminarlo a conoscere lo stato miserabile, in cui si trova di sua dannazione: aurora, cioè foriera del sole a chi è già illuminato, per farlo uscire dal peccato e ritornare nella divina grazia: sole finalmente a chi già sta in grazia, acciocché egli non ritorni a cadere in qualche precipizio.
Applicano a Maria i Dottori quelle parole dell'Ecclesiastico: Vincula illius alligatura salutaris (Eccli. VI, 31). Quare vincula? dimanda S. Lorenzo Giustiniano, nisi quia servos ligat, ne discurrant per campos licentiae.15 Maria lega i suoi servi, acciocché non si sviino per le strade de' vizi. - S. Bonaventura spiegando similmente le parole che si dicono nell'Officio di Maria: In plenitudine sanctorum detentio mea (Eccli. XXIV, 16), dice che Maria non solo è collocata nella pienezza de' santi, ma benanche ella conserva i santi, acciocché non vadano indietro; conserva le loro virtù, acciocché non manchino; e trattiene i demoni, affinché non facciano loro danno: Ipsa quoque non solum in plenitudine sanctorum detinetur, sed etiam in plenitudine sanctos detinet, ne eorum plenitudo minuatur; detinet nimirum virtutes, ne fugiant; detinet daemones, ne noceant (S. Bon., in Spec.).16
Si dice che i divoti di Maria son coperti di doppia veste: Omnes... domestici eius vestiti sunt duplicibus (Sap. XI).17 Spiega
Cornelio a Lapide qual sia questa doppia veste: Duplici veste ipsa ornat sibi devotos, quia tam Christi quam suis virtutibus eos induit.18 Doppia veste, poich'ella adorna i suoi fedeli servi così delle virtù del Figlio come delle sue, e così vestiti quelli conservano la santa perseveranza. Perciò S. Filippo Neri ammoniva sempre i suoi penitenti e diceva loro: Figli, se desiderate la perseveranza, siate divoti della Madonna.19 Diceva parimente il V. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Chi ama Maria, avrà la perseveranza.20 - È bella su di ciò la riflessione che fa Ruperto abbate nella parabola del figlio prodigo. Dice che questo figlio discolo, se avesse avuta viva la madre, o non mai si sarebbe partito dalla casa del padre, oppure sarebbe tornato assai più presto di quando ritornò: Si prodigus filius viventem matrem habuisset, vel a paterna domo numquam discessisset, vel forte citius rediisset.21 E con ciò volle dire che chi è figlio di Maria, o non si parte mai da Dio, o se per disgrazia accade che si parta, per mezzo di Maria subito ritorna.
Oh se tutti gli uomini amassero questa benignissima e amorosissima Signora, e nelle tentazioni sempre e subito facessero a lei ricorso, e chi mai caderebbe? chi mai si perderebbe? Cade e si perde chi non ricorre a Maria. Applica S. Lorenzo Giustiniani quelle parole dell'Ecclesiastico alla Vergine al capo XXIV, [8]: In fluctibus maris ambulavi, e le fa dire: Scilicet cum familiaribus meis, ut ipsos eruerem a naufragio
peccatorum:22 Io cammino insieme co' miei servi in mezzo alle tempeste dov'essi si trovano, affine di assisterli e liberarli dal precipitare ne' peccati.
Narra il P. Bernardino da Busto ch'essendo stato un uccello ammaestrato a dire Ave Maria, venne uno sparviero a predarlo: l'uccello disse Ave Maria, e lo sparviero restò morto.23 Con ciò il Signore volle significarci, che se un uccello irragionevole è liberato coll'invocar Maria, quanto maggiormente sarà liberato dal cadere in mano de' demoni chi sarà attento negli assalti ad invocar Maria? Altro dunque a noi non tocca di fare, dice S. Tommaso da Villanova, che, quando vengono i demoni a tentarci, siccome i pulcini al comparire de' nibbi corrono subito a ricoverarsi sotto le ali della madre, così noi nell'intendere le tentazioni che ci assaltano, subito senza discorrere colla tentazione, andiamo a porci sotto il manto di Maria: Sicut pulli, volitantibus desuper milvis, ad gallinae alas accurrunt, ita nos sub velamento alarum tuarum abscondimur (Serm. 3, de Nat. V.).24 E voi, seguita a dire il santo, Signora e madre nostra, avete da difenderci, perché noi dopo Dio non abbiamo altro rifugio se non voi che siete l'unica nostra speranza e la sola protettrice, a cui confidiamo: Nescimus aliud refugium nisi te; tu sola es unica spes nostra, tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus.25
Concludiamo dunque con quel che dice S. Bernardo: (Hom. 2, sup. Missus):26 Uomo, chiunque tu sei, già intendi che
in questa vita piuttosto vai ondeggiando fra i pericoli e le procelle, che camminando sulla terra; se non vuoi restar sommerso, non volgere gli occhi da questa stella Maria: O quisquis te intelligis in huius saeculi profluvio magis inter procellas et tempestates fluctuare, quam per terram ambulare, ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis. Respice stellam, voca Mariam: Rimira la stella, chiama Maria. In periculis, in angustiis, in rebus dubiis Mariam cogita, Mariam invoca: Ne' pericoli di peccare, nelle molestie delle tentazioni, ne' dubbi di ciò che dei risolvere, pensa che Maria ti può aiutare, e tu chiamala subito che ti soccorra. Non recedat ab ore, non recedat a corde: Il suo potente nome non parta dal tuo cuore colla confidenza, e non mai dalla tua bocca con invocarla. Ipsam sequens non devias: Se siegui Maria, non errerai la via della salute. Ipsam rogans non desperas: Sempreché a lei ti raccomanderai, non sconfiderai. Ipsa tenente non corruis: Se ella ti tiene, non caderai. Ipsa protegente non metuis: Se ella ti protegge, non puoi temere di perderti. Ipsa duce non fatigaris: Se ella ti guida, senza fatica ti salverai. Ipsa propitia pervenis: In somma se Maria prende a difenderti, certamente giungerai al regno de' beati. Sic fac et vives.
Esempio.
È celebre l'istoria di S. Maria Egiziaca che si legge nel libro I delle Vite de' Padri. Ella di dodici anni se ne fuggì dalla casa dei parenti e se ne andò in Alessandria, dove menando
infame vita divenne lo scandalo di quella città. Dopo sedici anni di peccati, andò vagando in Gerusalemme, dove facendosi allora la festa della S. Croce, si mosse anch'essa ad entrar nella chiesa più per curiosità che per divozione. Ma quando fu all'entrare della porta, si sentì invisibilmente respingere indietro. Tentò la seconda volta, ed anche fu respinta: così la terza e la quarta. Allora la misera postasi ad un cantone dell'atrio, fu illuminata a conoscere che Dio per la sua mala vita la ributtava anche dalla chiesa. Alzò gli occhi per sua sorte, e vide un'immagine di Maria, che stava nell'atrio dipinta. Onde a lei si volse piangendo e le disse: «O Madre di Dio, abbi pietà di questa povera peccatrice. Vedo per li miei peccati non merito che voi mi guardate; ma voi siete il rifugio de' peccatori, per amore di Gesù vostro Figlio aiutatemi, fatemi entrare nella chiesa, ch'io voglio mutar vita e andare a far penitenza dove voi mi mostrate.» Ecco allora intese una voce interna, come l'avesse risposto la B. Vergine: «Or via, giacché a me sei ricorsa e vuoi mutar vita, entra nella chiesa, che non sarà più chiusa per te la porta.» Entra la peccatrice, adora la Croce e piange. Ritorna all'immagine: «Signora, dice, eccomi pronta: dove volete ch'io mi ritiri a far penitenza?» «Va, risponde la Vergine, e passa il Giordano, e troverai il luogo del tuo riposo.» Si confessa, si comunica, passa il fiume, arriva al deserto, e qui intende ch'era il luogo della penitenza.
Or ne' primi diciassette anni che la santa stette nel deserto, quali assalti non le diedero i demoni per farla di nuovo cadere? Allora ella che faceva? Non faceva altro che raccomandarsi a Maria, e Maria le impetrò forza a resistere per tutti quelli 17 anni, dopo i quali cessarono le battaglie. Finalmente dopo 57 anni in quel deserto, trovandosi in età di 87 anni, per divina provvidenza fu ritrovata dall'abbate S. Zosimo; a lui raccontò tutta la sua vita, e lo pregò a tornare ivi l'anno seguente ed a portarle la santa comunione. Tornò il santo abbate e la comunicò. Indi la santa replicò la preghiera che di nuovo la venisse a trovare. Tornò di nuovo S. Zosimo e la trovò morta, col corpo che stava circondato di luce, e vide al capo queste parole scritte: Seppellisci in questo luogo il corpo di me misera peccatrice, e prega Dio per me. La seppellì, essendo venuto un lione a scavare la terra; e ritornato
al monastero raccontò le maraviglie delle divine misericordie usate con questa felice penitente.27
Preghiera.
O Madre di pietà, Vergine sacrosanta, ecco a' piedi vostri il traditore, che pagando d'ingratitudini le grazie da Dio ricevute per vostro mezzo, ha tradito voi e Dio. Ma, Signora,
la miseria mia sappiate che non mi toglie, anzi mi accresce la confidenza in voi; perché la mia miseria vedo che fa crescere in voi la compassione verso di me. Fate conoscere, o Maria, che a me siete la stessa che siete a tutti coloro che v'invocano, piena di liberalità e di misericordia. Mi basta solo che mi guardiate e mi compatiate. Se il vostro cuore mi compatisce, non potrà lasciar di proteggermi. E se voi mi proteggete, di che poss'io temere? No, non temo di niente; non de' peccati miei, perché voi potete rimediare al danno fatto; non de' demoni, perché voi siete potente più dell'inferno; non del vostro Figlio giustamente con me sdegnato, perch'egli ad una vostra parola si placherà. Temo solo ch'io per mia colpa lasci di raccomandarmi a voi nelle mie tentazioni, e così mi perda. Ma questo è quello che oggi vi prometto: voglio sempre a voi ricorrere; aiutatemi voi ad eseguirlo. Mirate la bella occasione che avete di contentare il vostro desiderio, di sollevare un miserabile quale son io.
O Madre di Dio, io ho una gran confidenza in voi. Da voi aspetto la grazia di piangere come dovrei i miei peccati; e da voi spero la fortezza per più non cadervi. Se io sono infermo, voi potete sanarmi, o medica celeste. Se le mie colpe mi han fatto debole, forte mi renderà il vostro aiuto. O Maria, io tutto spero da voi, perché voi tutto potete appresso Dio. Amen.
Amplectamur Mariae vestigia, peccatores *
et beatis pedibus eius provolvamur.
1 «Similiter de perseverantiae munere... quod quidem aliunde haberi non potest, nisi ab eo qui potens est eum qui stat statuere, ut perseveranter stet, et eum qui cadit restituere...» CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio 6, Decretum de iustificatione, cap. 13.
2 «Hoc ergo Dei donum suppliciter emereri potest.» S. AUGUSTINUS, Liber de dono perseverantiae, cap. 6, n. 10. ML 45-999.
3 «Et consequenter dico, si quis oret perseveranter petendo perseverantiam in gratia, infallibiliter, eam esse impetraturum.» SUAREZ, S. I., De divina gratia, lib. 12, De merito, cap. 38 (ultimum), n. 16. Opera, VIII, Venetiis, 1741, pag. 358, col. 1.
4 «Perseverantiae donum... non bene petit, qui non assidue petit. Non enim perseverantia res est eiusmodi, quae uno die peti et accipi possit, sed quotidie petenda est, ut quotidie detur, et sic tandem fiat ut in finem usque perseveremus. Tunc enim data intelligitur perseverantia cum perseveratum est usque in finem. Itaque credere debemus nos accepturos perseverantiam, si perseveranter eam postulaverimus.» S. ROBERTUS BELLARMINUS, Tertiae Controversiae generalis (De reparatione gratiae per Iesum Christum Dominum nostrum), Controversia secunda principalis (De iustificatione impii et bonis operibus generatim), liber 3 (De incertitudine, etc. iustitiae), cap. 13 (Solvuntur obiectiones contra secundum errorem). Venetiis, 1721, IV, pag. 456, col. 2.
5 Non più nella Messa dell'Imacolata Concezione, ma in parecchie altre feste della Madonna: Maternità, Carmine, Perpetuo Soccorso, ecc.
6 Mea est fortitudo. Per me reges regnaùt. Prov. VIII, 14, 15. In festo S. Mariae ad Nives et in festis B. M. V. per annum. In I nocturno, lectio 1.
7 «Planatus... habet folia mollia, scutis similia; unde quot habet folia, tot habet scuta; sic Sapientia, quot habet verba, tot habet scuta contra haereticos, contra tentationes.» HUGO A SANCTO CHARO, O. P., Card., Postilla super Ecclesiasticum, XXIV, 19. Opera, Venetiis, 1703, III, fol. 218, col. 1.
8 «Feramus animos in sublime, intuentes diligentissime, quod virga elegantissima orta de radice Iesse (Is. XI), ramorum suorum mirabili extensione sese ubique terrarum expandit, ut dispersos filios Adae, ab aestu, a turbine et a pluvia umbra desiderabili protegeret, fructuque saluberrimo aleret esurientes.» B. AMEDEUS (+ 1159), Ord. Cist., episcopus Lausannensis, Homiliae de Maria Virginea Matre, hom. 8. ML 188-1342.
9 «Tolle corpus hoc solare, quod illuminat mundum: ubi dies? Tolle Mariam, hanc maris stellam, maris utique magni et spatiosi: quid nisi caligo involvens, et umbra mortis, ac densissimae tenebrae relinquuntur?» S. BERNARDUS, In Nativitate B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 6. ML 183-441.
10 Rispondono le parole riferite da S. Alfonso a quanto dice S. ANSELMO nelle sue Orationes, Oratio 52 (al. 51) ad Sanctam Virginem Mariam, ML 158-956: «Sicut enim, o beatissima, omnis a te aversus et a te despectus necesse est ut intereat, ita omnis a (leggi ad) te conversus et a te respectus impossibile est ut pereat.»
11 «Dum Provincialis munere fungeretur, cupiebat ut omnes, ac praesertim novitii, B. Virginem in patronam adsciscerent. Unde ominabatur sinistrum aliquid eventurum iis quid id non praestarent. Quare cum Tirocinium Societatis aliquando adiisset, interrogassetque tirones quosdam ecquosnam sibi delegissent in patronos, intellixissetque nonnullos eam patronam non assumpsisse, admirans ad Magistrum eorum conversus: «Vide, inquit, ut invigiles eorum saluti; vereor enim ne non perseverent in Religione.» Quod et accidit, cum omnes illi variis temporibus eam postea deseruerint, praedaque tartareorum tenebriorum evaserint, ut scribit P. (Ant. de) Balinghem in Celndario B. V., 30 septembris.» Laurentius CHRYSOGONUS, S. I., Mundus Marianus, discursus 8, n. 19.
12 «O sanctissima Dei Genitrix... Christianorum spiritus ac flatus exsistis. Quemadmodum enim corpus nostrum hoc certum vitalis actus indicium habet, quod spiritum ducat; sic et tuum sanctissimum nomen indesinenter in servorum tuorum ore... versans prolatumque, vitae et iucunditatis et auxilii non solum iudicium est, sed causa efficitur... Tuis nobis intercessionibus esto praesidium, praebens vitam aeternam, quae Christianorum spes, quae non confundit, exsistis... Potens ad salutem praestandam auxilium tuum, o Dei Genitrix... Plane enim nullus tuae magnificentiae finis; insatiabilis opitulatio tua. Nullus munerum tuorum numerus est.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In encaenia venerandae aedis SS. D. N. Dei Genitricis, inque sanctas fascias D. N. I. C., et in adorationem zonae eiusdem S. Deiparae. ML 98-378, 379.
13 Si trattava di tentazione di suicidio. «Misericordissima adfuit servatrix Maria... Desperanti alapam infligit, et ait: «Quid, o miser, quid agis? Tu meam si orasses opem, ut alias fecisti, in tantum istud periculum haud quaquam incurrisses.» Coppenstein, O. P., B. ALANUS DE RUPE redivivus, Coloniae, 1624, Venetiis, 1665, Forum Cornelii, 1847 (ex Typographia Episcopali, edizione dedicata al Maestro Generale O. P.), pars 2, cap. 4, § 1, n. 5.
14 «Ipsa est ergo aurora consurgens, pulchra ut luna, electa ut sol... Luna lucet in nocte, aurora in diluculo, sol in die; nox autem est culpa, diluculum poenitentia, dies gratia.» INNOCENTIUS PP. III, Sermones de sanctis, sermo 28, in Assumptione B. V. Mariae sermo 2. ML 217-584.
15 (Non già S. Lorenzo Giustiniani, ma) RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 3, n. 16: «Et tandem subiungitur:... Et vincula illius, id est, exempla et servitia quibus ligamur, ne discurramus per campos licentiae, alligatura salutaris, quia extrahunt a peccato, et trahunt ad salutem aeternam.» Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, XX, 56; Parisiis, XXXVI, 100.
16 «Ipsa quoque non solum in plenitudine sanctorum detinetur, sed etiam in plenitudine sanctos detinet, ne eorum plenitudo minuatur. Detinet nimirum virtutes, ne fugiant; detinet merita, ne pereant; detinet daemones, ne noceant; detinet Filium, ne peccatores percutiat.» CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 7. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom. Mogunt. et Lugd., VI, 441, col. 2. - Vedi Appendice, 2.
17 Prov. XXXI, 21. - Più di una volta S. Alfonso cita i diversi Libri Sapienziali del Vecchio Testamento sotto il nome generale di Sapienza, come fa anche la S. Chiesa nella sua liturgia.
18 «Eadem veste (caritatis) ipsa ornat sibi devotos, eaque rursus duplex est, quia tam Christi quam B. Virginis virtutibus eos vestit et induit.» CORNELIUS A LAPIDE, in Prov. XXXI, 21. Parisiis, 1860, VI, p. 509, col. 2.
19 «Esortava per tanto a pregare continuamente il Signore, che per sua bontà ne volesse concedere questo dono della perseveranza; e perciò introdusse ch'ogni sera nell'Oratorio si dicessero cinque Pater e cinque Ave Maria, acciocché S. D. M. ne desse perseveranza nel suo santo servizio: siccome per ben cominciare e meglio finire diceva esser necessaria la divozione della SS. Madre di Dio, e l'udir Messa ogni mattina, quando per altro non ci fosse stato impedimento.» BACCI, Vita, lib. 2, cap. 21, n. 7. - (Dopo un'apparizione della Vergine santa, nell'anno 1594) «non poteva saziarsi, per quel poco tempo che sopravisse, di replicare: «Siate divoti, figliuoli miei, della Madonna; siate divoti di Maria.» BACCI, Vita lib. 2, cap. 2. n. 7.
20 «Diceva egli: «Se io amo Maria, son sicuro della mia salute, e perseveranza nella Religione...» CEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 176.
21 Non abbiamo potuto rinvenire questo pensiero presso l'Abbate (di Deutz) Ruperto.
22 (Non già S. Lorenzo Giustiniani) ma RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 26 (verso la fine). Inter Opera S. Alberti Magni. Editio Lugdunen., 1651, XX, p. 41, col. 2.
23 «Legitur quoque quod quaedam devota iuvencula docuit quamdam aviculam dicere Ave Maria, ita quod garriendo vix aliud proferebat. Quadam autem die, volueris rapax ipsam rapuit et asportavit. Quae cum clamaret Ave Maria, statim illis (illa) avis rapax mortua cecidit, et avicula ad gremium iuvenculae est reversa.» BERNARDINUS DE BUSTO (Bustis), Mariale, pars 12 et ultima (proprio nomine Triumphus Dominae paradisi nuncupatur), Sermo 1 de coronatione Mariae, pars 3. Opera, III, Brixiae, 1588, pag. 960, col. 2.
24 S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M., concio tertia, n. VI. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 402.
25 «Nescimus aliud refugium nisi te: tu sola es unica spes nostra in qua confidimus; tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus.» IDEM, ibid.
26 «O quisquis te intelligis in huius saeculi profluvio magis inter procellas et tempestates fluctuare, quam per terram ambulare; ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis. Si insurgant venti tentationum, si incurras scopulos tribulationum, respice stellam, voca Mariam. Si iactaris superbiae undis, si ambitionis, si detractionis, si aemulationis: respice stellam, voca Mariam. Si iracundia, aut avaritia, aut carnis illecebra naviculam concusserit mentis, respice ad Mariam. Si criminum immanitate turbatus, conscientiae foeditate confusus, iudicii horrore perterritus, barathro incipias absorberi tristitiae, desperationis abysso: cogita Mariam. In periculis, in angustiis, in rebus dubiis, Mariam cogita, Mariam invoca. Non recedat ab ore, non recedat a corde; et ut impetres eius orationis suffragium, non deseras conversationis exemplum. Ipsam sequens non devias; ipsam rogans non desperas; ipsam cogitans non erras. Ipsa tenente non corruis; ipsa protegente non metuis; ipsa duce non fatigaris; ipsa propitia pervenis; et sic in temetipso experiris quam merito dictum sit: Et nomen Virginis Maria (Luc. I, 28).» S. BERNARDUS, Super «Missus est» homilia 2, n. 17. ML 183-70, 71.
27 De Vitis Patrum lib. primus: Vita Sanctae mariae Aegyptiacae, meretricis. ML 73, col. 671-690. Ivi si dice: auctore Sophronio, Hierosolymitano episcopo, interprete Paulo, diacono sanctae Napoleos Ecclesiae. La Vita di S. Maria Egiziaca è di molto anteriore a S. Sofronio (+ 636), il quale ne raccomandò la lettura ai Monaci di Palestina, nel solennissimo officio che si celebrava della Santa. - Nel II Concilio di Nicea (787, Actio IV: Labbeus, Concilia, Venetiis, 1729, VIII, col. 843 et seq.), si lesse De vita beatae Mariae Aegyptiae (op. cit., col. 926-930); fatta la qual lettura (ib., col. 930): «Ioannes reverendissimus monachus, presbyter, et vicarius orientalium pontificum sedium, dixit: «Talem imaginem (quella che parlò alla penitente) nos vidimus in sancta Christi Dei nostri civitate, et crebro eam salutavimus.» - La cronologia della vita della Santa è facile a stabilirsi. Nel dodicesimo anno della sua età, fuggì dalla casa paterna, e per 17 anni completi, si abbandonò sfrenatamente al vizio in Alessandria (cap. 13, col. 680). Contava trenta anni, o poco meno, quando si convertì. Quando l'incontrò Zosimo, era nel deserto da 47 anni: «Quadraginta septem anni sunt, ut considero, ex quo de sancta civitate egressa sum.» Visse ancora un anno: morì dunque di anni 78. - Può fissarsi, con tutta la probabilità, la conversione della Santa all'anno 383, e quindi la sua morte all'anno 431. S. Zosimo le sopravvisse trenta anni, essendo morto quasi centenario. La Vita venne scritta verso l'anno 480. I monaci ricercarono il corpo della penitente, e lo trovarono. Reliquie di essa furono mandate a Roma: il Papa Ormisda (+ 516) ne diede parte a S. Eleuterio, vescovo di Tournai. Su tutto ciò vedi Acta Sanctorum Bollandiana, die 2 aprilis, De S. Maria Aegyptiaca et S. Zosima, Commentarius praevius, auctore Daniele Papebrochio. - La prima voce che sentì la penitente, fu, come nota S. Alfonso, «interna»: una ispirazione e mozione divina, accompagnata da inaspettata sicurezza, e provatasi poi vera col fatto (Vita, cap. 17, col. 682). La seconda (col. 683) fu sensibile, come voce «alicuius a longe clamantis»; intese però chiaramente la convertita esser questa la risposta di Maria. La divina Madre le continuò la sua protezione e direzione: «Adiutorium meum Dei Genitrix adstitit mihi, per omnia in omnibus me dirigens (cap. 18, col. 684);» e prima di tutto nei 17 anni di tremendi combattimenti. In questi anni, visse con tre pani, ricevuti in limosina, nel partire, da uno sconosciuto, poi con qualche erba cresciuta in quella solitudine: nel resto della vita, si contentò colla sola grazia di Dio (cap. 19, col. 684, 685). - Ricevuta la comunione, nella seconda visita di Zosimo, la santa disse il suo «Nunc dimittis», e morì la stessa sera, come il santo vecchio riseppe, l'anno seguente, dalla iscrizione che vide intorno alle sacre spoglie (cap. 25, col. 688). - Tre furono le visite di S. Zosimo, alla fine di tre Quaresime susseguenti: la prima e l'ultima nel deserto; la seconda, sulle rive del Giordano. Nella prima, la Santa gli raccontò la sua vita; nella seconda, egli le diede la comunione; nella terza, la seppellì.