mercoledì 11 settembre 2019

MIRACOLO DELLE NOZZE DI CANA: SPIEGAZIONE FATTA DA GESU' STESSO


Carissimi e carissime:

Penso tutti conoscano l'episodio evangelico delle Nozze di Cana: Giovanni 2, 1 11.

Ritengo utilissimo ri-leggere il commento che fa Gesù a questo episodio fondamentale della nostra Fede Cristiana. Non so voi, ma a me è capitato di sentire ben pochi commenti a questo riguardo e soprattutto con una teologia così alta, come invece ritroviamo qui.
Sono queste lezioni che dovrebbero levare ogni dubbio sul fatto che la povera Maria Valtorta (visto anche il suo stato di inferma paralizzata e soprattutto di inferma spesso in fin di vita) abbia potuto scriverle di testa sua.
Ora siccome Gesù ci insegna che chi sa parlare di Dio in questo modo non può essere né l’uomo più erudito, né tanto meno il “cosaccio” (che allora vorrebbe dire che si è convertito, cosa che non può più succedere in eterno!), ma solo “le voci” che parlano sotto ispirazione dello Spirito Santo, allora vi invito a leggere con molta calma, e meditare, contemplare (e magari stamparvi) queste pagine che finalmente chiariscono, in maniera magistrale, il perché ed i veri motivi ed i vari simbolismi nascosti in questo episodio evangelico, che da vari anni ricordiamo nei Misteri luminosi del santo Rosario.

Risultati immagini per nozze di cana, beato angelico

19 ‑ 1 ‑ 47.
Dice Gesù:




«Avrei potuto parlare prima per darti questa gemma, o mio piccolo Giovanni [ossia: Maria Valtorta]. Ma tale è la dignità del S. Sacrificio, troppo poco conosciuto per ciò che è da troppi cristiani cattolici, che ho dato la precedenza alla spiegazione di esso. Ed è questa la prima lezione che do a molti, parlando eccezionalmente in dì festivo e su un brano evangelico che ho già trattato secondo l’insegnamento consueto. Quando un sacerdote o una voce parla in nome di Dio e per ordine di Dio, quando si ubbidisce ad un precetto, Io, che sono il Signore, taccio perché grande è la dignità di un maestro che parla in mio nome e per ordine mio, e grande è la dignità di un rito, grandissima quella della S. Messa, rito dei riti così come l’Eucarestia è il Sacramento dei Sacramenti.



Or dunque ascolta, o mio piccolo Giovanni. Ti ho detto molto tempo fa [1] ‑ eri al luogo di esilio e soffrivi come solo Io so quanto – che ogni brano ed episodio evangelico è una miniera di insegnamenti. Ricordi? Ti avevo mostrato la seconda moltiplicazione dei pani e ti avevo detto che, come  con  pochi  pesci  e  pochi pani avevo potuto sfamare le turbe, altrettanto i vostri spiriti possono essere sfamati all’infinito dai pochi brani che sono riportati dai 4 Vangeli. Infatti sono 20 secoli che di essi si sfama un numero incalcolabile di uomini. Ed Io, ora, attraverso il mio piccolo Giovanni ho dato aumento di episodi e parole perché veramente l’inedia sta per consumare gli spiriti e Io ne ho pietà. Ma anche da quei pochi episodi dei 4 Vangeli vengono, da 20 secoli, pane e pesci agli uomini perché ne siano saziati e ne avanzino ancora.



Tutto ciò fa lo Spirito Santo, che è il Maestro docente sulla cattedra dell’insegnamento evangelico.“Quando sarà venuto il Paraclito, Egli vi ammaestrerà in ogni vero e vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto quanto ho detto”[2] insegnando lo spirito vero di ogni parola, di ogni lettera dell’episodio. Perché è lo spirito della parola, e non la parola in sé, che dà la vita allo spirito. La parola incompresa è suono vano. È incompresa quando è solo vocabolo, rumore, non “vita, seme di vita, scintilla, sorgente” che mette radici, accende, lava e nutre.



Le nozze di Cana [3]. Ecco che da 20 secoli sono spunto ai maestri di spirito a predicare la santità del matrimonio compiuto con la grazia di Dio, a predicare la potenza delle preghiere di Maria, il suo insegnamento all’ubbidienza: “Fate ciò che Egli vi dirà”, la potenza mia che muta l’acqua in vino, e così via. Nessuno di questi frutti colti dal brano evangelico sono errati. Ma non questi soli sono i frutti che l’episodio porta e che voi potete coglierne.



Mia piccola innamorata, amante di Me, affamata di Me Eucarestia, questo è uno degli episodi della mia vita pubblica in cui è in germe il miracolo ultimo dell’Uomo‑Dio: l’Eucarestia. La Risurrezione è già miracolo di Dio‑Uomo ((G In queste parole c’è la spiegazione sulla differenza che c’è fra “Uomo-Dio” e “Dio-Uomo” tante volte contestata dai detrattori valtortiani. Essi infatti dicevano che dare all’Evangelo il titolo di “Poema dell’Uomo-Dio” era il primo errore fatto dagli editori, mentre invece è esattissimo, come ci confermerà anche Maria SS. stessa in altra parte!)), il primo di tutti i miracoli venuti da quando, dalla Vittima distrutta dal Sacrificio, emerse il glorificato Gesù Dio‑Uomo, il Vittorioso. 
Prima era ancora nascosto il Dio nell’Uomo. La sua Natura trapelava per bagliori nella parola e nei miracoli, simile alle vampate che incoronano dentro per dentro un monte e fanno dire: “Qui si cela il fuoco e questo monte, in apparenza simile a molti altri, è un vulcano che ha per sua anima l’elemento fuoco in luogo di essere unicamente strati su strati di terre e di rocce”.



Ma l’Umanità del Cristo che doveva patire e morire era in tutto simile a quella di ogni uomo, avendo una carne soggetta alla legge della materia, col bisogno di cibo, di sonno, di bevande, di vesti, e disagio di freddo o di calore, e stanchezze per molto lavoro o lungo cammino, e compattezze di carne, e ‑ miseria per l’Onnipresente ‑ e costrizione in un unico luogo. Tutto meno la colpa e gli appetiti alla stessa. Anzi, tutto, e soprattutto ciò che è il martirio dei giusti: il dover vivere fra i peccatori vedendo le offese fatte all’Eterno da essi, e le discese dell’uomo nella fanghiglia dei bruti. 
L’Uomo ‑ Io te lo dico, Maria ‑ ha sofferto, col suo intelletto e col suo cuore di Giusto, più di questo che di ogni altra cosa. Il fetore del vizio e del peccato! La verminaia di tutte le concupiscenze! Io te lo dico: ho cominciato ad espiarle da quando le ho avute vicine, tanto era il tormento che davano all’anima e all’intelletto mio. Gli angeli hanno numerato i colpi degli immateriali flagelli dei vizi dell’uomo sulla mia Umanità, numerosi quanto e dolorosi più di quelli del flagrum romano.



Dopo il Sacrificio, il mio vero Corpo, pur restando vero Corpo, assunse la libera bellezza e potenza dei corpi glorificati, quella che sarà anche la vostra. Quella in cui la materia somiglierà allo spirito con il quale visse e lottò per farsi regina come esso re. E il Corpo fu glorioso come lo Spirito che in esso era divino, non più soggetto a tutto quello che prima lo mortificava, e lo spazio non fu più ostacolo, né ostacolo il muro, né ostacolo la lontananza, né ostacolo l’essere Io qui nel Cielo voi lì sulla terra, perché Io fossi in Cielo e in terra vero Dio e vero Uomo colla mia Divinità, con la mia Anima, col mio Corpo e col mio Sangue, infinito come alla mia Natura divina si conviene, contenuto in un frammento di Pane come il mio Amore volle, reale, onnipresente, amante, vero Dio, vero Uomo, vero Cibo all’uomo, sino alla consumazione dei secoli, e vero gaudio degli eletti per ciò che non è più secolo ma eternità.



L’Eucarestia è il miracolo ultimo dell’Uomo – Dio. La Risurrezione, il miracolo primo del Dio – Uomo che da Se stesso trasmuta il suo Cadavere in Vivente eterno.  L’Eucarestia, trasformazione delle specie del pane e del vino in Corpo e Sangue di Cristo, è al limite fra le due epoche come una stella, quella del mattino, fra i due tempi che han nome notte e giorno. E quando brilla la stella del mattino il viandante si dice: “Ora è giorno” benché ancora non sia giorno, perché sa che quella luce, ai limiti del cielo, è presagio d’alba. L’Eucarestia è la Stella del mattino del tempo nuovo. La sua luce di miracolo d’amore è presagio d’alba, dell’alba del tempo di Grazia. Per questo sta, raggiante dei suoi fuochi, sospesa fra il tempo che si chiude e quello che s’apre, alla fine della mia predicazione, all’inizio della Redenzione.



Se la stella dell’Epifania brillò per dire ai re che il Re universale era dato al mondo, la stella della mia Eucarestia brillò nella Cena pasquale per dire al mondo che il vero Agnello stava per essere immolato, che già si immolava, dandosi spontaneamente in perpetuo cibo agli uomini perché il Sangue suo non bagnasse soltanto gli stipiti e gli architravi, ma circolasse, tutt’uno con loro, a farli santi, e la Carne immacolata fortificasse la loro debolezza mentre l’Anima del Cristo e la Divinità del Verbo abitano in loro portando seco l’inscindibile Presenza del Padre e dell’Eterno Spirito. E fra l’annuncio della stella epifanica e l’annuncio della stella eucaristica, ecco brillare con i suoi simboli incompresi la luce del miracolo di Cana a dire al mondo ciò che avrebbe fatto, nel  cuore  di  pietra  degli uomini  e  con  la povera acqua del loro pensiero, la Sapienza e Potenza incarnata.

Risultati immagini per nozze di cana, beato angelico


Tre giorni dopo c’era un banchetto”. Tre giorni: tre epoche, prima del convito di gioia. 
La prima, dalla creazione del mondo sino alla punizione del diluvio; 
la seconda, dal diluvio alla morte di Mosè. 
La terza, da Giosuè, mia figura, alla mia venuta. 



E ancora tre epoche, o tre giorni: i tre anni della mia predicazione prima del convito pasquale. E come avviene per un banchetto nuziale, che la preparazione ad esso è sempre più piena più si avvicina il momento del festino, così fu per il mio convito d’amore. Perciò sempre più chiare le voci del concerto profetico e le luci degli attendenti il vero Sposo che veniva a sposare Sé all’Umanità per farla regina.



“E vi era la Madre di Gesù”. La Madre! Può mancare la Madre se deve essere partorito l’uomo nuovo? Può non esservi Eva se deve essere d’ora in avanti la “Vita” dove era la Morte? E può mancare la Donna mentre si avvicina l’ora che il Serpente avrà oppresso il capo e limitata la sua libertà d’azione? Non può. E la Madre dei viventi, l’Eva senza macchia, la Donna dell’ “Ave” e del “Si faccia”, la Donna dal calcagno potente, la Corredentrice, è presente al convito con cui ha inizio lo sponsale dell’Umanità con la Grazia.



Ma “venuto a mancare il vino” i convitati non avrebbero gioito per la presenza di Gesù. Oh! veramente quando venni per il mio convito di Grazia trovai che il vino mancava presto. Era troppo poco, e presto fu consumato, e gli uomini caddero in tristezza perché Io deludevo le loro speranze di inebriarsi di umani succhi di potenza e vendetta.



Che avevo trovato iniziando la mia missione? “Idrie di pietra preparate per le purificazioni dei Giudei”. Ossia per le purificazioni materiali. Ecco. I cuori, dopo secoli e secoli di impura assimilazione della Sapienza, si erano mutati in idrie di pietra. E non già per purificare se stessi, ma per servire a purificare. Il rigorismo, l’esteriorità dei riti. Quel rigorismo che induriva senza servire a detergere neppure se stessi. Il solito peccato di superbia del credersi perfetti e di credere impuri gli altri. La durezza opaca della pietra opposta alla luce e alla duttilità della Sapienza che illumina a comprendere e aiuta ad amare. Cuori chiusi. Anche l’acqua che li empie non li fa morbidi. Serve a ghiacciarli. E nulla più. Gettata l’acqua, essi sono aridi, duri e senza profumo. Questo è l’esteriorità dei riti che colmano senza penetrare, senza trasformare, senza far dolci e profumati. Le idrie, i cuori, erano vuoti. Non contenevano neppure quel minimo di cosa utile che è l’acqua per purificare gli altri. Erano vuoti. Non avevano neppure pensato a colmarsi del minimo.Vuoti, arcigni, scabri, inutili, scuri nell’interno come un antro, bigi all’esterno per polvere e vecchiaia.

Risultati immagini per nozze di cana, beato angelico


“Empite d’acqua le idrie”. Oh! quanta l’acqua viva che Io ho versato nei cuori di pietra degli ebrei perché almeno avessero un minimo per essere utili ad alcunché! Ma essi non si mutarono e nella quasi maggioranza respinsero l’acqua, restando vuoti, duri, oscuri, arcigni.



“E ora attingete”. Ecco. Nei cuori dove l’acqua fu accolta si mutò in vino eletto, tanto che il maestro di tavola disse: “Tutti dànno al principio il vino migliore e poscia il peggiore, mentre tu hai serbato il migliore alla fine”. Ho infatti serbato il migliore alla fine, Io, sposo del gran convito. Nell’Ultima Cena, ultimo atto del Maestro, Io, Sposo, ho mutato non l’acqua in vino, ma il vino in Sangue mio per una nuova trasformazione che vi aiutasse, o uomini, ad essere felici della mia felicità che è santa ed eterna. Avevo per tre anni empito le idrie vuote dell’Acqua veniente dal Cielo. Ma ora l’acqua non bastava più. Veniva il tempo della lotta e del giubilo, e il vino è utile al lottatore e immancabile ai conviti. Ed Io vi ho dato l’Eucarestia, il mio Sangue, perché beveste la mia stessa forza, e forti foste, e la mia ilare volontà di servire Iddio, e diveniste eroi come il Maestro vostro, e la mia gioia fosse in voi.



Né quel miracolo di trasformazione di una specie nell’altra  ha più avuto fine. Le idrie del convito di Cana si vuotarono presto lasciando ebbri gli invitati alle nozze. La mia Eucarestia empie i calici e le pissidi di tutta la terra da secoli. E sino alla fine dei secoli gli affamati, gli esausti, i sitibondi, gli stanchi, gli afflitti, i morenti e quelli che appena cominciano a vivere con ragione, i puri come i penitenti, i malati come i sani, i sacerdoti come i laici, gli uomini d’ogni razza e condizione, sulle vette e nelle pianure, fra le nevi polari e all’equatore, sulle acque e sulle terre, vengono a bere, a mangiare, a nutrirsi, a salvarsi, a vivere del mio Sangue e della mia Carne, di questo Vino dato alla fine del Convito, alle soglie della Redenzione, perché fosse il Convito perpetuo dello Sposo a chi lo ama e la Redenzione continua dei vostri languori e cadute.

***


Le nozze di Cana. La trasformazione dell’acqua in vino. // La Cena di Pasqua: la transustanziazione del pane e vino nel mio Corpo e nel mio Sangue. 
La prima, a segnare l’inizio della mia missione di trasformazione degli ebrei dell’antico tempo in discepoli del Cristo. 
La seconda, a segnare il principio della transustanziazione degli uomini in figli di Dio per la grazia ri-vivente in loro. L’ultimo miracolo dell’Uomo Dio. Il primo e perpetuo miracolo dell’Amore umanizzato. Questa, mio piccolo Giovanni, una delle applicazioni ‑ ed è la più alta ‑ del miracolo delle nozze di Cana.

***


Ed in te, e per sempre, il mio Corpo e il mio Sangue siano quelle Cose preziose e incorruttibili per le quali, come dice Simon Pietro4], sei stata riscattata, affinché tu esalti le virtù di Colui che dalle tenebre ti chiamò all’ammirabile sua luce. La mia pace a te, piccola sposa, anelante all’Amore. La pace a te. La pace a te. La pace a te.» 

AMDG et DVM


lunedì 9 settembre 2019

Tre cose a Dio graditissime

IL LIBRO DELLA GRAZIA SPECIALE - RIVELAZIONI DI SANTA METILDE 

Risultati immagini per SANTA MATILDE

“Chi vuole farmi una offerta graditissima, si applichi alla pratica di queste tre cose: 

dapprima sia fedele nell'aiutare il suo prossimo, in ogni necessità ed in ogni indigenza; si studi di attenuare e scusare per quanto può, i peccati ed i difetti dei propri fratelli. Se uno praticherà questa carità, gli prometto che provvederò a tutte le sue necessità, coprirò i suoi peccati e lo scuserò davanti al Padre mio. 

“La seconda pratica è questa: in ogni tribolazione l'anima unicamente in me cerchi il suo rifugio; non si lamenti con altri delle sue pene, ma a me solo confidi con pieno abbandono tutte le inquietudini che opprimono il suo cuore, ed io non lo abbandonerò mai. 

“La terza pratica è di camminare con me nella verità.

“Se uno si dedicherà a tali pratiche, nell'ora della morte lo accoglierò in quella guisa che una madre amantissima accoglie il figlio suo; e gli darò nei miei paterni abbracci quel riposo che non avrà mai fine. 

“La prima di queste pratiche mi è tanto gradita che mi obbliga a pagare ogni debito che l'anima possa aver incontrato verso il suo prossimo: la seconda libera dai debiti che essa possa avere verso di sé medesima; quanto alla terza, può ottenere la remissione di qualsiasi debito verso Dio”. 

http://www.devozioni.altervista.org/testi/opuscoli_vari/il_libro_della_grazia_speciale-rivelazioni_di_santa_metilde.pdf
AMDG et DVM

domenica 8 settembre 2019

Interessanti notizie sulla città di Bari

BARI PONTE FRA ORIENTE E OCCIDENTE

Venite, accedamus ad Cor altum Deiparae Virginis

CANTICO IN ONORE DEL SACRO CUORE DELLA 

 VERGINE DIVINA nel giorno della sua Presentazione 




Cantemus Domino, in toto corde nostro: gloriose enim magnifìcatus est, in Corde Mariae.

Venite, accedamus ad Cor altum Deiparae Virginis: et axaltabitur Deus in cordibus nostris.

Accedamus ad sacri fornacem amoris: accedamur sanctis caritatis eius flammis.

Benedicamus Cor mitissìmum: laudemus, el superexaltemus Cor humillìmum.

Benedicite, omnes angeli, Cor purissimum: benedicite omnes Sanctis, Cor sanctissimum.

Coeli et terra Cor amantìssimum: laudent et superexaltent Cor fidelissimum.

Omnis gloria fìliae Regis ab intus: diffusa est enim plenitudo charitatis in Corde eius.

Paratum Cor eius sperare in Domino, confirmatum est Cor eius: Deus in medio eius, non commovebitur.

Corde magno, et animo volenti fecit omnes voluntates Dei: ideo Filium eius prìus in Corde, quam in grembo concepit.

Beatam Cor Virginis Matris: echo animata Cordis aeterni Patris.

Eructavit Cor Patris Verbum bonum: eructavit et Cor Matris Verbum bonum.

Beatam Pectus Regìnae coelorum. Verbi incarnati thronus et imperium.

In hoc excelso throno vidi sedere virum: quem adorat multitudo Angelorum, psallentes in unum.

Ecce ubi imperii eius Nomen: est in aeternum.

Exultet Cor tuum, Virgo beata: in Deo salutari suo.

Quia respexit humilitatem eius: et fecit ei magna qui potens est.

Secundum multitudinem dolorum Cordis tui: consolationes Dei laetificaverunt ipsum.

Sit benedictum in aeternum Cor tuum, quia diligentes te diligis: et thesauros eorum reples omnibus bonìs.

Benedicat nos Jesus, Cor Mariae: benedicat nos Maria, Cor Jesu.

Et diligant Jesum et Mariam: omnia corda.

Benedicamus Patrem, et Filium, cum Sancto Spiritu: laudemus et supere­xaltemus eum regnantem in Corde Jesu et Mariae.

Paratum cor nostrum, Deus: paratum cor nostrum.

Ut cum Jesu et Maria faciamus omnes voluntates tuas:
Corde magno, et animo volenti.

Gloria Patri.


INNO AL SACRATISSIMO CUORE 
DELLA MADRE DI DIO


Bel Cuore, oggetto della mia lode,
Bel Cuore, Centro del Bell’Amore,
Ricevi i rispetti e la corte
dell’uomo come pure dell'angelo!
Santuario dello Spirito Santo,
Padre di Colui che ti fece,
ottienimi di poter comprendere
come ti sei comportato in uno stato divino,
formando un trono a Dio da una massa di cenere,
e da uomo, in un istante, io sarò serafino.

Fammi conoscere le tue meraviglie,
ardente Fornace d’amore,
bel Cielo in cui il Padre del giorno,
scocca delle fiamme senza pari:
Fuoco che non si è mai consumato,
Cuore tanto amante e tanto amato,
Trono del Figlio, trono del Padre,
Conclave in cui si trattò questo commercio divino,
che fece un Dio mortale e, per un gran mistero,
fece di un essere limitato una grandezza senza fine.

Al di sopra del sole e della luna,
più alto dei più alti Spiriti,
gli amori del Padre e del Figlio
fanno di te la loro sfera comune;
diffondono nel tuo seno
questo fuoco di cui l’uno e l’altro è pieno;
e in un modo ineffabile,
l’uno e l’altro presso di te facendo il loro soggiorno,
esprimendo in te un’immagine ammirabile
del loro Cuore tutto divino e del loro santo amore.

Come vediamo che in una nuvola,
con i suoi raggi il sole,
per produrvi un suo simile,
dipinge la sua immagine,
allo stesso modo la divinità,
esprimendo in te la sua bellezza,
fa di sé una fedele copia.
In cui l’oggetto eterno dei Beati splende,
affinché, come nel cielo, nel Cuore di Maria,
Dio sia il produttore, e Dio sia il prodotto.


Bel Cuore della casta Colomba,
in cui mai l’unghia dell’avvoltoio
ha procurato ferita all’amore,
sotto di cui ogni forza soccombe,
in te, con uno sforzo meraviglioso,
per un Cuore vivente, un cuore morto
ha ripreso la sua forza e la sua vita;
e colui che uccise il primo criminale
ha incontrato la sua morte nel Cuore di Maria,
incontrandovi un Dio che s’è fatto mortale.
Quando, per cancellare i nostri crimini,
bisognò che il Re dei re
si caricasse di questo gravoso peso
che ci sprofondava negli abissi
tu fosti il rogo e l’altare
in cui questo Dio divenuto mortale
consumò questo gran sacrificio:
il sangue che effuse era un Sangue comune,
e questo Cuore imporporato mostrava che in questo supplizio,
il sacerdote, la vittima e l’altare non erano che uno.

Così, questa Madre ammirabile,
nell’orrore di una triste notte,
aprì il tesoro da cui uscì
la nostra felicità incomparabile.
Il suo Cuore sparse i suoi favori
sulle nostre anime e sui nostri cuori,
con una singolare profusione;
e ritornando in sé, senza nulla perdere del suo,
l’uomo fu elevato sul trono dell’angelo;
e questo Cuore donando tutto, conservò tutto il suo bene.
O Cuore tutto buono e tutto amabile,
Trono dell’Eterno Amore,
Palazzo regale dell’Immortale,
Ritratto del suo Cuore adorabile,
Re dei nostri corpi e dei nostri cuori,
Modello perfetto dei nostri costumi,
Prostrati con riverenza,
Noi t’offriamo e i nostri corpi e i nostri cuori imperfetti:
ottienici che non siano macchiati da alcuna offesa,
ma che il santo amore vi regni per sempre.

di San Giovanni Eudes

in onore del Cuore Divino di Maria Bambina