Visualizzazione post con etichetta la Verginità di Maria. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta la Verginità di Maria. Mostra tutti i post

giovedì 14 agosto 2014

La verginità di Maria, oggi (1)

La verginità di Maria, oggi (1)
...Parte Prima. "Concepito di Spirito Santo". La Verginità di Maria "Prima del parto". Il concetto preciso e completo della Verginità "prima del parto". Il dogma della verginità di Maria "prima del parto" si riferisce, direttamente, alla verginità nell'atto del concepimento di Cristo, che è miracoloso; suppone però, evidentemente (poiché, in caso diverso, non si potrebbe neppure parlare di verginità nel concepimento) la verginità anteriore ad un tale atto....

LA VERGINITA' DI MARIA, OGGI

PARTE   PRIMA

"CONCEPITO DI SPIRITO SANTO"


LA VERGINITÀ' DI MARIA "PRIMA DEL PARTO"

1. IL CONCETTO PRECISO E COMPLETO DELLA VERGINITÀ "PRIMA DEL PARTO"

Per la chiarezza di idee, è necessario distinguere bene tra il concetto che ne hanno il volgo e i biologi, e il concetto che ne hanno i Teologi.
Secondo il volgo, ed anche secondo i biologi, la verginità è una qualità puramente fisiologica o organica, consistente nell'integrità corporale (la quale viene ordinariamente compromessa dall'atto coniugale).
Secondo i teologi, invece, la verginità è una virtù morale, e perciò risiede formalmente nell'anima, quantunque dica relazione all'integrità corporale. La verginità teologicamente considerata, perciò, si divide in tre elementi di valore distinto e diverso: I) l'integrità corporale (elemento accessorio rispetto alla virtù morale in quanto tale); II) l'immunità dalla piena soddisfazione venerea liberamente ammessa (elemento materiale); III) il fermo proposito di astenersi per sempre dal detto piacere carnale (elemento formale della virtù morale della verginità).
Il dogma della verginità di Maria "prima del parto" si riferisce, direttamente, alla verginità nell'atto del concepimento di Cristo, che è miracoloso (3); suppone però, evidentemente (poiché, in caso diverso, non si potrebbe neppure parlare di verginità nel concepimento) la verginità anteriore ad un tale atto. Si tratta perciò di una maternità singolare, che non ha esempio.
Il concetto completo del concepimento verginale di Cristo da parte di Maria, contiene cinque elementi (cfr. DOMINGUEZ O., O.M.J., Virginidad antes del parto, in "Est. Mar" 21 1960 p. 211 ss.):
1) Maria SS. non concepì Cristo per opera d'uomo, 2) o mediante il germe di qualche uomo; 3) ma per opera dello Spirito Santo, 4) senza ombra di concupiscenza, 5) come persona già consacrata a Dio.
1. Maria SS. non concepì, in primo luogo, per opera d'uomo: cosa affermata formalmente e categoricamente - come vedremo - dai Vangeli dell'infanzia (Matteo e Luca). Il seme virile, infatti, non avrebbe potuto, in un istante, dar piena formazione all'organismo umano; e un intervento di padre umano sarebbe stato ordinato intrinsecamente all'esistenza di una persona umana (mentre la persona di Cristo è divina).
2. Maria SS. non concepì, in secondo luogo, mediante il germe umano (di San Giuseppe) introdotto miracolosamente nel seno di Lei. Così han ritenuto, recentemente, Corbatò (Vindicaciones josephinas, n. 109 e 123) e Petrone (La paternità di San Giuseppe, in " Divus Thomas " Plac., 1928, p. 29-49), strenui difensori della paternità verginale di San Giuseppe. Lo Spirito Santo - secondo il Corbatò - col suo intervento, avrebbe unito i due germi immacolati (quello di Maria e quello di Giuseppe) per produrre Gesù. Però il libro del Corbatò fu messo all'Indice; e l'articolo di Petrone fu riprovato dal S. Uffizio. San Matteo e San Luca - come vedremo – attribuiscono tutto il concepimento di Cristo all'opera dello Spirito Santo, ed escludono così, implicitamente, qualunque cooperazione di uomo, sia prossima che remota. Inoltre, l'angoscioso imbarazzo di San Giuseppe dinanzi alla gravidanza di Maria, nell'ipotesi di una tale cooperazione, non si spiega. E l'Angelo nello svelargli il mistero, gli avrebbe sicuramente svelato - se ancora non lo avesse saputo - la cooperazione di lui al concepimento di Cristo.
3. Maria concepì per opera dello Spirito Santo. Sia San Matteo sia San Luca - come vedremo - asseriscono categoricamente una tale verità. Lo Spirito Santo supplisce l'assenza dell'agente umano. Ebbe perciò un'azione fecondante e verginizzante.
4. Maria SS. concepì Cristo senza ombra di concupiscenza.
Maria SS. Immacolata" infatti, appunto perché Immacolata, aveva il dono preternaturale dell'integrità consistente nel pieno assoggettamento dell'appetito inferiore (dei sensi) alla ragione, per cui non ebbe mai alcun movimento disordinato dei sensi, sia pure involontario. Dalla Vergine si deve quindi escludere non solo il consenso al piacere causato dai movimenti disordinati, dal fomite della concupiscenza, ma lo stesso piacere, gli stessi movimenti disordinati, lo stesso fomite della concupiscenza; e questo durante tutta la sua vita. Si ebbe dunque, in Maria, un concepimento immune da qualsiasi ombra di sensualità (a differenza dei concepimenti ordinari). Grazie al divino intervento dello Spirito Santo, il concepimento verginale - come si è espresso S. Agostino - si operò " non concupiscentia carnis urente, sed fìdei caritate fervente " (Serm. 214, 6, PL 38, 1069). Ai piaceri della carne vengono sostituite le ineffabili e caste delizie dello spirito, a causa della nuova ineffabile unione con Dio che, incominciando ad essere suo figlio, stringeva con Lei una relazione del tutto nuova, del tutto singolare.
La moderna biologia esclude, nel concepimento (ossia, nell'atto della fecondazione) qualsiasi impressione o commozione sensuale, sia pure minima o indeliberata.
5. Maria SS. concepì Cristo come persona già consacrata a Dio. La verginità, come virtù morale, ha le sue radici nella volontà, ossia, nella ferma determinazione di astenersi totalmente e perennemente dai piaceri sensuali " per amore del Regno dei cieli " (Mt 19, 12). Presa in questo senso, la verginità comporta una vera consacrazione dell'anima e del corpo a Dio, suggellata o con voto o, per lo meno, con un fermo proposito: " la vergine è tutta sollecita delle cose del Signore, affin di essere santa di corpo e di spirito " (1 Cor., 7, 32). Che Maria, prima dell'incarnazione del Verbo, fosse consacrata a Dio, appare chiaramente dalla domanda da Lei opposta alla proposta dell'Angelo: " Come avverrà ciò, dal momento che io non conosco uomo? " (Lc. 1, 34). Non avrebbe pronunziato queste parole se non fosse stata di già consacrata a Dio. Questa sua consacrazione a Dio è parte integrante e principale del dogma della sua verginità. In tal modo la Vergine, prima di aprire al Verbo il suo seno, gli aveva aperto il suo cuore verginale, in modo totalitario e perenne.
Tale è la verginità di Maria nei vari elementi che la compongono, nella pienezza del suo significato. I primi tre elementi riguardano la verginità fisiologica del corpo; il quarto riguarda la verginità del senso; il quinto riguarda la verginità dell'anima. Essi costituiscono il concetto integrale della verginità " prima del parto ".

Note alla prima parte

(3) I naturalisti hanno riconosciuto alcuni casi di partenogenesi animale. Non si conosce però, fino ad oggi, un solo caso di partenogenesi umana, sufficientemente provato, per cui sì ammette comunemente che una tale partenogenesi sarebbe un vero miracolo. Vi è però chi ritiene che un tale fatto sia scientificamente del tutto improbabile, ma non già impossibile (così ritiene il P. Bosio S.J,, in "Civiltà Cattolica" 15-6-1957). I biologi affermano concordemente che, se si desse una partenogenesi umana naturale, il frutto di essa sarebbe necessariamente un essere umano di sesso femminile, pel fatto che la madre è priva di cromosomo Y, caratteristico dell'uomo. Secondo i dati della scienza, poi, risulta fisicamente impossibile l'ipotesi di un concepimento verginale che produca un essere umano di sesso maschile.

Giovanni Paolo II, Discorso... 24 maggio 1992 Sulla verginità della Madre di Dio

Sulla verginità della Madre di Dio
...Di Giovanni Paolo II. Discorso a conclusione del Convegno di studi sul Concilio di Capua, 24 maggio 1992. Solo a partire dalla luce che promana dal Verbo, preesistente ed eterno, sorgente di vita e di incorruttibilità, si può comprendere l'esigenza e il dono della verginità della Madre...

Giovanni Paolo II,
Discorso a conclusione del Convegno di studi sul Concilio di Capua,
24 maggio 1992


Sulla verginità della Madre di Dio

Solo a partire dalla luce che promana dal Verbo, preesistente ed eterno, sorgente di vita e di incorruttibilità, si può comprendere l'esigenza e il dono della verginità della Madre


Venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, illustri Relatori e partecipanti al Convegno Internazionale, carissimi Fratelli e Sorelle!

1. A tutti rivolgo un saluto deferente e cordiale.
Ringrazio il caro Arcivescovo, Mons. Luigi Diligenza, per il nobile indirizzo, col quale, interpretando i comuni sentimenti, ha introdotto questo nostro incontro, che conclude il Convegno Internazionale di studi nel XVI centenario del Concilio di Capua.
Esprimo volentieri la mia stima e il mio compiacimento ai membri del Comitato organizzatore ed agli studiosi che con i loro contributi hanno animato ed arricchito il Simposio, sviluppandone il tema sotto vari ed interessanti aspetti. Confido che anche questa iniziativa varrà a promuovere nel popolo cristiano la devozione a Maria Santissima, la cui perpetua verginità fu riaffermata e difesa nel menzionato Concilio.

Un Concilio importante
2. Era l'anno 392. A Roma, sulla cattedra di Pietro sedeva Papa Siricio. A Capua si celebrò un importante Concilio, che le fonti storiche qualificano come plenarium (cfr. I.D. Mansi, Sacrorum Conciliorum nova et amplissima Collectio, III. Canones Conciliorum Ecclesiae Africanae, can. 48, col. 738), per la partecipazione dei Vescovi provenienti da varie regioni dell'Occidente e per la gravità delle questioni che dovette affrontare, tra cui la composizione dello scisma di Antiochia e l'esame della dottrina di Bonoso, che negava la perpetua verginità della Santa Madre del Signore. Sappiamo che Papa Siricio seguì con vigile attenzione i lavori del Concilio e che Sant'Ambrogio di Milano lasciò in essi l'impronta della sua personalità forte e prudente (Ep 71. De Bonoso episcopo: CSEL 82/3, pp. 7‑10).
L'argomento allora affrontato ci offre lo spunto per riflettere insieme su alcune condizioni previe, che appaiono indispensabili perché il teologo possa approfondire, con la ragione illuminata dalla fede, il fatto e il significato della verginità dell'umile e gloriosa Madre di Cristo.

Nella luce dell'incarnazione del Verbo
3. Anzitutto per una feconda riflessione teologica sulla verginità di Maria è indispensabile assumere un corretto punto di partenza. Infatti nella complessità dei suoi aspetti, la questione della verginità di Maria, non può essere trattata adeguatamente partendo dalla sola persona di lei, dalla cultura del suo popolo e dai condizionamenti sociali della sua epoca. Già i Padri della Chiesa percepirono con chiarezza che la verginità di Maria prima di costituire una «questione mariologica» è un «tema cristologico». Essi osservavano che la verginità della Madre è una esigenza derivante dalla natura divina del Figlio; è la condizione concreta in cui, secondo un libero e sapiente disegno divino, è avvenuta l'incarnazione del Figlio eterno, di colui che è «Dio da Dio» (Conc. Ecum. Constantinop. I, Expositio fidei CL Patrum seu Symbolum Nicenum Constantinopolitanum), il solo Santo, il solo Signore, il solo Altissimo (cfr. Missale Romanum, Hymnus «Gloria in excelsis Deo»).
E conseguentemente, per la tradizione cristiana, il grembo verginale di Maria, fecondato dal Pneuma divino senza intervento di uomo (cfr. Lc 1, 34‑35), è divenuto, come il legno della croce (cfr. Mc 15, 39) o le bende della sepoltura (cfr. Gv 20, 5‑8), motivo e segno per riconoscere in Gesù di Nazareth il Figlio di Dio.
La riflessione sulla maternità verginale di Maria ha consentito ad ogni generazione cristiana di dare una compiuta risposta all'interrogativo che percorre da un capo all'altro i Vangeli: «Chi è Gesù?»; ha consentito, cioè, di rispondere: Egli è vero Figlio di Dio, vero Figlio dell'uomo, nato dal Padre «prima del tempo», nato da donna (cfr. Gal 4, 4) «nel tempo».
Pertanto solo a partire dalla luce che promana dal Verbo, preesistente ed eterno, sorgente di vita e di incorruttibilità, si può comprendere l'esigenza e il dono della verginità della Madre.

Con profondo senso di venerazione
4. Il teologo deve avvicinarsi al mistero della verginità feconda di Maria con un profondo senso di venerazione nei confronti dell'agire libero, santo, sovrano di Dio. Percorrendo le pagine dei Santi Padri e i testi liturgici si osserva che pochi misteri salvifici hanno suscitato tanto stupore, ammirazione e lode quanto l'incarnazione del Verbo di Dio nel grembo verginale di Maria. 1 Padri, consapevoli dell'unità profonda tra le due fasi dell'unica Rivelazione, non hanno dubitato di applicare a Maria, madre vergine dell'Emmanuele (cfr. Is 7,14; Mt 1, 23), i più venerabili simboli del Testamento Antico ‑ il Roveto ardente, l'Arca dell'Alleanza, il Tabernacolo della Gloria, il Tempio del Signore ‑ e hanno dichiarato la loro incapacità di celebrare degnamente il mistero: «Sancta et immaculata Virginitas, quibus te laudibus efferam, nescio: quia quem caeli capere non poterant, tuo gremio contulisti» (Liturgia Horarum, Die I ian. Soll. sancta Dei Genetricis Mariae. Off. lect., 2 resp.).
Ma il teologo, che si accosta al mistero della verginità di Maria con animo pieno di fede e di adorante rispetto, non rinuncia per questo al compito di approfondire i dati della Rivelazione e di scoprirne l'armonia e il reciproco rapporto; anzi, sulla scia dello Spirito, che solo «scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio» (1 Cor 2, 10), si pone nella grande e feconda tradizione teologica della «fides quaerens intellectum».
Quando la riflessione teologica diventa momento dossologico e latreutico, il mistero della verginità di Maria si dischiude lasciando intravedere altri aspetti e altre profondità.

5. Ad esempio, nella riflessione adorante sul mistero dell'incarnazione del Verbo, è stato individuato un rapporto particolarmente importante tra l'inizio e la fine della vita terrena di Cristo, vale a dire tra la concezione verginale e la risurrezione dai morti, due verità che si riallacciano strettamente alla fede nella divinità di Gesù.
Esse appartengono al deposito della fede, sono professate da tutta la Chiesa ed espressamente enunciate nei Simboli della fede. La storia dimostra che dubbi o incertezze sull'una si ripercuotono inevitabilmente sull'altra, come, al contrario, l'umile e forte adesione ad una di esse favorisce l'accoglimento cordiale dell'altra.
E' noto che alcuni Padri della Chiesa stabiliscono un significativo parallelismo tra la generazione di Cristo e la sua risurrezione ex intacto sepulcro (cfr. S. Efrem, Commentarium in Diatesseron 21, 21: CSCO 145, 232; S. Isodoro Pelusiota, Epist. 1, 404; PG 78,408; S. Proclo di Constantinopoli, Homilia, 33. In s. Apostolorum Thomam, VII, 19‑20: «Studi e Testi» 247, p.24 l; S. Pietro Crisologo, Sermo 84, 3: CCL 24A, p.518; S. Cesario di Arles, Sermo 203, 2; CCL 104, p.818). Nel parallelismo, relativamente alla generazione di Cristo, alcuni Padri pongono l'accento sulla concezione verginale, altri sulla nascita verginale, altri sulla susseguente perpetua verginità della Madre, ma tutti testimoniano il convincimento che tra i due eventi salvifici la generazione‑nascita di Cristo e la sua risurrezione dai morti ‑ esiste un nesso intrinseco che risponde ad un preciso piano di Dio: un nesso che la Chiesa, guidata allo Spirito, ha scoperto, non creato.
Tra i testi patristici che mettono in stretta relazione la nascita e la risurrezione mi limiterò a ricordarne solo due: uno, per la sua antichità e autorevolezza; l'altro per la straordinaria lucidità con cui collega i due eventi e vede in essi una prova della divinità di Cristo.
Il primo è di Sant'Ireneo: «David eam quae est ex Virgine generationem et eam quae est ex mortuis resurrectionem prophetans ait: "Veritas de terra orta est» (Adversus Haereses, III, 5, 1: SCH 211, pp. 52‑54). Il secondo di San Pier Crisologo: «Venit Maria ad monumentum, venit ad resurrectionis uterum, venit ad vitae partum, ut iterum Christus ex sepulcro nasceretur fidei, qui camis fuerat generatus ex ventre; et eum, quem clausa virginitas vitam pertulerat ad praesentem, clausum sepulcrum ad vitam redderet sempiternam. Divinitatis insigne est clausam virginem reliquisse post partum; de sepulcro clauso exisse cuiri corpore, est divinitatis insigne» (Sermo 75, 3: CCL 24A, p.460).
A questo proposito è da osservare che alcuni studiosi, scrutando la sacra pagina con i metodi propri dell'esegesi scientifica, scorgono un rapporto, insito nello stesso testo evangelico, tra le «fasce del presepio» (cfr. Lc 2, 7.12) e le «bende del sepolcro» (cfr. Lc 23, 53; 24, 12; Gv 19, 40; 20, 5‑7). Già i Santi Padri lo avevano rilevato (S. Efrem, De nativitate XXIII, 12: CSCO 187, p. 109; S. Gregorio Nazianzeno, Oratio 29 [= Oratio theologica III], 19: SCh 250, p.218; S. Massimo di Torino, Sermo 39, 1: CCL 23, p. 152). Peraltro la Chiesa nella sua meditazione teologica sul mistero di Cristo ha percorso spesso, piena di amore, il cammino che dal giardino del Calvario (cfr. Gv 19, 41; 20, 15) conduce al presepio di Betlemme (cfr. Lc 2, 7, 7‑20); e nella liturgia ha sempre celebrato il Natale guardando alla Pasqua, così come, celebrando la Pasqua è memore del Natale, e riconosce in Maria la testimone eccezionale dell'identità tra il Bambino nato dalla sua carne verginale e il Crocifisso rinato dal sepolcro sigillato: «Agnoscit Mater membra quae genuit» (Missale HispanoMozarabicum, Sabbato Paschae ante octavas. Illatio: Toledo, Conferencia Episcopal Espaflola ‑ Arzibispado de Toledo, 1991, p. 466).

Fatto e significato
6. E ancora, è necessario che il teologo nel proporre la dottrina della Chiesa sulla verginità di Maria mantenga l'indispensabile equilibrio tra l'affermazione del fatto e l'illustrazione del suo significato. Ambedue sono parte integrante del mistero: il significato, o valore simbolico dell'evento ha il suo fondamento nella realtà del fatto, e questo, a sua volta, mostra tutta la sua ricchezza solo se ne vengono dispiegati i significati simbolici.
Nella confessione di fede nella verginità della Madre di Dio, la Chiesa proclama come fatti reali che Maria di Nazareth:
‑ concepì veramente Gesù per opera dello Spirito Santo senza intervento di uomo;
‑ diede alla luce veramente e verginalmente suo Figlio, per cui dopo il parto rimase vergine; vergine ‑ secondo i Santi Padri e i Concili che trattarono espressamente la questione (cfr. Conc. Roman. Lateran., can. 3: I.D. Mansi. Sacrorum Conciliorum nova et amplissima Collectio, X, col. 1151; Conc. Tolet. XVI, Symbolum, art.22) ‑ anche per quanto concerne l'integrità della carne;
‑ visse, dopo la nascita di Gesù, in totale e perpetua verginità; e, insieme con San Giuseppe, anch'egli chiamato a svolgere un ruolo primario negli eventi iniziali della nostra salvezza, si dedicò al servizio della persona e dell'opera del Figlio (cfr. Conc. Ecum. Vaticano II, Cost. dogmatica Lumen Gentium, 56).

7. Nel nostro tempo la Chiesa ha sentito la necessità di richiamare la realtà della concezione verginale di Cristo, rilevando che le pagine di Luca 1, 26‑38 e di Matteo 1, 18‑25 non possono essere ridotte a semplici racconti eziologici per facilitare la fede dei fedeli nella divinità di Cristo. Esse sono piuttosto, al di là del genere letterario adottato da Matteo e da Luca, espressione di una tradizione biblica di origine apostolica.
Affermare la realtà della concezione verginale di Cristo non significa che, in riferimento ad essa, si possa fornire una prova apodittica di tipo razionale. Infatti la concezione verginale di Cristo è una verità rivelata da Dio, che l'uomo accoglie in virtù dell'obbedienza della fede (cfr. Rm 16, 26). Solo chi è disposto a credere che Dio agisce nella realtà intramondana e che a Lui «nulla è impossibile» (Lc 1, 37), può accogliere con devota gratitudine la verità della «kenosis» del Figlio eterno di Dio e della sua concezione nascita verginale, del valore salvifico universale della sua morte in croce e della risurrezione vera, nel proprio corpo, di Colui che fu appeso e mori sul legno della Croce.

8. Ma l'affermazione del fatto non esaurisce il compito del teologo; come dicevo, egli deve scoprire, approfondire, illustrare i valori simbolici insiti nell'evento salvifico. Egli deve cioè esporre in modo organico il messaggio e decifrare l'immagine che Dio ha comunicato di Sé attraverso i fatti della concezione e della nascita verginale di Cristo e della verginità perpetua di Maria.
Il teologo deve perciò domandarsi:
‑ che cosa Dio ‑ Padre, Figlio, Spirito ‑ comunica di Sé attraverso gli eventi? Infatti nell'evento dell'Incarnazione redentrice si manifestano e agiscono le tre Persone divine: il Padre, che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito (cfr. Gv 3, 16); il Figlio, che assume la natura umana e diviene nostro fratello; lo Spirito, che adombra il seno della Vergine. Nella pagina lucana Dio si rivela trascendente e vicino, potente e misericordioso, Dio dell'amore preveniente e gratuito, fedele all'Alleanza e alle promesse fatte a Davide, Dio che si china sulla miseria dell'uomo e predilige gli umili e i poveri;
‑ quale illuminazione deriva da quegli eventi per la nostra conoscenza della Chiesa, sia nella fase anticotestamentaria sia in quella neotestamentaria? Perché, nell'episodio dell'Annunciazine, Maria appare come «culmine di Israele» e prototipo del nuovo Popolo di Dio; perché Ella anticipa in Sé i tratti essenziali vergine, sposa, discepola ‑ della fisionomia spirituale della Chiesa;
‑ quale luce gettano quegli eventi per la comprensione dell'uomo ‑ maschio e femmina ‑ e del suo destino di grazia e di gloria? Proprio attraverso quegli eventi il «Verbo elargitore di incorruzione» (S. Ireneo, Adversus Haereses, III, 19, 1: SCh 34, p. 330) entra nel mondo perché l'uomo, divinizzato, rientri nell'intimità con Dio; e in questi eventi Maria di Nazareth, nella sua condizione concreta di «vergine promessa sposa di un uomo» (Lc 1, 27), si trova al centro di una vicenda che la impegna totalmente, nel corpo e nello spirito, e nella quale libertà e obbedienza, umiltà ed esaltazione, amore e servizio, fedeltà a Dio e solidarietà con l'uomo, si compongono armonicamente in una dialettica stupenda.

9. Ora nella ricerca del senso nascosto nel fatto si apre al teologo un campo di lavoro vasto, fecondo, esaltante. Se egli, con metodo rigoroso, con fedeltà alla parola normativa, alla Tradizione universale, alle direttive del Magistero, con attenzione all'esperienza liturgica, scandaglierà l'evento salvifico della concezione e della nascita di Cristo nonché la perpetua verginità di Maria, verrà a trovarsi, per così dire, a contatto con l'intera Scrittura: con la pagina in cui Dio plasma l'uomo da «terra vergine» (cfr. Gn 2, 4b7); con i testi che riportano le antiche Alleanze, le profezie messianiche, le promesse fatte a Davide, i cui echi si odono distintamente nell'Alleanza dell'Incarnazione; con la narrazione delle gesta di Abramo, la cui fede obbediente rivive, intensificata, nel fiat di Maria; con i racconti della maternità prodigiosa di alcune donne sterili ‑ Sara, la moglie di Manoach, Anna, Elisabetta ‑ che divennero feconde con il favore di Dio; con i brani che descrivono la nascita dei discepoli «dall'alto», «dall'acqua e dallo Spirito» (cfr. Gv 3, 3‑8), modellata cioè sulla nascita di Gesù dal grembo di Maria per opera dello Spirito Santo! con l'episodio della maternità pasquale di Maria (cfr. 19, 25-27), avvenuta anch'essa nella fede alla parola e nella quale i Padri scorsero pure una dimensione verginale: il Figlio, vergine, affida la Madre vergine al Discepolo vergine (cfr. S. Girolamo, Ep. 127 5; CSEL 56, pp. 149‑150; S. Carbonio, In lohanni Evangelium, 69‑76: PG78,3,3788); con la stessa letteratura intertestamentaria nella quale si sente in pagine di intenso lirismo lo struggente desiderio di Israele di divenire sposa pura e fedele, comunità escatologica in cui non si oda più il lamento del dolore del parto né i canti funebri della morte. Sono esempi. Essi indicano come espressioni quali Theotokos o Virgo Mater, se lette in profondità e con attenzione alle molteplici voci convergenti, siano quasi riassunto dell'economia salvifica.

In modo integro e corretto
10. E' necessario inoltre che il teologo presenti la verginità di Maria in modo integro e corretto.

L'integrità della dottrina esige che sia messa in luce, con il dovuto rilievo, la virginitas cordis di Maria Santissima. Se, per i suoi valori simbolici, è importante la virginitas carnis, molto più lo è la virginitas cordis della Madre di Gesù. Ella, nella sua condizione verginale, è la nuova Eva, la vera Figlia di Sion, la perfetta Discepola, l'icona compiuta della Chiesa. Perciò realizza in Sé l'ideale della perfetta adesione al progetto di Dio senza compromessi e senza l'inquinamento della menzogna e della superbia; del fedele adempimento dell'Alleanza, la cui infrazione da parte di Israele è paragonata dai profeti all'adulterio; dell'accoglimento sincero del messaggio evangelico, nel quale sono detti beati i Puri di cuore (cfr. Mt 5, 8) ed è esaltata la verginità per il Regno (cfr. Mt 19, 12); della retta comprensione del mistero di Cristo ‑ la Veritas per eccellenza (cfr. Gv 14,6) ‑ e della sua dottrina, per cui la Chiesa è chiamata vergine anche perché custodisce integro e incorrotto il deposito della fede.
La Chiesa ha sempre insegnato che nulla vale la virginitas carnis se nel cuore si annidano la menzogna e la superbia, se da esso è assente l'amore.

11. La correttezza nell'esposizione della dottrina esige che siano evitate posizioni unilaterali, esagerazioni o distorsioni. Ad esempio, l'affermazione della verginità di Maria deve essere fatta in modo che in nulla, direttamente o indirettamente, appaia diminuito il valore e la dignità del matrimonio, voluto da Dio, da Lui benedetto, sacramento che configura il cristiano a Cristo, via di perfezione e di santità; o non si tenga sufficientemente conto del carattere singolare, irripetibile, della verginità di Maria e si pretenda trasferire l'unicità della situazione che essa riflette ad altre condizioni di vita; o si proponga la verginità di Maria in funzione esclusiva di alcune legittime scelte di vita ecclesiale, dimenticando che essa riguarda anzitutto il misterium Christi e il mysterium Ecclesiae; o si banalizzi il messaggio che ne deriva relegandolo ad un aspetto marginale del cristianesimo.

In modo attento alla cultura contemporanea
12. E' necessario infine che il teologo nell'esporre la dottrina sulla verginità di Maria tenga presente le tendenze e gli orientamenti della cultura contemporanea.
Certamente il clima culturale del nostro tempo non è sempre sensibile ai valori della verginità cristiana.
Non sarebbe difficile elencarne le cause. Ma ciò non deve scoraggiare il teologo nel suo impegno. Al tempo di Paolo la cultura dominante non era pronta ad accogliere il mistero della Croce, ma egli, per fedeltà a Cristo, ne fece il fulcro del suo messaggio (cfr. 1 Cor 2, 2; Gal 3, l; 6, 14).
Il teologo deve essere animato dalla serena fiducia che i valori autenticamente evangelici sono validi per l'uomo e per la donna contemporanei, anche quando essi li ignorano o li trascurano.
La verginità è dono e grazia. Essa è un bene della Chiesa, del quale partecipano anche coloro ‑ senza dubbio la maggior parte ‑, che non sono chiamati a viverla nella propria carne, ma pur sempre nel proprio cuore.
Tocca al teologo indicare le ragioni che possono aiutare l'uomo e la donna del nostro tempo a riscoprire i valori della verginità; egli deve individuare il linguaggio più adatto per trasmettere i valori evangelici di cui essa è portatrice, mostrare come in molti casi la verginità sia segno di libertà interiore, di rispetto dell'altro, di attenzione ai valori dello Spirito, di capacità di spingere lo sguardo oltre i confini del mondo temporale (cfr. Mt 22,30), di vivere radicalmente al servizio del Regno.
E mi domando: l'impronta verginale che segna la creazione dell'uomo (cfr. Gn 2, 4b‑7. 22‑23) e la sua ricreazione in Cristo, non ha nessuna ispirazione da offrire ai movimenti ecologici del nostro tempo che deplorano tante forme di violenza inferta alla creazione, il degrado della natura, l'inquinamento dell'ambiente?
Soprattutto il teologo deve mostrare ai nostri contemporanei che l'ideale dell'uomo nuovo, perfetto, si è compiuto in Cristo Gesù: Egli è l'Uomo (cfr. Gv 19, 5). In Lui il progetto antropologico di Dio ha raggiunto la perfezione assoluta. Ora nella radice di Cristo ‑ la sua concezione nel grembo di Maria ‑ e nella sua nascita alla vita definitiva ‑ dal sepolcro inviolato vi è un «elemento verginale» di grande portata in riferimento al suo essere, alla sua esemplarità per tutti i discepoli.

13. I Vescovi che parteciparono al Concilio di Capua del 392 non furono certo superficiali. Essi compresero che la questione della perpetua verginità di Maria non era secondaria, che non si fermava all'umile persona della Serva del Signore, ma riguardava aspetti fondamentali della fede: il mistero stesso di Cristo, la sua opera salvifica, il servizio del Regno.
La loro testimonianza diventa esemplare per noi. Con l'auspicio che quanti si pongono oggi a riflettere sul Mistero di Dio sappiano trarre luce dalla loro esperienza di fede, imparto a tutti voi, che avete preso parte a questo Convegno Internazionale, la mia Benedizione.

Al termine dell'incontro, salutando i numerosi . fedeli radunati all'esterno della chiesa, Giovanni Paolo Il ha detto:
Davanti a questa Cattedrale, dedicata a Maria, nella Capua vecchia, voglio ringraziare per questa vostra partecipazione, questa vostra accoglienza cordiale. Voglio augurarvi un futuro sempre più consapevole di questo grande mistero che è il mistero del Verbo incarnato nella Vergine Maria. Voglio augurarvi sempre più una devozione profonda a Maria Vergine e Madre, illuminata dal mistero del Verbo incarnato, nostro Redentore, Redentore dell'uomo. Ci avviciniamo, al termine del Secondo millennio dopo Cristo, all'apertura del Terzo millennio. Ci avviciniamo con speranza perché Cristo è ieri, oggi e sempre. Allora, ci avviciniamo con la speranza della sua presenza, del suo Regno, anche in questo millennio che si aprirà tra pochi anni.

sabato 14 dicembre 2013

Fu così improvviso e istantaneo quel parto



Visione avuta da Donna Brigida a Betlemme dove la Vergine Maria le mostrò apertamente come aveva partorito il suo glorioso Figlio, così la Vergine le aveva promesso in Roma, prima d'andare a Betlemme quindici anni prima, come risulta dal cap. I di questo libro.

CAPITOLO VENTUNESIMO


Mentre ero nel Presepe del Signore in Betlemme, vidi una bellissima Vergine gestante, vestita d'un mantello bianco e di una tunica sottile, attraverso la quale potevano vedersi le sue carni virginee. Il suo grembo era ingrossato e molto tumido, perché prossima al parto. Con lei era un certo dignitosissimo vecchio e con loro due, un bove e un asino. Ed entrarono nella grotta. 

Quel vecchio, legati il bove e l'asino alla mangiatoia, uscì fuori e portò alla Vergine un lume acceso e lo fissò al muro e uscì fuori per non essere presente al parto. 
Quella Vergine dunque si tolse allora i calzari dai piedi e il mantello bianco, di cui era coperta, rimosse il velo dal capo e, tutto ciò deposto là presso, rimase con la semplice tunica, con i capelli bellissimi, biondi come oro, sparsi sopra le spalle. Mise allora fuori due sottili pannolini di lino e due bianchissimi pannolini di lana, che portava con sé per avvolgervi il bambino e due altri più piccoli per coprirlo e fasciargli il capo: e se li pose vicino per potersene servire a suo tempo. 

Quando tutto fu pronto, la Vergine si mise con grande devozione in preghiera in ginocchio, avendo il dorso verso la mangiatoia, il volto invece rivolto al cielo, verso oriente. Alzando quindi le mani e con gli occhi fissi al cielo, stava come estatica e sospesa in contemplazione, inebriata da divina dolcezza. 

E così stando lei in preghiera, vidi allora muoversi Colui che giaceva nel grembo di lei e subito, d'un tratto, all'istante, partorì il Figlio, dal quale usciva tanta ineffabile luce e tanto splendore, da non poterglisi paragonare il sole, né quel lume, posto dal vecchio, non dava luce alcuna, sopraffatta totalmente com'era la sua luce materiale da quello splendore divino. Fu così improvviso e istantaneo quel parto, ch'io non potei avvertirne e comprenderne il modo e il luogo. Ma vidi subito giacer in terra e splendidissimo quel glorioso Bambino, le cui carni erano monde da ogni macchia o immondizia. Vidi anche presso di lui deposta e piegata e molto splendente la placenta. Udii allora il canto degli Angeli di meravigliosa soavità e di grande dolcezza. E subito il ventre della Vergine, che prima del parto era tumidissimo, si ritrasse e si vedeva ora il suo corpo mirabilmente bello e delicato. 

Quando dunque la Vergine s'accorse d'aver partorito, chinò il capo e, congiunte le mani con grande dignità e devozione, adorò il Bambino e gli disse: Benvenuto, Dio mio e Signor mio e Figlio mio. E il bambino allora gemendo e un po' tremante per il freddo e per la durezza del pavimento ove giaceva, si voltava un poco e stendeva le membra, come cercando sollievo; la Madre allora lo prese fra le mani e se lo strinse al petto e lo riscaldava col petto e con la guancia, con grande gioia e tenera compassione materna. 

Seduta in terra, si pose il Figlio suo in grembo e ne prese fra le dita l'ombelico, che subito si staccò, senza che ne uscisse alcun liquido né sangue. E subito cominciò ad avvolgerlo diligentemente. Dapprima con i pannolini di lino, poi con quelli di lana, fasciandogli il corpicino, le gambe e le braccia con una fascia tessuta in quattro punti della parte superiore d'uno dei pannolini di lana. Poi lo ravvolse, fasciando la testa del bambino con i due pannolini di lino, che aveva per l'appunto preparati. 
Ciò fatto, entrò il vecchio e, prostratosi con le ginocchia a terra, lo adorò, sospirando dalla gioia. 
Né al parto s'era la Vergine cambiata di colore né apparve spossata né le mancarono le forze, come suole accadere alle altre partorienti; solo che da tumido che era, tornò al suo stato naturale il grembo, nel quale era stato concepito il Bambino. 
Alzatosi allora, avendo fra le braccia il Bambino, insieme, lei cioè e Giuseppe, lo adorarono con immensa gioia e letizia.

domenica 20 ottobre 2013

Meritò divino connubio.

  • Maria era bella e amata perché bella di giustizia per la volontà propria oltre che per volontà di Dio, e per questo meritò il divino connubio. Az.155 - 9.6.46


  • Il Figlio divenuto Pane, e la Madre, beata, che voi, cibandovi di Lui, di Lei anche vi cibate. (….) S'è fatta fior di farina. Non è un modo di dire! Per vostro amore, per amor degli uomini, s'è immolata, s'è ridotta in polvere fra le mole dell’ubbidienza e del dolore. Lei, l’Intatta che non le nozze, non il parto  e non la morte, hanno potuto incidere, ma Solo l’amore. Esso l’ha consegnata alla macina in cui la Corredentrice è divenuta, da spiga, fior di frumento…. Az 169 - 20.6.46 

  • Santa, Santa Madre e Nutrice del Genere Umano! Giardino colmo di fiori e api d’oro! Orto chiuso e fonte soave!
    Veramente il Pane vero è Gesù, ma è ancor Maria Colei che ha della Parola fatto un Uomo per darlo agli uomini a redenzione e nutrimento. Az.170-171 - 20.6.46 




domenica 8 settembre 2013

La rivincita di Dio! La Verginità della Vergine!...


La rivincita di Dio!

Fischia, o Satana, il tuo livore mentre Ella nasce. Questa Pargola ti ha vinto! Prima che tu fossi il Ribelle, il Tortuoso, il Corruttore, eri già il Vinto, e Lei è la tua Vincitrice. Mille eserciti schierati nulla possono contro la tua potenza, cadono le armi degli uomini contro le tue scaglie, o Perenne, e non vi è vento che valga a disperdere il lezzo del tuo fiato. 

Eppure questo calcagno d'infante, che è tanto roseo da parere l'interno di una camelia rosata, che è tanto liscio e morbido che la seta è aspra al paragone, che è tanto piccino che potrebbe entrare nel calice di un tulipano e farsi di quel raso vegetale una scarpina, ecco che ti preme senza paura, ecco che ti confina nel tuo antro. 

Eppure ecco che il suo vagito ti fa volgere in fuga, tu che non hai paura degli eserciti, e il suo alito purifica il mondo dal tuo fetore. Sei vinto. Il suo nome, il suo sguardo, la sua purezza sono lancia, folgore e pietrone che ti trafiggono, che ti abbattono, che ti imprigionano nella tua tana d'Inferno, o Maledetto, che hai tolto a Dio la gioia d'esser Padre di tutti gli uomini creati!

Inutilmente ormai li hai corrotti, questi che erano stati creati innocenti, portandoli a conoscere e a concepire attraverso a sinuosità di lussuria, privando Dio, nella creatura sua diletta, di essere l'elargitore dei figli secondo regole che, se fossero state rispettate, avrebbero mantenuto sulla terra un equilibrio fra i sessi e le razze, atto ad evitare guerre fra popoli e sventure fra famiglie.

Ubbidendo, avrebbero pur conosciuto l'amore. Anzi, solo ubbidendo avrebbero conosciuto l'amore e l'avrebbero avuto. Un possesso pieno e tranquillo di questa emanazione di Dio, che dal soprannaturale scende all'inferiore, perché anche la carne ne giubili santamente, essa che è congiunta allo spirito e creata dallo Stesso che le creò lo spirito.

Ora il vostro amore, o uomini, i vostri amori, che sono? O libidine vestita da amore. O paura insanabile di perdere l'amore del coniuge per libidine sua e di altri. Non siete mai più sicuri del possesso del cuore dello sposo o della sposa, da quando libidine è nel mondo. E tremate e piangete e divenite folli di gelosia, assassini talora per vendicare un tradimento, disperati talaltra, abulici in certi casi, dementi in altri.

Ecco che hai fatto, Satana, ai figli di Dio. Questi, che hai corrotti, avrebbero conosciuto la gioia di aver figli senza avere il dolore, la gioia d'esser nati senza paura del morire. 

Ma ora sei vinto in una Donna e per la Donna. D'ora innanzi chi l'amerà tornerà ad esser di Dio, superando le tue tentazioni per poter guardare la sua immacolata purezza. D'ora innanzi, non potendo concepire senza dolore, le madri avranno Lei per conforto. D'ora innanzi l'avranno le spose a guida e i morenti a madre, per cui dolce sarà il morire su quel seno che è scudo contro te, Maledetto, e contro il giudizio di Dio.

Maria, piccola voce, hai visto la nascita del Figlio della Vergine e la nascita al Cielo della Vergine. Hai visto perciò che ai senza colpa è sconosciuta la pena del dare alla vita e la pena del darsi alla morte. 
Ma se alla superinnocente Madre di Dio fu riserbata la perfezione dei celesti doni, a tutti, che nei Primi fossero rimasti innocenti e figli di Dio, sarebbe venuto il generare senza doglie, come era giusto per aver saputo congiungersi e concepire senza lussuria, e il morire senza affanno.

La sublime rivincita di Dio sulla vendetta di Satana è stata il portare la perfezione della creatura diletta ad una superperfezione, che annullasse almeno in una ogni ricordo di umanità, suscettibile al veleno di Satana, per cui non da casto abbraccio d'uomo ma da divino amplesso, che fa trascolorare lo spirito nell'estasi del Fuoco, sarebbe venuto il Figlio.

La Verginità della Vergine!...

Vieni. Medita questa verginità profonda, che dà nel contemplarla vertigini d'abisso! Cosa è la povera verginità forzata della donna che nessun uomo ha sposato? Meno che nulla. Cosa la verginità di quella che volle esser vergine per esser di Dio, ma sa esserlo solo nel corpo e non nello spirito, nel quale lascia entrare tanti estranei pensieri, e carezza e accetta carezze di umani pensieri? Comincia ad essere una larva di verginità. Ma ben poco ancora. Cosa è la verginità di una claustrata che vive solo di Dio? Molto. Ma sempre non è perfetta verginità rispetto a quella della Madre mia.

Un coniugio vi è sempre stato, anche nel più santo. Quello di origine fra lo spirito e la Colpa. Quello che solo il Battesimo scioglie. Scioglie, ma, come di donna separata da morte dello sposo, non rende verginità totale quale era quella dei Primi avanti il Peccato. Una cicatrice resta e duole, facendo ricordare di sé, ed è sempre pronta a rifiorire in piaga, come certi morbi che periodicamente i loro virus acutizzano. 
Nella Vergine non vi è questo segno di disciolto coniugio con la Colpa. La sua anima appare bella e intatta come quando il Padre la pensò adunando in Lei tutte le grazie.

È la Vergine. È l'Unica. È la Perfetta. È la Completa. Pensata tale. Generata tale. Rimasta tale. Incoronata tale. Eternamente tale. È la Vergine. È l'abisso della intangibilità, della purezza, della grazia, che si perde nell'Abisso da cui è scaturito: in Dio, Intangibilità, Purezza, Grazia perfettissime.

Ecco la rivincita del Dio trino ed uno. Contro alle creature profanate Egli alza questa Stella di perfezione.

Contro la curiosità malsana, questa Schiva, paga solo di amare Dio. Contro la scienza del male, questa sublime Ignorante. 

In Lei non è solo ignoranza dell'amore avvilito; non è solo ignoranza dell'amore che Dio aveva dato agli uomini sposi. Ma più ancora. In Lei è l'ignoranza dei fomiti, eredità del Peccato. 

In Lei vi è solo la sapienza gelida e incandescente dell'Amore divino. Fuoco che corazza di ghiaccio la carne, perché sia specchio trasparente all'altare dove un Dio si sposa con una Vergine, e non si avvilisce, perché la sua Perfezione abbraccia Quella che, come si conviene a sposa, è di solo un punto inferiore allo Sposo, a Lui soggetta perché Donna, ma senza macchia come Egli è».
Beneditela con tutto il cuore
perché la terra è piena della sua misericordia

mercoledì 31 luglio 2013

B. V. MARIA


MARIA

La Vergine, vetro puro


«Io sono il Creatore del cielo e della terra, una sola cosa, divina, con il Padre e lo Spirito Santo. Io sono colui che parlava ai patriarchi e ai profeti, colui che essi attendevano. È per soddisfare i loro desideri, secondo la mia promessa, che mi sono fatto uomo senza peccato né concupiscenza, entrando nel seno della Vergine, simile a un sole splendente che attraversa il vetro puro e trasparente. 

E, così come il sole attraversa il vetro senza danneggiarlo, la carne di Maria non è stata lesa né offesa, quando ho assunto attraverso lei la mia umanità. Ora, ho assunto l'umanità senza tuttavia smettere di essere divino. 

E sebbene fossi nel ventre della Vergine come essere umano, non di meno ero una cosa sola, divina, con il Padre e con lo Spirito Santo, guidando e colmando tutte le cose, tanto che, così come lo splendore non si separa mai dal fuoco, allo stesso modo la mia natura divina non si è mai separata dalla natura umana, nemmeno nella morte». 
Santa Brigida, Rivelazioni: Libro 1, 1

Ave Gratia plena, Dominus tecum!

venerdì 18 gennaio 2013

Beato Egidio



La testimonianza dei tre gigli



Tra le montagne, al di là del bel lago azzurro, secoli fa, vi era una regione selvaggia e disabitata. Approfittando dell'isolamento offerto dai monti e dai boschi, un ordine di monaci osservanti vi edificò un'abbazia, che, in quei tempi felici, giunse ad annoverare più di duecento religiosi. Tra questi c'era un buon frate di nome Alessandrino, uomo colto che cercava di approssimarsi a Dio studiando le Sacre Scritture e i venerandi testi lasciati dai sapienti dottori del passato. Per anni era cresciuto in sapienza e virtù. Ad un certo punto constatò di aver toccato i limiti della sua intelligenza, mentre gli incommensurabili insegnamenti e i misteri cristiani seguivano il loro volo verso l'infinito.
babbini_01.jpg
"l'uomo di Dio colpì il suolo col suo bastone,
e subito apparve un altro straordinario giglio,
che in bellezza e biancore superava i primi
due."...
Cominciò allora a sentirsi afflitto, poiché provava una grande soddisfazione a comprendere tutto quanto sottoponeva all'analisi del suo intelletto. La sua costernazione si aggravò quando, un giorno, analizzò con particolare attenzione questo passo latino che canta la verginità di Maria: Post partum, Virgo, inviolata permansisti (Dopo il parto, o Vergine, sei rimasta intatta). - Ma come!... Sarà stato proprio così? - si domandava Frate Alessandrino. Decise allora di cercare nei libri un maggiore chiarimento, ed anche dopo aver consultato decine dei più rinomati autori, ritenne il suo dubbio non pienamente soddisfatto. Non ci dilungheremo di più... basti dire che il sospetto è come una malattia contagiosa, e a partire dal momento in cui il povero monaco vacillò su questo punto della dottrina, l'incertezza a poco a poco si diffuse nella sua anima, per naufragare, alcuni mesi dopo, in un amaro turbinio di sfiducia e dubbi.

Soffriva chiuso nel suo isolamento, poiché si vergognava di rivelare agli altri il suo tumulto interiore, ma un giorno, mentre passeggiava nel giardino, vide un anziano frate converso che si prendeva cura dei fiori. "Non sarà un male, parlarne con questo poveretto. Egli certamente non si metterà a ridere di me e neppure si scandalizzerà dei problemi che mi preoccupano". Con questi pensieri in mente, intavolò una conversazione col vecchio giardiniere. Dopo qualche tempo, il frate converso - sorridendo e senza smettere di potare i rosai - gli disse, col suo caratteristico accento campagnolo: - Eh, fratello... penso che nei libri non troverai le risposte a queste domande. Perché non vai a chiederlo al beato Egidio? - Beato Egidio? Chi è costui? Non conosco quest'uomo.

- Certo che non lo conosci. Lui vive là in cima, sulla montagna, da più di sessant'anni, pregando e facendo penitenza. È un monaco, un eremita solitario. Un santo! Vai là, sono sicuro che non sarà un viaggio inutile. Frate Alessandrino si mise a riflettere un po', considerando molto sensato il consiglio del frate giardiniere. Non perse tempo. Chiese l'autorizzazione al superiore e la mattina seguente, prima che spuntasse l'aurora, partì per la montagna. Fu una lunga ed estenuante camminata. Dopo ore passate percorrendo un sentiero sassoso, egli scorse molto in basso le lontane pianure inframmezzate dai fiumi che, visti dall'alto, sembravano stretti fili serpeggianti.

Alla fine arrivò all'ingresso della grotta dove, come gli era stato indicato, viveva il virtuoso anacoreta. Non ebbe bisogno di attendere: sembrava che l'eremita Egidio lo stesse aspettando, tanto prontamente apparve sulla soglia del suo rifugio. Quanti anni avrà avuto? Forse più di cento, impossibile dirlo con esattezza. Sebbene segnato dall'età, il suo aspetto era di un candore impressionante, superato appena dal bianco immacolato della lunga barba che gli oltrepassava la cintola, svolazzando al vento e brillando al sole. Frate Alessandrino aprì la bocca per parlare ma, prima ancora di pronunciare una parola, l'eremita gli disse: - Fratello, la Santissima Madre di Dio, Maria, era vergine prima di dare alla luce Gesù per noi! Dicendo questo, batté col suo bastone al suolo. Quale non fu la sorpresa dell'insicuro monaco nel veder spuntare un bellissimo e candido giglio nell'esatto punto dove Egidio aveva colpito! Costui tornò a battere nella terra, affermando: - Fratello, Maria Santissima era vergine mentre dava alla luce Gesù per noi! Immediatamente sorse un secondo giglio, più bello del primo. Per la terza volta, l'uomo di Dio colpì il suolo col suo bastone, esclamando: - Fratello, Maria Santissima era vergine dopo aver dato alla luce Gesù per noi! Subito apparve un altro straordinario giglio, che in bellezza e biancore superava i primi due.

Frate Alessandrino cadde in ginocchio, ammutolito per lo stupore e la meraviglia di fronte allo spettacolo a cui assisteva. Nel frattempo , il monaco Egidio continuò: - Ma... quando un uomo pretende fare in modo che la grandezza di Dio entri nei ristretti limiti della sua intelligenza, rischia pericolosamente di veder marcire nel suo cuore il prezioso dono della fede! Aveva appena finito di pronunciare queste parole, che i tre magnifici gigli marcirono contemporaneamente, diventando grigi e rinsecchiti. Comprendendo che questi gigli erano un simbolo della virtù della fede marcita nella sua anima pervasa dal dubbio, l'infelice Fra Alessandrino si chinò, coprì il volto con le mani e versò lacrime amare e abbondanti.

Impassibile, l'austero solitario proseguì: - Tuttavia, hai cercato l'aiuto dei tuoi fratelli, riconoscendo di non possedere le forze per superare i tuoi mali. Con questo, hai praticato uno degli atti più graditi al nostro Creatore: l'umiltà. Fratello, il pentimento sincero attira il perdono di Dio, la cui grazia può restaurare le nostre anime, rendendole ancora più belle di quello che erano prima della mancanza. In quell'istante i tre gigli miracolosamente si ripresero, diventando ancora più bianchi e rigogliosi di quanto lo erano stati poco prima. Detto questo, il beato Egidio, senza aggiungere più una parola, entrò con calma e serenità nella sua povera grotta, lasciando lo stupefatto monaco, attonito e senza parole, in ginocchio davanti ai magnifici gigli ricomposti.

Fra Alessandrino si sentì allora pervaso da una profonda pace. Tutti i suoi dubbi scomparvero, facendo posto ad un'ardente fede e ad una tenera devozione a Maria Santissima, come mai aveva sperimentato prima. Con ogni precauzione, conservò i tre preziosi gigli fino alla fine della sua vita, come testimonianza irrefutabile della perpetua verginità della Madre di Dio, della quale divenne instancabile apostolo, non smettendo mai di predicare, con parole infiammate d'amore, questa verità di fede che prima gli aveva causato un grande tormento, ora gli produceva un'ineffabile dolcezza nel cuore: Post partum, Virgo, inviolata permansisti.

Autore: Karina de Fátima Carmona Araújo


(Revista Araldi del Vangelo, Febbraio/2008, n. 58, p. 46 à 47)

martedì 25 dicembre 2012

Castidad y pureza.




El Apocalipsis en los Padres de la Iglesia


Pureza.

Frente a la inminencia de los últimos tiempos, el Señor exige de los suyos disposiciones muy precisas. La primera es “tener los lomos ceñidos”, actitud necesaria para todos, pero especialmente para los pastores de la grey de Cristo, ya que les permitirá estar mejor preparados para la evangelización. Algunos Padres relacionaron el ceñimiento de los lomos con la virtud de la castidad. “Los que viven en castidad –escribe Orígenes- tienen los riñones ceñidos”.


Comentario:

Se sabe que hacia el fin de los tiempos la lujuria llevará la voz cantante y lo habrá contaminado casi todo, que es lo que está sucediendo ahora. Por eso los que quieran permanecer fieles a Cristo deberán guardar la castidad, la pureza.
Como comentario de la importancia de esta virtud, pongamos aquí las palabras que Jesús dice en la Obra de María Valtorta, refiriéndose a este tema, y esto nos ayudará a ser más castos y precavidos contra el demonio, que por todos los medios nos quiere llevar a la impureza, pues sabe que con ese pecado nos desmantela el alma.
Dice Jesús:
La pureza tiene un valor tal, que un seno de criatura pudo contener al Incontenible, porque poseía la máxima pureza posible en una criatura de Dios.
El verdadero amor no conoce egoísmo. El verdadero amor es siempre casto, aunque no sea perfecto en la castidad como el de los dos esposos vírgenes. La castidad unida a la caridad conlleva todo un bagaje de otras virtudes y, por tanto, hace, de dos que se aman castamente, dos cónyuges perfectos.

Las dos vías más comunes que Satanás toma para llegar a las almas son la sensualidad y la gula. Empieza siempre por la materia; una vez que la ha desmantelado y subyugado, pasa a atacar a la parte superior: primero, lo moral (el pensamiento con sus soberbias y deseos desenfrenados); después, el espíritu, quitándole no sólo el amor — que ya no existe cuando el hombre ha substituido el amor divino por otros amores humanos — sino también el temor de Dios. Es entonces cuando el hombre se abandona en cuerpo y alma a Satanás, con tal de llegar a gozar de lo que desea, de gozar cada vez más.
Insisto sobre el valor de la pureza. 

La castidad es siempre fuente de lucidez de pensamiento. La virginidad afina y conserva la sensibilidad intelectiva y afectiva hasta la perfección, perfección que sólo quien es virgen experimenta.

El valor de la pureza es tal que — lo has visto — Satanás se preocupaba ante todo de inducirme a la impureza. Él sabe bien que la culpa sensual desmantela el alma y la hace fácil presa para las otras culpas. La atención de Satanás se dirigió a este punto capital para vencerme. El pan, el hambre, son las formas materiales para la alegoría del apetito, de los apetitos que Satanás explota para sus fines. ¡Bien distinto es el alimento que él me ofrecía para hacerme caer como ebrio a sus pies! 

Después vendría la gula, el dinero, el poder, la idolatría, la blasfemia, la abjuración de la Ley divina. Mas el primer paso para poseerme era éste: el mismo que usó para herir a Adán.

El mundo se burla de los puros. Los culpables de impudicia los agreden. Juan el Bautista es una víctima de la lujuria de dos obscenos. Pero si el mundo tiene todavía un poco de luz, se debe a los puros del mundo. 

Son ellos los siervos de Dios y saben entender a Dios y repetir las palabras de Dios. Yo he dicho: "Bienaventurados los puros de corazón, porque verán a Dios", incluso desde la tierra. Ellos, a quienes el humo de la sensualidad no turba el pensamiento, "ven" a Dios y lo oyen y le siguen, y lo manifiestan a los demás.

Cuanto más puros seáis, más comprenderéis; porque la impureza - del tipo que sea - es en todo caso humo que obnubila y grava vista e intelecto.

Sed puros. Comenzad a serlo por el cuerpo para pasar al espíritu. Comenzad por los cinco sentidos para pasar a las siete pasiones. 

Comenzad por el ojo, sentido que es rey y que abre el camino a la más mordiente y compleja de las hambres. El ojo ve la carne de la mujer y apetece la carne. El ojo ve la riqueza de los ricos y apetece el oro. El ojo ve la potencia de los gobernantes y apetece el poder. Tened ojo sereno, honesto, morigerado, puro, y tendréis deseos serenos, honestos, morigerados y puros. Cuanto más puro sea vuestro ojo, más puro será vuestro corazón. Estad atentos a vuestro ojo, ávido descubridor de los pomos tentadores. Sed castos en las miradas, si queréis ser castos en el cuerpo. Si tenéis castidad de carne, tendréis castidad de riqueza y de poder; tendréis todas las castidades y seréis amigos de Dios. No temáis ser objeto de burlas por ser castos, temed sólo ser enemigos de Dios.


Un día oí decir: "El mundo se burlará de ti, considerándote mentiroso o eunuco, si muestras no tender hacia la mujer". En verdad os digo que Dios ha puesto el vínculo matrimonial para elevaros a imitadores suyos procreando, a ayudantes suyos poblando los Cielos. 

Pero existe un estado más alto, ante el cual los ángeles se inclinan viendo su sublimidad sin poderla imitar. Un estado que, si bien es perfecto cuando dura desde el nacimiento hasta la muerte, no se encuentra cerrado para aquellos que, no siendo ya vírgenes, arrancan su fecundidad, masculina o femenina, anulan su virilidad animal para hacerse fecundos y viriles sólo en el espíritu.
    
 Se trata del eunuquismo sin imperfección natural ni mutilación violenta o voluntaria, el eunuquismo que no impide acercarse al altar; es más, que, en los siglos venideros, servirá al altar y estará en torno a él. Es el eunuquismo más elevado, aquel cuyo instrumento amputador es la voluntad de pertenecer a Dios sólo, y conservarle castos el cuerpo y el corazón para que eternamente refuljan con la candidez que el Cordero aprecia.



MATER PURISSIMA!
VIRGO PRUDENTISSIMA!
ORA PRO NOBIS!