CAPITOLO 24
del libro di AZARIA, angelo custode di M.Valtorta
Settima domenica dopo Pentecoste
28 luglio 1946
Dice Azaria:
«Anche oggi poche parole che vengono dai Cieli per pietà del tuo soffrire fisico, ma tutta, tutta la gioia spirituale a compenso di tutto il dolore.L'averti persuasa, attraverso questa passione e questa persecuzione che ti hanno data, che l'Opera è proprio da Dio, ti deve far riguardare questa tortura - che Dio ha permessa per mettere a prova i metalli dei cuori, il tuo e quello degli altri, saggiarne la materia e misurarne le vibrazioni al tocco del soprannaturale - come cosa buona, non inutile e sterile.
Ti è stato spiegato altre volte. Dio, il Padre buono, a rendere meno malvagie le azioni di Satana e degli uomini, non le lascia passare senza trarre da esse un merito per chi le subisce.
Hai mai riflettuto, o Maria, che anche la nequizia satanica, che si crede libera di fare, padrona di torturare, capace di competere con Dio, di cui si crede uguale, e di beffare e contraddire Dio, finisce a servire ai disegni di Dio, facendo brillare più vive che mai le azioni dei figli di Dio?
Oh! non c'è che un Dio. E tutto è a Lui soggetto. Anche l'Avversario, che gli si crede simile, non è che un soggetto, e, volendo nuocergli, in realtà lo serve perché aumenta la corte celeste, ossia la gloria di Dio, dei santi che egli tentò e tormentò, e che seppero resistergli ed esercitare le virtù sotto la sferza della persecuzione.
Sì, i santi, che senza l'Avversario sarebbero divenuti dolcemente santi, unicamente per riconoscenza ai doni gratuiti di Dio, per l'opera del demonio divengono fortemente santi, perché devono per tutta la vita lottare contro le sue insidie, tanto più vive quanto più egli capisce che sono prede che gli sfuggono. Ecco perché tutto è provvidenza che amorosamente segue un disegno di bene, anche se alla limitatezza umana ciò non può apparire.
Lo so! Capire questo è difficile per chi è sotto la morsa del dolore. Ma tu, anima mia, vivente già nell'aura pacifica e beatifica che ti avvolge scendendo dai Cieli, vivendo già nella luce che illumina ogni vero, esperta ormai del linguaggio sapienziale che si parla in Cielo, fatta felice dai sorrisi e sguardi che noi, che ti amiamo, ti diamo per dirti che ci sei cara - e oso unire il mio sorriso e sguardo di creatura angelica, tanto inferiore a Dio, a quelli divinamente perfetti di Dio, del tuo Gesù e della Regina nostra gloriosa - tu, che mentre le tenebre cercano di fasciarti di tenebre per darti paura e dolore, conservi sempre lo sguardo fisso nella Luce che ti ama, tu comprendi questa verità e dici con me: "Tutto è provvidenza che amorosamente segue un disegno di bene".
Tu fai questo continuo atto di fede, speranza e carità, perché credi nella Bontà Sapiente del Signore, perché lo ami e ami coloro che, ferendoti, ti danno una corona di più, li ami col Cristo "perdonandoli perché non sanno ciò che fanno" e perché speri fortemente che per questo soffrire il Signore ti darà una più grande e sollecita pace.
Leggiamo Paolo, ora, il beato Paolo che dà un'altra versione sulla utilità del soffrire.
È cosa vera che raggiungere la santificazione vuol dire soffrire, mentre seguire la Tentazione vuol dire materialmente godere. Perché la via della santificazione è cosparsa di rinunce, di lotte, di dolore, mentre la via della Tentazione è cosparsa di appagamenti e di una apparente calma che è inganno celante la verità della disperazione futura ed eterna.
Ed è anche vero che non vi è creatura che non abbia mai ceduto alla Tentazione, facendo dono di sé stessa, delle proprie membra, e non di esse sole, ma anche dell'intelletto che consente e dell'anima che non reagisce, alle immondezze di varie specie che vengono dette "peccati" e che sono altrettante disubbidienze ai Comandamenti di Dio e ai precetti santi.
Per questo consentire alla colpa l'uomo merita il castigo, tanto più grave quante e quali sono le colpe. Né viene annullato del tutto il debito dovuto a Dio col Sacramento della Penitenza, che cancella il peccato ma richiede ancora espiazione per esso. Ebbene, la bontà del Padre dà alla creatura di espiare sulla Terra, facendo servire alla conquista del Bene eterno quelle stesse cose: le membra, l'intelletto e lo spirito, che avevano stoltamente acconsentito al male. Ecco allora che, come raccomanda l'Apostolo, l'uomo può, con ciò che servì al peccato, servire alla giustizia e riparare il passato conquistando la santificazione.
Una dolce schiavitù, questa, di seguire e servire la giustizia, una schiavitù santa per ottenere la libertà senza fine. Coloro che sono i servi del mondo la deridono e deridono come stolti coloro che in essa sapiente schiavitù si mettono, rifiutando le false libertà del mondo e della carne, scontabili in perpetua schiavitù tremenda nell'altra vita.
Ma voi, anime di giusti, che preferite la mortificazione e abbracciate il dolore come l'amico più sicuro per andare a Dio, come il trasformatore più certo dell'uomo animale in uomo spirituale, e poscia in spirito regale nel Regno celeste, in figlio di Dio nella Patria di Dio, guardando il tempo in cui ancora non eravate in questo servizio del Bene, che dite? Era forse libertà vera quella di allora? Vi dava realmente dell'utile? No. Nelle strette delle mortificazioni, talora del dolore, non vi sentite forse ricchi e beati per dei doni reali i quali non passeranno, ma anzi, completi, perfetti, beatifici, aumenteranno quando li potrete godere nel Cielo, da spiriti capaci di gustare completamente ciò che da uomini non poteste gustare per limitatezza delle vostre forze?
"Certamente la fine delle cose vergognose è la morte", dice Paolo. Mentre, con la liberazione dalle schiavitù del senso e del peccato, e col servizio leale di Dio, la fine è la pace, la gloria, la Vita, il Possesso di Dio.
Amate dunque la sofferenza e la mortificazione, come mezzi di espiazione in un primo tempo, di santificazione poi, e lodate il Signore che vi concede di offrire un sacrificio continuo, più eletto di quello di offerte materiali di denaro o di doni simili agli arieti e ai vitelli dell'antica Legge. Il sacrificio della vostra volontà, delle vostre passioni, di tutto l'io alla paterna provvidenza di Dio, perché vi conduca, come ha condotto suo Figlio anche alla morte di Croce, per essere oltre che redentori vostri, redentori dei vostri fratelli.
Sì, Maria. Offri per i tuoi fratelli e confratelli il tuo sacrificio. Di' col tuo Gesù: "L'anima mia è turbata". Non sei da più di Gesù. Egli ha provato il ribrezzo per il dolore e la morte. Lo puoi provare tu pure e confessarlo umilmente.
Ma prosegui: "E che dirò? Padre, salvami da quest'ora? Io sono venuta appunto per quest'ora", ossia perché, col sacrificio totale, si aumenti la gloria di Dio con la conquista di molte anime a Dio.
E chiedi, certa di essere ascoltata, che dove tu vai essi pure siano, ossia in Dio. L'immolazione ottiene tutto ciò che chiede. E non c'è cosa più grande, per mostrare ai tuoi fratelli e confratelli il tuo amore, di questa di compiere il tuo sacrificio chiedendo per essi la Luce e l'Amore per salvezza e gloria futura».
AMDG et D.V. MARIAE
.jpg)
Nessun commento:
Posta un commento