domenica 6 settembre 2020

Oggi vi voglio istruire su altre perfezioni. ... La prima di cui parlo è il giusto uso delle ricchezze, mutate, per buona volontà del servo fedele, in altrettanti tesori del Cielo.

 

CLXXIII. Quinto discorso della Montagna: l'uso delle ricchezze, l'elemosina, la fiducia in Dio.

  27 maggio 1945

 1 Lo stesso discorso della Montagna.
   La folla aumenta sempre, più i giorni passano. Vi sono uomini, donne, vecchi, bambini, ricchi, poveri. E sempre presente la coppia Stefano-Erma, per quanto ancora non aggregata e fusa ai vecchi discepoli capitanati da Isacco. E ancora vi è la nuova coppia, costituita ieri, del vecchione e della donna. Sono ben davanti, vicino al loro Consolatore, e i loro aspetti sono molto più sollevati di ieri. Il vecchio, quasi per rifarsi dei molti mesi o anni che fu trascurato dalla figlia, ha messo la sua mano rugosa sulle ginocchia della donna, e questa gliela carezza per quel bisogno innato della donna, moralmente sana, di essere materna.
   Gesù passa loro vicino per salire al suo rustico pulpito e nel passare carezza la testa del vecchione, che lo guarda come lo vedesse già in veste di Dio. Pietro dice qualcosa a Gesù, che gli fa un cenno come dire: «Non importa». Ma non capisco quello che dice l'apostolo, che però resta vicino a Gesù e al quale si uniscono poi Giuda Taddeo e Matteo. Gli altri si perdono fra la moltitudine.

 2 «La pace sia con tutti voi!
   Ieri ho parlato della preghiera, del giuramento, del digiuno. Oggi vi voglio istruire su altre perfezioni. Sono anche esse preghiera, fiducia, sincerità, amore, religione.
   La prima di cui parlo è il giusto uso delle ricchezze, mutate, per buona volontà del servo fedele, in altrettanti tesori del Cielo. I tesori della terra non durano. Ma i tesori del Cielo sono eterni. Avete in voi l'amore a ciò che è vostro? Vi fa pena il morire perché non potete più curare i vostri beni e li dovete lasciare? E allora trasponeteli in Cielo! Voi dite: "Nel Cielo non entra ciò che è della terra e Tu insegni che il denaro è la cosa più lurida della terra. Come possiamo allora trasportarlo in Cielo? ". No. Non potete portare le monete, materiali quali sono, nel Regno dove tutto è spirito. Ma potete portare il frutto delle monete.
   Quando voi date ad un banchiere il vostro oro, perché lo date? Perché lo faccia fruttare. Non ve ne private certo, sebbene momentaneamente, perché egli ve lo renda tal quale. Ma volete che su dieci talenti egli ve ne renda dieci più uno, o più ancora. Allora siete felici e lodate il banchiere. Altrimenti dite: "Costui è un onesto, ma è uno sciocco". E se poi, invece dei dieci più uno, ve ne dà nove dicendo: "Ho perduto il resto", voi lo denunciate e lo gettate in prigione. Cosa è il frutto del denaro? Semina forse il banchiere i vostri denari e li annaffia per farli crescere? No. Il frutto è dato da un accorto maneggio di affari, di modo che, e con ipoteche e con prestiti a interesse, il denaro si aumenti dell'aggio giustamente richiesto per il favore dell'oro prestato. Non è così?
   Ora dunque udite. Dio vi dà le ricchezze terrene. A quali molte, a quali appena quante necessitano al vivere, e vi dice: "Ora a te. Io te le ho date. Fai di questi mezzi un fine quale il mio amore lo desidera per tuo bene. Io te le affido. Ma non perché tu te ne faccia un male. Per la stima che ho in te, per riconoscenza dei miei doni, tu fa' fruttare, e per questa vera Patria, i tuoi beni.


 3 Ed ecco il metodo per giungere a questo fine.
   Non vogliate accumulare i vostri tesori sulla terra, vivendo per essi, essendo crudeli per essi, essendo maledetti dal prossimo e da Dio per essi. Non merita. Sono sempre insicuri quaggiù. I ladri possono sempre derubarvi. Il fuoco può distruggervi le case. Le malattie delle piante o delle mandre sterminarvi greggi e frutteti. Quante cose insidiano i beni! Siano essi immobili e inattaccabili, come le case e l'oro; o siano soggetti ad essere lesi nella loro natura, come tutto quanto vive, come sono i vegetali e gli animali; e persino siano le stoffe preziose, possono essere soggetti a menomazione. Il fulmine sulle case, e le fiamme e le acque; e i ladri, la ruggine, la siccità, i roditori, gli insetti sui campi; il capostorno, le febbri, le scosciature, le morve negli animali; le tignole e i topi nelle stoffe preziose e nei mobili pregiati; l'erosione delle ossidazioni nei vasellami, e lumiere, e cancelli artistici; tutto, tutto è soggetto a menomazione.
   Ma se voi di tutto questo bene terreno fate un bene soprannaturale, ecco che esso è salvo da ogni lesione del tempo, degli uomini e delle intemperie. Fatevi delle borse in Cielo, là dove non entrano ladri e dove non accadono sventure. Lavorate con l'amore misericordioso verso tutte le miserie della terra. Accarezzate, sì, le vostre monete, baciatele anche, se volete, giubilate per le messi che prosperano, per i vigneti carichi di grappoli, per gli ulivi che si piegano sotto il peso di infinite ulive, per le pecore dal fecondo seno e dalle turgide mammelle. Fate tutto ciò. Ma non sterilmente. Non umanamente. Fatelo con amore e ammirazione, con godimento e calcolo soprannaturale.


   "Grazie, mio Dio, di questa moneta, di queste messi, di queste piante, di queste pecore, di questi commerci! Grazie, pecore, piante, prati, commerci, che mi servite così bene. Siate benedetti tutti, perché per tua bontà, o Eterno, e per vostra bontà, o cose, ecco che io posso fare tanto bene a chi ha fame, a chi è ignudo, senza tetto, malato, solo... Lo scorso anno feci per dieci. Quest'anno - poiché, per quanto io abbia dato molto in elemosina, ho maggior denaro e più pingui sono i raccolti e numerosi i greggi - ecco che io darò due, tre volte, quanto diedi lo scorso anno. Perché tutti, anche i derelitti di ogni bene loro proprio, godano della mia gioia e benedicano, con me, Te, Signore eterno". Ecco la preghiera del giusto. Quella preghiera che, unita all'azione, trasporta i vostri beni in Cielo, e non solo ve li conserva eternamente, ma ve li fa trovare aumentati dei frutti santi dell'amore.
   Abbiate il vostro tesoro in Cielo per avere là il vostro cuore al disopra e al di là del pericolo che non solo l'oro, le case, i campi, le greggi possano subire sventura, ma che sia insidiato il vostro stesso cuore e derubato, corroso, bruciato, ucciso dallo spirito del mondo. Se così farete avrete il vostro tesoro nel vostro cuore perché avrete Dio in voi fino al giorno beato in cui voi sarete in Lui.


 4 Però, per non diminuire il frutto della carità, badate di essere caritatevoli con spirito soprannaturale. Come ho detto per la preghiera e il digiuno, così dico per la beneficenza e di ogni altra opera buona che possiate fare. Conservate il bene che fate dalla violazione del senso del mondo, conservatelo vergine da umana lode.
   Non profanate la rosa profumata, vero incensiere di profumi grati al Signore, della vostra carità e del vostro agire buono. Profana il bene lo spirito di superbia, il desiderio di esser notati nel fare il bene e la ricerca della lode. La rosa della carità allora viene sbavata e corrosa dai lumaconi viscidi dell'orgoglio soddisfatto, e nell'incensiere cadono fetide paglie della lettiera su cui il superbo si crogiola come bestia ben pasciuta.
   Oh! quelle beneficenze fatte per esser citati! Ma meglio, meglio non farle affatto! Chi non fa pecca di durezza. Chi fa, facendo conoscere e la somma data e il nome di chi l'ha avuta, e mendicando la lode, pecca di superbia col rendere nota l'offerta, ossia dice: "Vedete quanto io posso?", pecca di anticarità perché mortifica il beneficato col rendere noto il suo nome, pecca di avarizia spirituale volendo accumulare lodi umane... Paglie, paglie, non di più che paglie. Fate che vi lodi Dio coi suoi angeli.
   Voi, quando fate elemosina, non suonate la tromba davanti a voi per attirare l'attenzione del passante ed essere onorato come gli ipocriti, che vogliono l'applauso degli uomini e perciò fanno elemosina solo là dove possono essere visti da molti. Anche questi hanno già avuto la loro mercede e non ne avranno altra da Dio. Voi non incorrete nella stessa colpa e nella stessa presunzione. Ma quando fate elemosina non sappia la vostra sinistra quel che fa la destra, tanto nascosta e pudica è la vostra elemosina, e poi dimenticatevene. Non state a rimirarvi l'atto compiuto, gonfiandovi di esso come fa il rospo, che si rimira coi suoi occhi velati nello stagno e che, posto che vede riflessi nell'acqua ferma le nuvole, gli alberi, il carro fermo presso la riva, e vede lui così piccino rispetto a quelli così grossi, si empie d'aria fino a scoppiare. Anche la vostra carità è un nulla rispetto all'Infinito che è la Carità di Dio, e se voleste divenire simili a Lui e rendere la vostra carità piccina, grossa, grossa, grossa per uguagliare la sua, vi empireste di vento d'orgoglio e finireste per perire.   
 Dimenticatevene. Dell'atto in se stesso dimenticatevene. Vi resterà sempre presente una luce, una voce, un miele, e vi farà luminoso il giorno, dolce il giorno, beato il giorno. Perché quella luce sarà il sorriso di Dio, quel miele la pace spirituale che è ancora Dio, quella voce la voce del Padre-Dio che vi dirà: "Grazie". Egli vede il male occulto e vede il bene nascosto, e ve ne darà ricompensa. Io ve lo... »


 5 «Maestro, Tu menti alle tue parole!».
   L'insulto, astioso e improvviso, viene dal centro della folla. Tutti si volgono in direzione della voce. Vi è della confusione.
   Pietro dice: «Te lo avevo detto! Eh! quando c'è uno di quelli lì... non va più bene niente!». 
   Fra la folla partono fischi e mormorii verso l'insultatore. Gesù è il solo che resti calmo. Ha incrociato le braccia sul petto e sta alto, col sole in fronte, ritto sul suo masso, nel suo abito azzurro cupo. L'insultatore continua, incurante della reazione della folla: «Sei un cattivo maestro perché insegni ciò che non fai e...». 
   «Taci! Va' via! Vergognati!» urla la folla. E ancora: «Vai dai tuoi scribi! A noi ci basta il Maestro. Gli ipocriti con gli ipocriti! Falsi maestri! Strozzini!…» e continuerebbero, ma Gesù tuona: «Silenzio! Lasciatelo parlare» e la gente non urla più, ma bisbiglia i suoi improperi conditi da occhiate feroci. 
   «Sì. Tu insegni ciò che non fai. Dici che si deve fare elemosina senza essere visti e ieri, alla presenza di tutto un popolo, hai detto a due poveri: "Rimanete e vi sfamerò»
   «Ho detto: "Rimangano i due poverelli. Saranno gli ospiti benedetti e daranno sapore al nostro pane". Non di più. Non ho significato di volerli sfamare. Quale è quel povero che almeno non ha un pane? La gioia era dì dar loro amicizia buona». 
   «Eh! già! Sei astuto e sai fare l'agnello!...». 
   Il vecchione si alza, si volta e alzando il suo bastone grida: «Lingua infernale che accusi il Santo, credi forse di sapere tutto e di potere accusare per ciò che sai? Come ignori chi è Dio e chi è Colui che tu insulti, così ignori le sue azioni. Solo gli angeli e il mio cuore giubilante lo sanno. Udite, uomini, udite tutti, e sappiate se Gesù è il mentitore e il superbo che questo avanzo del Tempio vuol dire. Egli...»
   «Taci, Ismaele! Taci per amor mio! Se ti ho fatto felice, fammi felice tacendo» lo prega Gesù.
   «Ti ubbidisco, Figlio santo. Ma lasciami dire questo solo: la benedizione del vecchio israelita fedele è su di Lui che mi ha beneficato da Dio, e Dio l'ha messa sulle mie labbra per me e per Sara, mia figlia novella. Ma sul tuo capo non sarà benedizione. Io non ti maledico. Non sporco la mia bocca, che deve dire a Dio: "Accoglimi", con una maledizione. Non l'ho avuta neppure per chi mi ha rinnegato, e già ne ho ricompensa divina. Ma ci sarà chi fa le veci dell'Innocente accusato e di Ismaele, amico di Dio che lo benefica».
   Un coro di urli fa chiusa al discorso del vecchio che si siede di nuovo, e un uomo se la svigna e se ne va, inseguito da improperi. E poi la folla grida a Gesù: «Continua, continua, Maestro santo! Noi non ascoltiamo che Te, e Tu ascolta noi. Non quei corvi maledetti! E’ gelosia la loro. Perché ti amiamo più di loro! Ma in Te è santità, in loro cattiveria. Parla, parla! Vedi che non ci punge più altro desiderio che la tua parola. Case, commerci? Nulla per udire Te!». 
   «Sì, parlo. Ma non ve la prendete. Pregate per quegl'infelici. Perdonate come Io perdono. Perché se perdonerete agli uomini i loro falli, anche il vostro Padre dei Cieli vi perdonerà i vostri peccati. Ma se avrete rancore e non perdonerete agli uomini, nemmeno il Padre vostro vi perdonerà le vostre mancanze. E tutti hanno bisogno di perdono.




 6 Vi dicevo che Dio vi darà ricompensa anche se voi non gli chiedete premio per il bene fatto. Ma voi non fate il bene per avere ricompensa, per avere una mallevadoria per il domani. Non fate il bene misurato e trattenuto dalla tema: "E poi, per me, ne avrò ancora? E se non avrò più nulla chi mi aiuterà? Troverò chi mi fa ciò che ho fatto? E quando non potrò più dare, sarò ancora amato? ".
   Guardate: Io ho amici potenti fra i ricchi e amici fra i miseri della terra. E in verità vi dico che non sono gli amici potenti i più amati. Vado da quelli non per amore di Me e per mio utile. Ma perché da essi posso avere molto per chi non ha nulla. Io sono povero. Non ho nulla. Vorrei avere tutti i tesori del mondo e mutarli in pane per chi ha fame, in tetto per chi è senza tetto, in vesti per chi è ignudo, in medicine per chi è malato. Voi direte: "Tu puoi guarire". Sì. Questo ed altro posso. Ma non sempre è la fede negli altri, ed Io non posso fare ciò che farei e che vorrei fare se trovassi della fede nei cuori per Me. Io vorrei beneficare anche questi che non hanno fede. E posto che non chiedono il miracolo al Figlio dell'uomo vorrei, da uomo ad uomo, dar loro soccorso. Ma non ho nulla. Per questo Io tendo la mano a chi ha e chiedo: "Fammi la carità, in nome di Dio". Ecco perché Io ho amicizie in alto. Domani, quando Io non sarò più sulla terra, ancora vi saranno i poveri, ed Io non ci sarò né a compiere miracolo per chi ha fede, né a fare elemosina per portare alla fede. Ma allora i miei amici ricchi avranno imparato, al mio contatto, come si fa a beneficare, e i miei apostoli avranno, pure dal mio contatto, imparato a elemosinare per amore dei fratelli. E i poveri avranno sempre un soccorso.
   Ebbene, ieri Io, da uno che non ha nulla, ho avuto più di quanto mi hanno dato tutti coloro che hanno. E un amico povero quanto Me. Ma mi ha dato una cosa che non si compera con nessuna moneta e che mi ha fatto felice, riportandomi tante ore serene della mia fanciullezza e giovinezza, quando ogni sera sul mio capo si imponevano le mani del Giusto ed Io andavo al riposo con la sua benedizione per custode del mio sonno. Ieri questo mio amico povero mi ha fatto re con la sua benedizione. Vedete che ciò che lui mi ha dato nessuno dei miei amici ricchi me l'ha mai dato. Perciò non temete. Anche se non avrete più potenza di denaro, solo che abbiate amore e santità, potrete beneficare chi è povero, stanco o afflitto.

 7 E perciò vi dico: non siate troppo solleciti per tema di avere poco. Avrete sempre il necessario. Non siate troppo preoccupati pensando al futuro. Nessuno sa quanto futuro ha ancora davanti. Non siate in pensiero per quello che mangerete per sostenervi nella vita, né di che vi vestirete per tenere caldo il vostro corpo. La vita del vostro spirito è ben più preziosa del ventre e delle membra, vale molto più del cibo e del vestito, così come la vita materiale è più del cibo e il corpo più della veste. E il Padre vostro lo sa. Sappiatelo dunque anche voi. Guardate gli uccelli dell'aria: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, eppure non muoiono di fame perché il Padre celeste li nutre. Voi uomini, creature predilette del Padre, valete molto più di loro.
   Chi di voi, con tutto il suo ingegno, può aggiungere alla sua statura un sol cubito? Se non riuscite ad alzare la vostra statura neppure di un palmo, come potete pensare di mutare le vostre condizioni future, aumentando le vostre ricchezze per garantirvi una lunga e prospera vecchiaia? Potete dire alla morte: "Tu mi verrai a prendere quando io vorrò"? Non potete. A che, allora, preoccuparvi del domani? E perché avere tanta pena per tema dì rimanere senza vesti? Guardate come crescono i gigli del campo: non faticano, non filano, non vanno dai venditori di panni a fare acquisti. Eppure vi assicuro che nemmeno Salomone con tutta la sua gloria fu mai vestito come uno di loro. Ora se Dio riveste così l'erba del campo, che oggi è e domani serve a scaldare il forno o a pasturare il gregge e finisce in cenere o in sterco, quanto più provvederà voi, figli suoi.
   Non siate gente di poca fede. Non vi angosciate per un futuro incerto, dicendo: "Quando sarò vecchio come mangerò? Che berrò? Come mi vestirò?". Queste preoccupazioni lasciatele ai gentili che non hanno l'alata certezza della paternità divina. Voi l'avete e sapete che il Padre sa i vostri bisogni e che vi ama. Fidate dunque in Lui. Cercate prima le cose veramente necessarie: la fede, la bontà, la carità, l'umiltà, la misericordia, la purezza, la giustizia, la mansuetudine, le tre e le quattro virtù principali, e tutte, tutte le altre ancora, dì modo da essere amici di Dio e di avere diritto al suo Regno. E vi assicuro che tutto il resto vi sarà dato per giunta senza che neppure lo chiedìate. Non vi è ricco più ricco del santo, e sicuro più sicuro di esso. Dio è col santo. Il santo è con Dio. Per il suo corpo non chiede, e Dio lo provvede del necessario. Ma lavora per il suo spirito, ed a questo Dio dà Se stesso, qui, e il Paradiso oltre la vita.
   Non mettetevi dunque in pena per ciò che non merita la vostra pena. Affliggetevi di essere imperfetti, non di essere scarsi di beni terreni. Non crucciatevi per il domani. Il domani penserà a se stesso, e voi ad esso penserete quando lo vivrete. Perché pensarvi da oggi? Non è già abbastanza piena dei ricordi penosi di ieri, e dei pensieri crucciosi di oggi, la vita, per sentire bisogno di mettervi anche gli incubi dei "che sarà?" del domani? Lasciate ad ogni giorno il suo affanno! Ve ne saranno sempre più di quante ne vorremmo di pene nella vita, senza aggiungere pene presenti a pene future! Dite sempre la grande parola di Dio: "Oggi". Siete suoi figli, creati secondo la sua somiglianza. Dite dunque con Lui: "Oggi".
   E oggi Io vi do la mia benedizione. Vi accompagni fino all'inizio del nuovo oggi, di domani, ossia di quando vi darò nuovamente la pace in nome di Dio».

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Per un commento a Galati, 5, 16-24: 

https://www.augustinus.it/italiano/esposizione_galati/index2.htm  // dal n. 50 alla fine.


AMDG et DVM


SETTIMO E OTTAVO GIORNO DELLA NOVENA AL CUORE IMMACOLATO

 


Pubblicato il 05/09/2020

Settimo giorno della Novena 

QUADERNI DEL 1944 CAPITOLO 314


13 maggio 1944

   (ore l8 del l2-5. Metto la data del l3 perché così vuole Gesù).

   Osservazione che mi fa Gesù mentre rileggo il dettato del 20 febbraio1 in relazione alla Passione di Gesù e ai dolori di Maria (fascicolo 2 P. pag. 27 riga 11 e 12):
   «Hai dimenticato una parola e naturalmente non è stata copiata, e ciò porta un controsenso con quanto poi è detto da te nella visione del Venerdì Santo2: l'incontro di Giovanni con Maria nella casa del Cenacolo.
   Metti le cose a posto così: "E fa la spola fra la casa di Caifa e il Pretorio, la casa di Caifa e la reggia di Erode, e da capo la casa di Caifa e il Pretorio". È per questo che Giovanni può dire: "… ho fatto tutto il possibile perché mi vedesse… ho cercato di ricorrere a chi è potente per ottenere pietà…".
   È un'inezia in realtà. Ma viviamo fra farisei più attenti a cogliere in fallo di quanto non stessero attenti i farisei del mio tempo. Perciò bisogna essere attentissimi a nostra volta.
   I soliti farisei faranno una acida osservazione: "Perché il Maestro non ha richiamato prima di ora il portavoce sul suo errore?". Per mostrarvi una volta di più – rispondo – che voi siete tanto relativi che anche se siete "portavoce" o direttori di un portavoce non notate le sviste che svisano i fatti. Leggete, meditate, copiate e lasciate l'errore causato da un'omissione di una parola che porta uno spostamento della situazione.
   Correggi e fa' correggere. Almeno nei quaderni originali e completi. Guarda che la parola "Caifa" è omessa sin dal tuo manoscritto. Eri tanto spossata quel giorno, e per la lunga sofferenza della visione avuta ("Sepoltura di Gesù e desolazione di Maria") e per il bombardamento subìto, che eri tarda a seguire il dettato. Né hai sentito e notato poi l'errore. Non è nulla di male. Non lede nessuna verità sacra. Ma è bene essere esatti anche nelle verità secondarie.
   I summenzionati farisei faranno anche un'altra osservazione circa il dettato di ieri. Ho detto: "Avevi ragione. È troppo forte per te. Bisogna mitigare il decreto". Sento già il coro scandalizzato di questi dottori del cavillo: "Ma come? Dio non lo sapeva che questo era troppo forte? Costei bestemmia facendo accusa a Dio di essere non perfetto nell'intelligere e applicare".
   Rispondo, e una volta per tutte, con le parole da Me dette3 venti secoli or sono: "… Se non fossero abbreviati i giorni del tormento finale, non si salverebbe anima alcuna; ma saranno accorciati in grazia degli eletti". Se ciò può avvenire per tutti i credenti dell'ultima ora – misericordia larga quanto è larga la Terra per salvare il maggior numero di anime dalla disperazione di orrore – non potrà esser usata per questa "piccola" che per un volere divino anticipa in sé ciò che sarà lo spirituale tormento dei buoni nei giorni ultimi?
   Ecco, Io la difendo. Io pure avrei dovuto portare la croce da solo. Tale era il decreto. Ma era troppo per la mia debolezza. E l'uomo mi concesse un aiuto4. E non lo dovrà avere costei che porta per voi tutti una croce di espiazione così grande che l'uccide?
   Che l'uccida, sia. È olocausto. Ma che me la faccia impazzire nel suo spirito che ella mi ha affidato, no. La sua prima parte di prova l'ha subita ed è rimasta fedele. Io solo so quali battaglie ha dovuto combattere. Il Tentatore le ha promesso la gioia. Ha stretto più forte a sé il dolore perché la gioia era il Male e lei ha voluto seguire il Bene. Il sapore del frutto del Bene è amarissimo a carne umana. Solo nell'altra vita diviene miele paradisiaco.
   Aver respinto Satana ha voluto dire per lei attirare l'odio centuplicato dello stesso. Lasciarla in sua balìa totale voleva dire perdere questo cuore. Dio non è inesorabile. E per grazia degli eletti modifica il suo decreto.
   Anche Io ho avuto l'angelo5 nel Getsemani. Non era contemplato. Ma le preghiere di mia Madre me lo ottennero. Costei che ora riceve ogni giorno un raggio di sole, una goccia di conforto, un attimo di aria pura perché non venga a morte prima che la sua missione sia compiuta, ha avuto mia Madre per sua Avvocata e altre anime elette della Terra e del Cielo che hanno pregato per lei. Ha avuto la mia Misericordia che si è eretta regina contro la Giustizia del Padre e ha detto: "Ho pietà. Abbi pietà Tu pure". Ché se Io sono il Primo, in Cielo e in Terra, che ho rispetto per i decreti del Padre Eterno, sono anche Colui al quale dal Padre è deferito ogni giudizio6 e che perciò posso dire al Padre mio e vostro: "Padre, pietà di questa mia creatura!".
   Né crediate che ella sia nelle rose, ora. Dopo un mese di rigore spietato, conosce adesso la tregua di un'ora. Ma a voi che, scandalizzati, vi pare che si dia troppo importanza ad un breve fatto, non venga mai di provare ciò che ella patisce tuttora e patirà per ancor lungo tempo. Non uno di voi, dottori intransigenti, rimarrebbe fedele come questa seppe restare. Essa soffre anche per voi, aride torri di dura selce all'esterno, piene di molle creta nell'interno, per voi. Per voi che, come sempre, imponete7 gravi pesi agli altri ma non volete per voi neppure esser gravati del peso di una piuma.
   Lasciali mormorare, Maria. Io ai miei mormoratori ho sempre opposto il silenzio. Un silenzio che si è fatto sempre più alto quanto più le mormorazioni sono divenute calunnie e le calunnie accuse e le accuse condanne e le condanne bestemmie. Sulla croce fu silenzio anche di sguardi… Guardavo solo il Cielo per vedere di incontrare lo sguardo di Dio, e mia Madre per rinfrescarmi l'anima alla sua purezza.
 Sei sulla croce, e vi resti. Taci e cerca solamente Dio e Maria.»


   (Nota mia).
   Di questo dettato Gesù mi fa mettere la data del 13, ossia domani. Ma me lo detta alle 18 del venerdì 12. E subito dopo finito – ma subito, subito, mio Dio che battaglia!, ne sono esterrefatta! – mi riprende quell'ondata di disperazione che mi dà lampi di pazzia. Provo a dire il Rosario. Ma sento il demonio che sghignazza e mi deride. Oh! Padre Eterno! Pietà!
   Sono i momenti in cui Satana mi vuole persuadere che io sono una falsa, una pazza, una che inganno tutti. Mi vuol persuadere che non è vero nulla, che io sono dannata… Urlerei se fossi sola per avere uno sfogo. Ma sono in casa d'altri8, e chi può capire?… Sono i momenti in cui mi pare un sogno di mente malata Dio, Gesù, Maria e le loro "voci" e le loro carezze… Eppure io le ho sentite! Mi pare ancora di avere sul palmo l'impressione della ferita del palmo di Gesù! Eppure quelle "voci" io le ho sentite. Possibile che io sia pazza? Solo per questo pazza? Tutte le altre cose – corrispondenze, conti, disposizioni della vita – le compio con facilità e ordine. E allora?
   Perché mi può tormentare così questo orrendo demonio? Annullare anche la certezza di quanto ho udito e sentito! Non basta il non sentire e udire di queste ore? Anche perdere la sicurezza di aver avuto devo provare?
   O Signore! O Maria! Pietà di me!

   
   Dice Maria:
   «Voglio che tu comprenda meglio le mie Allegrezze. Dirai più volentieri la Corona francescana.9
   Nella prima non fui contenta per la gloria e la gioia mia, ma perché era venuto il tempo della redenzione dell'uomo e del perdono di Dio all'uomo.
   La seconda mi fece felice non per la lode a me data dalla cugina, ma per aver dato inizio alla redenzione santificando il Battista col portargli il mio Gesù, Redentore vostro.
   La beatitudine della terza non fu unicamente per esser divenuta, senza dolore o macchia alla mia verginità, madre, e nemmeno per la grazia di poter baciare Iddio, mio Figlio. Ma perché la Terra aveva ormai il Salvatore.
   Ciò che mi fece lieta per la quarta volta si fu che nei tre Magi io vidi tutti coloro che da ogni parte del mondo e in ogni epoca della Terra, da quel momento, sarebbero venuti verso la Luce, verso il mio Signore, e l'avrebbero proclamato loro Re e loro Salvatore e Dio.
   L'allegrezza del quinto fatto viene non già unicamente per il mio amore di Madre che cessa di soffrire poiché il Figlio smarrito è ritrovato. Sarebbe stato egoismo. Ma era inesprimibile gioia udendo echeggiare per la prima volta la "Buona Novella" e comprendendo che essa, con anticipo di qualche anno, cadeva in qualche cuore e vi germogliava in pianta eterna. Godevo per questi pre-ammaestrati.
   La sesta allegrezza fu ancor più grande amore per voi, creature redente. Il Risorto mi diceva che i Cieli erano aperti e già abitati dai santi del Signore che da secoli attendevano quell'ora, e che in essi Cieli erano pronti i seggi dei dieci e diecimila salvati. E per me, Madre vostra, sapere pronta la vostra dimora mi era letizia di profondità incalcolabile.
   Infine la settima allegrezza non fu per la mia gloria. Ma perché, fatta dalla bontà di Dio Regina dei Cieli, io potevo da Regina occuparmi di voi, miei amati, ed eletta come ero a sedere alla destra di Dio potevo direttamente, e con supplica potente, parlare, pregare, ottenere per voi.
   Nessuna allegrezza fu per me sola. L'egoismo, anche più giusto e santo, distrugge l'amore. Ogni allegrezza a me venne per amore perfetto e fu spinta ad un ancor più perfetto amore.
   Ora sono beata. Più di così non lo potrei essere perché sono circondata dall'abbraccio trino di Dio. Ma ancora uso della mia beatitudine per l'amore di voi. Anche qua applico la legge10: amo Dio con tutta me stessa e il prossimo come me stessa. Me stessa non perché Maria, ma perché Maria ha trovato grazia presso il Signore ed è amata da Lui; perciò è creatura santa in Lui e di Lui, parte11 di Lui.
   Oh! la mia Teologia! Non ha che una parola di chiave: "Amore". Sono Regina dei Cieli perché ho compreso come nessuna fra le creature questa Teologia.
   Ama. Sarai salva. Ama. Ama con la parola o col silenzio. Ama con l'azione o l'immobilità. Ama col fervore o nella sofferenza dell'aridità. Ama nella gioia e nel dolore. Ama nella vittoria e nella debolezza. Ama nella tentazione e nella libertà dal Nemico. Ama sempre.
   Vi sia un punto in te, il più profondo, che in mezzo a tutto un essere ferito, percosso, agonizzante, inebetito dal dolore, spossato dagli assalti del demonio, nauseato dagli eventi della vita, sbattuto come nave in procella, sa rimanere quieto e vivo nell'amore. Un punto in te che abbia questa unica missione: amare, e la esplichi per la mente, il cuore, la carne. E quel punto sia il santuario tuo. Là vi sia l'altare dalla lampada sempre accesa, dai fiori sempre freschi, dalla lode sempre sonante.
 Sia che tu pianga o rida, che tu speri o dubiti, che tu sia esaudita o no, la parte più santa del tuo spirito, quella che vive in quel punto sacrato al culto di Dio, sappia sempre dire12: "Gloria tibi, Domine. Gloria! Laudamus Te! Benedicimus Te! Adoramus Te! Glorificamus Te! Quoniam Tu solus Sanctus; Tu solus Dominus; Tu solus Altissimus. Cum Angelis et Archangelis, cum Thronis et Dominationibus, cumque omni militia caelestis exercitus, himnum gloriae tuae canimus, sine fine dicentes: Sanctus, Sanctus, Sanctus!".
   Prima della Elevazione viene la lode. Prima della Consumazione viene la lode. Sappi dire la tua Messa. Ogni vittima è sacerdote. Ma non si è sacerdoti se non si sa celebrare la Messa. In tutte le sue parti.
   Guarda il mio Gesù. Prima di essere elevato e consumato ha dato lode al Padre13. E sapeva già quello che l'attendeva.
   Canti il tuo cuore, o Maria. Canti anche se le lacrime piovono dagli occhi tuoi. Il canto copra il tuo gemito e le voci di Satana che ti vuole persuadere a diffidare di te per impedirti di seguire la tua missione; che ti vuol persuadere che Dio non ti ascolta per impedirti di pregare; che ti vuol persuadere che sei perduta per perderti.
   No. Non lo sei. Persevera. Vale più un giorno, un'ora di fedeltà in questo momento, che non i dieci anni passati nel dolore fisico e nella penitenza, ma con la pace nel cuore e Dio sensibile al tuo fianco. Persevera. "Chi persevererà sino alla fine sarà salvo". Lo dice Gesù14 mio e tuo. E io te lo dico. Soffri con pace. Presto verrò.»
 

   (Nota mia).
   Sono immersa nel dolore. Entro nei sopori accompagnata da quello e quando ne esco lo trovo lì, a darmi il suo incubo subito: "Dio non ti ama. Sei dannata. Sei una mentitrice. Una pazza. Una eretica".
   È un vero incubo. Mi leva ogni conforto. Offusca persino la luce materiale del sole e la vista di quel bello naturale che in altri stati d'animo mi avrebbe rallegrato. Mi rende incapace a qualsiasi occupazione. Mi annulla la quiete che mi dava il pregare e la gioia del pregare. Parlo e sento quel pensiero. Scrivo e mi si agita nel cervello. Leggo e soverchia le parole. È lì, sempre lì…
   Appena torno in me, la prima sensazione è quella di questo pensiero. Non ho ancora aperto occhi, bocca, mosso le mani, ma esso è già in moto a trivellarmi il cuore e la mente. Cessa appena di parlare il Maestro o la Mamma, ed esso riprende il suo lavoro di tarlo che caria instancabile dove si è annidato.
   Bisogna provare per capire cosa è…
           

  il dettato del 20 febbraio è nel capitolo 613 dell'opera "L'Evangelo come mi è stato rivelato": vi è stata apportata la correzione indicata qui. L'annotazione tra parentesi si riferisce ad uno dei fascicoli dattiloscritti dei quali abbiamo trattato in nota al 4 e al 22 febbraio.

           
   

visione del Venerdì Santo (7 aprile) che forma il capitolo 607 dell'opera maggiore.


           
   3 dette in Matteo 24, 22Marco 13, 20

        
  

 4 un aiuto, cioè l'uomo di Cirene: Matteo 27, 32Marco 15, 21Luca 23, 26.
           
   


l'angelo, che è in Luca 22, 43.
  


è deferito ogni giudizio, come è detto in Giovanni 5, 22.
 

             
 

  7 imponete… come è detto in Matteo 23, 4Luca 11,

           
   8 in casa d'altri, cioè dei coniugi Giovannetti a Sant'Andrea di Còmpito, come abbiamo spiegato nella nota sullo

 sfollamento sotto la data del 24 aprile.
           

   9 la Corona francescana è una pratica di devozione a Maria Ss., della quale contempla sette "allegrezze". La p

rima riguarda l'incarnazione del Verbo dopo l'annuncio dell'Arcangelo. Le altre risultano con chiarezza dal testo del 

presente "dettato", compresa lasesta, che riguarda un fatto (l'apparizione di Gesù Risorto alla Madre) non attestato nei 

Vangeli, ma ritenuto plausibile e riportato nell'opera maggiore di Maria Valtorta, come abbiamo annotato in calce allo 

scritto del 24 aprile 1943.
 

          
   10 la legge, quella di Levitico 19, 18Deuteronomio 6, 5.


   11 parte non come "porzione", ma come "partecipazione".


           
   12 dire, con espressioni latine prese dal "Gloria" e dal "Prefazio" del Messale allora vigente


.
           
   13 ha dato lode al Padre, come in Giovanni 14-17.         


14 Lo dice Gesù in Matteo 10, 22; 24, 13.

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Pubblicato il 06/09/2020

Ottavo giorno della Novena al Cuore Immacolato della B. V. Maria

  

   CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA

   O Immacolata, Regina del Cielo e della terra, rifugio dei peccatori e Madre nostra amorosissima, cui Dio volle affidare l'intera economia della misericordia, io, indegno peccatore, mi prostro ai tuoi piedi, supplicandoti umilmente di volermi accettare tutto e completamente come cosa e proprietà tua, e di fare ciò che ti piace di me e di tutte le facoltà della mia anima e del mio corpo, di tutta la mia vita, morte e eternità.

   Disponi pure, se vuoi, di tutto me stesso, senza alcuna riserva, per compiere ciò che è stato detto di te: "Ella ti schiaccerà il capo" come pure: "Tu sola hai distrutto tutte le eresie del mondo intero" affinché nelle tue mani immacolate e misericordiosissime io divenga uno strumento utile per innestare e incrementare il più fortemente possibile la tua gloria in tante anime smarrite e indifferenti e per estendere in tal modo, quanto più è possibile, il benedetto regno del Santissimo Cuore di Gesù.
   Dove tu entri, infatti, ottieni la grazia della conversione e santificazione, poiché ogni grazia scorre, attraverso le tue mani, dal Cuore dolcissimo di Gesù fino a noi.
   Concedimi di lodarti, o Vergine santissima, Dammi forza contro i tuoi nemici. Amen.

   (San Massimiliano M. Kolbe)

    Pater, 7 Ave, Magnificat
  
    Ave Maria, noi ci consacriamo al tuo Cuore Immacolato e ci affidiamo a Te


Dai Quaderni, 20 maggio 1944

   Dice Maria:
   «Sabato passato ti ho parlato delle mie allegrezze. Oggi ti parlerò dei miei dolori. Non te li illustrerò. Già te li ho illustrati1 tutti meno uno. E te lo illustrerò presto. Ma te li faccio comprendere nel loro significato più grande.
   Come ogni allegrezza non fu per me sola, perché questo sarebbe stato egoismo, così ogni dolore non mi fece male per me sola, ma perché, portandovi tutti in me, Madre di tutti i credenti, ho sentito in me tutte le ferite dei vostri spiriti. E se le allegrezze mi fiorirono in rose unicamente quando il fatto si compieva – e della rosa ebbero la corta durata, perché la mano dell'uomo e il fiato di Satana straziarono quella fioritura rendendola nulla per troppi e troppo presto – i dolori furono spine confitte nel cuore dal primo momento e mai più strappate.
   Ecco perché anche i miei illustratori non mi raffigurano con sette rose sboccianti dal cuore ma con sette spade, e se vi è chi me lo cinge di rose, me lo cinge in maniera che la fascia fiorita è, di suo, tortura, perché gli steli sono pieni di spine.
   Sono realmente la mistica Rosa e non ho spine sul mio gambo poiché sono la Piena di Grazia. Ma nel mio cuore sono tutte le spine delle colpe umane che mi privano dei miei figli e che fanno offesa al mio Gesù.
   Il primo dolore non fu unicamente per il mio amore di Madre di Dio. Sapevo la mia sorte. Lo sapevo perché non ignoravo il destino del Redentore. Le profezie parlavano del suo grande soffrire. Lo Spirito di Dio congiunto a me mi illuminava anche più che le profezie non dicessero. Perciò dal momento in cui avevo detto2: "Ecco l'ancella del Signore", avevo abbracciato il Dolore insieme all'Amore.
   Ma quanto dolore sentire e già vedere che gli uomini avrebbero preso il Bene, fattosi Carne, per farne a sé un Male. Nelle derisioni3 date a Simeone io vidi le innumeri derisioni, le sacrileghe negazioni di un numero incalcolabile di uomini. Gesù era venuto per portare la pace. E gli uomini in suo nome o contro il suo nome avrebbero avuto per Lui e fra loro guerra. Tutti gli scismi, tutte le eresie, tutti gli ateismi, ecco, mi erano là davanti… e come un tappeto di spade mi attendevano per lacerarmi il cuore.
   Il secondo dolore, che ti illustrerò a suo tempo, non fu unicamente per i disagi della fuga. Ma esso era intriso dell'amarezza di vedere che la povera potenza umana, tale sinché Dio lo permette, in luogo di fare di sé scudo alla Potenza vera e divenire "grande" facendosi "serva di Dio", per concupiscenza di potere si faceva assassina e deicida. Assassina degli innocenti. Era già grande peccato. Ma assassina di Dio era peccato senza paragone. E se l'Eterno non lo permise, ciò non impedì che la colpa fosse ugualmente attiva. Perché il desiderio di fare il male e il tentativo di compierlo sono di appena un decimo di grado inferiori alla colpa consumata.
 Eppure quanti "grandi" da allora alla fine del tempo avrebbero imitato Erode e calpestato Dio per esser "dèi". Ecco, io li vedevo questi sciacalli che uccidevano per distruggere Dio, e insieme al Figlio mi stringevo sul cuore tutti i perseguitati per la Fede e ne udivo i gemiti santi commisti alle bestemmie dei prepotenti e, non sapendo maledire, piangevo… La via da Betlem all'Egitto fu segnata dal mio pianto.
   Il terzo dolore. Ecco: io lo cercavo Gesù, smarrito non per mia colpa né per quella dello sposo mio. Il mio Bambino aveva voluto far ciò per dare il primo appello ai cuori e dir loro: "L'ora di Dio è giunta". Ma nei milioni di esseri che sarebbero stati, quanti non avrebbero smarrito Dio! Lo si smarrisce per colpa propria o per volere suo. Quando la Grazia muore, ecco che si smarrisce Dio. Quando Dio vuol portare ad una più grande Grazia, ecco che Egli si nasconde. Nell'uno e nell'altro caso è la desolazione.
   Il peccatore morto alla Grazia non è felice. Pare lo sia. Ma non lo è. E se anche ha dei momenti di ebbrezza che non gli fanno comprendere il suo stato, non mancano mai le ore in cui un richiamo della vita gli fa sentire la sua condizione di separato da Dio. E allora è la desolazione. Quella tortura che Dio fa gustare ai suoi prediletti perché siano come il suo Verbo: salvatori.
   Cosa sia tu lo sai4. L'abbandono di Dio! L'orrore più grande della morte. E se è orrore per quelli in cui è unicamente "prova", medita che sia per quelli che è vera realtà. Il mio terzo dolore fu per vedere come tanti avrebbero dovuto abbeverarsi di questo calice per perpetuare l'opera redentrice e, ancor più aspro, per vedere i moltissimi che sarebbero periti nella disperazione.
   Oh! Maria! Se gli uomini sapessero cercare sempre Gesù! La pianta della disperazione cesserebbe di gemere il suo tossico perché morirebbe per sempre.
   Il quarto dolore. Ero Madre, e vedere la mia Creatura sotto la croce era naturale dolore. Ma più grande, soprannaturale dolore, era vedere l'odio, molto più torturante del legno, opprimere il Figlio mio.
   Quanto odio! Un mare senza confini! Da quella turba vociferante bestemmie e scherni sarebbero venuti, per spirituale figliazione, tutti gli odiatori del Martire santo. Avessi potuto levare al mio Gesù la croce e mettermela sulle mie spalle di Madre, avrei sofferto meno che non vedere con gli occhi dello spirito tutti i futuri crocifissori del loro Salvatore. Quelli che tentano abolirlo per non incontrare il suo trono di Giudice, e non sanno che solo per essi Egli sarà Giudice e per gli altri Amico.
 La quinta spada fu per la conoscenza che quel Sangue, colante come tanti rivoli di salute dalle membra lacerate, sarebbe sempre stato bestemmiato. Eppure parlava, quel Sangue, e parla. Grida con voce d'amore e chiama. E gli uomini non l'hanno voluto e non lo vogliono intendere. Si affollavano intorno al Messia per chiedere salute alle loro malattie e lo supplicavano di dir loro una parola. E nel momento che Egli non usava tocco di dita, né polvere e sputo, ma la sua Vita e il suo Sangue dava per guarirli della vera, unica, incancellabile malattia: "la colpa", essi lo sfuggivano più d'un lebbroso.
   E lo sfuggono. "Ricada5 su noi quel Sangue". Oh! che ricadrà l'ultimo Giorno per chiedere loro ragione del loro odio e, posto che non lo vollero amare, maledirà. Ed io, Madre, non devo soffrire vedendo che tanti miei figli hanno meritato d'esser maledetti e recisi per sempre dalla spirituale famiglia del Cielo in cui io sono la Madre e il mio Gesù il Primogenito e il Fratello primo?
   Quando ricevetti la spoglia esanime del mio Dio e Figlio e potei una per una numerare le sue ferite, sentii lacerarsi il seno mio. Oh! il dolore del generare io non lo conobbi. Ma questo l'ho conosciuto e non c'è doglia di genitrice che possa stare a pari di questa. Tutto il dolore di credente, tutto il dolore di madre si sono fusi in un unico dolore. E su questa, base alla mia croce come il Calvario lo fu alla croce del mio Signore, ecco il Dolore.
   Ho visto non Gesù morto nei vostri cuori. Egli non muore. Ma i vostri cuori morti a Lui. Ho visto in quanti cuori Egli sarebbe stato posato come su fredda spoglia. Per quanti inutilmente avrebbe comandato: "Sorgi!". L'uomo che non vuole vivere. Che non vuole sorgere. Il Sacramento della Vita ricusato o accolto sacrilegamente anche quando i momenti della vostra esistenza sono contati. I Giuda innumerevoli che non sanno con una onesta conversione rendersi degni di ricevere il loro Dio ferito e che il loro pentimento guarirebbe.
   Guarda, Maria. È preferibile tutto all'essere i novelli Iscariota. Eppure è il peccato che si fa con più indifferenza. E non dai soli grandi peccatori. Ma anche da molti che paiono e si credono fedeli al Figlio mio. Egli li chiama6: "I farisei di ora". Li puoi distinguere dalle loro opere. Il contatto con il Figlio mio non li fa migliori. Ma anzi la loro vita è la negazione della Carità e perciò di Dio. Sono dei morti, se non alla Grazia, ai frutti della stessa. Non hanno vitalità. Gesù non può agire in loro perché da parte loro non vi è rispondenza.
   Sono coloro che precedono di una sola misura quelli che di cristiano hanno solo il nome. Templi sconsacrati questi e profanati dalla putredine di tutti i vizi, nei quali il nome, solo il nome di Cristo sta come vi fu nel sepolcro il corpo del mio Gesù. Senza vita essi pure. E se nel Getsemani la conoscenza di tutti coloro per cui il Sacrificio sarebbe stato inutile fu il martirio spirituale del Figlio mio, nel baciare nell'ultimo addio Gesù, questa visione fu il mio strazio.
   Né cessa. No. Le spade sono sempre nel mio cuore perché l'uomo continua a dare ad esso i suoi sette dolori. Finché il numero dei salvati non sarà compito e completata la gloria di Dio nei suoi beati, io soffrirò nel mio dolore duplice di Madre che vede offeso il Primogenito e di madre che vede troppi figli preferire l'esilio eterno alla dimora del Padre.
   Quando preghi me Addolorata, pensa a queste mie parole. E nei tuoi dolori abolisci ogni egoismo per imitarmi. Io i miei dolori di Madre di Gesù li ho amplificati per tutti i nati. Sono l'Eva nuova. Tu i tuoi dolori usali per tutti i fratelli. Portali a Dio. A me.»

   te li ho illustrati, soprattutto nell'opera maggiore. Le allegrezze sono state trattate nel "dettato" del 13 maggio.


            
   2 avevo detto, come in Luca 1, 38

.
            
   3 derisioni riferite non nel passo  di Luca 2, 25-35 ma nel corrispondente capitolo 32 dell'opera 

"L'Evangelo come mi è stato rivelato".


            
   4 tu lo sai, per averlo provato: dal 9 aprile al 17 maggio.

            


   5 "Ricada…", come in Matteo 27, 25

.
            
   6 li chiama, come nel "dettato" del 13 maggio


.AMDG et DVM

venerdì 4 settembre 2020

NESSUNO TOCCHI I DOGMI DELLA CHIESA CATTOLICA … CHI VA CONTRO QUESTI DOGMI È DI FATTO ERETICO…!




1. Unità e Trinità di Dio in Tre Persone Divine (Concilio di Nicea, 325);

2. Gesù è la seconda Persona Divina, incarnato, morto e risorto (Concilio di Nicea, 325);

3. Maria è Madre di Dio perché madre di Gesù che è Dio (Concilio di Efeso, 431);

4. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo (Concilio di Efeso, 431);

5. Nascita verginale di Gesù (Secondo Concilio di Costantinopoli, 553);

6. Esistenza del Purgatorio, Inferno e Paradiso (per il solo Purgatorio, Concilio di Lione, 1274);

7. Transustanziazione (Presenza reale di Cristo nell’eucaristia) (Matteo 26:26 e paralleli; dogma confermato nel Concilio di Trento, 1545-1563);

8. Immacolata Concezione di Maria (Costituzione apostolica Ineffabilis Deus di Papa Pio IX, 1854);

9. Infallibilità papale, quando parla ex cathedra in materia di fede e di costumi (Concilio Vaticano I, 1870);

10. Assunzione di Maria in anima e corpo (Costituzione dogmatica Munificentissimus Deus di Papa Pio XII, 1950).

SANTA ROSALIA

 

IX Coro4 settembre
“Colui che sana le cose rotte”Santa Rosalia

S. Hanani

Vivo e fervido e buono sta egli qui oggi, come fosse solo un passo da lui fino a noi. Egli ha un volto parlante, come sapesse di tutta la sofferenza del mondo e di tutta la gioia, che uno può incontrare in questa vita sulla via verso Dio. Egli ha una grande brocca d’olio accanto a sé piena di olio profumato e un piccolo ramaiolo nella mano, da cui cola giù ancora olio. – Egli è

S. Hanani,

che sana le cose rotte. Egli è un angelo del IX coro, servente di S. Gedulah, uno di quegli angeli del sottocoro delle dominazioni basse, che si chiamano “angeli della parola e della risposta”. S. Gedulah porta l’amore nella costruzione di tutta la creazione.

Anche S. Hanani è portatore dell’amore di Dio. L’amore di Dio non è estinguibile, e diverso in centinaia e migliaia di modi: come infiammante chiamata e come sommessa voce nel proprio cuore, come scuotente, incitante forza e come mitigante, misericordiosa consolazione, come cardine nel centro del mondo peccaminoso per conquistare prede per il Signore, e come luce al figlio perduto sulla porta della casa del Padre.

Qui è l’amore raffigurato nell’immagine della brocca con l’olio. L’olio è il segno della guarigione e santificazione (Crisma). Noi stiamo nel tempo della nostra vita, fintanto che noi siamo in condizione di grazia, sotto la benedizione, guarigione e santificazione del mite, misericordioso amore di Dio. È lui che ci riscalda come un sole e ci anima, che ci chiama a crescere e fiorire e portare frutto, è lui che risana ciò che in noi si è rotto e guarisce le ferite dell’anima.

Così sta anche S. Hanani giorno e notte davanti a noi, e il suo ramaiolo non diviene mai vuoto. Egli conosce meglio di noi in merito ai luoghi malati e feriti nella nostra anima, i suoi occhi vedono più acutamente dei nostri, la sua mano è più sicura della nostra. Egli non ci abbandona, poiché l’amore di Dio è fedele. Egli ci è proprio come angelo del IX coro l’aiutante celeste più fraterno e comprensivo rispetto al nostro proprio angelo custode. Olio è anche cibo nel senso terreno, come l’amore è cibo per l’anima in senso spirituale. Così anche S. Hanani non lascerà affamare e seccare il nostro corpo e la nostra anima, ma piuttosto li guarisce, fortifica, rianima, santifica e prepara per il nostro Signore e Dio.

Preghiera:  Tu buon angelo, che vedi fin nelle ultime e più nascoste pieghe della nostra anima, facci partecipi della forza del sanante e santificante amore di Dio, affinché noi a suo tempo veniamo trovati come il buon ladrone e quindi sani e santi nel giudizio finale. Amen.

 
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Novena al Cuore Immacolato della B. V. Maria

 Pubblicato il 04/09/2020

Sesto giorno della Novena al Cuore Immacolato della B. V. Maria

 CONSACRAZIONE AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA

   O Immacolata, Regina del Cielo e della terra, rifugio dei peccatori e Madre nostra amorosissima, cui Dio volle affidare l'intera economia della misericordia, io, indegno peccatore, mi prostro ai tuoi piedi, supplicandoti umilmente di volermi accettare tutto e completamente come cosa e proprietà tua, e di fare ciò che ti piace di me e di tutte le facoltà della mia anima e del mio corpo, di tutta la mia vita, morte e eternità.

   Disponi pure, se vuoi, di tutto me stesso, senza alcuna riserva, per compiere ciò che è stato detto di te: "Ella ti schiaccerà il capo" come pure: "Tu sola hai distrutto tutte le eresie del mondo intero" affinché nelle tue mani immacolate e misericordiosissime io divenga uno strumento utile per innestare e incrementare il più fortemente possibile la tua gloria in tante anime smarrite e indifferenti e per estendere in tal modo, quanto più è possibile, il benedetto regno del Santissimo Cuore di Gesù.
   Dove tu entri, infatti, ottieni la grazia della conversione e santificazione, poiché ogni grazia scorre, attraverso le tue mani, dal Cuore dolcissimo di Gesù fino a noi.
   Concedimi di lodarti, o Vergine santissima, Dammi forza contro i tuoi nemici. Amen.

   (San Massimiliano M. Kolbe)

    Pater, 7 Ave, Magnificat
  
    Ave Maria, noi ci consacriamo al tuo Cuore Immacolato e ci affidiamo a Te

 

Dai Qauderni, 25 novembre 1943

   Dice Gesù:
   «Tutte le anime sono create dal pensiero del Padre che manda queste sue figlie ad animare i corpi generati sulla Terra. Ma l’anima della Purissima non è scaturita unicamente dal Pensiero del Padre.
 Dal vortice di ardori che è la nostra Trinità santa partono i tre amori che convergono nel centro, là dove la nostra Divinità si unifica e splende. Là è il vertice dell’Amore fatto dai tre amori insieme riuniti, e per portare un paragone umano potrei dire che là è il cuore della nostra santa Trinità.
   Da quel cuore è venuta l’anima di Maria. Come scintilla scagliata dalla Volontà d’amore nostra, Ella si è generata dai nostri tre amori e dai nostri tre desideri di possederla qual figlia, qual madre, qual sposa, ed a crearla abbiamo messo ogni nostra perfezione perché Ella era destinata ad esser la pietra dell’edificio del Tempio vero, l’arca del patto nuovo, l’inizio della redenzione che come tutte le cose di Dio porta del Dio Trino il segno simbolico del tre.
 Primo tempo della redenzione è la creazione - opera più specialmente del Padre - dell’anima senza macchia destinata a scendere per abitare una carne che sarebbe stata tabernacolo a Dio, e l’amore del Figlio e dello Spirito Santo vegliarono beati alla sua formazione. Secondo tempo è quando, per opera dello Spirito, Quella senza colpa, tutta bella e pura1, fuse il suo ardore di vergine innamorata di Dio all’ardore dell’Amore di Dio, e per opera dello Spirito generò il Cristo alle genti. Terzo tempo, quando il Cristo compi la sua missione di Redentore morendo sulla Croce.
   Anche allora Maria era unita all’opera di Dio e per opera del Figlio divenne Corredentrice e Vittima con Lui. indissolubilmente legata a Dio e alla Volontà di Dio, Ella, in ogni momento delle tappe del cammino della Redenzione, è presente e senza Maria non avreste avuto il Redentore.
La Madre è il fiore completamente sbocciato in tutta la porpora della sua veste regale. Ma la Madre, per essere tale, dovette non solo avere inizio nel boccio inviolato della Vergine candidissima, ma sibbene nel seme non ancora nato dal quale sorse poi lo stelo, il boccio, il fiore.
   Nel celebrare la data del Concepimento immacolato di Maria, frutto soave del nostro amore e portatrice del Frutto di amore infinito, consacrato alla vostra salvezza che io sono, abbiate presente non solo Maria testé concepita, ma la sua origine - tre volte santa perché a crearla concorsero i nostri tre amori - e la sua speciale dignità di iniziatrice del perdono dell’Eterno all’uomo.
   Alba serena del giorno della Redenzione, Ella viene a voi nel suo casto fulgore di Stella mattutina e di alba paradisiaca. La sua cuna che si prepara a riceverla precorre di poco la mia, e il Suo sorriso vi insegna il Gloria da cantare all’Eterno che nella sua Carità perfettissima ha compiuto per voi i due amorosi prodigi del Concepimento immacolato di Maria e della mia incarnazione.»

AMDG et DVM