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giovedì 4 agosto 2016

DUM HINC TRANSIS: DICITO SEMPER AVE! - La preghiera alla Madre della Salvezza è la nostra vera vittoria

Cosa chiese Maria SS.ma contro l’invasione degli islamici

Madonna di PellestrinaGiovedì 4 agosto il cardinale Pietro Parolin sarà nell’isola di Pellestrina (Venezia) per i 300 anni dall’Apparizione della Madonna. Ci saranno anche il Patriarca di Venezia e il vescovo della nostra diocesi di Chioggia. Trecento anni fa, Maria toccò il braccio di un ragazzo di nome Natalino dicendogli di dire al parroco di far celebrare delle Messe per le anime del Purgatorio “se volemo avere vittoria”. Senza la vittoria della Repubblica veneta nei giorni seguenti il 4 agosto 1716, le nostre donne porterebbero il velo e noi tutti reciteremmo a memoria i versetti del Corano. Invece oggi abbiamo la grazia di portare in trionfo la Madre del Signore Gesù.
Venerata nel santuario di marmo bianco che si specchia sulla laguna di Pellestrina, sùbito innalzato dalla Repubblica Veneta in segno di gratitudine, la bella immagine della Madonna nera dipinta da ignota mano, dal 18 luglio in  poi, esce di casa e inizia il suo percorso di benedizione in tutte le chiese dell’isola. In laguna, centinaia di barche – dalle più piccole ai grandi barconi da pesca – fanno risuonare clakson e trombe. Questa la sua storia.
***
A Natalino Scarpa, il 4 agosto di trecento anni fa, la Madonna, prendendolo per un braccio, disse: «Vien qua fio, vai dal Piovan, e dighe che a fassa celebrare delle Messe per le aneme del Purgatorio, se volemo avere vittoria» («Vieni qui, ragazzo, vai dal parroco e digli che faccia celebrare delle Messe per le anime del Purgatorio se vogliamo avere vittoria»).
Di quale vittoria si trattava? Quella della Repubblica Veneta contro i turchi che invadevano il Mediterraneo e attaccavano le coste dell’Italia, depredando, uccidendo e nel caso migliore costringendo quanti catturavano – uomini e donne – a diventare musulmani.

La vittoria pronosticata da Maria, patrocinata dalle Messe che la gente dell’isola di Pellestrina fece subito celebrare, è arrivata qualche giorno dopo, quando Venezia respinse i turchi a Corfù e a Pretervaradino.
Non sarebbero bastate le armi a difendere le popolazioni e a garantire la fede cristiana, come non erano bastati gli eserciti a difendere Vienna assediata dai musulmani, quando il Beato Marco d’Aviano celebrò l’eucaristia e proclamò la penitenza e l’assoluzione dei soldati.
Non erano bastate le flotte delle navi a Lepanto, quando Pio V proclamò la Madonna Regina del Rosario.
Come si difende la fede? Come si garantisce un popolo?
Spezzoni di eserciti europei vanno a inseguire l’Isis nei Paesi che generano il terrorismo, mentre nelle nostre città aumentano i controlli e per le strade si disseminano drappelli sempre più numerosi di forze dell’ordine.
La condizione richiesta dalla Madonna dell’Apparizione a un ragazzino di un’isola della laguna veneta, significativamente posta a barriera della città di Venezia sul frontale del mare Adriatico, è quella di celebrare delle Messe, interagendo così attraverso la più grande preghiera cristiana.
Non bastano dunque le armi difensive a proteggerci; non bastano le barriere né le più raffinate tecniche investigative. Occorre la preghiera.
Perché? Prima di tutto perché la preghiera ci mette in braccio a Dio.
Nella preghiera diventiamo collaboratori di Dio, che non ha scelto di agire da solo.
Il Dio dell’alleanza nell’antico testamento e il Dio dell’amicizia nel nuovo testamento ci chiama ad essere suoi partner e collaboratori, e domanda di estendere nel mondo il Regno di pace e di fraternità attraverso la vita e la presenza dei suoi figli-alleati.
La preghiera estende la forza e l’efficacia dell’azione di Dio.
In secondo luogo la preghiera raddrizza il nostro cuore e dice a noi stessi e agli altri chi siamo: figli di Dio e fratelli.
La preghiera chiarisce e approfondisce la nostra identità, dice la nostra origine e la nostra appartenenza, rende saldo il nostro intendimento e lo scopo della vita, dona libertà e coraggio. Rende veri e saldi. Libera dall’odio, dalla violenza, dalla vendetta e dalla rappresaglia.
La preghiera dunque è la nostra vera vittoria. Potremo vivere o morire, con la preghiera nulla va perduto di quello che siamo, come nel caso dei martiri sorpresi a pregare e di padre Jacques Hamel ucciso mentre celebrava l’Eucaristia.
L’invito della Madonna dell’Apparizione al giovane Natalino nello specchio della laguna veneta e sulla scena della storia si ripresenta oggi come l’iniziativa più urgente e più mobilitante per tutto il popolo cristiano, «se volemo avere vittoria».
Fonte: La NBQ


AMDG et BVM

domenica 26 giugno 2016

LA SANTA MISA QUE ME AGRADA, UN EXORCISMO CONTRA SATANAS 18-6-2016


LA SANTA MISA QUE ME AGRADA, 
UN EXORCISMO CONTRA SATANAS 
 18-6-2016 

Gracias, mi buen Jesús, por Tu Presencia Eucarística; gracias por haberte quedado con nosotras y hacer de mi casa una casita de Nazaret. 
Te vas y no te vas, porque te quedas conmigo, te llevo en la custodia de mi pobre corazón lleno de amor por Ti. 

Bendito sea el Dios de Abraham, el Dios de Isaac, el Dios de Jacob. Bendita sea la Santí0isma Trinidad por tantas bendiciones. Amen. 

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Tres Personas distintas en un solo Dios, el Dios de Abraham, el Dios de Isaac, el Dios de Jacob, el Dios de los justos, que vive y reina por los siglos de los siglos. 

Me custodiáis en vuestro corazón y Me lleváis a donde quiera que vas, y Yo os conduzco, para que -en Mí y por Mí- sigáis llamando a las almas a la conversión y vuelvan a Mí, su Único Dios, porque fuera de Mí no hay otros dioses ni hay salvación. 

Todos aquellos que están extraviados y lejos del camino de la Salvación, Mi Luz resplandecerá en Ti, Mi profeta, para que sigáis anunciando y denunciando, dando Testimonio de la Verdad. Jesús de Galilea pasará, tocará, sanará, expulsando tiniebla y obscuridad, a Mi Paso. 

El ritual de la Santa Misa, dado a mi Sacerdote Ungido, Juan de Dios, es un verdadero exorcismo contra Satanás, por ser el Santo Sacrificio del Altar, y por la misma liturgia que lo compone; ahí está el tuétano en cada palabra, en cada oración, la esencia que retiraron en el Concilio Vaticano II. 

Este exorcismo os protegerá de todo mal, ahuyentará a los demonios y a todo enemigo de la Cruz. En estas Misas, llevadas espiritualmente, muchas almas son salvadas, muchas se convierten, porque vosotros os hacéis intercesores de esas almas. 

Esta es una barrera que detiene la maldad de Satanás contra vosotros; y vosotros, en estas Misas de Mi agrado, combatís la batalla espiritualmente contra Satanás, como os lo dije antes, pues una sola de estas Misas valen siete veces más que una de las misas sacrílegas y profanas que llevan a cabo muchos de Mis sacerdotes, pues muchos de ellos han perdido la Fe, la pureza, todo amor verdadero por Mí, su Maestro, celebrando el Santo Sacrificio de la Misa. 

Sois Mi Verdadera Iglesia, ese pequeño Resto Fiel, esas llamas de Amor Divino encendidas para encandilar al enemigo y dejarlo ciego. No abandonéis, mis pequeñas almas adoradoras, almas consoladoras. Bendigo vuestro esfuerzo, vuestra obediencia y humildad para Conmigo. 

El Cielo está con vosotros, que sois el Ejército de María Santísima. Los Santos combaten a vuestro lado y os ayudan. San Miguel, con toda la hueste de ángeles, os asisten; y todo el cielo se regocija en cada Celebración Eucarística que cada uno de vosotros, Mis elegidos, celebráis en soledad. 

Pronto os enviaré sacerdotes y os daré el gran regalo de recibir Mi Santo Cuerpo y Mi Sangre Redentora de manera Sacramental, en las especies consagradas debidamente del pan y el vino, Mi Santo Cuerpo y Mi Preciosas Sangre; y en donde no habrá sacerdotes santos que supieron permanecer fieles y firmes a la verdad, los mismos ángeles os traerán y os darán LA SANTA COMUNIÓN, EL PAN DE VIDA ETERNA. 

Cultivad vuestra Fe; recordad cuántos fueron curados y salvados por su Fe. La Fe es la Roca, permanezcan en Mí y Yo permaneceré en cada uno de vosotros. 

Os Bendigo, Mi pequeño Resto Fiel. 

JESÚS DE GALILEA.

mercoledì 23 marzo 2016

GIOVEDI' SANTO




oltre la considerazione della carità di un Dio 
che si fa Cibo agli uomini 
risaltano quattro ammaestramenti principali:
1.La necessità per tutti i figli di Dio di ubbidire alla Legge
2. La potenza della preghiera di Maria
3. Il dominio di se stessi e la sopportazione dell'offesa, carità sublime su tutte...
4. Il Sacramento opera quanto più uno è degno di riceverlo. ...


“CUORE AMOROSISSIMO DI GESÙ,
PER LA TUA SOFFERENZA DI CROCE,
IN QUEST’ORA DI OSCURITÀ,
SII TU LA LUCE PER L’UMANITÀ”.

sabato 2 maggio 2015

S. Messa

I Santi e la Messa




San Tommaso d'Aquino: "La celebrazione della Messa ha lo stesso valore della morte di Gesù sulla croce".

San Francesco d'Assisi: "L'uomo dovrebbe tremare, la terra dovrebbe vibrare, il cielo intero dovrebbe commuoversi profondamente, quando il Figlio di Dio si rende presente sugli altari nelle mani del sacerdote".

San Giovanni Maria Vianney, il curato d'Ars: "Se conoscessimo il valore della Messa, moriremmo di gioia" .






venerdì 16 gennaio 2015

Il più bel dono che il santo Padre Benedetto XVI ha fatto...


Il Santo Curato d’Ars e la Santa Messa

Editoriale di Radicati nella fedefoglio di collegamento della chiesa di Vocogno e della cappella dell’Ospedale di Domodossola (dove si celebra la S. Messa tradizionale)

Carissimi,
si è appena concluso l’anno sacerdotale.
Occorre domandare al Signore la grazia che tutto non finisca come una delle tante grandi celebrazioni anniversarie. Non siamo certo tra quelli che disprezzano superbamente le manifestazioni esterne, anche imponenti, della vita cattolica. No, è necessario celebrare esternamente eventi e circostanze significative per la vita cattolica... purché lo scopo sia quello di una reale crescita nella vita di fede, nell’obbedienza a Dio e alla Chiesa.
Il pericolo di fermarsi all’esteriorità è sempre in agguato. A noi piace ricordarlo alla fine, e non all’inizio dell'anno sacerdotale, perché questo non sappia minimamente di superbia o superiorità rispetto all’evento esteriore.

Occorre allora pregare perché tutto scenda nel profondo ed edifichi le nostre persone secondo Cristo.
Questa preghiera deve innanzitutto considerare un fatto molto semplice ma chiaro: l’anno sacerdotale non è nato da qualcosa di astratto ma da un anniversario storico, i 150 anni dalla morte del Santo Curato d'Ars.
Non è poco ricordare questo. Il pericolo è di dimenticarlo per perdersi in discussioni astratte sulla Chiesa, sul sacerdozio, sulla vita cristiana che sono il contrario dell’approfondimento spirituale.

Noi “moderni”, figli delle ideologie, corriamo sempre questo rischio, quello di parlare a vuoto.
Occorre invece guardare a un santo suscitato da Dio per la Chiesa, indicato da più Papi come modello per i sacerdoti, che è faro luminoso anche per la vita dei fedeli. Occorre guardare alla sua vita concreta, a quello che ha fatto, a come l’ha fatto, per imparare ciò che conta nella vita di quaggiù.

Il più bel dono che il santo Padre Benedetto XVI ha fatto ai sacerdoti di tutto il
mondo e alla Chiesa tutta è stato quello di indicare il Curato d’Ars come modello
e intercessore.
Il pericolo è grande in questo momento, quello di accantonare San Giovanni Maria Vianney, la sua vita santa, per perdersi in vuote discussioni che aumentano la confusione sui preti e sulla vita cristiana, confusione che lascia tristi e stanchi.

Per questo invitiamo a pregare e a considerare che gli elementi della vita del Santo Curato d’Ars sono gli elementi essenziali per la vita di ogni cristiano, del sacerdote prima e quindi di ogni fedele.
A chi non l’avesse ancora fatto suggeriamo di leggere la vita di San Giovanni Maria Vianney, magari quella classica, e secondo noi più edificante dal punto di vista spirituale, del Trochu, oppure se si vuole quella più modernamente essenziale del Fourrey: la lettura di questa santa vita sarà sicuramente un potente invito ad una vita cattolica più autentica. Ricentrerà la nostra esistenza sulla Santa Messa, sul Sacrificio di Cristo, fonte di ogni grazia.

Fare l’anno sacerdotale senza riporre al centro della vita la Messa sarebbe un’assurdità. E' vero per i preti, è vero per i fedeli.
Tutta la grandezza, tutta la ragion d’essere, tutta la gioia, tutta la consolazione, tutta la forza del sacerdote si trovano nel Santo Sacrificio della Messa!
Questo ci insegna il santo Curato d'Ars.

Ma non è forse per questo che, accogliendo con gioia il Motu Proprio, siamo tornati alla celebrazione della Messa tradizionale? 
In essa è sommamente evidente, manifestato, il valore sacrificale della Messa, che dà forma a tutta la vita del Cristiano. I sacerdoti che tornano alla celebrazione della Messa tradizionale avvertono questo con una potenza difficile da esprimere compiutamente a parole. Ma anche per i fedeli è evidente la potenza di grazia e di educazione alla fede che sgorga dalla Messa tradizionale.

Per questo il più essenziale richiamo resta per tutti quello dell’assistenza alla Messa, anche quotidiana!
Dalla Messa poi discende l’amore alla Confessione, amministrata e vissuta, l’amore alla penitenza, il riconoscimento del sacrificio e dell’amore a Cristo e al prossimo nell’apostolato.
Tutto diventa più semplice e più profondo, anche per noi poveri peccatori in cammino.

Ma leggiamo dal Trochu cos'era la Messa del Curato d’Ars: 

«Coloro che hanno avuto la fortuna di assistere alla sua Messa hanno potuto <>constatare la trasfigurazione che si operava in tutta la sua persona durante la celebrazione. [...] La fede aveva fatto di lui un Angelo e l’amore un Serafino. Queste qualità si manifestavano in modo straordinario quando era all’altare, illuminando i suoi occhi e dando al suo viso un’espressione mirabile. [...] “Dopo la consacrazione – aveva detto un giorno il Santo, - quando tengo il Signore tra le mie mani, io dimentico tutto”. E ancora il Santo dice: “Durante la Messa, quando si prega il Signore per i poveri peccatori, Egli manda ad essi raggi di luce, perché scoprano le proprie miserie e si convertano.” [...] Verso il 1850, durante un
< style="font-style: italic;">catechismo delle undici diceva: “Noi siamo così terreni che la nostra fede ci mostra le cose soprannaturali come se fossero lontane trecento leghe, e come se Dio fosse al di là dei mari. Se avessimo una fede più viva, lo vedremmo certamente nell'Eucarestia. Ci sono dei preti che lo contemplano ogni giorno, celebrando la Messa”.[...] E andando ai primi anni di apostolato, che egli chiamava gli anni delle grazie straordinarie, diceva: - All’altare avevo grandi consolazioni, vedevo Iddio! - Voi vedevate Iddio? - Oh, non in un modo sensibile, ma che grazia! ... che grazia! ...»

Questa la Messa del Curato d'Ars, questa dovrebbe essere ogni Messa.

Osiamo dire che il Motu Proprio e l’anno sacerdotale sono strettamente legati e sono i due più grandi doni del Pontefice oggi regnante.
Teniamo presente questo legame, che passa per la vita del Santo Curato d’Ars, perché tutto non si perda dentro la grande tentazione della distrazione.
La Messa cattolica, la vera Messa, il sacrificio della Vittima divina, che ci innalza a Dio. La Messa mistica, quella del Curato d’Ars e di tutti i sacerdoti santi della Chiesa. La Messa di sempre.

Nel prossimo futuro molti, che non vengono da Dio, vorranno far dimenticare alla Chiesa entrambe le grazie... che la Vergine Santa interceda per noi perché invece e il Motu Proprio e l’anno sacerdotale possano portare durature grazie di vita cristiana.





luglio 2014

giovedì 11 settembre 2014

L'essenza del Sacrificio Eucaristico


tratto dalla "Somma di Teologia dogmatica" di padre Giuseppe Casali

L’interpretazione che i Padri e gli Scolastici avevano dato sull’essenza del Sacrificio della Messa raccogliendo i dati della Rivelazione, la troviamo sintetizzata nel Conc. di Trento. Riportiamo, perciò i punti fondamentali da esso indicati, per vedere poi, quale, tra le sentenze dei Teologi vi risponda meglio riguardo ai punti ancora lasciati al loro studio.

I - La Vittima immolata è la medesima del Calvario, che là si immola versando il sangue, mentre sull’altare si immola incruentemente. «In questo divino Sacrificio, che si svolge nella Messa, si contiene e si immola incruentemente quello stesso Cristo, che sull’altare della croce offrì sè stesso cruentemente una sola volta... Una sola volta infatti medesima è la Vittima» (D. B. 940).

II - Medesimo è il Sacerdote principale. mentre è secondario il sacerdote che ne fa le veci. «È il medesimo che ora si offre col ministero dei sacerdoti» (ivi, D. B. 940).

III - L’immolazione Eucaristica rappresenta e rievoca incruentemente l’immolazione cruenta della croce. Gesù nell’ultima cena lasciò un Sacrificio «col quale fosse rappresentato quello da compiere una sola volta sulla Croce, e la sua memoria rimanesse fino alla fine del mondo» (D. B. 938).

IV - Questa immolazione è sacramentale in quanto si offre sotto i segni visibili del pane e del vino. «Sè stesso da immolarsi sotto i segni sensibili». «Offrì a Dio Padre il suo corpo ed il suo sangue sotto le specie del pane e del vino e agli Apostoli.., ai loro successori nel sacerdozio, comandò che l’offrissero sotto i simboli delle stesse specie» (D. B. 9398).



SISTEMI CONTROVERSI Interpretando quanto la Chiesa aveva detto, i Teologi hanno cercato di precisare in che consista l’essenza della Messa. I loro sistemi si possono ridurre principalmente a tre:
I - L’IMMOLAZIONE FISICA NELLA COMUNIONE. Nel fervore di combattere le teorie protestanti che ponevano erroneamente l’essenza del Sacrificio in una immolazione fisica che tocchi direttamente la vittima, alcuni Teologi spiegarono l’essenza della Messa con la teoria della immolazione fisica. Così il Soto, S. Roberto Bellarmino, S. Alfonso de Liguori, il Suarez pensarono che nella Consacrazione la vittima viene offerta e nella Comunione distrutta. Il Lugo e il Franzelin dissero che nella Consacrazione la vittima già si immola essendo messa in uno «stato declinante» quasi come in un «annientamento» ma che pure la Comunione appartiene alla sostanza del Sacrificio «poiché per essa la Vittima ancora si consuma e si distrugge di più». Queste teorie ci sembra che poggino sul falso presupposto che nella Consacrazione o nella Comunione venga toccato il Corpo di Cristo o distrutto qualche cosa che gli appartiene. Inoltre il Conc. di Trento parla di «immolazione sotto segni sensibili» (D. B. 938) non di una distruzione fisica. Recentemente altri lasciando il concetto di immolazione fisica, hanno insistito sull’idea di Sacrificio-Comunione Citiamo solo Stolz (De Sacramentis, Friburgo 1942) secondo cui la Messa è un Sacrificio, in quanto che il fedele nel Corpo Mistico con la Comunione si impossessa di Gesù, sempre unito a Dio facendo suo questo atto di unione si congiunge a Dio. Qui sarebbe il sacrificio. Questo concetto ci sembra che non risponda in quanto che, se fosse così, tutti i sacrifici dovrebbero avere la Comunione; ciò che non si avvera, per esempio, nel Sacrificio del Calvario. Inoltre in questo caso si dovrebbe dire di più Sacrificio dei fedeli, che Sacrificio di Gesù.

II - L’OBLAZIONE. Tale interpretazione, elaborata nei primi decenni del secolo si riallaccia alla Scuola del Berulle e dell’Olier i quali pensarono che l’essenza del Sacrificio in genere consistesse nell’offerta. Essa ha come principali autori il De la Taille e il Lepin. (M. DE LA TAILLE: Mysterium fidei e de augustissimo Eucharestiae Sacrificio atque Sacramento, Parigi 1931; M. LEPIN, L’idée du Sacrifice de la Messe, Parigi 1926). Il De la Taille si ferma sul valore della oblazione esterna per cui l’elemento essenziale del Sacrificio sarebbe l’oblazione esterna e rituale (sacrificio rituale), mentre l’immolazione, la quale può procedere o seguire l’offerta, sarebbe un elemento accessorio, necessario nella ipotesi che sia da riparare il peccato, e la consumazione, cioè l’accettazione sensibile per parte di Dio, sarebbe l’elemento complementare. La Messa sarebbe così l’oblazione liturgica fatta attualmente dalla Chiesa della immolazione fatta una volta da Gesù sulla Croce, immolazione che continuerebbe solo passivamente. Ne deriva che la Cena e la Croce sarebbero numericamente un solo Sacrificio, ciò che ci sembra contraddire apertamente al Conc. di Trento (D. B. 940) che nella Cena e nella Croce vede due Sacrifici completi e distinti. Il Lepin insiste invece sulla oblazione interna con la quale Gesù offrì irrevocabilmente sè stesso al Padre fino al momento della Incarnazione (sacrificio personale). L’immolazione cruenta sarebbe stata solo una condizione richiesta da Dio, ma non essenziale al Sacrificio. La Messa perciò non sarebbe altro che l’oblazione rituale dell’offerta interiore del Cristo. Anche qui si ricade nel considerare uno solo il Sacrificio del Calvario e quello della Messa. Inoltre se il Sacrificio consiste essenzialmente l’oblazione interiore del Cristo, perchè non è Sacrificio la conservazione della SS. Eucaristia o l’Azione liturgica del Venerdì santo?


III - L’IMMOLAZIONE SACRAMENTALE. Riallacciandosi al pensiero dei Padri e all’antica Scolastica, il Billot (L. BILLOT: De Sacramentis, 7.a edizione, Roma 1932.) ebbe il merito di ripresentare questa interpretazione, che in seguito fu sempre più perfezionata da vari autori (Citiamo solo: A. VONIER: A Kei to the Doctrine of the Eucarist, Londra 1925, nella traduzione francese 1943; A. TANQUERY: Sinopsis Theologiae Dogmaticae, E. 1949; R. GARRIGOU LAGRANGE: L’amore di Dio e la Croce di Gesù, Torino 1936; M. CORDOVANI: Il Santi/icatore, Roma 1939; A. PIOLANTI, De Sacramentis, Torino 1949; e il Mistero Eucaristico, Firenze 1955). 

Egli dice che essendo sotto le specie del pane in forza delle parole solo il corpo, e sotto le specie del vino solo il sangue, nell’Eucaristia si verifica sotto i segni del Sacramento una separazione del corpo e del sangue una immolazione mistica presente che evoca la morte di Gesù, rappresentandone al vivo la morte cruenta. Il Vonier aggiunge che per questa separazione sacramentale la Chiesa realizza e prolunga l’essenza del Sacrificio del Calvario. 

Questo pensiero, oltre a concordare con quanto è stato dichiarato dal Conc. di Trento, ha una sua conferma nella Enc. «Mediator Dei» (Pio XII 20 Nov. 1947): «Sull’altare non è possibile l’effusione del sangue, ma la divina Sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il Sacrificio del nostro Redentore con SEGNI ESTERNI CHE SONO SIMBOLO DELLA MORTE. Poichè per mezzo della transustanziazione del pane nel corpo, e del vino nel sangue di Cristo, come si ha realmente presente il suo corpo, così si ha il suo sangue; le specie eucaristiche, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del corpo e del sangue. Così il memoriale della sua morte reale sul Calvario SI RIPETE IN OGNI SACRIFICIO DELL’ALTARE, perchè per mezzo di simboli distinti, si significa e dimostra che Gesù Cristo è in stato di vittima... E si deve ancor più notare che IL SACRIFICIO EUCARISTICO CONSISTE ESSENZIALMENTE NELLA IMMOLAZIONE INCRUENTA DELLA VITTIMA DIVINA CHE È MISTICAMENTE MANIFESTATA DALLA SEPARAZIONE DELLE SACRE SPECIE E DALLA LORO OBLAZIONE FATTA ALL’ETERNO PADRE». 

Anche da questo passo, oltre che dal Tridentino, si rileva che il Sacramento della Messa pur essendo intimamente collegato al Sacrificio della Croce (identica la Vittima, identico il Sacerdote principale, identici i fini per cui si offre alla SS. Trinità) è DISTINTO da questo nella specie e nel numero. Distinto, ma senza moltiplicarsi. 

(Ecco come commenta A, PIOLANTI: Il Mistero Eucaristico: «Per l’intima solidarietà che vige tra il Capo e le membra del Corpo Mistico, era necessario che il sacrificio della Croce, rimanendo uno e assoluto, passasse nella trama quotidiana della vita della Chiesa, si rendesse coestensivo a tutti i tempi e a tutti i luoghi senza moltiplicarsi. Moltiplicando i segni non si moltiplica la realtà significata; sull’altare si moltiplicano le immolazioni mistiche, ma poiché queste hanno un carattere essenzialmente rappresentativo dell’immolazione del Calvario, non moltiplicano la realtà cui si riferiscono. Così nella Messa si hanno le identiche realtà del Calvario; vi è contenuta la stessa vittima e lo stesso Sacerdote del Calvario; vi circola l’offerta che è una e immutabile, come la continuazione cristallizzata del Calvario; nella sfera esterna e rinnovata, in signo, in sacramento, ma non moltiplicata, la stessa morte della Croce»). 

Infatti consistendo essenzialmente nella immolazione offerta al Padre, sul Calvario avevamo una immolazione cruenta, sull’altare una immolazione mistica e incruenta nei segni separati del corpo e del sangue. Là era direttamente il Sommo Sacerdote Gesù che si offriva, qui si serve pure del ministero dei Sacerdoti. Dunque vi è distinzione di specie. Il memoriale della morte reale sul Calvario «si ripete in ogni Sacrificio dell’altare». Dunque in ogni Messa c’è una nuova immolazione sacramentale e perciò vi è una distinzione di numero. 

Anche Pio XI nell’Enc. «Miserentissimus Redemptor» (8 maggio 1928) dice: «Cristo Sacerdote offrì sè stesso vittima per i peccati e in perpetuo si offre». Perciò se è vero, come affermano i sostenitori della teoria della oblazione che Cristo fece già la sua offerta perpetua e irrevocabile fino dal momento della Incarnazione, ciò non toglie che Colui che è «sempre vivente a interpellare per noi» (Ebr. 7,25) abbia compiuto il Sacrificio con la morte di Croce e offra in perpetuo al Padre la sua oblazione immolandosi di nuovo sotto le specie eucaristiche. Dunque la Messa non è soltanto un ricordo della Morte del Signore, come vorrebbero alcuni Protestanti, ma vera e propria oblazione offerta in perpetuo al Divin Padre. (Una acuta sintesi in parte originale, ma sempre riducibile alla teoria della Immolazione sacramentale, è quella di G. ANICHINI (op. cit.). 

Essa può compendiarsi nei punti seguenti:

1) - Il Sacrificio della croce non è rituale, ma personale, e perciò abbraccia tutta la vita di Gesù nel senso che essa fin dal primo istante dell’Incarnazione è unificata e orientata verso il Calvario da un atto di religione e di offerta interiore, di cui parla S. Paolo (in Eb. 10, 5 s. e in Fil. 2 ls).

2) - Sul Calvario questo Sacrificio cessa come meritorio e redentorio, ma non cessa, appunto perché personale, come atto di religione perfetta.

3) - Nella Eucaristia questo sacrificio personale di Cristo - che contiene in sé tutta la nostra Redenzione - viene presenziato, - ma non rinnovato né moltiplicato - perché ad esso possa associarsi il sacrificio unico del Capo e dei membri, il Sacrificio del Corpo Mistico. L’Eucaristia non modifica affatto la realtà sacrificale di Cristo, niente di realmente nuovo vi aggiunge, ma soltanto lo simboleggia e lo presenzia e vi innesta il sacrificio della Chiesa, sotto lo stesso segno simbolico. Perciò l’unica distinzione che c’è fra il sacrificio dell’altare e quello del Calvario è quella che passa fra il segno e la realtà significata e contenuta; di realmente nuovo all’altare abbiamo soltanto l’attuale partecipazione dei fedeli, che sul Calvario era soltanto potenziale.



IL SACRIFICIO EUCARISTICO E LA CHIESA

Gesù sulla Croce, quantunque «portasse tutti noi, Egli che portava i nostri peccati» (S. Cipriano, Ep. 63, 13), si è immolato senza la nostra cooperazione (Redenzione oggettiva); nella Messa invece, volendo associare alla sua adorazione quella di tutti i membri del suo Corpo Mistico, si offre e si immola con essi (Redenzione soggettiva). In altre parole possiamo dire che la Messa è il Sacrificio del Cristo totale, cioè del Capo e di tutte le membra mistiche. Di qui le seguenti proposizioni:
Tutta la Chiesa offre con Cristo ed è vittima misticamente immolato con Cristo nel Sacrificio della Messa.
Questo pensiero ripetuto dai Padri, si rileva già dalle parole del Conc, di Trento: «Istituì una nuova Pasqua per immolare sè stesso sotto segni visibili dalla Chiesa per mezzo dei sacerdoti» (D. B. 938).

Tutta la Chiesa offre con Cristo il Sacrificio dello Messa.

Nelle parole del Concilio è da notare che la traduzione non troppo elegante fatta da noi così volutamente per non tradire il senso delle parole latine, dice che è Gesù stesso che si immola per mezzo dei Sacerdoti, perchè i fedeli partecipando al Sacrificio eucaristico, offrono uniti al Sacerdote e al Cristo, ma non celebrano, cioè non sono loro a compiere l’immolazione (Cfr. Enc. Mediator Dei). In questo modo partecipano attivamente al Sacrificio, perchè nel Battesimo hanno ricevuto col carattere un inizio di partecipazione al Sacerdozio che però è essenzialmente distinto dal Sacerdozio gerarchico. Per non creare confusioni, i Teologi lo chiamano Sacerdozio comune o mistico o anche potestà del culto. 

In questo senso S. Pietro chiama i Cristiani «Sacerdozio regale» (1 Pet. 2,9) e da queste parole Pio XI nella Enc. «Miserentissimus Redemptor» ne deduce che «tutto il popolo cristiano.., deve offrire per i peccati tanto per sè che per tutto il genere umano». Sempre con tale significato nel Canone della Messa, al «ti offriamo o Signore il calice» il Sacerdote prega: «Ti offriamo o ti offrono questo sacrificio, ecc.». I Padri hanno ripetuto spesso questo concetto. S. Giustino «siamo vero genere sacerdotale di Dio, come Dio stesso attesta, quando dice (Mal. 1,10) che gli saranno offerti in ogni luogo fra le genti sacrifici grati e puri. Da nessuno però Dio accetta il sacrificio, se non per mezzo dei suoi Sacerdoti» (Dial. cum Triph. 116). S. Agostino ripete lo stesso pensiero e dice che Gesù ha voluto essere «Sacrificio della Chiesa che essendo il Corpo dello stesso Capo, impara a offrire sé stessa per mezzo di Lui» (De civ. Dei 10,20).



Tutta la Chiesa è vittima misticamente immolata con Cristo.

Pio XI nella Enc. cit. dice che nel «Sacrificio eucaristico l’immolazione dei ministri e fedeli si deve congiungere in modo che essi stessi si mostrino ostie viventi e sante» E Pio XII nella «Mystici Corporis» dice: «Il Divin Redentore non solo offre sè stesso al Padre Celeste come Capo della Chiesa, ma in sè stesso (offre) pure le sue membra mistiche in quanto... le include tutte nel suo Cuore amatissimo». Fra le varie espressioni che nella Messa vengono dette in questo senso, ricordiamo solo che all’«Orate fratres» il Sacerdote chiama la Messa «mio e vostro sacrificio». Fra i Padri S. Agostino dice: «Volle che noi stessi fossimo suo sacrificio» (Sei-mo 227). E S. Gregorio Magno: «Noi che celebriamo i misteri della passione del Signore, dobbiamo imitare ciò che trattiamo. Allora perciò Cristo veramente sarà ostia a Dio quando avremo fatto ostie noi stessi» (Dial. 4,59). Per concludere, lasciando a ciascuno di prendere le sue decisioni pratiche di diventare «un’ostia santa a Dio piacente» offrendo i suoi patimenti, azioni, preghiere, la sua vita in unione al Sacrificio eucaristico, portiamo una frase della preghiera di S. Alberto Magno (De Sacrif. Missae 3,1,13): «Ti è offerto, il Corpo mistico, che è nel vero Corpo, come in segno».

"IN QUALIBET MISSA INVENITUR OMNIS FRUCTUS 
QUEM CHRISTUS OPERATUS EST 
IN CRUCE.
Quidquid est effectus Dominicae passionis 
est effectus huius sacrificii"
S. Thom in cap. 6. Isa. Lect. 6.

domenica 20 luglio 2014

Croce e Santa Messa, un'unica realtà

Croce e Santa Messa, un'unica realtà



Prima dell'avvento di Cristo la sofferenza era giustificata, per gli ebrei, dal peccato originale: era il castigo che Dio aveva inflitto all'uomo per essersi ribellato alle Sue disposizioni. Per tutti gli altri uomini della terra, la sofferenza avveniva per volere degli dei o degli spiriti maligni. Con l'avvento del Figlio di Dio la sofferenza ha assunto (fermo restando il castigo seguito al peccato originale) un significato anche redentivo: l'uomo può salvarsi eternamente grazie alla Croce sulla quale Cristo è salito volontariamente, con l'unico scopo di aprire le porte del Paradiso alle anime battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. 

Fuori dalla Croce di Cristo non c'è Salvezza, fuori dalla Chiesa non c'è salvezza. Grazie al Santissimo Sacrificio di Nostro Signore noi possiamo ogni giorno averlo sull'altare, presente, in Corpo e Sangue, e attraverso la sua Croce vivere di Fede, di Speranza, di Carità e portare con pace e armonia le nostre croci. 

Unica protagonista, nella Santa Messa, è la Croce: Gesù è sull'altare (non intorno all'altare per banchettare, come credono i protestanti) per essere ancora, fino alla fine dei tempi, innalzato sulla Croce, redimendo e salvando le anime che vogliono essere salvate. L'editoriale di Don Alberto Secci lo ricorda con vivida chiarezza. (C.S.)

O CRUX, AVE, SPES UNICA:
DUNQUE LA MESSA 
DELLA TRADIZIONE.

Editoriale di "Radicati nella fede"
Luglio 2014


  Lo scorso mese, parlando della solennità del Corpus Domini, ricordavamo il pericolosissimo oblio del carattere sacrificale della Messa cattolica. Oblio che conduce lentamente ma inesorabilmente all'eresia. Su questo punto non dovremmo mai dimenticare il grande lavoro di Michael Davies sulla Riforma anglicana, che sottolinea il pericolo dei “taciuti” in liturgia: la riforma anglicana di Cranmer, togliendo dalla Messa tutti i riferimenti espliciti al Sacrificio propiziatorio, introdusse vincente, nel giro di una generazione, il Protestantesimo in Inghilterra, portandola definitivamente all'eresia.
  Ma nel mese scorso ci spingevamo più in là dicendo che, col dimenticare che la Messa è il Sacrificio di Cristo sulla Croce, si perde inesorabilmente la coscienza della Presenza sostanziale di Cristo nella Santissima Eucarestia: se non c'è più la Vittima, non c'è nemmeno più la Presenza di Gesù Cristo, perché Cristo si rende presente nell'Eucarestia come Vittima. Una Messa percepita sempre più come ricordo dell'Ultima Cena rischia veramente di non essere più la Messa cattolica. Innegabilmente l'ultima riforma della messa, quella del 1969, l'ha fatta assomigliare sempre più alla Santa Cena protestante, anglicana o luterana che sia.
  C'è però di più: una Messa sempre più protestantizzata, ha protestantizzato il popolo cristiano con la sua missione, tanto da farlo assomigliare ogni giorno di più ad un insieme di congregazioni protestanti impegnate nella loro presenza in mezzo al mondo.
  Se non c'è più la Vittima, non c'è nemmeno più la Presenza di Cristo. È vero per la Messa, per il Santissimo Sacramento, ma è vero anche per tutta l'opera della Chiesa. Se al centro di tutta la predicazione dottrinale, se al centro di tutta la pastorale della Chiesa non c'è più Cristo Crocifisso, tutta la missione della Chiesa rischia di essere spaventosamente vuota. Mai come in questi ultimi decenni si sono moltiplicati gli sforzi pastorali, si sono affinate le tecniche per un annuncio efficace, mai si è parlato come in questi ultimi cinquant'anni di missione, e si è raccolto quasi nulla. Si è andati verso il mondo annunciando e annunciando ancora, e si è registrata la sua inesorabile scristianizzazione.
  Chi avrebbe mai pensato, tra i Padri del Concilio, che la fede cattolica sarebbe quasi scomparsa nel giro di mezzo secolo? Chi avrebbe mai pensato, tra i vescovi del Vaticano II, all'avvento di una società così anti-cattolica e immorale come quella di oggi, dove ogni legge sembra fatta apposta per essere contro il disegno di Dio sull'uomo?

  Eppure, ed è innegabile, questo disastro è sotto i nostri occhi.

  Se non c'è più Gesù-Vittima, non c'è nemmeno più Gesù-presente.
  Sì, una Chiesa che entusiasticamente, a partire dagli anni '60, è andata incontro al mondo mettendo in secondo piano la Croce di Cristo, ha perso Cristo stesso e non ha portato nulla o quasi alla società. Sì perché, occorre dirlo con chiarezza, senza la centralità della Croce, senza la centralità di Cristo crocifisso, tu perdi Cristo stesso. È terribile l'illusione di chi vuol parlare di Gesù senza la sua Croce, senza anzi la centralità della sua Croce. Chi mette la Croce di Cristo “tra le tante cose” della vita di Gesù, ma non ne considera la centralità, in verità non parla nemmeno di Cristo. Parla di un Gesù “confezionato” apposta per il mondo moderno che, come i giudei e i gentili di San Paolo, giudicavano Cristo Crocifisso scandalo o stoltezza.

  Si è voluti andare al mondo per dialogare amichevolmente con esso, evitando le condanne della Chiesa del passato; per dialogare amichevolmente si sono dovuti “velare” o “nascondere” la Croce e il Sacrificio di Cristo, perché il dialogo con la società moderna, con le sue religioni, restasse sereno e amichevole; con il risultato doppiamente tragico di non aver portato nulla agli uomini del tempo e, peggio, di aver devastato il santuario della presenza di Dio che è la Chiesa.

  Non c'è niente da fare, per primi dobbiamo accettare e abbracciare lo scandalo della Croce, riconoscerlo come il contenuto centrale della dottrina, della vita e della missione della Chiesa, e allora, non calcolando gli esiti, ma fiduciosi nell'infinita potenza della grazia di Dio, andare verso il mondo, perché dalla Croce di Cristo sia convertito e sanato.

  Guai a quei Cristiani, guai a quella Chiesa che voglia portare un altro Gesù, senza la Croce, guai! Perderà la sua essenza, perderà la sua forza, perderà la sua anima, perderà l'efficacia unica della grazia. E risulterà sempre più inutile e insopportabile a quel mondo che voleva raggiungere. Odiosamente insopportabile al mondo è una Chiesa senza il Sacrificio e la Croce.
E il mondo, una Chiesa così vuota, è già pronto ad azzannarla.

  In hoc signo vinces, non è solo il ricordo di una storia passata, è la verità di ogni istante: la vittoria è della Croce e di chi, la Croce, la porta e la mostra al mondo, senza calcolo umano.

  O Crux, ave, spes unica, salve o Croce, unica speranza: se non si tornerà a questa chiarezza in tutto, veramente in tutto nella Chiesa, il disastro sarà inevitabile.

  Ma questo ritorno inizia dal Santo Sacrificio della Messa.
  Se di fronte a questo quadro di devastante confusione ci sentiamo impotenti; se impotenti ci domandiamo cosa fare e soprattutto da dove iniziare, ricordiamoci che la riedificazione della Chiesa partirà sempre dal Santo Sacrificio della Messa. Non facciamo calcoli umani, non commettiamo l'errore degli anni '60, non andiamo al mondo, nemmeno per riedificare la Tradizione, con le nostre tecniche, ma ri-iniziamo dalla Messa.

  Torniamo subito alla Messa della Tradizione, lo diciamo ai sacerdoti prima e poi ai fedeli. Torniamo al corretto rito del Santo Sacrificio della Messa e da lì ripartiamo per un lavoro paziente di riedificazione della fede. Non commettiamo l'errore di fare l'inverso, prima il lavoro pastorale, poi il ritorno alla Messa di sempre, sarebbe in fondo un nascondere ancora la Croce di Cristo, attendendo tempi migliori, così come fecero gli illusi missionari degli anni post-conciliari.

  La verità invece è Cristo.

 La verità è invece il fatto del suo Sacrificio redentore, perpetuato dalla Messa cattolica. Primo compito dei sacerdoti è celebrarla. Primo compito di tutti è vivere di essa, perché la vita, quella vera, continui.

"Quoties 
hujus Hostiae commemoratio recolitur, 
toties 
opus nostrae Redemptionis exercetur" 
Orat. in Missa Dom. post Pent.

martedì 17 giugno 2014

La Croce, non è un incidente di percorso, ma il passaggio attraverso cui Cristo è entrato nella sua gloria


Dopo la consacrazione, l’assemblea dei fedeli, consapevole di essere alla reale presenza di Cristo crocifisso e risorto, così acclama: "Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta". Con gli occhi della fede la Comunità riconosce Gesù vivo con i segni della sua passione e, insieme a Tommaso, piena di stupore, può ripetere: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20,28). 

L’Eucaristia è mistero di morte e di gloria come la Croce, che non è un incidente di percorso, ma il passaggio attraverso cui Cristo è entrato nella sua gloria (cfr Lc 24,26) e ha riconciliato l’umanità intera, sconfiggendo ogni inimicizia. Per questo la liturgia ci invita a pregare con fiduciosa speranza: Mane nobiscum Domine! Resta con noi, Signore, che con la tua santa Croce hai redento il mondo!

Maria, presente sul Calvario presso la Croce, è ugualmente presente, con la Chiesa e come Madre della Chiesa, in ciascuna delle nostre Celebrazioni eucaristiche (cfr Enc. Ecclesia de Eucharistia, 57). Per questo, nessuno meglio di lei può insegnarci a comprendere e vivere con fede e amore la santa Messa, unendoci al sacrificio redentore di Cristo. Quando riceviamo la santa Comunione anche noi, come Maria e a lei uniti, ci stringiamo al legno, che Gesù col suo amore ha trasformato in strumento di salvezza, e pronunciamo il nostro "Amen", il nostro "sì" all’Amore crocifisso e risorto.
AMDG et BVM