Viene alla mente ciò che scriveva nel 1982 il beato Giovanni Paolo II al cardinale Ugo Poletti, allora vicario per la diocesi di
Roma.
Dopo aver sottolineato che l’abito ecclesiastico è un segno "che
esprime il nostro ‘non essere del mondo’ " e "testimonianza della
speciale appartenenza a Dio", così continuava:
“L'abito ecclesiastico,
come quello religioso, ha un particolare significato:
per il sacerdote
diocesano esso ha principalmente il carattere di segno, che lo distingue
dall'ambiente secolare nel quale vive;
per il religioso e per la religiosa esso
esprime anche il carattere di consacrazione e mette in evidenza il fine
escatologico della vita religiosa.
L'abito, pertanto, giova ai fini
dell'evangelizzazione ed induce a riflettere sulle realtà che noi
rappresentiamo nel mondo e sul primato dei valori spirituali che noi affermiamo
nell'esistenza dell'uomo.
Per mezzo di tale segno, è reso agli altri più facile
arrivare al Mistero, di cui siamo portatori, a Colui al quale apparteniamo e che
con tutto il nostro essere vogliamo annunciare”.
AMDG et BVM
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