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mercoledì 3 giugno 2015

Irlanda – la responsabilità di un’apostasia

Irlanda – la responsabilità di un’apostasia

matrimonio omosessuale
(di Roberto de Mattei) Nel suo capolavoroL’anima di ogni apostolato, dom Jean-Baptiste Chautard (1858-1935), abate trappista di Sept-Fons, enuncia questa massima: «A sacerdote santo corrisponde un popolo fervente; a sacerdote fervente un popolo pio; a sacerdote pio un popolo onesto; a sacerdote onesto un popolo empio» (L’anima di ogni apostolato, Edizioni Paoline, Roma 1967, p. 64) . Se è vero che c’è sempre un grado di vita spirituale in meno tra il clero e il popolo cattolico, dopo il voto di Dublino dello scorso del 22 maggio, si dovrebbe aggiungere: «A sacerdote empiocorrisponde popolo apostata».

L’Irlanda è infatti il primo paese in cui il riconoscimento legale dell’unione omosessuale è stato introdotto non dall’alto, ma dal basso, per via di referendum popolare; ma l’Irlanda è anche uno dei Paesi di più antica e radicata tradizione cattolica, dove è ancora relativamente forte l’influenza del clero su una parte della popolazione.
Non è una novità che il “sì” alle nozze gay fosse appoggiato da tutti i partiti, di destra, di centro e di sinistra; non stupisce che tutti i media abbiano sostenuto la campagna LGTB, né che vi sia stato un massiccio intervento finanziario straniero a favore di questa campagna; è scontato il fatto che, avendo votato il 60 % della popolazione, solo il 37,5 % dei cittadini abbiano espresso il loro sì e che il governo abbia mischiato abilmente le carte, introducendo nel gennaio 2015 una legge che consente l’adozione omosessuale, prima del riconoscimento dello pseudo-matrimonio gay. Ciò che desta il maggiore scandalo sono i silenzi, le omissioni e le complicità dei sacerdoti e vescovi irlandesi nel corso della campagna elettorale.
Un esempio basti per tutti. Prima delle elezioni, l’arcivescovo di Dublino Diamund Martin ha dichiarato che egli avrebbe votato contro il matrimonio omosessuale ma non avrebbe detto ai cattolici come votare (LifeSiteNews.com, 21 maggio). Dopo il voto ha dichiarato alla televisione nazionale irlandese che «non si può negare l’evidenza» e che la Chiesa in Irlanda «deve fare i conti con la realtà». Quanto è accaduto ha aggiunto mons. Martin, «non è soltanto l’esito di una campagna per il sì o per il no, ma attesta un fenomeno molto più profondo», per cui «è necessario anche rivedere la pastorale giovanile: il referendum è stato vinto con il voto dei giovani e il 90 per cento dei giovani che hanno votato sì ha frequentato scuole cattoliche» (www.corriere.it/esteri/. 15_maggio).
Questa posizione riflette, in generale e tranne poche eccezioni, quella del clero irlandese, che ha adottato la linea che in Italia auspica il segretario generale della CEI mons. Nunzio Galantino: evitare ad ogni costo polemiche e scontri: «non si tratta di fare a chi grida di più, i “pasdaran” delle due parti si escludono da sé» (“Corriere della Sera”, 24 maggio). Il che significa, accantoniamo la predicazione del Vangelo e dei valori della fede e della Tradizione cattolica, per cercare un punto di incontro e di compromesso con gli avversari.
Eppure il 19 marzo 2010, nella sua Lettera ai cattolici di Irlanda, Benedetto XVI aveva invitato il clero e il popolo irlandese a ritornare «agli ideali di santità, di carità e di sapienza trascendente», «che nel passato resero grande l’Europa e che ancora oggi possono rifondarla» (n. 3) e a «trarre ispirazione dalle ricchezze di una grande tradizione religiosa e culturale» (n. 12), che non è tramontata, anche se ad essa si è opposto «un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici» (n.4).
Nella Lettera ai cattolici di Irlanda, Benedetto XVI afferma che negli anni Sessanta, fu «determinante» «la tendenza da parte di sacerdoti e di religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo». Questa tendenza è la medesima che riscontriamo oggi. Essa è stata la causa di un processo di degradazione morale che dagli anni del Concilio Vaticano II ha travolto come una valanga costumi e istituzioni cattoliche. Se oggi gli irlandesi, pur restando in maggioranza cattolici, abbandonano la fede, la ragione non è solo la perdita di prestigio e di consensi della Chiesa in seguito agli scandali sugli abusi sessuali.
La vera causa è la resa culturale e morale al mondo da parte dei loro pastori, che accettano questa degradazione come un’evidenza sociologica, senza porsi il problema delle proprie responsabilità. In questo senso il loro comportamento è stato empio, privo di pietà, offensivo nei confronti della religione, anche se non formalmente eretico. Ma ogni cattolico che ha votato sì, e dunque la maggioranza dei cattolici irlandesi che si sono recati alle urne, si è macchiata di apostasia. L’apostasia di un popolo la cui costituzione si apre ancora con un’invocazione alla Santissima Trinità.
L’apostasia è un peccato più grave dell’empietà, perché comporta un esplicito rinnegamento della fede e della morale cattolica, ma la responsabilità più pesante per questo peccato pubblico risiede nei pastori che con il loro comportamento l’hanno incoraggiato o tollerato. Le conseguenze del referendum irlandese saranno ora devastanti. 
Quarantotto ore dopo il voto si sono riuniti a Roma, sotto la guida del cardinale Reinhard Marx, i principali esponenti delle conferenze episcopali tedesca, svizzera e francese per pianificare la loro azione in vista del prossimo Sinodo. Secondo il giornalista presente ai lavori, «matrimonio e divorzio», «sessualità come espressione dell’amore» sono i temi di cui si è discusso (“La Repubblica”, 26 maggio 2015).
La linea è quella tracciata dal cardinale Kasper: la secolarizzazione è un processo irreversibile al quale bisogna adattare la realtà pastorale. E per l’arcivescovo Bruno Forte, lo stesso che nello scorso Sinodo chiedeva «la codificazione dei diritti omosessuali», e che è stato confermato dal Papa segretario speciale del Sinodo sulla famiglia, «si tratta di un processo culturale di secolarizzazione spinta nel quale l’Europa è pienamente coinvolta» (“Corriere della sera”, 25 maggio 2015).
C’è una questione finale che non si può eludere: il silenzio sepolcrale sull’Irlanda di  FP. Durante la messa per l’apertura dell’Assemblea Caritas, il 12 maggio scorso, il Papa ha tuonato contro «i potenti della terra», ricordando loro che «Dio li chiamerà a giudizio un giorno, e si manifesterà se davvero hanno cercato di provvedere il cibo per Lui in ogni persona e se hanno operato perché l’ambiente non sia distrutto, ma possa produrre questo cibo».
Il 21 novembre 2014, commentando il brano del Vangelo in cui Gesù caccia i mercanti dal Tempio, il Papa lanciò il suo anatema, contro una Chiesa che pensa solo a fare affari e che fa «peccato di scandalo». Francesco inveisce spesso contro la corruzione, il traffico di armi e di schiavi, la vanità del potere e del denaro. Riferendosi l’11 giugno 2014 ai politici corrotti, a coloro che sfruttano il «lavoro schiavo», e ai «mercanti di morte», il Papa ammonì «che il timore di Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio». Il «timore di Dio» apre il cuore degli uomini «alla bontà, alla misericordia, alle carezza» di Dio, ma «è anche un allarme di fronte alla pertinacia nel peccato».
Ma l’iscrizione nelle leggi del vizio contro natura, non è incomparabilmente più grave dei peccati che così frequentemente ricorda il Papa? Perché nei giorni precedenti al voto il Santo Padre non ha lanciato un appello vigoroso e accorato agli irlandesi ricordando loro che la violazione della legge divina e naturale è un peccato sociale di cui il popolo e i suoi pastori dovranno un giorno rendere conto a Dio? Con questo silenzio, non si è fatto anch’egli complice di questo scandalo? (Roberto de Mattei)

domenica 22 giugno 2014

Omelia al Santuario di Knock (Irlanda)



Giovanni Paolo II, 1979 - Insegnamenti - Omelia al Santuario di Knock (Irlanda)

Omelia al Santuario di Knock (Irlanda)


Titolo: Qui raggiungo lo scopo del mio viaggio in Irlanda

Testo: Cari fratelli e sorelle in Cristo, figli fedeli e figlie di Maria.

1. Qui raggiungo lo scopo del mio viaggio in Irlanda: il santuario di Nostra Signora di Knock. Dal momento in cui ho saputo del centenario di questo Santuario, che si va celebrando in quest'anno, ho sentito un forte desiderio di venire qui, il desiderio di compiere ancora un altro pellegrinaggio al Santuario della Madre di Cristo, la Madre della Chiesa, la Regina della Pace. Non vi sorprenda questo mio desiderio. Cominciando dalla mia prima gioventù e nel mio Paese, è stato per me una pratica il fare pellegrinaggi ai santuari della Madonna. Ne ho compiuti anche mentre ero vescovo e cardinale. So molto bene che ogni popolo, ogni Paese, e anche ogni diocesi, ha i suoi luoghi santi in cui il cuore di tutto il popolo di Dio batte, si potrebbe dire, in modo più vivo: luoghi di un incontro speciale fra Dio e gli esseri umani; luoghi in cui Cristo abita in maniera speciale in mezzo a noi. Se questi luoghi sono tanto spesso consacrati a sua Madre, questo ci rivela in forma più completa la natura della sua Chiesa. Fin dal Concilio Vaticano II, che concluse la sua costituzione sulla Chiesa con il capitolo su "La Beata Vergine Maria, Madre di Dio, nel Mistero di Cristo e della Chiesa", questo fatto è oggi per noi più evidente che mai: si, per tutti noi, per tutti i cristiani. Non proclamiamo con tutti i nostri fratelli, anche con quelli con i quali non siamo ancora uniti in piena unità, che siamo un popolo pellegrino? Come una volta questo popolo pellegrino sotto la guida di Mosè così noi, il popolo di Dio della nuova alleanza, stiamo camminando come pellegrini sotto la guida di Cristo.

Sono qui come un pellegrino, un segno della Chiesa pellegrinante attraverso il mondo e partecipante, mediante la mia presenza come successore di Pietro, in un modo del tutto speciale alla celebrazione centenaria di questo Santuario. La liturgia della parola della Messa di oggi mi offre il modo di dare il mio saluto di pellegrino a Maria, mentre mi accosto avanti a lei nel Santuario mariano dell'Irlanda a Cnoc Mhuire, la collina di Maria.


2. "Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno" (Lc 1,42).

Queste sono le parole con cui Elisabetta, ripiena di Spirito Santo, saluto Maria, sua parente di Nazaret.

"Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno"! Questo è anche il mio saluto alla Muire Mathair Dé, Maria la Madre di Dio, Regina d'Irlanda, in questo Santuario di Knock. Con queste parole, io voglio esprimere l'immensa gioia e gratitudine che riempie oggi il mio cuore in questo posto. Non avrei potuto desiderare di fare altrimenti. I momenti più alti dei miei recenti viaggi pastorali sono stati le visite ai Santuari di Maria: alla Madonna di Guadalupe nel Messico, alla Madonna Nera di Jasna Gora nella mia patria e, tre settimane fa, alla Madonna di Loreto in Italia. Oggi vengo qui perché voglio che voi tutti sappiate che la mia devozione a Maria lega me al popolo d'Irlanda in maniera specialissima.


3. La vostra è un'antica tradizione spirituale di devozione alla Madonna. Maria può veramente dire dell'Irlanda quanto abbiamo appena sentito nella prima lettura: "Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso" (Si 24,12). La venerazione a Maria è così profondamente intessuta nella vostra fede che le sue origini si perdono nei primi secoli dell'evangelizzazione del vostro Paese. Mi è stato detto che nel gergo irlandese, i nomi di Dio, di Gesù e di Maria sono legati l'uno all'altro, e che raramente nella preghiera o nella benedizione si nomina il nome di Dio senza menzionare anche il nome di Maria. So pure che avete una poesia irlandese dell'VIII secolo che chiama Maria "Sole della nostra stirpe", e che una litania dello stesso periodo la onora come "Madre della Chiesa celeste e terrestre". Ma meglio di qualsiasi espressione letteraria è la costante e radicata devozione a Maria che giustifica il successo dell'evangelizzazione di san Patrizio, che vi porto la fede cattolica in tutta la sua pienezza.

E' conveniente allora, e questo mi dà grande felicità nel constatarlo, che il popolo irlandese mantenga questa devozione tradizionale alla Madre di Dio nelle sue famiglie e parrocchie, e in maniera particolare a questo Santuario di Cnoc Mhuire. Per un secolo intero voi avete santificato questo luogo di pellegrinaggio con le vostre preghiere, i vostri sacrifici, la vostra penitenza.

Tutti quelli che sono venuti qui hanno ricevuto la benedizione per mezzo dell'intercessione di Maria. Da quel giorno di grazia, il 21 agosto del 1879, fino a oggi gli ammalati e i sofferenti, gli handicappati nel corpo e nella mente, i turbati nella loro fede o nelle loro coscienze, tutti sono stati guariti, confortati e confermati nella loro fede perché hanno avuto fiducia che la Madre di Dio li avrebbe condotti al suo figlio Gesù. Ogni volta che un pellegrino viene in questo luogo che una volta era un oscuro villaggio paludoso nella Contea di Mayo, ogni volta che un uomo, una donna o un bambino s'incontra nella vecchia chiesa dell'apparizione o nel nuovo Santuario di Maria Regina d'Irlanda, è per rinnovare la sua fede nella salvezza che viene per mezzo di Gesù, il quale trasformo tutti noi in figli di Dio ed eredi del regno dei cieli.

Avendo fiducia in Maria, voi ricevete Cristo. In Maria "il Verbo si fece carne"; in lei il Figlio di Dio divenne uomo, così che tutti noi potessimo conoscere quanto è grande la nostra dignità umana. Stando in questo luogo consacrato, noi guardiamo in alto alla Madre di Dio e diciamo: "Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo seno".

Il tempo presente è un momento importante nella storia della Chiesa universale e, in particolare, della Chiesa in Irlanda. Tante cose sono cambiate.

Tanti nuovi e validi significati sono stati trovati in quello che si esprime nell'essere cristiani. Tanti nuovi problemi debbono essere affrontati dai fedeli, sia per il cresciuto ritmo di cambiamento nella società, sia per le nuove esigenze richieste al popolo di Dio, esigenze di vivere al massimo la missione dell'evangelizzazione. Il Concilio Vaticano II e il Sinodo dei Vescovi hanno portato una nuova vitalità pastorale in tutta la Chiesa. Il mio venerato predecessore Paolo VI formulò sagge direttive per il rinnovamento e offrì a tutto il popolo di Dio ispirazione ed entusiasmo per questo compito. 



In ogni cosa che egli disse e fece, Paolo VI insegnò alla Chiesa di essere aperta a ogni bisogno dell'umanità e nello stesso tempo di essere fedele senza debolezze al messaggio inalterabile di Cristo. Leale all'insegnamento del Collegio dei vescovi insieme con il Papa, la Chiesa d'Irlanda ha accettato con gratitudine le ricchezze del Concilio e dei Sinodi. Il cattolico popolo irlandese ha aderito fedelmente, alcune volte nonostante le pressioni contrarie, alle ricche espressioni di fede, alle ferventi pratiche sacramentali e alla dedizione alla carità, che sono state sempre un'impronta particolare della vostra Chiesa. Ma il compito del rinnovamento in Cristo non finisce mai. Ogni generazione, con la sua mentalità e caratteristiche proprie, è come un nuovo continente da conquistare a Cristo. 
La Chiesa deve costantemente cercare nuove strade che la rendano capace di capire più profondamente e portare avanti con rinnovato vigore la missione ricevuta dal suo Fondatore. In questo arduo compito, come tante altre volte in altri tempi quando la Chiesa si trovava davanti a una nuova sfida, noi ci rivolgiamo a Maria, la Madre di Dio e la Sede della Sapienza, avendo fiducia che lei ci indicherà la via verso il suo Figlio. 

Un'antichissima omelia irlandese per la festa dell'Epifania (dal "Leabhar Breac") dice che come i Magi trovarono Gesù sulle ginocchia di sua Madre, così noi oggi troviamo Cristo sulle ginocchia della Chiesa.


4. Maria fu veramente unita a Gesù. I Vangeli non ci hanno conservato molte delle sue parole, ma quelle che sono state ricordate ci riportano di nuovo a suo Figlio e alle parole di lui. A Cana di Galilea, ella tornando dal Figlio verso i servi disse: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5). Lo stesso messaggio ella rivolge a noi oggi.


5. "Fate quello che vi dirà". Ciò che Gesù ci dice - con la sua vita e con la sua parola - ci è stato conservato nei Vangeli, e nelle lettere degli Apostoli e di san Paolo, e ci è stato trasmesso dalla Chiesa. Dobbiamo renderci familiari con queste parole. E lo facciamo ascoltando le letture della Sacra Scrittura nella liturgia della parola che ci introduce al Sacrificio eucaristico; leggendo le Scritture da noi stessi; nella famiglia, o insieme con gli amici, riflettendo su quanto il Signore ci dice quando recitiamo il Rosario e uniamo la nostra devozione alla Madre di Dio con la preghiera meditata dei misteri della vita di suo Figlio.

Ogni volta che abbiamo problemi, che ci sentiamo appesantiti, che dobbiamo fare scelte imposteci dalla fede, la parola del Signore ci conforterà e ci guiderà.

Cristo non ha abbandonato i suoi seguaci senza guida nel compito di capire e vivere il Vangelo. Prima di ritornare al Padre, promise di inviare il suo Santo Spirito alla Chiesa: "Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (Jn 14,26).

Questo stesso Spirito guida i successori degli Apostoli, i vostri Vescovi, uniti con il Vescovo di Roma, al quale fu affidato il compito di preservare la fede e di "predicare il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15).

Ascoltate le loro voci, perché esse vi portano la Parola del Signore.


6. "Fate tutto quello che vi dirà". Tante voci differenti assalgono il cristiano nel mondo di oggi così meraviglioso e così esigente. Tante false voci si ascoltano che sono in conflitto con la parola del Signore. Sono le voci che vi suggeriscono che la verità è meno importante del profitto personale; che il benessere, la salute e il piacere sono i veri scopi della vita; che il rifiuto di una nuova vita è migliore della generosità di spirito e della responsabilità dell'accoglienza; che la giustizia deve essere ottenuta ma senza un impegno personale del cristiano; che la violenza può essere un mezzo per ottenere un buon fine; che l'unità può essere costruita senza abbandonare l'odio.

E ora torniamo da Cana di Galilea al Santuario di Knock. Non sentiamo che la Madre di Cristo additandolo pure a noi qui e rivolgendoci le stesse parole che usò a Cana ci dice: "Fate tutto quello che vi dirà"? Ella lo sta dicendo a tutti noi. La sua voce è ascoltata più espressamente dai miei fratelli nell'Episcopato, i pastori della Chiesa in Irlanda, i quali, invitandomi qui mi hanno chiesto di rispondere a un invito che veniva dalla Madre della Chiesa. 

E così, venerabili fratelli, sto rispondendo, mentre col pensiero mi addentro nel passato del vostro Paese e mentre sento anche la forza del suo eloquente presente, così pieno di gioia, eppure, nello stesso tempo, così preoccupante e talvolta tanto doloroso. Sto rispondendo, come ho fatto a Guadalupe nel Messico e a Jasna Gora in Polonia. 

Nel mio nome e a favore di voi e nel nome di tutto il cattolico popolo d'Irlanda, pronuncio, alla fine di questa omelia, le seguenti parole di fiducia e di consacrazione: 
"Madre, in questo santuario tu accogli il popolo di Dio di tutta l'Irlanda e costantemente additi ad esso Cristo nell'Eucaristia e nella Chiesa. In questo momento solenne noi ascoltiamo con particolare attenzione le tue parole: "Fate tutto quello che il mio Figlio vi dirà". E noi desideriamo rispondere alle tue parole con tutto il cuore. Noi desideriamo fare quanto il tuo Figlio ci dice, quanto ci comanda, poiché egli ha parole di vita eterna. Noi desideriamo compiere e adempiere tutto ciò che viene da lui, tutto ciò che è contenuto nella Buona Novella, così come i nostri antenati fecero per molti secoli. La loro fedeltà a Cristo e alla sua Chiesa e il loro eroico attaccamento alla Sede Apostolica, hanno in certo modo impresso in noi tutti un segno indelebile presente in tutti noi.

Questa fedeltà, lungo i secoli, ha fatto maturare frutti di eroismo cristiano e di virtuose tradizioni di vita in consonanza con la legge di Dio, specialmente in consonanza col più santo comandamento del Vangelo, quello dell'amore. Abbiamo ricevuto questa splendida eredità dalle loro mani agli inizi d'un'epoca nuova, poiché ci avviciniamo al compimento del secondo millennio da quando il Figlio di Dio fu generato da te, nostra "alma Mater", e noi intendiamo trasmettere questa eredità al futuro con la medesima fedeltà con la quale i nostri antichi padri resero ad essa testimonianza.

Oggi, perciò, in occasione della prima visita di un Papa in Irlanda, noi affidiamo e consacriamo a te, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, i nostri cuori, le nostre coscienze, i nostri lavori, affinché possano aiutarci a mantenere la fede che professiamo. Affidiamo e consacriamo a te tutti coloro che formano la comunità del popolo irlandese e la comunità del Popolo di Dio che vive in questo Paese. Noi affidiamo e consacriamo a te i vescovi dell'Irlanda, il clero, i religiosi e le religiose, i contemplativi monaci e suore, i seminaristi, i novizi.

Affidiamo e consacriamo a te i padri e le madri, i giovani, i ragazzi. Affidiamo e consacriamo a te gli insegnanti, i catechisti, gli studenti, gli scrittori, i poeti, gli autori, gli artisti, i lavoratori e i loro capi, gli impiegati e i dirigenti, i professionisti, quelli che sono impegnati in politica e nella vita pubblica, coloro che formano la pubblica opinione. Affidiamo e consacriamo a te gli sposi e quelli che si preparano al matrimonio, quelli che sono chiamati a servire te e il prossimo nel celibato, gli infermi, gli anziani, i malati di mente, gli handicappati e tutti coloro che li assistono e si prendono cura di loro. Affidiamo e consacriamo a te i prigionieri e quanti si sentono reietti, gli esiliati, quanti sentono la lontananza della casa, e coloro che sono soli.

Affidiamo alla tua cura materna la terra d'Irlanda, dove sei stata e sei tanto amata. Aiuta questa terra a stare, sinceramente, sempre con te e col Figlio tuo. La prosperità non induca mai gli uomini e le donne d'Irlanda a dimenticare Dio o abbandonare la loro fede. Mantienili nella prosperità fedeli alla fede che non avrebbero mai abbandonato nella povertà e nella persecuzione. Tienili lontani dalla cupidigia, dall'invidia, dalla ricerca di interesse egoistico o particolaristico. Aiutali a lavorare insieme con un senso di ideale cristiano e per una comune meta cristiana, costruire cioè una società giusta, pacifica e fondata sull'amore, in cui i poveri non sono mai trascurati e i diritti di tutti, specialmente dei deboli, vengano rispettati. Regina dell'Irlanda, Maria madre della Chiesa celeste e terrestre, Mathair Dé, conserva l'Irlanda fedele alla sua tradizione spirituale e alla sua eredità cristiana. Aiutala a rispondere alla sua missione storica di portare la luce di Cristo alle nazioni e così, lavorando alla gloria di Dio, essere l'onore dell'Irlanda.

O Madre, possiamo rimanere silenziosi su ciò che troviamo di più penoso, che ci lascia molte volte tanto scoraggiati? In modo particolare affidiamo a te questa grande ferita che ora affligge il nostro popolo, nella speranza che le tue mani siano capaci di curarla e guarirla. Siamo tutti interessati a quelle giovani anime che sono state coinvolte in atti sanguinosi di vendetta e di odio. Madre, non abbandonare questi giovani cuori. Madre, sta' con loro nelle loro ore più oscure, quando non possiamo né consigliarli né assisterli. Madre, proteggi noi tutti e specialmente la gioventù irlandese dall'essere travolti dall'inimicizia e dall'odio. Insegnaci a distinguere chiaramente ciò che procede dall'amore per il nostro Paese da ciò che porta l'impronta della distruzione e il marchio di Caino.

Facci comprendere che i mezzi cattivi non possono mai portare a buon fine, che ogni vita umana è sacra, che l'assassinio è assassinio, poco importa quale ne sia il motivo o il fine. Salva gli altri, quelli che assistono a questi terribili avvenimenti, da un altro pericolo: quello di vivere una vita priva di ideali cristiani o in conflitto coi principi di moralità.

Possano le nostre orecchie ascoltare con tutta chiarezza la tua voce materna: "Fate tutto quello che il mio Figlio vi dirà". Aiutaci a perseverare con Cristo; aiutaci, o Madre della Chiesa, anche a costruire il suo Corpo Mistico, vivendo quella vita che egli solo può concederci dalla sua pienezza, e che è insieme divina e umana".

Data: 1979-09-30


CUORE IMMACOLATO DI MARIA
TU
la fiducia, la salvezza, la vittoria
e la gioia mia!
Dacci il Tuo Cuore Mamma
per amare Gesù come L'ami Tu!"

AMDG et BVM