domenica 29 agosto 2021

Maria SS.ma ci ottiene la perseveranza.

 


§ 2. - Maria è ancora la nostra vita, perché ci ottiene la perseveranza.

La perseveranza finale è un dono divino così grande, che, come ha dichiarato il S. Concilio di Trento, egli è un dono tutto gratuito che non si può da noi meritare.1 Ma, come insegna S. Agostino, ben ottengono da Dio la perseveranza tutti quelli che gliela cercano;2 e secondo dice il P. Suarez, infallibilmente l'ottengono, sempreché son diligenti sino alla fine della vita a domandarla a Dio;3 poiché scrive il Bellarmino che questa perseveranza quotidie petenda est, ut quotidie obtineatur.4 Or se è vero - come io tengo per certo, secondo la sentenza oggidì comune, conforme appresso dimostreremo nel capo V - s'è vero, dico, che tutte le grazie che da Dio a noi si dispensano, tutte passano per mano di Maria; sarà anche


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vero che sol per mezzo di Maria potremo noi sperare ed ottenere questa somma grazia della perseveranza. E certamente l'otterremo, se con confidenza la cercheremo sempre a Maria. Questa grazia ella stessa promette a tutti coloro che la servono fedelmente in questa vita: Qui operantur in me, non peccabunt: Qui elucidant me, vitam aeternam habebunt (Eccli. XXIV, [30, 31]); come la fa parlare la S. Chiesa (In festo Conc. B. Mariae V.).5

Per esser noi conservati nella vita della divina grazia, ci è necessaria la fortezza spirituale in resistere a tutti i nemici della nostra salute. Or questa fortezza solo per mezzo di Maria si ottiene: Mea est fortitudo; per me reges regnant (Prov. VIII. In festo S. Mariae ad Nives).6 Mia è questa fortezza, dice Maria; Dio in mano mia ha consegnato questo dono, acciocché io lo dispensi a' miei divoti. Per me reges regnant. Per mezzo mio i miei servi regnano ed imperano sopra tutti i loro sensi e passioni, e così poi si fan degni di regnare eternamente in cielo. Oh che fortezza hanno i servi di questa gran Signora per vincere tutte le tentazioni dell'inferno! Maria è quella torre, di cui si dice ne' Sacri Cantici: Sicut turris David collum tuum, quae aedificata est cum propugnaculis: mille clypei pendent ex ea, omnis armatura fortium (Cant. IV, 4). Ell'a favore de' suoi amanti, che a lei ricorrono nelle battaglie, è come una torre forte cinta di difese: in lei ritrovano i suoi divoti tutti gli scudi e tutte l'armi per difendersi dall'inferno.

Perciò la SS. Vergine è chiamata platano: Quasi platanus exaltata sum iuxta aquam in plateis (Eccli. XXIV, 19). Spiega Ugon cardinale che il platano tiene le frondi simili agli scudi: Platanus habet folia scutis similia.7 E con ciò si spiega la difesa che prende Maria di coloro che in lei si rifugiano. Il B. Amedeo dà un'altra spiega, e dice ch'ella si chiama platano, perché siccome il platano coll'ombra dei suoi rami dà ricovero


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a' viandanti dal caldo del sole e dalle piogge, così sotto il manto di Maria trovan rifugio gli uomini dall'ardore delle passioni e dalla furia delle tentazioni: Virgo ramorum extensione se ubique expandit, ut filios Adae ab aestu et turbine umbra desiderabili protegeret (B. Am., Hom. 8).8

Povere quell'anime che si allontanano da questa difesa, e lasciano di esser divote di Maria e di raccomandarsi a lei nelle occasioni. Se nel mondo, dice S. Bernardo, non nascesse il sole, che diverrebbe il mondo, se non un caos di tenebre e d'orrore? Tolle corpus hoc solare, dice il santo, ubi dies? Tolle Mariam, quid nisi tenebre relinquentur? (Serm. de Aquaed.).9 Perda un'anima la divozione a Maria, che subito resterà piena di tenebre, e di quelle tenebre, di cui dice lo Spirito Santo: Posuisti tenebras, et facta est nox: in ipsa pertransibunt omnes bestiae silvae (Ps. CIII, 2O). Allorché in un'anima non splende la divina luce e si fa notte, diventerà ella covile di tutti i peccati e de' demoni. Vae, perciò dice S. Anselmo, vae eis qui solem istum aversantur!10 Guai a coloro che disprezzano la luce di questo sole, cioè disprezzano la divozione a Maria! - S. Francesco Borgia con ragione temeva della perseveranza di coloro, in cui non trovava special divozione alla B. Vergine. Una volta richiedendo ad alcuni novizi a qual santo avessero più divozione, si accorse che alcuni non avevano questa special divozione a Maria. Avvertì il maestro de' novizi che tenesse gli occhi più attenti sopra quei disgraziati; ed avvenne che quelli tutti perderono miseramente la vocazione, e se n'uscirono dalla religione.11


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Avea dunque ragione S. Germano di chiamar la Vergine SS. il respiro de' Cristiani; perché conforme il corpo non può vivere senza respirare, così l'anima non potrà vivere senza ricorrere e raccomandarsi a Maria, per cui mezzo da noi sicuramente s'acquista ed in noi si conserva la vita della divina grazia: Sicut respiratio non solum est signum vitae, sed etiam causa; sic Mariae nomen, quod in servorum Dei ore versatur, simul argumentum est quod vere vivunt, simul etiam hanc vitam efficit et conservat omnemque eis opem impertitur (S. Germ., orat. de Deip.).12 Il B. Alano assalito una volta da forte tentazione, fu in punto di perdersi per non essersi raccomandato a Maria; ma gli comparve la SS. Vergine, e per farlo meglio avvertito per un'altra volta, gli diede uno schiaffo e gli disse: «Se ti fossi raccomandato a me, non ti saresti trovato in questo pericolo.»13

All'incontro: Beatus homo, dice Maria, qui audit me, [etqui vigilat ad fores meas quotidie, et observat ad postes ostii mei (Prov. VIII, 34. In festo Conc. B. M. V.): Beato chi sente la mia voce, e perciò sta attento di continuamente venire alle porte


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della mia misericordia a cercarmi lume e soccorso. Ben sarà attenta Maria di ottener luce e forza a tale suo divoto, per uscire da' vizi e camminar nella via della virtù. Ond'ella con bella espressione da Innocenzo III è chiamata Luna in nocte, aurora in diluculo, sol in die (Serm. 2 de Ass.).14 Luna a chi sta cieco nella notte del peccato, per illuminarlo a conoscere lo stato miserabile, in cui si trova di sua dannazione: aurora, cioè foriera del sole a chi è già illuminato, per farlo uscire dal peccato e ritornare nella divina grazia: sole finalmente a chi già sta in grazia, acciocché egli non ritorni a cadere in qualche precipizio.

Applicano a Maria i Dottori quelle parole dell'Ecclesiastico: Vincula illius alligatura salutaris (Eccli. VI, 31). Quare vincula? dimanda S. Lorenzo Giustiniano, nisi quia servos ligat, ne discurrant per campos licentiae.15 Maria lega i suoi servi, acciocché non si sviino per le strade de' vizi. - S. Bonaventura spiegando similmente le parole che si dicono nell'Officio di Maria: In plenitudine sanctorum detentio mea (Eccli. XXIV, 16), dice che Maria non solo è collocata nella pienezza de' santi, ma benanche ella conserva i santi, acciocché non vadano indietro; conserva le loro virtù, acciocché non manchino; e trattiene i demoni, affinché non facciano loro danno: Ipsa quoque non solum in plenitudine sanctorum detinetur, sed etiam in plenitudine sanctos detinet, ne eorum plenitudo minuatur; detinet nimirum virtutes, ne fugiant; detinet daemones, ne noceant (S. Bon., in Spec.).16

Si dice che i divoti di Maria son coperti di doppia veste: Omnes... domestici eius vestiti sunt duplicibus (Sap. XI).17 Spiega


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Cornelio a Lapide qual sia questa doppia veste: Duplici veste ipsa ornat sibi devotos, quia tam Christi quam suis virtutibus eos induit.18 Doppia veste, poich'ella adorna i suoi fedeli servi così delle virtù del Figlio come delle sue, e così vestiti quelli conservano la santa perseveranza. Perciò S. Filippo Neri ammoniva sempre i suoi penitenti e diceva loro: Figli, se desiderate la perseveranza, siate divoti della Madonna.19 Diceva parimente il V. fratello Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù: Chi ama Maria, avrà la perseveranza.20 - È bella su di ciò la riflessione che fa Ruperto abbate nella parabola del figlio prodigo. Dice che questo figlio discolo, se avesse avuta viva la madre, o non mai si sarebbe partito dalla casa del padre, oppure sarebbe tornato assai più presto di quando ritornò: Si prodigus filius viventem matrem habuisset, vel a paterna domo numquam discessisset, vel forte citius rediisset.21 E con ciò volle dire che chi è figlio di Maria, o non si parte mai da Dio, o se per disgrazia accade che si parta, per mezzo di Maria subito ritorna.

Oh se tutti gli uomini amassero questa benignissima e amorosissima Signora, e nelle tentazioni sempre e subito facessero a lei ricorso, e chi mai caderebbe? chi mai si perderebbe? Cade e si perde chi non ricorre a Maria. Applica S. Lorenzo Giustiniani quelle parole dell'Ecclesiastico alla Vergine al capo XXIV, [8]: In fluctibus maris ambulavi, e le fa dire: Scilicet cum familiaribus meis, ut ipsos eruerem a naufragio


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peccatorum:22 Io cammino insieme co' miei servi in mezzo alle tempeste dov'essi si trovano, affine di assisterli e liberarli dal precipitare ne' peccati.

Narra il P. Bernardino da Busto ch'essendo stato un uccello ammaestrato a dire Ave Maria, venne uno sparviero a predarlo: l'uccello disse Ave Maria, e lo sparviero restò morto.23 Con ciò il Signore volle significarci, che se un uccello irragionevole è liberato coll'invocar Maria, quanto maggiormente sarà liberato dal cadere in mano de' demoni chi sarà attento negli assalti ad invocar Maria? Altro dunque a noi non tocca di fare, dice S. Tommaso da Villanova, che, quando vengono i demoni a tentarci, siccome i pulcini al comparire de' nibbi corrono subito a ricoverarsi sotto le ali della madre, così noi nell'intendere le tentazioni che ci assaltano, subito senza discorrere colla tentazione, andiamo a porci sotto il manto di Maria: Sicut pulli, volitantibus desuper milvis, ad gallinae alas accurrunt, ita nos sub velamento alarum tuarum abscondimur (Serm. 3, de Nat. V.).24 E voi, seguita a dire il santo, Signora e madre nostra, avete da difenderci, perché noi dopo Dio non abbiamo altro rifugio se non voi che siete l'unica nostra speranza e la sola protettrice, a cui confidiamo: Nescimus aliud refugium nisi te; tu sola es unica spes nostra, tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus.25

Concludiamo dunque con quel che dice S. Bernardo: (Hom. 2, sup. Missus):26 Uomo, chiunque tu sei, già intendi che


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in questa vita piuttosto vai ondeggiando fra i pericoli e le procelle, che camminando sulla terra; se non vuoi restar sommerso, non volgere gli occhi da questa stella Maria: O quisquis te intelligis in huius saeculi profluvio magis inter procellas et tempestates fluctuare, quam per terram ambulare, ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis. Respice stellam, voca Mariam: Rimira la stella, chiama Maria. In periculis, in angustiis, in rebus dubiis Mariam cogita, Mariam invoca: Ne' pericoli di peccare, nelle molestie delle tentazioni, ne' dubbi di ciò che dei risolvere, pensa che Maria ti può aiutare, e tu chiamala subito che ti soccorra. Non recedat ab ore, non recedat a corde: Il suo potente nome non parta dal tuo cuore colla confidenza, e non mai dalla tua bocca con invocarla. Ipsam sequens non devias: Se siegui Maria, non errerai la via della salute. Ipsam rogans non desperas: Sempreché a lei ti raccomanderai, non sconfiderai. Ipsa tenente non corruis: Se ella ti tiene, non caderai. Ipsa protegente non metuis: Se ella ti protegge, non puoi temere di perderti. Ipsa duce non fatigaris: Se ella ti guida, senza fatica ti salverai. Ipsa propitia pervenis: In somma se Maria prende a difenderti, certamente giungerai al regno de' beati. Sic fac et vives.

Esempio.

È celebre l'istoria di S. Maria Egiziaca che si legge nel libro I delle Vite de' Padri. Ella di dodici anni se ne fuggì dalla casa dei parenti e se ne andò in Alessandria, dove menando


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infame vita divenne lo scandalo di quella città. Dopo sedici anni di peccati, andò vagando in Gerusalemme, dove facendosi allora la festa della S. Croce, si mosse anch'essa ad entrar nella chiesa più per curiosità che per divozione. Ma quando fu all'entrare della porta, si sentì invisibilmente respingere indietro. Tentò la seconda volta, ed anche fu respinta: così la terza e la quarta. Allora la misera postasi ad un cantone dell'atrio, fu illuminata a conoscere che Dio per la sua mala vita la ributtava anche dalla chiesa. Alzò gli occhi per sua sorte, e vide un'immagine di Maria, che stava nell'atrio dipinta. Onde a lei si volse piangendo e le disse: «O Madre di Dio, abbi pietà di questa povera peccatrice. Vedo per li miei peccati non merito che voi mi guardate; ma voi siete il rifugio de' peccatori, per amore di Gesù vostro Figlio aiutatemi, fatemi entrare nella chiesa, ch'io voglio mutar vita e andare a far penitenza dove voi mi mostrate.» Ecco allora intese una voce interna, come l'avesse risposto la B. Vergine: «Or via, giacché a me sei ricorsa e vuoi mutar vita, entra nella chiesa, che non sarà più chiusa per te la porta.» Entra la peccatrice, adora la Croce e piange. Ritorna all'immagine: «Signora, dice, eccomi pronta: dove volete ch'io mi ritiri a far penitenza?» «Va, risponde la Vergine, e passa il Giordano, e troverai il luogo del tuo riposo.» Si confessa, si comunica, passa il fiume, arriva al deserto, e qui intende ch'era il luogo della penitenza.

Or ne' primi diciassette anni che la santa stette nel deserto, quali assalti non le diedero i demoni per farla di nuovo cadere? Allora ella che faceva? Non faceva altro che raccomandarsi a Maria, e Maria le impetrò forza a resistere per tutti quelli 17 anni, dopo i quali cessarono le battaglie. Finalmente dopo 57 anni in quel deserto, trovandosi in età di 87 anni, per divina provvidenza fu ritrovata dall'abbate S. Zosimo; a lui raccontò tutta la sua vita, e lo pregò a tornare ivi l'anno seguente ed a portarle la santa comunione. Tornò il santo abbate e la comunicò. Indi la santa replicò la preghiera che di nuovo la venisse a trovare. Tornò di nuovo S. Zosimo e la trovò morta, col corpo che stava circondato di luce, e vide al capo queste parole scritte: Seppellisci in questo luogo il corpo di me misera peccatrice, e prega Dio per me. La seppellì, essendo venuto un lione a scavare la terra; e ritornato


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al monastero raccontò le maraviglie delle divine misericordie usate con questa felice penitente.27

Preghiera.

O Madre di pietà, Vergine sacrosanta, ecco a' piedi vostri il traditore, che pagando d'ingratitudini le grazie da Dio ricevute per vostro mezzo, ha tradito voi e Dio. Ma, Signora,


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la miseria mia sappiate che non mi toglie, anzi mi accresce la confidenza in voi; perché la mia miseria vedo che fa crescere in voi la compassione verso di me. Fate conoscere, o Maria, che a me siete la stessa che siete a tutti coloro che v'invocano, piena di liberalità e di misericordia. Mi basta solo che mi guardiate e mi compatiate. Se il vostro cuore mi compatisce, non potrà lasciar di proteggermi. E se voi mi proteggete, di che poss'io temere? No, non temo di niente; non de' peccati miei, perché voi potete rimediare al danno fatto; non de' demoni, perché voi siete potente più dell'inferno; non del vostro Figlio giustamente con me sdegnato, perch'egli ad una vostra parola si placherà. Temo solo ch'io per mia colpa lasci di raccomandarmi a voi nelle mie tentazioni, e così mi perda. Ma questo è quello che oggi vi prometto: voglio sempre a voi ricorrere; aiutatemi voi ad eseguirlo. Mirate la bella occasione che avete di contentare il vostro desiderio, di sollevare un miserabile quale son io.

O Madre di Dio, io ho una gran confidenza in voi. Da voi aspetto la grazia di piangere come dovrei i miei peccati; e da voi spero la fortezza per più non cadervi. Se io sono infermo, voi potete sanarmi, o medica celeste. Se le mie colpe mi han fatto debole, forte mi renderà il vostro aiuto. O Maria, io tutto spero da voi, perché voi tutto potete appresso Dio. Amen.

Amplectamur Mariae vestigia, peccatores *

et beatis pedibus eius provolvamur.




1 «Similiter de perseverantiae munere... quod quidem aliunde haberi non potest, nisi ab eo qui potens est eum qui stat statuere, ut perseveranter stet, et eum qui cadit restituere...» CONCILIUM TRIDENTINUM, Sessio 6, Decretum de iustificatione, cap. 13.

2 «Hoc ergo Dei donum suppliciter emereri potest.» S. AUGUSTINUS, Liber de dono perseverantiae, cap. 6, n. 10. ML 45-999.

3 «Et consequenter dico, si quis oret perseveranter petendo perseverantiam in gratia, infallibiliter, eam esse impetraturum.» SUAREZ, S. I., De divina gratia, lib. 12, De merito, cap. 38 (ultimum), n. 16. Opera, VIII, Venetiis, 1741, pag. 358, col. 1.

4 «Perseverantiae donum... non bene petit, qui non assidue petit. Non enim perseverantia res est eiusmodi, quae uno die peti et accipi possit, sed quotidie petenda est, ut quotidie detur, et sic tandem fiat ut in finem usque perseveremus. Tunc enim data intelligitur perseverantia cum perseveratum est usque in finem. Itaque credere debemus nos accepturos perseverantiam, si perseveranter eam postulaverimus.» S. ROBERTUS BELLARMINUS, Tertiae Controversiae generalis (De reparatione gratiae per Iesum Christum Dominum nostrum), Controversia secunda principalis (De iustificatione impii et bonis operibus generatim), liber 3 (De incertitudine, etc. iustitiae), cap. 13 (Solvuntur obiectiones contra secundum errorem). Venetiis, 1721, IV, pag. 456, col. 2.

5 Non più nella Messa dell'Imacolata Concezione, ma in parecchie altre feste della Madonna: Maternità, Carmine, Perpetuo Soccorso, ecc.

6 Mea est fortitudo. Per me reges regnaùt. Prov. VIII, 14, 15. In festo S. Mariae ad Nives et in festis B. M. V. per annum. In I nocturno, lectio 1.

7 «Planatus... habet folia mollia, scutis similia; unde quot habet folia, tot habet scuta; sic Sapientia, quot habet verba, tot habet scuta contra haereticos, contra tentationes.» HUGO A SANCTO CHARO, O. P., Card., Postilla super Ecclesiasticum, XXIV, 19. Opera, Venetiis, 1703, III, fol. 218, col. 1.

8 «Feramus animos in sublime, intuentes diligentissime, quod virga elegantissima orta de radice Iesse (Is. XI), ramorum suorum mirabili extensione sese ubique terrarum expandit, ut dispersos filios Adae, ab aestu, a turbine et a pluvia umbra desiderabili protegeret, fructuque saluberrimo aleret esurientes.» B. AMEDEUS (+ 1159), Ord. Cist., episcopus Lausannensis, Homiliae de Maria Virginea Matre, hom. 8. ML 188-1342.

9 «Tolle corpus hoc solare, quod illuminat mundum: ubi dies? Tolle Mariam, hanc maris stellam, maris utique magni et spatiosi: quid nisi caligo involvens, et umbra mortis, ac densissimae tenebrae relinquuntur?» S. BERNARDUS, In Nativitate B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 6. ML 183-441.

10 Rispondono le parole riferite da S. Alfonso a quanto dice S. ANSELMO nelle sue Orationes, Oratio 52 (al. 51) ad Sanctam Virginem Mariam, ML 158-956: «Sicut enim, o beatissima, omnis a te aversus et a te despectus necesse est ut intereat, ita omnis a (leggi ad) te conversus et a te respectus impossibile est ut pereat.»

11 «Dum Provincialis munere fungeretur, cupiebat ut omnes, ac praesertim novitii, B. Virginem in patronam adsciscerent. Unde ominabatur sinistrum aliquid eventurum iis quid id non praestarent. Quare cum Tirocinium Societatis aliquando adiisset, interrogassetque tirones quosdam ecquosnam sibi delegissent in patronos, intellixissetque nonnullos eam patronam non assumpsisse, admirans ad Magistrum eorum conversus: «Vide, inquit, ut invigiles eorum saluti; vereor enim ne non perseverent in Religione.» Quod et accidit, cum omnes illi variis temporibus eam postea deseruerint, praedaque tartareorum tenebriorum evaserint, ut scribit P. (Ant. de) Balinghem in Celndario B. V., 30 septembris.» Laurentius CHRYSOGONUS, S. I., Mundus Marianus, discursus 8, n. 19.

12 «O sanctissima Dei Genitrix... Christianorum spiritus ac flatus exsistis. Quemadmodum enim corpus nostrum hoc certum vitalis actus indicium habet, quod spiritum ducat; sic et tuum sanctissimum nomen indesinenter in servorum tuorum ore... versans prolatumque, vitae et iucunditatis et auxilii non solum iudicium est, sed causa efficitur... Tuis nobis intercessionibus esto praesidium, praebens vitam aeternam, quae Christianorum spes, quae non confundit, exsistis... Potens ad salutem praestandam auxilium tuum, o Dei Genitrix... Plane enim nullus tuae magnificentiae finis; insatiabilis opitulatio tua. Nullus munerum tuorum numerus est.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In encaenia venerandae aedis SS. D. N. Dei Genitricis, inque sanctas fascias D. N. I. C., et in adorationem zonae eiusdem S. Deiparae. ML 98-378, 379.



13 Si trattava di tentazione di suicidio. «Misericordissima adfuit servatrix Maria... Desperanti alapam infligit, et ait: «Quid, o miser, quid agis? Tu meam si orasses opem, ut alias fecisti, in tantum istud periculum haud quaquam incurrisses.» Coppenstein, O. P., B. ALANUS DE RUPE redivivus, Coloniae, 1624, Venetiis, 1665, Forum Cornelii, 1847 (ex Typographia Episcopali, edizione dedicata al Maestro Generale O. P.), pars 2, cap. 4, § 1, n. 5.

14 «Ipsa est ergo aurora consurgens, pulchra ut luna, electa ut sol... Luna lucet in nocte, aurora in diluculo, sol in die; nox autem est culpa, diluculum poenitentia, dies gratia.» INNOCENTIUS PP. III, Sermones de sanctis, sermo 28, in Assumptione B. V. Mariae sermo 2. ML 217-584.

15 (Non già S. Lorenzo Giustiniani, ma) RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 3, n. 16: «Et tandem subiungitur:... Et vincula illius, id est, exempla et servitia quibus ligamur, ne discurramus per campos licentiae, alligatura salutaris, quia extrahunt a peccato, et trahunt ad salutem aeternam.» Inter Opera S. Alberti Magni, Lugduni, XX, 56; Parisiis, XXXVI, 100.

16 «Ipsa quoque non solum in plenitudine sanctorum detinetur, sed etiam in plenitudine sanctos detinet, ne eorum plenitudo minuatur. Detinet nimirum virtutes, ne fugiant; detinet merita, ne pereant; detinet daemones, ne noceant; detinet Filium, ne peccatores percutiat.» CONRADUS DE SAXONIA, Speculum B. M. V., lectio 7. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Rom. Mogunt. et Lugd., VI, 441, col. 2. - Vedi Appendice, 2.

17 Prov. XXXI, 21. - Più di una volta S. Alfonso cita i diversi Libri Sapienziali del Vecchio Testamento sotto il nome generale di Sapienza, come fa anche la S. Chiesa nella sua liturgia.

18 «Eadem veste (caritatis) ipsa ornat sibi devotos, eaque rursus duplex est, quia tam Christi quam B. Virginis virtutibus eos vestit et induit.» CORNELIUS A LAPIDE, in Prov. XXXI, 21. Parisiis, 1860, VI, p. 509, col. 2.

19 «Esortava per tanto a pregare continuamente il Signore, che per sua bontà ne volesse concedere questo dono della perseveranza; e perciò introdusse ch'ogni sera nell'Oratorio si dicessero cinque Pater e cinque Ave Maria, acciocché S. D. M. ne desse perseveranza nel suo santo servizio: siccome per ben cominciare e meglio finire diceva esser necessaria la divozione della SS. Madre di Dio, e l'udir Messa ogni mattina, quando per altro non ci fosse stato impedimento.» BACCI, Vita, lib. 2, cap. 21, n. 7. - (Dopo un'apparizione della Vergine santa, nell'anno 1594) «non poteva saziarsi, per quel poco tempo che sopravisse, di replicare: «Siate divoti, figliuoli miei, della Madonna; siate divoti di Maria.» BACCI, Vita lib. 2, cap. 2. n. 7.

20 «Diceva egli: «Se io amo Maria, son sicuro della mia salute, e perseveranza nella Religione...» CEPARI, Vita, Roma, 1717, pag. 176.

21 Non abbiamo potuto rinvenire questo pensiero presso l'Abbate (di Deutz) Ruperto.

22 (Non già S. Lorenzo Giustiniani) ma RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 1, n. 26 (verso la fine). Inter Opera S. Alberti Magni. Editio Lugdunen., 1651, XX, p. 41, col. 2.

23 «Legitur quoque quod quaedam devota iuvencula docuit quamdam aviculam dicere Ave Maria, ita quod garriendo vix aliud proferebat. Quadam autem die, volueris rapax ipsam rapuit et asportavit. Quae cum clamaret Ave Maria, statim illis (illa) avis rapax mortua cecidit, et avicula ad gremium iuvenculae est reversa.» BERNARDINUS DE BUSTO (Bustis), Mariale, pars 12 et ultima (proprio nomine Triumphus Dominae paradisi nuncupatur), Sermo 1 de coronatione Mariae, pars 3. Opera, III, Brixiae, 1588, pag. 960, col. 2.

24 S. THOMAS A VILLANOVA, In festo Nativitatis B. V. M., concio tertia, n. VI. Conciones, Mediolani, 1760, II, col. 402.

25 «Nescimus aliud refugium nisi te: tu sola es unica spes nostra in qua confidimus; tu sola patrona nostra, ad quam omnes aspicimus.» IDEM, ibid.

26 «O quisquis te intelligis in huius saeculi profluvio magis inter procellas et tempestates fluctuare, quam per terram ambulare; ne avertas oculos a fulgore huius sideris, si non vis obrui procellis. Si insurgant venti tentationum, si incurras scopulos tribulationum, respice stellam, voca Mariam. Si iactaris superbiae undis, si ambitionis, si detractionis, si aemulationis: respice stellam, voca Mariam. Si iracundia, aut avaritia, aut carnis illecebra naviculam concusserit mentis, respice ad Mariam. Si criminum immanitate turbatus, conscientiae foeditate confusus, iudicii horrore perterritus, barathro incipias absorberi tristitiae, desperationis abysso: cogita Mariam. In periculis, in angustiis, in rebus dubiis, Mariam cogita, Mariam invoca. Non recedat ab ore, non recedat a corde; et ut impetres eius orationis suffragium, non deseras conversationis exemplum. Ipsam sequens non devias; ipsam rogans non desperas; ipsam cogitans non erras. Ipsa tenente non corruis; ipsa protegente non metuis; ipsa duce non fatigaris; ipsa propitia pervenis; et sic in temetipso experiris quam merito dictum sit: Et nomen Virginis Maria (Luc. I, 28).» S. BERNARDUS, Super «Missus est» homilia 2, n. 17. ML 183-70, 71.



27 De Vitis Patrum lib. primus: Vita Sanctae mariae Aegyptiacae, meretricis. ML 73, col. 671-690. Ivi si dice: auctore Sophronio, Hierosolymitano episcopo, interprete Paulo, diacono sanctae Napoleos Ecclesiae. La Vita di S. Maria Egiziaca è di molto anteriore a S. Sofronio (+ 636), il quale ne raccomandò la lettura ai Monaci di Palestina, nel solennissimo officio che si celebrava della Santa. - Nel II Concilio di Nicea (787, Actio IV: Labbeus, Concilia, Venetiis, 1729, VIII, col. 843 et seq.), si lesse De vita beatae Mariae Aegyptiae (op. cit., col. 926-930); fatta la qual lettura (ib., col. 930): «Ioannes reverendissimus monachus, presbyter, et vicarius orientalium pontificum sedium, dixit: «Talem imaginem (quella che parlò alla penitente) nos vidimus in sancta Christi Dei nostri civitate, et crebro eam salutavimus.» - La cronologia della vita della Santa è facile a stabilirsi. Nel dodicesimo anno della sua età, fuggì dalla casa paterna, e per 17 anni completi, si abbandonò sfrenatamente al vizio in Alessandria (cap. 13, col. 680). Contava trenta anni, o poco meno, quando si convertì. Quando l'incontrò Zosimo, era nel deserto da 47 anni: «Quadraginta septem anni sunt, ut considero, ex quo de sancta civitate egressa sum.» Visse ancora un anno: morì dunque di anni 78. - Può fissarsi, con tutta la probabilità, la conversione della Santa all'anno 383, e quindi la sua morte all'anno 431. S. Zosimo le sopravvisse trenta anni, essendo morto quasi centenario. La Vita venne scritta verso l'anno 480. I monaci ricercarono il corpo della penitente, e lo trovarono. Reliquie di essa furono mandate a Roma: il Papa Ormisda (+ 516) ne diede parte a S. Eleuterio, vescovo di Tournai. Su tutto ciò vedi Acta Sanctorum Bollandiana, die 2 aprilis, De S. Maria Aegyptiaca et S. Zosima, Commentarius praevius, auctore Daniele Papebrochio. - La prima voce che sentì la penitente, fu, come nota S. Alfonso, «interna»: una ispirazione e mozione divina, accompagnata da inaspettata sicurezza, e provatasi poi vera col fatto (Vita, cap. 17, col. 682). La seconda (col. 683) fu sensibile, come voce «alicuius a longe clamantis»; intese però chiaramente la convertita esser questa la risposta di Maria. La divina Madre le continuò la sua protezione e direzione: «Adiutorium meum Dei Genitrix adstitit mihi, per omnia in omnibus me dirigens (cap. 18, col. 684);» e prima di tutto nei 17 anni di tremendi combattimenti. In questi anni, visse con tre pani, ricevuti in limosina, nel partire, da uno sconosciuto, poi con qualche erba cresciuta in quella solitudine: nel resto della vita, si contentò colla sola grazia di Dio (cap. 19, col. 684, 685). - Ricevuta la comunione, nella seconda visita di Zosimo, la santa disse il suo «Nunc dimittis», e morì la stessa sera, come il santo vecchio riseppe, l'anno seguente, dalla iscrizione che vide intorno alle sacre spoglie (cap. 25, col. 688). - Tre furono le visite di S. Zosimo, alla fine di tre Quaresime susseguenti: la prima e l'ultima nel deserto; la seconda, sulle rive del Giordano. Nella prima, la Santa gli raccontò la sua vita; nella seconda, egli le diede la comunione; nella terza, la seppellì.

AMDG et DVM

ALCUNI RACCONTI ESEMPLIFICATIVI • di ISRAELE BEN ELIEZER, IL BAALSHEM-TOV

 


Vicinanza e lontananza. 

Uno scolaro chiese al Baalshem: «Come avviene che uno, che è legato a Dio e sa di essergli vicino, provi talvolta un'interruzione e una lontananza?» Il Baalshem spiegò: «Quando un padre vuole insegnare a camminare al suo figlioletto, lo pone prima davanti a sé e gli tiene le mani vicine da ambedue i lati, perché non cada, e così il bambino avanza verso il padre tra le mani del padre. Ma quando è arrivato al padre, questi si allontana un poco e tiene le mani più discoste, e così via, perché il bambino impari a camminare».

AMDG et DVM

venerdì 27 agosto 2021

La santa Chiesa ci fa chiamare Maria la nostra vita

 


CAPITOLO II. - Vita, dulcedo.

§ 1. - Maria è la nostra vita, perché ella ci ottiene il perdono de' peccati.

Per bene intendere la ragione per cui la santa Chiesa ci fa chiamare Maria la nostra vita, bisogna sapere che come l'anima dà vita al corpo, così la divina grazia dà vita all'anima; poiché un'anima senza la grazia ha il nome che è viva, ma in verità è morta, come fu detto a colui dell'Apocalisse: Nomen habes quod vivas, et mortuus es (Apoc. III, 1). Maria dunque, ottenendo per mezzo della sua intercessione a' peccatori l'acquisto della grazia, così rende loro la vita. - Ecco come la fa parlare la S. Chiesa, applicando a lei le seguenti parole de' Proverbi al c. VIII, [17]: Qui mane vigilant ad me, invenient me: Coloro che sono diligenti a ricorrere a me sul mattino, cioè subito che possono, certamente mi troveranno. Invenient me, voltano i Settanta, invenient gratiam. Sicché lo stesso è ricorrere a Maria, che ritrovare la grazia di Dio. E poco appresso dice: Qui me invenerit, inveniet vitam, et hauriet salutem a Domino:1 Chi trova me, trova la vita, e riceverà da Dio l'eterna salute. Audite, esclama S. Bonaventura su queste parole, audite qui cupitis regnum Dei: Virginem Mariam honorate, et invenietis vitam et salutem aeternam.2

Dice S. Bernardino da Siena che Dio non distrusse l'uomo dopo il peccato, per l'amor singolare che portava a questa futura figliuola. E soggiunge il Santo ch'egli non dubita che tutte le misericordie e perdoni ricevuti da' peccatori nell'antica legge, Dio l'abbia loro conceduti a sol riguardo di questa benedetta donzella: Omnes indulgentias factas in veteri Testamento,


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non ambigo Deum fecisse solum propter huius benedictae puellae virginis reverentiam et amorem (Tom. 1, Serm. 61, cap. 8).3

Onde ben ci esorta S. Bernardo: Quaeramus gratiam, et per Mariam quaeramus (Serm. de Aquaed.).4 Se miseri abbiamo perduta la divina grazia, cerchiamo di ricuperarla, ma cerchiamola per mezzo di Maria; poiché se noi l'abbiamo perduta, ella l'ha ritrovata: e perciò dal santo è chiamata: Inventrix gratiae.5 Questo espresse S. Gabriele per nostra consolazione, quando disse alla Vergine: Ne timeas, Maria, invenisti... gratiam (Luc. I, [30]). Ma se Maria non mai era stata priva della grazia, come il S. Arcangelo poteva dire ch'ella l'avesse ritrovata? Una cosa dicesi ritrovarsi da chi prima non l'aveva. La Vergine fu sempre con Dio e colla grazia, anzi piena di grazia, come lo stesso Arcangelo manifestò, allorché salutolla: Ave, gratia plena, Dominus tecum.6 Se dunque Maria non trovò la grazia per lei, perché sempre n'era stata piena, per chi mai la trovò? Risponde Ugon cardinale, commentando detto passo: La ritrovò per li peccatori che l'avean perduta: Currant ergo, dice il divoto scrittore, currant peccatores ad Virginem, qui gratiam amiserant peccando, et eam invenient apud ipsam. Secure dicant: Redde nobis rem nostram, quam invenisti:7 Corrano dunque i peccatori a Maria, che han


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perduta la grazia, perché appresso lei la troveranno sicuramente; e dicano: Signora, la cosa dee restituirsi a chi l'ha perduta; questa grazia, che voi avete ritrovata, non è vostra, voi non l'avete perduta mai; è nostra perché noi l'abbiam perduta, perciò a noi dovete renderla. Onde conclude su questo pensiero Riccardo di S. Lorenzo: Cupientes invenire gratiam, quaeramus inventricem gratiae, quae, quia semper invenit, frustrari non poterit (De laud. V., l. 2).8 Se dunque desideriamo di trovare la grazia del Signore, andiamo a Maria, che l'ha trovata e sempre la trova. E poich'ella è stata e sempre sarà cara a Dio, se a lei ricorriamo, certamente la troveremo. Ella dice ne' Sacri Cantici al cap. VIII, che Dio l'ha posta al mondo per esser la nostra difesa: Ego murus, et ubera mea sicut turris. E perciò è stata costituita mezzana di pace fra i peccatori e Dio: Ex quo facta sum coram eo quasi pacem reperiens (Cant. VIII, 10). Sulle cui parole S. Bernardo dà animo al peccatore, e dice: Vade ad matrem misericordiae, et ostende illi tuorum plagas peccatorum: et illa ostendet pro te ubera. Exaudiet utique Matrem Filius:9 Va a questa madre di misericordia, e palesale le


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piaghe che porti nell'anima per le tue colpe: allora ella certamente pregherà il Figlio che ti perdoni, per quel latte ch'ella gli diede; e 'l Figlio, che tanto l'ama, certamente l'esaudirà. Come in effetto la S. Chiesa ci fa pregare il Signore che ci conceda il potente aiuto dell'intercessione di Maria, per risorgere da' nostri peccati, con quella solita orazione: Concede, misericors Deus, fragilitati nostrae praesidium: ut qui sanctae Dei Genitricis memoriam agimus, intercessionis eius auxilio a nostris iniquitatibus resurgamus.10

Con ragione dunque S. Lorenzo Giustiniani la chiama speranza de' malfattori, Spes delinquentium,11 poich'ella sola è quella che ottiene loro il perdono da Dio. - Con ragione S. Bernardo la chiama scala dei peccatori, peccatorum scala,12 poiché a' poveri caduti ella, la pietosa regina, porgendo loro la mano, li caccia dal precipizio del peccato, e li fa salire a Dio. - Con ragione S. Agostino la chiama unica speranza di noi peccatori, giacché solo per mezzo suo speriamo la remissione di tutti i nostri peccati: Tu es spes unica peccatorum, quia per te speramus veniam omnium delictorum (S. Aug., Serm. 18 de Sanctis).13 E lo stesso dice S. Giovan Grisostomo che solo per l'intercession di Maria i peccatori ricevono il perdono: Per hanc peccatorum veniam consequimur. Onde


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il santo poi a nome di tutti i peccatori così la saluta: Ave igitur, mater, caelum, thronus, Ecclesiae nostrae decus: assidue precare Iesum, ut per te misericordiam invenire in die iudicii, et quae reposita sunt iis qui diligunt Deum, bona consequi possimus (In off. Nat. B.M., die 5).14 Dio ti salvi, Madre di Dio e nostra, cielo dove risiede Dio, trono in cui dispensa il Signore tutte le grazie; prega sempre Gesù per noi, acciocché per le tue preghiere possiamo ottenere il perdono nel giorno de' conti, e la gloria beata nell'eternità.

Con ragione finalmente Maria è chiamata aurora: Quae est ista quae ascendit quasi aurora consurgens? (Cant. VI, 9). Sì, perché dice Innocenzo pontefice: Cum aurora sit finis noctis et origo diei, vere per auroram designatur Maria Virgo, quae fuit finis vitiorum et origo virtutum (Serm. 2, de Ass. B.V.).15 E lo stesso effetto che fe' nel mondo nascendo Maria, fa allorché nasce in un'anima la sua divozione. Ella dà termine alla notte de' peccati, e fa camminar l'anima nella via delle virtù. Onde le dice S. Germano (Serm. 3, in dorm. B.V.): O Madre di Dio, la vostra difesa è immortale: la vostra intercessione è la vita.16 E nel sermone, che fa il santo de Zona Virg., dice che 'l nome di Maria a chi lo pronunzia con affetto, o è segno di vita o che tra breve avrà la vita.17

Cantò Maria: Ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes generationes (Luc. I, [48]). Sì, mia Signora, le dice S. Bernardo:


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Ex hoc beatam te dicent omnes generationes, quae omnibus generationibus vitam et gloriam genuisti (Serm. 2, in Pentec.):18 Perciò vi chiameranno beata tutti gli uomini, poiché tutti i vostri servi per mezzo vostro ottengono la vita della grazia e la gloria eterna. In te peccatores veniam, iusti gratiam inveniunt in aeternum (Serm. de Nat. B.V.):19 In voi ritrovano i peccatori il perdono, e i giusti la perseveranza e poi la vita eterna. - Non diffidare, o peccatore, qui parla il divoto Bernardino da Busto, ancorché avessi commessi tutti i peccati, ma sicuramente ricorri a questa Signora, poiché la troverai colle mani piene di misericordia: O peccator, ne diffidas, etiamsi commisisti omnia peccata: sed secure ad istam gloriosissimam Dominam recurras. Invenies eam in manibus plenam misericordia et largitate. Mentre, soggiunge: Plus enim ipsa desiderat facere tibi bonum et largiri gratiam, quam tu accipere concupiscas (Serm. 5, de Nat. Mar.):20 Più Maria desidera di fare a te le grazie, che tu desideri di riceverle.

Da S. Andrea Cretense è chiamata Maria sicurezza del divin perdono: Fideiussio divinarum reconciliationum, quae dato pignore fit.21 S'intende ciò, che quando i peccatori ricorrono a Maria per essere riconciliati con Dio, Dio promette loro sicuro il perdono, e loro dà la sicurezza con darne loro anche il pegno. E questo pegno è appunto Maria, che egli ci ha dato per avvocata, per la cui intercessione, in virtù de' meriti di Gesù Cristo, Dio poi perdona tutti i peccatori che a lei ricorrono. Intese dall'angelo S. Brigida (Serm. Ang., cap. 9)


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che i santi profeti giubilavano in sapere che Dio per l'umiltà e purità di Maria doveva placarsi coi peccatori, e ricevere nella sua grazia coloro che l'hanno sdegnato: Exsultabant autem praenoscentes, quod ipse Dominus ex tua humilitate et vitae puritate, o Maria stella praefulgida, placaretur, et quod reciperet eos in suam gratiam, qui ipsum ad iracundiam provocaverunt.22

Non dee mai alcun peccatore temere di esser discacciato da Maria, ricorrendo alla sua pietà; no, poich'ella è madre di misericordia, e come tale desidera di salvare i più miserabili. Maria è quell'arca felice, dove chi si rifugia, dice S. Bernardo, non patirà il naufragio dell'eterna perdizione: Arca, in qua naufragium evadimus.23 Nell'arca di Noè a tempo del diluvio furon salvati anche i bruti. Sotto il manto di Maria si salvano anche i peccatori. Vide un giorno S. Geltrude Maria col manto aperto, in cui stavano rifugiate molte fiere, leoni, orsi, tigri; e vide che Maria non solo non li cacciava, ma con gran pietà gli accoglieva e gli accarezzava. E con ciò intese la santa che i peccatori più perduti, quando ricorrono a Maria, non sono scacciati, ma accolti e salvati dalla morte eterna.24


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Entriamo dunque in quest'arca, andiamo a rifugiarci sotto il manto di Maria, ch'ella certamente non ci caccerà, ed ella sicuramente ci salverà.

Esempio.

Si narra dal P. Bovio (Es. della SS. Verg.)25 che vi era una mala donna chiamata Elena; essendo questa andata alla chiesa, udì casualmente una predica del rosario; uscita fuori se ne comprò uno, ma lo portava nascosto per non farlo vedere. Cominciò poi a recitarlo, ma contuttoché lo recitasse senza divozione, la SS. Vergine le infuse tante consolazioni e dolcezze nel recitarlo, che poi non sapeva più lasciare di dirlo. E con ciò acquistò tale orrore alla sua mala vita, che non potea trovar riposo; onde si vide come forzata d'andare a confessarsi, e si confessò con tanta contrizione, che il confessore ne stupì.

Fatta la confessione se ne andò subito a' piedi d'un altare di Maria SS. a ringraziare la sua avvocata; disse il rosario, e la divina Madre le parlò da quell'immagine e le disse: Elena, basta quanto hai offeso Dio e me; da oggi avanti muta vita, ch'io ti farò buona parte delle mie grazie. La povera peccatrice allora confusa rispose: Ah Vergine SS., è vero che finora sono stata una scellerata, ma voi che tutto potete, aiutatemi: mentr'io mi dono a voi, e voglio spendere la vita, che mi resta, a far penitenza de' peccati miei.

Aiutata da Maria dispensò Elena tutte le sue robe a' poveri, e si pose a fare una rigorosa penitenza. Era tormentata da terribili tentazioni, ma ella non faceva altro che raccomandarsi alla Madre di Dio, e così restava sempre vittoriosa. Arrivò ad avere molte grazie anche soprannaturali, visioni, rivelazioni,


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profezie. Finalmente prima della morte, che già le fu avvisata pochi giorni prima da Maria, venne la stessa B. Vergine col suo Figlio a visitarla; e morendo, l'anima di questa peccatrice fu veduta in forma di bellissima colomba volarsene al cielo.

Preghiera.

Ecco, o Madre del mio Dio, unica speranza mia Maria, ecco a' piedi vostri un misero peccatore che vi domanda pietà. Voi siete da tutta la Chiesa e da tutti i fedeli predicata e chiamata il rifugio de' peccatori: voi dunque siete il rifugio mio, voi mi avete da salvare.

Voi già sapete quanto ami il vostro Figlio la nostra salute: Scis, dulcissima Dei Mater, quantum placeat benedicto Filio tuo salus nostra (Guil. Paris.).26 Voi già sapete quel che patì Gesù Cristo per salvarmi. Io vi presento, o madre mia, i patimenti di Gesù: il freddo che soffrì nella stalla, i passi che diede per lo viaggio di Egitto, le sue fatiche, i sudori, il sangue che sparse, il dolore che l'uccise innanzi agli occhi vostri sulla croce. Fate conoscere che amate questo Figlio, mentre io per amor di questo Figlio vi prego ad aiutarmi.

Date la mano ad un caduto che vi cerca pietà. Se io fossi santo, non vi cercherei misericordia, ma perché son peccatore, ricorro a voi che siete la madre delle misericordie. Io so che 'l vostro cuore pietoso trova consolazione in soccorrere i miserabili quando potete aiutarli, non trovandoli ostinati. Consolate oggi dunque il vostro cuore pietoso e consolate me; giacché avete occasione di salvare me, che sono un povero condannato dell'inferno, e potete aiutarmi, poiché non voglio essere ostinato.

Mi metto in mano vostra: ditemi che ho da fare, e impetratemi forza di eseguirlo; mentr'io propongo di far tutto quello che posso per ritornare nella divina grazia. Io mi rifugio sotto il vostro manto. Gesù vuole ch'io ricorra a voi, acciocché


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per gloria vostra e sua, mentre gli siete madre, non solo il suo sangue, ma anche le vostre preghiere mi aiutino a salvarmi. Egli mi manda a voi, affinché mi soccorriate.

O Maria, eccomi, a voi ricorro e in voi confido. Voi pregate per tanti altri, pregate, dite una parola ancora per me. Dite a Dio che mi volete salvo, che Dio certamente mi salverà. Ditegli che son vostro, ed altro da voi non cerco.




1 Prov. VIII, 35.

2 «Audite haec, omnes gentes: auribus percipite, qui ingredi cupitis regnum Dei. Virginem Mariam honorate, et invenietis vitam et salutem perpetuam.» Psalterium B. M. V., Ps. 48. Inter Opera S. Bonaventurae, ed. Lugdunen., etc. VI, 482. - Vedi Appendice, 2.

3 (Dopo aver ricordato molte grazie fatte all'umanità prima di Cristo, a cominciare dal non essere stata esterminata dopo il peccato di Adamo, conclude:) «Et, ut brevi sermone cuncta comprehendam, omnes liberationes et indulgentias factas in veteri Testamento, non ambigo Deum fecisse propter huius benedictae puellae reverentiam et amorem, quibus eam Deus in suam praedestinationem praehonorandam, cunctis operibus suis ab aeterno praeordinavit.» S. BERNARDINUS SENENSIS, Sermones pro festivitatibus SS. et Imm. Virginis Mariae, Sermo 5, De Virginis Matris Dei Nativitate, et de eius superadmirabili gratia, art. unicus, cap. 2. Opera, Venetiis, 1745, IV, 91. Venetiis, 1591 et 1601, I, 512.

4 S. BERNARDUS, In Nativitate B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 8. ML 183-441, 442.

5 «Per te habeamus accessum ad Filium, o benedicta inventrix gratiae.» S. BERNARDUS, In adventu Domini, Sermo 2, de verbis Isaiae ad Achaz: Pete tibi signum..., n. 5. ML 183-43.

6 Luc. I, 28.

7 «Plena gratia dicta est supra, quia gratiam omnium invenit. Currant igitur peccatores ad Virginem, qui gratiam amiserunt peccando, et eam invenient apud eam humiliter salutando; et secure dicant: Redde nobis rem nostram quam invenisti. Nec negare poterit se invenisse, quia hoc Angelus attestatur.» HUGO DE SANCTO CHARO, primus Cardinalis O. P., Postilla super Evang. sec. Lucam, I, 30. Opera, Venetiis, 1703, VI, 133, col. 1.

8 RICHARDUS A S. LAURENTIO, De laudibus B. M. V., lib. 2, cap. 5, n. 3. Inter Opera S. Alberti Magni, ed. Lugdun., XX, 70; ed. Paris., XXXVI, 108.

9 Queste o simili parole da moltissimi vengono attribuite a S. Bernardo: da s. Bonaventura (Soliloquium, cap. 1, n. 23, Opera, ad Claras Aquas, VIII, 37), da Vincenzo di Beauvais, da S. Antonino, da S. Bernardino da Siena, da S. Tommaso da Villanova, da Dionigi Cartusiano, da Pelbarto, ecc. ecc. Veramente, ut sonant, non sono di S. Bernardo, o almeno non si ritrovano nei suoi scritti. Ma non sembrano altro che la parafrasi di quanto scrisse S. BERNARDO sulla scala dei peccatori, per cui dobbiamo ascendere dalla Madre al Figlio e dal Figlio al Padre: «Ad Patrem verebaris accedere... Iesum dedit tibi Mediatorem. Quid non apud talem Patrem Filius talis obtineat? Exaudietur utique pro reverentia sua... An vero trepidas et ad ipsum... Advocatum habere vis et ad ipsum? Ad Mariam recurre... Nec dubius dixerim, exaudietur et ipsa pro reverentia sua. Exaudiet utique Matrem Filius, et exaudiet Filium Pater. Filioli, haec peccatorum scala, haec mea maxima fiducia est, haec tota ratio spei meae. Quid enim? potestne Filius aut repellere, aut sustinere repulsam; non audire, aut non audiri, Filius potest? Neutrum plane.» In Nativitate B. M. V., Sermo de aquaeductu, n. 7. ML 183-441. - Questa parafrasi la fece, primo fra tutti, uno degli amici più intrinseci di S. Bernardo, tanto addentro nelle cose sue, e primo suo biografo dopo la morte del Santo, giacché Guglielmo scrisse vivendo ancora S. Bernardo: ARNALDO DI CHARTRES. Questi, nel suo Libellus de laudibus B. M. V., ML 189-1726, dice: «Securum accessum iam habet homo ad Deum, ubi mediatorem causae suae Filium habet ante Patrem, et ante Filium Matrem. Christus, nudato latere, Patri ostendit latus et vulnera; Maria Christo pectus et ubera; nec potest ullo modo esse repulsa, ubi concurrunt et orant omni lingua disertius haec clementiae nonumenta et caritatis insignia. Dividunt coram Patre inter se Mater et Filius pietatis officia, et miris allegationibus muniunt redemptionis humanae negotium.» Ed altrove lo stesso ARNALDO, De septem verbis Domini in cruce, tractatus 3, ML 189-1695: «Unum... erat... quod Pater bonus, quod Filius pius, quod mater sancta intendebat... Matre supplicante, Filio interpellante, Patre propitiante. Filius ad pectus Matris et ubera, Pater ad Filii crucem et vulnera respiciebat. Et quid inter haec tanta pignora non moverent?» - In fine, ci vengono qui insegnate, in modo vivo ed espressivo, queste due grandi verità: che Maria tutto ottiene, perché è Madre di Gesù, e che quanto concede Dio a noi, lo concede per i meriti della Passione di Gesù. Quindi, usando di quella scala, secondo la parola di Arnaldo ed il pensiero comune a lui ed a Bernardo, «securum accessum iam habet homo ad Deum.»



10 Orazione dopo l'Antifona Ave, Regina caelorum, post Purificationem.

11 S. LAURENTIUS IUSTINIANUS, In Nativitate gloriosissimae Virginis Mariae sermo (in fine). Opera, Lugduni, 1628, pag. 438; Venetiis, 1721, pag. 365.

12 S. BERNARDUS, In Nativitate B. V. M., Sermo de aquaeductu, n. 7. ML 183-441. - Vedi sopra, nota 9.

13 BREV. ROM. (fino all'ultima riforma, che soppresse molte ottave), die 9 Semptembris, secunda die infra octavam Nativitatis B. M. V., in II Nocturno, De sermone S. Augustini Episcopi, lectio 6. - Inter Opera S. Augustini, Sermo (e supposititiis) 194, De Annuntiatione Dominica, n. 5, ML 39-2107: «Quia tu es spes unica peccatorum, per te speramus veniam delictorum.» Oltreché questo Sermone non è di S. Agostino, né degno di lui, queste parole mancano nei manoscritti.

14 BREV. ROM., Commune festorum B. M. V., (et olim, die 5 infra octav. Nat. B. M. V.) in II Nocturno, lectio 6: Sermo sancti Ioannis Chrysostomi; si aggiunge: Apud Metaphrasten. Che cosa sarà stata quella Collezione di omilie, fatta dal Metafraste? Nessuno oggi lo sa.



15 «Cum aurora sit finis noctis et origo diei, merito per auroram designatur Virgo Maria: quae finis damnationis et origo salutis fuit. Finis vitiorum, et origo virtutum.» INNOCENTIUS PP. III, In solemnitate Assumptionis gloriosissimae semper Virginis mariae, Sermo 28 (in Assumptione, 2). ML 217-581.

16 «O Deipara... tutela tua immortalis est; et intercessio, vita.» S. GERMANUS, Patriarcha CP., In beatam SS. Dominae nostrae Deiparae... dormitionem, sermo 2. MG 98-350.

17 «Si enim abs te relicti fuerimus, quo vero etiam confugiemus? Quid autem etiam nobis fiet, o sanctissima Dei Genitrix, quae Christianorum spiritus ac flatus exsistis? Quemadmodum enim corpus nostrum hoc certum vitalis actus indicium habet, quod spiritum ducat; sic et tuum sanctissimum nomen indesinenter in servorum tuorum ore in omni occasione et loco et tempore versans prolatumque, vitae et iucunditatis et auxilii non solum indicium est, sed causa efficitur.» IDEM, In Encaenia venerandae aedis SS. Dominae nostrae Dei Genitricis, inque sanctas fascias D. N. Iesu Christi, et in adorationem zonae eiusdrm sanctae Deiparae. MG 98-378, 379.

18 S. BERNARDUS, In festo Pentecostes, Sermo 2, n. 4. ML 183-328.

19 «In te enim angeli laetitiam, iusti gratiam, peccatores veniam inveniunt in aeternum.» IDEM, ibidem.

20 «O igitur peccator, bonum novum! o peccatrix, optimum novum! non diffidas, non desperes, etiam si commisisti omnia peccata enormia; sed confidenter et secure ad istam gloriosissimam Dominam recurras: invenies enim eam in manibus plenam curialitate, pietate, misericordia, gratiositate et largitate; plus enim desiderat ipsa facere tibi bonum et largiri aliquam gratiam, quam tu accipere concupiscas.» BERNARDINUS DE BUSTO (al. de Bustis), O. M., Mariale, pars 2, Sermo 5, De... electissimae sponsae Dei Nativitate sermo 5: pars 7, de Sponsae caelestis dote ac dotatione. Opera, III, Brixiae, 1588, pag. 185.

21 «Haec divinorum contractuum subsistens veraque sponsio... Per eam nobis obstricta sunt salutis pignora.» S. ANDREAS CRETENSIS, Oratio 14, In SS. Dominae nostrae Deiparae dormitionem, oratio 3. MG 97-1091, 1094. - Marracci, Polyanthea Mariana, liber 6: Nomina et elogia Deiparae Virginis Mariae incipientia a littera F: «Fideiussio, quae pignore dato fit divinarum reconciliationum. S. Andreas Creten., oratio 2, de Dormitione B. M. V.» Migne, Summa aurea, 9-1176.

22 «Dolebant enim vehementer Prophetae videntes filios Israel, pro superbia et carnis petulantia, legem Moysis deserere, et, elongata ab eis divina caritate, iram Dei super eos irruere. Exsultabant autem, praenoscentes quod ipse legem (legis) dictator et Dominus, ex tua humilitate et tuae vitae puritate, o Maria, stella praefulgida, placaretur, et quod reciperet eos in suam gratiam, qui ipsum ad iram provocaverant et suam indignationem miserabiliter incurrerant.» S. BIRGITTAE Revelationes, a Cardinali Turrecremata (Torquemada) recognitae. Sermo Angelicus de excellentia B. M. V., quem ipse Angelus dictavit Beatae Birgittae ex praecepto Dei, et ipsa ex eodem praecepto devote conscripsit, cap. 9. Coloniae Agrippinae, 1628, pag. 542.

23 «Arca etiam Noe significavit arcam gratiae, excellentiam scilicet Mariae. Sicut enim per illam omnes evaserunt diluvium: sic per istam peccati naufragium.» Sermo de B. Maria Virgine: «Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum,» n. 6. ML 184-1017. Inter Opera S. Bernardi. Questo Sermone viene attribuito a EGBERTO, Abbate di Schoenauge.

24 «Dopo queste cose, le pareva di vedere anco, che sotto del mantello della detta Madre di Dio ricorressero alcune bestie picciole di diverse maniere, che significavano tutti quei peccatori che specialmente sono divoti della Vergine, e mostrava ella di ricever tutte con molta misericordia, e benignamente col suo mantello coprendo quelle, come s'ella volesse difender loro, e con la sua delicata mano toccava ciascuna, facendo mille vezzi loro, con molto piacevole sembianza di amore, quasi di quella maniera accarezzandole, che soglia tal volta fare alcuno suo bello e picciolo cagnolino; dimostrando chiaramente con questi effetti, quanto ella misericordiosamente riceva quelli tutti che la chiamano in favore loro, e con quanta materna pietà loro guardi e difenda, e quelli ancora che sono inchinati a peccati, tutto che sperino in lei, non abbandona mai loro, fin tanto che vengano alla correzione, e col mezzo della penitenza ritornino al suo Figliuolo.» S. GERTRUDE: Vita... ridotta in cinque libri da Lanspergio, tradotta dal M. Vincenzo Buondì, lib. 4, cap. 49, pag. 213. - Legatus divinae pietatis, lib. 4, cap. 48.

25 Carlo BOVIO, S. I., Esempi e miracoli della SS. Vergine Madre di Dio Maria, detti nella Chiesa del Gesù di Roma. Parte prima, Esempio 2. Venezia, 1716. - Il P. Bovio indica la fonte: «il Rupense, nel cap. 66 del SS. Rosario», cioè, Coppenstein, O. P., Beati F. ALANI REDIVIVI RUPENSIS tractatus mirabilis (altre edizioni: Opus vere aureum) de ortu atque progressu Psalterii Christi et Mariae, (cioè del SS. Rosario), pars 5, cap. 66, (altre ediz.: pars 5, II, exemplum 8).

26 «Tu enim, dulcissima Dei Mater, super omnes angelos et homines nosti, quantum placeat benedicto Filio tuo salus nostra.» GUGLIELMUS ALVERNUS, episcopus Parisiensis, Rhetorica divina, sive Ars oratoria eloquentiae divinae (cioè Ars orandi), cap. 18. Opera, Aureliae (Orléans) et Parisiis, 1674, I, pag. 358, col. 1.

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PREGHIERA DI GUARIGIONE: La croce di Dozulé — La cruz de Dozulé

PREGHIERA DI GUARIGIONE: La croce di Dozulé — La cruz de Dozulé: Apertura a Dozulè: 29 maggio 2011, visita del Vescovo a Dozulè e prudente apertura al fenomeno, solleci...

mercoledì 25 agosto 2021

REGOLA BOLLATA -1223- E' la seconda Regola di san Francesco d'Assisi

 


REGOLA BOLLATA  -1223-

[74a] Onorio, vescovo, servo dei servi di Dio, ai diletti figli, frate Francesco e agli altri frati dell'Ordine dei frati minori, salute e apostolica benedizione. 

La Sede Apostolica suole accondiscendere ai pii voti e accordare benevolo favore agli onesti desideri dei richiedenti. Pertanto, diletti figli nel Signore, noi, accogliendo le vostre pie suppliche, vi confermiamo con l'autorità apostolica, la Regola del vostro Ordine, approvata dal nostro predecessore papa Innocenzo, di buona memoria e qui trascritta, e l'avvaloriamo con il patrocinio del presente scritto. La Regola è questa: 

CAPITOLO I [74] NEL NOME DEL SIGNORE! INCOMINCIA LA VITA DEI FRATI MINORI 

[75] La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità. [76] Frate Francesco promette obbedienza e reverenza al signor papa Onorio e ai suoi successori canonicamente eletti e alla Chiesa romana. E gli altri frati siano tenuti a obbedire a frate Francesco e ai suoi successori. 

CAPITOLO II Dl COLORO CHE VOGLIONO INTRAPRENDERE QUESTA VITA E COME DEVONO ESSERE RICEVUTI [77] Se alcuni vorranno intraprendere questa vita e verranno dai nostri frati, questi li mandino dai loro ministri provinciali, ai quali soltanto e non ad altri sia concesso di ammettere i frati. I ministri, poi, diligentemente li esaminino intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa. E se credono tutte queste cose e le vogliono fedelmente professare e osservare fermamente fino alla fine; e non hanno mogli o, qualora le abbiano, esse siano già entrate in monastero o abbiano dato loro il permesso con l'autorizzazione del vescovo diocesano, dopo aver fatto voto di castità; e le mogli siano di tale età che non possa nascere su di loro alcun sospetto; dicano ad essi la parola del santo Vangelo, che “vadano e vendano tutto quello che posseggono e procurino di darlo ai poveri”. Se non potranno farlo, basta ad essi la buona volontà. [78] E badino i frati e i loro ministri di non essere solleciti delle loro cose temporali, affinché dispongano delle loro cose liberamente, secondo l'ispirazione del Signore. Se tuttavia fosse loro chiesto un consiglio i ministri abbiano la facoltà di mandarli da persone timorate di Dio, perché con il loro consiglio i beni vengano elargiti ai poveri. [79] Poi concedano loro i panni della prova cioè due tonache senza cappuccio eä il cingolo e i pantaloni e il capperone fino al cingolo a meno che qualche volta ai ministri non sembri diversamente secondo Dio. [80] Terminato, poi, I'anno della prova, siano ricevuti all'obbedienza, promettendo di osservare sempre questa vita e Regola. E in nessun modo sarà loro lecito di uscire da questa Religione, secondo il decreto del signor Papa; poiché, come dice il Vangelo, “nessuno che mette la mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio”. [81] E coloro che hanno già promesso obbedienza, abbiano una tonaca con il cappuccio e un'altra senza, coloro che la vorranno avere. E coloro che sono costretti da necessità possano portare calzature. E tutti i frati si vestano di abiti viliä e possano rattopparli con sacco e altre pezze con la benedizione di Dio. Li ammonisco, però, e li esorto a non disprezzare e a non giudicare gli uomini che vedono vestiti di abiti molli e colorati ed usare cibi e bevande delicate, ma piuttosto ciascuno giudichi e disprezzi se stesso. 



CAPITOLO III DEL DIVINO UFFICIO E DEL DIGIUNO, E COME I FRATI DEBBANO ANDARE PER IL MONDO [82] I chierici recitino il divino ufficio, secondo il rito della santa Chiesa romana, eccetto il salterio, e perciò potranno avere i breviari. [83] l laici, invece, dicano ventiquattro Pater noster per il mattutino, cinque per le lodi; per prima, terza, sesta, nona, per ciascuna di queste ore, sette; per il Vespro dodici; per compieta sette; e preghino per i defunti. [84] E digiunino dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore. La santa Quaresima, invece, che incomincia dall'Epifania e dura ininterrottamente per quaranta giorni, quella che il Signore consacrò con il suo santo digiuno , coloro che volontariamente la digiunano siano benedetti dal Signore, e coloro che non vogliono non vi siano obbligati. Ma l'altra, fino alla Resurrezione del Signore, la digiunino. Negli altri tempi non siano tenuti a digiunare, se non il venerdì. Ma in caso di manifesta necessità i frati non siano tenuti al digiuno corporale. [85] Consiglio invece, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole, e non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene. E non debbano cavalcare se non siano costretti da evidente necessità o infermità [86] In qualunque casa entreranno dicano, prima di tutto: Pace a questa casa; e, secondo il santo Vangelo, è loro lecito mangiare di tutti i cibi che saranno loro presentati. 

CAPITOLO IV CHE I FRATI NON RICEVANO DENARI [87] Comando fermamente a tutti i frati che in nessun modo ricevano denari o pecunia, direttamente o per interposta persona. Tuttavia, i ministri e i custodi, ed essi soltanto, per mezzo di amici spirituali, si prendano sollecita cura per le necessità dei malati e per vestire gli altri frati, secondo i luoghi e i tempi e i paesi freddi, così come sembrerà convenire alla necessità, salvo sempre il principio, come è stato detto, che non ricevano denari o pecunia. 



CAPITOLO V DEL MODO Dl LAVORARE [88] Quei frati ai quali il Signore ha concesso la grazia di lavorare, lavorino con fedeltà e con devozione così che, allontanato l'ozio, nemico dell'anima, non spengano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale devono servire tutte le altre cose temporaIi. Come ricompensa del lavoro ricevano le cose necessarie al corpo, per sé e per i loro fratelli, eccetto denari o pecunia, e questo umilmente, come conviene a servi di Dio e a seguaci della santissima povertà. 

CAPITOLO Vl [89] CHE I FRATI Dl NIENTE Sl APPROPRINO, E DEL CHIEDERE L'ELEMOSINA E DEI FRATI INFERMI [90] I frati non si approprino di nulla, né casa, né luogo, né alcuna altra cosa. E come pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo al Signore in povertà ed umiltà, vadano per l'elemosina con fiducia. Né devono vergognarsi, perché il Signore si è fatto povero per noi in questo mondo. Questa è la sublimità dell'altissima povertà quella che ha costituito voi, fratelli miei carissimi, eredi e re del regno dei cieli, vi ha fatto poveri di cose e ricchi di virtù. Questa sia la vostra parte di eredità, quella che conduce fino alla terra dei viventi. E, aderendo totalmente a questa povertà, fratelli carissimi, non vogliate possedere niente altro in perpetuo sotto il cielo, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo. [91] E ovunque sono e si incontreranno i frati, si mostrino familiari tra loro reciprocamente. E ciascuno manifesti con fiducia all'altro le sue necessità, poiché se la madre nutre e ama il suo figlio carnale, quanto più premurosamente uno deve amare e nutrire il suo fratello spirituale? [92] E se uno di essi cadrà malato, gli altri frati lo devono servire come vorrebbero essere serviti essi stessi. 

CAPITOLO Vll [93] DELLA PENITENZA DA IMPORRE Al FRATI CHE PECCANO. Se dei frati, per istigazione del nemico, avranno mortalmente peccato, per quei peccati per i quali sarà stato ordinato tra i frati di ricorrere ai soli ministri provinciali, i predetti frati siano tenuti a ricorrere ad essi, quanto prima potranno senza indugio. [94] I ministri, poi, se sono sacerdoti, loro stessi impongano con misericordia ad essi la penitenza; se invece non sono sacerdoti, la facciano imporre da altri sacerdoti dell'Ordine, così come sembrerà ad essi più opportuno, secondo Dio. [95] E devono guardarsi dall'adirarsi e turbarsi per il peccato di qualcuno, perché l'ira ed il turbamento impediscono la carità in sé e negli altri. 

CAPITOLO Vlll [96] DELLA ELEZIONE DEL MINISTRO GENERALE Dl QUESTA FRATERNITÀ E DEL CAPITOLO Dl PENTECOSTE. Tutti i frati siano tenuti ad avere sempre uno dei frati di quest'Ordine come ministro generale e servo di tutta la fraternità e a lui devono fermamente obbedire. Alla sua morte, l'elezione del successore sia fatta dai ministri provinciali e dai custodi nel Capitolo di Pentecoste, al quale i ministri provinciali siano tenuti sempre ad intervenire, dovunque sarà stabilito dal ministro generale; e questo, una volta ogniä tre anni o entro un termine maggiore o minore, così come dal predetto ministro sarà ordinato. [97] E se talora ai ministri provinciali ed ai custodi all'unanimità sembrasse che detto ministro non fosse idoneo al servizio e alla comune utilità dei frati, i predetti frati ai quali è commessa l'elezione, siano tenuti, nel nome del Signore, ad eleggersi un altro come loro custode. Dopo il Capitolo di Pentecoste, i singoli ministri e custodi possano, se vogliono e lo credono opportuno, convocare, nello stesso anno, nei loro territori, una volta i loro frati a capitolo. 

CAPITOLO IX DEI PREDICATORI [98] I frati non predichino nella diocesi di alcun vescovo qualora dallo stesso vescovo sia stato loro proibito. E nessun frate osi affatto predicare al popolo, se prima non sia stato esaminato ed approvato dal ministro generale di questa fraternità e non abbia ricevuto dal medesimo l'ufficio della predicazione. [99] Ammonisco anche ed esorto gli stessi frati che, nella loro predicazione, le loro parole siano ponderate e caste, a utilità e a edificazione del popolo, annunciando ai fedeli i vizi e le virtù, la pena e la gloria con brevità di discorso, poiché il Signore sulla terra parlò con parole brevi. 

CAPITOLO X DELL'AMMONIZIONE E DELLA CORREZIONE DEI FRATI. [100] I frati, che sono ministri e servi degli altri frati, visitino ed ammoniscano i loro frati e li correggano con umiltà e carità, non comandando ad essi niente che sia contro alla loro anima e alla nostra Regola. [101] I frati, poi, che sono sudditi, si ricordino che per Dio hanno rinnegato la propria volontà. Perciò comando loro fermamente di obbedire ai loro ministri in tutte quelle cose che promisero al Signore di osservare e non sono contrarie all'anima e alla nostra Regola. [102] E dovunque vi siano dei frati che si rendono conto e riconoscano di non poter osservare spiritualmente la Regola, debbano e possono ricorrere ai loro ministri. I ministri, poi, li accolgano con carità e benevolenza e li trattino con tale familiarità che quelli possano parlare e fare con essi così come parlano e fanno i padroni con i loro servi; infatti, così deve essere, che i ministri siano i servi di tutti i frati. [103] Ammonisco, poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino i frati da ogni superbia, vana gloria, invidia, avarizia, cure o preoccupazioni di questo mondo, dalla detrazione e dalla mormorazione. [104] E coloro che non sanno di lettere, non si preoccupino di apprenderle, ma facciano attenzione che ciò che devono desiderare sopra ogni cosa è di avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, di pregarlo sempre con cuore puro e di avere umiltà, pazienza nella persecuzione e nella infermità, e di amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci calunniano, poiché dice il Signore: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano e vi calunniano; beati quelli che sopportano persecuzione a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli. E chi persevererà fino alla fine, questi sarà salvo”. 

CAPITOLO Xl CHE I FRATI NON ENTRINO NEI MONASTERI DELLE MONACHE [105] Comando fermamente a tutti i frati di non avere rapporti o conversazioni sospette con donne, e di non entrare in monasteri di monache, eccetto quelli ai quali è stata data dalla Sede Apostolica una speciale licenza. [106] Né si facciano padrini di uomini o di donne affinché per questa occasione non sorga scandalo tra i frati o riguardo ai frati. 

CAPITOLO Xll Dl COLORO CHE VANNO TRA I SARACENI E TRA GLI ALTRI INFEDELI 

[107] Quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare tra i Saraceni e tra gli altri infedeli, ne chiedano il permesso ai loro ministri provinciali. I ministri poi non concedano a nessuno il permesso di andarvi se non a quelli che riterranno idonei ad essere mandati. 

[108] Inoltre, impongo per obbedienza ai ministri che chiedano al signor Papa uno dei cardinali della santa Chiesa romana, il quale sia governatore, protettore e correttore di questa fraternità, [109] affinché, sempre sudditi e soggetti ai piedi della medesima santa Chiesa, stabili nella fede cattolica, osserviamo la povertà, I'umiltà e il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, che abbiamo fermamente promesso. 

[109a] Pertanto a nessuno, in alcun modo, sia lecito di invalidare questo scritto della nostra conferma o di opporsi ad esso con audacia e temerarietà. Se poi qualcuno presumerà di tentarlo, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo. Dal Laterano, il 29 novembre 1223, anno ottavo del nostro pontificato. 


AMDG et DVM