VITA SACERDOTALE
CAPITOLO I
LA VOCAZIONE ALLO STATO
SACERDOTALE
E AL SACRO MINISTERO
SACERDOTALE
E AL SACRO MINISTERO
1 – Signore degli eserciti, quanto sono amabili le tue dimore! O mio Dio, l’anima mia languisce e brama i tuoi altari.
Quanto è buono e quanto soave offrire in sacrificio nel tuo santuario la vittima santa, cantare e inneggiare a te!
Quanto è buono annunziare i tuoi comandamenti e predicare la penitenza per la remissione dei peccati!
Quanto è buono insegnare alle genti e battezzare, cacciare i demoni, curare gli infermi, moltiplicare, istruire, condurre a perfezione i tuoi servi e le tue serve!
Chi mi darà, o mio Dio, di poter sottomettere a te tutto quanto il mondo e far sì che tutta la terra ti adori, e ogni uomo benedica il tuo santo nome, e ti serva ogni creatura?
2 – Figlio, è vero: se desideri il sacerdozio e l’ufficio pastorale, desideri un nobile lavoro, aspiri a una grande dignità.
Ma se rifletti attentamente, questa grande dignità espone anche a grande rovina.
Perciò, quantunque il tuo animo si volga ad essa con grande desiderio, non voler presumere questo onore se non sarai stato chiamato da me come Aronne.
Né lui, né gli apostoli scelsero me, ma io scelsi loro e li posi perché, perseverando, portassero frutti.
Mie sono le pecore, mio è l’ovile: io stesso sono il portiere: sta a me l’aprire.
Solo colui a cui avrò aperto, avrà diritto di entrare, potrà uscire sicuro e trovare dei pascoli.
Ma chi sarà entrato da un’altra parte anziché attraverso me, egli è un ladro e un brigante: sarà di dannò a sé e alle mie pecore.
Si, figlio: chi vuol venire dietro di me per diventare pescatore di uomini, sappia che questo non dipende né da colui che vuole, né da colui che corre, ma dalla libera mia volontà nello scegliere e usare misericordia.
Stai in timore, stai in timore, o figlio nell’appressarti al mio santuario. Per quanto tu sia mondo, se ti accosti senza esser chiamato, temerariamente ti accosti: incorri nel delitto di Oza e ti esponi alla sua condanna.
3 – È proprio così, o figlio: il peso del sacerdozio e della cura pastorale non è tale da far timorosi di portarlo gli angeli stessi?
E come lo potrai portare se non ti sostenga la mia mano, se io non ti abbia fatto forte con grazie particolari?
Figlio, non sai che tali aiuti io prometto solo a quelli che da me sono chiamati?
No: non imitare coloro, che non sono innalzati da me, ma da se stessi si innalzano.
Io non li conosco, o figlio, io non edifico con loro: e perciò invano lavorano a edificare.
Io non custodisco il loro ovile e perciò invano vegliano nel custodirlo.
Io non comando loro di gettare la rete e perciò, pur faticando tutta la notte di questa vita, non prendono nulla.
Io non li proteggo contro chi fa loro guerra: perciò sono deboli e cadono: perciò peccano e vanno in perdizione.
4 – Abbi cura dunque, o figlio, di accertare la tua vocazione ed elezione.
Se di questo non ti sarai curato con molta cautela, sarai in ansietà per tutta la vita; non sapendo se tu sia entrato dalla porta; se tu vada avanti secondo la volontà di Dio; se tu possa contare sull’aiuto di Dio in quella che è l’arte delle arti; se tu non sia ripudiato dal tuo Dio, sì da non poter esercitare lo stesso sacerdozio.
Se invece sarai diventato sacerdote e avrai assunto l’ufficio pastorale, sicuro della tua vocazione: camminerai lieto e tranquillo in mezzo ai pericoli: sapendo che io dirigo, guido e difendo quelli che ho chiamati.
Lieto e fedele adempirai al tuo ufficio: convinto che facendo questo, farai sempre quel che piace a me.
5 – È vero, o buon Signore. La volontà di servirti nel sacerdozio è in mio potere: ma non potrò portarla a compimento se non a condizione che tu abbia deciso, abbia rivolto l’invito ed espresso il comando. Degnati, dunque, di farmi conoscere il tuo volere: mostrami, o mio Dio, se tu mi abbia eletto.
6 – Potrai conoscere, o figlio, la mia volontà e discernere la tua vocazione servendoti di questi mezzi.
Prima di tutto, cerca, domanda, picchia: cioè invoca me, che sono il Padre dei lumi, con una supplica ardente e perseverante: perché sia data capacità al tuo intelletto.
Ritirati per un po’ di tempo nella solitudine: dove, seriamente raccolto e segregato da quanto è terreno, tu possa interrogarmi con più devozione, e con più attenzione udire le mie risposte.
E poiché sono solito guidare gli uomini per mezzo degli uomini, chiedi consiglio ad un uomo che sia saggio e santo.
Apri candidamente a questi tutte le profondità della tua coscienza: le azioni, le passioni, i desideri, le intenzioni perché egli possa giudicare con maggior sicurezza e in modo definitivo.
Abbi dinanzi agli occhi, o figlio, solo la mia gloria e la tua salvezza. I tuoi passi siano diretti da questa purissima stella.
Rifletti quale stato vorresti aver desiderato se fossi ora in procinto di morire.
Osserva con diligenza tutte le doti della tua mente, tutte le inclinazioni del tuo cuore.
Vedi se siano tali quali le richiede lo stato sublime e santo del sacerdozio, quali le esige il pericoloso ufficio di pastore delle anime.
Attento soprattutto che Satana non ti inganni persuadendoti studiosamente ad ambire l’ufficio santo del sacerdozio, ma in vista di turpe guadagno, o per brama di ozio, o per desiderio di dignità e di grandezza.
A questo fine molti entrano nel santuario, ma a loro rovina.
Se poi dopo aver così seriamente maturato la cosa, riconoscerai di essere immune da gravi peccati: o per aver felicemente mantenuto l’innocenza, o per aver fatto vera penitenza,
– se ti parrà che uomini santi e prudenti ti giudichino atto e idoneo agli uffici ecclesiastici,
– se ti riconoscerai disposto ad assumerli guidato da una interiore inclinazione,
– se avrai ben conosciuto che sei attratto al sacerdozio e alla cura d’anime da una intenzione pura, non viziosa e terrena,
– se, soprattutto, il tuo Ordinario ti avrà chiamato decidendo di assumerti nel ministero, o almeno, dinanzi alle tue trepidazioni nell’accedere al santuario, ti avrà detto di andare avanti con fiducia,
– allora, figlio, sappi che la mia volontà ti si è fatta manifesta; allora con prontezza e senza ulteriore consultazione o dilazione, offriti a seguire la tua vocazione.
Con umiltà certamente, ma per quanto ti possa ripugnare a motivo di un santo timore, non opporre tenacemente un rifiuto.
Avanti figliolo, avanti con fiducia: tu lo sai: io che ti ho chiamato guarderò alla tua debolezza, alla tua pochezza.
Non disperare, non ti scoraggiare: fai conto, non su di te, ma su di me che opererò in te.
Ma se, o figlio, hai già assunto l’onore del sacerdozio, se già hai intrapreso l’ufficio pastorale e, riflettendo nel tuo intimo, ti accorgi di essere entrato temerariamente nel mio santuario:
– o perché non avevi la purezza e la santità necessaria,
– o perché mancavi delle doti richieste, o perché eri tratto dalla brama dei beni temporali e non dalla sete della mia gloria,
– o figlio! abbine dolore, piangi: hai veramente errato come una pecora perduta, hai veramente commesso un grave peccato.
O dilettissimo, fa’ degni frutti di penitenza.
Preso consiglio da persona prudente, cerca di supplire a quel che mancò per la tua parte: da qui avanti dirigi tutto alla mia gloria, e opera nel timore, e con amore.
E così abbi fiducia: perché non è impossibile a Dio far sì che tu diventi finalmente un vaso di elezione.
Si, figliolo, io non voglio che nessuno perisca; io ti userò misericordia.
CAPITOLO II
LO STATO SACERDOTALE
Figlio, che cosa è l’uomo e a che scopo fu creato? – Certamente perché tema Iddio, osservi i suoi comandamenti, lo adori e serva a lui solo.
Che cosa sei tu, o figlio? a che scopo sei stato ordinato sacerdote? – Certamente perché tu presiedessi agli uomini in questa opera eccelsa, e da loro mi facessi temere, adorare, venerare. O grande dignità! O sublime ministero!
Io in cielo, o figlio, gli uomini sulla terra; e tu in mezzo, fra me e loro, perché tu li diriga ed essi obbediscano a te come a me.
Io, Dio creatore, gli uomini mie creature; e tu posto sopra di loro per procurare che essi mi rendano quanto a me è dovuto.
Io, Padre dei lumi, gli uomini nelle tenebre; e tu in mezzo, quale candelabro, affinché, per il tuo ministero, risplenda ad essi la luce vera.
Io, largitore dei beni celesti, essi bisognosi; e tu dispensatore, sicché per tuo mezzo a ciascuno sia donata la grazia.
Io, il Signore, il Santo dei santi, essi peccatori; e tu mediatore, affinché per tuo mezzo essi siano riconciliati con me.
Io, Padre del Figlio unigenito nell’eternità, gli uomini destinati ad essere adottati come figli nel tempo; tu padre sulla terra, affinché per tuo mezzo siano adottati nei cieli.
Io, cui spetta l’onore del sacrificio, gli uomini privi di una vittima per l’olocausto; tu in mezzo che disponi di una vittima santissima, il corpo del mio Figlio, tale da soddisfare al mio diritto e ai debiti degli uomini.
Io, fuoco ardente, sulla terra gli uomini da accendere; e tu in mezzo destinato ad accenderli.
Io medico sommo, gli uomini infermi; e tu in mezzo ministro, in possesso dei miei medicamenti, perché tu li distribuisca a ciascuno.
E finalmente, io nei cieli, signore del gregge: il gregge sulla terra; tu pastore sopra di esso affinché per tuo mezzo cresca e si moltiplichi.
2 – Figlio, non vi è sotto il cielo grandezza e potenza che si possa paragonare alla tua. Sei degli dei, sei dei figli dell’Eccelso.
La dignità di un re è umana, divina quella del sacerdote. La morte priva i re di gloria e potenza: se il sacerdote muore, il suo sacerdozio rimane in eterno.
Il re comanda agli uomini, il sacerdote allo stesso Dio. Il re forte vince i nemici; il vero sacerdote vince il mondo.
Il re può mettere in carcere il corpo o punirlo in altro modo: il sacerdote può legare la stessa anima.
Il re può liberar dalle catene i prigionieri: il sacerdote può liberar le anime dai lacci dei peccati e dalla stessa tirannide diabolica.
Nulla può il re se non sulla terra: il sacerdote ha potere perfino in cielo. Il re possiede i tesori del mondo, il sacerdote tiene i tesori del cielo.
Il re manda doni ad altri re; il sacerdote offre sacrifici al Dio del cielo. Il re offre l’oro; il sacerdote offre Dio.
La sua voce penetra il cielo di dove trae le grazie; lì placa e piega Iddio, lì esercita il diritto sugli uomini.
Anzi, la sua sentenza precede la sentenza di Dio: quello che avrà rimesso o ritenuto in terra, sarà rimesso e ritenuto in cielo.
O figlio, riconosci la tua dignità; e divenuto partecipe della natura divina, non voler ritornare con una condotta ignobile all’antica bassezza.
3 – O Signore, chi sono io perché ti sia ricordato di me e tanti beni mi abbia concesso?
Ecco che nonostante io sia polvere e cenere, sono diventato uomo di Dio, tuo ministro, secondo il dono della tua grazia.
Padre amantissimo, quanto amore ti debbo per questo amore con cui, per il primo, mi hai amato così, così mi hai scelto, così hai impresso su di me il tuo sigillo!
Quanto mi debbo umiliare per sì grande degnazione con la quale hai tratto me miserabile dalla polvere
perché assistessi al soglio della tua gloria, facessi le tue veci, giudicassi al tuo posto, sciogliessi e legassi!
Io vile, io impuro, ignorante, imperfetto, cieco, sempre inclinato al male, io miserabilissimo debbo far le veci della tua infinita maestà.
O Dio mio, che sei la stessa santità, la sapienza, la bontà, la gloria e l’immensità! Essendo stato da te così esaltato, come non dovrei essere profondamente confuso e turbato?
Confortami, Signore, con la tua grazia perché possa degnamente portare un tanto peso.
Degnati, o mio Dio, di raccogliere interiormente il mio animo, di dirigere esteriormente la mia condotta così che io diventi imitatore del tuo santissimo Figlio e rappresenti veramente ai fedeli colui che ha man dato me così come tu avevi mandato lui.
4 – Sarai imitatore di lui, o figlio, se come lui volle e si sforzò, anche tu voglia e ti sforzi di trovare e salvare ciò che era perduto.
Vieni, dunque, figlio, vieni e seguilo: vieni e sii dietro di lui pescatore di uomini.
Evangelizza i poveri; fa’ udire ai sordi la parola; fa’ vedere ai ciechi la luce vera; fa’ che i muti parlino lodando Dio; fa’ che gli zoppi corrano sulla via dei comandamenti; riconduci gli erranti sulle vie della giustizia; fa’ che Dio sia glorificato e gli uomini siano salvati.
Il mio Figlio versò il sangue per loro, e tu per loro spendi tutto te stesso.
Dilata, o figlio il tuo cuore. Chiama tutti alla conoscenza della verità e della salvezza: forzali a entrare nella mia casa, affinché si riempia.
Cerca di trarre a me senza distinzione il povero e il ricco, il nobile e l’ignobile, il sapiente e l’ignorante, il servo e il padrone, l’uomo e la donna.
III
Claudio Arvisenet
VITA SACERDOTALE
CAPITOLO III
NECESSITÀ DELLA PERFEZIONE NEI
SACERDOTI
Tu, figlio mio, diventando sacerdote, non hai certamente alleggerito il tuo peso: al contrario, sopra il comune fardello, ti sei assunto un peso che gli angeli sarebbero timorosi di portare, e ti sei legato con un più stretto vincolo di disciplina.
Sei sacerdote, sei padre dei nuovi credenti, a te spetta condurre gli uomini alla fede: sappi dunque che a te più che ad Abramo, padre degli antichi credenti, è stato detto: Cammina alla mia presenza e sii perfetto.
Sei sacerdote, devi essere forma del gregge, e perciò è necessario che tu sia santo più di tutti gli altri sì da poter dire con Paolo: Siate miei imitatori come io lo sono di Cristo.
Sei sacerdote, sei il sale della terra: se non hai il gusto della perfezione, tu perdi il sapore e non sei più buono ad altro che ad esser gettato via e calpestato dagli uomini.
Sei sacerdote, sei la luce del mondo: non devi soltanto risplendere, il che è vano, né soltanto ardere, il che è poco, ma risplendere e ardere, il che è perfetto.
Sei sacerdote, sei uomo di Dio: più di ogni altro devi essere perfetto come è perfetto il Padre tuo che è nei cieli.
Sei sacerdote, ministro di Cristo tu sei: ed è necessario che ti mostri tale nel coltivare tutte le virtù.
Sei sacerdote, dispensatore dei misteri di Dio sotto una migliore alleanza: perciò, molto più che ad Aronne, a te è comandato di esser santo: perché santo è il Signore Dio che ti ha santificato.
Sei sacerdote, sei tempio, sei santuario nel quale ogni giorno abita corporalmente la pienezza della divinità: il Signore, come troverà in te il suo compiacimento? Come godrà di te il tuo Dio che è tre volte santo, se non sarai stato veramente santo?
Sei sacerdote, mediatore fra Dio e gli uomini: oh, quale santità ti conviene per potere essere esaudito nel cielo ed essere onorato sulla terra quale ambasciatore di Dio!
Figlio mio, mio sacerdote, mio santo, cammina dinanzi a me e sii perfetto.
2 – Non sarebbe certamente per te sufficiente fuggire i peccati gravi come dinanzi alla vista di un serpente velenoso o eseguire le principali opere buone prescritte: per te è necessario che ti allontani da ogni apparenza di male e ardentemente desideri di raggiungere il sommo di ogni virtù.
È necessario che ti sforzi quotidianamente, non solo di non indietreggiare, ma anche di andare avanti.
È necessario che tu proceda di virtù in virtù e diventi di giorno in giorno più umile, più puro, più sobrio, più mansueto, più fervente.
È necessario che di giorno in giorno tu cresca nel distacco dalle cose terrene, nella pratica della carità, nello slancio dello zelo, nell’ardore della carità.
Se già sei giusto, è necessario che diventi ancora più giusto, e se sei santo che ti santifichi ancora di più.
Figlio, figlio mio: non ti si affida già di dispensare i pani dell’offerta, ma la carne e il sangue di Cristo.
Non ti è più affidata soltanto la lettera che uccide, ma la grazia dello Spirito che vivifica: non devi più essere apostolo dell’ombra, ma della verità.
Certo, certo: quanto sei ministro di una migliore alleanza, tanto è necessario che tu sia più santo e perfetto.
3 – Ma ascolta, carissimo, qual è il male che ho visto nella mia casa. Molti di quelli che mangiano il pane degli angeli, si dilettano delle ghiande dei porci. Molti che vanno ripetendo i miei decreti e hanno sempre in bocca la mia alleanza, odiano la disciplina e buttano dietro le spalle le mie parole: corrono con i ladri e prendono posto con gli adulteri.
Che è questo, o figlio? comprendi questo? Dico di quelli che, consacrati sacerdoti, non gustano le cose del cielo ma quelle della terra.
Essi sono animali, carnali, amano e cercano la quiete, i conviti, i ritrovi mondani, i vani piaceri, mentre poco loro importa dell’orazione, dello studio, del sacro ministero.
Sono solleciti dell’aumento dei beni temporali, neppure pensano al progresso nelle virtù. Anziché progredire, ogni giorno pèrdono terreno e così alla fine divengono peggiori degli stessi figli di questo secolo.
4 – O Signore! grande, grandissima in verità è la dignità sacerdotale: richiede perciò certamente una grande, grandissima perfezione.
Grande, grandissima davvero la rovina dei sacerdoti se non anelano alla perfezione, e quindi non temono di decadere di giorno in giorno, e così alla fine precipitare nell’abisso.
Dio mio, Dio mio, mio soccorritore, che farò? Debbo essere santo e perfetto, ma sono un uomo, un uomo impotente, un uomo cieco, inclinato ad ogni male, tardo ad ogni bene. Che farò? non mi rimane che questo, o Signore, di levare a te i miei occhi, di gridare a te, o Dio, dal profondo della mia miseria, supplicandoti a venirmi in aiuto.
Edifica tu, Signore; altrimenti edificherò invano. Custodiscimi, o Signore; altrimenti invano custodirò. Signore, liberami dai miei nemici; altrimenti invano lotterò. O Signore, conducimi di virtù in virtù; altrimenti saranno vani i miei sforzi.
Custodiscimi, Signore, come la pupilla dell’occhio, sicché Satana non mi vinca, la carne non mi seduca, il mondo non mi inganni.
Signore, vieni presto in mio aiuto, affrettati ad aiutarmi; perché cammini con rettitudine dinanzi a te e sia perfetto; sia santo e perfetto come tu sei santo e perfetto.
SACERDOTI