lunedì 28 luglio 2025

LA BELLEZZA CHE HA SALVATO E SALVERA' IL MONDO

 La Santa Messa e la bellezza


Il silenzio e la solitudine che abbiamo prima evocato sono come la soglia che apre a un’altra dimensione, la porta invisibile da varcare per veder irrompere la bellezza segreta della Santa Messa; perché la Messa in rito antico è anche ed essenzialmente bella; è bella in ogni sua parte e nella sua totalità; è bella nei suoi canti e nei suoi silenzi; è bella nelle sue parole e nelle sue pause; è bella come un tutto, dove ogni parte è perfetta in sé, ma anche nei legami che la uniscono alle altre.

Questa bellezza della Messa di sempre non è paragonabile, in un certo senso, a quella di nessuna altra realtà, ovvero è superiore  e qualitativamente altra rispetto alla bellezza artistica, ad esempio, o alla bellezza di un panorama naturale. Infatti non ci troviamo semplicemente  di fronte a qualcosa che è bello, ma siamo immersi nella bellezza di una actio liturgica che è divino-umana, e rispetto alla quale non siamo semplici spettatori inerti e passivi, ma alla quale ci è concesso di prendere parte spiritualmente, adorando e pregando, unendoci infine al Sacrificio di Cristo e offrendoci con Lui al Padre: ecco la vera actuosa partecipatio.

Dunque la Santa Messa di sempre è bella di una bellezza che trascende quella di ogni altra realtà perché colui che la  contempla, ne è al contempo parte: soggetto e oggetto tendono qui a collassare in una luminosa unità. Sappiamo inoltre che la bellezza è legata all’ordine e all’armonia, ma anche che l’armonia può essere generata solo da un centro verso il quale tutte le parti convergono: ebbene nella Messa di san Pio V questo centro brilla di una luce originaria e irriducibile ed è rappresentato sul piano spaziale e fenomenico dall’altare; sul piano più profondo della realtà dal Santo Sacrificio  della croce, che sull’altare si ripresenta in modo mistico e incruento. Vi è dunque un centro verso il quale converge non solo lo sguardo del fedele, ma il suo cuore, la sua anima, la totalità della sua persona.


La bellezza della Santa Messa, in tal modo, non è più semplicemente  qualcosa di contemplato, ma diviene qualcosa di vissuto, entra nel cuore del fedele e ne invade l’anima, fino a divenire più reale della realtà fisica stessa, più intensa di ogni altra esperienza o sentimento possibili nel mondo, segno e, realtà al tempo stesso, della dolcezza infinita con la quale Cristo abbraccia  noi poveri peccatori, indegni di essere alla sua presenza, eppure mendicanti del Suo amore.


La bellezza della Santa Messa dunque non dipende, in ultima istanza, dall’edificio in cui si svolge, dalla decorazione delle pareti, dal fasto dell’altare, dalla preziosità e ricercatezza degli arredi o dei paramenti liturgici, perché si tratta di una bellezza  non delle cose, non di ciò che appare e si vede, ma di ciò che accade; si tratta della bellezza, straziante e dolcissima nello stesso tempo, di Cristo, Sacerdote e Vittima, che si immola per noi.  Qui dunque la bellezza è punto di accesso metafisico alla pienezza dell’essere, è il manifestarsi dell’Assoluto, il rilucere  della Verità stessa.

Quale differenza con la Messa 'cosìdetta' di Paolo VI, dove tutto sembra tendere al disordine e al caos, dove le parti sembrano giustapposte approssimativamente, slegate fra loro, incapaci di convergere verso un punto prospettico unitario; manca infatti qui il centro che dovrebbe essere rappresentato dal Santo Sacrificio dell’altare. I riti e le parole sembrano studiati per ridurre tutto a rimando simbolico, senza più essere in se stessi capaci di significare  e rendere manifesta la realtà del grande mistero che viene celebrato.  

In questi tempi di tenebra, nei quali sempre più spesso siamo inclini a ripetere la profonda domanda del grande scrittore russo : ” Quale bellezza salverà il mondo? ”, ogni cattolico di buona volontà può dire di avere la risposta: la bellezza che salverà il mondo, l’unica che può toccare il  cuore di un’umanità che sembra sprofondata nel deliquio di una follia irredimibile, è la bellezza della Santa Messa di sempre, la Santa Messa di San Pio V. 


Questa e solo questa è la Messa che ha permesso di santificarsi a generazioni di cattolici, che ha consolato gli ammalati e gli afflitti, gli abbandonati e gli sconfitti, i peccatori e i consacrati;  questa e solo questa è la Messa che rende possibile la vita contemplativa e sacerdotale, la castità degli sposi e dei fidanzati, l’eroismo dei martiri e dei confessori. 


E’ la Santa Messa di sempre che ci porta sul Golgota e ci insegna che, di fronte a Cristo crocifisso per noi, non possiamo porre alcun limite al dono che dobbiamo fargli della nostra anima, della nostra persona, della nostra vita stessa, arsi dall’incendio della sua Carità, consumati dalla stessa divorante sete di santità e di sacrificio.
Articolo di Matteo D'Amico

Ave Maria Purissima!

CAMIONERO... CAMIONISTA...


 

https://www.youtube.com/watch?v=BWzfUtK2eHc


AVE MARIA!

domenica 27 luglio 2025

Oh! non c'è che un Dio. E tutto è a Lui soggetto. Anche l'Avversario........

 


CAPITOLO 24 

del libro di AZARIA, angelo custode di M.Valtorta


Settima domenica dopo Pentecoste


28 luglio 1946

   

Dice Azaria:

   «Anche oggi poche parole che vengono dai Cieli per pietà del tuo soffrire fisico, ma tutta, tutta la gioia spirituale a compenso di tutto il dolore.
   L'averti persuasa, attraverso questa passione e questa persecuzione che ti hanno data, che l'Opera è proprio da Dio, ti deve far riguardare questa tortura - che Dio ha permessa per mettere a prova i metalli dei cuori, il tuo e quello degli altri, saggiarne la materia e misurarne le vibrazioni al tocco del soprannaturale - come cosa buona, non inutile e sterile.
   Ti è stato spiegato altre volte. Dio, il Padre buono, a rendere meno malvagie le azioni di Satana e degli uomini, non le lascia passare senza trarre da esse un merito per chi le subisce.
   Hai mai riflettuto, o Maria, che anche la nequizia satanica, che si crede libera di fare, padrona di torturare, capace di competere con Dio, di cui si crede uguale, e di beffare e contraddire Dio, finisce a servire ai disegni di Dio, facendo brillare più vive che mai le azioni dei figli di Dio?

   Oh! non c'è che un Dio. E tutto è a Lui soggetto. Anche l'Avversario, che gli si crede simile, non è che un soggetto, e, volendo nuocergli, in realtà lo serve perché aumenta la corte celeste, ossia la gloria di Dio, dei santi che egli tentò e tormentò, e che seppero resistergli ed esercitare le virtù sotto la sferza della persecuzione.
   Sì, i santi, che senza l'Avversario sarebbero divenuti dolcemente santi, unicamente per riconoscenza ai doni gratuiti di Dio, per l'opera del demonio divengono fortemente santi, perché devono per tutta la vita lottare contro le sue insidie, tanto più vive quanto più egli capisce che sono prede che gli sfuggono. Ecco perché tutto è provvidenza che amorosamente segue un disegno di bene, anche se alla limitatezza umana ciò non può apparire.
   Lo so! Capire questo è difficile per chi è sotto la morsa del dolore. Ma tu, anima mia, vivente già nell'aura pacifica e beatifica che ti avvolge scendendo dai Cieli, vivendo già nella luce che illumina ogni vero, esperta ormai del linguaggio sapienziale che si parla in Cielo, fatta felice dai sorrisi e sguardi che noi, che ti amiamo, ti diamo per dirti che ci sei cara - e oso unire il mio sorriso e sguardo di creatura angelica, tanto inferiore a Dio, a quelli divinamente perfetti di Dio, del tuo Gesù e della Regina nostra gloriosa - tu, che mentre le tenebre cercano di fasciarti di tenebre per darti paura e dolore, conservi sempre lo sguardo fisso nella Luce che ti ama, tu comprendi questa verità e dici con me: "Tutto è provvidenza che amorosamente segue un disegno di bene".

   Tu fai questo continuo atto di fede, speranza e carità, perché credi nella Bontà Sapiente del Signore, perché lo ami e ami coloro che, ferendoti, ti danno una corona di più, li ami col Cristo "perdonandoli perché non sanno ciò che fanno" e perché speri fortemente che per questo soffrire il Signore ti darà una più grande e sollecita pace.
   Leggiamo Paolo, ora, il beato Paolo che dà un'altra versione sulla utilità del soffrire.
   È cosa vera che raggiungere la santificazione vuol dire soffrire, mentre seguire la Tentazione vuol dire materialmente godere. Perché la via della santificazione è cosparsa di rinunce, di lotte, di dolore, mentre la via della Tentazione è cosparsa di appagamenti e di una apparente calma che è inganno celante la verità della disperazione futura ed eterna.

   Ed è anche vero che non vi è creatura che non abbia mai ceduto alla Tentazione, facendo dono di sé stessa, delle proprie membra, e non di esse sole, ma anche dell'intelletto che consente e dell'anima che non reagisce, alle immondezze di varie specie che vengono dette "peccati" e che sono altrettante disubbidienze ai Comandamenti di Dio e ai precetti santi.
   Per questo consentire alla colpa l'uomo merita il castigo, tanto più grave quante e quali sono le colpe. Né viene annullato del tutto il debito dovuto a Dio col Sacramento della Penitenza, che cancella il peccato ma richiede ancora espiazione per esso. Ebbene, la bontà del Padre dà alla creatura di espiare sulla Terra, facendo servire alla conquista del Bene eterno quelle stesse cose: le membra, l'intelletto e lo spirito, che avevano stoltamente acconsentito al male. Ecco allora che, come raccomanda l'Apostolo, l'uomo può, con ciò che servì al peccato, servire alla giustizia e riparare il passato conquistando la santificazione.

   Una dolce schiavitù, questa, di seguire e servire la giustizia, una schiavitù santa per ottenere la libertà senza fine. Coloro che sono i servi del mondo la deridono e deridono come stolti coloro che in essa sapiente schiavitù si mettono, rifiutando le false libertà del mondo e della carne, scontabili in perpetua schiavitù tremenda nell'altra vita.
   Ma voi, anime di giusti, che preferite la mortificazione e abbracciate il dolore come l'amico più sicuro per andare a Dio, come il trasformatore più certo dell'uomo animale in uomo spirituale, e poscia in spirito regale nel Regno celeste, in figlio di Dio nella Patria di Dio, guardando il tempo in cui ancora non eravate in questo servizio del Bene, che dite? Era forse libertà vera quella di allora? Vi dava realmente dell'utile? No. Nelle strette delle mortificazioni, talora del dolore, non vi sentite forse ricchi e beati per dei doni reali i quali non passeranno, ma anzi, completi, perfetti, beatifici, aumenteranno quando li potrete godere nel Cielo, da spiriti capaci di gustare completamente ciò che da uomini non poteste gustare per limitatezza delle vostre forze?

   "Certamente la fine delle cose vergognose è la morte", dice Paolo. Mentre, con la liberazione dalle schiavitù del senso e del peccato, e col servizio leale di Dio, la fine è la pace, la gloria, la Vita, il Possesso di Dio.
   Amate dunque la sofferenza e la mortificazione, come mezzi di espiazione in un primo tempo, di santificazione poi, e lodate il Signore che vi concede di offrire un sacrificio continuo, più eletto di quello di offerte materiali di denaro o di doni simili agli arieti e ai vitelli dell'antica Legge. Il sacrificio della vostra volontà, delle vostre passioni, di tutto l'io alla paterna provvidenza di Dio, perché vi conduca, come ha condotto suo Figlio anche alla morte di Croce, per essere oltre che redentori vostri, redentori dei vostri fratelli.
   Sì, Maria. Offri per i tuoi fratelli e confratelli il tuo sacrificio. Di' col tuo Gesù: "L'anima mia è turbata". Non sei da più di Gesù. Egli ha provato il ribrezzo per il dolore e la morte. Lo puoi provare tu pure e confessarlo umilmente.

   Ma prosegui: "E che dirò? Padre, salvami da quest'ora? Io sono venuta appunto per quest'ora", ossia perché, col sacrificio totale, si aumenti la gloria di Dio con la conquista di molte anime a Dio.
   E chiedi, certa di essere ascoltata, che dove tu vai essi pure siano, ossia in Dio. L'immolazione ottiene tutto ciò che chiede. E non c'è cosa più grande, per mostrare ai tuoi fratelli e confratelli il tuo amore, di questa di compiere il tuo sacrificio chiedendo per essi la Luce e l'Amore per salvezza e gloria futura».

AMDG et D.V. MARIAE

sabato 26 luglio 2025

CARD. RATZINGER * Contro la dittatura del relativismo *

CONTRO LA DITTATURA DEL

RELATIVISMO



https://www.youtube.com/watch?v=zdbTkdm-Smg 


Il 18 aprile 2005 si apriva il Conclave per l'elezione del successore di Giovanni Paolo II. Il card. Ratzinger, decano del Collegio Cardinalizio, presiedette la Missa pro eligendo Romano Pontifice, tenendo un'omelia rimasta nella storia per coraggio e chiarezza. 



A v e  M a r i a 

SAN CHARBEL

 


SAN CHARBEL


https://www.youtube.com/watch?v=ux4Fu0bdpcY



AVE MARIA!

domenica 20 luglio 2025

LUCE e CONFORTO al tuo Spirito

 


Sesta domenica dopo Pentecoste


21 luglio 1946

   Introito: Salmo 28 (27), 1.8-9.
   Orazione: O Dio delle virtù, da cui procede tutto ciò che è ottimo, infondi nei nostri cuori l'amore del tuo nome, e aumenta in noi la religione, e fa' di nutrire ciò che è buono, e di mantenere con lo zelo della pietà ciò che hai nutrito.
   Epistola: Romani 6, 3-11.
   Graduale: Salmo 31 (30), 2-3; 90 (89), 1.13.
   Vangelo: Marco 8, 1-9.
   Offertorio: Salmo 17 (16), 5-7.
   Segreta: Sii propizio, Signore, alle nostre suppliche, ed accetta benigno queste offerte del tuo popolo; e, affinché nessun voto vada a vuoto, nessuna domanda resti vana, fa' che in realtà otteniamo ciò che domandiamo con fede.
   Comunione: Salmo 27 (26), 6.
   Dopocomunione: Ora che siamo ripieni dei tuoi doni, fa', te ne preghiamo o Signore, che per la loro virtù siamo purificati e fortificati per il loro aiuto.
  

   Dice Azaria:
   «Per dare conforto al tuo spirito, compatendo la debolezza della materia che non può stare applicata, Dio mi manda a parlare, come è supplicato nell'Introito, onde tu non abbia a sentirti "come coloro che discendono nella fossa". 

E per rassicurarti che "non morrai" ma "vivrai in Cristo", ti propongo la meditazione dell'epistola di Paolo (Romani 6, 3-11.) , così poco compresa anche da chi si dice fervente cattolico.

   Cosa è di preciso il battesimo? I più risponderebbero: "Una cerimonia che si usa fare al principio della vita per mostrare che siamo cattolici"; un'altra parte, più piccola, direbbe: "È quel Sacramento che cancella il peccato originale e ci rende la Grazia". Avrebbero già risposto bene, mostrandosi possessori di un minimo di cognizioni religiose sufficienti per vivere cattolicamente, in modo da salvarsi se, alle cognizioni, si unisce la buona volontà.
   Ma molto pochi andrebbero più in là col pensiero sino a sviscerare cosa è il Battesimo veramente, di che è formato, la sua natura vera, celata sotto le sostanze usate per il rito. Se molti pensassero alla "natura" del Battesimo cattolico, e se molti si industriassero a far capire ai figli o figliocci loro, sin dalla più tenera età, questa natura, veramente verrebbe, tanto in questi pueri come nei loro padri o padrini, un profondo amore per il Cristo, un amore tale che tratterrebbe dal peccare, un amore così forte da portare ad opere sante per compensare il dono ricevuto all'inizio della vita e, con l'amore, saldare il debito che abbiamo verso il Cristo, così come, con il dolore, saldare quello verso l'Altissimo.


   "Rimetti a noi i nostri debiti", voi pregate. Egli ve lo ha insegnato. Ma giusto è anche, fin dove si possa, sforzarsi a saldare il debito per proprio conto, senza pretendere che l'unico generoso sia Dio.
   Questo trattenere dal peccare, questa riconoscenza amorosa verso Colui che vi rende la natura di figli di Dio, la compartecipazione, attraverso la Grazia, alla Vita, alla gloria, alla divinità, viene spontanea in chi sa contemplare il Battesimo per ciò che è realmente.


   Esso è l'immersione nel patimento di Gesù, nelle sue lacrime, nel suo Sangue, nelle sue umiliazioni, nella sua morte. Questo è sotto la specie dell'acqua. Il Vincitore della Morte è morto per distruggere la più vera morte: quella del peccato. E si è svenato per darvi di che far bianche le vostre anime, e si è fatto squarciare il petto per accogliervi nel cavo del suo Cuore. E di là risorgiate a vita di Grazia.


   Vincitore e consumatore, Egli ha vinto e consumato. Ma si richiede che l'uomo lo secondi acciò il sangue dell'Agnello non gridi contro voi come contro sacrileghi derisori e dissipatori del suo Sacrificio.


   Se il cattolico pensasse queste cose non chiamerebbe più il Battesimo "cerimonia", lo vedrebbe non soltanto come Sacramento che rende la Grazia e annulla la Colpa, ma come olocausto del Cristo che si è svenato per darvi il lavacro che toglie il Male e fa partecipi del Bene; per farvi, da creature, semidei; per infondervi le Virtù indispensabili per salvarvi e perciò anche per rendervi capaci di comprendere la Sapienza, credere, sperare nella Misericordia.


   Chi è nato e risorto nel Sangue di Cristo e resta fedele a quel Sangue non muore più. Ma vive in Gesù Cristo Salvatore, avendo, come Lui, vinto il mondo e Satana nelle concupiscenze domate.
   Riposa, anima mia. Ti ho dato poche parole perché tu non tremassi di esser abbandonata. Ma la carità mi vieta di esigere da te uno sforzo anche solo di attenzione. Riposa. Io pregherò in tua vece. Tu offri il tuo soffrire come compartecipazione al S. Sacrificio di questa domenica...».

AMDG et D.V.MARIAE

giovedì 17 luglio 2025

LETTERA ENCICLICA DI SUA SANTITÀ LEONE PP. XIII: LAETITIAE SANCTAE

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SUA SANTITÀ: LEONE PP. XIII

LETTERA ENCICLICA
DI SUA SANTITÀ

LEONE PP. XIII

 

Ai Venerabili Fratelli Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi e agli altri Ordinari locali che sono in pace e comunione con la Sede Apostolica.
Il Papa Leone XIII. Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

Alla santa gioia che Ci portò, ricolmo di felicitazioni, il cinquantesimo anno dalla Nostra consacrazione episcopale, si aggiunse graditissimo il fatto che abbiamo sentito vicini, con una bellissima dimostrazione di fede e di amore, tutti i membri dell’intiera cristianità, proprio come figli vicini al padre. In tutto questo, con sentimenti di sempre nuova gratitudine, riconosciamo ed esaltiamo il disegno della divina Provvidenza, sommamente benevolo nei Nostri confronti e di grande giovamento per la Chiesa. Né con minore ardore il Nostro cuore brama tessere le lodi ed esaltare l’ottima mediatrice di questo beneficio presso Dio: la sua augusta Madre.

Questo suo singolare amore che, in modi diversi, Noi stessi abbiamo sempre sentito presente nei vari momenti della vita, si svela ogni giorno di più ai Nostri occhi e inondando di dolcezza l’anima, Ci rafforza con una fiducia sovrumana.

Sembra proprio di udire la voce stessa della celeste Regina, quando benevolmente Ci rincuora nelle più aspre traversie della Chiesa, quando Ci aiuta, con ripetute ispirazioni, a dar vita a iniziative utili alla comune salvezza e quando Ci esorta a suscitare la pietà e ogni sorta di esercizio della virtù nel popolo cristiano. Già in passato fu per Noi un dolce e sacro impegno corrispondere a questi suoi desideri.

È doveroso mettere in evidenza, tra i frutti che, con il suo patrocinio, hanno fatto seguito alle Nostre esortazioni, il grande sviluppo che ha registrato la devozione al suo santissimo Rosario. Lo dimostrano le pie Confraternite, che in qualche luogo sono cresciute di numero e in qualche altro sono state costituite; gli scritti redatti con saggezza e divulgati con profitto tra il popolo e le stesse opere d’arte che lo hanno illustrato con raffinata eleganza.

Ma proprio ora, come se ascoltassimo la parola stessa della premurosissima Madre che Ci incalza, “Parla a gran voce e non desistere”, è per Noi gradito intrattenerCi nuovamente con voi del Rosario mariano, Venerabili Fratelli, nell’imminenza del mese di ottobre, che Noi abbiamo voluto consacrato a lei con l’amabilissima pratica del suo Rosario, corredata dei doni della santa Indulgenza.


Il Nostro discorso non avrà il precipuo intento di aggiungere lodi ad una preghiera di per sé tanto eccelsa, o di spingere i fedeli a coltivarla con una pratica di più convinta pietà, ma riguarderà i molteplici e scelti benefici che ne possono derivare, particolarmente utili per la condizione dei tempi e delle persone. Siamo infatti pienamente convinti che la pratica del Rosario, curata in modo da farne scaturire la forza morale che vi è racchiusa, genererà frutti copiosi, non solo per i singoli, ma per tutta la società.

Nessuno può essere all’oscuro che Noi abbiamo rivolto tutto il Nostro impegno e la forza del Nostro supremo ministero a promuovere il bene sociale, e che siamo ancora disponibili, con l’aiuto di Dio, a promuoverlo. Chi infatti detiene il potere, è stato da Noi ripetutamente ammonito a non promulgare leggi e a non usarle se non nel puntuale rispetto delle disposizioni della Mente divina. Abbiamo inoltre esortato con insistenza quei cittadini che superano gli altri, o per l’ingegno, o per i meriti, o per la nobiltà e la ricchezza, a tutelare e a promuovere, con il contributo della loro saggezza e della loro forza, i più alti e i più importanti valori della società.

In una società civile come l’attuale, sono decisamente troppe le cose che rendono precari gli obblighi del pubblico comportamento, e i popoli vengono distolti dal perseguire la piena correttezza dei costumi. Ci sembrano soprattutto tre le cose che più di ogni altra compromettono il bene comune: il rifiuto della vita modesta e laboriosa, la paura del sacrificio, l’oblio dei beni futuri in cui speriamo.

Non siamo soli a lamentarci, ma anche quelli che riconducono ogni cosa al lume e all’utilità della natura, confessano a loro volta e si rammaricano del grave danno inferto alla società, e ne ravvisano la causa proprio nella noncuranza dei doveri e dei valori che qualificano il semplice e comune modo di vivere.

Da qui le conseguenze sulla vita domestica, dove l’obbedienza voluta dalla natura viene messa sfacciatamente in discussione dai figli, insofferenti di ogni forma di educazione che non sia all’insegna della condiscendenza e dell’appagamento. Da qui il disinteresse degli operai per le loro attività, il rifiuto della fatica, il malcontento per il proprio stato e la spinta ad aspirare ad una più alta condizione di vita e ad un’improbabile uguale spartizione dei beni. Considerazioni dello stesso genere hanno spinto molti ad abbandonare la campagna natia, per immergersi nei rumori e negli sfrenati allettamenti della città. Da qui l’assenza di equilibrio fra le classi sociali, la mancanza di sicurezza, l’imbarbarimento degli animi causato dalla competizione e dall’invidia; infine, coloro che sono rimasti delusi nelle loro speranze, attentano alla pace sociale ricorrendo alla rivolta e a turbolenze, opponendosi a coloro che hanno il dovere di difenderla.


Si cerchi il rimedio a questi mali nel Rosario di Maria, che si articola in un ben definito ordine di preghiere e nella meditazione dei misteri di Cristo Salvatore e di sua Madre. Si curi dunque una presentazione adatta al popolo dei Misteri gaudiosi, tali che appaiano agli occhi degli uomini come se fossero pitture ed immagini di virtù; ognuno potrà cogliervi una serie di esempi, completa e di facile comprensione, utile ad imprimere l’indirizzo per una vita onesta, in grado di allettare dolcemente gli animi.

Si fermi l’attenzione sulla casa di Nazareth, dimora divina ed umana della santità. Quale testimonianza di vita quotidiana vi si rispecchia! Quale perfetto modello di comunità domestica! Qui, semplicità e purezza di costumi, piena armonia degli animi, nessuno stravolgimento delle norme, rispetto vicendevole e un amore non simulato e mendace, ma che si esprime in modo così convinto nell’adempimento dei doveri, da catturare l’attenzione di chi guarda. Colà non manca certo l’impegno di procurare quanto è indispensabile per l’alimentazione e per il decoro, ma con il sudore della fronte, proprio di chi, contento del poco, si dà da fare per diminuire la povertà, non per accumulare ricchezza. Ma vi regna soprattutto una perfetta serenità di spirito e una felicità altrettanto grande: due stati d’animo che non abbandonano mai chi opera con rettitudine.

Gli esempi di queste virtù, specialmente di modestia e di semplicità, di accettazione della fatica, di bontà verso il prossimo, di osservanza delle più umili incombenze proprie della vita quotidiana, unitamente ad ogni altro comportamento esemplare, mentre prendono forma nella mente, s’insinuano gradualmente nel profondo dell’anima e vi operano l’auspicato cambiamento del modo di pensare e di vivere.

Il proprio lavoro tornerà allora accetto a ciascuno: esso non sarà più disprezzato ed insopportabile, ma gratificante e piacevole e, come se fosse pervasa da un senso di soddisfazione, questa consapevolezza del dovere indurrà ad operare bene con più convinzione. Ne deriverà un addolcimento generale dei costumi; la vita domestica sarà fonte di amore e di gioia; il rapporto con gli altri si qualificherà per l’alto senso di rispetto e di benevolenza. Se tutto questo sarà trasferito dal singolo alla famiglia, alle comunità e all’intera società per indirizzarne la vita, senz’ombra di dubbio, ne trarrà grandi vantaggi la collettività.

Un altro male, assai deleterio, che non potrà mai essere sufficientemente deplorato perché col passare del tempo si diffonde e corrompe seriamente gli animi, è ravvisabile nel rifiuto del dolore, nel respingere con decisione ciò che è difficile e sgradevole. Sta infatti emergendo una nutrita schiera di persone che non considerano, come sarebbe doveroso, la serena libertà degli animi un premio riservato a coloro che, per tenere fede agli impegni della virtù, affrontano con decisione i pericoli e le fatiche, ma la immaginano come un ipotetico stato di perfezione della società dove, eliminato ciò che è sgradito, si potrà fruire di tutte le cose piacevoli della vita terrena. A causa di questo desiderio smodato di vivere all’insegna del piacere, si scivola verso l’indebolimento della mente, la quale, pur non annullandosi completamente, viene a tal punto infiacchita che si arrende con viltà ai mali della vita e si lascia miseramente travolgere.


Anche in questa critica situazione, per rafforzare gli spiriti possiamo riprometterci un rilevante aiuto (perché grande è la forza dell’esempio) dal Rosario mariano, se saranno indirizzati a meditare in dolce silenzio, fin dalla prima fanciullezza e con crescente assiduità, i Misteri cosiddetti dolorosi. Questi ci offrono l’opportunità di contemplare Cristo, causa e coronamento della nostra Fede, che si vota all’azione e all’insegnamento, perché possiamo cogliere nel suo esempio un riscontro di quanto ci ha insegnato sul modo di sopportare la nostra fatica e il nostro dolore, e renderci anche conto che le cose più difficili da tollerare, sono state da lui affrontate con grande spirito di sopportazione. Lo vediamo in preda alla tristezza al punto di grondare sangue per tutte le membra, cose se fosse sudore. Lo vediamo incatenato come un malfattore affrontare il giudizio degli empi, fatto segno di crudeli ingiurie e di falsi crimini. Lo vediamo martoriato dai flagelli, coronato di spine, inchiodato alla croce, con l’aspetto di chi non merita più di vivere, ma è solo degno di morire tra gli schiamazzi beffardi di una folla. Poniamo anche mente al dolore della santissima sua Madre: la sua anima non fu solo colpita, ma trapassata dalla spada del dolore, sì da essere chiamata, ed essere, la madre dei dolori.

Chi contempli gli esempi di così eccelse virtù con assidua riflessione, e non soltanto con gli occhi, non potrà non sentire ardere il cuore dal desiderio di imitarle! Gli si erga pure contro la terra maledetta che germina spine e triboli; sia la sua mente oppressa dall’angoscia e il suo corpo tormentato dalle malattie: non potrà presentarsi, causato dall’invidia degli uomini o dalla rabbia dei demoni, alcun male, né un’imprevista disgrazia pubblica o privata, che non possa superare con la sopportazione. Per questo è corretta l’affermazione che “è proprio del cristiano compiere e sopportare cose eroiche”: infatti il cristiano degno di questo nome non può, in nessun caso, non seguire Cristo che soffre.

Ora Noi definiamo pazienza, non la vana ostentazione di un amico reso insensibile al dolore, tipica dottrina di alcuni antichi filosofi, ma quella che, sull’esempio di chi “pur avendo di fronte a sé la gioia, scelse la croce, senza temere la vergogna” (Eb 12,2) sollecita da Cristo l’aiuto della grazia indispensabile per non rifiutare di sopportare con forza le sofferenze, e anche per trarne profitto, considerando la sopportazione, anche quella più dura, un guadagno.

La Chiesa cattolica ebbe nel passato, e li ha tuttora, molti seguaci di questa dottrina che si distinsero in modo eminente: uomini e donne di ogni classe sociale che, in ogni luogo, seguendo le orme di Cristo Signore, furono oggetto di ogni sorta di ingiurie e di sventure a motivo della virtù e della religione e fecero propria, nei fatti più che nelle parole, la famosa espressione di Didimo: “Andiamo anche noi e moriamo con lui” (Gv 11,16).

Possano sempre più moltiplicarsi queste testimonianze di nobile costanza: in esse trovino incremento la difesa della società, la gloria e la forza della Chiesa!


Il terzo dei mali, al quale occorre trovare rimedio, si sta rivelando proprio negli uomini del nostro tempo. Infatti gli uomini dei tempi passati, che pure amavano le cose terrene, e forse con più passione, non disprezzavano quasi mai completamente quelle celesti; i più saggi dei pagani insegnarono che questa vita è per noi un alloggio, non una casa, un asilo di transito, non un’abitazione. Invece gli uomini attuali, pur avendo ricevuto un’educazione cristiana, in gran numero inseguono con tanto accanimento i beni fugaci di questo mondo, come se volessero non solo far svanire il ricordo della patria più importante che dona una felicità senza tramonto, ma anche con gran vergogna, di vederlo cancellato, mentre Paolo ammonisce invano: “Non abbiamo quaggiù una dimora definitiva, ma siamo in cerca di quella futura” (Eb 13,14)

Chi tenta di scoprirne le cause, s’imbatte anzitutto nella convinzione, presente in molti, che con il pensiero delle cose future si annulli l’amore per la patria terrena e si comprometta la prosperità dello Stato. Non vi è niente di più odioso e di più stolto. Non è infatti nella natura delle cose sperate assorbire la mente degli uomini, in modo a tal punto esclusivo, da distoglierla completamente dalla cura dei beni presenti, dal momento che Cristo stesso proclamò che si deve cercare il regno di Dio come primo e più importante impegno, ma non che si trascuri il resto.

Se l’uso dei beni terreni e ogni onesta soddisfazione che è possibile trarne, tornano utili ad accrescere e a ricompensare la virtù; se la magnificenza e il benessere della città terrena, che sono la fonte del più nobile onore della società, si ispirano alla magnificenza e al benessere della città eterna, non vi è nulla di disdicevole per la razionalità dell’uomo, né di contrario alle disposizioni divine. È Dio, infatti, che ha creato la natura e la grazia, non perché si ostacolino a vicenda ed entrino in conflitto fra di loro, ma perché procedano unite, sostenute da un patto vantaggioso per agevolare, sotto la loro guida, il raggiungimento della felicità immortale, che è la meta di noi mortali, con un cammino meno aspro.

Ma gli uomini dediti al piacere, che amano solo se stessi e che si abbassano a rivolgere tutti i loro pensieri ai beni caduchi, tanto da non poter mirare più in alto, per non essere distratti dai beni visibili di cui godono, e aspirare a quelli eterni, preferiscono perdere anche l’idea dell’eternità e cadere nella condizione più miserabile. Non vi è pena più dura, che la Divinità possa infliggere, del permettere che l’uomo, immemore dei beni eterni, rincorra per tutta la vita gli allettamenti del piacere.

Potrà tuttavia tenersi lontano da questo pericolo chi farà ricorso alla pia pratica del Rosario e farà rivivere nella propria mente, con assiduità ed attenzione, quanto vi viene presentato dai Misteri gloriosi. Sono questi i Misteri che offrono alla mente cristiana un esempio luminoso per rivolgere lo sguardo a quei beni che, se pure sfuggono alla vista, riteniamo, con fede sicura, preparati da Dio “per quelli che lo amano”.

Ci viene pure insegnato che la morte non è una fine che tutto toglie e annienta, ma un passaggio e un cambiamento di vita. Ci viene ricordato che la via del cielo è aperta a tutti, perché quando contempliamo Cristo che vi fa ritorno, ci rammentiamo della sua gratificante promessa: “Vado a prepararvi un posto”. Ci viene rammentato che giungerà il tempo nel quale “Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi, e non ci sarà più né lutto, né lamento, né dolore, ma saremo sempre con il Signore, simili a Dio perché lo vedremo come egli è; potremo dissetarci al torrente della sua felicità, concittadini dei Santi”, in comunità di vita con la grande Regina e Madre beatissima.

Meditando queste cose, l’anima non potrà non accendersi d’amore e sarà costretta a ripetere le parole di quel gran Santo: “Che cosa di poco conto è la terra, quando contemplo il cielo!”. Potrà anche consolarsi ricorrendo a quella famosa espressione: “La nostra momentanea e leggera sofferenza ci procura una eterna quantità di gloria”.

È senza dubbio questo il modo corretto per collegare il tempo presente con l’eternità, la città terrena con quella celeste; solo con questo mezzo si possono far crescere anime forti e nobili. Se sarà possibile contare su un gran numero di queste persone, la società manterrà salda la dignità e la grandezza, fiorirà tutto ciò che è vero, buono e bello, in sintonia con la direttiva di colui che è il principio sommo della verità, della bontà e della bellezza.

Tutti possono rendersi conto di quanto abbiamo affermato all’inizio: di quali vantaggi sia prodigo il potere del Rosario mariano, e in che modo straordinario possa sanare i mali del nostro tempo e tener lontano le più grandi sventure della società.

Ora questa virtù, com’è ovvio, potranno anzitutto sentirla, e con più abbondanza di frutti, coloro che, iscritti alle sacre Confraternite del Rosario, si distinguono dagli altri per lo speciale legame fraterno che li unisce, e per la devozione verso la Santissima Vergine. Queste Confraternite, approvate con decreto dei Romani Pontefici e da loro arricchite con privilegi e con concessioni di indulgenze, sono rette da Statuti e da Ordinamenti propri, noti a tutti; si riuniscono periodicamente e sono corredate di ottime risorse per godere di una santa vitalità e per procurare vantaggi alla società. Sono come truppe schierate in campo, che affrontano le battaglie di Cristo con la forza dei suoi sacrosanti Misteri, sotto la guida e la protezione della Regina celeste. È sempre stato noto a tutti come in ogni tempo la Madonna si sia rivelata particolarmente benevola alle loro suppliche, ai riti e alle processioni, ma in modo tutto speciale a Lepanto.

Conviene dunque impegnarsi con grande zelo e rivolgere i propri sforzi a istituire, a promuovere e a dirigere tali Confraternite. Non Ci rivolgiamo solamente ai discepoli del Patriarca San Domenico, quantunque essi vi debbano attendere con tutte le forze, perché ciò è richiesto dalla loro regola, ma anche a chiunque ha cura d’anime, specialmente in quelle chiese dove sono già state canonicamente istituite. È pure Nostro vivo desiderio che quanti intraprendono la sacra missione di portare la dottrina di Cristo alle genti pagane, o di consolidarla presso quelle civili, si facciano carico anche di questo compito.

Non nutriamo alcun dubbio che, con l’aiuto di tutti questi consiglieri, numerosi fedeli sentiranno nell’anima il desiderio di iscriversi alla Confraternita e metteranno tutto l’impegno per ottenere quei beni spirituali di cui abbiamo parlato, nei quali si trovano veramente la ragione e l’essenza del Rosario.

Dall’esempio dei Confratelli si propagheranno agli altri fedeli una stima e una devozione più accentuata per la pratica del Rosario; questi, animati in tal modo, si applicheranno con maggiore sollecitudine per condividere con quelli, come è Nostro vivissimo desiderio, l’abbondanza dei suddetti beni salutari.

Rifulge dunque per Noi questa speranza, che Ci guida e Ci è di grande conforto in mezzo a tanti mali della società. Sarà la stessa ispiratrice e maestra del Rosario, Maria, Madre di Dio e degli uomini, a rendere possibile, accogliendo le Nostre suppliche, che questa speranza possa avverarsi.

Confidiamo che sarà proprio il vostro impegno, Venerabili Fratelli, a far sì che i Nostri insegnamenti e i Nostri auspici si traducano in prosperità per le famiglie, in pace per i popoli e in ogni cosa buona.

Nel frattempo, auspice dei divini favori e pegno della Nostra benevolenza, impartiamo, con un atto di profondo amore nel Signore, l’Apostolica Benedizione a ciascuno di voi, al clero e al vostro popolo.

Dato a Roma, presso San Pietro, l’8 settembre 1893, sedicesimo anno del Nostro Pontificato.

 

LEONE PP. XIII

domenica 13 luglio 2025

Carissimi: Siate tutti uniti nella preghiera...

 



Lettura della Lettera del B. Pietro Ap.

1 Pet 3:8-15
Carissimi: Siate tutti uniti nella preghiera, siate compassionevoli, animati da amore fraterno, misericordiosi, modesti, umili: 

non rendete male per male, né offesa per offesa, ma piuttosto benedizione, poiché a ciò siete stati chiamati, al fine di ereditare la benedizione. 

Chi infatti vuole amare la vita e vedere giorni felici, preservi la sua lingua dal male e le sue labbra dalla menzogna, éviti il male e faccia il bene, ricerchi la pace e la segua. 

Poiché gli occhi del Signore sono rivolti sui giusti e le sue orecchie alle loro preghiere: mentre il volto del Signore è contro coloro che fanno il male. 

E chi vi potrà nuocere se sarete stati emulatori del bene? 

Del resto, se avrete sofferto qualche cosa per la giustizia, sarete beati. Non temete coloro che vi nuociono, e non turbatevi: ma glorificate nei vostri cuori il Cristo Signore.

℟. Grazie a Dio (DEO GRATIAS).

https://www.valtortamaria.com/operaminore/libro-azaria/6/sezione/29/14-luglio-1946-2

 AMDG et D.V.MARIAE

sabato 12 luglio 2025

Libro di Azaria: Quinta Domenica dopo PENTECOSTE - ALLA SCUOLA DI ... MARIA VALTORTA

 



Libro di Azaria



LezioneTitoloData
IDomenica di Sessagesima24 febbraio 1946
IIDomenica di Quinquagesima3 marzo 1946
IIIPrima domenica di Quaresima10 marzo 1946
IVSeconda domenica di Quaresima17 marzo 1946
VTerza domenica di Quaresima24 marzo 1946
VIQuarta domenica di Quaresima31 marzo 1946
VIIDomenica di Passione7 aprile 1946
VIIIDomenica delle Palme14 aprile 1946
IXPasqua di Risurrezione21 aprile 1946
XDomenica in Albis28 aprile 1946
XISeconda domenica dopo Pasqua5 maggio 1946
XIITerza domenica dopo Pasqua12 maggio 1946
XIIIQuarta domenica dopo Pasqua19 maggio 1946
XIVQuinta domenica dopo Pasqua26 maggio 1946
XVDomenica fra l'Ottava dell'Ascensione2 giugno 1946
XVIDomenica di Pentecoste9 giugno 1946
XVIIPrima domenica dopo Pentecoste e festa della Ss. Trinità16 giugno 1946
XVIIICorpus Domini20 giugno 1946
XIXDomenica fra l'Ottava del Corpus Domini23 giugno 1946
XXDomenica fra l'Ottava del S. Cuore e Commemorazione di S. Paolo30 giugno 1946
XXIQuarta domenica dopo Pentecoste7 luglio 1946
XXIIQuinta domenica dopo Pentecoste14 luglio 1946
XXIIISesta domenica dopo Pentecoste21 luglio 1946
XXIVSettima domenica dopo Pentecoste28 luglio 1946
XXVOttava domenica dopo Pentecoste4 agosto 1946
XXVINona domenica dopo Pentecoste11 agosto 1946
XXVIIDecima domenica dopo Pentecoste18 agosto 1946
XXVIIIUndicesima domenica dopo Pentecoste25 agosto 1946
XXIXDodicesima domenica dopo Pentecoste1 settembre 1946
XXXNatività di Maria Ss. e tredicesima domenica dopo Pentecoste8 settembre 1946
XXXIQuattordicesima domenica dopo Pentecoste15 settembre 1946
XXXIIQuindicesima domenica dopo Pentecoste22 settembre 1946
XXXIIISedicesima domenica dopo Pentecoste29 settembre 1946
XXXIVDiciassettesima domenica dopo Pentecoste6 ottobre 1946
XXXVDiciottesima domenica dopo Pentecoste13 ottobre 1946
XXXVIDiciannovesima domenica dopo Pentecoste20 ottobre 1946
XXXVIIUltima domenica di ottobre. Festa di Cristo Re e ventesima domenica dopo Pentecoste27 ottobre 1946
XXXVIIIVentunesima domenica dopo Pentecoste3 novembre 1946
XXXIXVentiduesima domenica dopo Pentecoste10 novembre 1946
XLVentitreesima domenica dopo Pentecoste17 novembre 1946
XLIVentiquattresima domenica dopo Pentecoste24 novembre 1946
XLIIPrima domenica d'Avvento1 dicembre 1946
XLIIIImmacolata Concezione e seconda domenica d'Avvento8 dicembre 1946
XLIVTerza domenica d'Avvento15 dicembre 1946
XLVQuarta domenica d'Avvento22 dicembre 1946
XLVIDomenica fra l'Ottava di Natale29 dicembre 1946
XLVIISs. Nome di Gesù e Vigilia dell'Epifania5 gennaio 1947
XLVIIIDomenica della Sacra Famiglia e fra l'Ottava dell'Epifania12 gennaio 1947
XLIXSeconda domenica dopo l'Epifania19 gennaio 1948
LTerza domenica dopo l'Epifania26 gennaio 1947
LIDomenica di Settuagesima2 febbraio 1947