martedì 11 febbraio 2014

NON MIELE MA SALE - NO MIEL MAS SAL


I TIEPIDI LI VOMITERÒ DALLA MIA BOCCA
“Il buon Dio non ha scritto che noi
fossimo il miele della terra, ma il sale”.
Georges Bernanos

“A capo della mia città metterò dei preti e dei poeti:
faranno dischiudere il cuore degli uomini”.
Antoine de Saint-Exupéry


Mi sembra già di sentire il ticchettio delle armi, il ronzio delle parole, il nervosismo degli animi contro di me ‒ destino inevitabile ‒ perché non è lecito che un proprio simile osi aprire una via, anche se su di essa può essersi posata la luce. «Ma chi crede di essere questo povero parroco di città? Vuole riformare la Chiesa (di Francia), spezzando la coesione interna che da cinquant’anni a questa parte costruiamo e rivediamo a suon di assemblee? Ma come può tenersi fuori dal nostro credo, dalle nostre vedute, dai nostri piani definiti nelle tavole rotonde? Ma chi crede di essere?».
Chi? Un uomo, e un uomo libero.

Senza forzare l’apertura mentale di certi preti con gli ingranaggi arrugginiti a forza di restare chiusi, di certi cristiani avviluppati nei loro canoni, infagottati in principi fabbricati da mano d’uomo, fate uno sforzo: la carità, per piacere, voi che dite che la differenza è una ricchezza, concedetemi il diritto di scrivere quello che penso, e di dire quello che credo. Come ogni uomo sono capace delle peggiori cose e delle migliori, di tiepidezza e di ardore, ma datemi una possibilità e lasciate che vi confessi il mio tormento!

Sacerdote della Chiesa cattolica, sono preoccupato del futuro di Dio nelle anime, sia in porto che in mare aperto, cioè sia come pastore sia come apostolo; mi salva il fatto che non potrei allontanarmi dalla barca di Pietro, dei vari Leone, Pio, Paolo, Giovanni, dei due Giovanni Paolo e di Benedetto. Può darsi che questo ultimo punto non sia troppo rassicurante... In ogni caso, nell’ordine stabilito dai vostri piani che pensano a noi tutti i giorni, sembrerebbe che un bambino non possa mai spuntarla con il padre, l’agnello con il lupo, il servo con il padrone, il prete con il vescovo, il singolo con la collettività, tranne, se permettete, nel Vangelo, in cui Cristo porta maliziosamente sul capo la triplice corona di essere illogico, bastian contrario e paradossale.

O sacra tiara, che ci salvi dalla sudditanza alle leggi del tempo e del mondo, che tutti i preti e i loro fedeli ti possano portare: ecco il mio primo appello. Così non lascerò il lago di Tiberiade, mosso dalle onde del Verbo; né il monte Tabor, dove Dio si fece Bellezza; né, quasi in sordina, la casa di Elisabetta dove Maria con il suo Magnificat diede il via alla rivoluzione, quella vera, che consiste nel chiamare in causa se stessi e gli altri, e i sistemi costruiti da poveri esseri umani sempre tentati di render immortali i loro piani.

Sacerdoti, e tutti voi che siete innamorati di Cristo e volete rivelarLo, ho da dirvi due parole, non prendetevela. E le ridico anche a me stesso, perché in tutta verità sono di gran lunga più grandi di me.

In questo libro sono raccolti pensieri apparentemente staccati che sparano a zero su ogni forma di tiepidezza, di mollezza, di leggerezza, di paralisi in materia di fede. Sono per tutti, perché tutti, un giorno o l’altro, ci troviamo a far parte del numero dei fedeli infedeli. Segue la constatazione della mancanza, nell’uomo e nella società, di quello che alcuni chiamano i valori, ma che in fondo sono la vita, quando è retta. In questo piccolo trattato dell’essenziale venti luci hanno la pretesa di rischiarare la strada dell’uomo. In questo momento, secondo me, sono tremolanti: mi auguro che possano non estinguersi.

*

È strano: il 60% dei francesi si dichiara ancora cattolico, tuttavia solo il 4% si accosta alla sorgente dell’Eucaristia, e per citare un solo esempio, nella città di Marsiglia, dove abito attualmente, solo l’1% degli abitanti ricorda l’indirizzo della sua parrocchia.

Cristo che ha promesso di essere con noi fino alla fine del mondo! Ne sono convinto anch’io, come voi, state tranquilli. Tuttavia, per pietà verso Dio che piange nel vedere i suoi figli battezzati star lontani dalla Chiesa e ritenere inutile la sua mediazione, accidenti, apriamo gli occhi! La maggior parte delle nostre parrocchie è infeconda, la Messa non cattura il cuore; in molti casi fa dormire, annoia, delude, allontana anche quelli che hanno fede; i battesimi diminuiscono, la partecipazione al catechismo si assottiglia, la confessione è agonizzante, le vocazioni non sbocciano o si perdono per strada, e per completare il disastro che avanza, il prete spesso non è altro che una pedina incatenata in mezzo a consigli pseudo democratici, e così quando non è più considerato nella sua necessità e nella sua bellezza soprannaturale ‒ e il momento attuale lo sta già denunciando ‒ il Cielo non scende più sulla terra. Ne è prova il fatto che il numero dei credenti non praticanti si trova sempre più a sguazzare in uno stato d’indifferenza e di tranquilla neutralità, mentre non credenti e agnostici di ogni sorta pullulano e si moltiplicano allegramente. E per minimizzare la realtà non dite che non è il numero che conta, che l’importante è la qualità; e per consolarvi di questa misera visione non tirate fuori dal cappello gli immancabili segni di speranza, piccole luci che brillano nell’oscurità del mondo!

Infatti, qua e là, è evidente che ci siano parrocchie vive, comunità che issano le vele al vento dello Spirito Santo, movimenti attivi, associazioni cristiane che lavorano con zelo, sacerdoti e fratelli, molti dei quali giovani, veri araldi della fede che si donano e operano senza misura, e ce ne rallegriamo. Ma questo qua e là ‒ Dio mi perdoni ‒ è ben lungi dal costellare la nazione! In verità, in verità diciamocelo: la situazione è gravissima. Ma chi se ne preoccupa? Chi perde il sonno al pensiero della moltitudine che corre a capofitto in direzione di un nulla impiastricciato di immediato senza colore, senza contorno, scialbo, che sovente si riduce alla sola ricerca del profitto? Chi vede ancora i volti tristi per una vita vuota? Davvero, l’assurdità di un’esistenza senza scopo non si misura in spiccioli. Quanto al peso dell’infelicità che grava sugli innocenti, mi dispiace, ma la mano dell’uomo c’entra, eccome. Al processo intentato da alcuni contro Dio, siamo noi a dover comparire. A forza di otturare la Sorgente accusandola di non esistere o, non si sa mai, di essere sorda e insensibile verso l’uomo, addirittura onnipotente per crudeltà, l’essere umano si trova a vivere e morire per niente. Non riesco a rassegnarmi a questo dramma che tocca la maggioranza delle persone, per lo più ben pasciute, perché è qui, nella vecchia Europa un tempo cristiana, vero feudo di speranza, che i morti non risuscitano più. È mai possibile che ci sia un bambino che non desideri quello che Cristo ha promesso: la vita senza fine, la morte solo un passaggio, e l’amore che riempie l’anima fino all’orlo per l’eternità dell’eternità? Che non lo si creda, passi, ma infischiarsene con un sorriso di disgusto è cosa strana, inaspettata quanto il desiderio di non vivere, ormai diffuso come i poveri per le nostre strade. Niente di cui stupirsi, in fondo. E del resto, non c’è più fondo.

Visto dal basso, sembra dunque tutto compromesso: la terra in orbita, e l’uomo ripiegato su se stesso, peggio ancora, sulla materia, non ha mezzo di venirne fuori. Di orizzonti, ne vedete? Una linea più o meno umanitaria, ma non illudiamoci, sembra occupare la visione dei migliori, tracciando i contorni di una certa sollecitudine per gli altri, ma niente di straordinario, appena il minimo ‒ qualunque animale farebbe lo stesso per i suoi piccoli in pericolo; la misura rimane bassa, con le pattumiere che scoppiano e i paesi che muoiono di inedia, per mancanza di sostanza. Senza offendere quelli che ce l’hanno con la nostalgia, che del resto non oserebbero mai pensare ‒ crimine orrendo! ‒ che il passato possa essere per certi versi più degno del presente, nel 1950 o anche nel 1970 che non è poi così lontano, al vecchietto del secondo piano che aveva perso la moglie quelli del terzo portavano la minestra. Adesso il pover’uomo muore dimenticato nella bella cameretta della casa di riposo dove l’hanno parcheggiato i parenti, che vengono a trovarlo sempre più raramente ‒ ma c’è da capirli, per carità, con la loro vita frenetica! ‒ aspettando la famosa telefonata molto umana, sembra, in cui con tono sereno si annuncia che se n’è andato. E, detto tra noi, ha fatto bene. Andato dove? Nessuno lo sa. E se un amico di Cristo provasse a socchiudere la porta della vita eterna sotto lo sguardo indifferente e freddo dei parenti in lutto, ma solo per poco, e avanzasse a passi felpati sul terreno dell’immortalità dell’anima, troverebbe ancora, vibrante e determinata, nonostante la notizia sbalorditiva della vita che non finisce, l’incrostazione del nulla sulla pelle delle anime distrutte. Eppure sarebbe così semplice entrare, o almeno sperare come un poeta e un eroe, in un aldilà finalmente giusto dove, dopo averli a lungo inseguiti, saranno appagati il nostro infinito desiderio d’amore, la nostra sete d’assoluto e le nostre più alte aspirazioni.

Ma riconosciamolo pure, anche queste ultime non sono più molto incoraggiate nel contesto attuale in cui ognuno, imbottito di slogan da due soldi, è arbitro di se stesso. Cosicché le cause, le grandi cause, vanno lentamente verso la morte trascinando nel loro franare il dono di sé per pura bontà. Un tempo, al soffio del cristianesimo, il povero amore umano si univa alla persona di Dio fatto uomo, Lui che da Padrone qual era volle abbracciare l’universo in tutte le sue miserie.

E a contatto con questa grandezza civilizzatrice la pochezza congenita del cuore acquistava tutta la sua ampiezza e la sua nobiltà. Non è come dire che la scristianizzazione dell’anima porta alla disumanizzazione della vita? Io ne sono convinto. Di chi è la colpa? Prima di tutto nostra, sacerdoti di Gesù Cristo, che suoi non lo siamo abbastanza. Suvvia, siamo onesti e non tiriamo in ballo la società nuova, con i suoi sconvolgimenti, i suoi cambiamenti, lo scontro delle culture e quant’altro venga a galla per giustificare l’inaridirsi dello spirito cristiano nel nostro paese. Non cerchiamo scuse, sarebbe indegno della santa Chiesa che si è sempre diffusa sopra il paganesimo e i falsi dei, arrivando a considerare la croce dell’opposizione, dell’odio e del rifiuto una carta vincente nella proclamazione del Nome nel quale ogni uomo è salvato. 

Pensiamo solo a san Paolo! Ha goduto di circostanze più favorevoli per annunciare ed edificare il Regno? Cerchiamo di essere veri, e la verità è questa: abbiamo perso il sacro ardore. L’immagine che diamo del sacerdozio è fin troppo insignificante. Non tocca più il cuore. Siamo troppo in basso per aspettarci un’esplosione. Eppure non mancano i modelli, nel calendario degli ultimi secoli: in testa il Curato d’Ars e subito dopo di lui, sulla linea d’arrivo altri tre tirati a sorte dalla mia memoria abbagliata dalla luce: Vincenzo de’Paoli, Giovanni Bosco, Massimiliano Kolbe, tutti uomini soprannaturali, impastati di fede, grandi oranti e pescatori d’anime senza eguali. Confesso che guardando la loro vita divento livido. Perciò mi rivolgo prima di tutto a me stesso, ma anche a te, fratello sacerdote, e giacché ci sono anche a tutti voi, amici di Cristo, sperando ‒ lo dico di nuovo ‒ in un nostro radicale esame di coscienza e in un coraggioso ribaltamento delle nostre organizzazioni e dei nostri piani i cui frutti sono stati e sono spesso assai magri e secchi.

E ora, se credi che tutto stia andando per il meglio, che la fede cattolica si estenda nei cuori, che la Chiesa in Francia goda di buona salute, che facciamo tutto quello che possiamo, che diamo il meglio, che non ci sia nulla da rivedere nelle nostre idee e nei nostri metodi, chiudi il libro e vai per la tua strada, e prega per me che sto farneticando.

Da parte mia, pensando ad Adamo ed Eva, nudi come vermi, imbrogliati fino al midollo,
pensando alla pena del Creatore e al suo amore sbeffeggiato da certi angeli,
pensando allo scorrere dei secoli senza un vero Dio né veri maestri,
pensando ai profeti resi muti dal taglio della spada,
pensando a Maria bambina, graziata da parte a parte, singolarmente umile e morta a sé
pensando al Verbo di Dio divenuto embrione per poter morire e così dare la Vita,

pensando al piccolo villaggio, alle assi di legno, ai gesti di un Dio ripetuti cento volte nel suo lavoro di falegname,
pensando a Giovanni Battista, giustiziere degli idoli, la testa insanguinata su un vassoio in mezzo a una festa,
pensando ai mille e mille versetti di Vangelo distribuiti in tre anni per illuminare la terra,
pensando alle centinaia di miracoli concessi per convincere le menti a cedere il passo alla fede,
pensando alla pecorella smarrita che, ritrovata, fa piangere di gioia il Pastore,

pensando al figlio prodigo tutto felice nella casa paterna con il suo vestito d’oro, i calzari e l’anello,
pensando a Maria Maddalena, apostolo degli apostoli, perla di Cristo, gioiello di misericordia,
pensando all’opera della Croce, capo incoronato, torace lacerato, amore smisurato a pagare il riscatto di abietti esseri umani,
pensando al buon ladrone che, con un’unica parola piena di pentimento, di rispetto e d’amore per Cristo si siede la sera stessa alla tavola dei beati in Paradiso,

pensando all’ultima consegna: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato»,
pensando a san Paolo che si è fatto tutto a tutti per salvare tutti,
pensando alle quaranta frustate meno una che ricevette e alle pietre che gli ferirono il capo,
pensando ai pericoli affrontati, alle fatiche, alle veglie e ai digiuni che sopportò,
pensando alla padronanza degli apostoli, con il volto sereno, la voce grave e pronta di fronte ai giudici,

pensando alle fauci delle belve spalancate sulla pace dei martiri,
pensando alle torture inflitte, seni tagliati, carne strappata con le tenaglie, bruciature coi carboni ardenti, ossa frantumate a colpi di mazza,
pensando alla moltitudine dei santi e delle sante che consumarono la loro vita fino all’osso a forza d’amare,

pensando all’universo dei monasteri, folle di preghiera e di penitenza, che intercede giorno e notte per anime che lo scherniscono,
pensando ai sacerdoti canonizzati che celebrarono quotidianamente il Sacrificio della Messa, rispettando i sacri riti della santa Chiesa, vivendoli intensamente, avvolgendoli di bellezza,
pensando alla loro vita interiore fondata sulla preghiera intima, la fedeltà al breviario e al santo rosario,

pensando alla loro ostinazione nel rimanere ore e ore nel confessionale, lavando le anime con l’acqua viva della Grazia,
pensando ai milioni di persone che muoiono senza prete e senza neppure una preghiera,
pensando ai milioni di battezzati che hanno perso l’indirizzo della Salvezza,
pensando ai milioni di bambini che non ricevono più il battesimo,
pensando all’invisibilità dei preti per le strade del nostro paese,
pensando agli uomini di buona volontà che non sentono mai parlare del Cielo, di Cristo e di sua Madre,

pensando alle povere anime abbandonate a una visione solo orizzontale dell’universo terrestre,
pensando al disinteresse della maggior parte dei battezzati per la Messa della domenica,
pensando alle dispute e alle divisioni interne alla Chiesa che rallentano l’azione dello Spirito Santo nelle anime,
pensando alla disperazione che si estende disperatamente su una moltitudine di cuori,
pensando alla domanda sulla fine posta da Gesù stesso: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»,

come posso dormire tranquillo, soddisfatto del mio ministero, senza cercare di lavorare con più ardore alla Salvezza del genere umano? E voi, cattolici del mio cuore, mi seguirete?


Il pastore che sonnecchia sotto l’albero mentre il gregge mastica l’erba è tutto, tranne la Chiesa.
*

Il prete è un apostolo: è questa la prima certezza che ogni mattina deve rinascere nel tuo spirito come una volontà di Cristo, che non può sopportare che tu non ne sia convinto.
*
Sogna di portare il mondo intero nei cieli. La salvezza delle anime è la tua ragion d’essere. Non credere che tutti siano salvi; anche se lo fossero, non ti riguarda. Tu, fai il tuo lavoro di salvatore.
*
Ambasciatore di Cristo, cammina in mezzo alla strada, non rasente i muri, il tuo colore non sia grigio cemento. Che ti piaccia o no, scegli il rosso, il colore dell’amore e del sangue.
*
Il rinchiudersi dei sacerdoti nell’ambiente cristiano è anacronistico quanto il credente che si dichiara non praticante.
*
Passare tutto il tempo con persone che hanno una fede salda è amputare il sacerdozio della sua spinta congenita, è strappargli le radici e spezzargli le gambe, e fare tutto questo a Cristo, che non può più andare ai lati delle strade ad aspettare il figlio prodigo.
*
Non essere piccolo, lento, stretto, corto e nemmeno giusto nelle tue misure. Pensa ai tre anni di Gesù, sfibranti, intensi, fiammeggianti. Finché il cuore è attivo, fai il piromane con Lui: «Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!».
*
Un prete freddo e distante è inutile qui in terra; con la sua sola presenza, è il più dannoso degli uomini.
*
Rallegrati se le persone che incontri non sono a posto sul piano religioso, e se Cristo ti fa la grazia di avere il pubblico di san Paolo che non sapeva niente del Dio vero! Eccoti nel cuore della tua principale missione.
*
Credi mica che Dio ti dia le anime su un vassoio, ben disposte, sottomesse e tutte ascolto? Ma come fai a essere tanto immaturo? Dio ti manda gli storpi, i pazzi furiosi, le anime dannate, gli stupidi, i balordi, le menti ottuse, ma sono tutti figli amati da Dio. Su, faGli piacere, salvali!
*
Il tuo carattere è il volto di Dio per quelli che ti avvicinano. È così che Egli vince o perde.
*

Se ogni giorno, prendendo il crocifisso, puoi baciare il Corpo di Colui che servi e che stai stringendo nelle mani dicendogli: “Amore mio”, puoi dirti che stai bene. Altrimenti, mettiti a cercare l’intruso.
*
E non dimenticare che dentro di te la Vergine sente tutto, capisce tutto, accoglie tutto e ‒ soprattutto ‒ ripara tutto. Allora approfittane, e vivi con Maria come si vive un amore. Non è semplice? E talmente appagante!

lunedì 10 febbraio 2014

22 Maggio 2012 –IL MIO LIBRO DELLA VERITA' , come una fiamma, si diffonderà rapidamente nel mondo intero.


22 Maggio 2012 – Il mio libro della Verità, come una fiamma, si diffonderà rapidamente nel mondo intero.

Mia amatissima figlia, sta per svolgersi la prossima tappa di questa Santa Missione.
Il Mio libro della Verità, come una fiamma, si diffonderà rapidamente nel mondo intero.
La conversione sarà rapida e la Mia Parola Santa sarà ascoltata in tutte le lingue.
Tutti i figli di Dio, a loro volta, diffonderanno i Miei messaggi e saranno pieni di Spirito Santo.
Le loro labbra impartiranno la Verità e tutti profetizzeranno in lingue in modo che la Verità possa essere ascoltata in fretta.
La sete dei figli di Dio, che vagano confusi perché le loro anime sono vuote, sarà spenta.
I morsi della fame per la Mia presenza saranno saziati quando porterò a queste anime il nutrimento di cui hanno disperatamente bisogno.
Quando questo accadrà poche anime in tutto il mondo saranno ignari della Mia grande Misericordia.
Prendete il Mio Dono, la Mia Parola Santa, Il Mio Libro della Verità e divoratelo.
Perché senza di esso sarete come un corpo senza anima.
Quando ci si nutre delle Mie parole di saggezza, si diventa tutto nuovo.
Quando si diventa tutto nuovo, sarete pronti a venire con Me nella nuova Era di Pace sulla terra.
Attendete ora, Miei cari seguaci, poiché la Mia Parola Scritta sarà presto con voi e vi rallegrerete con amore e pace nelle vostre anime.
Andate avanti tutti, Miei seguaci.
Lasciate che voi, i vostri cari e tutti i credenti, profetizzino nel Mio Nome.
Camminate con Me, mentre Io vi condurrò alla Vita Eterna.
Il vostro amato Gesù
Redentore di tutta l’umanità

FESTA DELLA MADONNA DI LOURDES: IL PROFUMO DELLA VOSTRA PUREZZA

11 febbraio 1976. Festa della Madonna di Lourdes.
Il profumo della vostra purezza.



«Oggi, figli miei prediletti, accolgo con gioia il profumo della vostra 
purezza e lo depongo sul mio Cuore Immacolato per offrirlo a Dio in 
segno di riparazione.
Quanto fango sommerge questa povera umanità, da Me invitata a 
liberarsi dal peccato: "Venite a bere di questa mia acqua; venite a lavarvi 
alla fontana!".
Vedete come, ogni giorno, molti miei figli restano contaminati da questo 
fango, che sempre più dilaga e che porta alla morte un numero sterminato 
di anime? Come possono salvarsi da questa ondata di fango anche tanti miei 
poveri figli Sacerdoti?
Io sono l'Immacolata: Io sono la purezza.
Rifugiatevi nel mio Cuore Immacolato.
Anche se l'ambiente in cui vivete diventerà sempre più sommerso da 
questa impurità, voi sentirete solo il mio profumo di Cielo.
Sono discesa dal Cielo per fare di voi, figli consacrati al mio Cuore, 
il mio cielo quaggiù. In voi si riflette la mia Luce. Così tante anime, per mezzo 
vostro, saranno ancora attirate dal mio candore e diffonderanno il profumo 
di questa mia virtù.
Il Papa vi ha dato il segnale di questa morale riscossa.
Ascoltatelo. Difendetelo. Consolatelo.
L'oltraggio che in questi giorni è stato fatto alla Sua Persona e le 
ingiurie che sempre più aumentano verso di Lui, tanto addolorano il mio 
Cuore di Mamma. [Fu a causa della Dichiarazione "Persona Humana" su 
alcuni punti di etica sessuale]Fino ai suoi piedi è giunta questa ondata di fango. 
Ma voi fate argine ai piedi del Pastore angelico, del dolce Cristo in terra.
Per mio speciale intervento e per mezzo di voi questa ondata diabolica 
di ribellione e di fango, scatenata contro il Papa, ai suoi piedi si fermerà. 
E a tutti apparirà intatta la grandezza della sua candida Persona».


AVE GRATIA PLENA! DEUS TECUM!

domenica 9 febbraio 2014

SEGNO DI CONTRADDIZIONE

 Presentazione di Gesù Bambino al Tempio.
Segno di contraddizione.



«Non turbatevi, figli miei, se da alcuni non siete compresi, anzi venite 
apertamente criticati e perseguitati. Il mio Cuore permette questo per abituarvi a 
non riporre in nessuna creatura il vostro appoggio, ma in Me sola. Appoggiatevi 
sul mio Cuore Immacolato, figli prediletti.

Lasciatevi portare come il Bambino Gesù si lasciava portare sulle mie 
braccia alla Casa del Padre. Si presentava al Tempio per essere offerto al Signore 
su questo mio Cuore di Mamma.
Nel momento in cui Io lo affidavo nelle mani del Sacerdote, il vecchio 
profeta Simeone rivelava che la Madre era stata scelta da Dio per questa offerta: 
"Sarà posto come segno di contraddizione e una spada a te, o Madre, trapasserà 
l'anima".
Anche voi, piccoli figli consacrati al mio Cuore Immacolato, siete chiamati oggi 
ad essere questo segno di contraddizione.

Per la vostra vita, che sarà solo Vangelo vissuto. Oggi sempre meno si 
crede al Vangelo di mio Figlio Gesù, e anche nella Chiesa alcuni tendono a 
interpretarlo in maniera umana e simbolica.
Voi attuerete alla lettera il Vangelo: sarete poveri, semplici, puri, piccoli e 
totalmente al Padre abbandonati.

Per la vostra parola, che ripeterà, sempre più forte e chiara, la Verità 
che mio Figlio Gesù è venuto a rivelarvi.
Vedete quanti vostri fratelli Sacerdoti tradiscono la Verità, nel tentativo di 
adattarla alla mentalità del mondo, spinti dalla fallace illusione di essere meglio 
compresi, più ascoltati e più facilmente seguiti? 
Nessuna illusione è più  pericolosa di questa.
Annunciate sempre con fedeltà e chiarezza il Vangelo che vivete. Il vostro 
parlare sia: "Sì, sì; no, no"; il resto viene dal Maligno. Per questo lasciatevi 
guidare e condurre con docilità dalla Chiesa.
Guardate ormai come il Papa [Paolo VI] annuncia forte questa verità e 
come la sua  voce cade sempre più in un deserto.
Il mio Cuore di Mamma è ancora trapassato da una spada nel vedere 
come il Santo Padre, questo mio primo figlio prediletto, è lasciato, anche 
dai suoi fratelli Sacerdoti, sempre più solo.
Siate voi, Sacerdoti consacrati al mio Cuore Immacolato, la voce che diffonde 
in tutto il mondo quanto il Vicario di mio Figlio ancora oggi con fermezza 
annuncia per la salvezza dei miei poveri figli smarriti.

Per la vostra testimonianza, che dovrà essere luce ed esempio per tutta 
la Chiesa. 
È stato disposto dal Padre che la vostra sia una testimonianza sempre più 
dolorosa. Vi ripeto, figli, che la strada su cui vi conduco è quella della Croce.
Non temete se verso di voi aumenteranno le incomprensioni, le critiche e le 
persecuzioni. È necessario che questo avvenga per voi perché, come mio 
Figlio Gesù, anche voi oggi siete chiamati ad essere segno di contraddizione.

Sempre più sarete seguiti, sempre più sarete anche respinti e perseguitati.
Quando attaccano la vostra persona o il mio Movimento, rispondete con la 
preghiera, con il silenzio e con il perdono.
Sarete presto chiamati alla battaglia aperta quando sarà attaccato mio Figlio 
Gesù, Me stessa, la Chiesa e il Vangelo.
Solo allora, condotti per mano da Me, dovrete uscire allo scoperto per dare 
finalmente la vostra pubblica testimonianza. Per ora vivete ancora con 
semplicità, affidandovi tutti alle cure di questo mio Cuore Immacolato».

2 febbraio 1976: Mov.Sac.Mariano







sabato 8 febbraio 2014

ECCO I FATTI CHE MOLTI NON SANNO ANCORA O NON VOGLIONO SAPERE



Contro-rivoluzione liturgica 

Il caso “silenziato” di Padre Calmel

di Cristiana de Magistris

Articolo pubblicato sul sito Concilio Vaticano II



Religioso domenicano e teologo tomista di non comune spessore, direttore di anime apprezzato e ricercato su tutto il suolo francese, scrittore cattolico d’una logica stringente e d’una chiarezza inequivocabile, padre Roger-Thomas Calmel (1914-1975) negli anni ruggenti del Concilio e del post-concilio si distinse per la sua azione controrivoluzionaria esercitata – attraverso la predicazione, gli scritti e soprattutto l’esempio –  sia sul piano dottrinale sia su quello liturgico.

Ma su un punto ben preciso la resistenza di questo figlio di san Domenico raggiunse l’eroismo: la Messa, poiché è sulla redenzione operata da Cristo sul Calvario e perpetuata sugli altari che si fonda la Fede cattolica. Il 1969 fu l’anno fatidico della rivoluzione liturgica, lungamente preparata e infine imposta d’autorità ad un popolo che non l’aveva chiesta né la desiderava.

La nascita della nuova Messa non fu pacifica. A fronte dei canti di vittoria dei novatores, vi furono le voci di chi non voleva calpestare il passato quasi bimillenario di una Messa che risaliva alla tradizione apostolica. Questa opposizione ebbe il sostegno di due cardinali di Curia (Ottaviani e Bacci), ma rimase del tutto inascoltata.
L’entrata in vigore del nuovo Ordo Missae era fissata per il 30 novembre, prima domenica d’Avvento, e le opposizioni non tendevano a placarsi. Lo stesso Paolo VI, in due udienze generali (19 e 26 novembre 1969), intervenne presentando il nuovo rito della Messa come volontà del Concilio e come aiuto alla pietà cristiana. Il 26 novembre il Papa disse: 


Nuovo rito della Messa: è un cambiamento, che riguarda una venerabile tradizione secolare, e perciò tocca il nostro patrimonio religioso ereditario, che sembrava dover godere d’un’intangibile fissità, e dover portare sulle nostre labbra la preghiera dei nostri antenati e dei nostri Santi, e dare a noi il conforto di una fedeltà al nostro passato spirituale, che noi rendevamo attuale per trasmetterlo poi alle generazioni venture. Comprendiamo meglio in questa contingenza il valore della tradizione storica e della comunione dei Santi. Tocca questo cambiamento lo svolgimento cerimoniale della Messa; e noi avvertiremo, forse con qualche molestia, che le cose all’altare non si svolgono più con quella identità di parole e di gesti, alla quale eravamo tanto abituati, quasi a non farvi più attenzione. Questo cambiamento tocca anche i fedeli, e vorrebbe interessare ciascuno dei presenti, distogliendoli così dalle loro consuete devozioni personali, o dal loro assopimento abituale. …”.

E proseguiva dicendo che bisogna comprendere il significato positivo delle riforme e fare della Messa “una tranquilla ma impegnativa palestra di sociologia cristiana”.
Sarà bene – avvertiva Paolo VI nella medesima udienza – che ci rendiamo conto dei motivi, per i quali è introdotta questa grave mutazione: l’obbedienza al Concilio, la quale ora diviene obbedienza ai Vescovi che ne interpretano e ne eseguiscono le prescrizioni…”.

Per sedare le opposizioni al Papa non rimaneva che l’argomento di autorità. Ed è su questo argomento che si giocò tutta la partita della rivoluzione liturgica.

Padre Calmel, che con i suoi articoli fu assiduo collaboratore della rivista Itinéraires, aveva già affrontato il tema dell’obbedienza, divenuto nel post-concilio l’argomento di punta dei novatores. Ma, egli affermava, è esattamente in virtù dell’obbedienza che bisogna rifiutare ogni compromesso con la rivoluzione liturgica:

Non si tratta di fare uno scisma ma di conservare la tradizione”. 
Con sillogismo aristotelico faceva notare:
L’infallibilità del Papa è limitata, dunque la nostra obbedienza è limitata”,  indicando il principio della subordinazione dell’obbedienza alla verità, dell’autorità alla tradizione.

La storia della Chiesa ha casi di santi che furono in contrasto con l’autorità di papi che non furono santi. Pensiamo a sant’Atanasio scomunicato da papa Liberio, a san Tommaso Becket sospeso da papa Alessandro III. E soprattutto a santa Giovanna d’Arco.

Il 27 novembre 1969, tre giorni prima della data fatidica in cui entrò in vigore il Novus Ordo Missae, padre Calmel espresse il suo rifiuto con una dichiarazione d’eccezionale portata, resa pubblica sulla rivista Itinéraires.




Mi attengo alla Messa tradizionale – dichiarò –, quella che fu codificata, ma non fabbricata, da San Pio V, nel XVI secolo, conformemente ad un uso plurisecolare. Rifiuto dunque l’Ordo missae di Paolo VI.

Perché? Perché, in realtà, questo Ordo Missae non esiste. Ciò che esiste è una rivoluzione liturgica universale e permanente, permessa o voluta dal Papa attuale, e che riveste, per il momento, la maschera dell’Ordo Missae del 3 aprile 1969. È diritto di ogni sacerdote rifiutare di portare la maschera di questa rivoluzione liturgica. E stimo mio dovere di sacerdote rifiutare di celebrare la messa in un rito equivoco.

Se accettiamo questo nuovo rito, che favorisce la confusione tra la Messa cattolica e la cena protestante – come sostengono i due cardinali (Bacci e Ottaviani) e come dimostrano solide analisi teologiche – allora passeremmo senza tardare da una messa intercambiabile (come riconosce, del resto, un pastore protestante) ad una messa completamente eretica e quindi nulla. Iniziata dal Papa, poi da lui abbandonata alle Chiese nazionali, la riforma rivoluzionaria della messa porterà all’inferno. Come accettare di rendersene complici?


Mi chiederete: mantenendo, verso e contro tutto, la Messa di sempre, hai riflettuto a che cosa ti esponi? Certo. Io mi espongo, per così dire, a perseverare nella via della fedeltà al mio sacerdozio, e quindi a rendere al Sommo Sacerdote, che è il nostro Giudice supremo, l’umile testimonianza del mio ufficio sacerdotale. Io mi espongo altresì a rassicurare dei fedeli smarriti, tentati di scetticismo o di disperazione. Ogni sacerdote, in effetti, che si mantenga fedele al rito della Messa codificata da San Pio V, il grande Papa domenicano della controriforma, permette ai fedeli di partecipare al santo Sacrificio senza alcun possibile equivoco; di comunicarsi, senza rischio di essere ingannato, al Verbo di Dio incarnato e immolato, reso realmente presente sotto le sacre Specie. Al contrario, il sacerdote che si conforma al nuovo rito, composto di vari pezzi da Paolo VI, collabora per parte sua ad instaurare progressivamente una messa menzognera dove la Presenza di Cristo non sarà più autentica, ma sarà trasformata in un memoriale vuoto; perciò stesso, il Sacrificio della Croce non sarà altro che un pasto religioso dove si mangerà un po’ di pane e si berrà un po’ di vino. Nulla di più: come i protestanti. Il rifiuto di collaborare all’instaurazione rivoluzionaria di una messa equivoca, orientata verso la distruzione della Messa, a quali disavventure temporali, a quali guai potrà mai portare? Il Signore lo sa: quindi, basta la sua grazia. In verità, la grazia del Cuore di Gesù, derivata fino a noi dal santo Sacrificio e dai sacramenti, basta sempre. È perciò che il Signore ci dice così tranquillamente: “Colui che perde la sua vita in questo mondo per causa mia, la salverà per la vita eterna”.

Riconosco senza esitare l’autorità del Santo Padre. Affermo tuttavia che ogni Papa, nell’esercizio della sua autorità, può commettere degli abusi d’autorità. 

Sostengo che il papa Paolo VI ha commesso un abuso d’autorità di una gravità eccezionale quando ha costruito un nuovo rito della messa su una definizione della messa che ha cessato di essere cattolica. “La messa – ha scritto nel suo Ordo Missae – è il raduno del popolo di Dio, presieduto da un sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore”. Questa definizione insidiosa omette a priori ciò che fa la Messa cattolica, da sempre e per sempre irriducibile alla cena protestante. E ciò perché per la Messa cattolica non si tratta di qualunque memoriale; il memoriale è di tal natura che contiene realmente il sacrificio della Croce, perché il Corpo e il Sangue di Cristo sono resi realmente presenti in virtù della duplice consacrazione. Ora, mentre ciò appare così chiaro nel rito codificato da San Pio V da non poter esser tratti in inganno, in quello fabbricato da Paolo VI rimane fluttuante ed equivoco. Parimenti, nella Messa cattolica, il sacerdote non esercita una presidenza qualunque: segnato da un carattere divino che lo introduce nell’eternità, egli è il ministro di Cristo che fa la Messa per mezzo di lui; ben altra cosa è assimilare il sacerdote a un qualunque pastore, delegato dai fedeli a mantenere in buon ordine le loro assemblee. Orbene, mentre ciò è certamente evidente nel rito della Messa prescritta da San Pio V, è invece dissimulato se non addirittura eliminato nel nuovo rito.


La semplice onestà quindi, ma infinitamente di più l’onore sacerdotale, mi chiedono di non aver l’impudenza di trafficare la Messa cattolica, ricevuta nel giorno della mia ordinazione. Poiché si tratta di essere leale, e soprattutto in una materia di una gravità divina, non c’è autorità al mondo, fosse pure un’autorità pontificale, che possa fermarmi. D’altronde, la prima prova di fedeltà e d’amore che il sacerdote deve dare a Dio e agli uomini è quella di custodire intatto il deposito infinitamente prezioso che gli fu affidato quando il Vescovo gl’impose le mani. È anzitutto su questa prova di fedeltà e d’amore che io sarò giudicato dal Giudice supremo. Confido che la Vergine Maria, Madre del Sommo sacerdote, mi ottenga la grazia di rimanere fedele fino alla morte alla Messa cattolica, vera e senza equivoco. Tuus sum ego, salvum me fac (sono tutto vostro, salvatemi)”.

Di fronte a un testo di tale spessore e ad una presa di posizione così categorica, tutti gli amici e i sostenitori di padre Calmel tremarono, attendendo da Roma le più dure sanzioni. Tutti, tranne lui, il figlio di san Domenico, che continuava a ripetere: “Roma non farà niente, non farà niente…”. E difatti Roma non fece nulla. Le sanzioni non arrivarono. Roma tacque davanti a questo frate domenicano che non temeva nulla se non il Giudice supremo a cui doveva render conto del suo sacerdozio.

Altri sacerdoti, grazie alla dichiarazione di padre. Calmel, ebbero il coraggio di uscire allo scoperto e di resistere ai soprusi di una legge ingiusta e illegittima. Contro coloro che raccomandavano l’obbedienza cieca alle autorità, egli mostrava il dovere dell’insurrezione.

Tutta la condotta di santa Giovanna d’Arco mostra che ella ha pensato così: Certo, è Dio che lo permette; ma ciò che Dio vuole, almeno finché mi resterà un esercito, è che io faccia una buona battaglia e giustizia cristiana. Poi fu bruciata […]. Rimettersi alla grazia di Dio non significa non far nulla. 

Significa invece fare, rimanendo nell’amore, tutto ciò che è in nostro potere […]. A chi non abbia meditato sulle giuste insurrezioni della storia, come la guerra dei Maccabei, le cavalcate di santa  Giovanna d’Arco, la spedizione di Giovanni d’Austria, la rivolta di Budapest, a chiunque non sia entrato in sintonia con le nobili resistenze della storia […] io rifiuto il diritto di parlare di abbandono cristiano […] l’abbandono non consiste nel dire: Dio non vuole la crociata, lasciamo fare ai Mori. Questa è la voce della pigrizia”.

Non si può confondere l’abbandono soprannaturale con una supina obbedienza.

Il dilemma che si pone a tutti – avvertiva padre Calmel – non è di scegliere tra l’obbedienza e la fede, ma tra l’obbedienza della fede e la collaborazione con la distruzione della fede”. Tutti noi siamo invitati a fare “nei limiti che ci impone la rivoluzione, il massimo di ciò che possiamo fare per vivere della tradizione con intelligenza e fervore. Vigilate et orate”.

Padre Calmel aveva compreso perfettamente che la forma di violenza esercitata nella “Chiesa post-conciliare” è l’abuso di autorità, esplicato esigendo un’obbedienza incondizionata. Alla quale i chierici e molti laici si piegarono senza tentare alcuna forma di resistenza. “Questa assenza di reazione – notava Louis Salleron – mi pare tragica. Perché Dio non salva i cristiani senza di essi, né la sua Chiesa senza di essa”.

Il modernismo fa camminare le sue vittime sotto il vessillo dell’obbedienza – scriveva il religioso domenicano–, ponendo sotto sospetto di orgoglio qualunque critica delle riforme, in nome del rispetto che si deve al papa, in nome dello zelo missionario, della carità e dell’unità”. 

Quanto al problema dell’obbedienza in materia liturgica, padre Calmel osservava:
La questione dei nuovi riti consiste nel fatto che sono ambivalenti: essi perciò non esprimono in modo esplicito l’intenzione di Cristo e della Chiesa. La prova è data dal fatto che anche gli eretici l’usano con tranquillità di coscienza, mentre rigettano e hanno sempre rigettato il Messale di san Pio V”. “Bisogna essere o sciocchi o paurosi (o l’uno e l’altro insieme) per considerarsi legati in coscienza da leggi liturgiche che cambiano più spesso della moda femminile e che sono ancora più incerte”.

Nel 1974 in una conferenza diceva:

La Messa appartiene alla Chiesa. La nuova Messa non appartiene che al modernismo. Mi attengo alla Messa cattolica, tradizionale, gregoriana, poiché essa non appartiene al modernismo […]. Il modernismo è un virus. È contagioso e bisogna fuggirlo. La testimonianza è assoluta. Se rendo testimonianza alla Messa cattolica, occorre che io mi astenga dal celebrarne altre. È come l’incenso bruciato agli idoli: o un grano o nulla. Dunque, nulla”.

Nonostante l’aperta resistenza di padre Calmel contro le innovazioni liturgiche, da Roma non giunse mai alcuna sanzione. La logica del padre domenicano era troppo serrata, la sua dottrina troppo ortodossa, il suo amore alla Chiesa e alla sua perenne tradizione troppo leale perché lo si potesse attaccare. Non si intervenne contro di lui poiché non lo si poteva. Allora si avvolse il caso nel più omertoso silenzio, al punto che il teologo domenicano – noto, in parte, al mondo tradizionale francese – è pressoché sconosciuto nel resto dell’orbe cattolico.

Nel 1975, padre Calmel si spegneva prematuramente, coronando il suo desiderio di fedeltà e di resistenza. Nella sua Dichiarazione del 1969 aveva chiesto alla Santissima Vergine di “rimanere fedele fino alla morte alla Messa cattolica, vera e senza equivoco”. La Madre di Dio esaudì il desiderio di questo figlio prediletto che morì senza aver mai celebrato la Messa nuova per rimaner fedele al supremo Giudice al quale doveva rispondere del suo sacerdozio.

Suscipe, sancte Pater, 
Omnipotens aeterne Deus...

L’ITALIA, LA PALUDE E LA CEI


L’ITALIA, LA PALUDE E LA CEI
di L. P.






L’Italia non è un paese allo sbando o una <palude fangosa>. Ha i suoi problemi, è vero – e tra questi la mancanza di lavoro ( soprattutto per i giovani ) e il mancato sostegno alle famiglie sono i dati più drammatici – ma ha anche in sé le forze per risalire la corrente” ha affermato “lanciando un messaggio di speranza” il cardinal  Angelo Bagnasco all’apertura del Consiglio permanente della CEI. (Avvenire – 27 gennaio 2014 ).
   
Questo passo, tratto da un lungo articolo, ci è parso da citare a taglio proprio oggi che osserviamo, sugli schermi tv e della rete, le immagini delle immani alluvioni sotto cui gran parte dell’Italia tròvasi sommersa.
Abbiamo pensato di riportarlo perché la nostra cara Italia è diventata, infatti, una vera e propria palude in termini geofisici e meteorologici.  Non si dà inverno che non si verifichino, da qualche decennio in qua, disastri e cataclismi: frane, alluvioni, crolli, con la conseguenza di uno stato quasi perenne di caos e di sofferenze. Le cronache di questi giorni sono bollettini di guerra.
    
I lettori ci obietteranno che le piogge rovinose, le inondazioni fluviali, gli smottamenti, i venti strapazzoni sono fenomeni che, in sé e per sé, non vanno imputati all’opera dell’uomo. E giustamente, noi rispondiamo, perché le forze della natura sovrastano anche la tecnologìa più raffinata e non conoscono ostacoli. Ma noi preme tirar giù una riflessione di livello più elevato proprio in riferimento agli eventi naturali che in questi giorni hanno funestato paesi, popolazioni, abitazioni. 
     
Intanto, che la campagna si allaghi, così come il mare possa, per forza di cicloni, erompere al di là dei moli è faccenda del tutto spiegabile, cosa che non può dirsi quando questi fenomeni si verificano nelle città.  Esse, specialmente le moderne, sono il prodotto della tecnica umana che, spesso, si compiace di progettare ed erigere complessi urbanistici senza la previsione di opportune  salvaguardie. Non per nulla, ogni volta che si indaga su taluni esiti, vengono fuori e una superficiale progettazione, e una insufficiente vigilanza e una assente manutenzione degli impianti e degli spazi urbani. E ciò vale tanto per la moderna scienza che per l’antica dacché la megalomania di un’architettura, che sembra sfidare la legge di gravità e il buon senso con l’erigere monumentali  edifici sempre più alti e in siti precarii  è diretta filiazione, mai interrotta, di quella torre di Babele che Dio rese, peraltro, inutile sia  per colpire la superbia umana che per diffidare l’umanità dal programmare un’unica entità politica di stampo mondialistico. A Dio piacciono le differenze culturali.
    
Ed eccoci, allora, arrivati al cuore dell’argomento. 
 
La Chiesa, negli anni passati – anni che sembrano secoli! – era solita, in occasione di eventi disastrosi, tanto di origine naturale come tempeste, inondazioni, terremoti, carestie, pestilenze  quanto di origine umana come guerre, crisi economiche, discordie, ecatombi etniche, la Chiesa, dicevamo, aveva nel proprio repertorio eucologico una serie di riti con i quali e durante i quali, riconosciuti a Dio la potenza creatrice e la proprietà delle cose create, se ne invocava e Gli si chiedeva  la cessazione di uno stato di calamità o se ne impetravano benefici quali tempo propizio, raccolti abbondanti, salute fisica, buona e sana prole.
    Gesù che doma la tempesta sul lago di Tiberiade (Mt. 8,23/27 – Mc. 4, 35/41 – Lc. 8, 22/25), così come tutti i miracoli da Lui operati su storpi, ciechi, lebbrosi, indemoniati, muti e morti sono la dimostrazione del dominio di Dio sulla natura e sulle forze demoniache. Le quali ultime, secondo San Tommaso d’Aquino, possono però causare, col permesso divino che a ciò conferisce chiara marca di castigo, turbolenze atmosferiche o altri fenomeni di violenza naturale: 
In angelo aut in daemone, si incorporei ponantur, non est alia potentia neque operatio nisi intellectus et voluntas. . . unde nulla virtus seu potentia in angelo potest esse nisi pertinens ad apprehensionem vel appetitum intellectuale; unde substantia intellectualis separata a corpore potest movere imperio voluntatis aliquod corpus non sibi unitum” (De Malo, q. 16, a. 1, ad 14).
Nell’angelo o nel dèmone, posti come esseri incorporei, non c’è altra potenza  ed operazione se non l’intelletto e la volontà. . .per cui nessuna potenza o nessuna virtù può essere nell’angelo se non pertinente all’apprensione o all’appetito intellettuale; onde la sostanza intellettuale, distinta dal corpo, può muovere, con il comando della volontà, qualche corpo non unito a sé”.
     
Ne parlò, a proposito, Dante tomista  quando descrisse la vicenda di Bonconte da Montefeltro, morto nella battaglia di Campaldino (11 giugno 1289), il cui cadavere fu travolto dall’alluvione, abbattutosi in Pratomagno, ad opera del demonio, quale  vendetta contro il corpo di  chi  èrasi pentito in punto di morte. “ Ben sai come nell’aere si raccoglie/quell’umido vapor che in acqua riede/tosto che  sale dove ‘l freddo il coglie./ Giunse quel mal voler, che pur mal chiede/ con lo ‘ntelletto, e mosse il fummo e ‘l vento/ per la virtù che sua natura diede” (Purg. V, 109/112).

   
A questi eventi, dicevamo, la Chiesa rispondeva con le famose e dimenticate “Rogazioni”, riti distinti in “minori e maggiori” celebrati rispettivamente nei tre giorni precedenti l’Ascensione e il 25 aprile. Lo scopo era quello di “allontanare i flagelli della giustizia di Dio e di attirare le <benedizioni della sua misericordia sui frutti della terra>”. 
Le processioni, tipiche delle Rogazioni minori, svolte in tre giorni, vedevano in testa al corteo le Confraternite con le loro insegne, quindi il clero, le donne, i bambini e gli uomini. I paramenti erano di colore viola, quello che si adotta per il rito penitenziale, e indicavano palesemente la consapevolezza che i disastri venivano considerati quale castigo divino in risposta ai tanti peccati commessi. 
    
A fulgore et tempestate, a peste, fame et bello – libera nos Domine”. 

La processione che il cardinal Federigo Borromeo promuove, in occasione della peste di Milano (Promessi Sposi, cap. XXXII ) è l’esempio di un intervento che si attiva quando la circostanza è eccezionalmente grave. Così come grave, è da qualche anno, quella italiana. E non soltanto in termini  geografici.
    
Ora, se nella celebrazione delle Rogazioni era implicito il riconoscimento dei peccati, l’aver cancellato questa ritualità vuol dire, forse, che l’umanità non pecca più, che gli eventi catastrofici non sono più ritenuti un monito di Dio? Il secondo caso è, probabilmente quello più certificato. Guai, infatti, a dire e a predicare che il terremoto di Haiti, l’inondazione di New Orleans, lo tsunami dell’Indonesia, il terremoto del Giappone, il terremoto di Messina, il naufragio del Titanic sono il segno del dito di Dio che dice “basta !”. C’è sempre qualche teologo, qualche nota rivista, qualche deputato  o qualche autorevole opinionista che riduce a brandelli l’ingenuo e l’improvvido che si azzardi a mescolare la misericordia del Signore con le catastrofi. Al prof. Roberto De Mattei mal gliene incolse quando espose questa verità ché anche dai siti cattolici – e ricordiamo la rivista “Frate Indovino” – lo impallinarono come retrivo, oscurantista e blasfemo.
     
Noi ci prendemmo la briga, e non per una difesa d’ufficio del professore che sa bene difendersi eccome, ma per nostra rappresaglia, di elencare al teologo di turno il catalogo dei disastri biblici che, così come sono riportati nella Sacra Scrittura, non sembrano affatto eventi casuali ma, al contrario, castighi veri, propri e conclamati, comminarti dal Signore all’uomo peccatore. Incominciava, il catalogo, con la cacciata dal paradiso terrestre, tanto per fare un esempio da poco… La moderna cultura cattolica, che  si rifiuta di considerare questi eventi come pedagogìa severa e salutare, ha modellato quello che, dal  1963, si  appella “cristiano adulto”, un tipo che disdegna e nega l’esistenza  di un Dio geloso e severo, un tipo che, confidando molto e molto impegnandosi per i diritti dell’uomo nel solco del 1789  e niente applicandosi per quelli di Dio, è arrivato ad ammettere l’Inferno vuoto, la comunione sulle mani, il divorzio, l’aborto, l’omosessualità, la famiglia allargata, la convivenza, l’autogiustificazione, la fede multipla cioè il credito accordato a tutte le religioni;  un cattolico che alla domenica mattina va a Messa, si comunica e la sera si ritrova in un ashram a mugulare “aum” davanti ad un levigato ed obeso Buddha. Come niente fosse.
    
Accanto al cristiano adulto figura, dal 1963, il “prete adulto”, colui che non sa più come ci si comporta quando cade una sacra particola durante il rito della Comunione, colui che non ritiene di “riconsacrare” una  chiesa violata da atti blasfemi e vandalici quali quelli che si ebbero a Roma tre anni or sono quando un teppista, entrata in una chiesa del centro, e, asportata la statua della vergine Maria la fracassò sulla strada; colui che stima atto canonico il conferimento dell’Eucaristìa a personaggi notoriamente pubblici peccatori, come avvenne, infatti, a Genova durante le esequie del prete Andrea Gallo. 
Se, poi, si aggiunge, che l’autorità laico/politica  nostrana sta, con il varo di leggi inique e oscene che gridano vendetta, dilatando la frattura tra il diritto di Dio e quello dell’uomo a vantaggio di questo, non vediamo come non si possa considerare l’Italia, “una palude fangosa”. 
    
Già, perché la CEI, il quarto grande sindacato italiano, avendo cancellato la vetusta fede  sulla potenza di Dio e scartavetrato i vecchi riti  rogatorii, ha riposto, e ripone la sua fiducia nell’Ufficio Meteo dell’Aeronautica o nell’Istituto Sismologico Italiano, i quali, con illuminata e supponente sicumera ci avvertono che “ il Po è sotto controllo – il sisma è monitorato - l’Etna è sotto osservazione attenta”.
Perciò: sonni tranquilli.
Il cardinal Bagnasco ci assicura che l’Italia non è “una palude fangosa”.

Possiamo affermare che è qualcosa di peggio?

Domenica 9 Febbraio 2014, V Domenica delle ferie del Tempo Ordinario - Anno A


Posted: 03 Feb 2014 07:23 AM PST

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5, 13-16. 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: " Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per 


venerdì 7 febbraio 2014

PURGATORIO



"Tengan piedad de mí, tengan piedad de mí, por lo menos ustedes mis amigos, porque la mano del Señor me ha tocado" (Job 19:21).

Esta es la conmovedora súplica que la Iglesia Purgante envía a sus amigos en la tierra.
Tierra, comiencen, imploren su ayuda, en respuesta a la angustia mas profunda. Muchos dependen de sus oraciones.
Es incomprensible como algunos católicos, aún aquellos que de una u otra forma son devotos, vergonzosamente desatienden a las almas del Purgatorio. Pareciera que no creen en el Purgatorio. Ciertamente es que sus ideas acerca de ello son muy difusas.

Días y semanas y meses pasan sin que ellos reciban una Misa dicha por ellas!
Raramente también, oyen Misa por ellos, raramente rezan por ellos, raramente piensan en ellos! Entretanto están gozando la plenitud de la salud y la felicidad, ocupados en sus trabajos; divirtiéndose, mientras las pobres almas sufren inenarrables agonías en sus lechos de llamas. Cuál es la causa de esta horrible insensibilidad? Ignorancia: gruesa, inexplicable ignorancia.

La gente no se da cuenta de lo que es el Purgatorio. No conciben las espantosas penas, ni tienen idea de los largos años que las almas son retenidas en esas horribles llamas. Como resultado, hacen poco o nada para evitarse a sí mismos el Purgatorio, y aún peor, cruelmente ignoran a las pobres almas que ya están allí y que dependen enteramente de ellos para ser auxiliadas.

Estimado lector, lee detenidamente este pequeño libro con cuidado



¡AUXILIO, AUXILIO, SUFRIMOS MUCHO!


I: Nunca llegaremos a comprender lo suficientemente claro que una limosna, pequeña o grande, dada en favor de las almas sufrientes, se la damos directamente a Dios. El acepta y recuerda como si se la hubieran dado directamente a Él mismo. Así, todo lo que hagamos por ellas, Dios lo acepta hecho para El. Es como si lo aliviáramos o liberáramos a Él mismo del Purgatorio. En qué manera nos pagará!

II. No hay mayor  sed, pobreza, necesidad, pena, dolor, sufrimiento que se compare a los de las Almas del Purgatorio, por lo tanto no hay limosnas más merecidas, ni más placenteras a Dios, ni mérito más alto para nosotros, que rezar, pedir celebraciones de Misas, y dar limosnas en favor de las pobres Santas Almas.


QUE ES EL PURGATORIO


Es una prisión de fuego en la cual algunas  almas salvadas son sumergidas después de la muerte y en la cual sufren las mas intensas penas.

Aquí esta lo que los mas grandes doctores de la iglesia nos dicen acerca del Purgatorio.

Tan lastimoso es el sufrimiento de ellas que un minuto de ese horrible fuego parece ser un siglo.
Santo Tomás Aquino, el príncipe de los teólogos, dice que el fuego del Purgatorio es igual en intensidad al fuego del infierno, y que el mínimo contacto con él es mas aterrador que todos los sufrimientos posibles de esta tierra!
San Agustín, el mas grande de todos los santos doctores, enseña que para ser purificadas de sus faltas previo a ser aceptada en el Cielo, las almas después de muertas son sujetas a un fuego mas penetrante y mas terrible que nadie pueda ver, sentir o concebir en esta vida.

Aunque este fuego está destinado a limpiar y purificar al alma, dice el Santo Doctor, aún es más agudo que cualquier cosa que podamos resistir en la Tierra.

San Cirilo de Alejandría no duda en decir que "sería preferible sufrir todos los posibles tormentos en la Tierra hasta el día final que pasar un solo día en el Purgatorio".
Otro gran Santo dice: Nuestro fuego, en comparación con el fuego del Purgatorio, es una brisa fresca".

Otros santos escritores hablan en idénticos términos de ese horrible fuego.

COMO ES QUE LAS PENAS DEL PURGATORIO SON TAN SEVERAS?

1. El fuego que vemos en la Tierra fue hecho por la bondad de Dios para nuestra comodidad y nuestro bienestar. A veces es usado como tormento, y es lo mas terrible que podemos imaginar



¿PORQUE Y PARA QUE REZAR POR LAS ANIMAS BENDITAS DEL PURGATORIO?


El gran Mandamiento de Nuestro Señor Jesucristo es que nos amemos los unos a los otros, genuina y sinceramente. El Primer Gran Mandamiento es amar a Dios sobre todas las cosas. El Segundo, o mejor dicho el corolario del Primero, es amar al prójimo como a nosotros mismos. No es un consejo o un mero deseo del Todopoderoso. Es Su Gran Mandamiento, la base y esencia de Su Ley. Es tanta la verdad encerrada en esto que El toma como donación todo aquello que hacemos por nuestro prójimo, y como un rechazo hacia El cuando rechazamos a nuestro prójimo.
Leemos en el Evangelio de San Mateo ( Mt 25:34-46), las palabras de Cristo que dirigirá a cada uno en el Día del Juicio Final.
Algunos católicos parecen pensar que su Ley ha caído en desuso, pues en estos días existe el egoísmo, el amor a sí mismo, y cada uno piensa en sí mismo y en su engrandecimiento personal.
"Es inútil observar la Ley de Dios en estos días", dicen, "cada uno debe mirar por sí mismo, o te hundes".
No hay tal cosa! La ley de Dios es grandiosa y todavía y por siempre tendrá fuerza de ley. Por eso, es mas que nunca necesaria, mas que nunca nuestro deber y por nuestro mayor interés.


 

LAS ANIMAS BENDITAS DEL PURGATORIO PUEDEN ACORTAR NUESTRO PROPIO PURGATORIO:

Otra gran gracia que obtenemos por orar por ellas es un corto y fácil Purgatorio, o su completa remisión!

San Juan Massias, sacerdote dominicano, tenía una maravillosa devoción a las Almas del Purgatorio. El obtuvo por sus oraciones (principalmente por la recitación del Santo Rosario) la liberación de un millón cuatrocientas mil almas!!! En retribución, el obtuvo para sí mismo las más abundantes y extraordinarias gracias y esas almas vinieron a consolarlo en su lecho de muerte, y a acompañarlo hasta el Cielo.
Este hecho es tan cierto que fue insertado por la Iglesia en la bula de decretaba su beatificación.

El Cardenal Baronio recuerda un evento similar.
Fue llamado a asistir a un moribundo. De repente, un ejército de espíritus benditos apareció en el lecho de muerte, consolaron al moribundo, y disiparon a los demonios que gemían, en un desesperado intento por lograr su ruina. Cuando el cardenal les preguntó quiénes eran, le respondieron que eran ocho mil almas que este hombre había liberado del Purgatorio gracias a sus oraciones y buenas obras. Fueron enviadas por Dios, según explicaron, para llevarlo al Cielo sin pasar un solo momento en el Purgatorio.

Santa Gertrudis fue ferozmente tentada por el demonio cuando estaba por morir. El espíritu demoníaco nos reserva una peligrosa y sutil tentación para nuestros últimos minutos. Como no pudo encontrar un asalto lo suficientemente inteligente para esta Santa, el pensó en molestarla su beatífica paz sugiriéndole que iba a pasar larguísimo tiempo en el Purgatorio puesto que ella desperdició sus propias indulgencias y sufragios en favor de otras almas. Pero Nuestro Señor, no contento con enviar Sus Angeles y las miles de almas que ella había liberado, fue en Persona para alejar a Satanás y confortar a su querida Santa. El le dijo a Santa Gertrudis que a cambio de lo que ella había hecho por las ánimas benditas, le llevaría directo al Cielo y multiplicaría cientos de veces todos sus méritos.

El Beato Enrique Suso, de la Orden Dominicana, hizo un pacto con otro hermano de la Orden por el cual, cuando el primero de ellos muriera, el sobreviviente ofrecería dos Misas cada semana por su alma, y otras oraciones también. Sucedió que su compañero murió primero, y el Beato Enrique comenzó inmediatamente a ofrecer las prometidas Misas. Continuó diciéndolas por un largo tiempo. Al final, suficientemente seguro que su santamente muerto amigo había alcanzado el Cielo, cesó de ofrecer las Misas. Grande fue su arrepentimiento y consternacion cuando el hermano muerto apareció frente a él sufriendo intensamente y reclamándole que no hubo celebrado las Misas prometidas. El Beato Enrique replicó con gran arrepentimiento que no continuó con las Misas, creyendo que su amigo seguramente estaría disfrutando de la Visión Beatífica pero agregó que siempre lo recordaba en sus oraciones. "Oh hermano Enrique, por favor dame las Misas, pues es la Preciosísima Sangre de Jesús lo que yo más necesito" lloraba la sufriente alma. El Beato recomenzó a ofrecerlas, y con redoblado fervor, ofreció Misas y ruegos por su amigo hasta que recibió absoluta certeza de su liberación. Luego fue su turno de recibir gracias y bendiciones de toda clase por parte de su querido hermano liberado, y muchas más veces que las que hubiera esperado.

III. Es muy posible que algunos de nuestros más cercanos y queridos parientes estén todavía sufriendo las purificantes penas del Purgatorio y llamándonos entre lastimosos gemidos para que los ayudemos y aliviemos.

IV. ¿¿No es terrible que seamos tan duros que no podamos pensar en ellos, ni tampoco podemos ser tan crueles que deliberadamente los olvidemos?

Por el amor de Cristo, hagamos todo, pero todo, lo que podamos por ellas.


Cada católico debería unirse a la Asociación de las Animas Benditas.