mercoledì 9 marzo 2022

20 - TUTTO E' COMPIUTO. - AVE MARIA PURISSIMA!

 

20.

 

“Tutto è compiuto”

 

“Hanno trapassato le sue mani e i suoi piedi, e squarciato il petto con la lancia e attraverso queste ferite io posso’succhiare miele dalla rupe e olio dai ciottoli della roccia’(Dt 32, 13); cioè gustare e sperimentare quanto. è buono il Signore (cf Sal 33, 9)”.

S. Bernardo abate, Op. om. 2, 150

 

Fatta la preghiera, Gesù uscì dal cenacolo e se ne andò con i discepoli oltre il torrente Cedron, nell’orto o giardino degli ulivi, detto Getsemani (torchio dell’olio).

Giunto in quel luogo disse: “Sedetevi qui, mentre Io vado là a pregare. Voglio con me Pietro, Giovanni e Giacomo. Pregate per non entrare in tentazione”.

E si inoltrò nel giardino con i tre prediletti (cui aveva mostrato un giorno nella Trasfigurazione sul Tabor quella gloria riservata nel Regno di Dio ai suoi discepoli) e cominciò a spaventarsi e a sentire angoscia. Allora dice loro: “L’anima mia è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate con Me” (Sal 42, 6,12).

Poi si allontanò da loro quanto un tiro di sasso e, caduto sulla sua faccia, pregava dicendo: “Padre mio, se è possibile passi da me questo calice. Tuttavia non la mia volontà, ma la tua sia fatta!”.

E viene dai discepoli e li trova addormentati, e dice a Pietro: “Simone, dormi? Non hai potuto vegliare un’ora sola? Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole”.

Di nuovo, per la seconda volta, tornò a pregare dicendo la stessa 

parola. E venuto di nuovo dai tre, li trovò addormentati, perché i loro 

occhi erano aggravati e non sapevano cosa risponderGli.


E, lasciatili, tornò a pregare per la terza volta, dicendo di nuovo la stessa parola. In preda all’angoscia, pregava più intensamente. Il suo sudore divenne come gocce di sangue, che cadevano per terra. Gli apparve allora un angelo dal cielo, che Lo confortò. 
Allora torna dai discepoli che dormono soporosamente; li chiama, li scuote e dice: “Ecco è venuta l’ora. Il Figlio de1l’Uomo è consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce si è avvicinato” (Mt 26, 30ss.; Mc 14, 26ss.; Lc 22, 39ss.). Così gli evangelisti ci descrivono uno dei tre momenti più atroci della vita di Gesù. È conosciuto come il momento del1’Agonia (lotta).



Gesù, l’INNOCENZA, avendo preso su di sé tutto il peccato del mondo, tutte le sozzure dei secoli, ora è schiacciato dal dolore del paterno abbandono. E geme e suda di ribrezzo. L’avvilimento è tale che suda sangue: tangibile prova della sua tortura spirituale e del suo amore pazzo per l’uomo, che vuol redimere e chiamare Fratello, e Figlio.

“Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena, Egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime .. e fu esaudito per la sua pietà. Pur essendo Figlio, imparò tuttavia l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che Gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek” (Eb 5,7-10).

Gesù ama il Padre infinitamente, e ciascuno di noi nel Padre. Ci ama appunto perché così incapaci di amare e così infelici di non saper amare. Ci ama pensando che ognuno di noi è opera di Dio: e quindi degna di essere salvata con la morte di un Dio.

“Abbà, Padre! Tutto è possibile a Te; allontana questo calice da me! Ma non quello che voglio Io, ma quello che vuoi Tu” (Mc 14, 36).

Sta qui il segreto della fecondità apostolica di Gesù Nazareno: l’intima unione col Padre Celeste. Unione che si attua in modo esplicito nella preghiera totale, che non è borbottio di parole o semplice atto di intelligenza, bensì donazione della volontà al Signore, adesione completa della creatura al Creatore. “Non chi dice: Signore, Signore! entrerà nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi entrerà nel Regno” (Mt 7,21).

Nel cuore della notte o prima dell’aurora Gesù usava alzarsi e render lode al Padre Celeste. A tutti insegnò la necessità di pregare sempre, senza stancarsi. E ora ce ne l’esempio anche nella sua più grande sofferenza.

<< Signore Gesù, aiutaci a pregare! >>

Il gran pittore domenicano, il Beato Angelico da Fiesole, nella scena dell’Agonia dell’Orto degli Ulivi ha rappresentato di scorcio, tra i secolari ulivi, anche la figura della Madre Santissima che, con altre donne, veglia e prega. Invenzione? No certamente, ma felice intuizione.



Quella notte come fu notte di agonia per il Figlio, lo fu anche per la Madre Divina che, insieme al Padre, “non risparmiava il proprio Figlio, ma Lo dava per tutti noi” (cf Rm 8, 32). È' proprio qui la sorgente della nostra fiducia illimitata nella beatissimaVergine e Madre: se ci ha dato Gesù, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui? (cf Rm 8, 32). 


Ed eccoci giunti - come scrive il Roschini nella Vita di Maria - al giorno più doloroso della vita di Maria Santissima, giorno che è il centro dei secoli, centro della massima gioia e del massimo dolore: gioia per l’umanità che è salvata e dolore per Quelli che dovevano salvarla, per il Redentore e per la Corredentrice.

“Ed ecco, mentre ancora Gesù parlava, arriva Giuda con un drappello della coorte romana e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai gran sacerdoti e anziani del popolo. Le armi dei soldati e delle guardie brillano alla luce delle lanterne e delle fiaccole.

Gesù allora si fece innanzi, e Giuda che aveva dato agli sbirri un segnale dicendo: ‘Quello che bacerò, è Lui; prendeteLo’ avvicinatosi a Lui disse: ‘Salve, Rabbì !’ e Lo baciò sulla guancia.

Ma Gesù gli disse: ‘Amico, per questo sei qui! Con un bacio tradisci il Figlio dell’Uomo?’. Tutti allora cercarono di mettere le mani addosso agli apostoli e a Cristo.

‘Chi cercate?’ dice loro. E tutti si fermano. Gli risposero: ‘Gesù, il Nazareno’. Dice loro: ‘Sono Io!’. Come dunque disse loro: ‘Sono Io!’, andarono indietro e caddero a terra. Di nuovo domandò loro: ‘Chi cercate?’ E dissero: ‘Gesti, il Nazareno!’ Rispose Gesù: ‘Ve l’ho detto che sono Io. Se dunque cercate me, lasciate che costoro se ne vadano”’ (cf Mt 26; Mc 14; Lc 22; Gv 18).


Gli Apostoli, vedendo quanto stava per accadere, esclamarono: “Signore, dobbiamo colpire con la spada?”. Ma già l’indomito e impulsivo Pietro, avendo una spada comprata forse dietro interpretazione troppo materiale delle parole del Maestro: “Ora ... venda il suo mantello e si compri una spada chi non ce l’ha” (Lc 22, 36) la sfoderò e percosse il servo del sommo sacerdote, troncandogli l’orecchio destro; quel servo aveva nome Malco.


Gesù però disse a Pietro: “Metti la spada nel fodero! Tutti quelli che prendono la spada, di spada periranno. Oppure credi che non possa pregare il Padre mio, e mi fornirebbe adesso più di dodici legioni di angeli? E il calice che il Padre mi ha dato, forse che non lo berrò?” E, toccato l’orecchio del servo, lo sanò.


E disse alla gente: “Come contro un ladrone, siete usciti con spade e bastoni ad arrestarmi. Ogni giorno ero tra voi nel tempio a insegnare, e non avete steso le mani contro di me! Ma questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture. È l’ora vostra e del potere delle tenebre”.


Allora la coorte, il tribuno e le guardie dei Giudei arrestarono Gesù e Lo legarono, mentre gli Apostoli, tutti, non avendo capito nulla per “quelle” tenebre, e pensando Gesù pazzo, lasciandoLo, fuggirono.

Quel bacio insincero dell’Apostolo dette inizio alla Passione del Maestro. Gesù si richiama sempre alla Volontà del Padre. Quella sola vuole fare! 

E nell’abbraccio di questa uniformità divina, accanto a Lui c’è Maria.

Infatti “il Padre voleva che Lei - chiamata alla più totale cooperazione al mistero della redenzione -, fosse integralmente associata al sacrificio e condividesse tutti i dolori del Crocifisso, unendo la propria volontà alla sua, nel desiderio di salvare il mondo”.


Gesù dunque, legato come un delinquente, Egli che è 1’Innocenza per eccellenza, fu condotto - per non dire trascinato - oltre il torrente Cedron, fino in Gerusalemme.


In questo primo tragitto notturno, Gesù, già spossato dall’agonia senza parlare, con eroica pazienza, sopportò i primi sputi, i primi spintoni, le prime pietre, i primi pugni e schiaffi, le prime lordure, le prime cadute; e la sua carne cominciò a coprirsi di lividure.


Le tenebre trionfavano. E Gesù soffriva per amore degli stessi aguzzini, nella speranza di salvarli. Il drappello col divino Prigioniero giunse alla casa di Anna, suocero del sommo sacerdote in carica Caifa che aveva dato quel consiglio ai Giudei: “È meglio che muoia un solo uomo per il popolo”.


Quella, fu notte di demoni, notte crudele di tradimenti e rinnegamenti: prima il tradimento orrendo di Giuda, e poi il triplice rinnegamento di Pietro, che poco prima aveva detto con forza al Maestro: “Darò la mia vita per Te!” ricevendone questa risposta: “Darai la tua vita per Me? In verità, in verità ti dico: non canterà il gallo, prima che tu non Mi abbia rinnegato tre volte” (Gv 13, 37-38). La parola di Gesù si avverò puntualmente. Simon Pietro, che da lontano aveva seguito Gesù, con l’aiuto di Giovanni era entrato anch’egli fin dentro il cortile del sommo sacerdote, e se ne stava a sedere presso il fuoco con le guardie, per vedere la fine delle cose. Alla domanda precisa della serva portinaia e degli altri servi del sommo sacerdote, che gli chiesero per tre volte: “Non sei anche tu dei discepoli di quest’Uomo? Non ti ho visto anch’io nell’orto con Lui? In verità anche tu sei uno di loro; infatti la tua stessa parlata ti fa palese; sei Galileo!”, Pietro ebbe paura e cercò salvezza nella menzogna.


Dinanzi a tutti, negò e cominciò anche a imprecare e a giurare: “Non conosco l’Uomo”. E sull’istante, mentre egli ancora parlava, un gallo cantò. Voltandosi, il suo sguardo si incrociò con quello del Signore che passava e guardava proprio a lui -“guardò fisso Pietro” (Lc 22, 61) - , e Pietro si ricordò della parola di Gesù. Uscito fuori, pianse dirottamente ed amaramente. Non era un vile, Pietro. Egli amava davvero Gesù, e già ne1l’orto rischiò la vita per lui. Se cadde e si smarrì, non fu per malizia, ma per l’estrema debolezza della sua umanità che appesantiva il suo spirito; in fondo fu mancanza di coraggio e“soprattutto mancanza di fede in Gesù, sempre Maestro e Signore, anche se in quell’ora pareva un delinquente comune. Difatti bastò il canto del gallo, bastò uno sguardo di Gesù perché l’Apostolo piangesse d’un pianto sincero, segno d’amore e contrizione: perciò fu perdonato subito da Gesù.

Pietro sperimentò al vivo la verità: “Senza di Me non potete far nulla!” (Gv 15;5), e per tutta la vita, non poté mai dimenticare il dolore arrecato all’amato Maestro. E pianse tanto quel rinnegamento che le lacrime gli scavarono sulle gote profondi solchi, e lo convinsero ad essere umile, diffidente di sé stesso e profondamente comprensivo con i fratelli.


Ma torniamo a Gesù che, nella casa di Anna, è interrogato riguardo ai discepoli e alla dottrina che ha predicato.

“Gesù gli rispose: “Io ho parlato al mondo apertamente. Io ho sempre insegnato in sinagoga e nel tempio . . . , e non ho detto niente di nascosto. Perché interroghi Me? Interroga quelli che hanno ascoltato ciò che ho detto loro. Ecco, essi sanno quello che Io ho detto” (Gv 18, 19-21). È a questo punto e per questa risposta che una delle guardie diede uno schiaffo a Gesù dicendo: “Così rispondi al sommo sacerdote?” Gesù gli rispose: “Se ho parlato male, prova che è male; se bene, perché Mi percuoti?”.


Lo schiaffo è l’oltraggio più grave che si possa fare ad un uomo, essendo il volto la cosa più nobile, il riverbero della ricchezza interiore.

Per la salvezza del suo gregge, il buon Pastore accolse anche quest’umiliazione: “Non ho sottratto la mia faccia agli insulti. . .” (Is 50, 6).

Gli uomini che Lo custodivano Lo schernivano sputandoGli addosso, velandoGli la faccia, percuotendoLo con pugni e prendendoLo a schiaffi e dicendoGli: “Fa il profeta: chi è che ti ha percosso?” E molte altre cose dicevano contro di Lui, bestemmiando.

Questa scena, questo mistero di Gesù con gli occhi bendati, circondato dai Giudei col pugno teso, tra lazzi e beffe, di notte, nell’abbandono dei suoi discepoli, si ripete ancora oggi, in Gesù medesimo, Capo mistico della Chiesa, e nel papa. 

Oggi, più che mai, i colpi dei figli ribelli sono diretti alla testa, e così si colpisce nella parte più nobile colui che è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Dio bendato e ammanettato: vero simbolo dell’ora presente. “Toglietemi questa benda, o figli! Le bende sono gli scismi che impediscono di veder chiaro nella luce della Chiesa, le bende sono le eresie che velano la Verità e la presentano mutilata!”

Onorando Gesù in questo mistero, tanta luce si sprigionerà sulla nostra vita dai suoi occhi bendati ...



Soddisfatta la sua morbosità e curiosità, Anna in piena notte mandò Gesù, legato, al sommo sacerdote Càifa.

Quindi altro tragitto e altra attesa, contornati da tutto quanto la malvagità dell’uomo poteva inventare . . .

Sul far del giorno si riunì il consiglio degli anziani del popolo, i sommi sacerdoti e gli scribi. Allora Gesù fu condotto davanti al Sinedrio. Cercavano una testimonianza contro di Lui per metterLo a morte, ma non la trovavano.

Molti attestavano il falso contro di Lui e così le loro testimonianze non  erano concordi. Se ne presentarono due, che dissero: “Noi l’abbiamo sentito dire: “Io distruggerò questo santuario, fatto da mano d’uomo, e in tre giorni ne edificherò un altro, non fatto da mano d’uomo”. Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde.

Allora, il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: “Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di Te?”.

Ma Egli taceva e non rispose nulla. Di nuovo il sommo sacerdote L’interrogò e Gli dice: “Sei Tu il Cristo, Il Figlio di Dio?”.

Gesù rispose: “IO LO SONO! e vedrete il Figlio de1l’Uomo sedere alla destra della Potenza di Dio e venire sulle nubi del cielo (Sal 110,1; Dn 7, 13)”.

Allora Càifa, stracciandosi le vesti, disse: “Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia! Che ve ne pare?”

Tutti sentenziarono: “È reo di morte!”.

L’assemblea si levò; misero in catene Gesù e, dalla casa del sommo sacerdote, di mattina presto, Lo condussero via per consegnarLo al governatore romano, Ponzio Pilato.


Ecco la descrizione dei fatti da parte di Giovanni, Apostolo testimone:

“Era mattina. Gli Ebrei non entrarono nel pretorio per non contaminarsi, e poter mangiare la Pasqua. Pilato uscì verso di loro e avendo già capito chi erano i colpevoli e chi era l’innocente domandò: “Che accuse portate contro questo"?

 

Gli risposero: “Se costui non fosse un malfattore, non te lo avremmo consegnato”.

Pilato disse loro: “PrendeteLo voi e giudicateLo secondo la vostra legge”. Gli risposero i Giudei: “A noi non è consentito mettere a morte nessuno” (Gv 18, 28-31).


Che ipocrisia e astuzia maligna nel loro comportamento! Si guardano dal calpestare il pretorio pagano per non contaminarsi, essi, che sono impuri dalla testa ai piedi, e che in se stessi hanno già giudicato e condannato 1’Innocente, dicendoLo malfattore. ConsegnandoLo a Pilato perché fosse lui a giudicarLo, pensavano di aver risolto il problema legale che impediva loro qualsiasi condanna a morte. Ma agendo così, appariva chiara da una parte —la grettezza o durezza della loro mente, e dall’altra splendeva la verità della divina parola che non c’è più sordo e più cieco di chi non vuole udire e vedere (cf Gv 9,41).

“Ma tutto questo avvenne perché si adempisse la parola che aveva detto Gesù, per indicare di quale morte doveva morire” (Gv 18, 32). Difatti Gesù aveva predetto che sarebbe stato crocifisso, e perciò condannato a morte dai romani, poiché i soli romani avevano il supplizio della croce. I giudei condannavano i bestemmiatori alla lapidazione.

“Pilato rientrò nel pretorio, chiamò Gesù e Gli disse: “Sei tu il re dei Giudei?”. 

E Gesù: “Dici questo da te, oppure altri te l’hanno detto di Me?”.

Pilato rispose: “Sono io forse Giudeo? La tua gente e i gran sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che hai fatto?” 

Gesù precisò: “IL MIO REGNO NON È DI QUESTO MONDO! Se il mio regno fosse di questo mondo, le mie guardie avrebbero combattuto per Me, perché non fossi consegnato ai Giudei. Ma il mio regno non è di qui”.

Allora Pilato Gli disse: “Quindi Tu sei Re?”.

Gesù rispose: “Tu lo dici. Io sono Re! Per questo Io sono nato e per questo Io sono venuto al mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”.

Gli dice Pilato: “Che cosa è la verità?”. E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: “Io, non trovo in Lui nessuna colpa”.

Ma essi insistevano: “Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fin qui”


Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo, e, saputolo Galileo, Lo mandò da Erode. (Illusoria manovra, nella speranza che si calmassero le acque).


“Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto ..., perché sperava di vedere qualche miracolo fatto da Lui. Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla. Allora Lo insultò e Lo schernì, poi Lo rivestì di una splendida veste, e Lo rimandò a Pilato. In quel giorno, Erode e Pilato diventarono amici”.


Gesù è di nuovo dinanzi a Pilato, il quale — dinanzi a tutto il popolo — dichiara l’innocenza di Gesù: “Egli non ha fatto nulla che meriti la morte! Ora, c’è tra voi l’usanza che io vi rilasci uno per la Pasqua; volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?”.

Ma quelli, tutti insieme gridarono: “No, non Lui! Vogliamo Barabba!” (questi era un bandito).

Il confronto era oggettivamente sconcertante, e lasciava istintivamente perplessi. Ma la folla, subito sobillata dai principi dei sacerdoti e dagli anziani, ricominciò ad urlare: “No, non Lui, ma Barabba!”

*Mistero dei nomi! Gesù è il vero Figlio del Padre (Abbà). Eppure l’uomo sceglie un altro figlio del padre (Bar-abbà).*


Udendo il grido omicida della folla, Pilato rivelò tutta la sua viltà: pur non trovando nel Nazareno alcuna colpa, rimase ancora indeciso sul da fare e sul come liberare quel1’Agnel1o dai lupi.

Vigliaccamente ripiegò sulla flagellazione.

Pensava di dare così una soddisfazione agli Ebrei e placarli, e altresì una giusta lezione — quanto mai ingiusta — a chi era non un maligno o un sobillatore, ma uno ritenuto imprudente. Il ripiego non servì ad altro che a fargli commettere un’ingiustizia in più, e a rendere più bramosa di sangue quella folla urlante.

“Allora, Pilato fece prendere Gesù e Lo fece flagellare” (Gv 19,1).


La flagellazione! È una “mezza morte”, e a volte una morte completa, tanto è spietata e illimitata.

Era compiuta in pubblico. I soldati facevano denudare il condannato e lo legavano, per i polsi, ad un sostegno elevato, in modo da poggiare al suolo appena con la punta dei piedi, e offrire al boia sia il dorso che il petto.

Così fecero con Gesù.


E cominciò il supplizio tremendo del “flagellum”: ossia una robusta frusta composta di molte funicelle di cuoio, aventi alle estremità piccoli ossi quadrati, e il tutto appesantito da palline di piombo; e giù, colpi sopra colpi, spietatamente, sul pallido corpo di Gesù.

Alle lividure del collo, della schiena, dei fianchi, delle braccia e delle gambe, succedono ben presto le piaghe sanguinolenti. Il flagellato diventava tutta una piaga, ed era irriconoscibile.


Tutti ravvedono nella flagellazione romana - insieme all’agonia nel Getsemani e alla crocifissione - i momenti più terribili della Passione di Gesù.

I flagellatori furono almeno due. Quanti i colpi? [Nelle Rivelazioni 

di santa Brigida si fa il numero 5475, altri dicono 5480 ].


Sulla Sindone se ne contano un centinaio: oltre quaranta sferzate di una frusta che portava due cappi. Perciò il sangue sgorgava sempre più abbondante. Erano solchi di sangue che si intrecciavano e colavano sul lastricato.

Quando Lo slegarono certamente Gesù cadde svenuto. 

I soldati non si fermarono nella loro crudeltà. “Intrecciata una corona di spine, Gliela conficcarono sul capo, e Lo vestirono con un manto purpureo; quindi Gli venivano avanti e Gli dicevano: “Salve, re dei Giudei!”, e Gli davano schiaffi”.

Sappiamo bene quanto sanguini una ferita alla testa. E Gesù ne ebbe decine di ferite dalla fronte alla nuca, da una tempia all’altra. La densità dell’emorragia è testimoniata dalla stessa Sindone di cui dicevamo sopra.



“Dalla pianta dei piedi alla testa, non c’è in esso una parte illesa, ma ferite e lividure e piaghe aperte, che non sono state ripulite, né fasciate, né curate con olio” (Is 1, 6), eppure “è da quei lividi che noi fummo guariti” (1 Pt 2, 24).

Pilato uscì di nuovo e dice: “Ecco, ve Lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in Lui nessun motivo di condanna”. Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il manto di porpora. Pilato dice loro: “Ecce homo! ECCO L’UOMO!”

Voleva commuoverli, Pilato. Ma non avevano più cuore per amare, né mente per ricordare tutti i benefici di quell’Uomo, nelle cui mani è la loro vita (Cf Dn 5, 23).

E Gesù, nel suo silenzio divino, li guarda con dolore e amore sviscerato. Appena Lo videro, i sommi sacerdoti e le guardie gridarono e fecero gridare:

“CrocifiggiLo! CrocifiggiLo!”.

Disse loro Pilato: “PrendeteLo voi e crocifiggeteLo! Io non trovo in Lui

nessuna colpa”.                                                                                                        


Gli risposero i Giudei: “ Noi abbiamo una legge, e secondo questa legge deve morire, poiché si è fatto Figlio di Dio”.

Ponzio Pilato, al sentire queste parole, si impaurì più che mai. In quel mentre ricevé anche un messaggio, da parte della moglie, in cui ella gli intimava: “Non immischiarti negli affari di quel giusto, perché io oggi in sogno sono stata stranamente tormentata a suo riguardo”.

Era un’ispirazione del cielo, si può dire, che voleva concorrere a chiarire le idee di Pilato, ma inutilmente.

Rientrato di nuovo nel pretorio, il governatore chiese a Gesù: “Di dove sei?”. Ma Gesù non gli dette risposta. Gli disse dunque Pilato: “Non mi parli? Non sai che io ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?”.

Gesù rispose: “Tu non avresti nessun potere su di Me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi Mi ha consegnato a te ha un peccato più grande”.

Furono queste le ultime parole di Gesù, prima di essere condannato. Sono parole di totale obbedienza all’autorità, anche se palesemente ingiusta nelle sue decisioni. Aveva insegnato: “Fate e osservate tutto quello che vi dicono, ma non fate secondo le loro opere ...” (Mt 23,3).

“Da quel momento Pilato cercava di liberarLo. Ma i giudei gridarono: “Se liberi costui, non sei amico di Cesare. Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare”.

Per le astute e false parole, gridate dagli anziani e capi del popolo d’Israele, Pilato si intimorisce ancor più. Pensa a tutte le complicazioni che possono sorgere da un gesto di vera bontà. La paura, poi, di perdere il posto di governatore della Giudea gioca un ruolo determinante. Pur sapendo che per quelle belve ci voleva il pugno di Roma, egli non l’usò e, nella sua debolezza, soffocò la voce interiore e calpestò ogni giustizia.

Era il venerdì 7 d'aprile che precedeva la solennità di Pasqua, circa mezzogiorno. Pilato, presente Gesù, salì sul trono e si sedette e, presa dell’acqua, si lavò le mani dinanzi alla folla dicendo: “Sono innocente di questo sangue, vedetevela voi!”.

E tutto il popolo disse: “Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri 

figli! Via!Via! CrocifiggiLo!”

Pilato dice: “Crocifiggerò il vostro re?”

Risposero: “Non abbiamo re se non Cesare”.

Allora Pilato decretò solennemente che secondo la richiesta della folla l’omicida Barabba fosse loro rilasciato, e Gesù fosse crocifisso.


*


Mentre 1’ingrata folla tumultua per la vittoria ottenuta, Gesù è sotto il sole, guardato a vista dai soldati, ed attende la croce. Era questo lo strumento di supplizio per eseguire le condanne capitali, che da tempo i Romani ufficialmente adottavano. La croce è uno strumento che prolunga 1’agonia e dà alla morte una terribile spettacolarità.

Questa fu la morte che il Padre aveva previsto per il Figlio, e che il Figlio accettò in perfetta coscienza e obbedienza.

Pronunciata che fu la condanna, mentre l’Apostolo prediletto Giovanni corre al Cenacolo a prendere la Madre per condurLa al Figlio, i Giudei - nonostante la vigilanza dei Romani - si accaniscono contro il divino Innocente.

“Gesù, portandosi la croce, uscì verso il luogo detto del Cranio, che in ebraico si dice Golgota, dove Lo crocifissero e con Lui altri due, uno di qua e uno di là, Gesù nel mezzo”.

Ora Pilato scrisse anche un cartello e lo fece porre sulla croce. C’era scritto: “GESU’ IL NAZARENO - IL RE DEI GIUDEI”. [ I.N.R.I. ]

Molti giudei lessero questo cartello scritto in ebraico, latino e greco, e protestarono chiedendo fosse sostituito con un altro su cui fosse scritto: “Sono il re dei giudei”. Ma Pilato rispose: “Quel che ho scritto, ho scritto” (Gv 19, 17ss.)

 

Questo dice, con certa sobrietà di dettagli, la sacra Scrittura sul processo e crocifissione di Gesù Cristo.

Sappiamo che con Gesù ci sono altri due condannati. L’odio però era tutto per Gesù. Il plotone romano faticò non poco per difendere il condannato dal pazzo furore di quanti volevano colmare la misura già colma.

Gesù, già sfinito dalla terribile agonia del Getsemani, doppiamente sfinito dalla flagellazione e dalla coronazione di spine, e ora con sulle spalle piagate il legno della croce di circa quattro metri di lunghezza e oltre mezzo quintale di peso doveva per forza di cose muoversi a stento, inciampare quasi ad ogni passo, e cadere.

Difatti la tradizione parla di Gesù che cade nel doloroso cammino per ben tre volte, una caduta più dolorosa dell’altra.

La stessa tradizione ci dice che Gesù incontra uno sparuto gruppo di pie donne che coraggiosamente vogliono consolarLo come possono. Una di esse, una certa Veronica, Gli porge un lino, perché vi trovi ristoro detergendosi il Santo Volto, e Gesù vi stampa la sua effigie. Oh, beato chi, come Veronica, sa guardare e capire, ed asciugare col suo amore il Volto sanguinante del suo Dio!


Gesù ringrazia sorridendo a tutte, però aggiunge anche di piangere non tanto su di Lui quanto sui loro peccati e quelli della città.

Il cammino, ormai tutto in salita, si fece aspro. Il centurione romano capì che Gesù tutto febbricitante e ridotto a una sola piaga non ce l’avrebbe fatta fino alla vetta del monte, e perciò requisì un uomo di Cirene della Libia Africana, di nome Simone, che tornava dal lavoro dei campi insieme ai figli Alessandro e Rufo, e lo costrinse a caricarsi della croce, perché la portasse dietro a Gesù.

Simone di Cirene, se dapprima la portò per un meschino interesse, ben presto finì per abbracciarla con sentimenti di vera pietà e compassione del Condannato.

Intanto, la Vergine Madre, con l’Apostolo prediletto e altre pie donne, sorretta più dall’amore che dalle forze, andò incontro al divin Figlio sulla via dolorosa.

Ogni luogo di supplizio non è certo un luogo adatto per una madre. Ma Maria Santissima, oltre ad essere la Madre di Dio, è la Madre dell’uomo peccatore, per il quale doveva sacrificare il Figlio, venuto al mondo per offrirsi vittima di soave odore e riscattarci dalla maledizione della legge (cf Gal 3, 13).

L’ora di questo olocausto era suonata.

La presenza della Madre, accanto ad ogni figlio, è sempre di grande conforto. Ella corre, corre e, pur esausta, non vuole mancare. Fu come tuffarsi  in un abisso  di  dolore. Lassistere  allmorte di un figlio sano ucciso con determinazione da un suo simile, per ogni mamma è uno strazio orrendo, assai peggiore di quello che soffre lo stesso condannato. Alla Madre la situazione si presenta come un assurdo mostruoso...

determinazione da un suo, simile, per ogni mamma,, è uno otra roendo, assai peggiore di quellò c@ soffe il co annatostesso. Alla Madre la situazione sj presenta come un assurdo mostruoso„.

Ciò nonostante Maria Santissima non si tira indietro: con coraggio avanza e prende il suo posto là presso l'Altare della Vittima, diventata Altare del  Mondo, Vera Corredentrice accanto al Redentore.

La sua amorosa presenza è conforto per Gesù che “si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori” (Is 53,4), ed è anche espressione del suo materno assenso al sacrificio redentore dell’Agnello senza difetti e senza macchia.

Una parola di bontà è balsamo nel dolore. Nell’incontro doloroso, la Madre chiamò il Figlio e il Figlio la Madre. Bastò un solo sguardo per unire e fondere pensieri e cuori in un unico Cuore grande più del mondo.

Se 1’amore aggiunse tormento e lacrime, certamente aggiunse anche forza per continuare a soffrire senza un lamento: Gesù nella carne e Maria nel cuore.

Le “due” vittime erano ormai pronte per l’immolazione. La fiumana del1’odio e della bestemmia avvolse il Figlio e la Madre, ma l’amore, che purifica, espia     redime, vinse.


Gesù finalmente giunse in cima al monte dove tutto era pronto, perché cominciasse la parte più orrenda della condanna.

“Gli diedero da bere vino aromatizzato con fiele e mirra; ma Egli, gustatolo, non ne volle bere”.

Il momento è solenne. Gesù, il Figlio di Dio, il solo giusto, più mansueto di un agnello, si lascia inchiodare sulla croce. Allora “si fece buio su tutta la terra”. Con Gesù crocifiggono i due ladroni, uno alla destra e uno alla sinistra.                                                                                                           

Dopo averLo crocifisso, Lo sollevano tra cielo e terra. La croce è issata e fissata nella buca già pronta.

Maria guarda il suo Gesù: guarda quel divin corpo ansante, quella carne - carne della sua carne - contratta da tutti i dolori; guarda quel sangue che cola abbondante dalle piaghe, dalle mani, lungo gli avambracci fin sul corpo, dai piedi direttamente fino a terra o lungo il nero legno della croce. Rimane impietrita, trafitta dai dolori di quell’amabile corpo, “da cui rosso sangue fluisce, torrente che lava la terra, il mare, il cielo e il mondo”.

“O voi tutti che passate per la via, considerate e osservate, se c’è un dolore simile al mio dolore, al dolore che ora mi tormenta .. .” (Lam 1, 12).

“La Vergine Madre vide, con amorosa finezza materna, tutto il raccapricciante e progressivo rigonfiarsi dei vasi sanguigni per il congestionamento della circolazione in seguito all’ipertensione delle membra.

Vide le giunture, i muscoli, le piaghe stirate dalla tremenda tensione. Vide       quelle dita divine spasmodicamente contratte per le lesioni provocate dai chiodi;

vide su quelle ferite, su quella carne viva avventarsi in pieno meriggio, e sul volto e sugli occhi, insomma nelle parti più sensibili, nugoli di insetti come su di un cadavere, senza alcun moto di difesa” (P.C. Landucci).

L’agonia di Gesù si protrasse fino alle tre del pomeriggio. Tre ore di atrocissimo martirio fisico, morale e spirituale.








CONTINUA

seconda parte  del capitolo 20









martedì 8 marzo 2022

Il testo originale di don Bosco Il Sistema preventivo di Don Bosco

 

Il testo originale di don Bosco

Il Sistema preventivo di Don Bosco

Il Sistema Preventivo nella educazione della gioventù pubblicato per la prima volta in appendice all’opuscolo sull’inaugurazione del Patronato di S. Pietro in Nizza (Francia) nell’agosto 1877, per esporre al pubblico gli orientamenti generali del proprio “sistema”, venne però nello stesso anno inserito nel “Regolamento per le case della società di S. Francesco di Sales”, diventando così testo “normativo” per gli educatori salesiani. Tale scritto rappresenta per onesta ammissione del redattore un semplice “indice di un futuro lavoro organico”, invero mai scritto.

TESTO

Più volte fui richiesto di esprimere verbalmente o per iscritto alcuni pensieri intorno al così detto sistema preventivo, che si suole usare nelle nostre case. Per mancanza di tempo non ho potuto finora appagare questo desiderio, e presentemente volendo stampar il regolamento che finora si è quasi sempre usato tradizionalmente, credo opportuno darne qui un cenno che però sarà come l’indice di un’operetta che vo preparando se Dio mi darà tanto di vita da poterlo terminare, e ciò unicamente per giovare alla difficile arte della giovanile educazione. Dirò adunque: In che cosa consista il Sistema Preventivo, e perché debbasi preferire: Sua pratica applicazione, e suoi vantaggi.

I. In che cosa consista il Sistema Preventivo perché debbasi preferire

Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella educazione della gioventù: Preventivo e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed infliggere, ove sia d’uopo, il meritato castigo. Su questo sistema le parole e l’aspetto del Superiore debbono sempre essere severe, e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve evitare ogni famigliarità coi dipendenti.
Il Direttore per accrescere valore alla sua autorità dovrà trovarsi di rado tra i suoi soggetti e per lo più solo quando si tratta di punire o di minacciare. Questo sistema è facile, meno faticoso e giova specialmente nella milizia e in generale tra le persone adulte ed assennate, che devono da se stesse essere in grado di sapere e ricordare ciò che è conforme alle leggi e alle altre prescrizioni.
Diverso, e direi, opposto è il sistema Preventivo. Esso consiste nel far conoscere le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi abbiano sempre sopra di loro l’occhio vigile del Direttore o degli assistenti, che come padri amorosi parlino, servano di guida ad ogni evento, diano consigli ed amorevolmente correggano, che è quanto dire: mettere gli allievi nella impossibilità di commettere mancanze.
Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione, la religione, e sopra l’amorevolezza; perciò esclude ogni castigo violento e cerca di tenere lontano gli stessi leggeri castighi. Sembra che questo sia preferibile per le seguenti ragioni:

I. L’allievo preventivamente avvisato non resta avvilito per le mancanze commesse, come avviene quando esse vengono deferite al Superiore. Né mai si adira per la correzione fatta o pel castigo minacciato oppure inflitto, perché in esso vi è sempre un avviso amichevole e preventivo che lo ragiona, e per lo più riesce a guadagnare il cuore, cosicché l’allievo conosce la necessità del castigo e quasi lo desidera.

II. La ragione più essenziale è la mobilità giovanile, che in un momento dimentica le regole disciplinari, i castighi che quelle minacciano. Perciò spesso un fanciullo si rende colpevole e meritevole di una pena, cui egli non ha mai badato, che niente affatto ricordava nell’atto del fallo commesso e che avrebbe per certo evitato se una voce amica l’avesse ammonito.
III. Il sistema Repressivo può impedire un disordine, ma difficilmente farà migliori i delinquenti; e si è osservato che i giovanotti non dimenticano i castighi subiti, e per lo più conservano amarezza con desiderio di scuotere il giogo ed anche di farne vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma chi tiene dietro ai loro andamenti conosce che sono terribili le reminiscenze della gioventù; e che dimenticano facilmente le punizioni dei genitori, ma assai difficilmente quelle degli educatori. Vi sono fatti di alcuni che in vecchiaia vendicarono bruttamente certi castighi toccati giustamente in tempo di loro educazione. Al contrario il sistema Preventivo rende amico l’allievo, che nell’assistente ravvisa un benefattore che lo avvisa, vuol farlo buono, liberarlo dai dispiaceri, dai castighi, dal disonore.

IV. Il sistema Preventivo rende avvisato l’allievo in modo che l’educatore potrà tuttora parlare col linguaggio del cuore sia in tempo della educazione, sia dopo di essa. L’educatore, guadagnato il cuore del suo protetto, potrà esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo, consigliarlo ed anche correggerlo allora eziandio che si troverà negli impieghi, negli uffizi civili e nel commercio. Per queste e molte altre ragioni pare che il sistema preventivo debba prevalere al repressivo.

II. Applicazione del sistema Preventivo
La pratica di questo sistema è tutta appoggiata sopra le parole di s. Paolo che dice: Charitas benigna est, patiens est; omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet. La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque disturbo. Perciò soltanto il cristiano può con successo applicare il sistema Preventivo. Ragione e Religione sono gli strumenti di cui deve costantemente far uso l’educatore, insegnarli, egli stesso praticarli se vuol essere ubbidito ed ottenere il suo fine.

I. Il Direttore pertanto deve essere consacrato a’ suoi educandi, né mai assumersi impegni che lo allontanino dal suo uffizio, anzi trovarsi sempre co’ suoi allievi tutte le volte che non sono obbligatamente legati da qualche occupazione, eccetto che siano da altri debitamente assistiti.

II. I maestri, i capi d’arte, gli assistenti devono essere di moralità conosciuta. Studino di evitare come la peste ogni sorta di affezioni od amicizie particolari cogli allievi, e si ricordino che il traviamento di un solo può compromettere un Istituto educativo. Si faccia in modo che gli allievi non siano mai soli. Per quanto è possibile gli assistenti li precedano nel sito dove devonsi raccogliere: si trattengano con loro fino a che siano da altri assistiti, non li lascino mai disoccupati.

III. Si dia ampia libertà di saltare, correre, schiamazzare a piacimento. La ginnastica, la musica, la declamazione, il teatrino, le passeggiate sono mezzi efficacissimi per ottenere la disciplina, giovare alla moralità ed alla sanità. Si badi soltanto che la materia del trattenimento, le persone che intervengono, i discorsi che hanno luogo non siano biasimevoli. Fate tutto quello che volete, diceva il grande amico della gioventù s. Filippo Neri, a me basta che non facciate peccati.

IV. La frequente confessione, la frequente comunione, la messa quotidiana sono le colonne che devono reggere un edifizio educativo, da cui si vuole tener lontano la minaccia e la sferza. Non mai obbligare i giovanetti alla frequenza de’ santi Sacramenti, ma soltanto incoraggiarli e porgere loro comodità di approfittarne. Nei casi poi di esercizi spirituali, novene, predicazioni, catechismi si faccia rilevare la bellezza, la grandezza, la santità di quella Religione che propone dei mezzi così facili, così utili alla civile società, alla tranquillità del cuore, alla salvezza dell’anima, come appunto sono i santi Sacramenti. In questa guisa i fanciulli restano spontaneamente invogliati a queste pratiche di pietà, vi si accosteranno volentieri con piacere e con frutto.

V. Si usi massima sorveglianza per impedire che nell’Istituto siano introdotti compagni, libri o persone che facciano cattivi discorsi. La scelta d’un buon portinaio è un tesoro per una casa di educazione.

VI. Ogni sera dopo le ordinarie preghiere, e prima che gli allievi vadano a riposo, il Direttore, o chi per esso, indirizzi alcune affettuose parole in pubblico dando qualche avviso, o consiglio intorno a cose da farsi o da evitarsi; e studii di ricavare le massime da fatti avvenuti in giornata nell’Istituto o fuori; ma il suo sermone non oltrepassi mai i due o tre minuti. Questa è la chiave della moralità, del buon andamento e del buon successo dell’educazione.

VII. Si tenga lontano come la peste l’opinione di taluno che vorrebbe differire la prima comunione ad un’età troppo inoltrata, quando per lo più il demonio ha preso possesso del cuore di un giovanetto a danno incalcolabile della sua innocenza. Secondo la disciplina della Chiesa primitiva si solevano dare ai bambini le ostie consacrate che sopravanzavano nella comunione pasquale. Questo serve a farci conoscere quanto la Chiesa ami che i fanciulli siano ammessi per tempo alla santa Comunione. Quando un giovanetto sa distinguere tra pane e pane, e palesa sufficiente istruzione, non si badi più all’età e venga il Sovrano Celeste a regnare in quell’anima benedetta.

VIII. I catechismi raccomandano la frequente comunione, s. Filippo Neri la consigliava ogni otto giorni ed anche più spesso. Il Concilio Tridentino dice chiaro che desidera sommamente che ogni fedele cristiano quando va ad ascoltare la santa Messa faccia eziandio la comunione. Ma questa comunione sia non solo spirituale, ma bensì sacramentale, affinché si ricavi maggior frutto da questo augusto e divino sacrifizio. (Concilio Trid., sess. XXII, cap. VI).

III. Utilità del sistema Preventivo
Taluno dirà che questo sistema è difficile in pratica. Osservo che da parte degli allievi riesce assai più facile, più soddisfacente, più vantaggioso. Da parte poi degli educatori racchiude alcune difficoltà, che però restano diminuite, se l’educatore si mette con zelo all’opera sua. L’educatore è un individuo consacrato al bene de’ suoi allievi, perciò deve essere pronto ad affrontare ogni disturbo, ogni fatica per conseguire il suo fine, che è la civile, morale, scientifica educazione de’ suoi allievi.

Oltre ai vantaggi sopra esposti si aggiunge ancora qui che:
I. L’allievo sarà sempre pieno di rispetto verso l’educatore e ricorderà ognor con piacere la direzione avuta, considerando tuttora quali padri e fratelli i suoi maestri e gli altri superiori. Dove vanno questi allievi per lo più sono la consolazione della famiglia, utili cittadini e buoni cristiani.

II. Qualunque sia il carattere, l’indole, lo stato morale di un allievo all’epoca della sua accettazione, i parenti possono vivere sicuri, che il loro figlio non potrà peggiorare, e si può dare per certo che si otterrà sempre qualche miglioramento. Anzi certi fanciulli che per molto tempo furono il flagello de’ parenti e perfino rifiutati dalle case correzionali, coltivati secondo questi principii, cangiarono indole, carattere, si diedero ad una vita costumata, e presentemente occupano onorati uffizi nella società, divenuti così il sostegno della famiglia, decoro del paese in cui dimorano.

III. Gli allievi che per avventura entrassero in un Istituto con triste abitudini non possono danneggiare i loro compagni. Né i giovanetti buoni potranno ricevere nocumento da costoro, perché non avvi né tempo, né luogo, né opportunità, perciocché l’assistente, che supponiamo presente, ci porrebbe tosto rimedio.

Una parola sui castighi

Che regola tenere nell’infliggere castighi? Dove è possibile, non si faccia mai uso dei castighi; dove poi la necessità chiede repressione, si ritenga quanto segue:
I. L’educatore tra gli allievi cerchi di farsi amare, se vuole farsi temere. In questo caso la sottrazione di benevolenza è un castigo, ma un castigo che eccita l’emulazione, dà coraggio e non avvilisce mai.

II. Presso ai giovanetti è castigo quello che si fa servire per castigo. Si è osservato che uno sguardo non amorevole sopra taluni produce maggior effetto che non farebbe uno schiaffo. La lode quando una cosa è ben fatta, il biasimo, quando vi è trascuratezza, è già un premio od un castigo.

III. Eccettuati rarissimi casi, le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni, e si usi massima prudenza e pazienza per fare che l’allievo comprenda il suo torto colla ragione e colla religione.

IV. Il percuotere in qualunque modo, il mettere in ginocchio con posizione dolorosa, il tirar le orecchie ed altri castighi simili debbonsi assolutamente evitare, perché sono proibiti dalle leggi civili. Irritano grandemente i giovani ed avviliscono l’educatore.

V. Il Direttore faccia ben conoscere le regole, i premi ed i castighi stabiliti dalle leggi di disciplina, affinché l’allievo non si possa scusare dicendo: Non sapeva che ciò fosse comandato o proibito.
Se nelle nostre case si metterà in pratica questo sistema, io credo che potremo ottenere grandi vantaggi senza venire né alla sferza, né ad altri violenti castighi. Da circa quarant’anni tratto colla gioventù, e non mi ricordo d’aver usato castighi di sorta, e coll’aiuto di Dio ho sempre ottenuto non solo quanto era di dovere, ma eziandio quello che semplicemente desiderava, e ciò da quegli stessi fanciulli, cui sembrava perduta la speranza di buona riuscita.
Sac. Giovanni Bosco.

L'Inferno : "subito mi vidi nell’inferno. Sentii grida e lamenti, c’era disperazione, quel luogo era orribile. Ebbi paura, mi sentii morire di terrore e mi dissi: ‘Ahimè! Povera me! Signore dove sto!!!”’. Il Signore mi disse: “Non temere nulla, niente ti succederà, Io sono con te, osserva bene”.

El Condenado, de Marcos Zapata. Cusco.

L'I N F E R N O 

come l'ha visto Oliva de Garagoa


GESU', CH'E' BENEDETTO NEI SECOLI, E' VENUTO IN TERRA PER SALVARE LE ANIME DALL'INFERNO


Penso anch'io, come il padre Marcel Nault, che insegnare la realtà dell'inferno sia uno dei compiti più importanti e ineludibili della Santa Chiesa Cattolica. Parlare del Cielo è bello e doveroso, (purtroppo se ne parla poco e male), però è certisssimo che predicare sopra l'inferno produce numerose e ottime conversioni.

S. Giovanni Crisostomo insegnava continuamente che GESU', che è benedetto nei secoli, predicava con più frequenza sull'inferno che sul Cielo. S. Benedetto, sant'Agostino cambiaron vita per timore dell'inferno. Anche san Francesco di Sales, Sant'Alfonso Maria de' Liguori, il santo Curato d'Ars, santa Teresa d'Avila, e santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo ebbero paura di andare all'inferno.

Il Beato Papa Pio IX era solito raccomandare ai predicatori che insegnassero con più frequenza sui 4 novissimi, specialmente sull'inferno, ed egli medesimo ne dava l'esempio. Il Papa sapeva che la meditazione sull'inferno genera Santi.

E' strano: che i Santi han timore dell'inferno , però i peccatori non ne sentono. Quasi cent'anni or sono le Apparizioni di Fatima han gridato al mondo che l'inferno esiste, è eterno e basta un peccato mortale per andarci e restarci.


La Vergine ci dice che possiamo salvarci con il Santo Rosario e lo Scapolare, e mette un'enfasi speciale sulla Devozione al Suo Cuore Immacolato con la devozione dei primi 5 sabati .

Il post che offro l'ho solo tradotto fedelmente dal sito Jesus Te Busca molto conosciuto in America Latina: è una visione molto esauriente sull'inferno.

Gesù della Misericordia ce l'offre attraverso un'umile donna colombiana: Oliva de Garagoa, per meditarla e diffonderla in tempo opportuno e importuno. Buona lettura. "Ave Maria Purissima!"


"O Gesù perdona le nostre colpe, presérvaci dal fuoco dell'inferno, porta in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della Tua misericordia"

Oliva veggente di Gesù misericordioso

in Garagoa – Colombia

L'Inferno

1) Oliva adorò Gesù baciandogli i piedi.

<< Ella racconta: “Non so cosa avvenne, però vidi che sotto i piedi del Signore si aprì un foro immenso. Viaggiammo attraverso di esso?, non so, però subito mi vidi nell’inferno. Sentii grida e lamenti, c’era disperazione, quel luogo era orribile. Ebbi paura, mi sentii morire di terrore e mi dissi: ‘Ahimè! Povera me! Signore dove sto!!!”’. Il Signore mi disse: “Non temere nulla, niente ti succederà, Io sono con te, osserva bene”.

2) Allora vidi un forno come fosse la bocca di un vulcano donde uscivano fiamme immense. Era come un fondo dove si cucina la canna per fare il miele, o come un lago di zolfo in ebollizione. C’era lì molta gente che gridava: “aiuto!” senza essere ascoltati. Alcuni insultavano, altri erano vestiti lussuosamente, altri ancora erano senza vestiti; credo stessero con gli abiti con cui li seppellirono.

Un uomo molto ricco, con mantelli e anelli alle dita, e catene al collo usciva la mano e diceva “salvami per questo!” e mostrava come un gambo di cipolla; però le fiamme cominciarono a consumare quel gambo di cipolla fino a bruciargli le dita. Credo che fu qualcosa che dette però senza amore, o l’unica cosa che regalò vita durante. - Il tormento era crudele , niente pace. Chiesi al Signore: “E’ questo lo stridore di denti?” E mi rispose: “No, ancora non è. E’ solo una parte del dolore dei condannati.”

Intorno al forno c’erano demoni a gambe incrociate, tutti maneggiavano un lungo forcone. Il loro aspetto era orribile, occhi rossi, bocca malvagia, sorriso malevolo, di un colore quasi nero come grigio. Fumavano e fumavano qualcosa che li faceva più ribelli. E bevevano un liquido rossiccio che li riempiva di superbia.

3) Subito tutti si misero in piedi assumendo ferma posizione. I condannati agognavano sparire. Si consumavano in un lago di fuoco, era una moltitudine incalcolabile. L’inferno si scosse, tutto tremò. Da una porta entrava un demonio di quasi 2 metri di altezza, più orribile degli altri demoni. Questi aveva corna, artigli, coda, e ali come di pipistrello. Gli altri niente di tutto questo. Gridò e batté le zampe, e tutto di nuovo tremò. E chiesi chi fosse e il Signore mi disse: “E’ Satana, Lucifero, re dell’inferno”. Finanche gli altri demoni erano impauriti: a un comando che egli diede tutti gli corsero davanti in fila come un battaglione di soldati con il forcone in mano. Disse loro qualcosa che non riuscii a capire, perché avevo troppa paura. E non lo domandai al Signore. Se il Signore non mi avesse sostenuto in quel momento io sarei morta di terrore.

Il Signore mi disse: “Qui non c’è pace neppur per un secondo, qui non esiste amore, è il regno dell’odio. Qui vengono tutti quelli che mi disprezzarono quando stavano vivi, liberamente e volontariamente preferirono il male al bene. Ora osserva bene, perché per alcuni comincia lo stridore di denti, sofferenza e morte eterna, verme che non muore e fuoco che non si spegne. Perché chi non è con Me sta morto, e questa è la vera morte. Non quella che voi chiamate morte”.

4) Ricevuto il comando di corsa i demoni raggiunsero un forno; introdussero il forcone nelle fiamme ed estrassero il condannato trapassato da esso. I condannati si dimenavano come bisce senza potersi liberare. Gridavano, si contorcevano, sanguinavano: alcuni furono trapassati per la spalla, altri per le gambe, altri per la testa, tutti afferravano i forconi cercando di svincolarsi. Chiesi al Signore: “Perché quelle anime sanguinano?” E mi disse:”All’inferno vengono in corpo e anima, come in cielo vanno in corpo e anima. Stiamo nel primo inferno, essi già furono giudicati; tutti i condannati dalla creazione del mondo fino al diluvio stanno qui”.

I demoni posero i condannati su d’una lamina di zinco galvanizzata e li afferravano a forconate tra due o tre diavoli. Poi usando una specie di tagliaunghie, sufficientemente lungo, gli prelevavano pezzi di carne e poco a poco strappavano loro le unghie, le dita, peli e capelli, tra grida disperate, erano grida che finivano in lamenti…

Perché non gridassero più tirarono fuori una specie d’arma mai da me vista in terra e la ficcarono loro in bocca. Quell’arnese s’apriva come una mano e chiudendosi afferrava loro la lingua che così veniva strappata via, o torcendola o tirandola . E subito con un affilato coltello iniziarono a farli a pezzettini come carne da salsiccia. I condannati non potevano più gridare, i loro occhi sembravano uscire dall’orbite. Le mandibole strette producevano un orribile stridore di denti!!!

Dopo averli scarnificati ne facevano a pezzi anche le ossa e le polverizzavano. Infine sminuzzavano completamente la testa, e tutto sembrava fosse niente sulla lamina. Sangue, pezzi di carne, ossa, una cosa orribile. E nelle ossa c’erano vermi.

5) Allora dissi al Signore: “Povere persone!!! Pensavo non morissero, ma alla fine pare di sì, per quanto ancora quei pezzi di carne si muovono”. Ed Egli mi rispose: “Quaggiù non esiste la morte, fai attenzione”. I demoni presero quella lamina e gettarono tutti i pezzi della persona in un buco dove c’erano fiamme e ferri taglienti, una specie di mulino che riduceva tutto in polvere. Nell’estremità di quel buco c’era nuovamente un altro forno nel quale quella polvere ivi gettata si ricomponeva e le persone riapparivano col corpo, e chi non sfuggiva al forcone ritornava a patire gli stessi tormenti. Nuovamente chiesi al Signore: “Ché succede? Perché tornano a rivivere?”. Mi contestò: “La morte -come gli uomini la chiamano- più non esiste. Qui si soffre la morte eterna che é la separazione da Dio. E per arrivare a patire questi tormenti ognuno s’è deciso liberamente. (*N.d.R.: quindi è falsa e diabolica la teoria che dice: ‘Nessuno pecca perché vuol peccare’ o ‘Nessuno si danna perché vuol dannarsi’. E' vero invece che nessuno si perde se non vuole. E nessuno si salva se non si impegna). Questa fu la loro scelta. Io ormai per essi non posso farci più niente. Quando potevo aiutarli mi disprezzarono, e perciò giunsero in questo luogo creato non per gli uomini, per essi creai il Cielo. Invece questo luogo senza speranza fu creato per Satana e i suoi angeli”.

Mi fu chiaro che a peccato più grave corrisponde più grave sofferenza. Perché ciascuno paga secondo i propri debiti, e riceve castighi differenti, però tutti soffrono terribilmente. E mi resi conto che con quelle membra con cui più peccarono, ora con le stesse membra più soffrono. - I dannati tuffandosi in un lago di fuoco poi riapparivano su arene infuocate al rosso vivo. Il calore era soffocante, non si poteva respirare, e gridavano: ‘Tengo sete!!!’.

6) Perciò un demonio gli saliva fin sulla nuca e aprendogli la bocca la spalancava fino agli orecchi, mentre un altro demonio afferrava l’arena bollente e gliela dava da bere. C’era una tale disperazione che correvano incontrollati in un’oscurità illuminata unicamente dall’arena infuocata. Così urtavano con altri condannati e litigavano come cani randagi. Arrivando ai margini dove c’erano rocce con delle porte ciascuno ne sceglieva soltanto una e aprendola si trovava in un fosso dove brulicavano animali velenosi esattamente quelli che più temevano quando erano vivi sulla terra. Il Signore mi disse che erano castighi psicologici. Non chiesi che poteva essere.

Oh poveri condannati!! Che disperazione che incubo senza fine!!! Quando riuscivano di là si vedeva il loro corpo coperto da quelle bestie che gli uscivano anche dalla bocca e dappertutto. Poi l’unica possibilità di correre era su d’un rettilineo di pietre taglienti, dove cadevano sfracellandosi: alcuni frontalmente e altri di spalla e al finale c’era una pianura dove chi non frenava rapido veniva schiacciato da una pietra rotonda come fosse uno scarafaggio. Alzatisi nuovamente si buttavano per un’altra apertura e finivano nello stesso forno iniziale, e tutto tornava a ripetersi.

7) Il Signore mi disse : “Ti rendi conto che qui non c’è riposo neppure per un secondo? Ti mostrerò adesso un altro luogo che questa generazione perversa e malvagia si sta preparando. Vi indicherò chi soffre di più e quanti percorrono la via dell’inferno”.

Vidi allora tre forni più grandi del primo e Satana gridando: “Che avvenga il giudizio! Ho troppo lavorato per dar loro il benvenuto nel mio regno, ho inventato nuovi castighi e tormenti. Vengano qui quanti avrebbero potuto salvarsi e non vollero, vengano a me quanti mi servirono in terra”.

E vidi alcune donne che trascinate con catene portavano pesi come fossero mule ed erano colpite ferocemente e tormentate. Aprivano loro il ventre, le lasciavano gridare, le squartavano e fustigavano con corde come ferro, insultandole mostravano loro quei figli che avevano assassinato e li legavano strettamente al seno. Esse ne ascoltavano il pianto e le grida: ‘Perché mi uccidesti mamma!!!’. A queste grida del bambino i loro seni si spaccavano e cominciavano a sanguinare come anche gli orecchi, e tutto quello era orribile. E domandai ancora al Signore: “O Signore Gesù chi sono quelle donne e perché soffrono tanto?”. Mi rispose: “Sono tutte quelle che uccidono i loro figli nell’aborto, soffrono perché fecero del loro ventre tombe, quando il ventre è per dar vita. Il peccato dell’aborto è molto difficile che mio Padre lo perdoni. Non basta confessarlo se non c’è un vero pentimento. Bisogna fare molta preghiera e penitenza chiedendo misericordia a DIO Padre, come anche al figlio che assassinarono. Le sue grida e pianti staranno di fronte al trono di DIO e il suo sangue griderà dalla terra al cielo”. E aggiunse : “ Prega, prega per esse, perché alcune sono in vita e possono pentirsi. Davvero molte vanno per la via dell’inferno”.

Vidi al loro fianco uomini e donne che soffrivano uguali tormenti. E chiesi chi fossero e perché patissero le stesse torture. Il Signore mi disse : “Essi sono tutti complici dell’aborto ossia quanti le aiutarono. Qui possono venire medici, amici, infermieri, parenti o chiunque altro che pur sapendo dell’aborto non disse loro: ‘Non farlo!’”

8) Continuammo per quell’ampio cammino e vidi uomini che avanzavano a testa bassa, la lingua fuori e che se la schiacciavano con pietre e la trapassavano con punteruoli, e bruciavano mani e piedi. I demoni scaricavano tutta la loro ira contro questi uomini. Io vidi come soffrivano e chiesi:”Questi chi sono? E perché soffrono così tanto?”. E il Signore mi disse: “Sono i chiamati alla più alta gloria dei cieli però l’hanno perduta. Si sono venduti e Mi hanno venduto. Essi sono i miei sacerdoti. I peccati del sacerdote sono doppia pena per Me, perciò il loro castigo è duplice: sono martirizzati nella lingua perché han taciuto la mia parola e sono stati cani muti, che tartagliano. Si sono consumati nelle passioni e riempiti di mosto e vino. Per essi la maledizione e il fuoco”.

Vidi donne e uomini al loro lato che soffrivano grandi torture e chiesi: “ Chi sono costoro?”. E mi disse: “ Sono i complici del loro peccato. La donna che fa cadere un sacerdote era meglio che non fosse nata, perché è più maledetta di Giuda. Lo stesso si dica dell’uomo che faccia peccare un prete”.

9) Dietro di questi c’era una moltitudine che seguiva quel cammino soffrendo uguali tormenti. “E questi chi sono, Signore?”. E mi rispose: “Sono tutti coloro che s’allontanarono da Me e dalla mia santa Chiesa per il peccato del sacerdote e non pregarono per lui. Il sacerdote è stato fatto per salvare gli uomini. Se non lo fa l’aiutano a condannarsi. Giacché la mia parola dice : ‘I guardiani del mio tempio sono tutti ciechi, nessuno fa niente, sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare; sentinelle pigre cui piace dormire. Cani affamati che mai si saziano. Essi sono i pastori, però non sanno comprendere, ognuno va per il suo cammino, ognuno bada al proprio interesse senza eccezione e dicono: -venite, cerchiamo vino e ubriachiamoci con liquori…-, non difendono l’innocente e fanno sparire gli uomini fedeli’ (Isaia 56,9ss)”.

10) Ancora vidi dietro di loro uomini e donne che soffrivano tormenti simili. “E questi chi sono?”. E Gesù mi disse:”Son tutti i religiosi e le religiose. Prega, prega per essi, perché mi amino e si salvino. Non parlate mai male dei “miei”. Sarebbe come ungersi un dito con peperoncino e mettermelo nell’occhio. Solo prega, prega per essi, e non causarmi tormenti”.

11) Vidi poi uomini e donne con occhi bendati seguiti da molti incatenati. I demoni li insultavano, li colpivano, e li violentavano. Che tormento crudele! E chiesi: “Chi sono?”. GESU’ mi rispose : “Sono tutti i fattucchieri e i maghi che si son lasciati accecare da Satana. Li aspettano tormenti immensi perché vissero più vicini a Satana qui sulla terra piuttosto che vicini a Me. E avranno da soffrire indicibilmente per aver servito nel male, liberamente e volontariamente. Gli incatenati sono quanti li consultano e chiedono e promuovono fatture. E’ preferibile che uccidano apertamente ma non così. Perché sta scritto che ‘mio Padre non salverà questa razza, lungi da me cani maledetti, per voi non ci sarà fuoco e braci per riscaldare il pane’ (Isaia 47,12).

Prega, prega, perché ci sono molti che possono pentirsi. La moltitudine che li segue nei tormenti sono quanti credono negli oroscopi e invocano gli spiriti; ogni persona che voglia conoscere il futuro o consulti uno di loro merita il fuoco eterno dell’inferno”.

12) Subito vidi uomini e donne con le mani legate da catene, ognuno tirava dal proprio lato e si strattonavano e cadevano tra di loro. I demoni li aizzavano: ‘Per colpa sua soffri! Dagli, dagli più forte”. E domandai: “Chi sono questi?”. “Sono tutti i miei matrimoni che non vivono in pace. Sono due bestie legate dalla stessa corda”. E interrogai ancora: “Perché vanno all’inferno?”. Mi disse: “Bacia la mia mano”, e così la baciai e me la collocò sugli occhi. E vidi che in quei focolari c’erano insulti, gelosie e litigi, e che Satana gridava a GESU’: ‘Guardi, guardi come posseggo i suoi matrimoni!! Che cosa guadagnò col santificarli nel sacramento? Come la prima coppia mi appartengono, e adesso farò di tutto perché perdano la gloria, non permetterò che preghino e che vadano a Messa’. E se la ridacchiava… Mentre GESU’ piangeva. “Preghino, perché ci sono molti che possono pentirsi e cambiar vita”.

13) Vidi poi uomini e donne legati per i piedi e che soffrivano più dei precedenti. E chiesi: “Chi sono costoro?”. E mi rispose: “Sono tutti coloro che convivono senza sposarsi, oppure hanno commesso adulterio o fornicazione”. Domandai ancora: “Perché vanno all’inferno?”. Ed Egli mi toccò gli occhi e vidi che GESU’ benediceva tutte le unioni tra l’uomo e la donna quando stavano nell’intimità come la prima coppia. Però quando non erano sposati era Satana che dormiva al loro lato. Egli colpendo il Signore GESU’ con sputi in faccia gli diceva: ‘Guarda la tua creatura, l’uomo, convertito da me in un animale, anzi peggio; qual fu il vantaggio di morir per loro? Io distruggerò il tuo sacramento che li fa capaci di unirsi santamente. E farò sì che ogni letto sia un fuoco infernale avvolto da illecite passioni. A me , sì che m’ascoltano, benché io non offra un regno di pace, bensì di dolore…’.
E GESU’ mi disse: “Le mie sofferenze per essi sono state inutili e per questo vanno all’inferno”. Notai che uno dei castighi che costoro soffrono consiste nel vedere nel proprio petto l’uomo o la donna per cui si sono condannati, ed ora pertanto sotto la spinta di Satana che dava loro un affilatissimo coltello essi stessi si ferivano e tagliuzzavano pezzi di carne fino ad arrivare al cuore, dicendo: ‘Maledetto, maledetto, per colpa tua sto qui in quest’inferno. Ti voglio strappare per sempre dal petto ma non posso!’. Il Signore mi invitò: “Prega, prega, perché alcuni sono in vita e possono pentirsi”.

14) Vidi anche uomini legati a uomini, e donne legate a donne, legati all’altezza della cintura che si bilanciavano come animali selvaggi trascinando una preda. “E questi chi sono e perché soffrono?”. Il Signore mi disse: “Sono ogni classe di omosessuali e lesbiche, che liberamente mi rifiutarono e non furono capaci di mantenersi casti offrendo la loro vita”. E vidi come Satana si rivoltolava nel letto di questi poveri esseri eccitandoli nei loro desideri senza però mai saziarli. Gli spiriti li tormentavano in quelle parti con cui peccarono. Li attraversavano con pali dall’ano fino alla bocca, e li roteavano. E chiesi: “La preda?” E mi contestò: “Sono tutti quelli che si coricarono con essi. Prega, perché ancora ci sono dei vivi che , pentendosi, possono salvarsi. Io su persone omosessuali che offrano a me la loro castità, vivendo senza far peccare nessuno, effondo la mia infinita misericordia perché li amo immensamente”.

Ogni relazione anale è condannata dal Signore. Essa è contro natura. Noi non possiamo condannare chi pratica l’omosessualità, se facciamo le stesse cose.

Vidi pure uomini e donne con facce di bestie, e soffrivano immensamente. Al loro fianco c’era chi portava alcuni nastri o giornali o riviste dove c’erano donne e uomini nudi. Anch’essi soffrivano e andavano all’inferno. E chiesi al mio Signore: “Chi sono, e anch’essi vanno all’inferno?” . “Sì, vanno all’inferno se non si pentono. I primi sono coloro che hanno avuto intimità con gli animali, ribassandosi al livello bestiale e più ancora in verità, perché se la bestia pensasse non lo farebbe. – Quanti poi fanno del sesso una ossessione attraverso pellicole, riviste, grottesche barzellette, prostituzione, parole a doppio senso… son degni del fuoco eterno con tutti i suoi tormenti avendo imparato a parlare la bassezza di Satana e non a parlare e a vivere la santità e la purezza del DIO UNO E TRINO”.

15) Vidi anche uomini e donne d’ogni età che avanzavano come ciechi colpendosi in ogni modo. Un demonio stava ai loro piedi facendoli cadere più e più volte. “E costoro chi sono, mio Signore?”. Egli mi disse: “Son tutti gli ubriachi, gli alcolizzati che avanzano c o s ì perché hanno profanato il tempio dello Spirito Santo dove dimora la TRINITA’ SANTA, ossia il tempio del loro proprio corpo. E per di più hanno dato sofferenza ai loro simili, e alle loro famiglie, dimenticandosi del 1° comandamento: ‘AMARE DIO, e il prossimo come se stessi’. Costoro non hanno appreso neppure ad amarsi”.

Anch’essi avevano al lato gente di diversa età, con labbra malridotte e fumo nelle narici. “E questi chi sono?” chiesi, ed Egli mi disse: “Sono tutti i fumatori di tutti i tipi di erbe, droghe, sigarette e altri vizi. E vanno perché non amano il loro proprio corpo; quanti poi fanno loro compagnia sono tutti quelli che ‘offrendo’ queste cose li portano a peccare. – Io vi ho detto che chi regala un bicchier d’acqua è degno del cielo eterno. Però è altresì vero che chi ‘offre’ o fa peccare un altro è degno del fuoco eterno. Prega, perché alcuni possono cambiar vita e liberarsi da questo castigo”.

16) Vidi uomini e donne in minigonna o con abiti indecenti, accompagnati da un gran numero di altrettanti uomini e donne. E domandai: “Perché vanno all’inferno? Perché li tormentano?”. Mi contestò: “La donna che usa la minigonna va all’inferno perché corrompe l’uomo seducendolo col suo vestito. E ugualmente l’uomo: va all’inferno perché si lascia sedurre.

Attenzione al vestiario. La donna non deve portare pantaloni, e se li porta che non siano aderenti. Molte sembrano mule con i freni. Anche gli uomini non devono portare pantaloni aderenti e neppure la gonna-pantalone”.

17) Vidi che passavano uomini e donne di tutte le età, persino bambini, con le mani tagliate, alcuni senza dita. E chiesi: “Chi sono? E vanno all’inferno?” Mi rispose: “Sono tutti gli imbroglioni, i ladri, i truffatori, quelli che non pagano i debiti, quelli che si sono dedicati s o l o al lavoro, gli avari, quelli che nel loro cuore avevano solo il Dio- denaro, quelli che mai fecero un’elemosina al povero, né aiutarono il più piccolo dei loro fratelli. Sono tutti quelli cui alla fine dovrò dire: ‘Allontanati da me, maledetto, vada al fuoco eterno preparato per il diavolo e i suoi angeli. Perché ebbi fame e non mi dettero da mangiare, sete e non mi dettero da bere, fui forestiero e non mi alloggiarono, nudo e non mio vestirono, malato e carcerato e non mi visitarono’ (Mt. 25). Prega per essi, perché alcuni son vivi e possono cambiare il loro cuore di pietra”.

18) Vidi anche uomini e donne di ogni età che tenevano la lingua fuori, con sulle spalle un demonio che introduceva la sua lingua nella loro bocca. Era un gran moltitudine e domandai al Signore: “Chi sono Signore? E perché portano questo demonio?”. Mi disse: “ Sono tutti i chiacchieroni, i calunniatori, i mentitori, sono tutti gli incapaci di frenare la lingua, con la quale fecero del male per il veleno mortale in essa racchiuso, come scrisse il mio apostolo san Giacomo: ‘Sappiano domare la lingua, un male ribelle, piena di veleno mortale’ (cf. Giac. 3, 1-12). Il demonio che portano è il demonio della maldicenza. Prega perché si convertano, perché alcuni sono in vita, e non vengano in questo luogo di castigo”.

19) Ancora vidi uomini e donne dalla cui bocca uscivano rospi e vipere. “E chi sono questi, o Signore?” domandai. – “Essi tutti avrebbero potuto diffondere la mia fede e la mia dottrina e non lo fecero. Purtroppo insegnarono cose false basate in teorie senza possibilità di verifiche. Essi sono i maestri o professori, scrittori, catechisti, sacerdoti e genitori e ogni individuo che possa insegnare la mia fede, e sono incluse tutte le persone che distruggono la fede dei miei piccoli bambini. Io vi ho lasciato scritto: ‘guai a chi insegna un’altra parola! guai a chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in Me, sarebbe stato meglio per lui che si fosse appesa al collo una macina e si fosse gettato in mare’. Prega, prega: perché per essi il castigo è tremendo. E non arrivino al luogo del castigo”.

20) Vidi famiglie con genitori e figli che si percuotevano. Dalla loro bocca uscirono fiamme di fuoco. E chiesi: “Perché vengono qui e perché li tormenta il demonio e sprigionano fuoco?”. E mi disse: “Sono i genitori che non si fecero né amare né rispettare, e né rispettarono i figli, li insultarono. Sono i figli superbi e volgari con i loro genitori”. E chiesi: “Perché anch’essi arrivano lì?”. E mi rispose: “Nel finale quando ognuno si presenterà davanti al giusto Giudice, se non furono buoni diranno: - Maledizione per non aver rispettato e amato i miei genitori! - . E per quella maledizione vanno all’inferno. Oppure diranno: - Maledizione per non obbedire e seguire la fede cattolica! - . O in altro caso diranno: - Maledetti i miei genitori ché non mi insegnarono a rispettarli e amarli. Per quella maledizione i genitori vanno all’inferno. Giustizia vuole che i genitori debbano rispettare e dare amore ai loro figli. Mai con insulti. Prega, prega, perché alcuni possono salvarsi”.

Vidi che in quelle case dove il padre o la madre insulta i figli, i diavoli sbucano dalla loro bocca come vermi o serpenti che strisciano. E poco per volta vanno a mettersi proprio nel figlio o nel marito che sta lontano. Vidi che l’unico modo per vincere quei demoni in quelle case è pregare, e specialmente il Santo Rosario.

21) Vidi gente d’ogni classe ed età che gettava quattrini all’aria e tutt’intorno gente morendo di fame. “E questi chi sono e perché vanno all’inferno?”. E mi disse: “Son quelli che sprecano soldi in ciò che non serve, comprano cose non necessarie, fanno feste secondo i loro gusti, invitano unicamente coloro che possono dar loro dei vantaggi oppure a loro volta invitarli ad altre feste. Sono tutti quelli che acquistando troppe cose poi le lasciano rovinare nei loro frigoriferi invece di regalarle. E non fanno mai opere di misericordia, solo pensano a se stessi mentre tutt’intorno nel mondo si muore di fame. Prega, prega per essi, perché si convertano e non vadano al luogo del castigo”.

22) Vidi giovani con degli apparati all’udito (non chiesi cosa fossero perché non li conosco), collegati con una radio, camminare come sonnambuli. Attraverso quei congegni radiofonici entravano in essi scorpioni, rospi e morte. E chiesi: “Chi sono?”. E mi rispose: “Son tutti coloro che ascoltano musica satanica, rock, la musica metallica e son diventati adoratori del diavolo che li conduce alla loro propria morte e fa perdere loro il senso della vita; sono tutti quelli che partecipano a culti satanici, a discoteche, oppure chiudendosi nelle loro case ascoltano a tutto volume quella musica maledetta; la vita per essi non ha senso, né studiare né niente. Diventano pigri e ribelli. Povera gioventù che va alla perdizione, ormai non c’è più innocenza dai quattro anni in su. La maledetta televisione e la musica li hanno pervertiti, e col loro cuore accecato si vanno allontanando sempre più da Me. Prega, prega perché Io possa riscattarli, giacché ‘viaggiano come mosche al morto’. Prega, prega perché abbandonino tutto e non arrivino al luogo del castigo da essi scelto”.

23) Vidi quindi uomini e donne d’ogni classe camminare di spalla, un demonio li trascinava e camminando inciampavano in altri che cadevano a loro volta. Domandai chi fossero e mi disse: “Sono tutti quelli che mi stavano seguendo per il cammino del Cielo, però le difficoltà, gli ostacoli, lo scoraggiamento, i problemi con gli stessi gruppi fecero sì che M’abbandonassero, e tutt’ora sono sulla strada dell’inferno e ancor più contaminano altri.

A costoro riesce difficile ritornare a Me. Perché hanno un demonio che li trattiene: questo demonio alla fine li consegnerà a Satana, ricevendo più onore per avergli conquistato uno dei miei. Prega, prega per essi, poiché il mio Cuore è continuamente ferito da questi nuovi giuda che non vogliono soffrire per Me”.

24) Vidi uomini e donne di età e classi diverse che ferendosi il petto con un coltello lottavano per rimuovere uno spettro umano presente in essi dal petto fino all’inguine. Al colpirsi le ferite sanguinavano mentre un demonio gridava loro: ‘Per colpa sua tu hai molto sofferto, dagli più forte, dagli più forte, non perdonarlo non perdonarlo!!’

Allora chiesi: “Chi sono, Signore? E che racchiudono in petto?” . Egli mi rispose: “Essi sono tutti quelli che non seppero mai perdonare alcuna trasgressione dei loro fratelli, conservano rancori, odio, risentimento, acredine… pensando fossero stati gli unici a soffrire. Le persone che portano in petto sono i loro supposti nemici. E li terranno presenti là come castigo per una eternità di eternità. –Pregate, pregate, affinché perdoniate come Io perdono, perché se non perdonate i difetti dei vostri fratelli, neppure mio Padre perdonerà a voi”.

Vidi poi uomini e donne di tutte le età, sanguinavano dalle mani, ed essi al guardarle gridavano dal terrore. Un demonio li tagliava con una spada e trapassandoli dappertutto li annientava. Chiesi: “Chi sono, Signore?”. Disse: “Sono tutti gli assassini, i sequestratori, gli assalitori, quanti uccisero fisicamente, psichicamente e spiritualmente. Sono quanti potevano salvare una vita e non lo fecero, quel sangue grida dalla terra al cielo. La vita sono Io che la do e la riprendo quando voglio, nessuno fuorché DIO può togliere la vita, neppure a un bambino, neppure ad un anziano, neppure ad un malato, solo DIO dispone di essi. L’omicida è destinato ai più grandi castighi e tormenti nel lago di zolfo dove il verme non muore e il fuoco non si spegne. Prega, prega, perché ce ne sono molti che sono vivi e possono pentirsi; prega figlia mia, specialmente per i medici”.

25) Continuando a camminare vidi uomini e donne, giovani e bambini d’ogni classe che gironzolavano tra di loro come perduti e confusi, i demoni coprendoli con la propria ombra dicevano loro: ‘Non credete, non credete!’. E domandai: “Chi sono?”. E mi disse: “Sono coloro che appartengono o appartennero alla mia Santa Chiesa. Però abbandonarono i santi Sacramenti, oppure ricevendoli non vi credono, né nella divina Grazia, né nel potere santificante che opera attraverso di essi. Hanno disprezzato il DIO della verità con la falsità.

Coloro che più soffriranno sono i non credenti nella mia presenza reale nella sacra Eucaristia, e divennero sacrileghi, giacché la mia Carne è vero cibo e il mio Sangue è vera bevanda e chi mangia (bene) la mia Carne e beve (bene) il mio Sangue rimane in ME e IO lo risusciterò nell’ultimo giorno. –Prega, prega perché alcuni possono ritornare”.

Vidi uomini, gioventù, donne e bambini in età di ragione - una gran moltitudine - che camminava a tentoni e calpestava qualche luce che poteva illuminarli; i demoni gridavano: ‘Non credete alla luce, non credete!’. E Domandai: “Chi sono?”. E mi rispose: “Son tutti coloro che hanno commesso qualche peccato e non l’han confessato, per vergogna o per mancanza di fede. Oppure lo confessarono ma non lo fecero con un vero pentimento. DIO conosce il cuore di ogni uomo. –Prega, prega perché si convertano. Nessuno che non confessi il suo peccato può entrare nel Regno dei cieli”.

Allora esclamai: “Signore GESU’, DIO mio chi può salvarsi!!!!!”. Mi contestò: “Tu vieni e seguimi. A DIO niente è impossibile!”. Tacqui, e seguimmo camminando. Incontrammo migliaia e migliaia che andavano per il cammino dell’inferno. Non chiesi chi essi fossero, solo andavo pensando: Misericordia DIO mio, misericordia Signore…

Egli non mi disse chi erano, né quale fu il loro peccato, ce n’erano di tutte le età, e di tutte le classi, e per un-non- so-che che non intendo mi si diede a conoscere che erano d’ogni religione, fede e credenza. Poiché DIO fa giudizio su ogni persona che venga su questa terra, nasca dove nasca, creda come creda.

26) Dopo aver camminato e camminato GESU’ mi disse: “Qui termina il cammino all’inferno” e sedette sopra una pietra. Dalle sue piaghe sgorgava sangue, le sue vesti erano rosse e stava piangendo. GLI dissi: “Che cos’hai, o Signore e DIO mio? Perché i tuoi vestiti sono color rosso, se quando arrivasti erano color bianco? E perché le piaghe sanguinano? E perché stai piangendo?”.

Il Signore mi disse:”Piango sapendo che per e s s i fu inutile il mio Sacrificio, e il mio Sangue sparso invano. Siccome non vollero salvarsi, mi disprezzarono. Le mie vesti sono rosse perché imbevute del Sangue versato per il dolore dei loro peccati, e che essi rifiutarono. Giacché il mio perdono è dato da parte di mio Padre ma essi non Mi accolsero. E IO ho lasciato loro scritto: ‘Chi mi riceve lo farò figlio di DIO’. Oh figlia mia!! Prega, prega, aiutami a salvare gli uomini e le anime” Ci abbracciammo e piangemmo insieme, quando d’improvviso mi trovo nella mia stanza, fortemente abbracciata a Lui. La paura era spaventosa, tutto il mio corpo tremava. Gli dissi: “Signore, ho paura”. Allora mi pose la mano sul capo e mi annunziò: “Tutto ciò che hai visto non raccontarlo prima di sei mesi, ossia prima di esser guarita completamente. Poi ti porterò in cielo e ti mostrerò il cammino di quelli che v’arrivano”.

Pregammo insieme e si congedò lasciandomi nella pace, Lo vidi partire, e andandosene si voltò a guardarmi. Ancora andava piangendo, le sue vesti erano rosse, le sue piaghe sanguinavano, mi disse ‘adiòs’ con la mano, e disparve dalla mia vista>>.

Ci conforti la verità, mai sufficientemente predicata, che dice: "Chi prega si salva e chi non prega si danna".

NB: Non c’è stato un pronunciamento sulla veridicità di queste apparizioni. Tuttavia la descrizione dell’inferno ci sembra riflettere la teologia Cattolica rispetto ad esso.

PREGHIAMO: "O GESU', perdona le nostre colpe, preservaci dal fuoco dell'inferno, porta in Cielo tutte le anime, specialmente le più bisognose della Tua Misericordia".


AMDG et DVM

Da: Oliva vidente de Jesús de la Misericordia en Garagoa Colombia

Vedi: EL INFIERNO EXISTE 10 video

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