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domenica 29 agosto 2021

Maria SS.ma ci ottiene la perseveranza.

 


§ 2. - Maria è ancora la nostra vita, perché ci ottiene la perseveranza.

La perseveranza finale è un dono divino così grande, che, come ha dichiarato il S. Concilio di Trento, egli è un dono tutto gratuito che non si può da noi meritare.1 Ma, come insegna S. Agostino, ben ottengono da Dio la perseveranza tutti quelli che gliela cercano;2 e secondo dice il P. Suarez, infallibilmente l'ottengono, sempreché son diligenti sino alla fine della vita a domandarla a Dio;3 poiché scrive il Bellarmino che questa perseveranza quotidie petenda est, ut quotidie obtineatur.4 Or se è vero - come io tengo per certo, secondo la sentenza oggidì comune, conforme appresso dimostreremo nel capo V - s'è vero, dico, che tutte le grazie che da Dio a noi si dispensano, tutte passano per mano di Maria; sarà anche


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vero che sol per mezzo di Maria potremo noi sperare ed ottenere questa somma grazia della perseveranza. E certamente l'otterremo, se con confidenza la cercheremo sempre a Maria. Questa grazia ella stessa promette a tutti coloro che la servono fedelmente in questa vita: Qui operantur in me, non peccabunt: Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt (Eccli. XXIV, [30, 31]); come la fa parlare la S. Chiesa (In festo Conc. B. Mariae V.).5

Per esser noi conservati nella vita della divina grazia, ci è necessaria la fortezza spirituale in resistere a tutti i nemici della nostra salute. Or questa fortezza solo per mezzo di Maria si ottiene: Mea est fortitudo; per me reges regnant (Prov. VIII. In festo S. Mariae ad Nives).6 Mia è questa fortezza, dice Maria; Dio in mano mia ha consegnato questo dono, acciocché io lo dispensi a' miei divoti. Per me reges regnant. Per mezzo mio i miei servi regnano ed imperano sopra tutti i loro sensi e passioni, e così poi si fan degni di regnare eternamente in cielo. Oh che fortezza hanno i servi di questa gran Signora per vincere tutte le tentazioni dell'inferno! Maria è quella torre, di cui si dice ne' Sacri Cantici: Sicut turris David collum tuum, quae aedificata est cum propugnaculis: mille clypei pendent ex ea, omnis armatura fortium (Cant. IV, 4). Ell'a favore de' suoi amanti, che a lei ricorrono nelle battaglie, è come una torre forte cinta di difese: in lei ritrovano i suoi divoti tutti gli scudi e tutte l'armi per difendersi dall'inferno.

Perciò la SS. Vergine è chiamata platano: Quasi platanus exaltata sum iuxta aquam in plateis (Eccli. XXIV, 19). Spiega Ugon cardinale che il platano tiene le frondi simili agli scudi: Platanus habet folia scutis similia.7 E con ciò si spiega la difesa che prende Maria di coloro che in lei si rifugiano. Il B. Amedeo dà un'altra spiega, e dice ch'ella si chiama platano, perché siccome il platano coll'ombra dei suoi rami dà ricovero


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a' viandanti dal caldo del sole e dalle piogge, così sotto il manto di Maria trovan rifugio gli uomini dall'ardore delle passioni e dalla furia delle tentazioni: Virgo ramorum extensione se ubique expandit, ut filios Adae ab aestu et turbine umbra desiderabili protegeret (B. Am., Hom. 8).8

Povere quell'anime che si allontanano da questa difesa, e lasciano di esser divote di Maria e di raccomandarsi a lei nelle occasioni. Se nel mondo, dice S. Bernardo, non nascesse il sole, che diverrebbe il mondo, se non un caos di tenebre e d'orrore? Tolle corpus hoc solare, dice il santo, ubi dies? Tolle Mariam, quid nisi tenebre relinquentur? (Serm. de Aquaed.).9 Perda un'anima la divozione a Maria, che subito resterà piena di tenebre, e di quelle tenebre, di cui dice lo Spirito Santo: Posuisti tenebras, et facta est nox: in ipsa pertransibunt omnes bestiae silvae (Ps. CIII, 2O). Allorché in un'anima non splende la divina luce e si fa notte, diventerà ella covile di tutti i peccati e de' demoni. Vae, perciò dice S. Anselmo, vae eis qui solem istum aversantur!10 Guai a coloro che disprezzano la luce di questo sole, cioè disprezzano la divozione a Maria! - S. Francesco Borgia con ragione temeva della perseveranza di coloro, in cui non trovava special divozione alla B. Vergine. Una volta richiedendo ad alcuni novizi a qual santo avessero più divozione, si accorse che alcuni non avevano questa special divozione a Maria. Avvertì il maestro de' novizi che tenesse gli occhi più attenti sopra quei disgraziati; ed avvenne che quelli tutti perderono miseramente la vocazione, e se n'uscirono dalla religione.11


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Avea dunque ragione S. Germano di chiamar la Vergine SS. il respiro de' Cristiani; perché conforme il corpo non può vivere senza respirare, così l'anima non potrà vivere senza ricorrere e raccomandarsi a Maria, per cui mezzo da noi sicuramente s'acquista ed in noi si conserva la vita della divina grazia: Sicut respiratio non solum est signum vitae, sed etiam causa; sic Mariae nomen, quod in servorum Dei ore versatur, simul argumentum est quod vere vivunt, simul etiam hanc vitam efficit et conservat omnemque eis opem impertitur (S. Germ., orat. de Deip.).12 Il B. Alano assalito una volta da forte tentazione, fu in punto di perdersi per non essersi raccomandato a Maria; ma gli comparve la SS. Vergine, e per farlo meglio avvertito per un'altra volta, gli diede uno schiaffo e gli disse: «Se ti fossi raccomandato a me, non ti saresti trovato in questo pericolo.»13

All'incontro: Beatus homo, dice Maria, qui audit me, [etqui vigilat ad fores meas quotidie, et observat ad postes ostii mei (Prov. VIII, 34. In festo Conc. B. M. V.): Beato chi sente la mia voce, e perciò sta attento di continuamente venire alle porte


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della mia misericordia a cercarmi lume e soccorso. Ben sarà attenta Maria di ottener luce e forza a tale suo divoto, per uscire da' vizi e camminar nella via della virtù. Ond'ella con bella espressione da Innocenzo III è chiamata Luna in nocte, aurora in diluculo, sol in die (Serm. 2 de Ass.).14 Luna a chi sta cieco nella notte del peccato, per illuminarlo a conoscere lo stato miserabile, in cui si trova di sua dannazione: aurora, cioè foriera del sole a chi è già illuminato, per farlo uscire dal peccato e ritornare nella divina grazia: sole finalmente a chi già sta in grazia, acciocché egli non ritorni a cadere in qualche precipizio.

Applicano a Maria i Dottori quelle parole dell'Ecclesiastico: Vincula illius alligatura salutaris (Eccli. VI, 31). Quare vincula? dimanda S. Lorenzo Giustiniano, nisi quia servos ligat, ne discurrant per campos licentiae.15 Maria lega i suoi servi, acciocché non si sviino per le strade de' vizi. - S. Bonaventura spiegando similmente le parole che si dicono nell'Officio di Maria: In plenitudine sanctorum detentio mea (Eccli. XXIV, 16), dice che Maria non solo è collocata nella pienezza de' santi, ma benanche ella conserva i santi, acciocché non vadano indietro; conserva le loro virtù, acciocché non manchino; e trattiene i demoni, affinché non facciano loro danno: Ipsa quoque non solum in plenitudine sanctorum detinetur, sed etiam in plenitudine sanctos detinet, ne eorum plenitudo minuatur; detinet nimirum virtutes, ne fugiant; detinet daemones, ne noceant (S. Bon., in Spec.).16

Si dice che i divoti di Maria son coperti di doppia veste: Omnes... domestici eius vestiti sunt duplicibus (Sap. XI).17 Spiega


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Cornelio a Lapide qual sia questa doppia veste: Duplici veste ipsa ornat sibi devotos, quia tam Christi quam suis virtutibus eos induit.18 Doppia veste, poich'ella adorna i suoi fedeli servi così delle virtù del Figlio come delle sue, e così vestiti quelli conservano la santa perseveranza. Perciò S. Filippo Neri ammoniva sempre i suoi penitenti e diceva loro: Figli, se desiderate la perseveranza, siate divoti della Madonna.19 Diceva parimente il V. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Chi ama Maria, avrà la perseveranza.20 - È bella su di ciò la riflessione che fa Ruperto abbate nella parabola del figlio prodigo. Dice che questo figlio discolo, se avesse avuta viva la madre, o non mai si sarebbe partito dalla casa del padre, oppure sarebbe tornato assai più presto di quando ritornò: Si prodigus filius viventem matrem habuisset, vel a paterna domo numquam discessisset, vel forte citius rediisset.21 E con ciò volle dire che chi è figlio di Maria, o non si parte mai da Dio, o se per disgrazia accade che si parta, per mezzo di Maria subito ritorna.

Oh se tutti gli uomini amassero questa benignissima e amorosissima Signora, e nelle tentazioni sempre e subito facessero a lei ricorso, e chi mai caderebbe? chi mai si perderebbe? Cade e si perde chi non ricorre a Maria. Applica S. Lorenzo Giustiniani quelle parole dell'Ecclesiastico alla Vergine al capo XXIV, [8]: In fluctibus maris ambulavi, e le fa dire: Scilicet cum familiaribus meis, ut ipsos eruerem a naufragio


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peccatorum:22 Io cammino insieme co' miei servi in mezzo alle tempeste dov'essi si trovano, affine di assisterli e liberarli dal precipitare ne' peccati.

Narra il P. Bernardino da Busto ch'essendo stato un uccello ammaestrato a dire Ave Maria, venne uno sparviero a predarlo: l'uccello disse Ave Maria, e lo sparviero restò morto.23 Con ciò il Signore volle significarci, che se un uccello irragionevole è liberato coll'invocar Maria, quanto maggiormente sarà liberato dal cadere in mano de' demoni chi sarà attento negli assalti ad invocar Maria? Altro dunque a noi non tocca di fare, dice S. Tommaso da Villanova, che, quando vengono i demoni a tentarci, siccome i pulcini al comparire de' nibbi corrono subito a ricoverarsi sotto le ali della madre, così noi nell'intendere le tentazioni che ci assaltano, subito senza discorrere colla tentazione, andiamo a porci sotto il manto di Maria: Sicut pulli, volitantibus desuper milvis, ad gallinae alas accurrunt, ita nos sub velamento alarum tuarum abscondimur (Serm. 3, de Nat. V.).24 E voi, seguita a dire il santo, Signora e madre nostra, avete da difenderci, perché noi dopo Dio non abbiamo altro rifugio se non voi che siete l'unica nostra speranza e la sola protettrice, a cui confidiamo: Nescimus aliud refugium nisi te; tu sola es unica spes nostra, tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus.25

Concludiamo dunque con quel che dice S. Bernardo: (Hom. 2, sup. Missus):26 Uomo, chiunque tu sei, già intendi che


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in questa vita piuttosto vai ondeggiando fra i pericoli e le procelle, che camminando sulla terra; se non vuoi restar sommerso, non volgere gli occhi da questa stella Maria: O quisquis te intelligis in huius saeculi profluvio magis inter procellas et tempestates fluctuare, quam per terram ambulare, ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis. Respice stellam, voca Mariam: Rimira la stella, chiama Maria. In periculis, in angustiis, in rebus dubiis Mariam cogita, Mariam invoca: Ne' pericoli di peccare, nelle molestie delle tentazioni, ne' dubbi di ciò che dei risolvere, pensa che Maria ti può aiutare, e tu chiamala subito che ti soccorra. Non recedat ab ore, non recedat a corde: Il suo potente nome non parta dal tuo cuore colla confidenza, e non mai dalla tua bocca con invocarla. Ipsam sequens non devias: Se siegui Maria, non errerai la via della salute. Ipsam rogans non desperas: Sempreché a lei ti raccomanderai, non sconfiderai. Ipsa tenente non corruis: Se ella ti tiene, non caderai. Ipsa protegente non metuis: Se ella ti protegge, non puoi temere di perderti. Ipsa duce non fatigaris: Se ella ti guida, senza fatica ti salverai. Ipsa propitia pervenis: In somma se Maria prende a difenderti, certamente giungerai al regno de' beati. Sic fac et vives.

Esempio.

È celebre l'istoria di S. Maria Egiziaca che si legge nel libro I delle Vite de' Padri. Ella di dodici anni se ne fuggì dalla casa dei parenti e se ne andò in Alessandria, dove menando


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infame vita divenne lo scandalo di quella città. Dopo sedici anni di peccati, andò vagando in Gerusalemme, dove facendosi allora la festa della S. Croce, si mosse anch'essa ad entrar nella chiesa più per curiosità che per divozione. Ma quando fu all'entrare della porta, si sentì invisibilmente respingere indietro. Tentò la seconda volta, ed anche fu respinta: così la terza e la quarta. Allora la misera postasi ad un cantone dell'atrio, fu illuminata a conoscere che Dio per la sua mala vita la ributtava anche dalla chiesa. Alzò gli occhi per sua sorte, e vide un'immagine di Maria, che stava nell'atrio dipinta. Onde a lei si volse piangendo e le disse: «O Madre di Dio, abbi pietà di questa povera peccatrice. Vedo per li miei peccati non merito che voi mi guardate; ma voi siete il rifugio de' peccatori, per amore di Gesù vostro Figlio aiutatemi, fatemi entrare nella chiesa, ch'io voglio mutar vita e andare a far penitenza dove voi mi mostrate.» Ecco allora intese una voce interna, come l'avesse risposto la B. Vergine: «Or via, giacché a me sei ricorsa e vuoi mutar vita, entra nella chiesa, che non sarà più chiusa per te la porta.» Entra la peccatrice, adora la Croce e piange. Ritorna all'immagine: «Signora, dice, eccomi pronta: dove volete ch'io mi ritiri a far penitenza?» «Va, risponde la Vergine, e passa il Giordano, e troverai il luogo del tuo riposo.» Si confessa, si comunica, passa il fiume, arriva al deserto, e qui intende ch'era il luogo della penitenza.

Or ne' primi diciassette anni che la santa stette nel deserto, quali assalti non le diedero i demoni per farla di nuovo cadere? Allora ella che faceva? Non faceva altro che raccomandarsi a Maria, e Maria le impetrò forza a resistere per tutti quelli 17 anni, dopo i quali cessarono le battaglie. Finalmente dopo 57 anni in quel deserto, trovandosi in età di 87 anni, per divina provvidenza fu ritrovata dall'abbate S. Zosimo; a lui raccontò tutta la sua vita, e lo pregò a tornare ivi l'anno seguente ed a portarle la santa comunione. Tornò il santo abbate e la comunicò. Indi la santa replicò la preghiera che di nuovo la venisse a trovare. Tornò di nuovo S. Zosimo e la trovò morta, col corpo che stava circondato di luce, e vide al capo queste parole scritte: Seppellisci in questo luogo il corpo di me misera peccatrice, e prega Dio per me. La seppellì, essendo venuto un lione a scavare la terra; e ritornato


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al monastero raccontò le maraviglie delle divine misericordie usate con questa felice penitente.27

Preghiera.

O Madre di pietà, Vergine sacrosanta, ecco a' piedi vostri il traditore, che pagando d'ingratitudini le grazie da Dio ricevute per vostro mezzo, ha tradito voi e Dio. Ma, Signora,


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la miseria mia sappiate che non mi toglie, anzi mi accresce la confidenza in voi; perché la mia miseria vedo che fa crescere in voi la compassione verso di me. Fate conoscere, o Maria, che a me siete la stessa che siete a tutti coloro che v'invocano, piena di liberalità e di misericordia. Mi basta solo che mi guardiate e mi compatiate. Se il vostro cuore mi compatisce, non potrà lasciar di proteggermi. E se voi mi proteggete, di che poss'io temere? No, non temo di niente; non de' peccati miei, perché voi potete rimediare al danno fatto; non de' demoni, perché voi siete potente più dell'inferno; non del vostro Figlio giustamente con me sdegnato, perch'egli ad una vostra parola si placherà. Temo solo ch'io per mia colpa lasci di raccomandarmi a voi nelle mie tentazioni, e così mi perda. Ma questo è quello che oggi vi prometto: voglio sempre a voi ricorrere; aiutatemi voi ad eseguirlo. Mirate la bella occasione che avete di contentare il vostro desiderio, di sollevare un miserabile quale son io.

O Madre di Dio, io ho una gran confidenza in voi. Da voi aspetto la grazia di piangere come dovrei i miei peccati; e da voi spero la fortezza per più non cadervi. Se io sono infermo, voi potete sanarmi, o medica celeste. Se le mie colpe mi han fatto debole, forte mi renderà il vostro aiuto. O Maria, io tutto spero da voi, perché voi tutto potete appresso Dio. Amen.

Amplectamur Mariae vestigia, peccatores *

et beatis pedibus eius provolvamur.




1 «Similiter de perseverantiae munere... quod quidem aliunde haberi non potest, nisi ab eo qui potens est eum qui stat statuere, ut perseveranter stet, et eum qui cadit restituere...» CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio 6, Decretum de iustificatione, cap. 13.

2 «Hoc ergo Dei donum suppliciter emereri potest.» S. AUGUSTINUS, Liber de dono perseverantiae, cap. 6, n. 10. ML 45-999.

3 «Et consequenter dico, si quis oret perseveranter petendo perseverantiam in gratia, infallibiliter, eam esse impetraturum.» SUAREZ, S. I., De divina gratia, lib. 12, De merito, cap. 38 (ultimum), n. 16. Opera, VIII, Venetiis, 1741, pag. 358, col. 1.

4 «Perseverantiae donum... non bene petit, qui non assidue petit. Non enim perseverantia res est eiusmodi, quae uno die peti et accipi possit, sed quotidie petenda est, ut quotidie detur, et sic tandem fiat ut in finem usque perseveremus. Tunc enim data intelligitur perseverantia cum perseveratum est usque in finem. Itaque credere debemus nos accepturos perseverantiam, si perseveranter eam postulaverimus.» S. ROBERTUS BELLARMINUS, Tertiae Controversiae generalis (De reparatione gratiae per Iesum Christum Dominum nostrum), Controversia secunda principalis (De iustificatione impii et bonis operibus generatim), liber 3 (De incertitudine, etc. iustitiae), cap. 13 (Solvuntur obiectiones contra secundum errorem). Venetiis, 1721, IV, pag. 456, col. 2.

5 Non più nella Messa dell'Imacolata Concezione, ma in parecchie altre feste della Madonna: Maternità, Carmine, Perpetuo Soccorso, ecc.

6 Mea est fortitudo. Per me reges regnaùt. Prov. VIII, 14, 15. In festo S. Mariae ad Nives et in festis B. M. V. per annum. In I nocturno, lectio 1.

7 «Planatus... habet folia mollia, scutis similia; unde quot habet folia, tot habet scuta; sic Sapientia, quot habet verba, tot habet scuta contra haereticos, contra tentationes.» HUGO A SANCTO CHARO, O. P., Card., Postilla super Ecclesiasticum, XXIV, 19. Opera, Venetiis, 1703, III, fol. 218, col. 1.

8 «Feramus animos in sublime, intuentes diligentissime, quod virga elegantissima orta de radice Iesse (Is. XI), ramorum suorum mirabili extensione sese ubique terrarum expandit, ut dispersos filios Adae, ab aestu, a turbine et a pluvia umbra desiderabili protegeret, fructuque saluberrimo aleret esurientes.» B. AMEDEUS (+ 1159), Ord. Cist., episcopus Lausannensis, Homiliae de Maria Virginea Matre, hom. 8. ML 188-1342.

9 «Tolle corpus hoc solare, quod illuminat mundum: ubi dies? Tolle Mariam, hanc maris stellam, maris utique magni et spatiosi: quid nisi caligo involvens, et umbra mortis, ac densissimae tenebrae relinquuntur?» S. BERNARDUS, In Nativitate B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 6. ML 183-441.

10 Rispondono le parole riferite da S. Alfonso a quanto dice S. ANSELMO nelle sue Orationes, Oratio 52 (al. 51) ad Sanctam Virginem Mariam, ML 158-956: «Sicut enim, o beatissima, omnis a te aversus et a te despectus necesse est ut intereat, ita omnis a (leggi ad) te conversus et a te respectus impossibile est ut pereat.»

11 «Dum Provincialis munere fungeretur, cupiebat ut omnes, ac praesertim novitii, B. Virginem in patronam adsciscerent. Unde ominabatur sinistrum aliquid eventurum iis quid id non praestarent. Quare cum Tirocinium Societatis aliquando adiisset, interrogassetque tirones quosdam ecquosnam sibi delegissent in patronos, intellixissetque nonnullos eam patronam non assumpsisse, admirans ad Magistrum eorum conversus: «Vide, inquit, ut invigiles eorum saluti; vereor enim ne non perseverent in Religione.» Quod et accidit, cum omnes illi variis temporibus eam postea deseruerint, praedaque tartareorum tenebriorum evaserint, ut scribit P. (Ant. de) Balinghem in Celndario B. V., 30 septembris.» Laurentius CHRYSOGONUS, S. I., Mundus Marianus, discursus 8, n. 19.

12 «O sanctissima Dei Genitrix... Christianorum spiritus ac flatus exsistis. Quemadmodum enim corpus nostrum hoc certum vitalis actus indicium habet, quod spiritum ducat; sic et tuum sanctissimum nomen indesinenter in servorum tuorum ore... versans prolatumque, vitae et iucunditatis et auxilii non solum iudicium est, sed causa efficitur... Tuis nobis intercessionibus esto praesidium, praebens vitam aeternam, quae Christianorum spes, quae non confundit, exsistis... Potens ad salutem praestandam auxilium tuum, o Dei Genitrix... Plane enim nullus tuae magnificentiae finis; insatiabilis opitulatio tua. Nullus munerum tuorum numerus est.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In encaenia venerandae aedis SS. D. N. Dei Genitricis, inque sanctas fascias D. N. I. C., et in adorationem zonae eiusdem S. Deiparae. ML 98-378, 379.



13 Si trattava di tentazione di suicidio. «Misericordissima adfuit servatrix Maria... Desperanti alapam infligit, et ait: «Quid, o miser, quid agis? Tu meam si orasses opem, ut alias fecisti, in tantum istud periculum haud quaquam incurrisses.» Coppenstein, O. P., B. ALANUS DE RUPE redivivus, Coloniae, 1624, Venetiis, 1665, Forum Cornelii, 1847 (ex Typographia Episcopali, edizione dedicata al Maestro Generale O. P.), pars 2, cap. 4, § 1, n. 5.

14 «Ipsa est ergo aurora consurgens, pulchra ut luna, electa ut sol... Luna lucet in nocte, aurora in diluculo, sol in die; nox autem est culpa, diluculum poenitentia, dies gratia.» INNOCENTIUS PP. III, Sermones de sanctis, sermo 28, in Assumptione B. V. Mariae sermo 2. ML 217-584.

15 (Non già S. Lorenzo Giustiniani, ma) RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 3, n. 16: «Et tandem subiungitur:... Et vincula illius, id est, exempla et servitia quibus ligamur, ne discurramus per campos licentiae, alligatura salutaris, quia extrahunt a peccato, et trahunt ad salutem aeternam.» Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, XX, 56; Parisiis, XXXVI, 100.

16 «Ipsa quoque non solum in plenitudine sanctorum detinetur, sed etiam in plenitudine sanctos detinet, ne eorum plenitudo minuatur. Detinet nimirum virtutes, ne fugiant; detinet merita, ne pereant; detinet daemones, ne noceant; detinet Filium, ne peccatores percutiat.» CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 7. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom. Mogunt. et Lugd., VI, 441, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

17 Prov. XXXI, 21. - Più di una volta S. Alfonso cita i diversi Libri Sapienziali del Vecchio Testamento sotto il nome generale di Sapienza, come fa anche la S. Chiesa nella sua liturgia.

18 «Eadem veste (caritatis) ipsa ornat sibi devotos, eaque rursus duplex est, quia tam Christi quam B. Virginis virtutibus eos vestit et induit.» CORNELIUS A LAPIDE, in Prov. XXXI, 21. Parisiis, 1860, VI, p. 509, col. 2.

19 «Esortava per tanto a pregare continuamente il Signore, che per sua bontà ne volesse concedere questo dono della perseveranza; e perciò introdusse ch'ogni sera nell'Oratorio si dicessero cinque Pater e cinque Ave Maria, acciocché S. D. M. ne desse perseveranza nel suo santo servizio: siccome per ben cominciare e meglio finire diceva esser necessaria la divozione della SS. Madre di Dio, e l'udir Messa ogni mattina, quando per altro non ci fosse stato impedimento.» BACCI, Vita, lib. 2, cap. 21, n. 7. - (Dopo un'apparizione della Vergine santa, nell'anno 1594) «non poteva saziarsi, per quel poco tempo che sopravisse, di replicare: «Siate divoti, figliuoli miei, della Madonna; siate divoti di Maria.» BACCI, Vita lib. 2, cap. 2. n. 7.

20 «Diceva egli: «Se io amo Maria, son sicuro della mia salute, e perseveranza nella Religione...» CEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 176.

21 Non abbiamo potuto rinvenire questo pensiero presso l'Abbate (di Deutz) Ruperto.

22 (Non già S. Lorenzo Giustiniani) ma RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 26 (verso la fine). Inter Opera S. Alberti Magni. Editio Lugdunen., 1651, XX, p. 41, col. 2.

23 «Legitur quoque quod quaedam devota iuvencula docuit quamdam aviculam dicere Ave Maria, ita quod garriendo vix aliud proferebat. Quadam autem die, volueris rapax ipsam rapuit et asportavit. Quae cum clamaret Ave Maria, statim illis (illa) avis rapax mortua cecidit, et avicula ad gremium iuvenculae est reversa.» BERNARDINUS DE BUSTO (Bustis), Mariale, pars 12 et ultima (proprio nomine Triumphus Dominae paradisi nuncupatur), Sermo 1 de coronatione Mariae, pars 3. Opera, III, Brixiae, 1588, pag. 960, col. 2.

24 S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M., concio tertia, n. VI. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 402.

25 «Nescimus aliud refugium nisi te: tu sola es unica spes nostra in qua confidimus; tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus.» IDEM, ibid.

26 «O quisquis te intelligis in huius saeculi profluvio magis inter procellas et tempestates fluctuare, quam per terram ambulare; ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis. Si insurgant venti tentationum, si incurras scopulos tribulationum, respice stellam, voca Mariam. Si iactaris superbiae undis, si ambitionis, si detractionis, si aemulationis: respice stellam, voca Mariam. Si iracundia, aut avaritia, aut carnis illecebra naviculam concusserit mentis, respice ad Mariam. Si criminum immanitate turbatus, conscientiae foeditate confusus, iudicii horrore perterritus, barathro incipias absorberi tristitiae, desperationis abysso: cogita Mariam. In periculis, in angustiis, in rebus dubiis, Mariam cogita, Mariam invoca. Non recedat ab ore, non recedat a corde; et ut impetres eius orationis suffragium, non deseras conversationis exemplum. Ipsam sequens non devias; ipsam rogans non desperas; ipsam cogitans non erras. Ipsa tenente non corruis; ipsa protegente non metuis; ipsa duce non fatigaris; ipsa propitia pervenis; et sic in temetipso experiris quam merito dictum sit: Et nomen Virginis Maria (Luc. I, 28).» S. BERNARDUS, Super «Missus est» homilia 2, n. 17. ML 183-70, 71.



27 De Vitis Patrum lib. primus: Vita Sanctae mariae Aegyptiacae, meretricis. ML 73, col. 671-690. Ivi si dice: auctore Sophronio, Hierosolymitano episcopo, interprete Paulo, diacono sanctae Napoleos Ecclesiae. La Vita di S. Maria Egiziaca è di molto anteriore a S. Sofronio (+ 636), il quale ne raccomandò la lettura ai Monaci di Palestina, nel solennissimo officio che si celebrava della Santa. - Nel II Concilio di Nicea (787, Actio IV: Labbeus, Concilia, Venetiis, 1729, VIII, col. 843 et seq.), si lesse De vita beatae Mariae Aegyptiae (op. cit., col. 926-930); fatta la qual lettura (ib., col. 930): «Ioannes reverendissimus monachus, presbyter, et vicarius orientalium pontificum sedium, dixit: «Talem imaginem (quella che parlò alla penitente) nos vidimus in sancta Christi Dei nostri civitate, et crebro eam salutavimus.» - La cronologia della vita della Santa è facile a stabilirsi. Nel dodicesimo anno della sua età, fuggì dalla casa paterna, e per 17 anni completi, si abbandonò sfrenatamente al vizio in Alessandria (cap. 13, col. 680). Contava trenta anni, o poco meno, quando si convertì. Quando l'incontrò Zosimo, era nel deserto da 47 anni: «Quadraginta septem anni sunt, ut considero, ex quo de sancta civitate egressa sum.» Visse ancora un anno: morì dunque di anni 78. - Può fissarsi, con tutta la probabilità, la conversione della Santa all'anno 383, e quindi la sua morte all'anno 431. S. Zosimo le sopravvisse trenta anni, essendo morto quasi centenario. La Vita venne scritta verso l'anno 480. I monaci ricercarono il corpo della penitente, e lo trovarono. Reliquie di essa furono mandate a Roma: il Papa Ormisda (+ 516) ne diede parte a S. Eleuterio, vescovo di Tournai. Su tutto ciò vedi Acta Sanctorum Bollandiana, die 2 aprilis, De S. Maria Aegyptiaca et S. Zosima, Commentarius praevius, auctore Daniele Papebrochio. - La prima voce che sentì la penitente, fu, come nota S. Alfonso, «interna»: una ispirazione e mozione divina, accompagnata da inaspettata sicurezza, e provatasi poi vera col fatto (Vita, cap. 17, col. 682). La seconda (col. 683) fu sensibile, come voce «alicuius a longe clamantis»; intese però chiaramente la convertita esser questa la risposta di Maria. La divina Madre le continuò la sua protezione e direzione: «Adiutorium meum Dei Genitrix adstitit mihi, per omnia in omnibus me dirigens (cap. 18, col. 684);» e prima di tutto nei 17 anni di tremendi combattimenti. In questi anni, visse con tre pani, ricevuti in limosina, nel partire, da uno sconosciuto, poi con qualche erba cresciuta in quella solitudine: nel resto della vita, si contentò colla sola grazia di Dio (cap. 19, col. 684, 685). - Ricevuta la comunione, nella seconda visita di Zosimo, la santa disse il suo «Nunc dimittis», e morì la stessa sera, come il santo vecchio riseppe, l'anno seguente, dalla iscrizione che vide intorno alle sacre spoglie (cap. 25, col. 688). - Tre furono le visite di S. Zosimo, alla fine di tre Quaresime susseguenti: la prima e l'ultima nel deserto; la seconda, sulle rive del Giordano. Nella prima, la Santa gli raccontò la sua vita; nella seconda, egli le diede la comunione; nella terza, la seppellì.

AMDG et DVM

mercoledì 13 aprile 2016

La Grazia della Perseveranza


6 Gennaio 2013 – Vi prego di recitare questa Crociata di Preghiera (92) per ottenere la Grazia della Perseveranza.

Mia amata figlia prediletta è grazie allo Spirito Santo che degli estranei, provenienti da tutte le parti del mondo, stanno ora rispondendo a questa chiamata del Cielo.

Può essere solo grazie alla potenza dello Spirito Santo che tante migliaia di anime si sono riunite,
con amore nei loro cuori, per seguire i Miei Gruppi della Crociata di Preghiera.

Saprete immediatamente quando una Missione di Dio è autentica dal numero di coloro che vengono chiamati e che si uniscono come una cosa sola nel Mio Santo Nome. Non vengono creati problemi.

Non è richiesto alcun denaro. Non ci sono discussioni. Tutti, semplicemente, si uniscono, per il loro amore per Me. Grazie alla risposta di tante anime alla Mia Crociata di Preghiera in così tante nazioni, ora dono loro questa benedizione.

Miei cari discepoli, Mi portate grande gioia e conforto. Per la fedeltà e la perseveranza che avete dimostrato, vi benedico con il Dono dello Spirito Santo. 
A partire da questo giorno, in ogni attività in cui vi impegnerete per aiutarmi a salvare le anime, prima della Mia Seconda Venuta, vi concederò una grazia speciale che riconoscerete immediatamente. È la Grazia della Perseveranza di fronte alle avversità.

Vi prego di recitare questa Crociata di Preghiera (92) per ottenere la Grazia della Perseveranza.

<<O caro Gesù, ti chiedo il dono della perseveranza.
Ti prego di concedermi le grazie di cui ho bisogno per difendere la Tua Santa Parola.

Ti chiedo di liberarmi da qualsiasi dubbio.

Ti chiedo di inondare la mia anima con benevolenza, pazienza e perseveranza.

Aiutami a rimanere dignitoso quando sono insultato nel Tuo Santo Nome.

Rendimi forte e concedimi la grazia di perseverare anche quando sono stanco, senza forze e quando devo affrontare tutte le tribolazioni che mi attendono, mentre lavoro instancabilmente per aiutarti a salvare l’umanità.
Amen.>>

Andate, Miei preziosi seguaci, e sappiate che il Mio Cuore scoppia di amore e di gioia quando vedo il vostro amore nel rispondere alla Mia chiamata.
Vi amo. Vi ricopro col Mio Prezioso Sangue.
Il vostro Gesù.

lunedì 10 novembre 2014

"Jesús, dame los Dones que necesito para permanecer fiel a Ti."

29 oct 2014 Yo derramo grandes Gracias sobre Mis Seguidores, en estos tiempos

07.11.2014 01:59
Miércoles 29 de Octubre de 2014 a las 15:00 hrs.


Mi muy querida y bienamada hija, Yo derramo grandes Gracias sobre Mis Seguidores en este, un tiempo en el que ellos más las necesitan.
Las Gracias que Yo derramo/vierto sobre vosotros, Mis seguidores, incluyen el Don del Discernimiento para haceros capaces de ver el engaño que arruina al mundo entero. También os concedo el Don de la Perseverancia, para que os levantéis contra Mis adversarios y continuéis luchando el combate para que el Cristianismo sobreviva. Os doy también el Don de la Paciencia, para que seáis capaces de continuar diciendo la Verdad, cuando tengáis que escuchar las falsedades, que serán proferidas por aquellos seguidores Míos, quienes serán conducidos al error por Mis enemigos.
Finalmente, os doy el Don del Amor, y, cuando Yo os llene con este Don, vosotros seréis capaces de erradicar el mal a través de vuestras palabras, hechos y acciones. El Amor para Mí, significa que amaréis aún a vuestros enemigos y, por medio de este Don, destruiréis el odio.
Id y aceptad Mis Dones. Todo lo que tenéis que hacer, es decirme:
"Jesús, dame los Dones que necesito para permanecer fiel a Ti."
Vuestro amado Jesús


Leer más: http://www.elgranaviso-mensajes.com/news/a29-oct-2014-yo-derramo-grandes-gracias-sobre-mis-seguidores-en-estos-tiempos/

sabato 11 gennaio 2014

PERSEVERAR!

Mater Boni Consilii, ora pro nobis!

MENSAJES 2014

01 ene 2014 Madre de la Salvación: La Verdad será tergiversada y la palabra de Dios será presentada al revés

10.01.2014 23:36
Miércoles 1° de enero de 2014 a las 13:44 hrs.   

Mi niña, por favor anima a todos los hijos de Dios a perseverar, durante las pruebas que han de llegar. Muchos desafíos enfrentarán todos los Cristianos; tendrán que atestiguar la retorcida apostasía la cual será exhibida ante ellos por aquellos...


Leer más: http://www.elgranaviso-mensajes.com/mensajes-2014/


venerdì 15 novembre 2013

Domenica 17 novembre 2013, XXXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C



"Prendete, prendete quest’opera e ‘non sigillatela’, ma leggetela e fatela leggere"
Gesù (cap 652, volume 10), a proposito del
"Evangelo come mi è stato rivelato"
di Maria Valtorta

Domenica 17 novembre 2013, XXXIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 21, 5-19.

Mentre alcuni parlavano del tempio e delle belle pietre e dei doni votivi che lo adornavano, disse:
«Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta». 
Gli domandarono: «Maestro, quando accadrà questo e quale sarà il segno che ciò sta per compiersi?». 
Rispose: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. 
Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine». 
Poi disse loro: «Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno, 
e vi saranno di luogo in luogo terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandi dal cielo. 
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e a governatori, a causa del mio nome. 
Questo vi darà occasione di render testimonianza. 
Mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; 
io vi darò lingua e sapienza, a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere. 
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e metteranno a morte alcuni di voi; 
sarete odiati da tutti per causa del mio nome. 
Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà. 
Traduzione liturgica della Bibbia

Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 9 Capitolo 596 pagina 413.

[...] 
38Mattia, l’ex pastore, si avvicina a Gesù e chiede: «Signore e Maestro mio, io ho molto pensato coi compagni alle tue parole finché la stanchezza ci prese, e dormimmo prima di avere potuto risolvere il quesito che ci eravamo posti. E ora siamo più stolti di prima. Se abbiamo bene capito i discorsi di questi giorni, Tu hai predetto che molte cose si cambieranno benché la Legge resti immutata e che si dovrà edificare un nuovo Tempio, con nuovi profeti, sapienti e scribi, contro il quale saranno date battaglie, e che non morrà, mentre questo, sempre se si è capito bene, pare destinato a perire». 
«È destinato a perire. Ricorda la profezia di Daniele...». 
«Ma noi, poveri e pochi, come potremo edificarlo di nuovo se fecero fatica a edificare questo i re? Dove lo edificheremo? Non qui, perché Tu dici che questo luogo resterà deserto sino a che essi non ti benediranno come mandato da Dio». 
«Così è». 
«Nel tuo Regno, no. Siamo convinti che il tuo Regno è spirituale. E allora come, dove lo stabiliremo? Tu ieri hai detto che il vero Tempio - e non è quello il vero Tempio? - che il vero Tempio, quando crederanno di averlo distrutto, allora sarà che salirà trionfante alla Gerusalemme vera. Dove è dessa? Molta confusione è in noi». 
«Così è. I nemici distruggano pure il vero Tempio. In tre giorni Io lo farò risorgere, e non conoscerà più insidia salendo dove l’uomo non può nuocere. 

39Riguardo al Regno di Dio, esso è in voi e ovunque sono uomini che credono in Me. Sparso per ora, succedentesi sulla Terra nei secoli. Poi eterno, unito, 
perfetto nel Cielo. Là, nel Regno di Dio, sarà edificato il nuovo Tempio, ossia là dove sono spiriti che accettano la mia dottrina, la dottrina del Regno di Dio, e ne praticano i precetti. 
Come sarà edificato se siete poveri e pochi? Oh! in verità non necessitano denari e poteri per edificare l’edificio della nuova dimora di Dio, individuale o collettiva. Il Regno di Dio è in voi. E l’unione di tutti coloro che avranno in loro il Regno di Dio, di tutti coloro che avranno Dio in loro - Dio: la Grazia; Dio: la Vita; Dio: la Luce; Dio: la Carità - costituirà il grande Regno di Dio sulla Terra, la nuova Gerusalemme che giungerà ad espandersi per tutti i confini del mondo e che, completa e perfetta, senza mende, senza ombre, vivrà eterna nel Cielo. 
Come farete a edificare Tempio e città? Oh! non voi, ma Dio edificherà questi luoghi nuovi. Voi dovrete soltanto dargli la vostra buona volontà. Buona volontà è permanere in Me. Vivere la mia dottrina è buona volontà. Stare uniti è la buona volontà. Uniti a Me sino a fare un sol corpo che è nutrito, nelle sue singole parti e particelle, da un unico umore. Un unico edificio che è poggiato su un’unica base e tenuto unito da una mistica coesione. Ma siccome senza l’aiuto del Padre, che vi ho insegnato a pregare e che pregherò per voi prima di morire, voi non potreste essere nella Carità, nella Verità, nella Vita, ossia ancora in Me e con Me in Dio Padre e in Dio Amore, perché Noi siamo un’unica Divinità, per questo vi dico di avere Dio in voi per poter essere il Tempio che non conoscerà fine. Da voi non potreste fare. Se Dio non edifica, e non può edificare dove non può prendere dimora, inutilmente gli uomini si agitano a edificare o a riedificare. 

40Il Tempio nuovo, la mia Chiesa, sorgerà soltanto quando il vostro cuore ospiterà Dio, ed Egli con voi, vive pietre, edificherà la sua Chiesa». 
«Ma non hai detto che Simone di Giona ne è il Capo, la Pietra sulla quale si edificherà la tua Chiesa? E non hai fatto capire anche che Tu ne sei la pietra angolare? Chi dunque ne è il capo? C’è o non c’è questa Chiesa?», interrompe l’Iscariota. 
«Io sono il Capo mistico. Pietro ne è il capo visibile. Perché Io ritorno al Padre lasciandovi la Vita, la Luce, la Grazia, per la mia Parola, per i miei patimenti, per il Paraclito che sarà amico di coloro che mi furono fedeli. Io sono un’unica cosa con la mia Chiesa, mio Corpo spirituale di cui Io sono il Capo. 
Il capo contiene il cervello o mente. La mente è sede del sapere, il cervello è quello che dirige i moti delle membra coi suoi immateriali comandi, i quali sono più validi per far muovere le membra di ogni altro stimolo. Osservate un morto, nel quale morto è il cervello. Ha forse più moto nelle sue membra? Osservate uno completamente stolto. Non è forse inerte al punto da non saper avere quei rudimentali moti istintivi che l’animale più inferiore, il verme che schiacciamo passando, ha? Osservate uno nel quale la paralisi ha spezzato il contatto delle membra, uno o più membra, col cervello. Ha forse più moto nella parte che non ha più legame vitale col capo? 
Ma se la mente dirige con i suoi immateriali comandi, sono gli altri organi - occhi, orecchie, lingua, naso, pelle - che comunicano le sensazioni alla mente, e sono le altre parti del corpo che eseguiscono e fanno eseguire ciò che la mente, avvertita dagli organi, materiali e visibili quanto l’intelletto è invisibile, comanda. Potrei Io, senza dirvi: “sedete”, ottenere che voi sediate su questa costa di monte? Anche se Io lo penso che voglio vi mettiate seduti, voi non lo sapete finché Io non traduco il mio pensiero in parole e dico queste, usando lingua e labbra. Potrei Io stesso sedermi, se lo pensassi soltanto, perché sento la stanchezza delle gambe, ma se queste rifiutassero di piegarsi e mettermi così seduto? La mente ha bisogno di organi e membra per fare e per far fare le operazioni che il pensiero pensa. 
Così nel corpo spirituale che è la mia Chiesa Io sarò l’Intelletto, ossia la testa, sede dell’intelletto; Pietro e i suoi collaboratori coloro che osservano le reazioni e percepiscono le sensazioni e le trasmettono alla mente, perché essa illumini e ordini ciò che è da fare per il bene di tutto il corpo, e poi, illuminati e diretti dall’ordine mio, parlino e guidino le altre parti del corpo. La mano che respinge l’oggetto che può ferire il corpo, o allontana ciò che, corrotto, può corrompere; il piede che scavalca l’ostacolo senza urtarvi e cadere e ferirsi, hanno avuto comando di farlo dalla parte che dirige. Il fanciullo, e anche l’uomo, che è salvato da un pericolo, o che fa un guadagno di qualsiasi specie - istruzione, affari buoni, matrimonio, buona alleanza per un consiglio ricevuto, per una parola detta - è per quel consiglio e quella parola che non si nuoce o che si benefica. Così sarà nella Chiesa. Il capo, e i capi, guidati dal divino Pensiero e illuminati dalla divina Luce e istruiti dall’eterna Parola, daranno gli ordini e i consigli, e le membra faranno, avendo spirituale salute e spirituale guadagno. 

41La mia Chiesa già è, poiché già possiede il suo Capo soprannaturale e il suo Capo divino e ha le sue membra: i discepoli. Piccola ancora - un germe che si forma - perfetta unicamente nel Capo che la dirige, imperfetta nel resto, che ha bisogno del tocco di Dio per essere perfetta e del tempo per crescere. Ma in verità vi dico che essa già è, e che è santa per Colui che ne è il Capo e per la buona volontà dei giusti che la compongono. Santa e invincibile. Contro di essa si avventerà una e mille volte, e con mille forme di battaglia, l’inferno fatto di demoni e di uomini-demoni, ma non prevarranno. L’edificio sarà incrollabile. 
Ma l’edificio non è fatto di una sola pietra. Osservate il Tempio, là, vasto, bello, nel sole che tramonta. È forse fatto di una sola pietra? È un complesso di pietre che fanno un unico armonico tutto. Si dice: il Tempio. Cioè una unità. Ma questa unità è fatta delle molte pietre che l’hanno composta e formata. Inutile sarebbe stato fare le fondamenta, se esse non avessero poi dovuto sorreggere le mura e il tetto, se su esse non avessero poi avuto ad innalzarsi le mura. E impossibile sarebbe stato alzare le mura e sostenere il tetto, se non fossero state fatte per prime le fondamenta solide, proporzionate a sì gran mole. Così, con questa dipendenza delle parti, una dall’altra, sorgerà anche il Tempio novello. Nei secoli voi lo edificherete appoggiandolo sulle fondamenta che Io gli ho dato, perfette, per la sua mole. Lo edificherete con la direzione di Dio, con la bontà delle cose usate a innalzarlo: spiriti che Dio inabita. 
Dio nel vostro cuore, a fare di esso pietra polita e senza incrinature per il Tempio nuovo. Il suo Regno stabilito con le sue leggi nel vostro spirito. Altrimenti sareste mattoni malcotti, legno tarlato, pietre scheggiate e farinose che non reggono e che il costruttore, se avveduto, respinge, o che fallano, cedono, facendo crollare una parte se il costruttore, i costruttori preposti dal Padre alla costruzione del Tempio, sono costruttori idoli che si pavoneggiano nel loro onore senza vegliare e faticare sulla costruzione che si innalza e sui materiali usati per farla. Costruttori idoli, tutori idoli, custodi idoli, ladri! Ladri della fiducia di Dio, della stima degli uomini, ladri e orgogliosi che si compiacciono di aver modo di aver guadagno, e modo di avere numeroso mucchio di materiali, e non osservano se sono buoni o scadenti, causa di rovina. 

42Voi, novelli sacerdoti e scribi del novello Tempio, ascoltate. Guai a voi e a chi dopo voi si farà idolo e non veglierà e sorveglierà se stesso e gli altri, i fedeli, per osservare, saggiare la bontà delle pietre e del legname, senza fidarsi delle apparenze, e causerà rovine lasciando che materiali scadenti, o addirittura nocivi, siano lasciati usare per il Tempio, dando scandalo e provocando rovina. Guai a voi se lascerete crearsi crepacci e muraglie insicure, storte, facili al crollo non essendo equilibrate sulle basi che sono solide e perfette. Non da Dio, Fondatore della Chiesa, ma da voi verrebbe il disastro, e ne sareste responsabili davanti al Signore e agli uomini. 
Diligenza, osservazione, discernimento, prudenza! La pietra, il mattone, la trave debole, che in un muro maestro sarebbero rovina, possono servire per parti di minore importanza, e servire bene. Così dovete saper scegliere. Con carità per non disgustare le deboli parti, con fermezza per non disgustare Dio e rovinare il suo Edificio. E se vi accorgete che una pietra, già posta a sorreggere un angolo maestro, non è buona o non è equilibrata, siate coraggiosi, audaci, e sappiatela levare da quel posto, mortificatela squadrandola con lo scalpello di un santo zelo. Se urla di dolore non importa. Vi benedirà poi nei secoli, perché voi l’avrete salvata. Spostatela, mettetela ad altro ufficio. Non abbiate paura anche di allontanarla del tutto se la vedete oggetto di scandalo e rovina, ribelle al vostro lavoro. Meglio poche pietre che molta zavorra. 
Non abbiate fretta. Dio non ha mai fretta, ma ciò che crea è eterno, perché ben ponderato prima di eseguirlo. Se non eterno, è duraturo quanto i secoli. Guardate l’Universo. Da secoli, da migliaia di secoli, è come Dio lo fece con operazioni successive. Imitate il Signore. Siate perfetti come il Padre vostro. Abbiate la sua Legge in voi, il suo Regno in voi. E non fallirete. 
Ma, se non foste così, crollerebbe l’edificio, invano vi sareste affaticati a innalzarlo. Crollerebbe rimanendo di esso unicamente la pietra angolare, le fondamenta... Così come avverrà di quello!... In verità vi dico che di quello così sarà. E così del vostro se metterete in esso ciò che è in questo: le parti malate di orgoglio, di avidità, di peccato, di lussuria. Come si è disfatto per soffio di vento quel padiglione di nuvole che pareva posare, così vagamente bello, sulla cima di quel monte, ugualmente, al soffiare di un vento di castigo soprannaturale e umano, crolleranno gli edifici che di santo non hanno che il nome...». 

43Gesù tace pensoso. Quando riparla è per ordinare: «Sediamoci qui a riposare un poco». 
Si siedono su un pendio del monte Uliveto, di faccia al Tempio baciato dal sole calante. Gesù guarda fisso quel luogo, con mestizia. Gli altri con orgoglio per la sua bellezza, ma sull’orgoglio è steso un velo di cruccio, lasciato dalle parole del Maestro. E se quella bellezza dovesse proprio perire?... 
Pietro e Giovanni parlano fra di loro e poi sussurrano qualcosa a Giacomo d’Alfeo e ad Andrea, loro vicini, i quali annuiscono col capo. Allora Pietro si rivolge al Maestro e gli dice: «Vieni in disparte e spiegaci quando avverrà la tua profezia sulla distruzione del Tempio. Daniele ne parla, ma se fosse come lui dice e come Tu dici, poche ore avrebbe ancora il Tempio. Ma noi non vediamo eserciti né preparativi di guerra. Quando dunque avverrà? Quale sarà il segno di esso? Tu sei venuto. Tu, dici, stai per andare via. Eppure si sa che essa non sarà che quando Tu sarai fra gli uomini. Tornerai, allora? Quando, questo tuo ritorno? Spiegaci, perché noi si possa sapere...». 
«Non occorre mettersi in disparte. Vedi? Sono rimasti i discepoli più fedeli, quelli che saranno a voi dodici di grande aiuto. Essi possono sentire le parole che dico a voi. Venitemi tutti vicino!», grida in ultimo per radunare tutti. 
I discepoli, sparsi sul pendio, si avvicinano, fanno un mucchio compatto, stretto intorno a quello principale di Gesù coi suoi apostoli, e ascoltano. 

44«Badate che nessuno vi seduca in futuro. Io sono il Cristo e non vi saranno altri Cristi. Perciò, quando molti verranno a dirvi: “Io sono il Cristo” e sedurranno molti, voi non credete a quelle parole, neppure se saranno accompagnate da prodigi. Satana, padre di menzogna e protettore dei menzogneri, aiuta i suoi servi e seguaci con falsi prodigi, che però possono essere riconosciuti non buoni perché sempre uniti a paura, turbamento e menzogna. I prodigi di Dio voi li conoscete: dànno pace santa, letizia, salute, fede, conducono a desideri e opere sante. Gli altri no. Perciò riflettete sulla forma e le conseguenze dei prodigi che potrete vedere in futuro ad opera dei falsi Cristi e di tutti coloro che si ammanteranno nelle vesti di salvatori di popoli e saranno invece le belve che rovinano gli stessi. 
Sentirete anche, e vedrete anche, parlare di guerre e di rumori di guerre e vi diranno: “Sono i segni della fine”. Non turbatevi. Non sarà la fine. Bisogna che tutto questo avvenga prima della fine, ma non sarà ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo, regno contro regno, nazione contro nazione, continente contro continente, e seguiranno pestilenze, carestie, terremoti in molti luoghi. Ma questo non sarà che il principio dei dolori. Allora vi getteranno nella tribolazione e vi uccideranno, accusandovi di essere i colpevoli del loro soffrire e sperando di uscirne col perseguitare e distruggere i miei servi. 
Gli uomini fanno sempre accusa agli innocenti di esser causa del male che essi, peccatori, si creano. Accusano Dio stesso, perfetta Innocenza e Bontà suprema, di esser causa del loro soffrire, e così faranno con voi, e voi sarete odiati per causa del mio Nome. È Satana che li aizza. E molti si scandalizzeranno e si tradiranno e odieranno a vicenda. È ancor Satana che li aizza. E sorgeranno falsi profeti che indurranno molti in errore. Ancora sarà Satana il vero autore di tanto male. E per il moltiplicarsi dell’iniquità si raffredderà la carità in molti. Ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvo. E prima bisogna che questo Vangelo del Regno di Dio sia predicato in tutto il mondo, testimonianza a tutte le nazioni. Allora verrà la fine. Ritorno al Cristo di Israele che lo accoglie e predicazione della mia Dottrina in tutto il mondo. 

45E poi un altro segno. Un segno per la fine del Tempio e per la fine del mondo. Quando vedrete l’abominazione della desolazione predetta da Daniele - chi mi ascolta bene intenda, e chi legge il Profeta sappia leggere fra le parole - allora chi sarà in Giudea fugga sui monti, chi sarà sulla terrazza non scenda a prendere quanto ha in casa, e chi è nel suo campo non torni in casa a prendere il suo mantello, ma fugga senza volgersi indietro, ché non gli accada di non poterlo più fare, e neppure si volga nel fuggire a guardare, per non conservare nel cuore lo spettacolo orrendo e insanire per esso. Guai alle gravide e a quelle che allatteranno in quei giorni! E guai se la fuga dovesse compiersi in sabato! Non sarebbe sufficiente la fuga a salvarsi senza peccare. Pregate dunque perché non avvenga in inverno e in giorno di sabato, perché allora la tribolazione sarà grande quale mai non fu dal principio del mondo fino ad ora, né sarà mai più simile perché sarà la fine. Se non fossero abbreviati quei giorni in grazia degli eletti, nessuno si salverebbe, perché gli uomini-satana si alleeranno all’inferno per dare tormento agli uomini. 
E anche allora, per corrompere e trarre fuori della via giusta coloro che resteranno fedeli al Signore, sorgeranno quelli che diranno: “Il Cristo è là, il Cristo è qua. È in quel luogo. Eccolo”. Non credete. Nessuno creda, perché sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti che faranno prodigi e portenti tali da indurre in errore, se fosse possibile, anche gli eletti, e diranno dottrine in apparenza così confortevoli e buone a sedurre anche i migliori, se con loro non fosse lo Spirito di Dio che li illuminerà sulla verità e l’origine satanica di tali prodigi e dottrine. Io ve lo dico. Io ve lo predico perché voi possiate regolarvi. Ma di cadere non temete. Se starete nel Signore non sarete tratti in tentazione e in rovina. Ricordate ciò che vi ho detto: “Vi ho dato il potere di camminare su serpenti e scorpioni, e di tutta la potenza del Nemico nulla vi nuocerà, perché tutto vi sarà soggetto”. Vi ricordo anche però che per ottenere questo dovete avere Dio in voi, e rallegrarvi dovete, non perché dominate le potenze del Male e le venefiche cose, ma perché il vostro nome è scritto in Cielo. 

46State nel Signore e nella sua verità. Io sono la Verità e insegno la verità. Perciò ancora vi ripeto: qualunque cosa vi dicano di Me, non credete. Io solo ho detto la verità. Io solo vi dico che il Cristo verrà, ma quando sarà la fine. Perciò, se vi dicono: “È nel deserto”, non andate. Se vi dicono: “È in quella casa”, non date retta. Perché il Figlio dell’uomo nella sua seconda venuta sarà simile al lampo che esce da levante e guizza fino a ponente, in un tempo più breve di quel che non sia il batter di una palpebra. E scorrerà sul grande Corpo, di subito fatto Cadavere, seguito dai suoi fulgenti angeli, e giudicherà. Là dovunque sarà corpo là si raduneranno le aquile. E subito dopo la tribolazione di quei giorni ultimi, che vi fu detta - parlo già della fine del tempo e del mondo e della risurrezione delle ossa, delle quali cose parlano i profeti - si oscurerà il sole, e la luna non darà più luce, e le stelle del cielo cadranno come acini da un grappolo troppo maturo che un vento di bufera scuote, e le potenze dei Cieli tremeranno. 
E allora nel firmamento oscurato apparirà folgorante il segno del Figlio dell’uomo, e piangeranno tutte le nazioni della Terra, e gli uomini vedranno il Figlio dell’uomo venir sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Ed Egli comanderà ai suoi angeli di mietere e vendemmiare, e di separare i logli dal grano, e di gettare le uve nel tino, perché sarà venuto il tempo del grande raccolto del seme di Adamo, e non ci sarà più bisogno di serbare racimolo o semente, perché non ci sarà mai più perpetuazione della specie umana sulla Terra morta. E comanderà ai suoi angeli che a gran voce di trombe adunino gli eletti dai quattro venti, da un’estremità all’altra dei cieli, perché siano al fianco del Giudice divino per giudicare con Lui gli ultimi viventi ed i risorti. 
[...]
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/ 

giovedì 24 ottobre 2013

PREGHIERA - ORAZIONE (II)





I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Preghiera (II)

Data: Domenica, 18 gennaio @ 09:07:49 CET
Argomento: Vita cattolica: Matrimonio, laicato...


7. La preghiera è un onore, una gloria, una felicità.
8. Motivi di pregare.
9. Qualità della preghiera: 1° Che cosa si deve fare prima della preghiera; 2° Bisogna pregare nel nome di Gesù Cristo; 3° Bisogna pregare con attenzione; 4° Con zelo, diligenza, fervore; 5° Con fede e confidenza; 6° Con umiltà e compunzione; 7° Bisogna pregare per quanto è possibile in istato di grazia; con cuore puro e scevro di odio; 8° Bisogna pregare sovente e perseverare nella preghiera fino alla morte.







7. LA PREGHIERA È UN ONORE, UNA GLORIA, UNA FELICITÀ. - Come è bella e vera quella sentenza del Crisostomo: «La corte e le orecchie dei principi sono aperte per poche persone privilegiate, ma la corte e le orecchie di Dio stanno spalancate per chiunque voglia avervi accesso» (De Orand. Dom. l. II). 

Nei reali appartamenti non si penetra che a stento; ai monarchi, raro è che si possa parlare, tanti sono gli ostacoli che chiudono il passo alla loro reggia, ed alla loro persona! Ma la preghiera ha libera entrata in cielo; essa va a Dio quando le talenta; entra nella corte celeste, si spinge fino al trono della divinità, da sola e ad ogni istante, senza che nessuna guardia le gridi: olà, dove vai? il re del cielo non dà udienza; tu a quest'ora lo importuni. Anzi, le guardie della corte divina, che sono gli Angeli, dicono a chi prega: vieni, entra, chiedi quanto vuoi e ti sarà dato. - E se è onore insigne l'essere ammesso all'udienza di un re, che onore infinitamente più, grande non è quello di avere sempre libero l'accesso alla persona del re del cielo! 
   Il mendicante è cacciato via dai palazzi abitati da uomini i quali in fin dei conti sono simili a lui per natura; e i poveri, i miserabili sono quelli che il gran Dio ammette più facilmente nel suo corteo ed ascolta con più premura. Andate, dice continuamente ai suoi ministri il Re dei re, il Signore dei monarchi, andate per le piazze e per le contrade, nei vicoli e per i crocicchi, e conducete qua tutti gli  
accattoni, infermi, ciechi, sciancati che troverete e fate loro ressa che entrino, in modo che la mia casa si riempia  (Luc. IX, 21-23).

   Ma non solamente questo gran Dio ci permette di rivolgerci a lui, assicurandoci che ci darà tutto quella che dimanderemo, la qual cosa è già altissimo onore e singolarissima distinzione, ma ce ne fa un obbligo... Supponiamo che un mendicante ardisse accostarsi alla mensa di un ricco, con quali parole e con quali maniere ne sarebbe scacciato! e il più misero dei mendicanti va, per mezzo della preghiera, a sedersi quando vuole alla tavola di Dio, presso la persona medesima di Dio. Che dignità! che onore! che gloria!... «Ti è permesso conversare con Dio, scrive il Crisostomo, ti è lecito trattenerti con lui a tuo piacere, per mezzo della preghiera ti è dato di meritare quello che brami. E benché tu non possa intendere con le orecchie del corpo la voce di Dio, ricevendo quello che domandi, ben vedi ch'egli si degna parlare con te, se non con parole certo con benefizi (In Eccles. c. VIII)».
   Dimandate e riceverete, affinché il vostro gaudio sia perfetto, dice Gesù Cristo (IOANN. XVI, 24)... «E qual felicità più grande può avere l'uomo, esclama S. Basilio, che quella di riprodurre su la terra i concerti degli Angeli, attendere alla preghiera su l'alba, esaltare il Creatore con inni e cantici? E poi, spuntato il sole, applicarsi al lavoro, non però mai dimenticando la preghiera? E finalmente, condire come di sale, tutte le azioni con cantici spirituali? (In Psalm.)».

   «Io ha creato la pace per frutta della preghiera», dice il Signore per bocca d'Isaia  (ISAI. LVII, 19). Ecco la mercede, la felicità, la dolcezza della preghiera: è la pace. Nulla infatti rende l'uomo tanto contento, allegro, tranquillo, quanto la preghiera, principalmente nelle prove, nelle tribolazioni, nella contrizione, e nel pianto dei peccati... Al mondo stolto che non prega, riesce di grave pena la preghiera; non trova tempo per pregare; non può intendere come le anime virtuose possano tanto amare e praticare la preghiera, da consecrarvi ore intere non solo senza noia, ma anzi con diletto. Infelici! essi non conoscono l'unzione della preghiera; non gustarono mai, perché non ne sono meritevoli, o meglio, perché non vogliono le consolazioni ineffabili, le dolci gioie che accompagnano questo divino trattenimento con Dio! La preghiera è veramente un saggio anticipato delle delizie celesti. Anime tepide, aride, negligenti, pigre, provatevi, fate qualche sforzo e comprenderete quello che dico, perché lo sentirete, lo proverete in fondo al cuore.



 8. MOTIVI DI PREGARE. - «Domandate, dice Gesù Cristo, cercate, picchiate»  (MATTH. VII, 7). Domandate per ottenere forze; perché voi non siete che debolezza... Cercate la luce e la verità con la preghiera, perché voi non siete che tenebre ed errori... Bussate con l'orazione alla porta del cielo e della grazia; perché vi sono necessari ambedue... Chiedete la grazia senza la quale non potete nulla... Sforzatevi di ritrovare con la preghiera la veste dell'innocenza e delle virtù che avete smarrita... Battete affinché vi siano aperti i tesori del Cuore ricchissimo di Gesù Cristo.
 I motivi che ci spingono a pregare sono la nostra povertà..., la nostra fiacchezza..., i nostri debiti spirituali... , le colpe, l'accecamento..., il tempo che ci è data apposta perché preghiamo..., la morte..., il giudizio..., l'inferno, il paradiso..., l'eternità.


   9. QUALITÀ DELLA PREGHIERA. 

1° Che cosa si deve fare prima della preghiera. - «Prima di metterti all'orazione, prepara l'anima tua», dice l'Ecclesiastico  (Eccli. XVIII, 23). Ci prepariamo alla preghiera: 1) con la lettura...; 2) col pentimento...; 3) con la considerazione della divina maestà alla quale si va a parlare...; 4) con la meditazione del proprio nulla...; 5) con la considerazione dei propri bisogni...; 6) con la considerazione dei vantaggi della preghiera...; 7) con la premeditazione delle cose che intendiamo domandare, perché non ci accada di chiedere cose o inutili, a nocevoli, o ingiuste; ma la nostra domanda versi intorno ad oggetti giusti, santi, degni di Dio, a lui graditi, a noi salutari. S. Bernardo dice: «Quale tu ti apparecchierai per comparire innanzi a Dio con la preghiera, tale a te si mostrerà Iddio; com'egli troverà voi, così voi troverete lui; perché egli è santo, sarà con chi è santo, egli l'innocente, sarà con l'innocente (Serm. in Cantic.)».

   Dio avrà cura di esaudire chi preparerà la sua preghiera nell'attenzione e nel raccoglimento; si mostrerà premuroso e liberale con chi apparterà diligenza e generosità.
   Chi si mette a pregare senza preparazione, chi si avvicina a Dio senza darsene pensiero, non placa Dio con la sua orazione, ma lo tenta, l'irrita, lo provoca con la sua temerità, con l'audacia, con l'irriverenza, con l'impudenza sua; principalmente poi se trovandosi in peccato, e quindi nemico di Dio e sotto il peso della sua collera, osa chiamarlo amico, senza che provi nessun dolore di averlo offeso. Dio ascolta solamente coloro che gli indirizzano le preghiere accompagnate da fede retta e da buone opere...
   Dunque, prima di cominciare la preghiera, pensate che voi siete una persona sommamente vile, perché peccatore ingrato, che siete cenere, polvere e corruzione; e per questa considerazione umiliatevi. Pensate quindi alla grandezza del Dio innanzi a cui vi portate con la preghiera; che è un Dio sapientissimo, santissimo, ottimo, onnipotente; amatore delle nature angeliche, riparatore della natura umana, creatore di tutte le cose. Ammirate, rispettate, adorate la divina maestà intimamente presente; ella sta davanti a voi. Amate la sua immensa bontà che è inclinata ad ascoltarvi, ad esaudirvi, a farvi del bene. Riaccendete la vostra speranza, ben sapendo che non uscirete né a mani vuote, né col cuore desolato, dalla presenza di un così gran re, dopo di avergli indirizzata la vostra preghiera.


   Ecco un modo pratico per apparecchiarvi alla preghiera: 1) la intendo pregare per dare lode, benedizione, onore a Dio. Una preghiera cosiffatta è un atto di religione. 2) Mi propongo di pregare Dio per piacergli; questa preghiera vi è ordinata dall'amore. 3) Voglio pregare per ringraziare Dio di tutti i suoi doni temporali e spirituali, concessi a me e a tutti gli altri; ecco un atto di riconoscenza. 4) Voglio pregare per imitare Gesù Cristo, la Beata Vergine Maria, gli Angeli beati e tutti i Santi del cielo, che mai non cessano dal pregare; unisco le mie preghiere alle loro orazioni ed ai loro meriti; ed in questa unione io offrirò le mie preghiere a Dio. Ecco l'iperdulia ed il culto dei Santi... 5) Voglio pregare per ottenere il perdono dei miei peccati e soddisfarvi; ecco un atto di penitenza... 6) Voglio pregare per la liberazione delle anime del purgatorio, per ottenere ai peccatori il perdono, ai giusti l'aumenta della loro giustizia; ecco un atto dell'amor del prossimo... 7) Intendo ancora pregare per chiedere un aumento di grazia e di gloria, cioè di umiltà, di carità, di mansuetudine, di castità, di sobrietà, di forza, di costanza, di perseveranza, di zelo, e in conseguenza per domandare un accrescimento di gloria celeste che corrisponda all'aumento di queste virtù e di queste grazie: ecco un atto di speranza e di differenti virtù... Utilissima cosa è avere tali intenzioni non solamente nella preghiera, ma ancora in tutte le azioni del giorno... Ci siamo noi fino ad oggi apparecchiati così alla preghiera? 
     
   2° Bisogna pregare nel nome di Gesù Cristo. - E promessa formale del divin Redentore, che tutto quello che dimanderemo al Padre nel nome suo, egli lo farà (IOANN. XIV, 13). «Se non sempre subito, osserva S. Agostino, sempre per certo; poiché le grazie sono talora differite, non mai negate (De Orat.)». Altra volta ripete: «Vi do la mia parola, che qualunque cosa domandiate al Padre mio in mio nome, egli ve la darà n; e si lagnava con gli Apostoli, che non avessero fino a quel giorno domandato nulla in nome suo  (IOANN. XVI, 23-24). Per questo noi vediamo la Chiesa conchiudere tutte le sue orazioni con l'invocazione del nome di Gesù Cristo.
   Perché bisogna pregare nel nome di Gesù Cristo? Primieramente, perché Gesù è il nostro mediatore presso il Padre  (I IOANN. II, 1). Secondariamente, perché Gesù Cristo ci ha riscattati... In terzo luogo perché tutte le grazie vengono da lui che ne è l'autore ed il dispensiere... In quarto luogo; perché tutto abbiamo da lui, tutto dobbiamo a lui, e principalmente l'efficacia delle nostre preghiere...
   Quando è che noi domandiamo, ossia preghiamo nel nome di Gesù Cristo? Risponde S. Gregorio: «Il nome del Figliuolo di Dio è Gesù; e Gesù vuol dire Salvatore: pertanto prega nel nome di Gesù, chi domanda cose le quali veramente giovino alla sua eterna salute (Homil. XXVII. in Evang.)». Siccome poi Gesù Cristo ci ha aperto il cielo, si è fatto uomo. ed è morto per procurarcelo, il vero mezzo di pregare nel nome di Gesù Cristo, sta nel mettere in pratica quelle parole del Salvatore: «Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, ed il resto l'avrete per di più»  (MATTH. VI, 33).


   3° Bisogna pregare con attenzione. - Perché mai Gesù Cristo c'inculca di pregare in segreto, di allontanarci dal tumulto quando vogliamo pregare se non per insegnarci a stare attenti e raccolti nel tempo della preghiera? «Quando pregherete, dice, entrate nella vostra camera, e chiuso l'uscio, pregate il Padre vostro in segreto; ed egli che vede nel segreto, vi retribuirà»  (MATTH. VI, 6). Entrate nella vostra stanza, cioè raccoglietevi dentro di voi medesimi, fate attenzione a quello che dite... Chiudete l'uscio, cioè vigilate sui vostri sensi, cacciate le distrazioni, applicatevi con tutto l'animo all'orazione. Entrate nella vostra cella che è il vostro cuore; perché, secondo la frase di S. Francesco d'Assisi, «quando preghiamo, il corpo deve tenere luogo di cella, e l'anima fare l'uffizio di romito (S. Bonav. in eius vita)». «State attenti nelle vostre preghiere», avvisa S. Pietro (I, IV, 7). «Non impiegate nel pregare molta copia di parole, scrive S. Agostino, ma con poche parole la preghiera riesce eccellente, quand'è fatta con pia e perseverante attenzione (Serm. XV, de Verb. Dom.)». Tale era la preghiera di S. Paolo il quale diceva: «Pregherò con lo spirito, pregherò con attenzione»  (I Cor XIV, 15).

   Quando noi preghiamo, è come se dicessimo col Salmista: «Signore, porgete l'orecchio alle mie parole, ascoltate le mie grida; o mio re, o mio Dio, ascoltate la mia preghiera»  (Psalm. V, 1-2). «Signore ascoltate la mia preghiera; essa non viene da bocca mentitrice» (Psalm. XVI, 1). Ora qual sarebbe la sfrontatezza, l'audacia nostra se mentre diciamo a Dio: ascoltateci, porgeteci orecchio, esaudite le preghiere che in tutta sincerità vi indirizziamo, noi non facessimo punto attenzione a quello che diciamo, non pensassimo a quello che dimandiamo, non sapessimo nemmeno noi quello che vogliamo? Noi siamo del continuo in distrazioni volontarie, attendiamo all'orazione sbadati, svagati, pigri, sonnolenti, pensando a tutt'altro che a Dio: ed è questo un pregare? Non è piuttosto un burlarsi di Dio, un insulto a Gesù Cristo?
   La preghiera è un'elevazione della mente a Dio. Ma se mentre la bocca prega, l'anima vaga su la terra, si occupa della famiglia, degli affari, delle creature, e simili cose, può essa dire che è elevata a Dio? Ah! una tale preghiera, non merita il nome di preghiera. Noi ci lamentiamo molte volte che non otteniamo quello che domandiamo. Ah! non è Dio che ricusi di dar celo, ma siamo noi che rifiutiamo di riceverlo. Oseremmo noi tenere tal modo nel chiedere qualche cosa agli uomini? « Voi domandate, diceva già S. Giacomo, e non ricevete, perché domandate male»  (IAC. IV, 3). «Ipocriti, direbbe Gesù Cristo a costoro, bene ha di voi profetato Isaia dove dice: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me» (MATTH. XV, 7-8).


   4° Con zelo, diligenza, fervore. - Quando Gesù c'inculca di domandare, di cercare, certo egli c'insinua con questo modo di parlare, che la preghiera nostra dev'essere fatta con diligenza, zelo, fervore. Tale era la costumanza del profeta Davide il quale poteva dire a Dio: «O Dio, Dio mio, io vi cerco fin dall'aurora; ché assetata di voi è l'anima mia» (Psalm. LXII, 2). E poi ancora: «Io mi sono ricordato di voi stando nel mio letto nel più alto della notte; io ho meditato le vostre meraviglie al primo rompere dell'alba» (Id. 7). «A voi ho gridato, o mio Signore; e al mattino la mia preghiera vi previene» (Psalm. LXXXV, 14). I Santi vegliano la notte in preghiere, si alzano di buon mattino per pregare; e noi? noi poltriamo, noi dormiamo.
   «O anima, dice S. Agostino, sii sollecita con Colui che è tutta sollecitudine a tuo riguardo; sii pura con Colui che è puro, sii santa con Colui che è santo, sii a disposizione di Colui che sta interamente ai tuoi cenni; quale sarai per Iddio, tale sarà Iddio per te (Soliloq.)»; cioè, come si esprime S. Eucherio di Lione: «quanta premura e diligenza noi portiamo all'orazione, tanta ne porrà Dio a esaudirci e a concederci le sue grazie» (Epist.). Se voi siete solleciti della preghiera, se procurate di prepararvi, di attendervi, di ben fare, Dio vi ammetterà volentieri alla sua udienza, coronerà i vostri voti, adempirà i vostri desideri, vi colmerà di benefizi. Quanto meglio le vostre disposizioni concorderanno con quelle di Dio, tanto più vi ascolterà con piacere, vi risponderà con sollecitudine; poiché l'amico conversa volentieri con l'amico, si trattiene con lui lieto e festoso... «La preghiera, scrive l'Alvarez, non è sonno, ma veglia; non pigrizia, ma attività; perché il cuore deve applicarsi con diligenza, e l'intelletto adoprarsi con sollecitudine a comprendere le cose divine, affinché la volontà le gusti e vi si affezioni (In Isaia)».

   Noi siamo sicuri di ottenere tutto ciò che domandiamo con la carità. Una preghiera breve ma fervente, vale infinitamente meglio che lunghissime orazioni fatte con tedio e rilassatezza. «La preghiera fervorosa, dice S. Bernardo, penetra certamente i cieli, donde non ritorna mai, senza alcun dubbio, vuota di effetto. Il grido che va diritto a ferire le orecchie di Dio, è il desiderio ardente che si sprigiona dal cuore per mezzo della preghiera (Serm. IV, in Quadrag.)». «Non sono le alte grida, dice il Crisostomo, che scuotono Iddio, ma è il fervido amore, quello che lo muove. Dio non ascolta la voce, ma il cuore (Homil. de mulier. Chanan.)».

   «Voi m'invocherete, dice Iddio, e vi partirete esauditi; mi cercherete e mi troverete, perché mi avete cercato con tutto il cuore» (IER. XXIX, 12-13). Ecco perché il re Profeta diceva che aveva trovato il suo cuore, per pregare (II Reg. VII, 27): e si augurava che la sua preghiera salisse al cielo come incenso di soave odore (Psalm. CXL, 2). La preghiera fervorosa è incenso di grato odore. Tre cose si richiedono affinché l'incenso s'innalzi e sono l'incensiere, il fuoco, l'incenso. L'incensiere è il cuore, il fuoco dell'incensiere è l'amor di Dio, l'incenso è la preghiera. Senza fuoco, inutile è l'incenso. Quando il cuore avvampa di fervore, la preghiera sale in un attimo fino a Dio, e Dio colma l'anima di mille favori... La preghiera fiacca e accidiosa, è una preghiera non esaudita.
   5° Con fede e confidenza. - Sono chiare le parole di Gesù Cristo: «Tutto quello che domanderete con fede, lo riceverete»  (MATTH. XXI, 22). È vero che la preghiera suppone la fede, altrimenti non si pregherebbe; ma questa non basta, si richiede una fede ferma e viva. Udite l'apostolo S. Giacomo: Se alcuno abbisogna di sapienza, si volga a chiederla a Dio, il quale la dà a tutti con abbondanza, e gli sarà data. «Ma domandi con fede, senza dubitare; perché chi dubita somiglia al flutto del mare, agitato e sobbalzato dal vento. Questo tale non si dia a credere di ricevere cosa veruna» (IAC. I, 5-7).

   «Il fondamento della preghiera è la fede; dunque, ne conchiude S. Agostino, crediamo per poter pregare, e preghiamo che questa fede la quale ci fa pregare, non ci manchi mai, né si intepidisca: la fede inspira la preghiera: la preghiera fatta ottiene la conferma della fede. Vegliate e pregate affinché non entriate in tentazione: che cosa è entrare in tentazione, se non uscire dalla fede? (Tract. XXXVI, de Verb. Domini secundum Lucam)».

   «Bussate e vi sarà aperto», dice Gesù Cristo (MATTH. VII, 7). Domandare e battere indicano la confidenza: non si domanderebbe, tanto meno poi si picchierebbe, quando non si avesse speranza di ottenere. Ma ci vuole una fiducia intera, assoluta, irremovibile... Si cerca, perché si ha fiducia di trovare. In ogni altro luogo la confidenza può essere ingannata; nella preghiera, non mai... Se Dio indugia a concederci quello che chiediamo, si raddoppi la confidenza e si otterrà. Quello che domandate, l'avrete a suo tempo. «Dio, dice il Profeta Abacuc, non ingannerà la vostra fiducia; se tarda a venire, aspettate, poiché verrà e non tarderà» (II, 3). Indegna cosa, è tentennare nella confidenza... Chi manca di fiducia non merita di essere esaudito... La confidenza e la fede sono come le due ali della preghiera, con le quali essa vola fino al trono di Dio e ottiene tutto ciò che le aggrada...
   6° Con umiltà e compunzione. - Se, come insegna S. Paolo, noi non siamo capaci di concepire da noi medesimi il menomo buon pensiero, ma Dio è quegli che ce ne dà il potere (II Cor II, 5), pensate voi se potremo pregare; importa adunque che chi vuole pregare si umilii innanzi a Dio, riconosca le sue miserie e i suoi bisogni. «L'orazione dell'uomo che si umilia, dice il Savio, passa le nubi, penetra nel cielo e non se ne parte finché l'Altissimo l'abbia guardata» (Eccli. XXXV, 21). No, Dio non isdegna mai né rigetta la preghiera dei poveri, cioè di quelli dal cuore umile, la guarda anzi con occhio benigno e cortese; come ci assicura il Salmista  (Psalm. XXI, 25); (Psalm. CI, 18); il quale perciò diceva a Dio: «Ascoltate la mia preghiera, perché io mi sono umiliato profondamente» (Psalm. CXLI, 7).

   L'umiltà è chiamata dal Crisostomo, il carro della preghiera    (De Orat.). Anzi possiamo dire che essa le dà le ali con cui essa vola rapidissima al cielo e senza le quali non fa che strisciare su la terra. Ne avete palpabile esempio nella preghiera del pubblicano, che è accettata immantinente ed esaudita da Dio, mentre quella del fariseo viene ributtata e punita. Osservate anche la preghiera del centurione: per umiltà e basso sentire che aveva di se medesimo, si professa indegno di accogliere tra le sue mura Gesù Cristo; ma appunto, perché se ne conosce indegno, Gesù Cristo vuole andarvi. Ah! «Dio resiste agli orgogliosi, dice S. Giacomo, e dà la grazia sua agli umili» (IAC. IV, 6).

   Nelle nostre preghiere dobbiamo imitare il mendicante. Appoggiato al suo bastone, il capo scoperto, se ne sta alla porta domandando un tozzo di pane per carità, e se ha alcune piaghe, le tiene scoperte. Tutte queste cose, i suoi cenci, le sue miserie, la sua voce fioca, la sua posizione umile, toccano il cuore del ricco il quale stende la sua mano benefica a sollevarlo... Noi siamo tutti quanti, dice S. Agostino, i mendicanti del grande Padre di famiglia; noi stiamo prostesi alla sua porta per domandargli il nostro pane quotidiano. Noi siamo stati scacciati dal paradiso terrestre, spogliati della veste dell'innocenza e privati di ogni bene, dal demonio e dal peccato. Bisogna dunque domandare con umiltà profondissima (Serm. XV, de Verb. Dom. sec. Matth.); cosi pregando siamo certi di ottenere quanto ci occorre, perché sempre Iddio gradì l'orazione degli umili (IUDlTH. IX, 16).
   Quello poi che serve a un tempo ad eccitare in noi l'umiltà e a renderla certamente gradita a Dio e salutare a noi, è la compunzione del cuore; perché Iddio non ripudia mai da sé un cuore contrito ed umiliato (Psalm. L, 19); e l'anima che prega compunta e contrita, al dire di S. Bernardo, avanza rapidamente nella strada della salute (Serm, IV, In Quadrag.).

   «La preghiera, scriveva S. Agostino, si fa meglio con gemiti che con parole, più con le lacrime che con la lingua (Ad Dioscor.)». Oh come bella ed efficace preghiera sono. le lacrime del cuore! «Quando tu pregavi piangendo, disse l'Angelo a Tobia, io presentava la tua preghiera al Signore » (TOB. XII, 12). «Mescoliamo le lacrime alle preghiere, ci suggerisce S. Cipriano: queste sono armi celesti le quali ci rendono invincibili: queste sono fortezze spirituali, e scudi divini che ci difendono (Epist. ad Martyr.)». Lisia si avanza alla testa di ottantamila uomini e di un forte nerbo di cavalleria e va ad assediare Betsura. Corsa voce a Giuda Maccabeo, che il nemico investiva la fortezza, si gettò per terra ai suoi a dimandare al Signore con pianto e gemiti che inviasse un Angelo per la salvezza d'Israele. Allora un cavaliere comparve innanzi ad essi, bianco vestito, con armi d'oro e con la lancia in pugno. Forti di questo soccorso, Giuda col suo esercito attacca battaglia col nemico, ne uccide gran parte, l'altra mette in fuga, riportando una splendida vittoria (II Mach. XI).


   7° Bisogna pregare per quanto è possibile in istato di grazia; con cuore puro e scevro di odio. - Ci assicura S. Giacomo, che molto può la preghiera fervente e assidua del giusto (IAC. V, 16); e le preghiere che S. Giovanni vide esalare come profumi dalle coppe d'oro ch'erano tenute in mano dagli Angeli in Cielo, erano le preghiere dei Santi (Apoc. V, 8). Le orazioni di coloro che si trovano in istato di grazia, sono paragonate ai profumi, a cagione del loro valore e del buon odore. Se Aronne, ponendosi in mezzo al popolo e alzando la voce a Dio con la preghiera, fece cessare la peste che mieteva la moltitudine, è perché era giusto e santo (Num. XVI, 46). Se Mosè, Elia, Samuele, ecc. avevano tanta forza con le loro preghiere, da ottenere quanto chiedevano, e più ancora, lo dovevano allo stato di grazia in cui si trovavano.

   Benché sia cosa desiderabile che chi prega si trovi in istato di grazia, tuttavia il peccatore il quale ha perduto la grazia, deve anche egli pregare, e pregare molto e più che il giusto, per ottenere il perdono dei suoi peccati e riconciliarsi al più presto con Dio. Il malato ha bisogno di medico e di medicina; ora il peccatore è affetto dalla più spaventosa e orribile malattia che lo condurrebbe al sepolcro dell'inferno, se non adoprasse l'efficace rimedio dell'orazione, se non facésse ricorso a Gesù vero medico.

   «Beati quelli dal cuore puro, perché essi vedranno Dio», disse Gesù Cristo (MATTH. V, 8). Ora se avviene che i puri, i casti vedano Dio quaggiù in terra, questo certamente avviene nella preghiera. Se noi ci presentiamo innanzi a Dio per pregarlo con cuore puro, noi potremo, diceva l'abate Giovanni, per quanto è possibile a uomo vestito di carne, vedere Dio e a lui volgere. nella nostra preghiera, l'occhio del nostro cuore, e contemplare in ispirito l'Invisibile (Vit. Patr.). La castità di Giuditta unita alla sua preghiera, salvò il popolo giudeo da uno sterminio totale. La preghiera che parte da un'anima casta, pura, senza macchia, è infinitamente cara e gradita a Dio, e riesce onnipotente per l'uomo. 

   Ora che cosa sarà della preghiera che esce da un'anima tra vagliata dall'ira, rosa dall'odio? «Ah! nessuno, esclama S. Giovanni Crisostomo, sia così audace che si accosti a Dio con la preghiera, se cova nel suo cuore odio e vendetta (Lib. de Orand. Dom.)». Dio rigetta non meno con orrore la offerta, il sacrifizio di chi prega con odio in cuore, che l'oblazione di chi prega col cuore volontariamente tuffato nel più fetente lezzo.

   La preghiera perché sia esaudita deve sgorgare da un cuore scevro di mal talento e pieno di carità. Pregando, l'uomo vuole e dimanda che Dio gli usi misericordia; bisogna dunque che dimentichi e perdoni egli medesimo le ingiurie ricevute dai suoi simili. Tutte le volte che l'uomo che odia profferisce quelle parole del Pater: Perdona a noi come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offesi, pronunzia la sua condanna; la sua preghiera è un oltraggio.
   8° Bisogna pregare sovente e perseverare nella preghiera fino alla morte. - Non basta pregare una volta, ma bisogna essere assidui a questo esercizio, e mantenervisi perseveranti fino alla morte. «È necessario pregare sempre e non stancarsi mai» (Luc. XVIII, 1). «Se egli continua a bussare, vi assicuro che gli sarà dato tutto ciò che gli abbisogna» (Luc. XI, 8). «Io vi dico domandate e vi sarà dato; cercate e troverete; picchiate e vi, sarà aperto» (Ib. 9). Tutte queste sentenze sono di Gesù Cristo il quale, notate che non dice: domandate, cercate, battete una volta, due, dieci, mille volte; ma in termini generali raccomanda di sempre chiedere, sempre bussare. E la parola confortava con l'esempio; perché nella preghiera consumava la notti intere (Luc. VI, 12). Tre volte egli prega nel giardino degli ulivi, e solamente dopo la terza volta discende un Angelo a consolarlo. Non è questo un sublime esempio ed un forte stimolo per noi a perseverare nella preghiera?

   «Quando Iddio tarda un po' a darei quello che gli domandiamo, ci vuole far notare il valore dei suoi favori, non ce li nega, scrive S. Agostino; cosa lungamente aspettata, arriva più dolce e cara; se è subito concessa, non se ne tiene conto. Chiedendola e cercandola, cresce con l'appetito Il gusto che poi si prova nell'assaporarla (Epist. XLIII, ad Paulin.)». Quanti beni preziosi e abbondanti non ci darà Iddio nella sua bontà, dice il medesimo Santo; quel Dio che ci esorta a domandare e quasi si corruccia se non domandiamo (Serm. V, de Verb. Domini); insistendo presso di lui con una violenza che, al dire di Tertulliano, gli riesce gratissima (Lib. de Orat.). Del resto, quegli che non persevera nella preghiera, non raccoglie nessun frutto duraturo: come non conseguisce il premio quel corridore il quale cade sfinito prima di avere toccato la mèta: la similitudine è di S. Lorenzo Giustiniani (De ligno vitae, c. IV).

   Degli Apostoli narra S. Luca, che ritornati a Gerusalemme dopo aver assistito all'ascensione del Salvatore, erano del continuo nel tempio a cantare le lodi del Signore (Luc. XXIV, 53); e perseveravano tutti d'accordo nella preghiera con le sante donne e con Maria madre di Gesù, e con i suoi fratelli (Act. I, 14). E tanto era l'amore che portavano alla preghiera, che rinunziarono ad ogni esteriore faccenda, per consecrarsi tutti di proposito alla preghiera continua (Act. VI, 4).

   Da ciò si comprende come inculcassero con tanta premura la preghiera ai cristiani. «Pregate con ogni sorta d'istanza e di supplica, in tutti i tempi, vigilando e pregando senza tregua, in ispirito, per tutti» (Eph. VI, 18). «Vegliate e perseverate nella preghiera con azioni di grazie» (Coloss. IV 2). «Pregate senza posa» (I Thess. V, 17). «La vera vedova deve perseverare giorno e notte nelle preghiere e nelle suppliche» (I Tim. V, 5). E quello che raccomandava ai fedeli, lo eseguiva l'Apostolo medesimo che poteva dire di se stesso: «Io prego del continuo per voi» (Coloss. I, 3). «Non cesso mai dal pregare per voi e dal dimandare che siate forniti della cognizione della volontà di Dio in tutta saviezza e intelligenza spirituale; affinché vi regoliate in maniera degna di Dio, cercando di piacere a lui in tutto» (Ib. 9-10). Mentre S. Pietro era custodito in carcere non si cessava di pregare per lui (Act. XII, 5); e Pietro ne fu scampato; perché grande valore, dice l'Apostolo S. Giacomo, ha la preghiera del giusto purché sia assidua (IAC. V, 16).

   Dice S. Gregorio: «Iddio vuole che lo si preghi, che gli si faccia violenza, che lo si vinca con l'importunità. Perciò dice: Il regno dei cieli va tolto a viva forza, e se ne impadroniscono quelli che usano violenza. Siate dunque assidui alla preghiera, siate importuni nelle vostre suppliche, non scoraggiatevi delle ripulse. Se colui che tu preghi, pare che non ti ascolti, fagli violenza acciocché riceva il regno dei cieli: sii violento per forzare la porta del cielo. Dolce violenza è questa, per cui Dio non si offende, ma si placa: non si danneggia il prossimo, ma lo si aiuta; non si fa peccato, ma lo si cancella (In Psalm. VI)».


   Ascoltiamo perciò il consiglio di S. Gerolamo: «Uscendo di casa tua, armati dell'orazione, e rientrandovi, riabbracciala; non dare mai riposo al tuo corpo se prima non hai nutrito l'anima con la preghiera (Epist.)». Procuriamo con ogni diligenza, secondo il suggerimento di Bartolomeo dei Martiri, di far sì che per mezzo dell'assiduità alla preghiera, il nostro cuore stia sempre aperto a Dio (In eius Vita): ricordando quel detto di S. Isidoro:  «Chi vuol essere del continuo con Dio, deve frequentemente leggere e pregare: la frequenza nella preghiera ci ripara dall'assalto dei vizi (De Summ. Bono, l. III, c. 8)». Noi dovremmo poter dire col Salmista:  «Abbi pietà di me, o Signore, perché ho gridato a Te tutto il giorno» (Psalm. LXXXV, 3). Questo re ci assicura ch'egli lodava e pregava il Signore sette volte al giorno (Psalm. CXVIII, 164).

   Nel fatto di Giuditta è notato che, convocato tutto il popolo nel tempio, vi passò la notte in orazione, chiedendo soccorso al Dio d'Israele (IUDITH. VI, 21). Che cosa fece Gesù allorché si trattò di scegliere i discepoli?  «Se ne andò su la montagna a pregare, e stette in orazione tutta la notte: fattosi giorno, raduno intorno a sé i discepoli e ne scelse dodici tra loro, i quali chiamò Apostoli» (LUC. VI, 12-13). Impariamo da questo esempio a non mettere mai mano ad affare d'importanza, senza aver prima, sovente e per lungo tempo, invocato con la preghiera i lumi dello Spirito Santo.

    «Attendiamo dunque, conchiudiamo con S. Cipriano, a frequenti preghiere» (Epl. ad Martyr.); e ricordiamoci che, come dice lo Spirito Santo, è perseverante nella preghiera, colui che non cessa di pregare finché non abbia ottenuto dall'Altissimo quello che domanda (Eccli. XXXV, 21). Nella perseveranza sta la forza della preghiera; essa ottiene tutto quello che domanda con assiduità... La preghiera perseverante è indicata dal Crisostomo, come l'arma più forte (De Orando Dom.). Chi non cessa di starsene accanto a Dio per mezzo di una preghiera perseverante, assicura l'anima sua da ogni tirannia di passioni...






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