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lunedì 22 luglio 2013

Claudio Arvisenet VITA SACERDOTALE




Claudio Arvisenet


VITA SACERDOTALE

CAPITOLO I

LA VOCAZIONE ALLO STATO

 SACERDOTALE

E AL SACRO MINISTERO



1 – Signore degli eserciti, quanto sono amabili le tue dimore! O mio Dio, l’anima mia languisce e brama i tuoi altari.
Quanto è buono e quanto soave offrire in sacrificio nel tuo santuario la vittima santa, cantare e inneggiare a te!
Quanto è buono annunziare i tuoi comandamenti e predicare la penitenza per la remissione dei peccati!
Quanto è buono insegnare alle genti e battezzare, cacciare i demoni, curare gli infermi, moltiplicare, istruire, condurre a perfezione i tuoi servi e le tue serve!
Chi mi darà, o mio Dio, di poter sottomettere a te tutto quanto il mondo e far sì che tutta la terra ti adori, e ogni uomo benedica il tuo santo nome, e ti serva ogni creatura?

2 – Figlio, è vero: se desideri il sacerdozio e l’ufficio pastorale, desideri un nobile lavoro, aspiri a una grande dignità.
Ma se rifletti attentamente, questa grande dignità espone anche a grande rovina.
Perciò, quantunque il tuo animo si volga ad essa con grande desiderio, non voler presumere questo onore se non sarai stato chiamato da me come Aronne.
Né lui, né gli apostoli scelsero me, ma io scelsi loro e li posi perché, perseverando, portassero frutti.
Mie sono le pecore, mio è l’ovile: io stesso sono il portiere: sta a me l’aprire.
Solo colui a cui avrò aperto, avrà diritto di entrare, potrà uscire sicuro e trovare dei pascoli.
Ma chi sarà entrato da un’altra parte anziché attraverso me, egli è un ladro e un brigante: sarà di dannò a sé e alle mie pecore.
Si, figlio: chi vuol venire dietro di me per diventare pescatore di uomini, sappia che questo non dipende né da colui che vuole, né da colui che corre, ma dalla libera mia volontà nello scegliere e usare misericordia.
Stai in timore, stai in timore, o figlio nell’appressarti al mio santuario. Per quanto tu sia mondo, se ti accosti senza esser chiamato, temerariamente ti accosti: incorri nel delitto di Oza e ti esponi alla sua condanna.

3 – È proprio così, o figlio: il peso del sacerdozio e della cura pastorale non è tale da far timorosi di portarlo gli angeli stessi?
E come lo potrai portare se non ti sostenga la mia mano, se io non ti abbia fatto forte con grazie particolari?
Figlio, non sai che tali aiuti io prometto solo a quelli che da me sono chiamati?
No: non imitare coloro, che non sono innalzati da me, ma da se stessi si innalzano.
Io non li conosco, o figlio, io non edifico con loro: e perciò invano lavorano a edificare.
Io non custodisco il loro ovile e perciò invano vegliano nel custodirlo.
Io non comando loro di gettare la rete e perciò, pur faticando tutta la notte di questa vita, non prendono nulla.
Io non li proteggo contro chi fa loro guerra: perciò sono deboli e cadono: perciò peccano e vanno in perdizione.

4 – Abbi cura dunque, o figlio, di accertare la tua vocazione ed elezione.
Se di questo non ti sarai curato con molta cautela, sarai in ansietà per tutta la vita; non sapendo se tu sia entrato dalla porta; se tu vada avanti secondo la volontà di Dio; se tu possa contare sull’aiuto di Dio in quella che è l’arte delle arti; se tu non sia ripudiato dal tuo Dio, sì da non poter esercitare lo stesso sacerdozio.
Se invece sarai diventato sacerdote e avrai assunto l’ufficio pastorale, sicuro della tua vocazione: camminerai lieto e tranquillo in mezzo ai pericoli: sapendo che io dirigo, guido e difendo quelli che ho chiamati.
Lieto e fedele adempirai al tuo ufficio: convinto che facendo questo, farai sempre quel che piace a me.

5 – È vero, o buon Signore. La volontà di servirti nel sacerdozio è in mio potere: ma non potrò portarla a compimento se non a condizione che tu abbia deciso, abbia rivolto l’invito ed espresso il comando. Degnati, dunque, di farmi conoscere il tuo volere: mostrami, o mio Dio, se tu mi abbia eletto.

6 – Potrai conoscere, o figlio, la mia volontà e discernere la tua vocazione servendoti di questi mezzi.
Prima di tutto, cerca, domanda, picchia: cioè invoca me, che sono il Padre dei lumi, con una supplica ardente e perseverante: perché sia data capacità al tuo intelletto.
Ritirati per un po’ di tempo nella solitudine: dove, seriamente raccolto e segregato da quanto è terreno, tu possa interrogarmi con più devozione, e con più attenzione udire le mie risposte.
E poiché sono solito guidare gli uomini per mezzo degli uomini, chiedi consiglio ad un uomo che sia saggio e santo.
Apri candidamente a questi tutte le profondità della tua coscienza: le azioni, le passioni, i desideri, le intenzioni perché egli possa giudicare con maggior sicurezza e in modo definitivo.
Abbi dinanzi agli occhi, o figlio, solo la mia gloria e la tua salvezza. I tuoi passi siano diretti da questa purissima stella.
Rifletti quale stato vorresti aver desiderato se fossi ora in procinto di morire.
Osserva con diligenza tutte le doti della tua mente, tutte le inclinazioni del tuo cuore.
Vedi se siano tali quali le richiede lo stato sublime e santo del sacerdozio, quali le esige il pericoloso ufficio di pastore delle anime.
Attento soprattutto che Satana non ti inganni persuadendoti studiosamente ad ambire l’ufficio santo del sacerdozio, ma in vista di turpe guadagno, o per brama di ozio, o per desiderio di dignità e di grandezza.
A questo fine molti entrano nel santuario, ma a loro rovina.
Se poi dopo aver così seriamente maturato la cosa, riconoscerai di essere immune da gravi peccati: o per aver felicemente mantenuto l’innocenza, o per aver fatto vera penitenza,
– se ti parrà che uomini santi e prudenti ti giudichino atto e idoneo agli uffici ecclesiastici,
– se ti riconoscerai disposto ad assumerli guidato da una interiore inclinazione,
– se avrai ben conosciuto che sei attratto al sacerdozio e alla cura d’anime da una intenzione pura, non viziosa e terrena,
– se, soprattutto, il tuo Ordinario ti avrà chiamato decidendo di assumerti nel ministero, o almeno, dinanzi alle tue trepidazioni nell’accedere al santuario, ti avrà detto di andare avanti con fiducia,
– allora, figlio, sappi che la mia volontà ti si è fatta manifesta; allora con prontezza e senza ulteriore consultazione o dilazione, offriti a seguire la tua vocazione.
Con umiltà certamente, ma per quanto ti possa ripugnare a motivo di un santo timore, non opporre tenacemente un rifiuto.
Avanti figliolo, avanti con fiducia: tu lo sai: io che ti ho chiamato guarderò alla tua debolezza, alla tua pochezza.
Non disperare, non ti scoraggiare: fai conto, non su di te, ma su di me che opererò in te.
Ma se, o figlio, hai già assunto l’onore del sacerdozio, se già hai intrapreso l’ufficio pastorale e, riflettendo nel tuo intimo, ti accorgi di essere entrato temerariamente nel mio santuario:
– o perché non avevi la purezza e la santità necessaria,
– o perché mancavi delle doti richieste, o perché eri tratto dalla brama dei beni temporali e non dalla sete della mia gloria,
– o figlio! abbine dolore, piangi: hai veramente errato come una pecora perduta, hai veramente commesso un grave peccato.
O dilettissimo, fa’ degni frutti di penitenza.
Preso consiglio da persona prudente, cerca di supplire a quel che mancò per la tua parte: da qui avanti dirigi tutto alla mia gloria, e opera nel timore, e con amore.
E così abbi fiducia: perché non è impossibile a Dio far sì che tu diventi finalmente un vaso di elezione.
Si, figliolo, io non voglio che nessuno perisca; io ti userò misericordia.


II