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giovedì 9 gennaio 2014

I quattordici gradini della scalinata (il Cal­vario di Gesù)


La Vergine dice: «Figlia mia, dimentica la tua debolezza e tieni sempre presente il mio amore, poiché il mio amore è un appoggio per la tua de­bolezza. Sii umile e offri tutto quello che hai; ama ciò che è piccolo, e per prima cosa vuota il tuo cuore. Soltanto allora potrò agire dentro di te. Do­nami tutto, finanche le sofferenze che stai patendo adesso.
In questo mondo ci sono sempre tentazioni da vincere. Nemmeno le anime sante ne sono esenti.

Figlia mia! Tu sai, non è vero, che Io metto alla prova con molte sof­ferenze i figli che mi amano! Tu adesso stai provando le doglie del parto. Desidero che molti miei figli siano messi alla prova. E invece, tutti mi fan­no soffrire. Non è forse dopo le doglie del parto, che stai provando ades­so, che avverrà una nascita? Il tuo parto avverrà necessariamente attraver­so la sofferenza, ma spero che la sopporterai con coraggio, pensando alla ricompensa che ti ho preparato per aver salvato molte anime. Devi render­ti conto che tutto si purifica nell'amore, proprio come l'oro si purifica nel crogiolo.


Mia piccola anima! Per quanto numerosi siano i meriti che avete accu­mulato, cadranno nel nulla, l'uno dopo l'altro, se trascurate le piccole co­se, se siete maldicenti e criticate gli altri. Siate lenti nell'aprir bocca e con­trollate con prudenza la vostra lingua. Acquisterai molto merito, se passe­rai sotto silenzio i difetti altrui, mentre ti verrebbe voglia di giudicarli. Sii sempre più santa nelle tue parole e nella tua condotta.


Oh, figlia mia! Come sei impaziente! Lo sono anch'Io! Il mio Cuore prova un dolore immenso nel vedere che i miei diletti figli, che dovrebbe­ro elevarsi sempre più nel mio Amore, tentano invece di innalzarsi più in alto degli altri. Si invidiano reciprocamente e le loro anime s'indebolisco­no, poiché dubitano della mia misericordia.


Figlia mia, pratica l'umiltà. Questa è la cosa che mi rende più felice. Non cercare mai d'innalzarti.


Le vostre piccole mortificazioni, i vostri piccoli atti di bontà, i vostri piccoli sacrifici e le vostre piccole penitenze diventano un balsamo per le mie ferite. Figlia mia, riversa più amore sui miei figli che lavorano con te. Mentre essi tentano di innalzarsi gli uni al di sopra degli altri, i demoni del­l'orgoglio, dell'invidia, della gelosia stanno in agguato. Tu dovrai riversa­re il tuo amore su di loro con i tuoi sacrifici. Di fronte all'amore, qualsia­si demonio è domato. Unitevi, unitevi con il legame dell'amore reciproco.


C'è una cosa che voglio mostrarti. Conoscerai così qual è la mia vo­lontà».

La Vergine fece vedere a Julia la scena seguente: in cima ad un'alta montagna c'era una scalinata formata da 14 gradini. Vicino ad essa c'era anche un albero. Ogni volta che acquistavamo dei meriti, dalle nostre buo­ne azioni si formava un frutto. Se, invece, con le parole o con gli atti giu­dicavamo male gli altri e commettevamo dei peccati, i frutti dei meriti ac­quisiti cadevano.

La Vergine mi ha fatto vedere che molti frutti si formano quando fac­ciamo penitenza; e quando ci sacrifichiamo per gli altri, la luce scende su di essi, e i frutti dei meriti si formano per noi.

Il cammino per arrivare fino ai piedi della scalinata era difficile. C'era chi scivolava e cadeva a metà costa, c'era chi girava in tondo, invece di proseguire verso l'alto.

Mentre ascoltavo la Vergine, tremavo nel vedere quanta gente precipi­tava.

Al di sopra del 14° gradino ce n'era un altro: il 15°. È là che si trovava il Regno dei Cieli. Il Buon Dio era là, e insieme a Lui, Gesù, la Vergine, san Giuseppe, tutti i santi e tutti gli angeli osservavano le nostre azioni.

Colui che muore dopo essere riuscito a salire anche soltanto sul primo gradino, passerà dal purgatorio. Per colui che sale tutti i 14 gradini, il cie­lo è vicino).


La Vergine dice: «Figlia mia, hai visto?... Chiunque può arrivare fino a mezza costa, ma è difficile salire i quattordici gradini della scalinata (il Cal­vario di Gesù). Di' a tutti di comportarsi in modo da non perdere almeno quel merito che hanno accumulato con tanta fatica. Arrivederci...».

domenica 26 giugno 2011

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Benedetto XVI: Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo - 23 giugno 2011


OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Giovedì, 23 giugno 2011


Cari fratelli e sorelle!


La festa del Corpus Domini è inseparabile dal Giovedì Santo, dalla Messa in Caena Domini, nella quale si celebra solennemente l’istituzione dell’Eucaristia. 
Mentre nella sera del Giovedì Santo si rivive il mistero di Cristo che si offre a noi nel pane spezzato e nel vino versato, oggi, nella ricorrenza del Corpus Domini, questo stesso mistero viene proposto all’adorazione e alla meditazione del Popolo di Dio, e il Santissimo Sacramento viene portato in processione per le vie delle città e dei villaggi, per manifestare che Cristo risorto cammina in mezzo a noi e ci guida verso il Regno dei cieli. 

Quello che Gesù ci ha donato nell’intimità del Cenacolo, oggi lo manifestiamo apertamente, perché l’amore di Cristo non è riservato ad alcuni, ma è destinato a tutti. Nella Messa in Caena Domini dello scorso Giovedì Santo ho sottolineato che nell’Eucaristia avviene la trasformazione dei doni di questa terra – il pane e il vino – finalizzata a trasformare la nostra vita e ad inaugurare così la trasformazione del mondo. 

Questa sera vorrei riprendere tale prospettiva.

Tutto parte, si potrebbe dire, dal cuore di Cristo, che nell’Ultima Cena, alla vigilia della sua passione, ha ringraziato e lodato Dio e, così facendo, con la potenza del suo amore, ha trasformato il senso della morte alla quale andava incontro. 
Il fatto che il Sacramento dell’altare abbia assunto il nome “Eucaristia” – “rendimento di grazie” – esprime proprio questo: che il mutamento della sostanza del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo è frutto del dono che Cristo ha fatto di se stesso, dono di un Amore più forte della morte, Amore divino che lo ha fatto risuscitare dai morti. Ecco perché l’Eucaristia è cibo di vita eterna, Pane della vita. Dal cuore di Cristo, dalla sua “preghiera eucaristica” alla vigilia della passione, scaturisce quel dinamismo che trasforma la realtà nelle sue dimensioni cosmica, umana e storica. Tutto procede da Dio, dall’onnipotenza del suo Amore Uno e Trino, incarnato in Gesù. In questo Amore è immerso il cuore di Cristo; perciò Egli sa ringraziare e lodare Dio anche di fronte al tradimento e alla violenza, e in questo modo cambia le cose, le persone e il mondo.


Questa trasformazione è possibile grazie ad una comunione più forte della divisione, la comunione di Dio stesso. La parola “comunione”, che noi usiamo anche per designare l’Eucaristia, riassume in sé la dimensione verticale e quella orizzontale del dono di Cristo.
E’ bella e molto eloquente l’espressione “ricevere la comunione” riferita all’atto di mangiare il Pane eucaristico. 
In effetti, quando compiamo questo atto, noi entriamo in comunione con la vita stessa di Gesù, nel dinamismo di questa vita che si dona a noi e per noi. Da Dio, attraverso Gesù, fino a noi: un’unica comunione si trasmette nella santa Eucaristia. 

Lo abbiamo ascoltato poco fa, nella seconda Lettura, dalle parole dell’apostolo Paolo rivolte ai cristiani di Corinto: “Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1 Cor 10,16-17).

Sant’Agostino ci aiuta a comprendere la dinamica della comunione eucaristica quando fa riferimento ad una sorta di visione che ebbe, nella quale Gesù gli disse: “Io sono il cibo dei forti. Cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me” (Conf. VII, 10, 18). Mentre dunque il cibo corporale viene assimilato dal nostro organismo e contribuisce al suo sostentamento, nel caso dell’Eucaristia si tratta di un Pane differente: non siamo noi ad assimilarlo, ma esso ci assimila a sé, così che diventiamo conformi a Gesù Cristo, membra del suo corpo, una cosa sola con Lui.

 Questo passaggio è decisivo. Infatti, proprio perché è Cristo che, nella comunione eucaristica, ci trasforma in Sé, la nostra individualità, in questo incontro, viene aperta, liberata dal suo egocentrismo e inserita nella Persona di Gesù, che a sua volta è immersa nella comunione trinitaria. Così l’Eucaristia, mentre ci unisce a Cristo, ci apre anche agli altri, ci rende membra gli uni degli altri: non siamo più divisi, ma una cosa sola in Lui. La comunione eucaristica mi unisce alla persona che ho accanto, e con la quale forse non ho nemmeno un buon rapporto, ma anche ai fratelli lontani, in ogni parte del mondo. Da qui, dall’Eucaristia, deriva dunque il senso profondo della presenza sociale della Chiesa, come testimoniano i grandi Santi sociali, che sono stati sempre grandi anime eucaristiche. 

Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, 
lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato; 
ed è attento ad ogni persona, 
si impegna, in modo concreto, per tutti coloro che sono in necessità. 

Dal dono di amore di Cristo proviene pertanto la nostra speciale responsabilità di cristiani nella costruzione di una società solidale, giusta, fraterna. Specialmente nel nostro tempo, in cui la globalizzazione ci rende sempre più dipendenti gli uni dagli altri, il Cristianesimo può e deve far sì che questa unità non si costruisca senza Dio, cioè senza il vero Amore, il che darebbe spazio alla confusione, all’individualismo, alla sopraffazione di tutti contro tutti. 

Il Vangelo mira da sempre all’unità della famiglia umana, un’unità non imposta da fuori, né da interessi ideologici o economici, bensì a partire dal senso di responsabilità gli uni verso gli altri, perché ci riconosciamo membra di uno stesso corpo, del corpo di Cristo, perché abbiamo imparato e impariamo costantemente dal Sacramento dell’Altare che la condivisione, l’amore è la via della vera giustizia.


Ritorniamo ora all’atto di Gesù nell’Ultima Cena. Che cosa è avvenuto in quel momento? Quando Egli disse:
Questo è il mio corpo che è donato per voi, questo è il mio sangue versato per voi e per la moltitudine, che cosa accadde? 

Gesù in quel gesto anticipa l’evento del Calvario. Egli accetta per amore tutta la passione, con il suo travaglio e la sua violenza, fino alla morte di croce; accettandola in questo modo la trasforma in un atto di donazione. 
Questa è la trasformazione di cui il mondo ha più bisogno, perché lo redime dall’interno, lo apre alle dimensioni del Regno dei cieli. Ma questo rinnovamento del mondo Dio vuole realizzarlo sempre attraverso la stessa via seguita da Cristo, quella via, anzi, che è Lui stesso. 

Non c’è nulla di magico nel Cristianesimo. Non ci sono scorciatoie, ma tutto passa attraverso la logica umile e paziente del chicco di grano che si spezza per dare vita, la logica della fede che sposta le montagne con la forza mite di Dio. 

Per questo Dio vuole continuare a rinnovare l’umanità, la storia ed il cosmo attraverso questa catena di trasformazioni, di cui l’Eucaristia è il sacramento. Mediante il pane e il vino consacrati, in cui è realmente presente il suo Corpo e Sangue, Cristo trasforma noi, assimilandoci a Lui: ci coinvolge nella sua opera di redenzione, rendendoci capaci, per la grazia dello Spirito Santo, di vivere secondo la sua stessa logica di donazione, come chicchi di grano uniti a Lui ed in Lui. Così si seminano e vanno maturando nei solchi della storia l’unità e la pace, che sono il fine a cui tendiamo, secondo il disegno di Dio.

Senza illusioni, senza utopie ideologiche, noi camminiamo per le strade del mondo, portando dentro di noi il Corpo del Signore, come la Vergine Maria nel mistero della Visitazione. 

Con l’umiltà di saperci semplici chicchi di grano, custodiamo la ferma certezza che l’amore di Dio, incarnato in Cristo, è più forte del male, della violenza e della morte. 

Sappiamo che Dio prepara per tutti gli uomini cieli nuovi e terra nuova, in cui regnano la pace e la giustizia – e nella fede intravediamo il mondo nuovo, che è la nostra vera patria. 

Anche questa sera, mentre tramonta il sole su questa nostra amata città di Roma, noi ci mettiamo in cammino: con noi c’è Gesù Eucaristia, il Risorto, che ha detto: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Grazie, Signore Gesù! Grazie per la tua fedeltà, che sostiene la nostra speranza. Resta con noi, perché si fa sera. “Buon Pastore, vero Pane, o Gesù, pietà di noi; nutrici, difendici, portaci ai beni eterni, nella terra dei viventi!”. Amen.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana
http://www-maranatha-it.blogspot.com/2011/06/benedetto-xvi-solennita-del-santissimo.html

AMDG et BVM