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martedì 14 aprile 2015

14. LA TRADIZIONE!


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Senza un recupero della Tradizione, non vedo come possa rinascere la Chiesa, uccisa da un rito che non è più percepito come il Santo Sacrificio della nostra redenzione, ma come mero intrattenimento di natura socio-religiosa, di cui esistono oltretutto, in pratica, tante varianti quanti sono i ministri che lo celebrano. 
Una liturgia adattabile a tutti i gusti e a tutte le circostanze ha ingenerato la convinzione che l’uomo non debba conformarsi a Dio, ma piuttosto piegare l’idea di Dio ai propri capricci; così ora ci si pone in ascolto della Parola – come amano tanto dire – non per conoscere ciò che Egli vuole e obbedire a Lui nella propria condotta con l’aiuto della Sua grazia, ma per disquisire se quanto udito corrisponde o meno al codice morale personale (che è gioco-forza del tutto relativo). 
Il fedele si è trasformato in severo censore della verità rivelata, giudicata in modo insindacabile sulla base delle massime mondane del momento… C’è poi da meravigliarsi che nessuno si confessi più – o, se lo fa, sia convinto di non avere alcun peccato e ne approfitti, eventualmente, per denunciare i peccati di altri: marito, suocera, figli, parenti, colleghi e via dicendo?

AMDG 
et Beatae Virginis Mariae


giovedì 11 settembre 2014

L'essenza del Sacrificio Eucaristico


tratto dalla "Somma di Teologia dogmatica" di padre Giuseppe Casali

L’interpretazione che i Padri e gli Scolastici avevano dato sull’essenza del Sacrificio della Messa raccogliendo i dati della Rivelazione, la troviamo sintetizzata nel Conc. di Trento. Riportiamo, perciò i punti fondamentali da esso indicati, per vedere poi, quale, tra le sentenze dei Teologi vi risponda meglio riguardo ai punti ancora lasciati al loro studio.

I - La Vittima immolata è la medesima del Calvario, che là si immola versando il sangue, mentre sull’altare si immola incruentemente. «In questo divino Sacrificio, che si svolge nella Messa, si contiene e si immola incruentemente quello stesso Cristo, che sull’altare della croce offrì sè stesso cruentemente una sola volta... Una sola volta infatti medesima è la Vittima» (D. B. 940).

II - Medesimo è il Sacerdote principale. mentre è secondario il sacerdote che ne fa le veci. «È il medesimo che ora si offre col ministero dei sacerdoti» (ivi, D. B. 940).

III - L’immolazione Eucaristica rappresenta e rievoca incruentemente l’immolazione cruenta della croce. Gesù nell’ultima cena lasciò un Sacrificio «col quale fosse rappresentato quello da compiere una sola volta sulla Croce, e la sua memoria rimanesse fino alla fine del mondo» (D. B. 938).

IV - Questa immolazione è sacramentale in quanto si offre sotto i segni visibili del pane e del vino. «Sè stesso da immolarsi sotto i segni sensibili». «Offrì a Dio Padre il suo corpo ed il suo sangue sotto le specie del pane e del vino e agli Apostoli.., ai loro successori nel sacerdozio, comandò che l’offrissero sotto i simboli delle stesse specie» (D. B. 9398).



SISTEMI CONTROVERSI Interpretando quanto la Chiesa aveva detto, i Teologi hanno cercato di precisare in che consista l’essenza della Messa. I loro sistemi si possono ridurre principalmente a tre:
I - L’IMMOLAZIONE FISICA NELLA COMUNIONE. Nel fervore di combattere le teorie protestanti che ponevano erroneamente l’essenza del Sacrificio in una immolazione fisica che tocchi direttamente la vittima, alcuni Teologi spiegarono l’essenza della Messa con la teoria della immolazione fisica. Così il Soto, S. Roberto Bellarmino, S. Alfonso de Liguori, il Suarez pensarono che nella Consacrazione la vittima viene offerta e nella Comunione distrutta. Il Lugo e il Franzelin dissero che nella Consacrazione la vittima già si immola essendo messa in uno «stato declinante» quasi come in un «annientamento» ma che pure la Comunione appartiene alla sostanza del Sacrificio «poiché per essa la Vittima ancora si consuma e si distrugge di più». Queste teorie ci sembra che poggino sul falso presupposto che nella Consacrazione o nella Comunione venga toccato il Corpo di Cristo o distrutto qualche cosa che gli appartiene. Inoltre il Conc. di Trento parla di «immolazione sotto segni sensibili» (D. B. 938) non di una distruzione fisica. Recentemente altri lasciando il concetto di immolazione fisica, hanno insistito sull’idea di Sacrificio-Comunione Citiamo solo Stolz (De Sacramentis, Friburgo 1942) secondo cui la Messa è un Sacrificio, in quanto che il fedele nel Corpo Mistico con la Comunione si impossessa di Gesù, sempre unito a Dio facendo suo questo atto di unione si congiunge a Dio. Qui sarebbe il sacrificio. Questo concetto ci sembra che non risponda in quanto che, se fosse così, tutti i sacrifici dovrebbero avere la Comunione; ciò che non si avvera, per esempio, nel Sacrificio del Calvario. Inoltre in questo caso si dovrebbe dire di più Sacrificio dei fedeli, che Sacrificio di Gesù.

II - L’OBLAZIONE. Tale interpretazione, elaborata nei primi decenni del secolo si riallaccia alla Scuola del Berulle e dell’Olier i quali pensarono che l’essenza del Sacrificio in genere consistesse nell’offerta. Essa ha come principali autori il De la Taille e il Lepin. (M. DE LA TAILLE: Mysterium fidei e de augustissimo Eucharestiae Sacrificio atque Sacramento, Parigi 1931; M. LEPIN, L’idée du Sacrifice de la Messe, Parigi 1926). Il De la Taille si ferma sul valore della oblazione esterna per cui l’elemento essenziale del Sacrificio sarebbe l’oblazione esterna e rituale (sacrificio rituale), mentre l’immolazione, la quale può procedere o seguire l’offerta, sarebbe un elemento accessorio, necessario nella ipotesi che sia da riparare il peccato, e la consumazione, cioè l’accettazione sensibile per parte di Dio, sarebbe l’elemento complementare. La Messa sarebbe così l’oblazione liturgica fatta attualmente dalla Chiesa della immolazione fatta una volta da Gesù sulla Croce, immolazione che continuerebbe solo passivamente. Ne deriva che la Cena e la Croce sarebbero numericamente un solo Sacrificio, ciò che ci sembra contraddire apertamente al Conc. di Trento (D. B. 940) che nella Cena e nella Croce vede due Sacrifici completi e distinti. Il Lepin insiste invece sulla oblazione interna con la quale Gesù offrì irrevocabilmente sè stesso al Padre fino al momento della Incarnazione (sacrificio personale). L’immolazione cruenta sarebbe stata solo una condizione richiesta da Dio, ma non essenziale al Sacrificio. La Messa perciò non sarebbe altro che l’oblazione rituale dell’offerta interiore del Cristo. Anche qui si ricade nel considerare uno solo il Sacrificio del Calvario e quello della Messa. Inoltre se il Sacrificio consiste essenzialmente l’oblazione interiore del Cristo, perchè non è Sacrificio la conservazione della SS. Eucaristia o l’Azione liturgica del Venerdì santo?


III - L’IMMOLAZIONE SACRAMENTALE. Riallacciandosi al pensiero dei Padri e all’antica Scolastica, il Billot (L. BILLOT: De Sacramentis, 7.a edizione, Roma 1932.) ebbe il merito di ripresentare questa interpretazione, che in seguito fu sempre più perfezionata da vari autori (Citiamo solo: A. VONIER: A Kei to the Doctrine of the Eucarist, Londra 1925, nella traduzione francese 1943; A. TANQUERY: Sinopsis Theologiae Dogmaticae, E. 1949; R. GARRIGOU LAGRANGE: L’amore di Dio e la Croce di Gesù, Torino 1936; M. CORDOVANI: Il Santi/icatore, Roma 1939; A. PIOLANTI, De Sacramentis, Torino 1949; e il Mistero Eucaristico, Firenze 1955). 

Egli dice che essendo sotto le specie del pane in forza delle parole solo il corpo, e sotto le specie del vino solo il sangue, nell’Eucaristia si verifica sotto i segni del Sacramento una separazione del corpo e del sangue una immolazione mistica presente che evoca la morte di Gesù, rappresentandone al vivo la morte cruenta. Il Vonier aggiunge che per questa separazione sacramentale la Chiesa realizza e prolunga l’essenza del Sacrificio del Calvario. 

Questo pensiero, oltre a concordare con quanto è stato dichiarato dal Conc. di Trento, ha una sua conferma nella Enc. «Mediator Dei» (Pio XII 20 Nov. 1947): «Sull’altare non è possibile l’effusione del sangue, ma la divina Sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il Sacrificio del nostro Redentore con SEGNI ESTERNI CHE SONO SIMBOLO DELLA MORTE. Poichè per mezzo della transustanziazione del pane nel corpo, e del vino nel sangue di Cristo, come si ha realmente presente il suo corpo, così si ha il suo sangue; le specie eucaristiche, sotto le quali è presente, simboleggiano la cruenta separazione del corpo e del sangue. Così il memoriale della sua morte reale sul Calvario SI RIPETE IN OGNI SACRIFICIO DELL’ALTARE, perchè per mezzo di simboli distinti, si significa e dimostra che Gesù Cristo è in stato di vittima... E si deve ancor più notare che IL SACRIFICIO EUCARISTICO CONSISTE ESSENZIALMENTE NELLA IMMOLAZIONE INCRUENTA DELLA VITTIMA DIVINA CHE È MISTICAMENTE MANIFESTATA DALLA SEPARAZIONE DELLE SACRE SPECIE E DALLA LORO OBLAZIONE FATTA ALL’ETERNO PADRE». 

Anche da questo passo, oltre che dal Tridentino, si rileva che il Sacramento della Messa pur essendo intimamente collegato al Sacrificio della Croce (identica la Vittima, identico il Sacerdote principale, identici i fini per cui si offre alla SS. Trinità) è DISTINTO da questo nella specie e nel numero. Distinto, ma senza moltiplicarsi. 

(Ecco come commenta A, PIOLANTI: Il Mistero Eucaristico: «Per l’intima solidarietà che vige tra il Capo e le membra del Corpo Mistico, era necessario che il sacrificio della Croce, rimanendo uno e assoluto, passasse nella trama quotidiana della vita della Chiesa, si rendesse coestensivo a tutti i tempi e a tutti i luoghi senza moltiplicarsi. Moltiplicando i segni non si moltiplica la realtà significata; sull’altare si moltiplicano le immolazioni mistiche, ma poiché queste hanno un carattere essenzialmente rappresentativo dell’immolazione del Calvario, non moltiplicano la realtà cui si riferiscono. Così nella Messa si hanno le identiche realtà del Calvario; vi è contenuta la stessa vittima e lo stesso Sacerdote del Calvario; vi circola l’offerta che è una e immutabile, come la continuazione cristallizzata del Calvario; nella sfera esterna e rinnovata, in signo, in sacramento, ma non moltiplicata, la stessa morte della Croce»). 

Infatti consistendo essenzialmente nella immolazione offerta al Padre, sul Calvario avevamo una immolazione cruenta, sull’altare una immolazione mistica e incruenta nei segni separati del corpo e del sangue. Là era direttamente il Sommo Sacerdote Gesù che si offriva, qui si serve pure del ministero dei Sacerdoti. Dunque vi è distinzione di specie. Il memoriale della morte reale sul Calvario «si ripete in ogni Sacrificio dell’altare». Dunque in ogni Messa c’è una nuova immolazione sacramentale e perciò vi è una distinzione di numero. 

Anche Pio XI nell’Enc. «Miserentissimus Redemptor» (8 maggio 1928) dice: «Cristo Sacerdote offrì sè stesso vittima per i peccati e in perpetuo si offre». Perciò se è vero, come affermano i sostenitori della teoria della oblazione che Cristo fece già la sua offerta perpetua e irrevocabile fino dal momento della Incarnazione, ciò non toglie che Colui che è «sempre vivente a interpellare per noi» (Ebr. 7,25) abbia compiuto il Sacrificio con la morte di Croce e offra in perpetuo al Padre la sua oblazione immolandosi di nuovo sotto le specie eucaristiche. Dunque la Messa non è soltanto un ricordo della Morte del Signore, come vorrebbero alcuni Protestanti, ma vera e propria oblazione offerta in perpetuo al Divin Padre. (Una acuta sintesi in parte originale, ma sempre riducibile alla teoria della Immolazione sacramentale, è quella di G. ANICHINI (op. cit.). 

Essa può compendiarsi nei punti seguenti:

1) - Il Sacrificio della croce non è rituale, ma personale, e perciò abbraccia tutta la vita di Gesù nel senso che essa fin dal primo istante dell’Incarnazione è unificata e orientata verso il Calvario da un atto di religione e di offerta interiore, di cui parla S. Paolo (in Eb. 10, 5 s. e in Fil. 2 ls).

2) - Sul Calvario questo Sacrificio cessa come meritorio e redentorio, ma non cessa, appunto perché personale, come atto di religione perfetta.

3) - Nella Eucaristia questo sacrificio personale di Cristo - che contiene in sé tutta la nostra Redenzione - viene presenziato, - ma non rinnovato né moltiplicato - perché ad esso possa associarsi il sacrificio unico del Capo e dei membri, il Sacrificio del Corpo Mistico. L’Eucaristia non modifica affatto la realtà sacrificale di Cristo, niente di realmente nuovo vi aggiunge, ma soltanto lo simboleggia e lo presenzia e vi innesta il sacrificio della Chiesa, sotto lo stesso segno simbolico. Perciò l’unica distinzione che c’è fra il sacrificio dell’altare e quello del Calvario è quella che passa fra il segno e la realtà significata e contenuta; di realmente nuovo all’altare abbiamo soltanto l’attuale partecipazione dei fedeli, che sul Calvario era soltanto potenziale.



IL SACRIFICIO EUCARISTICO E LA CHIESA

Gesù sulla Croce, quantunque «portasse tutti noi, Egli che portava i nostri peccati» (S. Cipriano, Ep. 63, 13), si è immolato senza la nostra cooperazione (Redenzione oggettiva); nella Messa invece, volendo associare alla sua adorazione quella di tutti i membri del suo Corpo Mistico, si offre e si immola con essi (Redenzione soggettiva). In altre parole possiamo dire che la Messa è il Sacrificio del Cristo totale, cioè del Capo e di tutte le membra mistiche. Di qui le seguenti proposizioni:
Tutta la Chiesa offre con Cristo ed è vittima misticamente immolato con Cristo nel Sacrificio della Messa.
Questo pensiero ripetuto dai Padri, si rileva già dalle parole del Conc, di Trento: «Istituì una nuova Pasqua per immolare sè stesso sotto segni visibili dalla Chiesa per mezzo dei sacerdoti» (D. B. 938).

Tutta la Chiesa offre con Cristo il Sacrificio dello Messa.

Nelle parole del Concilio è da notare che la traduzione non troppo elegante fatta da noi così volutamente per non tradire il senso delle parole latine, dice che è Gesù stesso che si immola per mezzo dei Sacerdoti, perchè i fedeli partecipando al Sacrificio eucaristico, offrono uniti al Sacerdote e al Cristo, ma non celebrano, cioè non sono loro a compiere l’immolazione (Cfr. Enc. Mediator Dei). In questo modo partecipano attivamente al Sacrificio, perchè nel Battesimo hanno ricevuto col carattere un inizio di partecipazione al Sacerdozio che però è essenzialmente distinto dal Sacerdozio gerarchico. Per non creare confusioni, i Teologi lo chiamano Sacerdozio comune o mistico o anche potestà del culto. 

In questo senso S. Pietro chiama i Cristiani «Sacerdozio regale» (1 Pet. 2,9) e da queste parole Pio XI nella Enc. «Miserentissimus Redemptor» ne deduce che «tutto il popolo cristiano.., deve offrire per i peccati tanto per sè che per tutto il genere umano». Sempre con tale significato nel Canone della Messa, al «ti offriamo o Signore il calice» il Sacerdote prega: «Ti offriamo o ti offrono questo sacrificio, ecc.». I Padri hanno ripetuto spesso questo concetto. S. Giustino «siamo vero genere sacerdotale di Dio, come Dio stesso attesta, quando dice (Mal. 1,10) che gli saranno offerti in ogni luogo fra le genti sacrifici grati e puri. Da nessuno però Dio accetta il sacrificio, se non per mezzo dei suoi Sacerdoti» (Dial. cum Triph. 116). S. Agostino ripete lo stesso pensiero e dice che Gesù ha voluto essere «Sacrificio della Chiesa che essendo il Corpo dello stesso Capo, impara a offrire sé stessa per mezzo di Lui» (De civ. Dei 10,20).



Tutta la Chiesa è vittima misticamente immolata con Cristo.

Pio XI nella Enc. cit. dice che nel «Sacrificio eucaristico l’immolazione dei ministri e fedeli si deve congiungere in modo che essi stessi si mostrino ostie viventi e sante» E Pio XII nella «Mystici Corporis» dice: «Il Divin Redentore non solo offre sè stesso al Padre Celeste come Capo della Chiesa, ma in sè stesso (offre) pure le sue membra mistiche in quanto... le include tutte nel suo Cuore amatissimo». Fra le varie espressioni che nella Messa vengono dette in questo senso, ricordiamo solo che all’«Orate fratres» il Sacerdote chiama la Messa «mio e vostro sacrificio». Fra i Padri S. Agostino dice: «Volle che noi stessi fossimo suo sacrificio» (Sei-mo 227). E S. Gregorio Magno: «Noi che celebriamo i misteri della passione del Signore, dobbiamo imitare ciò che trattiamo. Allora perciò Cristo veramente sarà ostia a Dio quando avremo fatto ostie noi stessi» (Dial. 4,59). Per concludere, lasciando a ciascuno di prendere le sue decisioni pratiche di diventare «un’ostia santa a Dio piacente» offrendo i suoi patimenti, azioni, preghiere, la sua vita in unione al Sacrificio eucaristico, portiamo una frase della preghiera di S. Alberto Magno (De Sacrif. Missae 3,1,13): «Ti è offerto, il Corpo mistico, che è nel vero Corpo, come in segno».

"IN QUALIBET MISSA INVENITUR OMNIS FRUCTUS 
QUEM CHRISTUS OPERATUS EST 
IN CRUCE.
Quidquid est effectus Dominicae passionis 
est effectus huius sacrificii"
S. Thom in cap. 6. Isa. Lect. 6.