Visualizzazione post con etichetta Il Sacerdozio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Il Sacerdozio. Mostra tutti i post

giovedì 19 dicembre 2013

IDENTIKIT DEL SACERDOTE ALL’ANTICA. (Un consiglio da amico: legga fino in fondo).


IDENTIKIT DEL SACERDOTE ALL’ANTICA

Gesù ci presenta il Sacerdote all’antica.


(P*17.06.02) “Il Sacerdote ha un compito molto importante nella Chiesa, deve perciò stare attento a quali sono gli obblighi nei confronti del loro Dio. La Chiesa tutta ne trae beneficio quando ogni atto, ogni cosa viene fatta con vera fede, una fede genuina, una fede basata sull’insegnamento del Cristo, del Cristo Risorto”.

A volte mi viene chiesto: “Dove posso trovare un bravo Sacerdote?”. Ecco alcune indicazioni per scoprirlo presto.
E’ un Sacerdote all’antica se ha la corona del Rosario in mano ed è innamorato della Madonna, sta molto tempo con Gesù Eucaristia, e il Confessionale è la sua seconda casa, perché è sempre pronto ad ascoltare le confessioni: questo è un vero “figlio prediletto” del Padre e della Mamma Santissima, perché Lei chiama così ogni Sacerdote.

Il Sacerdote all’antica è secondo il Cuore di Gesù. 
Suo impegno è di ‘rivestirsi’ di Cristo’ e di ‘avere i suoi sentimenti’ (Fil.2, 5), perché sia Cristo a vivere in lui (Gal.2, 20). Come Cristo, porta in sé una grande ‘sete’ (Gv 19, 28) per la salvezza delle anime. Per esse dona il suo tempo e la sua vita come il Buon Pastore (Gv 10, 15).

Il Sacerdote all’antica è secondo il Cuore di Maria

Egli si è Consacrato al Cuore Immacolato di Maria e ha preso la Mamma Santissima “con sé”come Giovanni (Gv 19, 27). Consacratosi a Maria, Lei stessa penserà a tutto per lui e guiderà tutta la sua pastorale con frutti copiosi.

L’immagine della Regina troneggia nella sua Chiesa, ‘come’ in Cielo. Fiori e lumini dicono l’amore del Sacerdote e delle anime verso di Lei. Le sue feste vengono celebrate con Amore e Solennità: è proprio gioia della famiglia della terra , con quella del Cielo. Passando davanti “alla sua immagine” non manca mai l’inchino, è convinto che Lei è lì ‘viva’.

Il Rosario è l’arma che porta sempre con sé, perché sa che vale più del suo portafoglio e recita la corona tutti i giorni. Non manca di recitarlo con i suoi fedeli davanti a Gesù Eucaristia. È un innamorato della Mamma Santissima e vive tutto donato a Lei come il Papa: Totus Tuus! (Tutto tuo!). I fedeli li ha abituati al Rosario in famiglia tutti i giorni, come richiesto dalla Madonna a Fatima.


La Confessione 
La Mamma desidera che il Sacerdote sia sempre più puro, e così lo ‘invita’ spesso ai piedi della Croce, dove con la Confessione frequente lo fa risplendere col Sangue di Cristo! Lei a Lourdes aveva detto: “Va a lavarti alla fonte!”. Così guarito, lo fa “medico”, pronto a guarire le anime. Con lui nessuno dei fedeli rimane senza Confessione.


Invita i fedeli alla confessione frequente. 
Parla del peccato mortale che porta all’inferno e per questo insiste che occorre confessarsi spesso per essere sempre in Grazia di Dio. Farà di tutto, anche con dei richiami, perché nessuno faccia la Comunione in peccato grave, perchè non abbiano a compiere un sacrilegio!

Si fa obbligo di essere a disposizione per le Confessioni: assetato di anime, non vuole perdere nessuno.
La fila di fedeli presso il suo ‘confessionale’ si allunga, perché vengono anche le “pecore” di altri Sacerdoti che non aiutano i loro fedeli, perché purtroppo, essi non credono al demonio e alla sua azione malefica.
Combatte il Nemico per difendere i suoi fedeli

Mette in guardia i fedeli dall’azione malvagia del demonio che, come dice la Liturgia Battesimale, è “origine e causa di ogni peccato”. Smaschera la sua azione diabolica, fa conoscere i suoi tranelli, mette in guardia dalle tentazioni. Dona loro una difesa immunitaria a tutta prova, mettendo nelle loro mani: il Rosario - la Confessione (il più potente Esorcismo) - la Comunione (che “abbatte il Nemico”) - la Parola di Dio - la Preghiera - la Penitenza e la Mortificazione. 

I Sacramentali sono altri mezzi spirituali che dona a loro: Benedice con Esorcismo l’olio, l’acqua, il sale. Li distribuisce ai fedeli, e insegna a loro ad usarli con fede.

Con il “Sigillo nel Sangue di Gesù”, dona loro una potente difesa.
È Gesù stesso che ci invita a farlo (P*31.08.02): “Ungetevi, benedite, sigillatevi. Sigillate ogni cosa che vi serve per lavorare e così scaccerete il malefico, nemico mio da sempre”.

Insegna a portare addosso oggetti religiosi benedetti per difendersi dal demonio, come ha insegnato Gesù (P*10.06.01): “Abbiate con voi sempre qualcosa di Benedetto e di Esorcizzato, premunitevi per non avere attacchi forti, già vi parlai che saranno tempi brutti”.

Prega per liberare dal demonio. Ha imparato da Gesù che il primo atto d’amore è quello di liberare i fratelli dal nemico perché Lui, Gesù, è venuto a “guarire tutti quelli che il demonio tiene sotto il suo potere” (At 10, 38). Lui obbedisce al comando del Signore: “Cacciate i demoni” (Mt 10, 8). Accoglie questi sofferenti “disturbati” che portano una pesante croce, che Satana infligge loro.

Li Benedice e impone loro le mani invocando lo Spirito Santo, offrendo ai bisognosi la preghiera di liberazione, consapevole di avere le mani Consacrate e di avere tutti i poteri di Gesù.
Il Sacerdote all’antica è orgoglioso di fare con i suoi fedeli come faceva il suo Maestro (Mt 19, 13-15): “Gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse… e Gesù dopo aver imposto loro le mani se ne partì”.
Gesù dà il dono della Benedizione ai suoi Strumenti

Poiché in questo tempo molti Sacerdoti si rifiutano di “Benedire”, Gesù e Maria stanno dando questo potere ai loro Strumenti laici, Veggenti e Profeti, perché vogliono salvare i loro figli ad ogni costo.
Queste parole di Cielo, date a Margherita, lo confermano (P*06.08.01): “Benedici, benedici sempre… con il potere che ti ho dato benedirai… Imporrai le mani e guariranno, non avere dubbi, solo certezze”. E in un altro Messaggio le dice (P*04.09.01): “Nella semplicità tu devi pregare sulle persone che ti si accostano bisognose, inquiete perché disturbate… hanno tanto bisogno, tante te ne farò incontrare”. E ancora la invita ad operare (P*16.09.01): “Porta in loro la Pace e l’amore, pregando su di loro. La tua preghiera sarà la Mia Preghiera e la tua benedizione sarà la Mia Benedizione”. 
Se tutto questo può compiere uno Strumento laico, quanto di più vale per noi Sacerdoti che questo potere già lo possediamo per l’ordinazione Sacerdotale!
Il Sacerdote servo di Gesù Eucaristia e della Sua Parola.

Il Sacerdote all’antica, quando lo cerchi, lo trovi davanti a Gesù Eucaristia nella Chiesa, dove Gesù rimarrebbe solo. Ignora il “falso tabernacolo” della tv.
La Chiesa la tiene sempre aperta, altrimenti da chi andrebbero le anime per “ristorarsi”? (Mt 11, 28).
È adoratore dell’Eucaristia
Gesù, il Re dei Re è al centro del suo cuore e dell’altare, e con i suoi fedeli è sempre pronto per la solenne Adorazione, con preghiere e canti, tra ceri , fiori e incenso, come si addice a Dio. Lo stare in ginocchio davanti al Re è di obbligo per vivere la sua fede e onorare l’Onnipotente. Fare la genuflessione con un ginocchio e anche con tutti e due è esempio che dà e insegna a farlo.

Non dà la Comunione su mani non Consacrate, e se può, la fa ricevere in ginocchio.

Celebrando la S. Messa e i Sacramenti, non guarda l’orologio, ma tiene conto dell’onore da dare a Dio e al bene delle anime.

La sua predicazione “coraggiosa” e fedele, sa di Spirito Santo, perché da Lui si lascia guidare, e non sa solo di “predicabili”.

Non si lascia condizionare dal malumore e critiche di alcuni che non amano Dio; non cerca la sua “popolarità” (1Ts 2,4), ma il bene dei fedeli, anche se è certo che dovrà sopportare calunnie, accuse, e “richiami ingiustificati”. Ricorda sempre le Parole del Maestro (Lc 6,26): “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi!”

Il Vangelo lo annuncia “tutto”, non escludendo ciò che non piace ai “pagani” del nostro tempo. Parla senza paura anche del demonio, della Giustizia di Dio, dell’inferno, del peccato, della purezza, della povertà…
Egli fa come San Paolo dice a Timoteo: “Predica la parola di Dio, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, rimprovera, raccomanda e incoraggia usando la tua pazienza e tutta la capacità di insegnare” (2Tm 4, 2).

Il suo Breviario lo prega tutto, tutti i giorni e quando può coinvolge i fedeli.

La sua chiesa è solo ‘Casa di Preghiera’.
Per non macchiarsi di peccato di omissione e di profanazione, richiama chi si presenta in Chiesa con un vestire non pudico, non degno della casa del Re, del Re Eucaristico.
Corregge con forza ciò che nel Tempio è profanazione (Mc 11,17), e mancanza di rispetto a Dio, non ultimo il parlare in chiesa che, come dice Gesù, è la Sua “ Casa di preghiera” (Mt 21-13).
Per questo non usa il Tempio di Dio come “sala” per musiche, concerti, manifestazioni canore, recite o altro, dove il fatto religioso è solo un pretesto, ma non è vera Preghiera di lode e di adorazione a Dio.
Le Processioni sono glorificazione di Dio, preghiera e canto di fede e di lode.

I pellegrinaggi non sono “gite”, ma un vero andare da Gesù e da Maria in canti, preghiere, catechesi, confessioni, Messe, Comunioni…

Il Sacerdote serve e ama il suo gregge.

Gli ammalati sono nel Suo Cuore come lo erano nel Cuore di Gesù (Mt 8,16; 15,30).

Sa aprire il suo cuore ai poveri e il portafoglio ai fratelli nelle loro necessità.

Sa amare i suoi nemici, quelli che lo perseguitano, lo calunniano e lo fanno soffrire. Vive le Parole di Gesù: “Amate i vostri nemici…” e “Perdonate e sarete perdonati…(Lc 6,27; 37).
Il suo forte è l’umiltà (Mt 11,29) e per questo ama il nascondimento.

Il Sacerdote segue i nuovi profeti e i Messaggi del Cielo

Crede con discernimento della mente e del cuore, alle apparizioni, ai veri profeti di oggi e con coraggio ne divulga i Messaggi divini. Non teme di far conoscere la parola proclamata dai nuovi Profeti: come potrebbe non ascoltare e obbedire al suo Re e alla sua Madre Regina?

Annuncia la prossima venuta di Gesù nella gloria, con coraggio: vuole che tutti siano pronti e “in grazia” per riceverLo.

Prepara i suoi fedeli all’Avvertimento, invitandoli a fare la Confessione generale, perché purificati, abbiano meno da soffrire nel “Battesimo… di fuoco” annunciato da Giovanni Battista (Mt 3,11).

Porta il vestito ecclesiastico con amore e fedeltà facendo riconoscere la sua presenza in mezzo alla gente senza vergognarsi di essere servo di Gesù e di Maria.

Le cose del “mondo”, gli “affari”, li affida ai laici per essere tutto dedito a Dio e ai fratelli.

Gesù dirà ai ‘Suoi’ Sacerdoti: ‘Bentornato figlio mio’!

Cari Sacerdoti all’antica, ascoltiamo ora la voce dello Sposo (P*02.02.02): “Sono con voi e rimarrò con voi per indicarvi il giusto sentiero e quando ci incontreremo sarò a braccia aperte ad aspettarvi tutti, perché tutti voglio abbracciare e dire: “Bentornato figlio mio”!”.

domenica 20 ottobre 2013

Questo discorso tocca alcuni dei punti più importanti e delicati della teologia e della vita sacerdotale, con una limpidezza e concisione che non si sentiva da tempo. Come al solito non ci sono cose nuove (a parte l'anno sacerdotale) ma il rimettere a tema le cose di sempre, e proprio perchè "di sempre" che rischiano di passare inosservate.


Un discorso epocale del Papa Benedetto XVI sul Sacerdozio. 

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA
DELLA CONGREGAZIONE PER IL CLERO, 16.03.2009

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio

Sono lieto di potervi accogliere in speciale Udienza alla vigilia della partenza per l’Africa, ove mi recherò per consegnare l’Instrumentum laboris della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l’Africa, che si terrà qui a Roma nel prossimo ottobre. Ringrazio il Prefetto della Congregazione, il Signor Cardinale Cláudio Hummes, per le gentili espressioni con cui ha interpretato i comuni sentimenti. Con lui saluto tutti voi, Superiori, Officiali e Membri della Congregazione, con animo grato per tutto il lavoro che svolgete a servizio di un settore tanto importante della vita della Chiesa.

Il tema che avete scelto per questa Plenaria - «L’identità missionaria del presbitero nella Chiesa, quale dimensione intrinseca dell’esercizio dei tria munera» [sacerdotale, profetico e regale] - consente alcune riflessioni per il lavoro di questi giorni e per i frutti abbondanti che certamente esso porterà. Se l’intera Chiesa è missionaria e se ogni cristiano, in forza del Battesimo e della Confermazione, quasi ex officio (cfr CCC, 1305) riceve il mandato di professare pubblicamente la fede, il sacerdozio ministeriale, anche da questo punto di vista, si distingue ontologicamente, e non solo per grado, dal sacerdozio battesimale, detto anche sacerdozio comune. Del primo, infatti, è costitutivo il mandato apostolico: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15). Tale mandato non è, lo sappiamo, un semplice incarico affidato a collaboratori; le sue radici sono più profonde e vanno ricercate molto più lontano.

La dimensione missionaria del presbitero nasce dalla sua configurazione sacramentale a Cristo Capo: essa porta con sé, come conseguenza, un’adesione cordiale e totale a quella che la tradizione ecclesiale ha individuato come l’apostolica vivendi forma. Questa consiste nella partecipazione ad una "vita nuova" spiritualmente intesa, a quel "nuovo stile di vita" che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli. Per l’imposizione delle mani del Vescovo e la preghiera consacratoria della Chiesa, i candidati divengono uomini nuovi, divengono "presbiteri". In questa luce appare chiaro come i tria munera siano prima un dono e solo conseguentemente un ufficio, prima una partecipazione ad una vita, e perciò una potestas.

Certamente, la grande tradizione ecclesiale ha giustamente svincolato l’efficacia sacramentale dalla concreta situazione esistenziale del singolo sacerdote, e così le legittime attese dei fedeli sono adeguatamente salvaguardate [Il Papa fa qui riferimento all'azione ex opere operato dei sacramenti, anziché ex opere operantis, e quindi indipendente dalla personale degnità del presbitero]. Ma questa giusta precisazione dottrinale nulla toglie alla necessaria, anzi indispensabile, tensione verso la perfezione morale, che deve abitare ogni cuore autenticamente sacerdotale.

Proprio per favorire questa tensione dei sacerdoti verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del loro ministero, ho deciso di indire uno speciale "Anno Sacerdotale", che andrà dal 19 giugno prossimo fino al 19 giugno 2010. Ricorre infatti il 150° anniversario della morte del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, vero esempio di Pastore a servizio del gregge di Cristo. Sarà cura della vostra Congregazione, d’intesa con gli Ordinari diocesani e con i Superiori degli Istituti religiosi, promuovere e coordinare le varie iniziative spirituali e pastorali che appariranno utili a far percepire sempre più l’importanza del ruolo e della missione del sacerdote nella Chiesa e nella società contemporanea.

La missione del presbitero, come evidenzia il tema della plenaria, si svolge «nella Chiesa». Una tale dimensione ecclesiale, comunionale, gerarchica e dottrinale è assolutamente indispensabile ad ogni autentica missione e, sola, ne garantisce la spirituale efficacia. I quattro aspetti menzionati devono essere sempre riconosciuti come intimamente correlati: la missione è "ecclesiale" perché nessuno annuncia o porta se stesso, ma dentro ed attraverso la propria umanità ogni sacerdote deve essere ben consapevole di portare un Altro, Dio stesso, al mondo. Dio è la sola ricchezza che, in definitiva, gli uomini desiderano trovare in un sacerdote. La missione è "comunionale", perché si svolge in un’unità e comunione che solo secondariamente ha anche aspetti rilevanti di visibilità sociale. Questi, d’altra parte, derivano essenzialmente da quell’intimità divina della quale il sacerdote è chiamato ad essere esperto, per poter condurre, con umiltà e fiducia, le anime a lui affidate al medesimo incontro con il Signore. Infine le dimensioni "gerarchica" e "dottrinale" suggeriscono di ribadire l’importanza della disciplina (il termine si collega con "discepolo") ecclesiastica e della formazione dottrinale, e non solo teologica, iniziale e permanente.

La consapevolezza dei radicali cambiamenti sociali degli ultimi decenni deve muovere le migliori energie ecclesiali a curare la formazione dei candidati al ministero. In particolare, deve stimolare la costante sollecitudine dei Pastori verso i loro primi collaboratori, sia coltivando relazioni umane veramente paterne, sia preoccupandosi della loro formazione permanente, soprattutto sotto il profilo dottrinale. La missione ha le sue radici in special modo in una buona formazione, sviluppata in comunione con l’ininterrotta Tradizione ecclesiale, senza cesure né tentazioni di discontinuitàIn tal senso, è importante favorire nei sacerdoti, soprattutto nelle giovani generazioni, una corretta ricezione dei testi del Concilio Ecumenico Vaticano II, interpretati alla luce di tutto il bagaglio dottrinale della Chiesa.

Urgente appare anche il recupero di quella consapevolezza che spinge i sacerdoti ad essere presenti, identificabili e riconoscibili sia per il giudizio di fede, sia per le virtù personali sia anche per l’abito, negli ambiti della cultura e della carità, da sempre al cuore della missione della Chiesa.

Come Chiesa e come sacerdoti annunciamo Gesù di Nazaret Signore e Cristo, crocifisso e risorto, Sovrano del tempo e della storia, nella lieta certezza che tale verità coincide con le attese più profonde del cuore umano. Nel mistero dell’incarnazione del Verbo, nel fatto cioè che Dio si è fatto uomo come noi, sta sia il contenuto che il metodo dell’annuncio cristiano. La missione ha qui il suo vero centro propulsore: in Gesù Cristo, appunto. La centralità di Cristo porta con sé la giusta valorizzazione del sacerdozio ministeriale, senza il quale non ci sarebbe né l’Eucaristia, né, tanto meno, la missione e la stessa Chiesa. In tal senso è necessario vigilare affinché le "nuove strutture" od organizzazioni pastorali non siano pensate per un tempo nel quale si dovrebbe "fare a meno" del ministero ordinato, partendo da un’erronea interpretazione della giusta promozione dei laici, perché in tal caso si porrebbero i presupposti per l’ulteriore diluizione del sacerdozio ministeriale e le eventuali presunte "soluzioni" verrebbero drammaticamente a coincidere con le reali cause delle problematiche contemporanee legate al ministero.

Sono certo che in questi giorni il lavoro dell’Assemblea plenaria, sotto il protezione della Mater Ecclesiae, potrà approfondire questi brevi spunti che mi permetto di sottoporre all’attenzione dei Signori Cardinali e degli Arcivescovi e Vescovi, invocando su tutti la copiosa abbondanza dei doni celesti, in pegno dei quali imparto a voi e alle persone a voi care una speciale, affettuosa Benedizione Apostolica


Benedictus PP XVI


Fonte: Il Magistero di Papa Benedetto. Sottolineature nostre, ns. note interpolate tra parentesi quadre.


lunedì 22 luglio 2013

Claudio Arvisenet VITA SACERDOTALE




Claudio Arvisenet


VITA SACERDOTALE

CAPITOLO I

LA VOCAZIONE ALLO STATO

 SACERDOTALE

E AL SACRO MINISTERO



1 – Signore degli eserciti, quanto sono amabili le tue dimore! O mio Dio, l’anima mia languisce e brama i tuoi altari.
Quanto è buono e quanto soave offrire in sacrificio nel tuo santuario la vittima santa, cantare e inneggiare a te!
Quanto è buono annunziare i tuoi comandamenti e predicare la penitenza per la remissione dei peccati!
Quanto è buono insegnare alle genti e battezzare, cacciare i demoni, curare gli infermi, moltiplicare, istruire, condurre a perfezione i tuoi servi e le tue serve!
Chi mi darà, o mio Dio, di poter sottomettere a te tutto quanto il mondo e far sì che tutta la terra ti adori, e ogni uomo benedica il tuo santo nome, e ti serva ogni creatura?

2 – Figlio, è vero: se desideri il sacerdozio e l’ufficio pastorale, desideri un nobile lavoro, aspiri a una grande dignità.
Ma se rifletti attentamente, questa grande dignità espone anche a grande rovina.
Perciò, quantunque il tuo animo si volga ad essa con grande desiderio, non voler presumere questo onore se non sarai stato chiamato da me come Aronne.
Né lui, né gli apostoli scelsero me, ma io scelsi loro e li posi perché, perseverando, portassero frutti.
Mie sono le pecore, mio è l’ovile: io stesso sono il portiere: sta a me l’aprire.
Solo colui a cui avrò aperto, avrà diritto di entrare, potrà uscire sicuro e trovare dei pascoli.
Ma chi sarà entrato da un’altra parte anziché attraverso me, egli è un ladro e un brigante: sarà di dannò a sé e alle mie pecore.
Si, figlio: chi vuol venire dietro di me per diventare pescatore di uomini, sappia che questo non dipende né da colui che vuole, né da colui che corre, ma dalla libera mia volontà nello scegliere e usare misericordia.
Stai in timore, stai in timore, o figlio nell’appressarti al mio santuario. Per quanto tu sia mondo, se ti accosti senza esser chiamato, temerariamente ti accosti: incorri nel delitto di Oza e ti esponi alla sua condanna.

3 – È proprio così, o figlio: il peso del sacerdozio e della cura pastorale non è tale da far timorosi di portarlo gli angeli stessi?
E come lo potrai portare se non ti sostenga la mia mano, se io non ti abbia fatto forte con grazie particolari?
Figlio, non sai che tali aiuti io prometto solo a quelli che da me sono chiamati?
No: non imitare coloro, che non sono innalzati da me, ma da se stessi si innalzano.
Io non li conosco, o figlio, io non edifico con loro: e perciò invano lavorano a edificare.
Io non custodisco il loro ovile e perciò invano vegliano nel custodirlo.
Io non comando loro di gettare la rete e perciò, pur faticando tutta la notte di questa vita, non prendono nulla.
Io non li proteggo contro chi fa loro guerra: perciò sono deboli e cadono: perciò peccano e vanno in perdizione.

4 – Abbi cura dunque, o figlio, di accertare la tua vocazione ed elezione.
Se di questo non ti sarai curato con molta cautela, sarai in ansietà per tutta la vita; non sapendo se tu sia entrato dalla porta; se tu vada avanti secondo la volontà di Dio; se tu possa contare sull’aiuto di Dio in quella che è l’arte delle arti; se tu non sia ripudiato dal tuo Dio, sì da non poter esercitare lo stesso sacerdozio.
Se invece sarai diventato sacerdote e avrai assunto l’ufficio pastorale, sicuro della tua vocazione: camminerai lieto e tranquillo in mezzo ai pericoli: sapendo che io dirigo, guido e difendo quelli che ho chiamati.
Lieto e fedele adempirai al tuo ufficio: convinto che facendo questo, farai sempre quel che piace a me.

5 – È vero, o buon Signore. La volontà di servirti nel sacerdozio è in mio potere: ma non potrò portarla a compimento se non a condizione che tu abbia deciso, abbia rivolto l’invito ed espresso il comando. Degnati, dunque, di farmi conoscere il tuo volere: mostrami, o mio Dio, se tu mi abbia eletto.

6 – Potrai conoscere, o figlio, la mia volontà e discernere la tua vocazione servendoti di questi mezzi.
Prima di tutto, cerca, domanda, picchia: cioè invoca me, che sono il Padre dei lumi, con una supplica ardente e perseverante: perché sia data capacità al tuo intelletto.
Ritirati per un po’ di tempo nella solitudine: dove, seriamente raccolto e segregato da quanto è terreno, tu possa interrogarmi con più devozione, e con più attenzione udire le mie risposte.
E poiché sono solito guidare gli uomini per mezzo degli uomini, chiedi consiglio ad un uomo che sia saggio e santo.
Apri candidamente a questi tutte le profondità della tua coscienza: le azioni, le passioni, i desideri, le intenzioni perché egli possa giudicare con maggior sicurezza e in modo definitivo.
Abbi dinanzi agli occhi, o figlio, solo la mia gloria e la tua salvezza. I tuoi passi siano diretti da questa purissima stella.
Rifletti quale stato vorresti aver desiderato se fossi ora in procinto di morire.
Osserva con diligenza tutte le doti della tua mente, tutte le inclinazioni del tuo cuore.
Vedi se siano tali quali le richiede lo stato sublime e santo del sacerdozio, quali le esige il pericoloso ufficio di pastore delle anime.
Attento soprattutto che Satana non ti inganni persuadendoti studiosamente ad ambire l’ufficio santo del sacerdozio, ma in vista di turpe guadagno, o per brama di ozio, o per desiderio di dignità e di grandezza.
A questo fine molti entrano nel santuario, ma a loro rovina.
Se poi dopo aver così seriamente maturato la cosa, riconoscerai di essere immune da gravi peccati: o per aver felicemente mantenuto l’innocenza, o per aver fatto vera penitenza,
– se ti parrà che uomini santi e prudenti ti giudichino atto e idoneo agli uffici ecclesiastici,
– se ti riconoscerai disposto ad assumerli guidato da una interiore inclinazione,
– se avrai ben conosciuto che sei attratto al sacerdozio e alla cura d’anime da una intenzione pura, non viziosa e terrena,
– se, soprattutto, il tuo Ordinario ti avrà chiamato decidendo di assumerti nel ministero, o almeno, dinanzi alle tue trepidazioni nell’accedere al santuario, ti avrà detto di andare avanti con fiducia,
– allora, figlio, sappi che la mia volontà ti si è fatta manifesta; allora con prontezza e senza ulteriore consultazione o dilazione, offriti a seguire la tua vocazione.
Con umiltà certamente, ma per quanto ti possa ripugnare a motivo di un santo timore, non opporre tenacemente un rifiuto.
Avanti figliolo, avanti con fiducia: tu lo sai: io che ti ho chiamato guarderò alla tua debolezza, alla tua pochezza.
Non disperare, non ti scoraggiare: fai conto, non su di te, ma su di me che opererò in te.
Ma se, o figlio, hai già assunto l’onore del sacerdozio, se già hai intrapreso l’ufficio pastorale e, riflettendo nel tuo intimo, ti accorgi di essere entrato temerariamente nel mio santuario:
– o perché non avevi la purezza e la santità necessaria,
– o perché mancavi delle doti richieste, o perché eri tratto dalla brama dei beni temporali e non dalla sete della mia gloria,
– o figlio! abbine dolore, piangi: hai veramente errato come una pecora perduta, hai veramente commesso un grave peccato.
O dilettissimo, fa’ degni frutti di penitenza.
Preso consiglio da persona prudente, cerca di supplire a quel che mancò per la tua parte: da qui avanti dirigi tutto alla mia gloria, e opera nel timore, e con amore.
E così abbi fiducia: perché non è impossibile a Dio far sì che tu diventi finalmente un vaso di elezione.
Si, figliolo, io non voglio che nessuno perisca; io ti userò misericordia.


II

venerdì 5 luglio 2013

Domingo XIV Tiempo Ordinario, C: San Lucas 10,1-12.17-20. 7/7/2013



JESÚS MANDA A LOS 72 A ANUNCIARLO






JESÚS SE QUEDA EN EL JARDÍN DE MARÍA MAGDALENA CON 
LOS APÓSTOLES Y DISCÍPULOS

Terminada la comida Jesús dice a los pobres que se retiren, y Él se queda con los apóstoles y discípulos en el jardín de María Magdalena. Se van a sentar en sus límites, muy cerca de las aguas quietas del lago en el que navegan barcas en busca de pesca.
"Tendrán buena pesca" comenta Pedro que las está mirando.
"También tú tendrás una buena pesca, Simón de Jonás."
"¿Yo, Señor? ¿Cuándo? ¿Quieres decirme que vaya a pescar para la comida de mañana? Voy al punto..."
"No tenemos necesidad de comida en esta casa. La pesca que harás, será en lo futuro y en el campo espiritual. Y la mayor parte de estos serán contigo óptimos pescadores."
"¿No todos, Maestro?" pregunta Mateo.

REVELACIONES DE JESÚS 

LOS PODERES QUE TENDRÁN SUS SACERDOTES

NO SÓLO PODRÉIS ACONSEJAR, SINO QUE PODRÉIS ABSOLVER 
EN MI NOMBRE. PODRÉIS SOLTAR DE LAS CADENAS DEL 
PECADO Y PODRÉIS UNIR A DOS QUE SE AMAN, FORMANDO 
UNA SOLA CARNE. Y CUANTO HUBIEREIS HECHO SERÁ VÁLIDO 
ANTE LOS OJOS DE DIOS COMO SI DIOS MISMO LO HUBIESE 
HECHO. EN VERDAD OS DIGO: CUANTO LIGAREIS EN LA 
TIERRA, SERÁ LIGADO EN EL CIELO; CUANTO DESATAREIS EN 
LA TIERRA, SERÁ DESATADO EN EL CIELO.

"No todos. Los que perseveraren y llegaren a ser mis sacerdotes, tendrán una buena pesca."
"Conversiones, perdones, guías que lleven a Dios. ¡Oh! tantas cosas."
"Oye, Maestro. Hace poco dijiste que si alguien no escucha a su hermano ni siquiera ante la presencia de testigos, que vaya a pedir consejo a la sinagoga. Si he entendido bien lo que nos has dicho desde que nos conocemos, me parece que la sinagoga será reemplazada por la Iglesia, esa cosa que Tú fundarás.Entonces ¿a dónde iremos para aconsejar a los hermanos de cabeza dura?"
"Iréis a vosotros mismos, porque seréis mi Iglesia. Por esto los fieles vendrán a vosotros o por consejo que necesitan, o porque lo deben a otros. Os digo más. No sólo podréis aconsejar, sino que podréis absolver en mi nombre. Podréis soltar de las cadenas del pecado y podréis unir a dos que se aman, formando una sola carne. Y cuanto hubiereis hecho será válido ante los ojos de Dios como si Dios mismo lo hubiese hecho. En verdad os digo: cuanto ligareis en la tierra, será ligado en el cielo; cuanto desatareis en la tierra, será desatado en el cielo. Aun más. Yo os digo, para hacer comprender la potencia de mi Nombre, mi Padre se lo concederá.Porque la plegaria es una gran potencia, como lo es la unión fraternal, y grandísima, infinita potencia es mi Nombre y mi presencia entre vosotros. Y donde dos o tres estén reunidos en mi Nombre, allí estaré en medio de ellos, y rogaré por ellos, y el Padre no rechazará a quien ruegue conmigo. Muchos no obtienen porque ruegan solos, o por motivos ilícitos o por orgullo, o con pecado en el corazón. Purificaos el corazón para que pueda estar con vosotros, y luego rogad y seréis escuchados.
Pedro está pensativo. Jesús lo ve y le pregunta la razón. Pedro da la explicación: "Pienso que estamos llamados a un gran deber. Tengo miedo. Miedo de no saberlo hacer bien."
"En realidad, Simón de Jonás, o Santiago de Alfeo o Felipe, y así sucesivamente, no serían capaces de hacerlo bien. Pero el sacerdote Pedro, el sacerdote Santiago, el sacerdote Felipe, sabrán hacerlo bien, porque lo harán juntamente con la divina Sabiduría."

¿CUÁNTAS VECES DEBEMOS PERDONAR A LOS HERMANOS?

 NO TE DIGO SIETE, SINO SETENTA VECES SIETE.

"Y ¿cuántas veces debemos perdonar a los hermanos? ¿Cuántas, si pecan contra los sacerdotes? y ¿cuántas si pecan contra Dios? Porque si las cosas serán como ahora, claro que pecarán contra nosotros, teniendo en cuenta que pecan contra Ti muchas y repetidas veces ¿Siete o más, por ejemplo?"
"No te digo siete, sino setenta veces siete. Un número sin medida. Porque también el Padre de los cielos os perdonará muchas veces, un gran número de veces, a vosotros que deberíais ser perfectos. Y como Él hace con vosotros, de la misma manera debéis hacer, porque representaréis a Dios en la tierra. Os voy a decir una parábola que servirá a todos."
Jesús que estaba rodeado de solo los apóstoles, en un kiosco pequeño de bojes, se dirige a los discípulos que están respetuosamente juntos en un espacio libre que tiene una lagunita llena de aguas limpias. La sonrisa de Jesús es como la señal de una palabra. Mientras Él se dirige a ellos con su paso lento y largo con el que avanza bastante en pocos momentos, y sin apresurarse, todos ellos se alegran, y como niños alrededor de quien les hace felices, se agolpan a su alrededor. Una corona de caras atentas. Jesús se pone de espaldas contra un alto árbol y empieza a hablar.

PARÁBOLA DEL REY QUE QUISO PEDIR CUENTAS A SUS 
SIERVOS.

"Cuanto dije al pueblo antes, es más perfecto entre vosotros que sois mis elegidos. El apóstol Simón de Jonás me preguntó: "¿Cuántas veces debo perdonar? ¿A quién? ¿Por qué?" Le respondí en privado y ahora repito a todos mi respuesta en lo que es justo que desde ahora sepáis.
Oíd cuantas veces se debe perdonar, cómo y por qué. Es menester perdonar como Dios perdona. Si se peca mil veces, y se arrepiente otras tantas veces, mil veces perdona. Con tal de que vea que en el culpable no hay voluntad de pecar, ni que quiere buscar lo que le hace pecar, sino que más bien el pecado es sólo fruto de una debilidad humana. En el caso de persistencia voluntaria en el pecado no puede haber perdón para las culpas cometidas contra la Ley. Pero por más que estas culpas os produzcan dolor individualmente, perdonad. Perdonad siempre a quien os hace mal. Perdonad para ser perdonados porque también habéis ofendido a Dios y a los hermanos. El perdón abre el reino de los cielos tanto al perdonado como al que perdona. Es semejante a esto lo que sucedió entre un rey y sus siervos.
Un rey quiso pedir cuentas a sus siervos. Los llamó a uno por uno comenzando por los que estaban más en alto. Vino uno que le debía diez mil talentos. Este no tenía con qué pagar el anticipo que el rey le había prestado para construir casas y otras propiedades. En realidad no había por muchos motivos más o menos justos, usado con mucho cuidado el dinero recibido. El rey enojado de la haraganería y falta de palabra, mandó que fuese vendido él, su  mujer, sus hijos y todo cuanto poseía para que saldase su deuda. Pero el siervo se arrojó a los pies del rey y con gemidos y súplicas le decía: "No me hagas nada, ten un poco más de paciencia y te devolveré todo cuanto te debo, hasta el último centavo". El rey, compadecido por tanta aflicción -era un rey bueno- no sólo consintió en dejarlo libre, sino que después de haber sabido que entre las causas de su poco cuidado y de la falta de pago se contaban algunas enfermedades, le llegó a perdonar la deuda.
El súbdito se fue feliz. Pero, al salir de allí encontró en el camino a otro súbdito, un pobre súbdito al que le había prestado cien denarios tomados de los diez mil talentos que había recibido del rey. Persuadido del favor del rey, creyó que todo le era lícito y asiendo a aquel infeliz por la garganta le dijo: "Devuélveme al punto lo que me debes". Inútilmente el hombre en medio de lágrimas se inclinó a besarle los pies, diciendo: "Ten piedad de mí, pues tengo muchas desgracias. Ten todavía un poco de paciencia y te devolveré todo, hasta el último centavo". El siervo despiadado llamó a los soldados e hizo que llevasen a la prisión al infeliz para que le pagase, so pena de su libertad o aun de su vida.
Lo supieron amigos del desgraciado los cuales, todos afligidos, fueron a referirlo al rey. Este, al oír tal cosa, ordenó que le fuese llevado ante sí el servidor despiadado y mirándolo severamente le dijo: "Siervo inicuo, te ayudé primero para que fueses misericordioso, para que te hicieses una fortuna, después te ayudé todavía perdonándote la deuda porque me pedías tanto que te tuviese paciencia. Tú no tuviste piedad de uno igual a ti, mientras yo, el rey, te tuve tanta. ¿Por qué no obraste como se te trató a ti?" Y enojado lo entregó a los carceleros para que lo encerrasen hasta que hubiese pagado todo, diciendo: "Como no tuvo compasión de uno que le debía poco, mientras de mí, el rey, tuvo tanta, así no encontrará piedad en mí".
De igual modo se comportará mi Padre con vosotros si fueseis despiadados con vuestros hermanos; si vosotros, que recibisteis tanto de Dios, fuereis culpables más de lo que no lo es un infiel. Recordad que en vosotros existe la obligación más que en cualquier otro de no tener culpas. Recordad que Dios os anticipa un gran tesoro, pero quiere que le deis cuenta de él. Recordad que nadie como vosotros debe saber practicar el amor y perdón.

NO SEÁIS DE LOS SIERVOS QUE PARA VOSOTROS PEDÍS 
MUCHO, Y LUEGO NO DAIS NADA A QUIEN OS PIDE.

LA MIES ES MUCHA Y LOS OPERARIOS SERÁN SIEMPRE POCOS 
RESPECTO A LAS NECESIDADES. HABRÁ, PUES, TRABAJO PARA 
TODOS, Y NO SERÁN SUFICIENTES, POR ESTO OS RUEGO QUE 
SIN CELOS, PIDÁIS AL DUEÑO DE LA MIES QUE ENVÍE SIEMPRE 
NUEVOS OPERARIOS PARA SU COSECHA.

No seáis de los siervos que para vosotros pedís mucho, y luego no dais nada a quien os pide. Como os comportáis así seréis tratados. Y se os pedirá también cuenta de cómo obran los demás, que fueron arrastrados al bien o al mal por vuestro ejemplo. ¡Oh, si fuereis verdaderos santificadores, poseeréis una gloria muy grande en los cielos! Pero de igual modo, si fuereis unos pervertidores o aunque solo unos haraganes en santificar, seréis castigados con dureza.
Os lo repito una vez más. Si alguno de vosotros no se siente con ánimo de ser víctima de la propia misión, que se vaya, pero que no falte a ella. Y digo que no falte en las cosas que verdaderamente arruinan la propia formación y ajena. Y que sepa tener como amigo a Dios, teniendo siempre en el corazón perdón por los débiles. Así pues al que sepa perdonar, Dios le perdonará.
Nuestra estadía ha terminado. La fiesta de los Tabernáculos se acerca. A los que temprano hablé por separado, desde mañana irán precediéndome y anunciándome a la gente. Los que se quedan, no pierdan ánimos. A algunos los he detenido por motivos de prudencia, no por desprecio. Se quedarán conmigo y pronto los mandaré como mando a los setenta y dos primeros. La mies es mucha y los operarios serán siempre pocos respecto a las necesidades. Habrá, pues, trabajo para todos, y no serán suficientes, por esto os ruego que sin celos, pidáis al Dueño de la mies que envíe siempre nuevos operarios para su cosecha.

"¿Y CÓMO, PODRÉ CURAR EN TU NOMBRE?" 

CURAD SIEMPRE Y PRIMERO EL ESPÍRITU. 
PROMETED A LOS ENFERMOS EL REINO DE DIOS 
SI SUPIESEN CREER EN MÍ, Y VIENDO QUE EN 
ELLOS HAY FE, ORDENAD A LA ENFERMEDAD 
QUE SE VAYA, Y SE IRÁ.

Entre tanto id. Yo y los apóstoles terminamos en estos días vuestra instrucción en el trabajo que debéis hacer, repitiendo lo que dije antes de enviar a los doce. Uno de vosotros me preguntó: "¿Y cómo, podré curar en tu nombre?" Curad siempre y primero el espíritu. Prometed a los enfermos el reino de Dios si supiesen creer en Mí, y viendo que en ellos hay fe, ordenad a la enfermedad que se vaya, y se irá. Haced lo mismo con los enfermos del espíritu. Encended primeramente la fe. Dad con palabras seguras la esperanza. Yo añadiré en ellos la divina caridad, así como os la puse en el corazón después que creísteis en Mí y esperasteis en la misericordia. No tengáis miedo ni de los hombres ni del demonio. No os harán mal. Lo único que debéis temer son la sensualidad, la soberbia y la avaricia. Por ellas os podréis entregar a Satanás y a los hombres satanes, que también los hay.
Id, pues delante de Mí, por los caminos del Jordán. Llegados a Jerusalén idos a reunir con los pastores en el valle de Belén, y juntos con ellos venid a Mí en el lugar que se os diga, y juntos celebraremos la fiesta santa, regresando más fortalecidos que nunca a nuestro ministerio.
Id en paz. Os bendigo en el Santo Nombre del Señor."
V. 906-910
A. M. D. G. et B.V.M.