giovedì 1 novembre 2012

Eletti, amici cari, siate riflessivi in questi giorni particolari. Siate riflessivi, ma non tristi: pensate con serenità alla fine delle cose.

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Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi

02.11.05
Eletti, amici cari, siate riflessivi in questi giorni particolari. 
Siate riflessivi, ma non tristi: pensate con serenità alla fine delle cose. La scena del mondo finisce per ogni uomo, ma inizia una scena che è come uno se l’è scelta e l’ha voluta col suo comportamento. Amati, almeno voi, che tutti Mi appartenete nella mente, nel cuore, nell’anelito dell’anima, capite che anche la morte è un Dono, un Dono del Mio Amore, considerata la condizione dell’uomo. Pensa alla vita di ogni essere umano: è fatica, è travaglio. Ti piacerebbe che essa, nel dolore e nella pena, non avesse mai fine? Mi dici: “Adorato, adorato e Meraviglioso Dio, quello che fai o permetti è sempre per il massimo bene delle creature: Tu sei l’Amore e per Amore fai ogni cosa. Capisco il fratello santo, Francesco, che parlò della morte come di una sorella, vedendola non come un nemico insidioso, ma come una porta spalancata verso l’Infinito con Te, Dio d’Amore e d’Infinita Dolcezza”. La morte è, sposa fedele, il passaggio alla vera Vita. Eletti, capite questo, ogni volta che questo pensiero vi turba nel profondo.

Sposa fedele, gioia del Mio Cuore, sii anche tu come l’amato Mio Francesco: considera tutto Dono, anche la morte. Questa è un Dono grande e sublime per chi Mi ha amato, per chi Mi ha servito fedelmente, perché Io, Io, Gesù, sono il Giudice ed apro le Mie Braccia amorose, quando l’anima Mi è stata fedele e Mi ha amato; apro le Mie Braccia amorose e l’accolgo in Paradiso, perché cessino tutte le sue schiavitù e sia felice con Me, per sempre. Amata, parla al mondo del valore e del significato grande del distacco. Porta la Mia Parola di Tenerezza al mondo che è nella grande paura, vive in ansia e trema per ogni tremolio di foglia.

Mi dici: “Adorato Signore, tutto farò, quello che mi ordini, perché altro non desidero che essere l’umile Tua serva, ma le mie parole ben pochi sono disposti ad ascoltarle. Se si parla di morte, vedi che tutti impallidiscono e tremano solo al pensiero; se, poi, si dice che essa è la porta per la vera vita, in questo mondo incredulo tutti diventano pensosi e tristi. Il loro pensiero è diverso; molti pensano, addirittura, che sia un salto nel nulla e vivono con l’angoscia del pensiero. Amore Infinito, solo Tu puoi operare il miracolo di scoprire la verità nascosta da un fitto velo. Svela al mondo, ad ogni uomo, che la morte è l’inizio di una vera vita; che la terra è solo il luogo del pellegrinaggio verso l’eternità: è un breve passaggio dove si decide la via dell’Infinito. Amore Dolcissimo, come è duro e difficile ragionare con chi è scettico e non crede! Sembra che nella sua mente ci sia una barriera insuperabile: se si parla con dolcezza, le persone sorridono con scetticismo; se parli con energia, sorridono, considerandoti insensato e pazzo. Questo è un momento speciale nel quale il Tuo nemico, astuto, opera con grande superbia; essendo uno spirito impalpabile, si insinua nei cuori, nelle menti: dove entra provoca grande sconvolgimento, porta divisione e disperazione. Amore Infinito, mi rivolgo al Tuo Cuore sublimissimo e Meraviglioso: pietà, pietà di questa Umanità che continua a non capire, ma procede nell’errore, osando sostenere che il suo non è errore! Le menti sono proprio stravolte: evidente è l’opera di un nemico che agisce con grande astuzia per ottenere la vittoria del male sul Bene”.

Amata sposa, poni il tuo capo sul Mio Cuore, Roveto Ardentissimo, ascolta serena le Mie Parole e meditaLe per, poi, farLe meditare: mai, sappi, mai, il male può trionfare sul Bene, perché esso viene dal maligno, il Bene da Me! Le vittorie sono sempre parziali e passeggere; sempre, alla fine, trionfa il Bene. Io, Io, Gesù, sono l’Eterno Trionfatore. Pensa, sposa amata, al Mio Sacrificio sublime; certo, sembrò che, in quel momento della Croce, sembrò che il male trionfasse sul Bene: Io, Io, Gesù, davanti agli occhi degli uomini, ero uno sconfitto, un vinto, un perdente; tanta era l’umiliazione! Proprio il massimo male divenne il massimo Bene. Per il Mio Sacrificio, l’Umanità di ogni tempo ha avuto salvezza ed ogni uomo si è visto perdonato gran parte del suo debito, restando soltanto pochi spiccioli. Amata, il Bene trionfa sempre ed il male viene sconfitto. Mi dici che, in questo momento storico, nelle menti c’è tanta confusione, operata dal Mio nemico infernale, e nei cuori gelo; così è, ma questo avviene, perché l’uomo ha voluto staccare il cuore dal Mio Cuore e la mente da Me, dalla Mia Luce. Sono in gran numero quelli che si sono lasciati ingannare in questo modo: affondati nel fango del peccato, hanno preferito il nulla al Tutto. Nel cuore potresti dire: “Perché, perché tanta stoltezza nell’uomo?” Amata, nessuno viene costretto a fare il Bene, se non vuole, a dominare le proprie passioni, se non vuole: non desidero affatto essere amato da chi non Mi vuole amare né obbligo a servirMi, se non si vuole farlo. Ho detto all’uomo: hai la possibilità di immergerti nel Mio Tutto, nell’Oceano Infinito del Mio Amore, puoi anche, però, rifiutarMi e fare diversamente. Hai la libertà; fanne il giusto uso: dalla tua scelta dipende l’eternità del tuo destino! Questo ho detto, amata Mia sposa, al cuore di ogni uomo, all’uomo di ogni tempo; quelli del passato hanno fatto la loro scelta, quelli del presente la stanno facendo. Amata Mia sposa, il tempo si sta consumando e gli uomini neppure ci fanno caso. I segni forti già sono presenti, ma altri ne avranno: la Mia Misericordia vuole salvare. Capiranno il loro grande errore di aver rifiutato Me?

Mi dici: “Adorato, secondo me, saranno in grado di capire, se diminuiscono le forze del male, se si indebolisce la forza del maledetto che imperversa in ogni angolo della terra, divide e distrugge, ovunque passi”.

Sposa amata, chiedo, chiedo all’uomo di questo tempo di essere forte contro le forze del male. Perché lo sia, offro delle Armi potenti, Le più potenti: la Mia Parola, il Mio Corpo Santissimo. Posso fare di più di quanto già stia facendo? DiMMi!

Mi dici: “Tutto, Tu, Amore, fai con massima Perfezione e con Infinita Misericordia. Permettimi di stare ai Tuoi Piedi per adorarTi con tutta la mente, con tutto il cuore, con l’anelito dell’anima”.
Sposa amata, non ai Miei Piedi, ma tra le Braccia voglio che Tu stia per essere felice in Me e godere le Mie Delizie d’Amore. Ti amo.
Vi amo.
Gesù


Opera scritta dalla Divina Sapienza per gli eletti degli ultimi tempi
02.11.05

La Mamma parla agli eletti

Figli cari e tanto amati, apritevi a Dio, sempre di più; lasciatevi andare nell’Onda Soave del Mio Amore ed Io vi offrirò a Lui, come un mazzo di rose profumate. Figli cari, altro non desiderate che essere Suoi ed operate per esserGli graditi. Altro non conta* che impegnarvi per Dio e servirLo con il cuore, con la mente, con l’anelito dell’anima. Vedete come il mondo si preoccupi di molte cose; come gli uomini siano sempre in grande agitazione; cerchino di essere graditi uno all’altro, di compiacersi a vicenda; spesso, è questa la massima preoccupazione. Per voi non sia così, piccoli Miei: cercate di compiacere Dio soltanto, di dare gioia al Suo Cuore Meraviglioso. Questo conta!
Mi dice la Mia piccola: “Madre Santissima, Dolce Fiore, tutto Amore e Misericordia, come è Tuo Figlio, guidaci con Tenerezza; aiutaci a fare solo ciò che a Gesù piace e, mai, quello che Egli non vuole. Aiutaci a vincere la nostra fragile natura per raggiungere tale obiettivo. Lo sai, amata Madre, che, feriti nella nostra natura dal peccato d’origine, spesso facciamo il male che non vogliamo e non il Bene che vorremmo fare! Occorre che la nostra volontà sia forte per resistere ad ogni seduzione e vincere sempre. Noi, amata Madre, Giglio Perfetto Che dà Fragranza al Cielo ed alla terra, vogliamo resistere al peccato e non commetterlo mai, perché è offesa a Dio; anche il più piccolo, se abitudinario, nuoce profondamente e, soprattutto, offende il Cuore Santissimo e Meraviglioso di Gesù. Egli deve essere solo lodato, ringraziato, adorato, mai, neppure minimamente, offeso”.
Figli cari e tanto amati, certo che la natura umana è fragile a causa della ferita del peccato d’origine; Dio, però, nella Sua grande Bontà, ha provveduto a tutto e continua a farlo. Vi ha donato le forze per resistere alla seduzione del male; vi ha donato le Grazie in abbondanza; vi ha donato i Sacramenti, canali attraverso i Quali scende, a fiumi, la Sua Misericordia.
Voi dite: “Sono debole”.
Dite questo e vi compiangete, pensando di non riuscire, sempre, a resistere agli impulsi del male. Io, la Madre del Cielo, vi dico: siete forti, siete molto forti, se aperti a Dio ed al Suo Amore; avete in mano le Armi della vittoria del Bene sul male. UsateLe, figli amati, usateLe ogni giorno per vincere. Gesù, l’adorabile Mio Figlio, è salito sulla Croce, per un Sacrificio Infinito d’Amore e di Misericordia, proprio per aiutarvi a vincere le forze del male con la Sua Stessa Forza, per essere sempre vincitori e, mai, vinti. Egli ha espiato il vostro peccato; ecco perché, presentandovi, pentiti, dal confessore, Egli vi può assolvere. Non è il ministro di Dio che assolve, non è l’uomo che assolve, ma Dio Stesso assolve; nessuno può farlo, se Egli non lo fa attraverso il Suo ministro. Figli amati, voi avete il perdono anche dei più gravi peccati solo col pentimento profondo e la confessione; pensate al piccolo sforzo che fate per avere così tanto! Non vi siete mai chiesti come sia possibile tutto questo? Mai l’uomo poteva essere perdonato neppure della più piccola colpa, fatta a Dio Altissimo, se già Gesù, in anticipo, non avesse pagato gran parte del debito. Pensate ad un uomo che deve dare al suo signore una forte somma, una somma che mai potrebbe raggiungere; ebbene, come fare? Resterebbe prigioniero per sempre del suo debito. Questo è accaduto, quando l’uomo ha commesso il gravissimo peccato iniziale di disobbedienza: era caduto così in basso che mai da solo avrebbe potuto rialzarsi. Dio, però, non ha avuto disgusto della sua miseria: ha preparato per lui un Progetto grandioso di salvezza, mandando il Figlio Suo, l’Unico Suo Figlio, sulla terra, con la natura umana assieme alla divina. Figli cari, pensate voi, spesso, a questo meraviglioso mistero?
Mi dice la Mia piccola: “Madre, Madre Santissima, sempre, penso; altro non desidera il Mio Cuore che ringraziare Dio ed adorarLo in ogni istante. Quanto è grande il Suo Amore, quanto la Sua Tenerezza! Madre Santissima, aiutaci ad adorarLo in ogni istante con mente, cuore ed anima”.
Figli, voglio che voi vi uniate a Me nell’adorazione. Vi amo tutti.
Ti amo, angelo Mio.
Maria Santissima
*non conta = non ha importanza


“Maria
Giglio della Trinità”

La santidad es la aventura más grande


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Ser santos

Aventura.

La santidad es la aventura más grande que un hombre puede vivir en este mundo, porque mientras camina por el camino escarpado de la santidad, tiene debajo el abismo infernal, y arriba el Cielo bendito.
¿Hay mayor aventura en este mundo que el tratar de ser santos? Claro que no la hay, porque esta aventura no es una película de cine, sino que es nuestra propia película, donde somos el actor principal, y el premio o el castigo son eternos, así que nos conviene a nosotros mismos salir victoriosos y que la película tenga un final feliz.
¡Qué desgracia es dejar pasar el tiempo en frivolidades sin detenerse a pensar que vivimos una sola vez en el mundo y que lo que hagamos en el tiempo, queda fijado para toda la eternidad! Si pensáramos un poco más en esto, no desperdiciaríamos tantos momentos en tonterías, incluso en pasatiempos pecaminosos o al menos inútiles.
Si no pensamos en el Cielo que nos espera si somos buenos, o en el Infierno que nos acogerá si somos malos, entonces no tendremos el empuje necesario para emprender el difícil camino de nuestra santificación personal. Porque quien quiere alcanzar un premio, como los corredores en el estadio, pone todas sus fuerzas para alcanzarlo. Y quienes quieren evitar un peligro, tratan de escapar de todos los modos posibles. ¿Y qué mayor premio que el Cielo? ¿Y qué mayor peligro que condenarse para siempre en el Infierno?
Por eso para ser santos debemos pensar necesariamente en el más allá, con premios y castigos “eternos”, y así tendremos ánimo para seguir en el combate de cada día.

Cuore immacolato di Maria, 
prega per noi adesso
e nell'ora della nostra morte.


MiL - Messainlatino.it: 1° novembre 1950 - il Ven. Pio XII proclama il dog...

MiL - Messainlatino.it: 1° novembre 1950 - il Ven. Pio XII proclama il dog...: 1° Novembre 1950 - il coro di San Pietro (seconda e terza foto) durante la messa papale (celebrata da Pio XII)in occasione della proclamazi...

Marco 12, 28b-34. Domenica 4 nov. 2012. XXXI Dom. Tempo Ordin. - Anno B






Domenica 4 novembre 2012, XXXI Domenica del Tempo Ordinario - Anno B

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 12, 28b-34.

Allora si accostò uno degli scribi che li aveva uditi discutere, e, visto come aveva loro ben risposto, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore;
amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.
E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi».
Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui;
amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Traduzione liturgica della Bibbia 


Corrispondenza nel "Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta : Volume 9 Capitolo 596 pagina 387. 


1

Gesù entra nel Tempio ancor più affollato che nei giorni precedenti. È tutto bianco oggi, nella sua veste di lino. È una giornata afosa.
Va ad adorare nell’atrio degli Israeliti e poi va ai portici*, seguito da un codazzo di gente, mentre altra ha già preso le migliori posizioni sotto i porticati, e la maggioranza sono gentili che, non potendo andare oltre il primo cortile, oltre il portico dei Pagani, hanno approfittato del fatto che gli ebrei hanno seguito il Cristo per prendere posizioni di favore.
Ma un gruppo ben numeroso di farisei li scompagina: sono sempre arroganti ad un modo, e si fanno largo con prepotenza per accostarsi a Gesù curvo su di un malato. Attendono che lo abbia guarito, poi gli mandano vicino uno scriba perché lo interroghi.
Veramente fra loro c’era stata prima una breve disputa, perché Gioele detto Alamot voleva andare lui ad interrogare il Maestro. Ma un fariseo si oppone e gli altri lo sostengono dicendo: «No. Ci è noto che tu parteggi per il Rabbi, benché tu lo faccia segretamente. Lascia andare Uria...».
«Uria no», dice un altro giovane scriba che non conosco affatto. «Uria è troppo aspro nel suo parlare. Ecciterebbe la folla. Vado io».
E, senza ascoltare più le proteste degli altri, va vicino al Maestro proprio nel momento che Gesù congeda il malato dicendogli: «Abbi fede. Sei guarito. La febbre e il dolore non torneranno mai più».

2

«Maestro, quale è il maggiore dei comandamenti della Legge?».
Gesù, che lo aveva alle spalle, si volta e lo guarda. Una luce tenue di sorriso gli illumina il volto, e poi alza il capo, essendo a capo chino perché lo scriba è di bassa statura e per di più sta curvo in atto di ossequio, e gira lo sguardo sulla folla, lo appunta sul gruppo dei farisei e dottori e scorge il viso pallido di Gioele seminascosto dietro un grosso e impaludato fariseo. Il suo sorriso si accentua. È come una luce che vada a carezzare lo scriba onesto.
Poi riabbassa il capo guardando il suo interlocutore e gli risponde: «Il primo* di tutti i comandamenti è: “Ascolta, o Israele: il Signore Dio nostro è l’unico Signore. Tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze”. Questo è il primo e supremo comandamento. Il secondo poi è simile a questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non vi sono comandamenti maggiori di questi. Essi rinchiudono tutta la Legge e i Profeti».


«Maestro, Tu hai risposto con sapienza e con verità. Così è. Dio è Unico e non vi è altro dio fuori che Lui. Amarlo con tutto il proprio cuore, con tutta la propria intelligenza, con tutta l’anima e tutte le forze, e amare il prossimo come se stesso, vale molto più di ogni olocausto e sacrificio. Molto lo penso quando medito le parole davidiche**: “A Te non piacciono gli olocausti; il sacrificio a Dio è lo spirito compunto”».
«Tu non sei lontano dal Regno di Dio, perché hai compreso quale sia l’olocausto che è gradito a Dio».

«Ma quale è l’olocausto maggiormente perfetto?», chiede svelto, a bassa voce, lo scriba, come se dicesse un segreto.
Gesù raggia d’amore lasciando cadere
questa perla nel cuore di costui che si apre alla sua dottrina, alla dottrina del Regno di Dio, e dice, curvo su lui: «L’olocausto perfetto è amare come noi stessi coloro che ci perseguitano e non avere rancori. Chi fa questo possederà la pace. È detto***: i mansueti possederanno la terra e godranno dell’abbondanza della pace. In verità ti dico che colui che sa amare i suoi nemici raggiunge la perfezione e possiede Dio».
3
Lo scriba lo saluta con deferenza e se ne torna al suo gruppo, che lo rimprovera sottovoce di aver lodato il Maestro, e con ira gli dicono: «Che gli hai chiesto in segreto? Sei anche tu, forse, sedotto da Lui?».
«Ho sentito lo Spirito di Dio parlare sulle sue labbra».
«Sei uno stolto. Lo credi forse tu il Cristo?».
«Lo credo».
«In verità fra poco vedremo vuote le nostre scuole dei nostri scribi ed essi andar raminghi dietro quell’Uomo! Ma dove vedi, in Lui, il Cristo?».
«Dove non so. So che sento che è Lui».
«Pazzo!», gli voltano inquieti le spalle.
Gesù ha osservato il dialogo e, quando i farisei gli passano davanti in gruppo serrato per andarsene inquieti, li chiama dicendo: «Ascoltatemi. Voglio chiedervi una cosa. Secondo voi, che ve ne pare del Cristo? Di chi è figlio?».
«Sarà figlio di Davide», gli rispondono marcando il “sarà”, perché vogliono fargli capire che, per loro, Egli non è il Cristo.
«E come dunque Davide, ispirato da Dio, lo chiama “Signore” dicendo*: “Il Signore ha detto al mio Signore: ‘Siedi alla mia destra fino a che non avrò messo i tuoi nemici a sgabello ai tuoi piedi’ ”? Se dunque Davide chiama il Cristo “Signore”, come il Cristo può essergli figlio?».
Non sapendo cosa rispondergli, si allontanano ruminando il loro veleno.

4
Gesù si sposta dal luogo dove era, tutto invaso dal sole, per andare più oltre, dove sono le bocche del tesoro, presso la sala del gazofilacio. Questo lato, ancora in ombra, è occupato da rabbi che concionano con grandi gesti rivolti ai loro ascoltatori ebrei, che aumentano sempre più come, col passar delle ore, aumenta di continuo la gente che affluisce al Tempio.
I rabbi si sforzano di demolire coi loro discorsi gli insegnamenti che il Cristo ha dato nei giorni precedenti o quella stessa mattina. E sempre più alzano la voce più vedono aumentare la folla dei fedeli. Il luogo, infatti, benché vasto tanto, formicola di persone che vanno e vengono in ogni senso...

5

Mi dice Gesù: «Inserisci qui la visione dell’obolo della vedova (19 giugno 44) corretta* come ti indicherò», (come ho già corretto nei dattiloscritti che ho rimandato). Poi continua la visione.

19 giugno 1944.

6

Solo oggi, e con insistenza, vedo apparire la seguente visione.
Sul principio non vedo che cortili e porticati, che riconosco essere del Tempio, e Gesù, che sembra un imperatore tanto è solenne nel suo abito rosso vivo e manto pure rosso più cupo, appoggiato ad una enorme colonna quadrata che sostiene un arco del portico. Mi guarda fissamente. Mi perdo a guardarlo, beandomi di Lui che da due giorni non vedevo e non udivo.
La visione dura così per lungo tempo. E finché dura così non la scrivo, perché è gioia mia. Ma, ora che vedo animarsi la scena, comprendo che vi è dell’altro e scrivo.
Il luogo si va empiendo di gente che va e viene in ogni senso. Vi sono sacerdoti e fedeli, uomini, donne e bambini. Chi passeggia, chi, fermo, ascolta i dottori, chi si dirige trascinando agnellini o portando colombi presso altri luoghi forse di sacrificio.
Gesù sta appoggiato alla sua colonna e guarda. Non parla. Anche due volte che è stato interrogato dagli apostoli ha fatto cenno di no, ma non ha parlato. È attentissimo ad osservare. E dall’espressione pare stia giudicando chi guarda. Il suo
occhio e tutto il volto mi ricorda l’aspetto che gli ho visto nella visione* del Paradiso, quando giudicava le anime nel giudizio particolare. Ora, naturalmente, è Gesù, Uomo; lassù era Gesù glorioso, perciò più ancora imponente. Ma la mutabilità del volto, che osserva fissamente, è uguale. È serio, scrutatore, ma, se delle volte è di una severità da far tremare il più sfacciato, delle volte è anche così dolce, di una mestizia sorridente che pare carezzi con lo sguardo.

7

Pare non oda nulla. Ma deve ascoltare tutto perché, quando da un gruppo lontano parecchi metri, raccolto intorno ad un dottore, si alza una voce nasale che proclama: «Più di ogni altro comando è valido questo: quanto è per il Tempio al Tempio vada. Il Tempio è al disopra del padre e della madre e, se alcuno vuole dare alla gloria del Signore ogni “che” che gli avanza, lo può fare e ne sarà benedetto, poiché non vi è sangue né affetto superiore al Tempio», Gesù gira lentamente la testa in quella direzione e guarda con un che... che non vorrei fosse rivolto a me.
Pare guardi in generale. Ma quando un vecchietto tremolante si accinge a salire i cinque scalini di una specie di terrazza che è prossima a Gesù, e che pare conduca ad un altro cortile più interno, e punta il bastoncello e quasi cade inciampando nella veste, Gesù allunga il suo lungo braccio e l’afferra e lo sorregge, né lo lascia sinché lo vede in sicuro. Il vecchietto alza la testa grinzosa e guarda il suo alto salvatore e mormora una parola di benedizione, e Gesù gli sorride e lo carezza sulla testa semicalva. Poi torna contro la sua colonna, e se ne stacca ancora una volta per rialzare un bambino che scivola dalla mano della madre e cade bocconi proprio ai suoi piedi, piangendo, contro il primo scalino. Lo alza, lo carezza, lo consola. La madre, confusa, ringrazia. Gesù sorride anche a lei, alla quale riconsegna il piccolo.
Ma non sorride quando passa un tronfio fariseo e neppure quando passano in gruppo degli scribi e altri che non so chi siano. Questo gruppo saluta con grande sbracciarsi e inchinarsi. Gesù li guarda così fissamente che pare li perfori, e saluta ma senza espansione. È severo. Anche ad un sacerdote che passa, e deve essere un pezzo grosso perché la folla fa largo e saluta e lui passa tronfio come un pavone, Gesù dà un lungo sguardo. Uno sguardo tale che colui, che pure è pieno di superbia, china il capo. Non saluta. Ma non resiste allo sguardo di Gesù.

8

Gesù cessa di guardarlo per osservare una povera donnetta vestita di marrone scuro, che sale vergognosa i gradini e va verso una parete in cui sono come delle teste di leone o simili bestie a bocca aperta. Molti vanno a quella volta. Ma Gesù pareva non aver fatto caso a loro. Ora invece segue il cammino della donnetta. Il suo occhio la guarda pietoso e si fa dolce dolce quando la vede stendere una mano e gettare nella bocca di pietra di uno di quei leoni qualche cosa. E quando la donnetta nel ritirarsi gli passa vicino, dice per il primo: «La pace a te, donna».
Quella, stupita, alza il capo e resta interdetta. «La pace a te», ripete Gesù. «Va’, ché l’Altissimo ti benedice». Quella poveretta resta estatica, poi mormora un saluto e va.
«Ella è felice nella sua infelicità», dice Gesù uscendo dal suo silenzio. «Ora è felice perché la benedizione di Dio la accompagna».

9

«Udite, amici, e voi che mi siete intorno. Vedete quella donna? Non ha dato che due spiccioli, tanto che non basta a comperare il pasto di un passero tenuto in gabbia, eppure ha dato più di tutti quanti hanno, da quando si è aperto il Tempio all’aurora, versato il loro obolo al Tesoro del Tempio. Udite. Ho visto ricchi in gran numero mettere in quelle bocche sostanze capaci di sfamare costei per un anno e di rivestire la sua povertà, che è decente solo perché è pulita. Ho visto ricchi mettere con visibile soddisfazione là dentro somme che avrebbero potuto sfamare i poveri della Città santa per uno e più giorni e far loro benedire il Signore. Ma in verità vi dico che nessuno ha dato più di costei. Il suo obolo è carità. L’altro non è. Il suo è generosità. L’altro non è. Il suo è sacrificio. L’altro non è. Oggi quella donna non mangerà poiché non ha più nulla. Prima dovrà lavorare per mercede, per poter dare un pane alla sua fame. Dietro a lei non vi sono ricchezze, non vi sono parenti che guadagnino per lei. Ella è sola. Dio le ha levato parenti, marito e figli, le ha levato quel poco bene che essi le avevano lasciato, e più che Dio glielo hanno levato gli uomini, questo; quegli uomini che ora con grandi gesti, vedete?, continuano a gettare là dentro il loro superfluo, di cui molto è estorto con usura dalle povere mani di chi è debole e ha fame.

10

Essi dicono che non c’è sangue e affetto superiore al Tempio, e così insegnano a non amare il prossimo loro. Io vi dico che sopra al Tempio è l’amore. La legge di Dio è amore, e non ama chi non ha pietà per il prossimo. Il denaro superfluo, il denaro infangato dall’usura, dall’astio, dalla durezza, dall’ipocrisia, non canta la lode a Dio e non attira sul donatore la benedizione celeste. Dio lo ripudia. Impingua queste casse. Ma non è oro per l’incenso: è fango che vi sommerge, o ministri, che non servite Dio ma il vostro interesse; ma è laccio che vi strozza, o dottori, che insegnate una dottrina vostra; ma è veleno che vi corrode quel resto d’anima, o farisei, che ancora avete. Dio non vuole ciò che è avanzo. Non siate Caini. Dio non vuole ciò che è frutto di durezza. Dio non vuole ciò che, alzando voce di pianto, dice: “Dovevo sfamare un affamato. Ma gli sono stato negato per far pompa qua dentro. Dovevo aiutare un vecchio padre, una madre cadente, e sono stato negato perché l’aiuto non sarebbe stato noto al mondo, ed io devo suonare il mio squillo perché il mondo veda il donatore”.
No, rabbi che insegni che quanto è avanzo va dato a Dio e che è lecito negare al padre e alla madre per dare a Dio. Il primo comando è: “Ama Dio con tutto il tuo cuore, la tua anima, la tua intelligenza, la tua forza”. Perciò non il superfluo ma quello che è sangue nostro bisogna dargli, amando soffrire per Lui. Soffrire. Non far soffrire. E se dare molto costa, perché spogliarsi delle ricchezze spiace e il tesoro è il cuore dell’uomo, vizioso di natura, è proprio perché costa che dare bisogna. Per giustizia: poiché tutto quanto si ha, si ha per bontà di Dio. Per amore, perché è prova d’amore amare il sacrificio per dare gioia a chi si ama. Soffrire per offrire. Ma soffrire. Non far soffrire, ripeto. Perché il secondo comando dice: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. E la legge specifica che, dopo Dio, i genitori sono il prossimo cui è obbligo dare onore e aiuto.

11

Onde in verità vi dico che quella povera donna ha compreso la Legge meglio dei sapienti ed è giustificata più di ogni altro e benedetta, poiché nella sua povertà ha dato a Dio tutto, mentre voi date ciò che vi supera e lo date per crescere nella stima degli uomini. Lo so che mi odiate perché parlo così. Ma finché questa bocca potrà parlare, parlerà in tal modo. Unite il vostro odio per Me al disprezzo per la poverella che Io lodo. Ma non crediate di fare di queste due pietre doppio piedistallo alla vostra superbia. Saranno la macina che vi stritolerà.
Andiamo. Lasciamo che le vipere si mordano aumentando il loro veleno. Chi è puro, buono, umile, contrito, e vuole conoscere il vero volto di Dio, mi segua».

12

Dice Gesù: «E tu, alla quale nulla resta, poiché tutto mi hai dato, dammi questi due ultimi spiccioli. Davanti al tanto che hai dato sembrano, agli estranei, un nulla. Ma per te, che non hai più che questi, sono tutto. Mettili nella mano del tuo Signore. E non piangere. O, almeno, non piangere sola. Piangi con Me, che sono l’Unico che ti posso capire e che ti capisco senza nebbie di umanità, che sono sempre interessato velo al vero». [...]
Estratto di "l'Evangelo come mi è stato rivelato" di Maria Valtorta ©Centro Editoriale Valtortiano http://www.mariavaltorta.com/



AMDG et BVM

Come il Signore gradisca l’ossequio dimostrato al Crocifisso



S. Gertrude la GrandeLe Rivelazioni, III, Capitoli 45-56

45 – In qual modo il Signore gradisca l’ossequio dimostrato al Crocifisso


Un certo venerdì, dopo aver passato tutta la notte insonne immersa in preghiere e ardenti desideri, si ricordò di avere una volta tolto i chiodi a un Crocifisso per sostituirli con dei profumati chiodi di garofano, e disse al Signore: «O mio Diletto, che cosa ha i dunque pensato quando per tenerezza ho tolto i chiodi di ferro dalle dolci ferite delle tue mani e dei tuoi piedi per sostituirli con quegli altri chiodi profumati?». Il Signore rispose: «Ho tanto gradito questa tua testimonianza d’amore che ho sparso su tutte le ferite dei tuoi peccati il balsamo preziosissimo della mia Divinità; tutti i Santi si diletteranno in eterno di vedere le tue ferite emanare un così prezioso liquore». «O Signore mio – essa riprese – accorderesti forse lo stesso favore a tutti quelli che facessero altrettanto?». «Non a tutti – rispose il Signore – ma soltanto a quelli che lo facessero con lo stesso amore. Anche se però, eccitati dal tuo esempio, lo facessero soltanto con tutta la devozione possibile, la ricompensa sarebbe ancora molto grande».

A queste parole essa prese il Crocifisso, lo coprì di teneri baci, stringendolo fra le braccia e colmandolo di carezze. Dopo alquanto tempo, sentendo venir meno le sue forze a motivo di quella veglia prolungata, depose il Crocifisso dicendo: «Addio Signore caro, ti auguro una buona notte: adesso lasciami dormire, affinché possa ritrovare le forze che ho perduto nel trattenermi con Te».

Ciò detto si voltò dall’altra parte per dormire. Mentre così riposava le parve che il Signore, staccando il braccio destro della croce come per attirarla a Sé, le sussurrasse all’orecchio: «Ascolta, o mia diletta, le parole del mio canto», e sulla melodia dell’inno Rex Christe factor omnium, le cantasse questa strofa: «Amor meus continuus, tibi languor assiduus, amor tuus suavissimus mihi sapor gratissimus: il mio amore assiduo sia il tuo continuo languore: il tuo amore soavissimo sia la mia gradita dolcezza».

Quando ebbe finito disse: «Ora, invece del Kyrie eleison che si canta dopo ogni strofa, chiedimi le grazie che desideri e te le concederò». Essa espresse allora al Signore alcuni desideri e fu benignamente esaudita. Dopo di che il Signore Gesù ripeté la stessa strofa e di nuovo la invitò a chiedere ciò che desiderava. Ripeterono così parecchie volte, alternandosi, le stesse parole. Il Signore in tal modo le impedì però di dormire: ma a un certo momento le sue forze ormai esaurite la costrinsero al sonno. Così finalmente poté dormire un po’ prima dell’alba. 

Ed ecco: il Signore Gesù, che non si allontana mai da coloro che Lo amano, le apparve in sogno, e, attirandola a Sé, trasse, per ristorarla, dalla ferita del suo sacro petto una vivanda deliziosa che Egli stesso di sua propria mano la posava sulle labbra. Rifatta così di forze, si svegliò piena di energia e ringraziò devotamente il Signore.

AVE MARIA PURISSIMA! 

VIRGO DOLOROSISSIMA!