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domenica 17 giugno 2018

GESU' CI SPIEGA il Pater Noster


  • O anime ancora sacrificate nel laccio del fidanzamento con Dio, quando volete parlare allo Sposo, mettetevi nella pace della vostra dimora e soprattutto nella pace della vostra dimora interiore e parlate angelo di carne fiancheggiato dall’angelo custode, al Re degli angeli. Parlate al Padre vostro nel segreto del vostro cuore e della vostra stanza interiore. Lasciate fuori tutto quanto è mondo: e la smania di essere notati e quella di edificare e gli scrupoli delle lunghe preghiere colme di parole, parole e monotone e tiepide e scialbe d’amore. Per carità! Liberatevi dalle misure nel pregare.
    In verità vi sono alcuni che sprecano più e più ore in un monologo ripetuto con le labbra sole e che è un vero soliloquio perché neppur l’angelo custode lo ascolta, tanto è rumore vano a cui egli cerca di rimediare sprofondandosi di suo in ardente orazione per il suo stolto custodito. (…)
    La preghiera è azione d’amore. E amare si può tanto orando che facendo il pane, meditando che assistendo un infermo, tanto compiendo pellegrinaggio al Tempio che accudendo alla famiglia, tanto sacrificando un agnello quanto sacrificando i nostri anche giusti desideri di raccogliersi nel Signore. Basta che uno intrida tutto se stesso e ogni sua azione nell’amore. Non abbiate paura! Il Padre vede. Il Padre comprende. Il Padre ascolta. Il Padre concede. Quante grazie non sono date anche per un solo, vero, perfetto sospiro d’amore. Quanta abbondanza per un sacrificio intimo fatto con amore. Non siate simili ai gentili. Dio non ha bisogno che gli diciate ciò che deve fare perché voi ne abbisognate. Ciò possono dirlo i pagani ai loro idoli  che non possono intendere. Non voi a Dio, al Vero Spirituale Iddio che non è solo Dio e Re, ma è Padre vostro e sa, prima ancora che voi glielo chiediate, di che avete bisogno. 172.6
  • Voi chiedete. E vi pare giusto di chiedere. Infatti per quel momento non sarebbe neanche ingiusta quella grazia. Ma la vita non termina in quel momento. E ciò che è bene oggi può essere non bene domani. Voi questo non lo sapete perché voi sapete solo il presente, ed è una grazia di Dio anche questa. Ma Dio conosce anche il futuro. E molte volte per risparmiarvi una pena maggiore vi lascia non esaudita una preghiera. 172.7



  • "Padre Nostro che sei nei Cieli ….”  In queste parole è chiuso come in un cerchio d’oro tutto quanto abbisogna all’uomo per lo spirito e per la carne e il sangue. Con questo chiedete ciò che è utile a quello e a questi. E se farete ciò che  chiedete acquisterete la     vita eterna. E una preghiera tanto perfetta che i marosi delle eresie e il corso dei secoli non  l’intaccheranno. (…) Ricordatevela bene. Meditatela continuamente. Applicatela alle vostre azioni. Non occorre altro per santificarsi. Se uno fosse solo, in un posto di pagani, senza chiese, senza libri, avrebbe tutto lo sciibile da meditare in questa preghiera e una chiesa aperta nel suo cuore per questa preghiera. Avrebbe una regola e una santificazione sicura. 202.5 
  • “Padre nostro”. Io  chiamo: “ Padre”. Padre è del Verbo, Padre è dell’Incarnato. Così voglio lo chiamate voi perché voi siete uni con Me, se voi in Me permanete. (…)
    Padre! Dite. E non stancatevi di dire questa parola. Non sapete che ogni volta che la dite il Cielo sfavilla per la gioia di Dio? Non diceste che questa e con vero amore, fareste già orazione gradita al Signore. 203.6 
  • “Sia santificato il tuo Nome”.
    Oh! Nome più di ogni altro santo e soave. Nome che il terrore del colpevole vi ha insegnato a velare sotto un altro. No, non più Adonai, non più. E’ Dio. E’ il Dio che in un eccesso di amore ha creato l’Umanità. 203.7 
  • “Venga il Regno tuo in terra come in Cielo”.
    Desideratelo con tutte le vostre forze questo avvento. Sarebbe la gioia sulla terra, se esso venisse. Il Regno di Dio nei cuori, nelle famiglie, fra i cittadini, fra le nazioni. Soffrite, faticate, sacrificatevi per questo Regno. Sia la terra uno specchio che riflette nei singoli la vita dei Cieli. 203.8
  • “E in terra come in Cielo sia fatta la tua volontà”.
    L’annullamento della volontà propria in quella di Dio si può fare solo quando si è raggiunto il possesso delle teologali virtù in forma eroica. In Cielo, dove tutto è senza difetti, si fa la volontà di Dio. Sappiate, voi figli del Cielo, fare ciò che in Cielo si fa.  203.9
  • Dacci il nostro pane quotidiano”.
    Quando sarete nel Cielo vi nutrirete soltanto di Dio. La beatitudine sarà il vostro cibo. Ma qui ancora abbisognate di pane. E siete i pargoli di Dio. (…) Perciò Io vi dico: “ Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto”. Infatti a chi chiede viene dato, chi cerca finisce di trovare e a chi bussa si apre la porta. (…) Chiedete dunque  con amore umile e filiale il vostro pane al Padre. 203.10
  • “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.
    Vi sono i debiti materiali e quelli spirituali. Vi sono anche debiti morali. E’ debito materiale la moneta a la merce che avuta in prestito va restituita. E’ debito morale la stima carpita e non resa e l’amore voluto e non dato. E’ debito spirituale l’ubbidienza a Dio dal quale molto si esigerebbe salvo dare ben poco, e l’amore verso di Lui. Egli ci ama e va amato, così come va amata una madre, una moglie, un figlio da cui si esigono tante cose. L’egoista vuole avere e non dà. Ma l’egoista è agli antipodi del Cielo. Abbiamo debiti con tutti. Da Dio al parente, da questo all’amico, dall’amico al prossimo, dal prossimo al servo e allo schiavo, essendo tutti esseri come noi. Guai a chi non perdona! Non sarà perdonato. Dio non può,  per giustizia, condonare il debito dell’uomo a Lui Santissimo se l’uomo non perdona al suo simile. 203.11
  • “Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal Maligno”.
    Pregate con umiltà perché Dio impedisca le tentazioni. Oh! L’umiltà! Conoscersi per quello che si è! Senza avvilirsi, ma conoscersi. Dire: ”Potrei cedere anche se non mi sembra poterlo fare, perché io sono un giudice imperfetto di me stesso. Perciò, Padre mio, dammi possibilmente, libertà dalle tentazioni col tenermi vicino a Te da non permettere al Maligno di nuocermi”. Perché, ricordatelo, non è Dio che tenta al Male, ma è il Male che tenta. Pregate il Padre perché sorregga la vostra debolezza al punto che essa non  possa essere indotta in tentazione dal Maligno. 203.12
  • Sia nella gioia come nel dolore, sia nella pace come nella lotta, lo spirito nostro ha bisogno di tuffarsi tutto dentro all’oceano della meditazione, per ricostruire ciò che il mondo e le vicende abbattono e per creare nuove forze per sempre più salire. (…) E’ sempre molto  utile allo spirito, l’elevazione mentale a Dio, la meditazione, in cui, contemplando la sua divina perfezione e la nostra miseria, o quella di tante povere anime, non già per criticarle ma per compatirle e capirle, e per avere riconoscenza al Signore che ci ha sorrette per non farci peccare, o ci ha perdonate per non lasciarci cadute, noi giungiamo a pregare realmente, ossia ad amare. Perché l’orazione per essere realmente tale deve essere amore. Altrimenti è borbottio di labbra dal quale l’anima è assente. 247.4
  • La preghiera non è nell’atto ma nel sentimento. 261.5
  • La preghiera è la conversazione del cuore con Dio e dovrebbe essere lo stato abituale dell’uomo. 262.9
Ave Domina…
Nostra Domina Guadalupiana!
HORA MARIAE
Maria, Nostra Domina Guadalupiana est Imperatrix Mundi
atque, ut Mater Dei et Mater Nostra, repraesentat
Universalem Identitatem omnium filiorum qui Ipsam amant.

giovedì 13 luglio 2017

PATER NOSTER


Preghiera al Padre Nostro 
data a Conchiglia 

QUESTO È IL VERO VOLTO DI GESÙ 
Nel 1978, alcuni esperti della NASA impegnati nel progetto STURP (Shroud of Turin Research Project Inc.),
sottoposero la Sacra Sindone di Torino ad analisi minuziose.
Il tecnico che aveva fotografato il Santo Volto di Gesù, da ateo qual era, divenne credente.
Infatti, mentre eseguiva una serie di trattamenti fotografici, al settimo “ trattamento ”,
Gesù si mostrò con gli occhi aperti, che invece sono chiusi sulla Sacra Sindone.

Preghiera del Padre Nostro

Gesù a Conchiglia - 8 novembre 2006 - 22.00



Padre Nostro che sei in noi nell’invisibile
Santo è il Tuo Nome
fa che noi Tuoi figli ci raduniamo nel Tuo Nome
per compiere le opere che ami
e donaci la Grazia di rafforzare la nostra volontà
perdona i nostri errori
dopo che noi abbiamo perdonato gli errori dei nostri fratelli
e donaci la forza di non sbagliare
a causa dell’istigazione del demonio
che in ogni modo tenta di indurci nell’errore
e così sia.
Oratio dominica exemplaris (Pater Noster)
Iesus sic loquitur ad Conchiglia
Die XVIII mensis novembris anno MMVI 22.00 (secunda vigilia)




Pater Noster qui es in nobis in invisìbili
Sanctum est Nomen Tuum
fac ut nos filii Tui conveniàmus in Nòmine Tuo
ad opera quae dìligis facienda
et concède nobis ut confortètur volùntas nostra
ignòsce erròribus nostris
postquam nos ignovèrimus erròribus fratrum nostròrum
atque da nobis robur ne errèmus
propter instigatiònem diaboli
qui omnìmodis conàtur nos indùcere in errorem.
Amen.

venerdì 14 ottobre 2016

ISTRUZIONE CATTOLICA!

Come bisogna recitare il Padre Nostro 

a Messa?

La pratica di prendersi per mano al momento di recitare il Padre Nostro deriva dal mondo protestante. Il motivo è che i protestanti, non avendo la Presenza Reale di Cristo, ovvero non avendo una comunione reale e valida che li unisca tra loro e con Dio, considerano il gesto di prendersi per mano un momento di comunione nella preghiera comunitaria.

Noi nella Messa abbiamo due momenti importanti: la Consacrazione e la Comunione. È lì – nella Messa – che risiede la nostra unità, è lì che ci uniamo a Cristo e in Cristo mediante il sacerdozio comune dei fedeli; il prendersi per mano è ovviamente una distrazione da questo. Noi cattolici ci uniamo nella Comunione, non quando ci prendiamo per mano.

Nell'Istruzione Generale del Messale Romano non c'è nulla che indichi che la pratica di prendersi per mano vada effettuata. Nella Messa ogni gesto è regolato dalla Chiesa e dalle sue rubriche.

È per questo che abbiamo parti particolari della Messa in cui inginocchiamo, parti in cui ci alziamo, altre in cui ci sediamo ecc., e non c'è alcuna menzione nelle rubriche che parli del fatto che dobbiamo prenderci mano al momento di recitare il Padre Nostro.

Si deve quindi evitare questa pratica durante la celebrazione della Messa. Se qualcuno vuole farlo può (a mo' di eccezione) con qualcuno di assoluta fiducia, senza forzare nessuno, senza dar fastidio a nessuno e senza volere che questa pratica diventi una norma liturgica per tutti.

Bisogna tener conto del fatto che non tutti vogliono prendere la mano del vicino, e cercare di imporlo è qualcosa che va a detrimento della preghiera, della pietà e del raccoglimento.

Un'altra cosa molto diversa è la preghiera comunitaria al di fuori della Messa; quando si recita fuori dalla Messa non c'è alcuna opposizione se si prende la mano di qualcuno, perché è un gesto emotivo e simbolico.

Questo, come altri atteggiamenti, non è altro che l'esaltazione del sentimento. L'essere in comunione con qualcuno non consiste tanto nel prendere qualcuno per mano quando si recita il Padre Nostro, ma nel fatto di essere confessato, di essere in stato di grazia e soprattutto nell'essere preparato all'Eucaristia.

Se il gesto di prendersi la mano fosse necessario o importante o conveniente per tutta la Chiesa, i vescovi o le Conferenze Episcopali avrebbero inviato già da molto tempo una richiesta a Roma perché questa pratica venisse impiantata. Non lo hanno fatto, né credo che lo faranno mai.

Un'altra cosa che vedo molto quando si recita il Padre Nostro è che la gente alza le mani come fa il sacerdote. Nemmeno questo va bene, perché non spetta ai laici durante la Messa compiere gesti riservati al sacerdote o pronunciare le parole o le preghiere del sacerdote confondendo il sacerdozio comune con il sacerdozio ministeriale.

Solo i sacerdoti stendono le mani, e la cosa migliore è che i fedeli restino o preghino con le mani giunte perché la fede interiore è ciò che conta, è quello che Dio vede.

I gesti esterni nella Santa Messa da parte dei sacerdoti servono a far sì che i fedeli – in primo luogo – vedano che il sacerdote è l'uomo designato che intercede per loro.

Stendere le braccia nella preghiera era già abituale nella Chiesa delle origini, ma nel contesto di un circolo di preghiera, o nella preghiera in privato o in un altro incontro non liturgico.

I gesti nella Messa sono precisi sia nel sacerdote che per i fedeli; ciascuno fa i propri e i fedeli non devono copiare quelli dei sacerdoti. I gesti dei fedeli nella Messa sono le loro risposte, il loro canto, le loro posizioni.

Sia prendere la mano di qualcuno che alzare le mani recitando il Padre Nostro sono, nei fedeli, pratiche non liturgiche, che pur non essendo esplicitamente proibite nel Messale non corrispondono nemmeno a una sana liturgia.

I fedeli non devono ripetere né con parole né con azioni ciò che dice e fa il sacerdote la cui funzione è presiedere l'assemblea liturgica.

San Cipriano scriveva a suo tempo (IV-V secolo) che i cristiani si DISTINGUEVANO dai pagani (e dai farisei) perché quando pregavano non alzavano le mani ma, come il pubblicano penitente della parabola evangelica, stavano a capo chino e a mani giunte. Cosa direbbe oggi se dovesse descrivere la condizione dei cristiani moderni?...

sabato 31 gennaio 2015

Padre nostro... (Testo Ebraico Aramaico Greco Latino)


Testo Ebraico Testo AramaicoTesto GrecoLatino (Vulgata)
Traduzione Traslitterazione   Traduzione Traslitterazione   Traduzione Traduzione


Per approfondire: "Dal Qaddish al Pater"
 Le radici ebraiche del Padre nostro




Pater - Testo Ebraico
Traduzione



Pater - Testo Aramaico
Per ascoltarlo in formato .mp3                |   torna su




Pater - Testo Aramaico Traslitterazione / Traduzione            torna su

Legenda dei simboli usati per la trascrizione
`  - non si pronuncia (glottal stop), come lo spirito dolce del greco
´  - indica un suono profondamente gutturale e sonoro
w - w come nell'inglese well
ŝ  - suono sh come l'inglese shop o l'italiano sciare
s  - s come nell'italiano sole
ç  - s "enfatica" tz o più o meno come la zz dell'italiano pazzo 
h  - h come nell'inglese hand
h  - suono molto aspirato come ch nel tedesco nasch
j   - i come nell'inglese yes
΄  - sta ad indicare un relitto vocalico simile al simbolo fonetico a utilizzato per l'inglese
b`- indica la b spirante, come nel sardo soßl sole
k`- indica la k spirante come nel toscano la Xasa
Gli altri segni valgono come in italiano

Pater - Testo Greco (Mt 6, 5-15)Traslitterazione / Traduzione       torna su


         KURIAKE PROSEUKE
Pàter hemòn ho en tòis uranòis:
Haghiasthéto tò onomà su;
elthéto he basilèia su;
ghenethéto tò thelemà su,
hos en uranò kài epì ghés.
Tòn àrton hemòn tòn epiùsion dòs hemìn sémeron;
kài àfes hemìn tà ofeilémata hemòn,
hos kài hemèis  afìemen (afékamen in Mt 6,12) tòis ofeilètais hemòn;
kài mé eisenènkes hemàs eis peirasmòn,
allà rüsai hemàs apò tu ponerù. Amén.


         PREGHIERA DEL SIGNORE
Padre nostro che sei nei cieli:
sia santificato il tuo nome;
venga il tuo regno
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Il pane nostro quello supersostanziale dacci oggi;
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male. Amen



Pater - Testo Latino (Vulgata)Traduzione                    torna su
9-b
Pater noster, qui es in caelis,
Padre nostro, che sei nei cieli
9-c
sanctificetur nomen tuum.
sia santificato il tuo nome.
10-a
Adveniat regnum tuum.
Venga il tuo regno.
10-b
Fiat voluntas tua,
Sia fatta la tua volontà
10-c
sicut in caelo, et in terra.
come in cielo così in terra.
11
Panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie.
Dacci oggi il nostro pane soprasostanziale.
12-a
Et dimitte nobis debita nostra,
E rimetti a noi i nostri debiti,
12-b
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris.
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori.
13-a
Et ne nos inducas in tentationem;
E non ci indurre in tentazione;
13-b
Sed libera nos a malo.
ma liberaci dal male

|AMDG et BVM

sabato 23 agosto 2014

Il Pater, o Padre nostro, è la più perfetta, la più sublime, la più santa, la più utile delle preghiere, primieramente perché è una preghiera composta da un Dio; poi perché contiene tutto ciò che Dio domanda da noi, e tutto ciò che noi abbiamo da chiedere a Dio per i nostri bisogni. Il "Pater" detto con fervore è un atto di tutte le virtù.


  1. Eccellenza del Pater, e sue domande.
  2. Padre nostro.
  3. Che sei nei cieli.
  4. Prima domanda.
  5. Seconda domanda.
  6. Terza domanda.
  7. Quarta domanda.
  8. Quinta domanda.
  9. Sesta domanda.
10. Settima domanda.
11. Conclusione.
12. Il Pater del Serafico Padre S. Francesco d'Assisi.




1. ECCELLENZA DEL «PATER» E SUE DOMANDE. 

Il Pater, o Padre nostro, è la più perfetta, la più sublime, la più santa, la più utile delle preghiere, anzitutto perché è una preghiera composta da un Dio; poi perché contiene tutto ciò che Dio domanda da noi, e tutto ciò che noi abbiamo da chiedere a Dio per i nostri bisogni.



Questo noi facciamo in sette domande, di cui le tre prime, cioè ­ Sia santificato il nome tuo - Venga il regno tuo - Sia fatta la volontà tua come in cielo così in terra - si riferiscono all'onore, al servizio, all'amore, all'adorazione dovuti a Dio

Le quattro ultime: - Dacci oggi il nostro pane quotidiano - Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori - Non c'indurre in tentazione - Ma liberaci dal male - si riferiscono alla nostra utilità, e comprendono ogni nostro bisogno...


2. PADRE NOSTRO. - 

La parola Padre si rivolge particolarmente alla prima persona della Santissima Trinità, che è il Padre; tuttavia si intende dire anche al Figlio e allo Spirito Santo, come componenti, in una indivisibile Unità, l'Augustissima Trinità, il Dio uno e trino il quale per molti rispetti è nostro Padre; 1° perché ci ha creati...; 2° ci ha riscattati...; 3° ci ha rigenerati nelle acque del santo battesimo...; 4° ci ha adottati in figli...; 5° perché la sua provvidenza veglia sopra di noi...; 6° perché ci ha chiamati all'eredità celeste, avendoci costituiti coeredi con Gesù Cristo.



«Che cosa non darà ai suoi figli, esclama S. Agostino, Quegli che ha dato loro di essere suoi figli?» (Serm. III). Che dignità, che gloria, che felicità è la nostra di poter chiamare Iddio nostro padre! e voglia il cielo che lo sia difatti! 
«Che onore è per noi, esclama S. Cipriano, il chiamare Dio nostro padre e, come Gesù Cristo è Figlio di Dio, essere anche chiamati figli di Dio, ai quali sta promessa l'eternità! Non dimentichiamo mai che il chiamare Dio nostro padre, c'importa il dovere di regolarci da figli di Dio; affinché se noi siamo felici di avere per padre un Dio, egli sia contento di averci per figli. Diportiamoci come templi vivi di Dio, acciocché ognuno veda che Dio abita in noi (De Orat. domin.)».



Pater noster. Padre nostro... padre di tutti gli uomini che per conseguenza sono fratelli... Ne viene perciò a noi il debito di pregare per gli altri, di amarci come fratelli, di soccorrerci a vicenda... S. Ambrogio dice: «Ciascuno prega per tutti, e tutti pregano per ciascuno; di qui deriva il gran vantaggio, che ciascuna preghiera di ogni fedele è sorretta dal concorso di tutto il popolo (De Caino C. IX)». S. Cipriano dice: «Vuole Gesù che ciascuno preghi per tutti, come egli ci ha tutti portati in se medesimo (De Oratione)»... Pregando per tutti, partecipiamo alle orazioni di tutti.. .



«Voi mi chiamerete padre», disse il Signore per bocca di Geremia (III, 19). Dio vuol essere chiamato padre, commenta S. Tommaso (1.a 1.ae q. V, a. 7),  perché è il creatore dell'universo, secondo quelle parole di Gesù Cristo: «Io ti rendo grazie, o padre mio, Signore del Cielo e della terra» (MATTH. XI, 25);  perché ci ha adottati, secondo quelle parole di S. Paolo ai Romani: «Voi avete ricevuto lo spirito di adozione dei figli di Dio, spirito in cui gridiamo: Abba, Padre» (Rom. VIII, 15);  perché ci ha fatto da maestro e pedagogo, come dice Isaia: «Il padre farà conoscere ai suoi figli la verità» (XXXIII, 19);  perché ci corregge, dicendo il Savio: «Il Signore castiga coloro che ama, e pone in loro il suo affetto come padre nel figlio» (Prov. III, 12).

3. CHE SEI NEI CIELI. - 

Padre nostro che sei nei cieli: Pater noster qui es in coelis. Queste parole accennano: 1° l'onnipotenza di Dio; 2° che Dio nostro padre abita nel più alto dei cieli e che il cielo è nostra patria, eredità nostra; 3° la necessità d'innalzare l'anima nostra al di sopra delle cose terrene; 4° che non bisogna né desiderare né domandare altro se non ciò che mette al cielo; 5° che dobbiamo riguardarci come stranieri su la terra, e disprezzare il mondo con i suoi beni e piaceri e onori e incentivi; 6° che dobbiamo schivare l'inferno, e per conseguenza il peccato che vi conduce, e resistere al demonio che vorrebbe divenire nostro padre, per ucciderci per l'eternità...

4. PRIMA DOMANDA. - 

Sanctifìcetur nomen tuum. Sia santificato il Nome tuo. Con queste parole noi chiediamo: 1° la conservazione delle grazie ricevute nel santo battesimo...; 2° la nostra santificazione quotidiana; 3° che tutti gli uomini giungano alla santità...; 4° che Dio sia adorato, servito, amato da tutte le creature; 5° che tutti gli attributi di Dio siano celebrati e la sua gloria sia esaltata in tutto il mondo.



Sia santificato il nome tuo: con ciò vogliamo dire: la vostra maestà, o Signore, la vostra grandezza, la potenza, la bontà, la misericordia, la giustizia, la provvidenza vostra, ecc., siano conosciute, proclamate, benedette, encomiate, in ogni tempo e luogo, e per sempre... Ogni uomo vi lodi, vi ami, vi tema, vi ringrazi...

5. SECONDA DOMANDA. - 

Adveniat regnum tuum. Venga il regno tuo. Nella prima domanda, manifestiamo il nostro desiderio di vedere Dio conosciuto, amato, servito, adorato da tutte le creature, e di arrivare noi medesimi alla santità; in questa seconda esprimiamo il voto di vedere ristabilito il regno di Dio nel suo quadruplice senso.
1° Vi è il regno di Dio su tutte le creature. Di esso dice il Salmista: «Il vostro regno, o Signore, è un regno che abbraccia tutti i secoli; e il vostro impero si estende di generazione in generazione» (Psalm. CXLIV, 13).
2° Il regno mistico, cioè il regno di Dio su le anime, per la grazia e per la fede. Ci sottrae alla tirannia del peccato, del mondo, del demonio, della carne, e fa nascere in noi ogni sorta di virtù...
3° Il regno di Dio nel cielo. Perciò quando diciamo: Venga il regno tuo, chiediamo che si apra per noi il regno di Dio, rimuneratore dei Santi...
4° Il regno di Dio quale si avrà nel giorno del giudizio universale, e che sarà il preludio del regno eterno...

6. TERZA DOMANDA. - 

Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra. Sia fatta la tua: volontà, come in cielo, così in terra. Possiamo considerare in Dio due volontà: la volontà assoluta e la volontà di desiderio. Con quella Dio vuole definitivamente una cosa, per esempio, la Creazione, e a tale volontà nulla può resistere. Con questa Dio ci ammaestra di
quello che vuole che noi osserviamo. Ora, a quest'ultima volontà si riferisce la domanda del Pater: Sia fatta la tua volontà. Con queste parole noi auguriamo a noi medesimi tutti i beni; poiché gli eletti i quali adempiono perfettamente la volontà di Dio, sono pienamente felici e colmi dei tesori della divinità, come indicano quelle parole di Gesù Cristo, in S. Matteo (XII, 50): «Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è mio fratello, mia sorella, mia madre».



Sia fatta la tua volontà. Ma qual è la volontà del Padre? La volontà di Dio, risponde S. Paolo, è che voi vi facciate santi (I Thess, IV, 3). E il Salvatore medesimo dopo di aver detto, che egli non era venuto su la terra per compiere la sua volontà, ma la volontà del Padre, soggiunse che la volontà del Padre il quale lo aveva mandato, è che non si perda nessuno di quelli che gli ha dati, ma che li risusciti nell'ultimo giorno. La volontà del Padre è questa, che chiunque vede il Figlio e crede in lui, abbia la vita eterna (IOANN. VI, 40).



La volontà di Dio, che Gesù Cristo ha fatto e insegnato, è, dice S. Cipriano (De Oratio dom.), l'umiltà nel conversare, la stabilità nella fede, la modestia nel tratto, la giustizia nelle azioni, la misericordia nelle opere, la disciplina e l'assennatezza nei costumi. Fare la volontà di Dio, vuol dire non saper fare ingiurie, ma saperle tollerare; aver pace con tutti e amare Dio di tutto cuore; amarlo come padre, temerlo come Dio; preporre Gesù Cristo a tutto, perché egli medesimo ha preferito noi ad ogni creatura; tenerci inseparabilmente uniti al suo amore; abbracciarci fortemente e con confidenza alla croce e quando si tratta del suo nome e dell'onor suo, spiegare fermezza nel rendergli testimonianza con le parole, costanza nel combattere per lui, e pazienza fino alla morte, per essere coronati. Così operando, diventiamo eredi di Gesù Cristo; adempiamo l'ordine del Signore; facciamo perfettamente la volontà di Dio.



Dobbiamo conformare la nostra volontà a quella di Dio, 1° nella nostra condotta, cioè dobbiamo volere quello che egli vuole, obbedire alla sua legge; 2° nei nostri pensieri, intenzioni e desideri. Qui, come nei fatti, la nostra volontà deve avere quella di Dio per oggetto, cioè deve mirare a lei e non guardare altro; per conseguenza essa deve non volere che cose buone, conformi alla retta ragione, alla coscienza illuminata, ed anche in questo caso non volerle se non in quanto esse possono essere gradite a Dio.



Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra. Gli eletti in cielo faranno e fanno eternamente la volontà di Dio in modo ammirabile e perfetto; questo forma la loro fèlicità. Bisogna, per quanto è in noi, prendere modello dai Santi. Oh quanto sarebbero felici gli uomini, se non cercassero che la volontà di Dio! Dio farebbe la volontà degli uomini che sarebbero tutti santi, e la terra si cambierebbe in paradiso.
Per terra s'intende anche il corpo, e per cielo, lo spirito. In questo senso, recitando le citate parole del Pater, l'uomo domanda che il suo corpo faccia la volontà di Dio, non meno che lo spirito; ovvero, come spiega S. Cipriano, che il corpo stia soggetto allo spirito, come lo spirito sta sottomesso a Dio (De Orat. dom.).



Altri, sotto il nome di terra, intendono i peccatori, e sotto quello di cielo, i giusti. Secondo questa interpretazione, la domanda del Pater esprimerebbe l'augurio che i peccatori facciano la volontà di Dio, come la fanno i giusti... Per il cielo S. Agostino intende Gesù Cristo; e per la terra, la Chiesa sposa di Gesù Cristo; il che equivarrebbe a dire: Compia la Chiesa la vostra volontà, o mio Dio, come l'ha compiuta Gesù Cristo (De Orat. dom.).



Il riposo, la pace, la gioia, la santità, la perfezione del cristiano consistono nel rinnegare la propria volontà, per uniformarla a quella di Dio, sia nell'avversa che nella prospera fortuna, e nella sanità e nelle malattie, e nella vita, e nella morte. «Che altro abomina e punisce Dio, se non la propria volontà dell'uomo?», dice S. Bernardo, e conchiude: «Cessi adunque questa volontà e non vi sarà più inferno (De Resurrect.)». Un'intera conformità alla volontà divina, scrive il medesimo Padre, unisce l'anima al Verbo, come la sposa è unita allo sposo (Serm. XXVIII, in Cantic.). E come vera sposa altro non cerca né desidera se non ciò che piace allo sposo, e per parte sua lo sposo non fa nulla che possa dispiacere alla sposa; così l'anima che ambisce di essere la sposa di Gesù Cristo non vuole altro se non ciò che piace a Gesù Cristo il quale poi non fa nulla che a lei dispiaccia. O preziosa e felice unione!



Essendo la volontà di Dio eccellente e perfetta, non vi è cosa tanto utile, quanto il sottomettervisi interamente: chi segue questa via, arriverà ad alta perfezione; anzi l'ha già raggiunta, perché tutta la perfezione consiste in ciò... Dio sa benissimo quello che ci conviene, quello che ci occorre per renderci felici, sia nel tempo, sia nell'eternità, mentre noi lo ignoriamo. Non siamo dunque noi ciechi e nemici di noi medesimi, quando mettiamo la nostra volontà invece di quella di Dio? Che cosa avviene allora? Non facciamo più né la volontà di Dio né la nostra... Faraone si ostina nel voler fare il proprio volere, rifiutando di fare quello di Dio; e sapete come è finito... Mosè fa in tutto la volontà di Dio, e considerate come Dio a sua volta, fa quella di Mosè in Egitto, in riva al Mar Rosso e nel deserto. Gli angeli ribelli non vogliono piegarsi al volere di Dio; cosa ne è di loro?... Adamo si mette per la medesima strada, e dove va a finire?

7. QUARTA DOMANDA. - 

Panem nostrum quotidianum da nobis hodie. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Con questa quarta domanda preghiamo Dio che ci dia il necessario per la vita dell'anima e del corpo... Dimandiamo quello che appartiene a noi, non quello che appartiene agli altri...
I re sono, al pari del più misero dei loro sudditi, i mendichi di Dio. «Il mendicante vi domanda l'elemosina, dice S. Agostino, e anche voi siete i mendicanti di Dio. Che cosa vi domanda l'accattone? del pane, e voi che altro domandate a Dio, se non Gesù Cristo che dice: «Io sono il pane vivo disceso dal cielo? (Serm. XV, de Verb. Domini secund. Matth.)». La parola pane, panem, comprende la sanità, il vitto, il vestito, l'alloggio e simili... Noi domandiamo il pane materiale; ma domandiamo ancora principalmente il pane spirituale dell'anima: la grazia..., l'eucaristia..., la salute..., la gloria eterna...
Dacci il pane, panem: non chiediamo altra cosa, perché il pane ci basta; lo chiediamo per noi e per gli altri, da nobis: chiediamo il pane di ciascun giorno, panem nostrum quotidianum, non il pane per il domani perché il domani non è in nostro potere. Con ciò Dio c'insegna a non accumulare per spirito di avarizia e a non affannarci dell'avvenire. Chiediamo poi che ce lo dia oggi, da nobis hodie, perché ci è necessario, e necessario al presente.

8. QUINTA DOMANDA. - 

Dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris. Perdona a noi i nostri debiti, come noi li perdoniamo agli altri... Nelle prime quattro domande imploriamo dei beni, nelle tre ultime supplichiamo perché ci siano risparmiati dei mali.
Perdona a noi, dimitte nobis, perché noi siamo tutti, qual più qual meno, colpevoli... «Perché nessuno, dice S. Cipriano, si compiaccia di se stesso, e si creda innocente e s'insuperbisca, la voce divina gli insegna ch'egli pecca ogni giorno, poiché gli è fatto comando d'implorare ogni giorno il perdono dei propri peccati (De orat. Domin.)».
Perdona a noi i nostri debiti, debita nostra. Il peccato è il più grave debito che l'uomo possa contrarre con Dio, a cagione della ingiuria infinita che col peccato egli fa a Dio... Quest'ingiuria è così enorme, che né l'uomo, né l'angelo, né alcuna creatura poté ripararla... Bisognò per questo che il Verbo si facesse uomo e spargesse il sangue su la croce.
Perdona a noi come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offeso: Sicut et nos dimittimus debitoribus nostris. Ecco la condizione alla quale Dio lega il nostro perdono. Se vogliamo ch'egli ci perdoni, perdoniamo... Per conseguenza chi pronunzia queste parole del Pater, mentre nutre in cuore pensieri di odio, o desideri di vendetta, e non delibera di scacciarli, pronunzia la sua sentenza di condanna. Se voi, dice Gesù Cristo, perdonate agli altri le offese, il vostro Padre celeste vi perdonerà le vostre; ma se voi ricusate il perdono agli uomini, il Padre vostro celeste lo ricuserà anche a voi (MATTH. VI, 14-15). «Perdonate e vi sarà perdonato; poiché si userà con voi quella misura medesima che voi avrete usato con gli altri» (Luc. VI, 37-38).

9. SESTA DOMANDA. - 

Et ne nos inducas in tentationem. E non c'indurre in tentazione. Notiamo che non si dice: Liberaci dalla tentazione; infatti la tentazione, di per se stessa, non è peccato; altrimenti Gesù Cristo non avrebbe permesso al demonio di suggerirla a lui medesimo. L'unico male che si può trovare nella tentazione è di consentirvi. Il male viene dalla volontà dell'uomo che si abbandona alle sollecitudini della carne e del demonio. La tentazione è un bene, in quanto che mette alla prova l'uomo, ne eccita la vigilanza, lo porta a diffidare di se medesimo ed a fuggire il pericolo; si fa occasione e causa di grandi meriti per coloro che la combattono. Perciò i grandi Santi furono ordinariamente i più tentati. Soccombere alla tentazione è un perdersi; resisterle è un piacere a Dio che ci aiuta a vincere; è un ornare di brillanti la propria corona, accrescere la propria ricompensa, accertare la propria salvezza, andare al cielo... Gli Apostoli insegnano che in mezzo alle spine di molte tentazioni, serpeggia la via che conduce al regno di Dio (Act. XIV, 21).
Non c'indurre in tentazione vuoi dire: Signore, io non vi domando di essere liberato dalla tentazione, se tale non è il vostro volere, ma datemi grazia di resisterle, di vincerla, di uscir trionfante dalla lotta... Queste parole c'insegnano che dobbiamo temere e non fidarci delle proprie forze... Ci ammoniscono del continuo bisogno in cui siamo della preghiera e della grazia di Dio, per non dare orecchio alla tentazione e soccombere... «Senza di me, dice Gesù Cristo, non potete fare nulla» (IOANN. XV, 5). «Io tutto posso, dice l'Apostolo, in colui che mi sorregge» (Philipp. IV, 13). Se Dio è con noi, dice ancora il medesimo Apostolo, chi ci starà contro? (Rom. VIII, 31). Oh Dio! non lasciateci vincere dalle tentazioni del demonio, del mondo, della carne, delle miserie di questa vita, del peccato!...

10. SETTIMA DOMANDA. - 

Sed libera nos a malo. Ma liberaci dal male, cioè dal peccato... Qui Dio ci ordina di chiedere la nostra intera liberazione dal peccato, perché il peccato è di natura sua cattivo, mentre la tentazione non lo è... Con queste parole noi domandiamo ancora di essere difesi contro i mali del corpo, le malattie, ecc.; ma queste cose le chiediamo sotto condizione, che tale sia il beneplacito di Dio; perché i mali corporali non sono peccati. Non così è dei mali dell'anima, i quali si riducono al peccato, perché solo il peccato può nuocere e macchiare l'anima; quindi chiediamo in modo assoluto al Signore che ce ne scampi.

11. CONCLUSIONE. - 

Amen. Così sia. Questo augurio che chiude il Pater, è una breve ed infiammata orazione che domanda l'adempimento di tutto ciò che si contiene nel Pater; di modo che si può considerare come conclusione di ciascuna delle sette domande.
Si noti che nel pater non si fa specifica menzione né di ingegno, né di sanità, né di ricchezze, né di forza, né di sapienza umana, né di sposo, né di sposa, né di famiglia, né di gloria, né di altro bene qualunque o corporale o spirituale o materiale, perché tutto questo è indifferente e non si devono domandare né tutte, né alcune di queste cose se non in quanto possono giovare alla gloria di Dio, alla nostra salute, alla salute ed alla santificazione del prossimo.



Il Pater detto con fervore è un atto di tutte le virtù. 

Infatti si fa un atto di fede con quelle parole: - Padre nostro che sei nei cieli; - 
un atto di speranza, dicendo: - Venga il tuo regno; - 
un atto di amore, esclamando: - Sia santificato il tuo nome; - 
un atto di obbedienza e di umiltà, chiedendo: - Che sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra; - 
un atto di ringraziamento e di sommissione, dicendo: - Dacci oggi il nostro pane quotidianoun atto di carità fraterna, dicendo: - Perdona a noi come noi perdoniamo agli altri; - 
un atto di timor di Dio e di diffidenza di noi medesimi, supplicando: - Che non c'induca in tentazione; - 
finalmente un atto di contrizione e di detestazione del peccato, dicendo: - Liberaci dal male

- Felice pertanto colui che dice sovente, con divozione e fervore, quest'ammirabile e preziosa preghiera...


12. IL « PATER » DEL SERAFICO PADRE S. FRANCESCO D'ASSISI. - 

Ecco il pater che S. Francesco d'Assisi aveva costume di recitare in ciascun'ora del giorno: 

«Santissimo nostro Padre, nostro creatore, nostro redentore, nostro salvatore, nostro consolatore; 
che sei nei cieli, negli Angeli, nei Santi; illuminandoli affinché ti conoscano, perché, o Signore, sei luce; infiammandoli del tuo divino amore, perché tu, o Signore, sei amore; abitando in loro e riempiendoli di felicità, perché tu, o Signore, sei il bene sommo ed eterno, dal quale vengono tutti i beni, e fuori del quale non vi è sorta di vero e solido bene. 
Sia santificato il tuo nome; fatti conoscere a noi, affinché noi non ignoriamo la larghezza dei tuoi benefizi, la lunghezza delle tue promesse, l'altezza della tua maestà, la profondità dei tuoi giudizi. 
Venga il tuo regno, affinché tu regni in noi con la tua grazia, e ci faccia arrivare al tuo regno, dove si trovano la chiara visione e il perfetto amore, la beata società e l'eterno possesso di te medesimo. 
Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo, affinché ti amiamo con tutto il cuore, pensando continuamente a te; con tutta l'anima, sospirando a te con incessante desiderio; con tutto lo spirito, a te volgendo le nostre intenzioni, e cercando il tuo onore in ogni cosa; con tutte le nostre forze, applicando ogni facoltà ed energia, sì dell'anima che del corpo, all'esercizio del tuo amore; ed ancora affinché amiamo il nostro prossimo come noi medesimi, eccitandolo con tutto il nostro potere ad amarti, rallegrandoci dell'altrui bene come proprio, compatendo ai suoi mali e non offendendo nessuno. 

Dacci oggi il nostro pane quotidiano; dacci oggi dì il Signor nostro Gesù Cristo tuo Figlio, facendo sì che ricordiamo, comprendiamo, onoriamo, e l'amore che ci ha manifestato, e tutto quello che ha fatto, detto e sofferto per noi. 
Perdona a noi le nostre colpe, per tua misericordia, per l'ineffabile virtù della passione del tuo diletto Figlio, il Signor nostro Gesù Cristo, per i meriti e l'intercessione della Beata Vergine Maria e di tutti i Santi. Perdonaci come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offesi. E perché noi non perdoniamo mai abbastanza, fa', o Signore, che perdoniamo interamente, che amiamo i nostri nemici per amor tuo, e intercediamo divotamente per loro; fa' che non rendiamo a nessuno male per male, e che col tuo aiuto possiamo. essere utili a loro in ogni cosa. 
Non lasciarci soccombere alla tentazione, sia nascosta, sia patente, sia impreveduta e passeggera, sia importuna e persistente; 
ma liberaci dal male passato, presente e futuro. Così sia, secondo la tua volontà, o Signore, e come a te parrà meglio (Biblioth. Ss. Patr., t. V)

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venerdì 22 agosto 2014

IL « PATER » DEL SERAFICO PADRE S. FRANCESCO D'ASSISI.



IL « PATER » DEL SERAFICO PADRE SAN FRANCESCO D'ASSISI. - 

Ecco il "pater" che San Francesco d'Assisi aveva costume di recitare in ciascun'ora del giorno: 

<<Santissimo nostro Padre, nostro creatore, nostro redentore, nostro salvatore, nostro consolatore; 

che sei nei cieli, negli Angeli, nei Santi; illuminandoli affinché ti conoscano, perché, o Signore, sei luce; infiammandoli del tuo divino amore, perché tu, o Signore, sei amore; abitando in loro e riempiendoli di felicità, perché tu, o Signore, sei il bene sommo ed eterno, dal quale vengono tutti i beni, e fuori del quale non vi è sorta di vero e solido bene. 

Sia santificato il tuo nome; fatti conoscere a noi, affinché noi non ignoriamo la larghezza dei tuoi benefizi, la lunghezza delle tue promesse, l'altezza della tua maestà, la profondità dei tuoi giudizi. 

Venga il tuo regno, affinché tu regni in noi con la tua grazia, e ci faccia arrivare al tuo regno, dove si trovano la chiara visione e il perfetto amore, la beata società e l'eterno possesso di te medesimo. 

Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo, affinché ti amiamo con tutto il cuore, pensando continuamente a te; con tutta l'anima, sospirando a te con incessante desiderio; con tutto lo spirito, a te volgendo le nostre intenzioni, e cercando il tuo onore in ogni cosa; con tutte le nostre forze, applicando ogni facoltà ed energia, sì dell'anima che del corpo, all'esercizio del tuo amore; ed ancora affinché amiamo il nostro prossimo come noi medesimi, eccitandolo con tutto il nostro potere ad amarti, rallegrandoci dell'altrui bene come proprio, compatendo ai suoi mali e non offendendo nessuno. 

Dacci oggi il nostro pane quotidiano; dacci oggi dì il Signor nostro Gesù Cristo tuo Figlio, facendo sì che ricordiamo, comprendiamo, onoriamo, e l'amore che ci ha manifestato, e tutto quello che ha fatto, detto e sofferto per noi. 

Perdona a noi le nostre colpe, per tua misericordia, per l'ineffabile virtù della passione del tuo diletto Figlio, il Signor nostro Gesù Cristo, per i meriti e l'intercessione della Beata Vergine Maria e di tutti i Santi. Perdonaci come noi perdoniamo a quelli che ci hanno offesi. E perché noi non perdoniamo mai abbastanza, fa', o Signore, che perdoniamo interamente, che amiamo i nostri nemici per amor tuo, e intercediamo devotamente per loro; fa' che non rendiamo a nessuno male per male, e che col tuo aiuto possiamo. essere utili a loro in ogni cosa. 

Non lasciarci soccombere alla tentazione, sia nascosta, sia patente, sia impreveduta e passeggera, sia importuna e persistente; 

ma liberaci dal male passato, presente e futuro. Così sia, secondo la tua volontà, o Signore, e come a te parrà meglio>> (Biblioth. Ss. Patr., t. V)



venerdì 6 dicembre 2013

La pià bella preghiera: il "Pater noster". - 7 -


IL PATER NOSTER RECITATO DA MARIA

II Pater Noster è la più bella preghiera mai recitata nel mondo, la più completa nelle sue richieste, la più perfetta nella sua forma, la più ordinata nella sua disposizione, la più volentieri ascoltata dal Padre celeste, la più facilmente esaudita da lui, perché è la preghiera formulata e recitata la prima volta da Colui che era un maestro della preghiera, un tecnico nel senso più alto della parola, Gesù Cristo.

Il Pater Noster, eco delle lunghe ore di preghiera passate nella notte sepolta nella solitudine, non preghiera formulata a tavolino, artefatta, retorica, convenzionale, vuota, fatta di sole parole: una preghiera viva e vivificante. Nessuna preghiera composta da uomini, anche mistici altissimi, la potrà mai eguagliare.
Fu recitata da Maria? Certamente.


Maria amava il Pater Noster perché amava il Padre celeste. Essa si sentiva di Lui la figlia più amata e prediletta. 
Tra le petizioni del Pater Noster, prese ad una ad una, e le intenzioni e gli ideali di Maria, c'era la corrispondenza e la risonanza più piena. 
E, in secondo luogo, il Pater Noster era la preghiera formulata dalle labbra e dal cuore di Gesù. Era il ricordo di Gesù, quasi il suo motto, la sua eredità. 

Il colloquio materno col Padre non poteva trovare accesso migliore che tramite le parole stesse di Gesù. Gesù metteva sulle labbra della Madre le parole da indirizzare al Padre.


Come recitava Maria il Pater Noster?

Non sola. Nel ripetere la preghiera più profondamente comunitaria che esista la Vergine si sentiva spiritualmente unita, nella prima parte, col Figlio Gesù; nella seconda parte con gli uomini, con noi, suoi figli spirituali.

Essa, in plenitudine di intenzioni e di voti, pregava col Figlio:
- che il nome del Padre fosse sempre glorificato e amato da tutte le sue creature come riconoscimento pubblico e gratitudine dei suoi molti benefici quale creatore, conservatore, guida e provvidenza di tutto l'universo;
- che il regno di Dio si affermasse sempre più nel mondo col trionfo della verità, riflesso della divinità, fugando tutte le forme di errore e di menzogna che ottenebrano il mondo; col trionfo della pace in un mondo dilaniato dalla guerra e da tutte le sue conseguenze; col trionfo dell'amore in un mondo affogato e soffocato dall'odio e diventato, da Eden sereno, una giungla di belve feroci;
- che la sua santa volontà, sorgente di ordine, di armonia sociale, di progresso vero, di pace, sia veramente fatta sulla terra come è fatta, senza tregua e senza eccezione, nel ciclo.



Ella in plenitudine di amore materno e di misericordia prega con noi e per noi:

- che non manchi mai il pane quotidiano per i corpi, come non deve mancare il pane soprasostanziale per le anime;

- che da ciascuno dei suoi figli sia allontanata per sempre, definitivamente, la realtà del peccato: la sciagura dell'inimicizia di Dio, della privazione dell'amore, della privazione della vita soprannaturale, della morte dell'anima; perché il vero male è tutto là, in questo « debito » formidabile con Dio, in questo vuoto che deve assolutamente essere colmato, anche a costodi cedere i vuoti e i debiti che altri possa avere con noi;

- che il tentatore e il maligno sia sempre scornato e sconfitto nelle sue offensive, e i suoi figli possano sempre essere liberi e vittoriosi su di lui. Maria si sente investita del dovere e del potere di schiacciare ancora una volta la testa del serpente per preservare i suoi figli dall'estrema rovina.

E Maria sa che la sua preghiera sarà sempre esaudita.
Amen.

"Totus tuus ego sum, et omnia mea tua sunt. 
 Accipio Te in mea omnia, 
praebe mihi Cor tuum, o Maria"